Il Calderone di Severus


Sei personaggi in cerca d'autore - 3° Turno
Poll choicesVotesStatistics
2) L'Occhio Interiore4 [40.00%]
3) Segreti Presagi4 [40.00%]
1) Guardian Angel1 [10.00%]
4) Una questione di (s)Vista1 [10.00%]
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Sei personaggi in cerca d'autore - 3° Turno

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view post Posted on 1/4/2012, 00:31
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Pozionista provetto

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Punteggi del terzo turno

Ele Snapey - 19 punti
Ale85LeoSign - 18 punti
misslegolas86 - 14 punti
pingui79 - 9 punti

 
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view post Posted on 1/4/2012, 10:24
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WOW, grazie a tutte, e complimentissimi ad Ale con cui condivido la vittoria! :woot: :woot: Dammi un cinque, socia! ;) :lol:
Avevo anch'io capito alla fine di chi fossero le storie (anche perchè ogni autrice, tolta la sua, aveva solo le altre tre da votare eh eh eh ;) :P )
Adesso posso confessare di aver pensato fino alla fine di aver scritto una boiata, stavolta!:lol:
Un bel dieci e lode a tutte le partecipanti a questa sfida un po' più impegnativa, per aver scritto storie veramente belle e scritte bene!
 
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view post Posted on 1/4/2012, 11:41

Pozionista provetto

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Complimentissimi alle due vincitrici, storie davvero molto ma molto belle.
Ed ovviamente anche all'altra storia in gara. :)

P.S: ed anche questa volta abbiamo avuto l'introduzione - o è meglio epilogo? - di Anastasia, cosa si può volere di più dalla vita? :D
 
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view post Posted on 1/4/2012, 13:04
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I ♥ Severus


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CITAZIONE (Severus Ikari @ 1/4/2012, 01:00) 
Non è stata una questione di (s)vista la mia, è che proprio ho avuto da fare, sapete quando segreti presagi, anche un po' oscuri direi, incombono sopra le vostre teste? Sì eh... beh, ecco, allora mi capirete e purtroppo il mio occhio interiore non mi ha avvertito per niente <_< ma d'altronde è ciecato come la padrona, ho provato ad andare dall'oculista spirituale, ma quello appena m'ha visto ha tirato giù la serranda e mi sa che ci sta pure lui ad Honolulu con Merlino :woot:
Infatti GO, sta per Guasto Occhio XD
Per fortuna che ho un guardian angel che ha sbrigato il mio lavoro, un GT Turbo! :lol:

:D Bellissimo, Anastasia! Io ti ho sostituito, ma ho proprio fatto il minimo, e la chiosa finale ci sta benissimo!

Edited by chiara53 - 29/6/2015, 15:31
 
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Ale85LeoSign
view post Posted on 1/4/2012, 13:13




Di seguito il banner in versione firma per LE vincitrici. (stavolta pari-merito! :D)



vincitore_terzoturno_MINI


CODICE
[IMG]http://s19.postimage.org/n6rgrx2ab/vincitore_terzoturno_MINI.png[/IMG]






QUI, invece, nella CLASSIFICA, potete trovarlo in formato più grande.




Grazie a chi mi ha votato, complimenti alle partecipanti e ricambio volentieri il 5 a Ele, la socia di vittoria :lol: ;)

Edited by chiara53 - 29/6/2015, 15:32
 
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view post Posted on 1/4/2012, 15:08
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:lol: Visto che non ho aperto ho chiuso :D
Ho fatto come i padroni dei negozi che lasciano i commessi e poi arrivano a chiudere :lol: :P
 
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view post Posted on 1/4/2012, 22:27
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I ♥ Severus


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Il commesso del negozio ricorda agli stimati clienti di inviare le loro storie a MSStorie! ;)

Edited by chiara53 - 29/6/2015, 15:32
 
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view post Posted on 22/1/2017, 19:23
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Guardian Angel di misslegolas86


Si costrinse a fermarsi imponendosi il solito autocontrollo: evitò di proposito di incrociare lo sguardo azzurro che, dalla cornice, lo aveva osservato con attenzione andare avanti e indietro.
Silente non parlò mentre Severus si sedeva sullo scranno sentendo una fitta di disgusto allo stomaco. Tra loro, ormai, c’era un tacito accordo: il Preside dava gli ordini che Severus immancabilmente eseguiva, ma Silente non interferiva mai sul modo in cui Piton otteneva il risultato richiestogli.
Almeno in questo, pensò amaramente il nuovo Preside, aveva un margine di libertà, l’unica a lui concessa. In fondo, aveva scelto lui di diventare servitore dell’Oscuro Signore svendendo la sua vita, non poteva di certo lamentarsi adesso delle conseguenze. Eppure, all’orrore non c’era mai fondo. Dopo la morte di Silente, tutto era diventato ancora più difficile: stare nella sua stanza dopo averlo ucciso, sopportare l’odio dei colleghi e degli studenti per quello che era, vedere Hogwarts, la sua casa, il rifugio di una vita, in mano ai Mangiamorte, preda della loro brutalità.
Ricordava perfettamente la notte in cui tutto ebbe inizio, la notte in cui ascoltò quella maledetta profezia. Era stato lui, nella sua follia, con lo zelo di novello Mangiamorte, a riferire all’Oscuro ogni singola parola ascoltata facendo così scattare la caccia ai Potter. Era stato lui a condannare Lily, a rendere orfano Harry, a trasformare la sua vita in quell’inferno di pene e rimorsi.
Indifferente al destino degli altri, con l’unico scopo di ottenere gloria agli occhi del suo Signore, aveva condannato anche la persona che aveva pronunciato quella profezia a vivere costantemente sotto la protezione di Silente, sebbene lei non se ne fosse mai accorta, persa nelle sue assurdità e nello sherry.
Per tenerla al sicuro, Silente le aveva assegnato la cattedra di Divinazione e aveva impedito che si allontanasse dal castello durante la reggenza della Umbridge. Già in quell’occasione si era sostituito al Preside come angelo custode della Cooman, servendosi dell’aiuto della McGranitt. Ma questa volta Minerva non avrebbe mai accolto una sua richiesta.
Era certo che Sibilla Cooman fosse una ciarlatana senza alcun potere né dono di premonizione, come tanti anni di convivenza scolastica a Hogwarts gli avevano dimostrato. Anche la sua Profezia più famosa e nefasta, quella su Potter e Voldemort, non era stata tale visto che quelle maledette parole si erano realizzate solo perché lui le aveva riferite all’Oscuro e questi aveva agito in loro funzione. Non c’era nulla di prestabilito.
Erano arrivati insieme ad Hogwarts, due incarichi legati a quella Profezia. Per anni aveva evitato la compagnia della collega, ringraziando il cielo per l’abitudine della Cooman di restare nei suoi alloggi e non scendere mai in Sala Grande. Vedere Sibilla significava, ogni volta, ricordare fisicamente la notte alla Testa di Porco, il suo più grande errore con il corollario di pene, dolore e rimorso che finivano per renderlo ancora più acido nei confronti della collega.
Eppure, nonostante tutto, salvare quella donna aveva per lui più importanza della sua stessa vita. Per quelle parole pronunciate alla testa di Porco erano già morte troppe persone, troppo sangue macchiava già le sue mani e non aveva nessuna intenzione di essere responsabile anche della dipartita di una falsa veggente.
I suoi pensieri furono interrotti da qualcuno che bussava alla porta. Non era una visita inattesa, era stato lui stesso a convocarle.
Sospirò, assumendo a fatica il suo peggior cipiglio, pur sentendosi morire dentro ancora una volta. Era la cosa che odiava di più da quando era tornato a Hogwarts, affrontarla con durezza ed assorbire ogni sillaba del suo odio e disprezzo. Ma, come sempre, non aveva scelta.
“Avanti.”
Sollevò lo sguardo mentre Minerva McGranitt, accompagnata da Sibilla Cooman, entrava nella stanza: le sue labbra erano sottilissime, le narici frementi.
“Non capisco, Preside” cominciò Minerva senza preamboli “che necessità ci sia di convocarci nell’ufficio di Silente quando ci incontriamo, purtroppo, ad ogni pasto in Sala Grande”.
Ogni parola una stilettata ferale.
Piton indicò le due sedie davanti alla scrivania rispondendo con uno sguardo di ghiaccio alle parole della McGranitt. Non gli era sfuggito il riferimento allo studio di Silente: se Minerva voleva fargli del male aveva fatto centro, peccato che lei fosse convinta di aver davanti un assassino senza cuore.
“No, Piton, non ci accomodiamo, sai, preferisco passare il minor tempo possibile in questa stanza dopo tutto quello che è successo.”
Ancora dolore, quella donna era un carro armato pronto a colpire a ripetizione senza tregua, ma che cosa poteva aspettarsi da lei che era così legata a Silente?
“Bene, Minerva, arriverò dunque al punto. La professoressa Cooman continua a trasgredire al mio ordine di non allontanarsi dal castello. Con inaudita impertinenza si reca a Hogsmeade per comprare il suo sherry.”
“E’ un’offesa inaudita! Io mi ribello!” la voce della Cooman echeggiò nell’ufficio.
“Silenzio!” intimò Piton senza riguardo.
Non poteva protrarre quella discussione a lungo, non avrebbe resistito. La Cooman, come se avesse ricevuto uno schiaffo, fece silenzio mentre gli occhi le si riempivano di lacrime.
“Severus, ma che modi!” si inalberò la McGranitt.
“Hai detto tu che non hai tempo da perdere, qui. Dunque, Minerva, ti riterrò personalmente responsabile e con te tutti gli studenti della tua Casa, se Sibilla si allontanerà ancora una volta dal castello senza mia autorizzazione. E sai bene che non scherzo. Sono il Preside, adesso, e posso farlo.”
Osservò la McGranitt trattenere di certo una maledizione contro di lui.
Le sorrise, beffardo, per completare la recita pur se sentiva il suo animo gridare di dolore.
“E sia, Preside.”
Tre sillabe cariche di fuoco.
Erano entrambe, ormai, alla porta:
“Severus, ricordati che sarai anche Preside ma, come ho sempre detto a Silente, sei estraneo ad Hogwarts, lo sei sempre stato.”
La porta si richiuse alle loro spalle.
Non riuscì a trattenere un gemito mentre si mordeva un labbro.
“Severus,” la voce dolce alle sue spalle non attenuò il suo dolore ma come al solito il Preside continuò, pur se non richiesto “Severus, lo sai che non lo pensa. Soffre e trattandola così non fai che peggiorare il suo odio per te.”
“Non c’era altro modo.” Sibilò alzandosi: non avrebbe sopportato un’analisi adesso.
“Severus, aspetta” ormai alla porta, come sempre non poté che ubbidire. “Perché vuoi continuare a soffrire in questo modo? Lo so che tieni molto a Minerva e ti fa male sopportare tutto questo anche per causa mia. Perché la provochi?”
“Non è importante, Silente, andava fatto e quello, a mio avviso, era l’unico modo.”

