Il Calderone di Severus


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Storia 7 - Dark Shadows2 [14.29%]
Storia 1 - Time before time1 [7.14%]
Storia 3 - Sogni0 [0.00%]
Storia 5 - Una notte d'estate0 [0.00%]
Storia 6 - Mudblood0 [0.00%]
Storia 8 - Un uomo diverso0 [0.00%]
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Sei personaggi in cerca d'autore - 1° Turno

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chiara53
view post Posted on 21/1/2017, 18:44 by: chiara53
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Pozionista sofisticato

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Dark Shadows di arcady



6 Dicembre 1998, 09:30 p.m.

Hogwarts, ufficio del preside

“Non puoi lasciare andare il passato, vero? Sei così abituato a soffrire che non puoi accettare che io voglia stare al tuo fianco?” sussurrò Hermione, sfinita da una discussione che si ripeteva periodicamente, da quando gli aveva confessato di aver lasciato Ron, di averlo fatto per lui - quel giorno Severus le aveva toccato il viso con la punta delle dita, le aveva rivolto uno sguardo disperato e riconoscente al tempo stesso e l’aveva pregata di scusarlo, uscendo dalla stanza.
“Non posso neanche toccarti, Severus, quando mi avvicino vedo il panico nei tuoi occhi.”
Hermione non aveva potuto nulla contro il sentimento profondo e istintivo che l’aveva spinta verso quell’anima complicata e impenetrabile, ma Severus era stato solo per così tanto tempo e aveva così tanto da dimenticare, che non poteva ricambiarla: continuava a dirle che non poteva.
“Voglio vederlo con i miei occhi.” disse alla fine.
“Prego?” esclamò il preside.
“Ricordi quando mi hai parlato della notte in cui Mulciber compì il suo primo omicidio? Il 5 Aprile del 1979, se non ricordo male.” Hermione si sedette a gambe incrociate sul tappeto, davanti al camino acceso. “Hai detto di aver ucciso una ragazza senza un solo scrupolo, perché dovevi farlo.” aggiunse con circospezione. “Hai detto di esserti sentito, per la prima di molte volte, un morto che cammina e mi hai assicurato che non era con un uomo del genere che avrei dovuto passare la mia vita.”
Severus, in piedi di fronte alla finestra, non si voltò verso di lei, ma strinse i pugni, in segno di nervosismo.
“Ricordo quelle parole e continuo a sostenerle.”
“Mostrami il peggio di te, così forse riuscirò a convincerti della sincerità dei miei sentimenti. Non posso neanche immaginarlo, giusto? Allora mostramelo.”
“Non stai parlando sul serio.” esclamò Severus, girandosi di scatto verso di lei.
“Certo che parlo sul serio.” lo sfidò Hermione, sostenendo il suo sguardo.
“Questa conversazione sta prendendo una piega surreale: non ti mostrerò i miei ricordi, fine della discussione.”
“Ti prego, sai che posso sopportarlo.”
“Non è questo il punto, quell’inferno deve rimanere dov’è: sepolto nel passato. Ora, se vuoi scusarmi…” Hermione, fulminea, gli si piazzò davanti, impedendogli di allontanarsi.
Severus rimase ancora una volta senza fiato, di fronte alla determinazione di quella benedetta ragazza: voleva amarlo, ad ogni costo.

***



Severus ci aveva pensato così a lungo e intensamente che si sentiva la testa scoppiare: Hermione non poteva coinvolgersi con un vecchio rancoroso come lui, meritava di meglio. Era una strega estremamente brillante: avrebbe intrapreso una carriera degna di nota e avrebbe trovato l’uomo giusto per lei, un uomo che avrebbe sempre scelto per il meglio.
Severus era sempre stato impressionato dalla sua intelligenza, ma, conoscendola meglio, aveva anche scoperto quanto fosse interessata ad andare oltre le apparenze: non si accontentava mai di una risposta superficiale alle sue domande, voleva andare in profondità, con le persone come con i suoi amati libri. Inoltre possedeva una bellezza lucente, pur non rendendosene conto. Nonostante questo, Severus si rifiutava di farla avvicinare.
“Io non vado bene, Hermione.”
“E’ la prima volta che mi chiami per nome,” aveva sussurrato lei, avvicinandosi al suo viso.
Severus era rimasto immobile, condividendo per un attimo il suo respiro, poi aveva aperto gli occhi e le aveva accarezzato il viso: la sua pelle era morbida, calda. Dopo poco l’aveva allontanata con dolcezza ed era uscito dalla stanza.

