Il Calderone di Severus


Sei personaggi in cerca d'autore - 3° Turno
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2) L'Occhio Interiore4 [40.00%]
3) Segreti Presagi4 [40.00%]
1) Guardian Angel1 [10.00%]
4) Una questione di (s)Vista1 [10.00%]
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Sei personaggi in cerca d'autore - 3° Turno

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chiara53
view post Posted on 22/1/2017, 19:36 by: chiara53
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Pozionista sofisticato

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Segreti Presagi di Ale85LeoSign



Il castello era buio, rintanato in misteriose tenebre solitarie, circondato da un completo silenzio, incrinato soltanto da uno strano tintinnio ed un irregolare rumore di passi. Avvolta nei suoi scialli vistosi, tintinnanti di perline luccicanti, Sibilla Cooman stringeva in mano un mazzo di carte luminose, l’unica fonte di luce che rischiarava la fitta tenebra dei corridoi del castello mentre li attraversava.
Le era venuta voglia di Sherry, l’unica cosa che l’aiutava a scacciare quelle visioni che non riusciva a spiegarsi: tetre, lugubri, l’assalivano nel cuore della notte con immagini sbiadite e l’allarmante sensazione che degli occhi rossi e brucianti volessero ghermirla, torturarla ed estorcerle segreti presagi.
L’unica cosa che poteva fare per combattere quella sensazione di imminente catastrofe era stordirsi dopo quelle tremende visioni, andando a recuperare una bottiglia della sua scorta, ben nascosta nella Stanza delle Necessità.
Ma prima di incamminarsi per i corridoi con la solita andatura balzana, lontana dalle ore di quotidiana confusione che regnava per il castello, aveva avvertito che il momento era propizio per una lettura di carte, così aveva portato con sé uno dei suoi mazzi magici.
“Donna di quadri.” borbottò fra sé con voce spiritata, svoltando l’angolo: quegli occhi rossi non erano l’unica cosa che le era ingiustamente ostile. In troppi erano ottusamente convinti che Divinazione fosse una materia inutile, e in prima fila c’era Minerva, che disprezzava l’arte di contemplare il futuro come pochi. Certo, lo aveva capito da un pezzo e la collega non faceva nulla per nasconderglielo.
“Tre di picche.” Proseguì, scuotendo mestamente il capo, facendo tintinnare le perline dei vistosi scialli: lei stessa era in conflitto con la maggior parte dei suoi studenti, troppo ottusi per poter avere qualche attitudine nella sua materia. Alcuni la trovavano persino comica. Comica! Inaudito! Ma sapeva bene che gli invidiosi le blateravano da anni alle spalle. Sì, erano invidiosi perchè loro il Dono non potevano neanche sognarselo! A cominciare da quell’odiosa ragazzetta della Granger! Così insensibile agli echi del futuro.
Poi, una figura misteriosa apparve dal mazzo, un jack di picche, che gliene richiamò alla mente subito un’altra: il professore di Pozioni.
Al di là della lucente superficie nera dei suoi occhi si nascondeva un grande mistero, ne era certa. Il suo sesto senso non l’aveva mai ingannata anche se tutti, in quella scuola, credevano che fosse una ciarlatana, una povera pazza delirante. Il loro occhio interiore era chiuso, Sibilla lo sapeva: non avrebbero mai potuto capire l’arte di predire il futuro e tantomeno una donna capace e abile come lei.
Possedeva il Dono, ne era sempre stata fiera, lei, la pronipote di Cassandra Cooman; poteva vedere cose che sarebbero sempre state nascoste a tutti gli altri, anche se certe visioni di morte se le sarebbe risparmiate volentieri. Ma per quelle c’era pur sempre la Stanza delle Necessità...
Essere fuori dal comune le aveva sempre portato solitudine, tristezza e ostilità, spazi che aveva colmato con lo Sherry, ma soprattutto cercando di vedere al di là di quel mondo ostile, attraverso le carte, la sua fidata sfera di cristallo e nei fondi delle foglie di tè.
Sibilla era certa di non essere la sola a nascondere abilità latenti e misteri.
Tornò a sbirciare la carta luminosa che le brillava nel palmo, quella figura di picche.
Severus Piton nascondeva un grande segreto. Qualcosa di misterioso, legato ai sentimenti.
Lo aveva scrutato, qualche volta, nella sua sfera di cristallo e, in mezzo alla nebbiolina sottile, il volto pallido e lo sguardo penetrante non le avevano mai rivelato nulla, se non un’austera compostezza e un’immensa padronanza di sé. Pareva quasi un involucro, qualcosa che racchiudeva un mistero inspiegabile e segreto.
Sospirò e girò un’altra carta, scoprendo un tre di cuori.
Un mistero legato ai sentimenti… ma quella carta non era chiara. Che problemi sentimentali poteva mai avere Severus Piton?
Le carte quella sera non erano molto chiare. Il momento non doveva essere propizio. A volte capitava che il futuro non avesse voglia di comunicarle i suoi presagi, persino nel bel mezzo di una lettura.
Allora ci voleva una pausa. E lo Sherry.
Mentre girava un’altra carta, le sfuggì il mazzo di mano e le carte finirono sul pavimento, andando a sparpagliarsi tutt’attorno. La professoressa spalancò gli occhi, che apparvero enormi dietro gli spessi occhiali, e serrò le labbra: che segno infausto!
Si voltò per tornare nella sua stanza. Le carte raramente le sfuggivano di mano (tutto il mazzo, poi!). Era lampante che la stavano avvisando di rinunciare al Sherry per quella sera, prima che accadesse il peggio. Aveva già mosso qualche passo, ma si dovette bloccare subito.
Le carte! Non poteva lasciarle lì!
Tornò indietro e si gettò sgraziatamente a terra, producendo il rumore di un abat-jour che precipita al suolo. Si mise a cercarle, facendosi luce con un Lumos della bacchetta per individuarle. La loro magia svaniva se non venivano tenute in mano durante la lettura e tornavano a sembrare delle normalissime carte da gioco.
Le raccolse un po’ alla volta, tenendole disordinatamente in grembo con la mano libera per fare più in fretta.
Dopo diversi istanti si fermò. Erano tutte?
No, non poteva essere, il suo sesto senso le stava dicendo che ne mancava ancora qualcuna all’appello e in quel momento vide un leggero bagliore davanti a sé, nell’oscurità del corridoio. Stando carponi si mosse in una maniera estremamente bizzarra, producendo un tintinnio goffo mentre si avvicinava a quell’ultima carta.
Protese la mano per raccoglierla e si accorse che era ancora stranamente avvolta da un leggero bagliore. Cercò di prenderla, ma sembrava essere finita sotto qualcosa di pesante, un mobile forse o una di quelle orride e inquietanti armature poste in giro per tutto il castello. Cercò di spostarlo, ma non ottenne risultati.
Muovendosi a scatti recuperò la bacchetta, producendo un agitato tintinnio di braccialetti. La puntò contro quell’oggetto che intrappolava la sua carta e si preparò a formulare l’incantesimo non verbale per spostarlo.
“Sibilla…” una voce profonda con una leggera nota canzonatoria, la fece sussultare, facendole cadere il resto delle carte che stringeva in grembo.
Chi l’aveva chiamata per nome spostò la punta del piede dalla carta che vi era finita sotto e, con un leggiadro colpo di bacchetta, la sollevò da terra: questa, ubbidiente, andò a posarsi sul palmo chiaro del mago.
Per un momento emise un bagliore intenso, andando ad evidenziare i tratti pallidi del viso di Severus Piton, il suo sguardo ombrosamente assorto e vivido, con quegli occhi simili a lucenti stelle nere. Poi si spense, sostituita dal Lumos della bacchetta di quest’ultimo.