______________


“E’ un autentico affronto! Essere trattata in questo modo, Minerva!”
Le due donne camminavano insieme nei bui corridoi del castello.
“Naturalmente avevo previsto tutto questo grazie al mio Dono, ma avevo sperato fino alla fine di essermi sbagliata. Ma non era possibile, la mia Vista non erra mai.” Si stringeva lo scialle sulle spalle come per proteggersi da un grande freddo mentre si asciugava gli occhi con un fazzoletto di pizzo che le aveva prestato la collega.
“L’ho sempre detto a Silente che non ci si poteva fidare di quell’individuo.”
“Glielo abbiamo detto tutti, Sibilla” rispose la McGranitt con una punta di esasperazione nella voce.
“Ne sono sicura, Minerva, ma io sono stata la prima ad averglielo detto. Io ho visto chi era Severus Piton prima di diventare professore qui a Hogwarts.”
Ricordava perfettamente il loro primo incontro alla Testa di Porco, tanti anni prima. Quella sera aveva bevuto un po’ troppo sherry e si sentiva un po’ strana ma come avrebbe potuto dimenticare l’insolenza di quell’uomo! Era lì, dietro la porta, che origliava il suo colloquio con Silente, di certo per carpire qualche segreto da utilizzare per ottenere il posto desiderato. Se c’era una cosa di cui era certa, era che Piton non avesse alcuna dote particolare e non fosse per niente portato per l’insegnamento. Il suo incutere terrore in chi lo circondava era, chiaramente, un modo per nascondere la sua mancanza di qualità. Che offesa era stata vedergli assegnare la cattedra a Hogwarts. Un premio per la maleducazione e la sfacciataggine mentre lei aveva dovuto faticare nonostante le sue eccelse capacità. Inoltre, Piton non si era mia scusato con lei in tutti quegli anni anzi, per lo più, l’aveva ignorata o addirittura trattata con superiorità. Lei, la pronipote di Cassandra Cooman!
“L’ho sempre detto a Silente di stare attento. Lo avevo messo in guardia anche dalla Torre ma la mia Vista viene sempre derisa. A dire il vero, Silente ha sempre mostrato una certa ignoranza per la Divinazione, dando credito più a ronzini da quatto soldi.” Ripresa con foga.
Ma la McGranitt la seguiva prestando poco attenzione alle sue parole, immersa nei suoi pensieri.
“Ed ora questo! Prigioniera nel castello. Quella megera della Umbridge mi voleva cacciare dal castello ed ora Piton non vuole che ne esca. La gente, forse, pensa di poter disporre di me e del mio Dono a proprio piacimento? Ma se il Preside pensa di averla vinta, si sbaglia!”
Si erano fermate di botto.
“No, Sibilla! Mi dispiace ma tu non ti muoverai dal castello. Io sono responsabile per te e non metterò a rischio i miei studenti per qualche uscita al pub!”
Le parole della McGranitt la investirono come una doccia fredda. Gli occhi della collega lampeggiavano mentre la sovrastava in altezza. Non poteva contrastare la McGranitt e Piton insieme: quest’ultimo aveva vinto ancora una volta. Acconsentì all’ordine della McGranitt pensando alla scorta di riserva del suo amato sherry che l’attendeva nella stanza dove tutto è nascosto.

___________


“Preside, la professoressa McGranitt le ha vietato di uscire.”
Queste parole erano arrivate dal quadro, in alto a destra della scrivania, in cui un vecchio mago era appena rientrato.
“Grazie, Dexter” rispose Piton spostando sull’ufficio lo sguardo perso sul parco del castello che al tramonto era totalmente colorato di rosso sangue, cupa visione di quello che ancora lo attendeva. “Penso che con questo la vicenda sia chiusa.”
“Severus,” la voce di Silente lo raggiunse da dietro la scrivania mentre indossava il mantello da viaggio.
“Anche questa è fatta, Albus” cominciò prima che il Preside potesse parlare “La Cooman è al sicuro come volevi tu. Ora devo andare.” Disse piegando l’avambraccio sinistro che ancora bruciava “C’è dell’altro lavoro da fare.”
E senza aspettare una risposta imboccò l’uscita.
Eppure, gli era sembrato di sentire la voce di Silente alle sue spalle “Grazie, Severus. Mi raccomando, stai attento, ragazzo mio.” Ma forse si era sbagliato e quel suono era solo il cigolio del vecchio cardine. Ma se davvero era così, quel cardine aveva un suono veramente dolce e il potere di un balsamo per il suo cuore martoriato.
 
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view post Posted on 22/1/2017, 19:31
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L’occhio interiore di Ele Snapey



