Il Calderone di Severus


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2) L'Occhio Interiore4 [40.00%]
3) Segreti Presagi4 [40.00%]
1) Guardian Angel1 [10.00%]
4) Una questione di (s)Vista1 [10.00%]
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Sei personaggi in cerca d'autore - 3° Turno

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chiara53
view post Posted on 22/1/2017, 19:31 by: chiara53
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Pozionista sofisticato

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L’occhio interiore di Ele Snapey



Uno, due, tre, quattro… dodici rintocchi, lontani. Mezzanotte.
Severus ripose con cura il libro sul terzo ripiano della fornita biblioteca personale, decidendo che era giunto il momento di andare a dormire.
Una volta sotto le coperte, si girò su un fianco e piombò quasi subito in un sonno profondo. Erano giorni in cui la stanchezza si faceva sentire: tra le continue, variegate richieste di Albus, e l’inizio delle lezioni, le giornate erano talmente piene di cose da fare che arrivava a sera totalmente brasato.
Non durò molto.
Stava sognando qualcosa riguardo a una punizione inflitta a Potter (con l’incredibile benestare del Preside) in cui vedeva se stesso e il ragazzo circondati da una distesa, a perdita d’occhio, di calderoni da pulire: Potter era armato di uno spazzolino da denti, lui invece aveva un’espressione da faina soddisfatta stampata in faccia.
Improvvisamente, si materializzava un uscio di legno scuro, dietro cui qualcuno bussava vigorosamente… TOC…TOC…TOC… PLOP!
Il sogno evaporò, ma i colpi ripetuti alla porta non cessarono.
Scattò a sedere sul letto, fissando il battente con aria assonnata: ma chi, e che cosa diavolo…
Gettò un’occhiata alla clessidra che segnava le due del mattino, quindi si riscosse e balzò in piedi velocemente: se lo stavano cercando, a quell’ora, doveva essere accaduto qualcosa di grave.
Gettò sulle spalle il mantello e in due passi fu ad aprire.
Rimase basito, sulla soglia, con la mano stretta sul pomolo e la bocca socchiusa nel tentativo di emettere un suono qualsiasi.
- Scusami, Severus…
Davanti a lui, spettrale e allampanata, sostava un’apparizione surreale, il lungo scialle a frange buttato sulla vestaglia verde acido, i capelli divisi in due bande a formare una specie di tendina fissata con le forcine ai lati del volto, una fila di bracciali ai polsi e gli occhi sbarrati, resi ancora più enormi da lenti molto spesse.
Al di là di ogni tentazione!
- Per tutti i Gargoyle, Sibilla, hai visto che ore sono?! – ringhiò a bassa voce, ancor prima che gli passasse per la testa di chiederle che cosa fosse successo.
- E’ tardissimo, lo so, scusami ancora. - boccheggiò l’apparizione, con quella voce modello “esalazione ultimo respiro” che gli dava terribilmente sui nervi.
Intanto era entrata in camera, con passo vacillante, senza aspettare ovviamente che lui la invitasse ad accomodarsi.
- Perdonami, ma non potevo assolutamente aspettare il mattino. Sta per accadere una cosa terribile! – esclamò, teatrale, facendo tintinnare i braccialetti sui quali Severus si perse a riflettere se con quelli ci andasse anche a dormire.
- Immagino… - fece, laconico. - E, qual buon vento ti ha spinto a lasciare i piani alti per avventurarti in piena notte nei Sotterranei? – continuò, caustico.
- Ho avuto una visione. – rispose lei senza dar segno di aver colto la nota di sarcasmo nella domanda; lasciò vagare lo sguardo, vagamente allucinato, lungo le pareti della stanza.
- Questa sì che è una novità. – L’uomo incrociò le braccia al petto, alzando gli occhi al cielo: gli si preannunciava una notte da incubo!
- Ti prego di credermi: ero nella mia stanza e non riuscivo a prendere sonno, perciò ho deciso di alzarmi a leggere i fondi di tè, avanzati dalla lezione del pomeriggio. Ed è così che l’ho vista! Ho visto un’entità incorporea e malvagia che inizialmente si aggirava nel parco, poi si è diretta verso il Lago Nero, ha sostato presso il campo da Quidditch, e infine è penetrata nel castello. Il mio terzo Occhio Interiore l’ha “sentita” aggirarsi ai piani superiori!