***




“Pensi che io non mi renda conto di quello che hai fatto; credi che, se sapessi, fuggirei urlando lontano da te, ma ti convincerò che non è così, Severus, non permetterò che questo buco nero ti allontani da me.” disse, toccandogli il petto con la punta delle dita. “Se non hai intenzione di condividere il tuo dolore, allora andrò a prendermelo da sola. Mi ci sporcherò gli occhi, ma poi tornerò e ti amerò ancora. E tu, finalmente, mi crederai.”
“Che intenzioni hai?” chiese Severus, allarmato.
“Non ho altra scelta.” sussurrò Hermione, facendo un passo indietro ed estraendo da sotto la camicia un grosso oggetto dorato, legato ad una pesante catenina.
“Non oseresti!” esclamò Severus, osservando la Giratempo che le era stata concessa per poter frequentare più corsi nello stesso orario, anche durante il suo ultimo anno ad Hogwarts.
“Te lo ripeto: non ho altra scelta,” sussurrò Hermione, indietreggiando. Severus era ancora impietrito quando lei si voltò in fretta, spalancò la porta e sparì giù per le scale.

***




Periferia di Crawley, West Sussex
5 Aprile 1979

Un grido disperato squarciò il silenzio notturno: proveniva dalla casa vicina al grande Olmo, quella del Generale Travis; sua moglie, Melanie, e la figlia, Janine, stavano per emettere i loro ultimi respiri.
Melanie – che venne uccisa dall’altro Mangiamorte – gridò a lungo, chiedendo pietà per la figlia, ma l’uomo più alto, quello con i capelli lunghi e scuri, agì come se non esistesse nient’altro che il suo obiettivo: un movimento veloce del polso e un lampo verde partì dalla sua bacchetta, uccidendo la più giovane; poi si voltò con calma e lanciò un Incarcerus sulla madre, che ora singhiozzava spaventosamente.
“Avanti, Mulciber, devi farlo, non abbiamo tutta la notte. Uccidila o l’Oscuro Signore si rifarà su di te.” lo minacciò Severus.
Mulciber alzò il braccio, tremante e le parole sgorgarono dalla sua gola raschiando l’aria.
“Avada Kedavra!”
La donna si afflosciò a terra, inerme: gli arti contorti nell’innaturale posa della morte.
“Qui abbiamo finito: dai una ripulita e raggiungimi fuori.” disse semplicemente Snape, dopo un minuto.
Il compagno, però, rimase fermo, con la bacchetta ancora puntata verso la sua vittima e lo sguardo svuotato.
Severus, che aveva già la maniglia sotto il palmo della mano, si girò con uno scatto e lo osservò qualche secondo prima di piegare le labbra in un ghigno nervoso e voltarsi di nuovo verso la porta, parlandogli senza guardarlo.
“Era la prima volta, Sebastian, ma non sarà di certo l’ultima. Ora hai compreso fino in fondo cosa significa essere quello che siamo, servire il padrone che serviamo. Con il passare del tempo ci prenderai gusto, ti conosco, in fondo sono soltanto Babbani, no?” fece un sospiro quasi impercettibile e continuò. “E ora riprenditi. Sarò qui fuori, ma non intendo aspettare a lungo: l’Oscuro Signore è in attesa di un resoconto.”
Snape uscì dalla casa senza voltarsi.