Uno, due, tre, quattro… dodici rintocchi, lontani. Mezzanotte.
Severus ripose con cura il libro sul terzo ripiano della fornita biblioteca personale, decidendo che era giunto il momento di andare a dormire.
Una volta sotto le coperte, si girò su un fianco e piombò quasi subito in un sonno profondo. Erano giorni in cui la stanchezza si faceva sentire: tra le continue, variegate richieste di Albus, e l’inizio delle lezioni, le giornate erano talmente piene di cose da fare che arrivava a sera totalmente brasato.
Non durò molto.
Stava sognando qualcosa riguardo a una punizione inflitta a Potter (con l’incredibile benestare del Preside) in cui vedeva se stesso e il ragazzo circondati da una distesa, a perdita d’occhio, di calderoni da pulire: Potter era armato di uno spazzolino da denti, lui invece aveva un’espressione da faina soddisfatta stampata in faccia.
Improvvisamente, si materializzava un uscio di legno scuro, dietro cui qualcuno bussava vigorosamente… TOC…TOC…TOC… PLOP!
Il sogno evaporò, ma i colpi ripetuti alla porta non cessarono.
Scattò a sedere sul letto, fissando il battente con aria assonnata: ma chi, e che cosa diavolo…
Gettò un’occhiata alla clessidra che segnava le due del mattino, quindi si riscosse e balzò in piedi velocemente: se lo stavano cercando, a quell’ora, doveva essere accaduto qualcosa di grave.
Gettò sulle spalle il mantello e in due passi fu ad aprire.
Rimase basito, sulla soglia, con la mano stretta sul pomolo e la bocca socchiusa nel tentativo di emettere un suono qualsiasi.
- Scusami, Severus…
Davanti a lui, spettrale e allampanata, sostava un’apparizione surreale, il lungo scialle a frange buttato sulla vestaglia verde acido, i capelli divisi in due bande a formare una specie di tendina fissata con le forcine ai lati del volto, una fila di bracciali ai polsi e gli occhi sbarrati, resi ancora più enormi da lenti molto spesse.
Al di là di ogni tentazione!
- Per tutti i Gargoyle, Sibilla, hai visto che ore sono?! – ringhiò a bassa voce, ancor prima che gli passasse per la testa di chiederle che cosa fosse successo.
- E’ tardissimo, lo so, scusami ancora. - boccheggiò l’apparizione, con quella voce modello “esalazione ultimo respiro” che gli dava terribilmente sui nervi.
Intanto era entrata in camera, con passo vacillante, senza aspettare ovviamente che lui la invitasse ad accomodarsi.
- Perdonami, ma non potevo assolutamente aspettare il mattino. Sta per accadere una cosa terribile! – esclamò, teatrale, facendo tintinnare i braccialetti sui quali Severus si perse a riflettere se con quelli ci andasse anche a dormire.
- Immagino… - fece, laconico. - E, qual buon vento ti ha spinto a lasciare i piani alti per avventurarti in piena notte nei Sotterranei? – continuò, caustico.
- Ho avuto una visione. – rispose lei senza dar segno di aver colto la nota di sarcasmo nella domanda; lasciò vagare lo sguardo, vagamente allucinato, lungo le pareti della stanza.
- Questa sì che è una novità. – L’uomo incrociò le braccia al petto, alzando gli occhi al cielo: gli si preannunciava una notte da incubo!
- Ti prego di credermi: ero nella mia stanza e non riuscivo a prendere sonno, perciò ho deciso di alzarmi a leggere i fondi di tè, avanzati dalla lezione del pomeriggio. Ed è così che l’ho vista! Ho visto un’entità incorporea e malvagia che inizialmente si aggirava nel parco, poi si è diretta verso il Lago Nero, ha sostato presso il campo da Quidditch, e infine è penetrata nel castello. Il mio terzo Occhio Interiore l’ha “sentita” aggirarsi ai piani superiori!
Pronunciò le ultime parole con un filo di voce, in modo melodrammatico, gli occhi sempre più sbarrati: sembrava più un grosso gufo con una ridicola parrucca calata in testa ma, nonostante ciò, una vocina insidiosa iniziò a instillargli il dubbio che potesse esserci un fondo di verità in quello che stava farneticando. Ne sostenne imperterrito lo sguardo visionario, scrutandola dall’alto in basso, con le braccia sempre conserte.
- Devi ascoltarmi, Severus… – ribadì lei, agitando le braccia sferraglianti. – Una misteriosa entità sta pericolosamente vagando entro le mura di Hogwarts. Se non interverremo subito accadrà qualcosa di orribile, lo sento!
L’espressione dell’uomo non variò di un millimetro, ad eccezione del sopracciglio sinistro che iniziò ad inarcarsi pian piano: quante, innumerevoli volte, ormai, le aveva sentito proferire quegli identici presagi di sventura?
- Io invece sento che se non tornerò subito a dormire, quando, tra poche ore, sarò costretto ad alzarmi, avrò un tremendo mal di testa. – replicò, asciutto.
- Severus, tu non mi credi! Perché? Perché non credi alla forza della premonizione? – sospirò contrita, appendendosi con entrambe le mani alle braccia ancora rigidamente serrate al petto.
L’uomo abbassò repentino lo sguardo, e fissò inorridito le dita strette al proprio avambraccio.
Non ci poteva credere: Sibilla Cooman lo stava toccando, quando in tutta Hogwarts e dintorni era risaputo di come detestasse essere toccato!
- E tu perché non sei andata a svegliare Silente, se la faccenda è così grave? – esclamò, acido, senza riuscire a staccare gli occhi da quel gesto temerario.
- Perché per il momento preferisco non disturbare il preside; inoltre, sono certa che la tua abilità e la tua determinazione per questo tipo di situazioni siano altrettanto adeguate.
L’uomo tornò a puntare le iridi nere negli spessi fanaloni dietro cui galleggiavano le pupille e, inclinando appena il capo, socchiuse le palpebre.
Gli era capitato raramente di avere a che fare con quella visionaria da strapazzo, e sempre in modo veloce e superficiale: non la considerava un granché dal punto di vista professionale, anzi, per essere più precisi, non la considerava affatto, ma rimase piuttosto colpito nell’apprendere di come avesse una simile opinione di lui.
Non bastò a persuaderlo sulla attendibilità delle sue affermazioni, ma decise comunque di dare anche una sbirciatina, con la massima discrezione, nella sua testa.
Fu un’ispezione rapidissima, di cui probabilmente la donna non si rese conto, ma che a Severus bastò per leggere una sincera, determinata convinzione in ciò che affermava.
- Dammi un paio di minuti per rivestirmi. - Alla fine optò che sarebbe stato più saggio non sottovalutare anche quelli che sembravano abituali vaneggiamenti.
- Posso chiederti di aspettarmi fuori dalla stanza? – aggiunse, seccato, vedendo che la donna continuava a fissarlo, senza accennare a muoversi.
- Certo, ma fai presto. “Sento” che l’Entità si sta avvicinando a un obiettivo nevralgico. – sussurrò, ispirata, ricevendo in risposta un brontolio.
E, dopo due minuti precisi, furono per i corridoi del castello addormentato.
L’unica anima in pena che incrociarono mentre risalivano dai Sotterranei fu quella del Barone Sanguinario, che non osò fare alcun commento, dopo aver notato l’espressione del professor Piton.
Una sagoma nera che si confondeva tra mille ombre, e un’altra, verde acido, che invece spiccava, percorsero velocemente gli androni deserti e silenziosi, fino alle scale principali.
Uno, due, tre… Il grande pendolo batté l’ora.
Severus rimpianse il tepore del proprio letto e, all’improvviso, si chiese per quale motivo si trovasse lì e che cosa l’avesse spinto a seguire, in piena notte, quel curioso essere addobbato con scialle e bracciali.
Inaspettatamente la veggente si bloccò in mezzo al percorso, emise una specie di risucchio allargando le braccia e facendo cozzare tra loro, rumorosamente, i numerosi monili.
Il cuore di Severus perse un colpo.
- Adesso che cosa ti prende? – reagì, aspro.
- Sta entrando nella Stanza delle Necessità, lo vedooo… - proferì lei, con aria rapita e sguardo perso nel vuoto. – Sta cercando qualcosaaa…
- Potresti essere meno generica?
- E’ sulla soglia e cerca un oggetto preziosooo…
Il mago fece partire un’occhiata diffidente, ancora una volta indeciso se continuare a seguirla o tornarsene in camera per tentare di riprendere il sonno interrotto: quella pagliacciata lo stava decisamente indisponendo.
Non fece in tempo a prendere una decisione, perché improvvisamente la donna si involò verso le scale che portavano al settimo piano.
Severus, sbigottito, la guardò allontanarsi: o era estremamente temeraria, o completamente svaporata. Pur propendendo per la seconda ipotesi, non gli rimase da far altro che seguirla.
Una volta giunti, Sibilla cadde nell’ennesimo stato di trance mistica.
- E’ là dentro… Vedo i suoi artigli… Il pericolo incombe su tutti noiii…
La porta d’accesso apparve nello stesso istante in cui si accasciava al suolo, in modo lento e spettacolare. Severus balzò in avanti nel tentativo di sorreggerla ma, a dispetto dell’apparente fragilità, scoprì come fosse inaspettatamente zavorrata.
- Su, Sibilla, su! Uff… Chi l’avrebbe mai detto che sei una falsa magra! - imprecò a denti stretti, costretto a mollare la presa.
La donna si afflosciò, come un pupazzo di gomma che si sta sgonfiando, poi giacque immobile, a terra, in posizione semi-fetale e una bizzarra espressione di meraviglia aleggiante sul volto.
Rimase qualche secondo ad osservarla, perplesso, con le sopracciglia talmente inarcate da arrivare a sfiorare la radice dei capelli, e lo scialle di lei, unica cosa che era riuscito ad afferrare, ancora stretto in mano.
A quel punto, dopo aver appurato che respirasse, lasciò cadere lo scialle e la scavalcò per entrare a controllare di fatto che cosa diamine avesse “visto” quella squinternata.
Sfoderò la bacchetta e oltrepassò, guardingo, l’ingresso.
La prima cosa che lo colpì fu una strana miscellanea di odori fatta di umidità, polvere e vecchiume.
- Lumos!
Scrutò con attenzione le immense montagne di oggetti accatastati, le cui cime si perdevano nell’oscurità dell’altissimo soffitto. All’apparenza sembrava tutto tranquillo.
Avanzò di qualche passo, lentamente, inoltrandosi tra cumuli di ciarpame e anticaglie accumulate in secoli di storia della scuola. Montagne di vecchi banchi, sedie, arazzi, voliere, cassapanche coperte di polvere, armature arrugginite e un grosso armadio tarlato, fecero da ala al suo passaggio.
Tese l’orecchio, ma l’unico suono che riuscì a percepire fu l’eco impalpabile di fruscii, cigolii, e strani borbottii.
Si voltò per imboccare un altro corridoio ma si bloccò, e solo il leggendario, ferreo autocontrollo gli impedì di mettersi a urlare: a due palmi dal suo naso c’era lo sguardo a civetta di Sibilla Cooman che lo stava scrutando intensamente da dietro i fondi di bottiglia.
- Per la Barba di Merlino, Sibilla, hai deciso di eliminarmi facendomi venire un infarto? – sibilò a mezza voce, folgorandola con una delle sue proverbiali occhiate omicide.
- Lo sento… Sento che si muove verso il centro… - sussurrò lei, imperturbabile.
La fissò sconcertato: ma non l’aveva appena lasciata quasi priva di sensi all’ingresso della Stanza?
La Cooman si mosse fulminea, prima ancora che lui si riavesse dalla sorpresa, infilandosi nella vicina corsia tra una pila di seggiole e una catasta di vecchi calderoni.
Severus la raggiunse poco più in là, mentre sostava in contemplazione di una moltitudine di manichini impolverati con addosso abiti e copricapo eccentrici, risalenti a qualche centinaio di anni prima.
- Che c’è: hai perso le tracce? – la punzecchiò, adocchiando nel contempo qualcosa di molto interessante che faceva capolino tra le ricche balze di un vestito.
– Oppure, cercavi queste? – continuò, con un lampo maligno negli occhi, chinandosi fulmineo ad afferrare un paio di bottiglie di sherry che piazzò sotto il naso della collega.
- Oh! Io non… non so che cosa intendi dire… - balbettò, sgranando le pupille, e per un attimo sembrò un grosso insetto terrorizzato davanti a bombolette di insetticida.
- Perché è tuo questo sherry, vero Sibilla? Non è che mi hai trascinato fin qui, per recuperare la tua scorta personale di alcool che non ricordavi più in quale punto preciso avevi nascosto… vero? - avanzò di qualche passo, minaccioso, costringendola ad indietreggiare fino a ridosso dell’inanimato esercito in costume.
- No… no, ti assicuro che non so da dove provengano… - balbettò, tutta rattrappita, cercando di mimetizzarsi tra i manichini.
- Sibilla, ti consiglio vivamente di non approfittare oltre della mia pazienza e, soprattutto, di non sottovalutare la mia intelligenza! – precisò, scandendo le parole come usava fare con gli studenti meno brillanti, (praticamente la maggior parte) e incombendo con le mani strette a pugno, piazzate sui fianchi.
- E va bene sì, lo ammetto, sono mie… - confessò la Cooman con vocina flebile, guardandolo intimorita da sotto in su.
Sul viso dell’uomo si allargò un sorriso poco rassicurante.
– Ma ti giuro sul mio sherry che non sono il motivo per cui ti ho portato qui. In questo istante l’Entità sta muovendosi nelle tenebre, il mio Occhio Interiore non mente: si sta spostando da quella parte, verso il cuore della stanza. Dobbiamo fare presto!
E, dopo aver indicato una vaga direzione nel buio, sgusciò via di nuovo, tra lo sfarfallio delle frange dello scialle e il tintinnio dei bracciali, rituffandosi nell’oscurità che gravava in fondo alla corsia.
Piton, imprecando tra sé, si rassegnò a seguirla, ma decise che stavolta l’avrebbe riportata assolutamente in camera assieme al suo Occhio Interiore, avesse dovuto trascinarceli di peso.
Quando in poche falcate la raggiunse, scoprì che stava contemplando un antico stendardo Serpeverde, abbandonato accanto ad alcuni grossi libri di Storia della Mitologia.
Sul vessillo erano ricamate due esse a forma di serpente, attorcigliate tra loro e spiccanti sopra lo sfondo color argento.
- Ascoltami bene: esigo che si esca di qui, immediatamente, e…
- Guarda questo ricamo com’è particolare: sono due esse… come Severus e Sibilla! – lo interruppe, serafica, lanciandogli un’occhiata alquanto strana.
Severus si irrigidì, e la squadrò con occhi ridotti a due fessure: forse aveva capito male.
- Prego? – articolò a stento, in tono glaciale.
- Ma sì, sono due esse come le iniziali dei nostri nomi, e sono intrecciate: non è una curiosa coincidenza? – cinguettò, lanciandogli uno sguardo ancora più allusivo che gli fece accapponare la pelle, mentre un atroce sospetto gli attraversava la mente: che lo avesse portato lì, con la scusa della misteriosa Entità, per approfittare di lui?
Un velo di sudore gelido gli imperlò la fronte.
- Ehm… ergh… certo, davvero una strana coincidenza… - aggiunse, circospetto, allontanandosi prudentemente di alcuni passi, e continuò a fissarla in tralice, mantenendosi a debita distanza.
A cavarlo dall’imbarazzante situazione ci pensò, improvvisamente, un rumore secco alla sua destra.
Impugnò di nuovo la bacchetta, con tutti i sensi all’erta.
Mosse qualche passo silenzioso verso la fonte del rumore, frugando con lo sguardo attento la fitta penombra in cui svettavano inquietanti le masse informi di oggetti affastellati.
E poi, alle sue spalle, un boato spaventoso. Si voltò di scatto mentre il cuore gli saltava in gola.
- Aaaaah! Aiuto Severus… aiutoooo!
Sibilla Cooman correva verso di lui, con lo scialle svolazzante, la bocca spalancata in un urlo di terrore e, subito dietro, i giganteschi tentacoli di una terrificante creatura più colossale delle cataste di cianfrusaglie.
- Per tutti i Gar… Il Kraken?! – mormorò, impallidendo, mentre l’insegnante di Divinazione sopraggiungeva al galoppo per cercare riparo alle sue spalle.
Severus capì in un lampo ciò che era successo, quando riuscì per un attimo a staccare gli occhi da quella smisurata mostruosità e a notare come uno dei volumi, impilati accanto allo stendardo di Serpeverde, fosse aperto al capitolo dedicato a “Miti e Leggende Nordiche”.
Maledizione! Quella era la partita difettosa di libri di testo ordinati parecchi anni prima per Storia della Magia e finita lì, inutilizzabile, dopo che il professor Ruf, a proprie spese, aveva scoperto di come le immagini, anziché animarsi sottoforma di innocui, piccoli ologrammi, assumessero dimensioni e natura effettive!
Un agghiacciante ruggito squassò le volte della Stanza delle Necessità e, mentre l’immensa piovra allungava le mastodontiche spire su di loro, Severus puntò la bacchetta, tentando allo stesso tempo di liberarsi dalla stretta avvinghiante della Cooman, aggrappata al suo mantello.
- Finite Incantem!
Un lampo accecante, e l’orrenda creatura rientrò nelle pagine, sollevando un’altissima colonna d’acqua che si esaurì, tra spruzzi e gorgoglii, quando il libro si richiuse con un tonfo secco.
Finalmente tornò il silenzio.
- E’… è finita? – pigolò lei, allentando la presa.
Severus riprese fiato.
– Hai aperto tu quel libro? – chiese con calma preoccupante, e una luce inquietante negli occhi.
- S-s-si... volevo solo dare un’occhiata.
- Bene, adesso che l’hai data, lasceremo immediatamente questo dannato posto. – precisò, con la stessa pericolosa dolcezza.
- Ma, Severus non abbiamo…
- Ti avverto di non interrompermi… – replicò in tono basso e letale, assumendo un’espressione peggiore di quella del Kraken: aveva solo voglia di metterle le mani attorno al collo. – Ti do mezzo secondo per decidere di seguirmi fuori da questo posto, subito, altrimenti ti ritroverai qui da sola prima ancora di riuscire a pronunciare per intero il mio nome: sia chiaro anche che, da questo momento in poi, non voglio più sentire menzionare il tuo Occhio Interiore!
E dopo l’ennesima, micidiale occhiata, si avviò, maestoso, verso l’uscita.