***


L’oscurità dei corridoi sembrava fuoriuscire dal suo animo, adombrando ogni cosa: pareti, quadri e futili oggetti che incorniciavano la tenebrosa solitudine di Severus Piton. Solo il bagliore emanato dalla punta della bacchetta riusciva a trafiggere quel buio, riflettendosi nello sguardo pensieroso del mago, mentre avanzava silenzioso nei corridoi, scrutando le ombre dei propri pensieri ed addentrandosi in esse, senza alcun timore.
Che cosa lo stava tenendo aggrappato a quella vita dannata? Se il Serpente l’avesse scoperto, avrebbe perso ogni cosa. Lui stesso era disposto a perdere ogni cosa: la sua anima, tinta di ombre, il suo cuore lacero, racchiuso in una prigione di freddo cristallo e i suoi labili sogni di redenzione.
Che cosa lo costringeva a vivere quell'Inferno senza fine?
Impietosa, quella domanda animava i suoi occhi quella sera, tormentando il suo cuore. Ma non avrebbe trovato ristoro in una delle tante Pozioni che avrebbe potuto preparare per lenire ogni bruciante sofferenze, ogni indicibile tormento. Avrebbe lasciato che scorressero nelle proprie vene, come un veleno mortale, senza riporre quel malessere nelle esperte mani dell'abile Pozionista che era. Avrebbe lasciato che il dubbio lo invadesse e che il dolore, come una fiamma perenne, prendesse il sopravvento su tutto il resto, come una crudele Cruciatus del padrone che aveva scelto di servire.
D’un tratto udì un tonfo e un bagliore luminoso gli scivolò sotto al piede, sporgendo di poco.
Poi comparvero le mani sottili e le braccia adorne di rumorosi gioielli di quella che riconobbe essere Sibilla Cooman, che si mise goffamente a tastargli le scarpe non accorgendosi minimamente di chi fosse il proprietario.
Vedendola armeggiare con la bacchetta nell’oscurità, prima che gli scagliasse addosso chissà quale incantesimo, recuperò magicamente quella carta sollevandola in aria: una volta giunta nel palmo pallido della sua mano, si illuminò per alcuni istanti per poi spegnersi. Doveva essere una carta magica.
Con quel gesto portò la professoressa a sollevare il capo e ad accorgersi finalmente della sua presenza, strabuzzando gli occhi ingigantiti dalle lenti enormi che portava.
Severus osservò Sibilla francamente incuriosito, ma mantenendo un’espressione glaciale. Stava ispezionando i corridoi in cerca di studenti propensi a violare le regole, come i soliti Grifondoro. La comparsa della professoressa di Divinazione era un’insolita variante, non tanto per l’apparizione in sé, così prevedibilmente spinta ad abbrancare la solita bottiglia di Sherry, ma per il suo modo di fare e di essere così bizzarro. Severus sospirò tra sé: c’era chi si nascondeva dietro delle maschere e chi usava una sfera di cristallo per sfuggire alla propria realtà.
Stando in silenzio, le porse la carta, ma la donna alzò le mani, esclamando: “No… segno infausto!” proruppe, agitatissima.
Il mago rimase immobile, con un sopracciglio arcuato, senza proferire parola, mentre la maga si alzava, oscillando e cercando di ricomporre un disordinato garbuglio di quelle che dovevano essere altre carte.
“Quella carta non appartiene più alla sua padrona!” recitò con aria spiritata “perché porta un segno di sventura!"
Il mago assottigliò le labbra in una piega sarcastica:
“Che imprevedibile colpo di fortuna. Mi aspettavo una previsione di morte.” Mormorò ironicamente, ma la professoressa parve non udirlo nemmeno, troppo concentrata sulle proprie strane percezioni.
“E’ portatrice di strani, oscuri presagi… ho intravisto… afflizione… oscurità… ” disse con voce pensierosa, come se non si trovasse più in quel corridoio ma in un mondo adiacente. Poi abbassò la voce, continuando a parlottare tra sé:
“Ma c’era dell’altro… la Vista ha svelato per un attimo qualcosa… ci vorrebbe la sfera… arancione? Rosso, forse? Ma c’era anche del verde. Che visione confusa…”
A un certo punto smise di gesticolare e guardò Severus come se si fosse appena accorta della sua presenza.
“La Cartomanzia è un’arte che solo in pochi possono praticare.” il suo tono era cambiato e aveva perso quella cadenza surreale e misteriosa “Il mio è un Dono ereditato dalla mia bis-bis-nonna e…”