A pochi passi da lì, Hermione era sconvolta, quasi incapace di respirare. Pensava di essere pronta per ciò che la aspettava, eppure si sentì travolta da un senso di nausea e terrore che rischiarono seriamente di rendere vano lo sforzo che aveva fatto per essere lì, in quel passato che non le apparteneva. Tentò di calmarsi e respirò a fondo, appoggiando la schiena e le mani contro la parete fredda dietro cui si era nascosta dopo aver visto più di ciò che desiderava.
Durante la guerra aveva visto morire molte persone care e il loro ricordo le si aggrappò alla gola e le bruciò gli occhi quando si rese conto che, a pochi metri da lei, l’uomo per cui stava facendo tutto questo aveva appena ucciso a sangue freddo una ragazza più giovane di lei. Hermione pensò con terrore che non avrebbe più potuto scacciare dalla mente quelle urla.
Nel frattempo Mulciber si era alzato lentamente: lo sguardo catalizzato dai corpi immobili delle due donne a terra. Leggermente sconvolto, cancellò i segni di lotta dalla stanza con un colpo distratto di bacchetta, poi, girando intorno ai corpi, si avviò a passo spedito verso la porta e uscì senza guardarsi indietro.
“Tutto a posto, Severus.” disse, tentando di dare a vedere un autocontrollo che non possedeva.
“Bene. Muoviamoci, siamo attesi.” Snape gli appoggiò una mano sulla spalla per smaterializzare entrambi al quartier generale, ma un rumore sordo lo fece sussultare e si fermò: proveniva dall’interno della casa.
“Sei sicuro di non aver fatto casini, Sebastian?” gracchiò sfoderando la bacchetta.
“Non c’era nessun altro in casa, ho controllato io stesso, esattamente come mi hai chiesto,” rispose Mulciber preoccupato.
“Hai controllato che non ci fossero porte o finestre aperte, sul retro?”
“Beh, no, ma la casa era vuota!”
“Lasciamo perdere.” borbottò Severus. “Vai! Avvisa Avery che arriverò tra qualche minuto: che temporeggino ancora un po’.”
Mulciber sparì con un Pop senza aggiungere altro mentre Snape tornò indietro, dirigendosi sul retro della vecchia casa.

Hermione aveva agito senza pensare lanciando quel grosso mestolo di rame contro la parete di fronte a lei e provocando quel forte tonfo che fece vibrare l’aria intorno; si coprì le orecchie con le mani e sbirciò fuori dalla finestra, scostando appena le tendine con la fronte: Severus era stato attirato dal rumore e stava tornando sui suoi passi, il viso era una maschera impassibile. Non assomigliava all’uomo che aveva imparato a conoscere negli ultimi mesi, pensò: quello che aveva davanti era un assassino, privo di qualunque sentimento. La paura la assalì di nuovo, ma tentò di liberarsene con una scrollata di spalle e si concentrò su ciò che avrebbe detto.

Severus perlustrò con cura il perimetro della casa ma non trovò porte secondarie né finestre aperte o forzate, così tornò all’ingresso e spinse lentamente l’uscio, la bacchetta alzata e i sensi all’erta: la stanza era avvolta dalla penombra e i corpi era ancora lì, riversi sul pavimento, inermi. La sensazione che provava trovandosi di fronte ad una delle sue vittime lo colse all’improvviso: il freddo gli artigliò le spalle e cominciò a sentirsi leggero, quasi inconsistente. Era un guscio vuoto, incapace di provare alcunché.
Aveva quasi invidiato il dolore provato da Sebastian pochi minuti prima, all’atto del suo primo assassinio. Severus aveva vaghi ricordi della sua prima volta: aveva avuto paura di pronunciare l’Anatema che uccide e di non provocare nulla, paura di non desiderare abbastanza la morte delle sue vittime. A pensarci adesso provò quasi tenerezza per quel se stesso così ingenuo riguardo alle sue intenzioni. Non desiderava uccidere ma desiderava ciò che avrebbe ottenuto facendolo e questo era bastato: era diventato una perfetta e letale macchina di morte perché non provava nulla. Non si rendeva conto che stava morendo dentro e che niente avrebbe potuto essere peggiore, neanche il senso di colpa più grande – quello che avrebbe presto conosciuto e con cui avrebbe convissuto per il resto della vita.
Si irrigidì e distolse lo sguardo, proseguendo verso il corridoio che collegava il salone d’ingresso al resto della casa.