Uno, due, tre, quattro. Il pendolo annunciò che la notte era ormai trascorsa.
Severus marciò per i corridoi ancora bui e silenziosi con la Cooman alle calcagna che, fino a quel momento, si era ben guardata anche solo dal respirare.
Giunsero di fronte agli alloggi della veggente. Dietro le enormi lenti, gli occhi tradivano un forte smarrimento: a Severus fece anche un po’ pena, ma non si schiodò di un millesimo dall’espressione arcigna.
Sibilla sospirò, lo salutò in tono un po’ dimesso, fece per varcare la soglia della stanza ma poi parve ripensarci.
- Scusami ancora per averti fatto perdere preziose ore di sonno, ma… - esitò. – Riflettendoci bene, ora sono certa che era in quell’armadio che dovevamo guardare.
- Armadio? Quale armadio? – eccola che ricominciava a sproloquiare.
- Quel vecchio armadio a due ante, vicino alle armature. E’ da lì che sentivo provenire un’energia terribilmente negativa, forse avremmo dovuto esaminarlo più a fondo, forse…
- Buonanotte, Sibilla. – troncò lui, arricciando le labbra.
- Buonanotte, Severus e… grazie… - esitò di nuovo, arrossendo leggermente. – Hai davvero un animo fiero e coraggioso, ma questo lo sapevo già, da molto prima di stanotte.
Scomparve oltre la soglia in un batter di ciglia, accompagnata dal solito sfarfallio di frange.
Il mago, inchiodato sul posto da quell’ultima, imprevedibile affermazione, rimase a fissare attonito il battente chiuso dietro il quale era sparita: quella donna era molto probabilmente un’impostora e certamente non aveva tutte le rotelle del cervello al posto giusto, ma in fin dei conti anche lui aveva avvertito una sensazione molto strana, passando accanto a quell’armadio…
Doveva crederci?






Nota dell’Autore: ho scoperto che ci sono diversi modi di leggere le carte e, di conseguenza, diverse possibili interpretazioni. La sottoscritta si è appigliata ad un’unica fonte per scrivere questa storia, reputandola valida. Se trovate qualche discrepanza nell’interpretazione delle carte che fa Sibilla Cooman in questa storia con le vostre personali conoscenze, tenete conto di quanto ho detto sopra. Grazie.
 