Pronunciò le ultime parole con un filo di voce, in modo melodrammatico, gli occhi sempre più sbarrati: sembrava più un grosso gufo con una ridicola parrucca calata in testa ma, nonostante ciò, una vocina insidiosa iniziò a instillargli il dubbio che potesse esserci un fondo di verità in quello che stava farneticando. Ne sostenne imperterrito lo sguardo visionario, scrutandola dall’alto in basso, con le braccia sempre conserte.
- Devi ascoltarmi, Severus… – ribadì lei, agitando le braccia sferraglianti. – Una misteriosa entità sta pericolosamente vagando entro le mura di Hogwarts. Se non interverremo subito accadrà qualcosa di orribile, lo sento!
L’espressione dell’uomo non variò di un millimetro, ad eccezione del sopracciglio sinistro che iniziò ad inarcarsi pian piano: quante, innumerevoli volte, ormai, le aveva sentito proferire quegli identici presagi di sventura?
- Io invece sento che se non tornerò subito a dormire, quando, tra poche ore, sarò costretto ad alzarmi, avrò un tremendo mal di testa. – replicò, asciutto.
- Severus, tu non mi credi! Perché? Perché non credi alla forza della premonizione? – sospirò contrita, appendendosi con entrambe le mani alle braccia ancora rigidamente serrate al petto.
L’uomo abbassò repentino lo sguardo, e fissò inorridito le dita strette al proprio avambraccio.
Non ci poteva credere: Sibilla Cooman lo stava toccando, quando in tutta Hogwarts e dintorni era risaputo di come detestasse essere toccato!
- E tu perché non sei andata a svegliare Silente, se la faccenda è così grave? – esclamò, acido, senza riuscire a staccare gli occhi da quel gesto temerario.
- Perché per il momento preferisco non disturbare il preside; inoltre, sono certa che la tua abilità e la tua determinazione per questo tipo di situazioni siano altrettanto adeguate.
L’uomo tornò a puntare le iridi nere negli spessi fanaloni dietro cui galleggiavano le pupille e, inclinando appena il capo, socchiuse le palpebre.
Gli era capitato raramente di avere a che fare con quella visionaria da strapazzo, e sempre in modo veloce e superficiale: non la considerava un granché dal punto di vista professionale, anzi, per essere più precisi, non la considerava affatto, ma rimase piuttosto colpito nell’apprendere di come avesse una simile opinione di lui.
Non bastò a persuaderlo sulla attendibilità delle sue affermazioni, ma decise comunque di dare anche una sbirciatina, con la massima discrezione, nella sua testa.
Fu un’ispezione rapidissima, di cui probabilmente la donna non si rese conto, ma che a Severus bastò per leggere una sincera, determinata convinzione in ciò che affermava.
- Dammi un paio di minuti per rivestirmi. - Alla fine optò che sarebbe stato più saggio non sottovalutare anche quelli che sembravano abituali vaneggiamenti.
- Posso chiederti di aspettarmi fuori dalla stanza? – aggiunse, seccato, vedendo che la donna continuava a fissarlo, senza accennare a muoversi.
- Certo, ma fai presto. “Sento” che l’Entità si sta avvicinando a un obiettivo nevralgico. – sussurrò, ispirata, ricevendo in risposta un brontolio.
E, dopo due minuti precisi, furono per i corridoi del castello addormentato.
L’unica anima in pena che incrociarono mentre risalivano dai Sotterranei fu quella del Barone Sanguinario, che non osò fare alcun commento, dopo aver notato l’espressione del professor Piton.
Una sagoma nera che si confondeva tra mille ombre, e un’altra, verde acido, che invece spiccava, percorsero velocemente gli androni deserti e silenziosi, fino alle scale principali.
Uno, due, tre… Il grande pendolo batté l’ora.
Severus rimpianse il tepore del proprio letto e, all’improvviso, si chiese per quale motivo si trovasse lì e che cosa l’avesse spinto a seguire, in piena notte, quel curioso essere addobbato con scialle e bracciali.
Inaspettatamente la veggente si bloccò in mezzo al percorso, emise una specie di risucchio allargando le braccia e facendo cozzare tra loro, rumorosamente, i numerosi monili.
Il cuore di Severus perse un colpo.
- Adesso che cosa ti prende? – reagì, aspro.
- Sta entrando nella Stanza delle Necessità, lo vedooo… - proferì lei, con aria rapita e sguardo perso nel vuoto. – Sta cercando qualcosaaa…
- Potresti essere meno generica?