***



Non ce l’avrebbe mai fatta, pensò Hermione nascosta dietro la porta della piccola cucina; respirò profondamente e pigiò l’interruttore della luce, facendo vibrare una lampadina traballante e polverosa, appesa al soffitto tramite un vecchio cavo consumato. Quando si accese emise una luce giallastra e fredda che le acuì la nausea. Severus l’avrebbe sicuramente notata e sarebbe entrato, ma cosa sarebbe successo, dopo? Le avrebbe lasciato il tempo di parlare? Forse l’avrebbe torturata per sapere cosa ci faceva lì, non l’avrebbe uccisa subito. Rabbrividì ancora più intensamente e chiuse gli occhi, strinse con forza la bacchetta tra le dita per darsi coraggio e fece un passo avanti.

Severus captò il click e vide accendersi la luce nella stanza in fondo al corridoio, si avvicinò all’entrata ma si fermò subito, preferendo rimanere sulla porta con la bacchetta pronta, perlustrando l’interno con lo sguardo.
“Sono qui per parlare con te, Severus,” disse la ragazza, sbucando da dietro la porta. Severus non tradì la sorpresa che provò, mantenne lo sguardo impassibile e si concentrò su di lei: era bruna, minuta, all’incirca della sua stessa età. Non l’aveva mai vista prima ma doveva essere una strega perché aveva una bacchetta, anche se non la stava puntando contro di lui. Avrebbe dovuto ucciderla lì, su due piedi: conosceva il suo nome, e probabilmente sapeva di trovarsi di fronte ad un Mangiamorte - era plausibile pensare che fosse stata testimone dell’uccisione di poco prima - però sarebbe stato utile ascoltare quello che aveva da dire, prima.

“Come sai il mio nome?” ringhiò.
Hermione trasalì appena nel riconoscere la voce di Severus uscire da quelle labbra: era distorta, filtrata da diversi strati di odio e indifferenza.
La ragazza infilò lentamente la mano sotto il collo della camicia e ne estrasse la Giratempo.
“Sai che cos’è questa?” chiese lentamente.
Severus osservò l’oggetto per un paio di secondi, poi portò di nuovo lo sguardo sul viso della ragazza, senza battere ciglio.
“So di cosa si tratta, ma la vera domanda è : come diavolo fa una mocciosa come te ad andarsene in giro con una di quelle?” chiese.
Hermione non fece in tempo a rispondere perchè Snape scattò in avanti piegandole il braccio dietro la schiena, poi l’afferrò per i capelli tirandole la testa all’indietro e le puntò la bacchetta alla gola.
“Valuta bene cosa dire ora, ragazzina, perché se sai chi sono e quello che faccio, saprai anche che non avrei nessun problema a torturarti, se necessario, per prendermi quel giocattolino che porti al collo,” le sussurrò Snape all’orecchio. Hermione restò immobile, la vista annebbiata dalle lacrime che cominciavano a formarsi.

Quest’uomo non ti conosce, Hermione: sii ragionevole e non piangere. Sei una strega dotata, hai qualche possibilità di cavartela.

“Non chiamarmi ragazzina, Severus: abbiamo la stessa età, anche se nella tua realtà io non sono neanche nata.” Hermione rispose, stupendosi, lei per prima, di essere riuscita a tirare fuori quel filo di voce.
“Perché mi hai cercato e cosa vuoi?” chiese Snape, ringhiando al suo orecchio.
“Ho bisogno che tu sappia che non sei solo questo,” disse, indicando con la mano il salone accanto, dove si erano consumati gli omicidi. “Io lo so e voglio che anche tu lo sappia. E ora fai quello che devi.”
Severus spinse la punta della bacchetta ancora più forte contro la pelle tesa del suo collo, ma Hermione non tremava più: non voleva morire lì, per mano dell’uomo che amava ma che, in quel presente, non la conosceva neppure, ma sapeva di aver fatto la cosa giusta; forse quel giovane Mangiamorte non avrebbe cambiato la sua vita – di certo non credeva più alle favole romantiche – ma Hermione desiderava dargli una speranza visto che, di lì a qualche anno, Lily sarebbe morta, lasciandolo distrutto dal senso di colpa.