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view post Posted on 22/1/2017, 19:36
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Segreti Presagi di Ale85LeoSign



Il castello era buio, rintanato in misteriose tenebre solitarie, circondato da un completo silenzio, incrinato soltanto da uno strano tintinnio ed un irregolare rumore di passi. Avvolta nei suoi scialli vistosi, tintinnanti di perline luccicanti, Sibilla Cooman stringeva in mano un mazzo di carte luminose, l’unica fonte di luce che rischiarava la fitta tenebra dei corridoi del castello mentre li attraversava.
Le era venuta voglia di Sherry, l’unica cosa che l’aiutava a scacciare quelle visioni che non riusciva a spiegarsi: tetre, lugubri, l’assalivano nel cuore della notte con immagini sbiadite e l’allarmante sensazione che degli occhi rossi e brucianti volessero ghermirla, torturarla ed estorcerle segreti presagi.
L’unica cosa che poteva fare per combattere quella sensazione di imminente catastrofe era stordirsi dopo quelle tremende visioni, andando a recuperare una bottiglia della sua scorta, ben nascosta nella Stanza delle Necessità.
Ma prima di incamminarsi per i corridoi con la solita andatura balzana, lontana dalle ore di quotidiana confusione che regnava per il castello, aveva avvertito che il momento era propizio per una lettura di carte, così aveva portato con sé uno dei suoi mazzi magici.
“Donna di quadri.” borbottò fra sé con voce spiritata, svoltando l’angolo: quegli occhi rossi non erano l’unica cosa che le era ingiustamente ostile. In troppi erano ottusamente convinti che Divinazione fosse una materia inutile, e in prima fila c’era Minerva, che disprezzava l’arte di contemplare il futuro come pochi. Certo, lo aveva capito da un pezzo e la collega non faceva nulla per nasconderglielo.
“Tre di picche.” Proseguì, scuotendo mestamente il capo, facendo tintinnare le perline dei vistosi scialli: lei stessa era in conflitto con la maggior parte dei suoi studenti, troppo ottusi per poter avere qualche attitudine nella sua materia. Alcuni la trovavano persino comica. Comica! Inaudito! Ma sapeva bene che gli invidiosi le blateravano da anni alle spalle. Sì, erano invidiosi perchè loro il Dono non potevano neanche sognarselo! A cominciare da quell’odiosa ragazzetta della Granger! Così insensibile agli echi del futuro.
Poi, una figura misteriosa apparve dal mazzo, un jack di picche, che gliene richiamò alla mente subito un’altra: il professore di Pozioni.
Al di là della lucente superficie nera dei suoi occhi si nascondeva un grande mistero, ne era certa. Il suo sesto senso non l’aveva mai ingannata anche se tutti, in quella scuola, credevano che fosse una ciarlatana, una povera pazza delirante. Il loro occhio interiore era chiuso, Sibilla lo sapeva: non avrebbero mai potuto capire l’arte di predire il futuro e tantomeno una donna capace e abile come lei.
Possedeva il Dono, ne era sempre stata fiera, lei, la pronipote di Cassandra Cooman; poteva vedere cose che sarebbero sempre state nascoste a tutti gli altri, anche se certe visioni di morte se le sarebbe risparmiate volentieri. Ma per quelle c’era pur sempre la Stanza delle Necessità...
Essere fuori dal comune le aveva sempre portato solitudine, tristezza e ostilità, spazi che aveva colmato con lo Sherry, ma soprattutto cercando di vedere al di là di quel mondo ostile, attraverso le carte, la sua fidata sfera di cristallo e nei fondi delle foglie di tè.
Sibilla era certa di non essere la sola a nascondere abilità latenti e misteri.
Tornò a sbirciare la carta luminosa che le brillava nel palmo, quella figura di picche.
Severus Piton nascondeva un grande segreto. Qualcosa di misterioso, legato ai sentimenti.
Lo aveva scrutato, qualche volta, nella sua sfera di cristallo e, in mezzo alla nebbiolina sottile, il volto pallido e lo sguardo penetrante non le avevano mai rivelato nulla, se non un’austera compostezza e un’immensa padronanza di sé. Pareva quasi un involucro, qualcosa che racchiudeva un mistero inspiegabile e segreto.
Sospirò e girò un’altra carta, scoprendo un tre di cuori.
Un mistero legato ai sentimenti… ma quella carta non era chiara. Che problemi sentimentali poteva mai avere Severus Piton?
Le carte quella sera non erano molto chiare. Il momento non doveva essere propizio. A volte capitava che il futuro non avesse voglia di comunicarle i suoi presagi, persino nel bel mezzo di una lettura.
Allora ci voleva una pausa. E lo Sherry.
Mentre girava un’altra carta, le sfuggì il mazzo di mano e le carte finirono sul pavimento, andando a sparpagliarsi tutt’attorno. La professoressa spalancò gli occhi, che apparvero enormi dietro gli spessi occhiali, e serrò le labbra: che segno infausto!
Si voltò per tornare nella sua stanza. Le carte raramente le sfuggivano di mano (tutto il mazzo, poi!). Era lampante che la stavano avvisando di rinunciare al Sherry per quella sera, prima che accadesse il peggio. Aveva già mosso qualche passo, ma si dovette bloccare subito.
Le carte! Non poteva lasciarle lì!
Tornò indietro e si gettò sgraziatamente a terra, producendo il rumore di un abat-jour che precipita al suolo. Si mise a cercarle, facendosi luce con un Lumos della bacchetta per individuarle. La loro magia svaniva se non venivano tenute in mano durante la lettura e tornavano a sembrare delle normalissime carte da gioco.
Le raccolse un po’ alla volta, tenendole disordinatamente in grembo con la mano libera per fare più in fretta.
Dopo diversi istanti si fermò. Erano tutte?
No, non poteva essere, il suo sesto senso le stava dicendo che ne mancava ancora qualcuna all’appello e in quel momento vide un leggero bagliore davanti a sé, nell’oscurità del corridoio. Stando carponi si mosse in una maniera estremamente bizzarra, producendo un tintinnio goffo mentre si avvicinava a quell’ultima carta.
Protese la mano per raccoglierla e si accorse che era ancora stranamente avvolta da un leggero bagliore. Cercò di prenderla, ma sembrava essere finita sotto qualcosa di pesante, un mobile forse o una di quelle orride e inquietanti armature poste in giro per tutto il castello. Cercò di spostarlo, ma non ottenne risultati.
Muovendosi a scatti recuperò la bacchetta, producendo un agitato tintinnio di braccialetti. La puntò contro quell’oggetto che intrappolava la sua carta e si preparò a formulare l’incantesimo non verbale per spostarlo.
“Sibilla…” una voce profonda con una leggera nota canzonatoria, la fece sussultare, facendole cadere il resto delle carte che stringeva in grembo.
Chi l’aveva chiamata per nome spostò la punta del piede dalla carta che vi era finita sotto e, con un leggiadro colpo di bacchetta, la sollevò da terra: questa, ubbidiente, andò a posarsi sul palmo chiaro del mago.
Per un momento emise un bagliore intenso, andando ad evidenziare i tratti pallidi del viso di Severus Piton, il suo sguardo ombrosamente assorto e vivido, con quegli occhi simili a lucenti stelle nere. Poi si spense, sostituita dal Lumos della bacchetta di quest’ultimo.