Ma l’attenzione del professore non era più rivolta a lei, ma ad altri pensieri, come se passato e presente si fossero improvvisamente scontrati producendo scintille di memorie antiche in quello sguardo oscuro, in cui un grande rimpianto balenò vivido per pochi istanti, rimanendo celato agli occhi di Sibilla grazie alle tenebre che li attorniava.
Poi le palpebre di alabastro si socchiusero appena, nascondendo quasi del tutto l’oceano oscuro dei pensierosi occhi sottostanti, traboccanti di tormenti passati, pronti a travolgere il loro padrone da un momento all’altro.
Il “Dono” di Sibilla Cooman aveva stravolto le vite di molti. Quella donna riportava alla mente di Severus i suoi errori e le sue eterne colpe imperdonabili. Quando aveva riportato la Profezia a Voldemort… e ucciso Lily con le sue stesse mani.
Non avrebbe mai immaginato quelle conseguenze, certamente, Silente glielo aveva ripetuto migliaia di volte, come se proferire quelle parole potesse alleviare quel lacerante senso di colpa che, ogni notte della sua vita, tornava da lui come il servo era corso dal padrone.
Guardò nuovamente la maga sospirando silenziosamente: non la odiava, nè riusciva a provare alcunché per lei. Provava troppo odio per se stesso per voler concentrare quel sentimento su altri. Su quella donna, poi, non avrebbe avuto alcun senso, alcuna ragione d’essere.
E non sosteneva nemmeno la tesi che fosse un’imbrogliona. Come tutti, nascondeva qualcosa. Si illudeva che un futuro imperscrutabile potesse essere a portata di mano, così facilmente svelabile.
Ma il destino di un uomo non può essere racchiuso in una scintillante sfera di cristallo o imprigionato in piccoli riquadri di carta. E’ libero, completamente, determinato dalle scelte di ognuno e, talvolta, dal loro terrificante epilogo.
Quante volte si era immaginato Lily, mentre carezzava dolcemente la rotondità della pancia tesa attraverso un sottile tessuto bianco, quel futuro imperscrutabile che vi si trovava dentro, bramando sogni di felicità per sé, il suo bambino e la famiglia che lui, Severus Piton, aveva distrutto per sempre. E immaginandola, rivedendo quel sorriso dolce, in quel momento avvertì distintamente un cristallo umido, un segno di dolore protetto dal manto dell’oscurità, scivolare lentamente lungo la propria guancia.
Strinse con maggior forza la bacchetta e si dominò, traendo un lungo, silenzioso, respiro, restando in una posa perfettamente marmorea, anche se dentro si sentiva dilaniato da quel fresco dolore, appena sgorgato.
Non c’era nulla a legarlo a quel presente. Nulla, se non il figlio di Lily, quel futuro svelato che avrebbe cercato in tutti i modi di instradare nella direzione giusta, combattendo i propri errori, l’odio palpabile che Harry provava per lui e cercando una redenzione impossibile.
Quando l’oceano oscuro degli occhi di Severus tornò a rivolgersi alla professoressa, che non aveva smesso un istante di parlare, il volto del mago era calmo, come un mare immobile, quell'unica lacrima era sparita, e la maschera era di nuovo perfetta.
Esteriormente nulla della sua figura era mai mutato, anche se il suo cuore aveva avvertito ondate di sentimenti inespressi e sensazioni appartenenti al suo passato ancestrale.
Le parlò, interrompendo lo scrupoloso elenco di abilità con cui Sibilla si stava complimentando con se stessa.
“Sibilla,” mormorò con voce bassa e sardonica “se non ti dispiace, riprendo l’ingrato compito di sorvegliare questi corridoi. Se qualche studente si è addormentato in qualche anfratto del castello a causa delle tue chiacchiere, qualcuno dovrà pur riportarlo nel dormitorio.”
La donna serrò le labbra, chiaramente indispettita da quel commento, ma non replicò.
Passandole di fianco con un leggero movimento del lungo mantello le mise in mano la carta che aveva raccolto, mentre la professoressa farfugliava qualcosa, cercando di obiettare.
“Non temere,” le disse sardonico “non te ne verrà alcun male.” E voltandole le spalle si lasciò inghiottire dalle tenebre.