Hermione sentì Severus mollare la presa sui suoi capelli e tentò di abbassare la testa, trattenendo il fiato.
“Da dove vieni?” le chiese, atono e calmo, abbassando la bacchetta ma continuando a trattenerle il braccio dietro la schiena.
“Da un possibile futuro,” rispose lei, lasciando libere le lacrime di scendere, calde e silenziose, sulle sue guance.
“Non dire altro, non voglio più ascoltare. E ora, vattene,” disse, allontanandola da sé, ma continuando a trattenerle la mano.
Hermione si voltò verso di lui e guardò in basso, verso le loro mani che si tenevano blandamente l’una all’altra: era sconvolta ma ancora convinta di aver agito per il meglio.

La mano che stringeva apparteneva all’uomo che aveva appena ucciso una giovane donna e chissà quanti altri, ma lei non poteva ugualmente smettere di amarlo. Si fidava di lui: sapeva che, anche negli anni al servizio di Voldemort, non aveva provato piacere nell’uccidere e ora lo aveva potuto constatare con i suoi occhi. Severus aveva assassinato quella donna per un motivo, non c’era nessuna esaltazione deviata nel suo sguardo: non desiderava uccidere, ma riusciva a farlo.

Ce l’aveva quasi fatta: doveva solo trovare la forza di lasciare quella mano che ora la stringeva appena, mentre Severus la guardava apparentemente freddo e distaccato come era abituato ad essere da tempo, tentando di capire ma senza chiedere nulla.
Hermione fece un passo indietro tentando di lasciarlo ma lui, riflesso incondizionato, tirò forte e le strappò la stoffa della camicia all’altezza del polsino. Hermione si spaventò e, con uno strattone, si voltò e cominciò a correre: si precipitò all’esterno della casa, il cuore le stava per saltare fuori dal petto per lo sforzo e la paura che la travolsero di nuovo, all’improvviso. Si sentì debole e cercò un punto ben riparato dietro le siepi per nascondersi, si guardò intorno per qualche secondo, i sensi all’erta per captare ogni rumore: un cane abbaiò in lontananza ma, a parte questo, tutto era tranquillo. Poi si udì solo il suo bisbigliare affannato mentre contava, con la Giratempo tra le mani. Dopo pochi minuti, il silenzio cadde di nuovo: Hermione era sparita.

***



7 Dicembre 1998, 01:20 a.m.
Hogwarts, ufficio del preside

“Bentornata,” disse Severus con un sorriso leggero sulle labbra. Si alzò dalla poltrona e si voltò verso di lei, porgendole la mano aperta: tra l’indice e il medio stringeva un pezzo di stoffa ingiallito e sfilacciato.
Hermione piegò la testa di lato, osservando il piccolo ritaglio di stoffa senza capire, poi, all’improvviso, spalancò gli occhi e portò la mano alla manica della sua camicia: il polsino era strappato.
“Lo hai conservato per tutto questo tempo?” mormorò, alla fine.
“Si,” rispose semplicemente Severus. “Sai, è strano: poco fa devo essermi addormentato per qualche breve istante e, al risveglio, mi sono ricordato di allora, di te. Ho infilato la mano in tasca e ne ho estratto questo: mi sono reso conto di averlo sempre tenuto con me.”
Severus si interruppe per studiare la reazione di Hermione, ma lei era ammutolita, così seguitò a parlare.
“Ho aspettato per anni di comprendere i motivi che ti spinsero a venire da me, quella notte - questa notte, per te - ma quando mi hai chiesto di mostrarti i miei ricordi, ho capito.”
Severus strinse forte tra le dita quel lacero pezzetto di stoffa e si avvicinò ad Hermione. “Mi hai fatto un dono unico,” sussurrò vicino al suo viso. “qualcosa da aspettare.” Percorse quell’ultimo centimetro d’aria e appoggiò le labbra, fredde e tremanti, sugli occhi umidi di lei, poi la strinse forte: l’aveva sognato per vent’anni.
Hermione si lasciò trasportare, ansimante e senza remore, nel territorio accidentato e decadente che era l’anima di Severus: un luogo infestato da echi di morte.
Era ombra. E le era necessaria.
Severus lo aveva finalmente accettato e non ebbe più bisogno di altro.
 
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