***


L’oscurità dei corridoi sembrava fuoriuscire dal suo animo, adombrando ogni cosa: pareti, quadri e futili oggetti che incorniciavano la tenebrosa solitudine di Severus Piton. Solo il bagliore emanato dalla punta della bacchetta riusciva a trafiggere quel buio, riflettendosi nello sguardo pensieroso del mago, mentre avanzava silenzioso nei corridoi, scrutando le ombre dei propri pensieri ed addentrandosi in esse, senza alcun timore.
Che cosa lo stava tenendo aggrappato a quella vita dannata? Se il Serpente l’avesse scoperto, avrebbe perso ogni cosa. Lui stesso era disposto a perdere ogni cosa: la sua anima, tinta di ombre, il suo cuore lacero, racchiuso in una prigione di freddo cristallo e i suoi labili sogni di redenzione.
Che cosa lo costringeva a vivere quell'Inferno senza fine?
Impietosa, quella domanda animava i suoi occhi quella sera, tormentando il suo cuore. Ma non avrebbe trovato ristoro in una delle tante Pozioni che avrebbe potuto preparare per lenire ogni bruciante sofferenze, ogni indicibile tormento. Avrebbe lasciato che scorressero nelle proprie vene, come un veleno mortale, senza riporre quel malessere nelle esperte mani dell'abile Pozionista che era. Avrebbe lasciato che il dubbio lo invadesse e che il dolore, come una fiamma perenne, prendesse il sopravvento su tutto il resto, come una crudele Cruciatus del padrone che aveva scelto di servire.
D’un tratto udì un tonfo e un bagliore luminoso gli scivolò sotto al piede, sporgendo di poco.
Poi comparvero le mani sottili e le braccia adorne di rumorosi gioielli di quella che riconobbe essere Sibilla Cooman, che si mise goffamente a tastargli le scarpe non accorgendosi minimamente di chi fosse il proprietario.
Vedendola armeggiare con la bacchetta nell’oscurità, prima che gli scagliasse addosso chissà quale incantesimo, recuperò magicamente quella carta sollevandola in aria: una volta giunta nel palmo pallido della sua mano, si illuminò per alcuni istanti per poi spegnersi. Doveva essere una carta magica.
Con quel gesto portò la professoressa a sollevare il capo e ad accorgersi finalmente della sua presenza, strabuzzando gli occhi ingigantiti dalle lenti enormi che portava.
Severus osservò Sibilla francamente incuriosito, ma mantenendo un’espressione glaciale. Stava ispezionando i corridoi in cerca di studenti propensi a violare le regole, come i soliti Grifondoro. La comparsa della professoressa di Divinazione era un’insolita variante, non tanto per l’apparizione in sé, così prevedibilmente spinta ad abbrancare la solita bottiglia di Sherry, ma per il suo modo di fare e di essere così bizzarro. Severus sospirò tra sé: c’era chi si nascondeva dietro delle maschere e chi usava una sfera di cristallo per sfuggire alla propria realtà.
Stando in silenzio, le porse la carta, ma la donna alzò le mani, esclamando: “No… segno infausto!” proruppe, agitatissima.
Il mago rimase immobile, con un sopracciglio arcuato, senza proferire parola, mentre la maga si alzava, oscillando e cercando di ricomporre un disordinato garbuglio di quelle che dovevano essere altre carte.
“Quella carta non appartiene più alla sua padrona!” recitò con aria spiritata “perché porta un segno di sventura!"
Il mago assottigliò le labbra in una piega sarcastica:
“Che imprevedibile colpo di fortuna. Mi aspettavo una previsione di morte.” Mormorò ironicamente, ma la professoressa parve non udirlo nemmeno, troppo concentrata sulle proprie strane percezioni.
“E’ portatrice di strani, oscuri presagi… ho intravisto… afflizione… oscurità… ” disse con voce pensierosa, come se non si trovasse più in quel corridoio ma in un mondo adiacente. Poi abbassò la voce, continuando a parlottare tra sé:
“Ma c’era dell’altro… la Vista ha svelato per un attimo qualcosa… ci vorrebbe la sfera… arancione? Rosso, forse? Ma c’era anche del verde. Che visione confusa…”
A un certo punto smise di gesticolare e guardò Severus come se si fosse appena accorta della sua presenza.
“La Cartomanzia è un’arte che solo in pochi possono praticare.” il suo tono era cambiato e aveva perso quella cadenza surreale e misteriosa “Il mio è un Dono ereditato dalla mia bis-bis-nonna e…”
Ma l’attenzione del professore non era più rivolta a lei, ma ad altri pensieri, come se passato e presente si fossero improvvisamente scontrati producendo scintille di memorie antiche in quello sguardo oscuro, in cui un grande rimpianto balenò vivido per pochi istanti, rimanendo celato agli occhi di Sibilla grazie alle tenebre che li attorniava.
Poi le palpebre di alabastro si socchiusero appena, nascondendo quasi del tutto l’oceano oscuro dei pensierosi occhi sottostanti, traboccanti di tormenti passati, pronti a travolgere il loro padrone da un momento all’altro.
Il “Dono” di Sibilla Cooman aveva stravolto le vite di molti. Quella donna riportava alla mente di Severus i suoi errori e le sue eterne colpe imperdonabili. Quando aveva riportato la Profezia a Voldemort… e ucciso Lily con le sue stesse mani.
Non avrebbe mai immaginato quelle conseguenze, certamente, Silente glielo aveva ripetuto migliaia di volte, come se proferire quelle parole potesse alleviare quel lacerante senso di colpa che, ogni notte della sua vita, tornava da lui come il servo era corso dal padrone.
Guardò nuovamente la maga sospirando silenziosamente: non la odiava, nè riusciva a provare alcunché per lei. Provava troppo odio per se stesso per voler concentrare quel sentimento su altri. Su quella donna, poi, non avrebbe avuto alcun senso, alcuna ragione d’essere.
E non sosteneva nemmeno la tesi che fosse un’imbrogliona. Come tutti, nascondeva qualcosa. Si illudeva che un futuro imperscrutabile potesse essere a portata di mano, così facilmente svelabile.
Ma il destino di un uomo non può essere racchiuso in una scintillante sfera di cristallo o imprigionato in piccoli riquadri di carta. E’ libero, completamente, determinato dalle scelte di ognuno e, talvolta, dal loro terrificante epilogo.
Quante volte si era immaginato Lily, mentre carezzava dolcemente la rotondità della pancia tesa attraverso un sottile tessuto bianco, quel futuro imperscrutabile che vi si trovava dentro, bramando sogni di felicità per sé, il suo bambino e la famiglia che lui, Severus Piton, aveva distrutto per sempre. E immaginandola, rivedendo quel sorriso dolce, in quel momento avvertì distintamente un cristallo umido, un segno di dolore protetto dal manto dell’oscurità, scivolare lentamente lungo la propria guancia.
Strinse con maggior forza la bacchetta e si dominò, traendo un lungo, silenzioso, respiro, restando in una posa perfettamente marmorea, anche se dentro si sentiva dilaniato da quel fresco dolore, appena sgorgato.
Non c’era nulla a legarlo a quel presente. Nulla, se non il figlio di Lily, quel futuro svelato che avrebbe cercato in tutti i modi di instradare nella direzione giusta, combattendo i propri errori, l’odio palpabile che Harry provava per lui e cercando una redenzione impossibile.
Quando l’oceano oscuro degli occhi di Severus tornò a rivolgersi alla professoressa, che non aveva smesso un istante di parlare, il volto del mago era calmo, come un mare immobile, quell'unica lacrima era sparita, e la maschera era di nuovo perfetta.
Esteriormente nulla della sua figura era mai mutato, anche se il suo cuore aveva avvertito ondate di sentimenti inespressi e sensazioni appartenenti al suo passato ancestrale.
Le parlò, interrompendo lo scrupoloso elenco di abilità con cui Sibilla si stava complimentando con se stessa.
“Sibilla,” mormorò con voce bassa e sardonica “se non ti dispiace, riprendo l’ingrato compito di sorvegliare questi corridoi. Se qualche studente si è addormentato in qualche anfratto del castello a causa delle tue chiacchiere, qualcuno dovrà pur riportarlo nel dormitorio.”
La donna serrò le labbra, chiaramente indispettita da quel commento, ma non replicò.
Passandole di fianco con un leggero movimento del lungo mantello le mise in mano la carta che aveva raccolto, mentre la professoressa farfugliava qualcosa, cercando di obiettare.
“Non temere,” le disse sardonico “non te ne verrà alcun male.” E voltandole le spalle si lasciò inghiottire dalle tenebre.

***


Sibilla rimase per un momento immobile, le labbra serrate e gli occhi che roteavano in tutte le direzioni, come se si aspettasse di essere fulminata da un momento all’altro.
Ma non accadde. Il momento infausto doveva essere andato via col suo proprietario e, forse, ma non ne era certa, era di nuovo al sicuro.
A dire il vero era sconcertata. L’aveva interrotta! Proprio mentre cercava di tirarsi su di morale senza il suo amato Sherry! Che uomo strano e così assolutamente imperscrutabile!
Si sistemò rumorosamente lo scialle di perline e si accorse di star stringendo ancora qualcosa in mano.
Si stava per scordare di quella carta! Inaudito.
La guardò bene e si accorse che la figura che le tenebre le avevano celato era l’asso di cuori. Passandovi sopra un indice notò una piccola goccia trasparente, simile a una lacrima, che, al passaggio del polpastrello, distorse l’immagine sottostante, come se quel cuore si fosse messo a sanguinare.
Che stesse ancora sanguinando, dopo tutto quel tempo...
Scrollò il capo, sentendosi confusa e si affrettò a riporla assieme alle altre, prima di tornare sui suoi traballanti passi.
Alla fioca luce magica di un mazzo di carte, anche la più cupa oscurità poteva svelare segreti presagi… imprevedibili tonalità scarlatte.
 