***


Sibilla rimase per un momento immobile, le labbra serrate e gli occhi che roteavano in tutte le direzioni, come se si aspettasse di essere fulminata da un momento all’altro.
Ma non accadde. Il momento infausto doveva essere andato via col suo proprietario e, forse, ma non ne era certa, era di nuovo al sicuro.
A dire il vero era sconcertata. L’aveva interrotta! Proprio mentre cercava di tirarsi su di morale senza il suo amato Sherry! Che uomo strano e così assolutamente imperscrutabile!
Si sistemò rumorosamente lo scialle di perline e si accorse di star stringendo ancora qualcosa in mano.
Si stava per scordare di quella carta! Inaudito.
La guardò bene e si accorse che la figura che le tenebre le avevano celato era l’asso di cuori. Passandovi sopra un indice notò una piccola goccia trasparente, simile a una lacrima, che, al passaggio del polpastrello, distorse l’immagine sottostante, come se quel cuore si fosse messo a sanguinare.
Che stesse ancora sanguinando, dopo tutto quel tempo...
Scrollò il capo, sentendosi confusa e si affrettò a riporla assieme alle altre, prima di tornare sui suoi traballanti passi.
Alla fioca luce magica di un mazzo di carte, anche la più cupa oscurità poteva svelare segreti presagi… imprevedibili tonalità scarlatte.
 
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