- E’ sulla soglia e cerca un oggetto preziosooo…
Il mago fece partire un’occhiata diffidente, ancora una volta indeciso se continuare a seguirla o tornarsene in camera per tentare di riprendere il sonno interrotto: quella pagliacciata lo stava decisamente indisponendo.
Non fece in tempo a prendere una decisione, perché improvvisamente la donna si involò verso le scale che portavano al settimo piano.
Severus, sbigottito, la guardò allontanarsi: o era estremamente temeraria, o completamente svaporata. Pur propendendo per la seconda ipotesi, non gli rimase da far altro che seguirla.
Una volta giunti, Sibilla cadde nell’ennesimo stato di trance mistica.
- E’ là dentro… Vedo i suoi artigli… Il pericolo incombe su tutti noiii…
La porta d’accesso apparve nello stesso istante in cui si accasciava al suolo, in modo lento e spettacolare. Severus balzò in avanti nel tentativo di sorreggerla ma, a dispetto dell’apparente fragilità, scoprì come fosse inaspettatamente zavorrata.
- Su, Sibilla, su! Uff… Chi l’avrebbe mai detto che sei una falsa magra! - imprecò a denti stretti, costretto a mollare la presa.
La donna si afflosciò, come un pupazzo di gomma che si sta sgonfiando, poi giacque immobile, a terra, in posizione semi-fetale e una bizzarra espressione di meraviglia aleggiante sul volto.
Rimase qualche secondo ad osservarla, perplesso, con le sopracciglia talmente inarcate da arrivare a sfiorare la radice dei capelli, e lo scialle di lei, unica cosa che era riuscito ad afferrare, ancora stretto in mano.
A quel punto, dopo aver appurato che respirasse, lasciò cadere lo scialle e la scavalcò per entrare a controllare di fatto che cosa diamine avesse “visto” quella squinternata.
Sfoderò la bacchetta e oltrepassò, guardingo, l’ingresso.
La prima cosa che lo colpì fu una strana miscellanea di odori fatta di umidità, polvere e vecchiume.
- Lumos!
Scrutò con attenzione le immense montagne di oggetti accatastati, le cui cime si perdevano nell’oscurità dell’altissimo soffitto. All’apparenza sembrava tutto tranquillo.
Avanzò di qualche passo, lentamente, inoltrandosi tra cumuli di ciarpame e anticaglie accumulate in secoli di storia della scuola. Montagne di vecchi banchi, sedie, arazzi, voliere, cassapanche coperte di polvere, armature arrugginite e un grosso armadio tarlato, fecero da ala al suo passaggio.
Tese l’orecchio, ma l’unico suono che riuscì a percepire fu l’eco impalpabile di fruscii, cigolii, e strani borbottii.
Si voltò per imboccare un altro corridoio ma si bloccò, e solo il leggendario, ferreo autocontrollo gli impedì di mettersi a urlare: a due palmi dal suo naso c’era lo sguardo a civetta di Sibilla Cooman che lo stava scrutando intensamente da dietro i fondi di bottiglia.
- Per la Barba di Merlino, Sibilla, hai deciso di eliminarmi facendomi venire un infarto? – sibilò a mezza voce, folgorandola con una delle sue proverbiali occhiate omicide.
- Lo sento… Sento che si muove verso il centro… - sussurrò lei, imperturbabile.
La fissò sconcertato: ma non l’aveva appena lasciata quasi priva di sensi all’ingresso della Stanza?
La Cooman si mosse fulminea, prima ancora che lui si riavesse dalla sorpresa, infilandosi nella vicina corsia tra una pila di seggiole e una catasta di vecchi calderoni.
Severus la raggiunse poco più in là, mentre sostava in contemplazione di una moltitudine di manichini impolverati con addosso abiti e copricapo eccentrici, risalenti a qualche centinaio di anni prima.
- Che c’è: hai perso le tracce? – la punzecchiò, adocchiando nel contempo qualcosa di molto interessante che faceva capolino tra le ricche balze di un vestito.
– Oppure, cercavi queste? – continuò, con un lampo maligno negli occhi, chinandosi fulmineo ad afferrare un paio di bottiglie di sherry che piazzò sotto il naso della collega.
- Oh! Io non… non so che cosa intendi dire… - balbettò, sgranando le pupille, e per un attimo sembrò un grosso insetto terrorizzato davanti a bombolette di insetticida.