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view post Posted on 22/1/2017, 19:45
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Una questione di (s)Vista di pingui79



Per Severus Piton nemmeno le vacanze di Natale erano una motivazione valida per modificare le proprie abitudini, quel ventisei dicembre s’incamminò dunque verso la Sala Grande per la colazione alla solita ora. Anche il resto degli insegnanti fu del suo stesso avviso, mentre non c’era traccia di quei pochi studenti rimasti al castello: di sicuro se ne stavano ancora a poltrire a letto.
Alla sua entrata il chiacchiericcio dei colleghi già seduti ammutolì d’improvviso, come se qualcuno avesse lanciato un Silencio di nascosto.
Vide Filius protendersi dalla sedia, per poi cadere rovinosamente dai numerosi cuscini e finire con il naso nel porridge. Vide Minerva impietrita, con le mani sulla tavola e il cucchiaino d’uovo alla coque ancora in bocca, ogni briciola di dignitosa serietà evaporata come per magia. Per la prima volta in vita sua provò il profondo rammarico di non avere con sé una macchina fotografica: avrebbe immortalato molto volentieri la Capocasa Grifondoro con uno scatto impietoso, giusto per togliersi una piccola soddisfazione personale.
Albus dal canto suo stava facendo spallucce, addentando con gusto focaccine imburrate, ostinatamente sordo ai sussurri allarmati di Pomona che squittiva giungendo dietro Severus.
Pix sfrecciò a mezz’aria brandendo un mestolo ed un piatto d’oro, infine si avvicinò quatto quatto alla sua vittima completamente ignara; l’occasione era troppo ghiotta perché non intervenisse a modo suo. Tutti si immobilizzarono trattenendo il fiato, solo Severus si limitò a rallentare la camminata tra i tavoli vuoti, con un ghigno di puro divertimento che non cercò minimamente di nascondere. Il gong! eseguito dal Poltergeist si propagò per le volte incantate della Sala, così sonoro che il bell’addormentato Hagrid fece un gran salto dalla sedia e diede una poderosa manata al piatto che gli stava dinanzi. Uova fritte, bacon e salsicce presero il volo e atterrarono sul testone irsuto del guardiacaccia, che prese a guardarsi attorno completamente paonazzo per la vergogna.
L’eco ancora aleggiava nell’aria, Albus si limitò a chiedere con noncuranza:
«Marmellata di lamponi, miei cari ragazzi?»
Il resto della giornata passò in modo tranquillo, distribuendo con generosità numerose D sui penosi temi degli studenti del quarto e quinto anno. Quando la sera scivolò nella notte, la convinzione che insegnare a quelle teste di legno fosse solo un’inutile perdita di tempo gli sembrò un’ovvietà che non dava scampo.
D’un tratto un leggero crepitio lo distrasse, costringendolo ad alzare gli occhi da una pergamena: Albus via camino lo pregò di raggiungere immediatamente il suo ufficio, rassicurandolo che la questione non riguardava né Black, né Lupin. Si dileguò velocemente com’era arrivato, lasciandolo allarmato e senza il tempo di replicare alcunché. Diviso a metà tra la speranza che non fosse nulla di grave e l’aspettativa di un motivo più che legittimo per una convocazione alle tre di notte, Severus si alzò lesto. Erano già sufficienti un fuggitivo da Azkaban ed un Lupo Mannaro a rendere il clima nel castello parecchio movimentato, cos’altro poteva esserci?
Un’ora più pardi, parecchi piani più in alto un uomo marciava deciso verso le proprie stanze, il nero mantello che si gonfiava minacciosamente in ampie volute. Dal cipiglio severo trasparivano un enorme disgusto ed un’indignazione di proporzioni cosmiche.
Pregò che quei pochi studenti fossero nei loro dormitori – soprattutto Potter – perché se per una sfortunatissima coincidenza qualche malcapitato si fosse imbattuto in lui, si sarebbe ritrovato non uno, non due, ma almeno tre barili colmi di Rospi Cornuti da sventrare seduta stante.
Aveva appena constatato che al peggio non c’è mai fine.

*


Se non fosse stato per l’evidente tensione nell’aria, Severus avrebbe potuto giurare che nell’ufficio circolare fosse in corso un pigiama party e non una riunione degli insegnanti. L’occhiata che gli aveva scoccato Minerva era stata più che eloquente: “Ma tu, non dormi mai?”
Si era rifiutato di darle corda, concentrandosi piuttosto su Hagrid che in lacrime stava seduto di fronte ad Albus; dal sinistro scricchiolio della sedia poté facilmente intuire che questa stesse implorando pietà per il peso che era costretta a sopportare.
«È c-che non ci ri-riesco proprio, signor Preside.» stava dicendo il guardiacaccia tra un singulto e l’altro. «Ci ho provato di tutto, anche a contare gli Unicorni, ma da quando mi è arrivata la lettera non ci dormo più.»
Pomona aveva alzato gli occhi al cielo in segno di disperazione. Buon Merlino, allora non era il solo ad essere piuttosto seccato.
«E poi… se penso a quello che vogliono farci al mio Fierobecco, quando riesco ad addormentarmi mi sogno un sacco di cose orribili.»
Albus aveva continuato a rimanere in silenzio.
«Qualche ora fa gli ho somministrato una Pozione Soporifera.» aveva detto Poppy molto seriamente. «Ma è evidente che per lui i normali preparati non sortiscono gli effetti previsti.»
Ora sì che gli occhi azzurri del Preside scintillavano pericolosamente dietro le lenti a mezzaluna; Severus conosceva quello sguardo, era quello che faceva da preludio ad una richiesta che di fatto equivaleva ad un ordine.
Si era già preparato ad accettare giusto con qualche riserva – in fin dei conti il pozionista era lui – ma Sibilla era entrata a sorpresa nello studio con perverso e inopportuno tempismo. La conversazione che ne era seguita gli aveva fatto desiderare di essersi addormentato alla scrivania e che quello fosse solo un incubo di qualità pessima.

*


Scavalcato.
Subdolamente e con ignominia, per giunta.
Misurò il proprio studio per l’ennesima volta, percorrendolo in lungo e in largo con le mani incrociate dietro la schiena, stupendosi di non aver ancora lasciato un solco sul pavimento.
Cercò di calmarsi, dopotutto era un uomo adulto, non era necessario prendere quella decisione in modo personale, l’obiettivo andava raggiunto con ogni mezzo a disposizione…
… ma come diamine era saltato in mente al vecchio di assecondare Sibilla?
Se si fosse trattato di Poppy non avrebbe opposto resistenza – almeno non troppa, la medimaga era veramente capace ed esperta – ma qui c’era un’insegnante di Divinazione che pretendeva di avere voce in capitolo sulle sue pozioni e sui suoi ingredienti, tutto perché si diceva in grado di aiutare Hagrid!
Cos’era, uno scherzo di carnevale in anticipo?
Prese sadicamente ad insultarsi per non essersi opposto con più fermezza.
Già, come no: era più facile insegnare ad un Ippogrifo a fare le capriole, che negare qualcosa ad Albus.
Intanto il riposo aveva deciso di emigrare altrove, probabilmente con un biglietto di sola andata.
Si passò una mano sugli occhi stanchi. Era inutile lamentarsi, meglio mettersi al lavoro il prima possibile così da chiudere la questione in modo veloce, indolore e soprattutto autonomo. Preparò gli ingredienti necessari, voltando molto volentieri le spalle agli ultimi temi che lo attendevano sconsolati in una pila ben ordinata sulla scrivania. Visti i risultati dei precedenti, non c’era molto da sperare e forse un Incendio cumulativo lanciato alle pergamene sarebbe stato molto più gratificante.
Sospirò.
Per il momento, l’unico fuoco di cui si dovette accontentare fu quello sotto al calderone.