- Perché è tuo questo sherry, vero Sibilla? Non è che mi hai trascinato fin qui, per recuperare la tua scorta personale di alcool che non ricordavi più in quale punto preciso avevi nascosto… vero? - avanzò di qualche passo, minaccioso, costringendola ad indietreggiare fino a ridosso dell’inanimato esercito in costume.
- No… no, ti assicuro che non so da dove provengano… - balbettò, tutta rattrappita, cercando di mimetizzarsi tra i manichini.
- Sibilla, ti consiglio vivamente di non approfittare oltre della mia pazienza e, soprattutto, di non sottovalutare la mia intelligenza! – precisò, scandendo le parole come usava fare con gli studenti meno brillanti, (praticamente la maggior parte) e incombendo con le mani strette a pugno, piazzate sui fianchi.
- E va bene sì, lo ammetto, sono mie… - confessò la Cooman con vocina flebile, guardandolo intimorita da sotto in su.
Sul viso dell’uomo si allargò un sorriso poco rassicurante.
– Ma ti giuro sul mio sherry che non sono il motivo per cui ti ho portato qui. In questo istante l’Entità sta muovendosi nelle tenebre, il mio Occhio Interiore non mente: si sta spostando da quella parte, verso il cuore della stanza. Dobbiamo fare presto!
E, dopo aver indicato una vaga direzione nel buio, sgusciò via di nuovo, tra lo sfarfallio delle frange dello scialle e il tintinnio dei bracciali, rituffandosi nell’oscurità che gravava in fondo alla corsia.
Piton, imprecando tra sé, si rassegnò a seguirla, ma decise che stavolta l’avrebbe riportata assolutamente in camera assieme al suo Occhio Interiore, avesse dovuto trascinarceli di peso.
Quando in poche falcate la raggiunse, scoprì che stava contemplando un antico stendardo Serpeverde, abbandonato accanto ad alcuni grossi libri di Storia della Mitologia.
Sul vessillo erano ricamate due esse a forma di serpente, attorcigliate tra loro e spiccanti sopra lo sfondo color argento.
- Ascoltami bene: esigo che si esca di qui, immediatamente, e…
- Guarda questo ricamo com’è particolare: sono due esse… come Severus e Sibilla! – lo interruppe, serafica, lanciandogli un’occhiata alquanto strana.
Severus si irrigidì, e la squadrò con occhi ridotti a due fessure: forse aveva capito male.
- Prego? – articolò a stento, in tono glaciale.
- Ma sì, sono due esse come le iniziali dei nostri nomi, e sono intrecciate: non è una curiosa coincidenza? – cinguettò, lanciandogli uno sguardo ancora più allusivo che gli fece accapponare la pelle, mentre un atroce sospetto gli attraversava la mente: che lo avesse portato lì, con la scusa della misteriosa Entità, per approfittare di lui?
Un velo di sudore gelido gli imperlò la fronte.
- Ehm… ergh… certo, davvero una strana coincidenza… - aggiunse, circospetto, allontanandosi prudentemente di alcuni passi, e continuò a fissarla in tralice, mantenendosi a debita distanza.
A cavarlo dall’imbarazzante situazione ci pensò, improvvisamente, un rumore secco alla sua destra.
Impugnò di nuovo la bacchetta, con tutti i sensi all’erta.
Mosse qualche passo silenzioso verso la fonte del rumore, frugando con lo sguardo attento la fitta penombra in cui svettavano inquietanti le masse informi di oggetti affastellati.
E poi, alle sue spalle, un boato spaventoso. Si voltò di scatto mentre il cuore gli saltava in gola.
- Aaaaah! Aiuto Severus… aiutoooo!
Sibilla Cooman correva verso di lui, con lo scialle svolazzante, la bocca spalancata in un urlo di terrore e, subito dietro, i giganteschi tentacoli di una terrificante creatura più colossale delle cataste di cianfrusaglie.
- Per tutti i Gar… Il Kraken?! – mormorò, impallidendo, mentre l’insegnante di Divinazione sopraggiungeva al galoppo per cercare riparo alle sue spalle.
Severus capì in un lampo ciò che era successo, quando riuscì per un attimo a staccare gli occhi da quella smisurata mostruosità e a notare come uno dei volumi, impilati accanto allo stendardo di Serpeverde, fosse aperto al capitolo dedicato a “Miti e Leggende Nordiche”.
Maledizione! Quella era la partita difettosa di libri di testo ordinati parecchi anni prima per Storia della Magia e finita lì, inutilizzabile, dopo che il professor Ruf, a proprie spese, aveva scoperto di come le immagini, anziché animarsi sottoforma di innocui, piccoli ologrammi, assumessero dimensioni e natura effettive!
Un agghiacciante ruggito squassò le volte della Stanza delle Necessità e, mentre l’immensa piovra allungava le mastodontiche spire su di loro, Severus puntò la bacchetta, tentando allo stesso tempo di liberarsi dalla stretta avvinghiante della Cooman, aggrappata al suo mantello.
- Finite Incantem!
Un lampo accecante, e l’orrenda creatura rientrò nelle pagine, sollevando un’altissima colonna d’acqua che si esaurì, tra spruzzi e gorgoglii, quando il libro si richiuse con un tonfo secco.
Finalmente tornò il silenzio.
- E’… è finita? – pigolò lei, allentando la presa.
Severus riprese fiato.
– Hai aperto tu quel libro? – chiese con calma preoccupante, e una luce inquietante negli occhi.
- S-s-si... volevo solo dare un’occhiata.
- Bene, adesso che l’hai data, lasceremo immediatamente questo dannato posto. – precisò, con la stessa pericolosa dolcezza.
- Ma, Severus non abbiamo…
- Ti avverto di non interrompermi… – replicò in tono basso e letale, assumendo un’espressione peggiore di quella del Kraken: aveva solo voglia di metterle le mani attorno al collo. – Ti do mezzo secondo per decidere di seguirmi fuori da questo posto, subito, altrimenti ti ritroverai qui da sola prima ancora di riuscire a pronunciare per intero il mio nome: sia chiaro anche che, da questo momento in poi, non voglio più sentire menzionare il tuo Occhio Interiore!
E dopo l’ennesima, micidiale occhiata, si avviò, maestoso, verso l’uscita.


Uno, due, tre, quattro. Il pendolo annunciò che la notte era ormai trascorsa.
Severus marciò per i corridoi ancora bui e silenziosi con la Cooman alle calcagna che, fino a quel momento, si era ben guardata anche solo dal respirare.
Giunsero di fronte agli alloggi della veggente. Dietro le enormi lenti, gli occhi tradivano un forte smarrimento: a Severus fece anche un po’ pena, ma non si schiodò di un millesimo dall’espressione arcigna.
Sibilla sospirò, lo salutò in tono un po’ dimesso, fece per varcare la soglia della stanza ma poi parve ripensarci.
- Scusami ancora per averti fatto perdere preziose ore di sonno, ma… - esitò. – Riflettendoci bene, ora sono certa che era in quell’armadio che dovevamo guardare.
- Armadio? Quale armadio? – eccola che ricominciava a sproloquiare.
- Quel vecchio armadio a due ante, vicino alle armature. E’ da lì che sentivo provenire un’energia terribilmente negativa, forse avremmo dovuto esaminarlo più a fondo, forse…
- Buonanotte, Sibilla. – troncò lui, arricciando le labbra.
- Buonanotte, Severus e… grazie… - esitò di nuovo, arrossendo leggermente. – Hai davvero un animo fiero e coraggioso, ma questo lo sapevo già, da molto prima di stanotte.
Scomparve oltre la soglia in un batter di ciglia, accompagnata dal solito sfarfallio di frange.
Il mago, inchiodato sul posto da quell’ultima, imprevedibile affermazione, rimase a fissare attonito il battente chiuso dietro il quale era sparita: quella donna era molto probabilmente un’impostora e certamente non aveva tutte le rotelle del cervello al posto giusto, ma in fin dei conti anche lui aveva avvertito una sensazione molto strana, passando accanto a quell’armadio…
Doveva crederci?






Nota dell’Autore: ho scoperto che ci sono diversi modi di leggere le carte e, di conseguenza, diverse possibili interpretazioni. La sottoscritta si è appigliata ad un’unica fonte per scrivere questa storia, reputandola valida. Se trovate qualche discrepanza nell’interpretazione delle carte che fa Sibilla Cooman in questa storia con le vostre personali conoscenze, tenete conto di quanto ho detto sopra. Grazie.
 
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70 replies since 1/3/2012, 00:26   1208 views
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