***


L’ultimo giorno dell’anno non era venuto ancora a capo di nulla. Né l’aumento della valeriana né quello della lavanda avevano sortito gli effetti desiderati. Hagrid ormai si aggirava nel parco con le energie di un Vermicolo prossimo al letargo.
Albus era appena stato estremamente convincente nell’intimare a Severus a compiere un’azione di cui avrebbe molto volentieri fatto a meno; tuttavia, con suo grande disappunto, il pozionista dovette considerare che non poteva più rimandare. Ma sul fatto del perché tra i due insegnanti toccasse proprio a lui cedere, questo gli rimase odiosamente incomprensibile.
Non gli restò che ringraziare almeno le vacanze di Natale ed i corridoi deserti: non c’era anima viva che avrebbe potuto essere testimone dell’avvenimento.
Il tragitto procedette tranquillamente, finché nei pressi di una stretta scala a chiocciola si sentì vagamente osservato. Aveva dimenticato che in mancanza di anime vive ad Hogwarts erano i quadri a spettegolare sfacciati: infatti eccolo lì, un gruppo di dame in crinolina che bisbigliava da una cornice, occhieggiando nella sua direzione. Riservò alle signore una delle espressioni più truci del suo repertorio, ma provocò solo risatine sommesse che lo spazientirono ancora di più.
Maleducate.
Proseguì oltre, lasciandosi alle spalle altri assurdi commenti femminili senza pudore ed entrò nell’aula di Divinazione, rivestito dell’abituale calma imperturbabile.
Boccheggiò.
Era salito alla Torre Nord o era disceso in un rosso inferno soffocante, pervaso da un odore intenso e dolciastro e da orribili poltroncine? Soffocò la voglia impellente di alzare i tacchi, cercando un immaginario refrigerio nei fiocchi di neve che scendevano lenti ed ipnotici fuori dalla finestra.
La quiete ed il silenzio inondavano la stanza, rendendo l’atmosfera ancora più surreale.
Severus si perse per qualche istante nel bianco fumo perlaceo in una delle sfere di cristallo alle pareti, infine posò i suoi occhi d’ebano sulla maga. Avvolta in svariati scialli colorati, teneva le mani cariche di gioielli intrecciate sul petto, sedendo accanto al grosso camino acceso.
Il pozionista la squadrò, come se aspettasse di vederla sciogliersi per il caldo da un momento all’altro.
Certo che non potevano esserci due mondi più diversi di così nello spazio di pochi metri quadrati. Intenti a scrutarsi come duellanti, erano tanto contrapposti quanto incredibilmente affini, poli estremi che, nonostante tutto, avevano parecchio in comune. Un paradosso allo stato puro.
Lei, solitaria e stravagante esistenza perennemente in cima ad una torre; lui, eremita volontariamente rinchiuso negli abissi di un sotterraneo freddo e tetro come la sua anima. Entrambi comunque separati dal mondo di mezzo.
Sibilla iniziò lentamente a consultare le carte, descrivendone i segni con voce bassa e velata.
Severus ridusse gli occhi a due fessure, profondamente scettico nei confronti di quel ramo della magia che gli rimaneva ostinatamente incomprensibile, avvolto nel suo alone di vaghezza e mistero. Molto meglio affidarsi alla precisione della scienza delle Pozioni, all’esattezza di pesi, misure e giri di mestolo, alla certezza di risultati quantificabili.
Non gli ci vollero doti da Legilimens per cogliere una certa irritazione nell’esclamazione piccata:
«Professor Piton, lei è tra le persone con l’Aura più limitata che io abbia mai incontrato.»
S’irrigidì. Quella frase gli sembrò quanto di più vicino ad un insulto.
«Ed è sempre lei quello che da più di tre giorni non riesce a venire a capo di nulla.»
Le sopracciglia saettarono fulminee verso l’alto.
Sibilla dieci, Severus zero. Pluffa al centro.
«Le carte non mentono mai e nemmeno l’Occhio, per quanto nebuloso ed incerto possa essere talvolta il futuro.» si sporse verso di lui per dare maggior enfasi a quanto stava per rivelare, gli occhi spalancati dietro gli spessi occhiali. «Avverrà tra poche ore… e, mi creda, più che la Vista le sarà utile una svista
Cosa?
La pazienza del mago si protese pericolosamente verso l’orlo del precipizio, l’autocontrollo riuscì ad acciuffarla appena in tempo.
Scavalcato in pubblico, beffato in privato. Salazar, com’era caduto in basso.
Aprì la bocca per replicare, se fosse rimasto troppo a lungo in silenzio le avrebbe dato l’errata impressione di essere dalla parte della ragione. Si sarebbe buttato nel lago ghiacciato, piuttosto.
Ed invece Sibilla – a suo dire perfidamente – non gli lasciò il tempo e lo congedò, non mancando di ricordagli la fiducia che Silente riponeva in lei, sempre educata e tranquilla, così diversa da un certo insolente personaggio che anni prima era stato sorpreso ad origliare, pur di carpire un posto da insegnante.
Quel Bolide lo colpì in pieno petto, lasciandolo praticamente senza respiro.
Quasi si precipitò lungo la scala d’argento, fuggendo da qualcosa che non poteva lasciare dietro di sé: il senso di colpa.
Sibilla non nascondeva di sentirsi superiore a chi non fosse dotato dell’Occhio Interiore, ma se fosse stata una vera Veggente – rifletté Severus con il fiato corto – avrebbe saputo vedere in lui un Mangiamorte pentito e torturato da un atroce rimorso, no? Invece, quelle rarissime volte che i loro percorsi si incrociavano, lei gli faceva capire che egli le stava simpatico quanto un’Acromantula che si intrufola nel letto e tutto per aver interrotto un colloquio di lavoro anni addietro. Della profezia, quella che li legava a doppio filo a Potter e che gravava sull’intero mondo magico, Sibilla non ricordava nulla di nulla.
Gli sarebbe piaciuto, davvero, considerarla e trattarla come una semplice ciarlatana, dal momento che l’antipatia era reciproca, ma non poteva permettersi questo lusso: si odiava troppo per quel madornale errore da non riuscire a guardarla senza maledirsi.

***


Niente di meglio che passare l’ultima sera dell’anno a distillare pozioni. Severus era riuscito a non farsi vedere all’ora di cena, per evitare inutili e patetici festeggiamenti da parte degli occupanti del castello, ma soprattutto per non dover fornire delucidazioni ad Albus circa il colloquio svoltosi quella mattina.
Calcolò con esattezza il minuto necessario per riscaldare quella pozione con un rinnovato dosaggio – quasi ultimata e pronta per la fase finale – scuotendo la testa come per scacciare via una considerazione troppo fastidiosa. Dopo quasi un’intera giornata, il ricordo della spiacevole scampagnata alla Torre Nord era ancora in grado di destabilizzarlo. Detestava non avere il pieno controllo di sé.
Fu così che avvenne l’impossibile.
Decisamente sovrappensiero, aggiunse del Muco di Vermicoli al posto delle radici di valeriana, rendendosene conto troppo tardi per correre ai ripari. Soffocò l’imprecazione poco Principesca, ma in compenso molto Babbana, che gli era salita alle labbra.
Pozione rovinata. Tempo ed ingredienti sprecati.
Si appoggiò al piano di lavoro con entrambe le mani, rilasciando un sospiro. Mai, in anni di esperienza, gli era capitata una svista del genere. Mai!
Un momento.
Una… che?
Oh no. No no no! NO!
Non poteva essere!
Tornò a guardare il calderone. La pozione aveva assunto una tonalità di viola acceso, ma nulla nel suo comportamento lasciava presupporre che fosse avvenuto un passaggio errato, tutt’altro. Deglutì a vuoto, e tentò l’azzardo, aggiungendo le radici e mescolando infine sette volte in senso orario.
Era praticamente perfetta.
Inconcepibile. Inverosimile. Assurdo!
Imbarazzante.
Restò parecchi minuti con lo sguardo perso nel vuoto, crogiolandosi in lunghi monologhi interiori di autoflagellazione. Quando fu abbastanza stanco di insultarsi mise il necessario in una fialetta ed uscì dal castello.
Hagrid lo accolse festante, con una bottiglia di Whisky Incendiario in mano pronta per essere scolata senza ritegno. Severus declinò l’invito per una bevuta in compagnia, reprimendo un fremito di puro orrore. Con occhio clinico osservò il guardacaccia che beveva speranzoso quel che gli venne dato.
Il tempo d’un battito d’ali di Boccino ed Hagrid crollò di peso sul letto, cominciando a russare così intensamente da poter senza problemi competere con le frequenze di una Banshee. Thor gli si accucciò accanto con un guaito di contentezza, scodinzolando vivacemente.
La mattina seguente salì a far colazione con un leggero senso d’inquietudine. Era certo dell’assoluta riuscita della pozione, ma preferiva controllare di persona lo stato di salute del guardiacaccia: si sarebbe sentito tranquillo solo dopo essersi accertato che avesse passato tranquillamente la notte e senza effetti collaterali.
Degli studenti neanche l’ombra, nemmeno quella mattina. Non gli dispiacque per nulla.
D’un tratto le porte della Sala Grande si spalancarono ed Hagrid giunse tutto pimpante, salutando tutti i presenti con la sua voce stentorea ed un gran sorriso sulle labbra.
«Professor Piton! Ci devo dire grazie, davvero! Ho dormito tutta la notte come un bambino e stamattina, guardate qua!» esclamò, girando su se stesso a braccia spalancate per essere contemplato nella sua interezza. «Mi sento come nuovo! Oh grazie, grazie! Buon anno, professore!»
Il tè quasi gli andò di traverso quando si accorse che l’uomo si stava avvicinando per abbracciarlo. Cercò di infondere nella sua espressione più impassibilità possibile per evitare il disastro e probabilmente ci riuscì, perché Hagrid si frenò all’ultimo, limitandosi a qualche cenno del capo e a farfugliare altre parole di ringraziamento. Il sentimentalismo Grifondoro di Minerva arrivò invece puntuale:
«Suvvia Severus, non essere sempre così scontroso. È il primo giorno dell’anno!»
E anche l’ultimo della mia vita, pensò lui, se per disgrazia incorro nell’abbraccio del guardiacaccia.
Rilasciò un sospiro di sollievo per il pericolo scampato e per l’ottima riuscita della pozione. Riuscì perfino a trovare un po’ d’appetito, cosa piuttosto rara soprattutto negli ultimi tempi. Forse non tutto il lavoro di quei giorni era da buttare, forse quel nuovo dosaggio si sarebbe rivelato utile anche per altri impieghi, forse poteva tracciare un minuscolo bilancio positivo da quell’avvenimento, forse…
«Ah, Severus?» Albus s’intromise nella sua riflessione privata. «Non credi che dovresti tornare da Sibilla e ringraziarla per l’aiuto?»
Silenzio improvviso.
Vecchio traditore! Era proprio necessario sbandierare l’avvenimento ai quattro venti?
Ora era il suo turno di essere fissato dai colleghi con aria attonita. Ma che avevano da guardare? Non gli era mica spuntata una seconda testa!
Minerva osò lanciargli un breve sorriso di compiacimento che gli provocò una stretta allo stomaco.
Chiuse gli occhi, inorridito.
Buon anno, Severus.
 
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