Il Calderone di Severus


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Storia 2 - La formula della felicità2 [14.29%]
Storia 7 - Dark Shadows2 [14.29%]
Storia 1 - Time before time1 [7.14%]
Storia 3 - Sogni0 [0.00%]
Storia 5 - Una notte d'estate0 [0.00%]
Storia 6 - Mudblood0 [0.00%]
Storia 8 - Un uomo diverso0 [0.00%]
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Sei personaggi in cerca d'autore - 1° Turno

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chiara53
view post Posted on 21/1/2017, 18:03 by: chiara53
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Pozionista sofisticato

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Time before time di Swindle






Ansimi.
Respiri affannosamente, risucchiando l’aria in boccate veloci, come se i tuoi polmoni avessero dimenticato il loro compito e tu non fossi in grado di ricordarlo.
Le tue mani si muovono nervosamente, in scatti tesi, preoccupati, tastando tra foglie e metallo, cercando qualcosa che il tuo solo sguardo non può raggiungere.
“Dove sei?” ti chiedi.
Una ciocca di capelli ti cade davanti agli occhi, cerchi di allontanarla con uno sbuffo, perché le tue dita sono impegnate in un compito ben più importante, ma la tua chioma non è mai stata domabile: ti oscura di nuovo la vista e il verso che ti esce dalle labbra per questo, per tutta la situazione in cui ti trovi, non ha nulla dell’Hermione che sei, che dovresti essere.
“Dove sei!” urla la tua mente.
Ti passi le mani tremanti fra i capelli, ti siedi per terra – non ti importa sporcarti i vestiti – e intimi a te stessa di riprendere controllo del tuo corpo. Ma il tuo petto si abbassa e si alza veloce, ancora e ancora, e, sensatamente, non ci sarebbe nulla a questo mondo in grado di calmarti, se non ciò che stai cercando da troppo tempo perché sia un caso non trovarlo.
“Dove sei?!” e i tuoi occhi si spalancano terrorizzati.

***



Aveva aspettato, e aspettato.
Se c’era una cosa che aveva imparato in tutti quegli anni di studio puntiglioso e impegnato era la pazienza. Perciò aveva pazientato, anche se dentro fremeva, di orrore, di sgomento e non ultimo di sete di verità.
Aveva aspettato tutta la notte, aveva sentito tutti i resoconti, aveva ripercorso tutto ciò che era successo, più volte, con Harry e Ron, e poi al mattimo aveva deciso.
Perché tutto la storia, certo, filava, ma c’era qualcosa, qualcosa che stonava, un qualcosa che Hermione aveva visto passare negli occhi bui di Piton, quando era uscito dal suo ufficio intimando a lei e Luna di andare dentro ad aiutare Vitious, che era svenuto.
Qualcosa, una frazione di secondo, come se, vedendole, avesse esitato, come un ripensamento, o forse una consapevolezza che Hermione non si spiegava, che Hermione voleva capire.
Dopo il terzo anno aveva deciso che non aveva senso tornare sui propri passi, rivivere le stesse ore, solo per seguire più lezioni possibili, lezioni che non le interessavano veramente.
Così aveva ringraziato Silente, e aveva rinchiuso la sua Giratempo in un posto sicuro.
Quella mattina, alle prime luci dell’alba, prese in prestito a Harry il Mantello dell’Invisibilità e uscì di soppiatto dai confini di Hogwarts.
«Le tre D.» ripetè a se stessa, e pochi secondi dopo aveva in mano la sua piccola Giratempo.
Tornare a Hogwarts e girare la clessidra contando le ore fu come essere in un sogno vissuto nella nebbia.
Chiuse gli occhi, e quando li riaprì era sera e Silente non era ancora morto.
Si nascose nel parco, dietro ad un cespuglio, vicino ai cancelli della Scuola di Magia.
E aspettò ancora, con il cuore che pompava forte, la testa leggera e pesante al tempo stesso.
Finchè non apparvero Harry, e Piton, e Draco. Abbastanza lontani da non sentire le loro parole, abbastanza vicini da vederli.
Sentì Piton urlare contro Harry, intimandogli di non chiamarlo vigliacco.
E poi tutto si confuse in un turbinio di ali, mentre Fierobecco feriva ed inseguiva Piton, e questo scappava, tirandosi dietro Malfoy e avvicinandosi pericolosamente al cespuglio dove Hermione era nascosto.
Aveva atteso quel momento, e non se lo sarebbe fatto scappare.
Si alzò di scatto, nascosta dal Mantello e, senza sapere come, riuscì ad aggrapparsi alle vesti del professore proprio nel momento in cui questo varcava i cancelli di Hogwarts e si smaterializzava per chissà dove.
Il suo cuore perse un battito, ma non mollò la presa.
Atterrò duramente sulla pietra dura, e si ritrovò il volto di Piton davanti agli occhi.
Estrasse la bacchetta, la estrassero contemporaneamente, e mentre Hermione schiantava Draco, che si stava rialzando poco lontano e che non l’aveva ancora notata, Piton la disarmò.
Malfoy ricadde a terra, senza sensi, mentre la bacchetta della ragazza finiva in mano al professore.
Hermione alzò le mani, e le allargò, ma non disse nulla.
«Perché è qui?» le chiese.
La ragazza abbassò lentamente le braccia, parlando sottovoce.
«Ho bisogno di sapere la verità.» disse, e la sua voce rimbombò nella caverna dove si erano materializzati.
Fuori, il vento fischiava e la pioggia scendava impietosa.
Ci fu un attimo di silenzio, poi un risolino di scherno affiorò sulle labbra del professore, mentre un rivolo di sangue gli scendeva dal volto, colando dalla ferita aperta che Fierobecco gli aveva inferto poco prima.
«La verità non è che una sfumatura di una menzogna, signorina Granger.»
«Certo.» rispose tagliente «Infatti lei non è un Serpeverde.»
Non sarebbe stata ai suoi giochetti, non quella volta.
«È stato lei ad uccidere Silente?» chiese, a bruciapelo.
Evidentemente non si aspettava una domanda così diretta, perché il risolino scomparve dal suo volto e la sua espressione si incupì.
Si drizzò, apparendo molto più minaccioso e fiero, irrigidendosi.
«Sì.» dichiarò.
Fu il turno di Hermione di rimanere spiazzata.
«Credevi che avrei negato?» le chiese, interpretando i suoi pensieri, con un sorriso ferino.
«Lei l’ha tradito.» esalò, sconvolta da quella realtà a cui non riusciva a credere.
«Io ho ucciso Albus Silente.» rincarò scandendo le parole, e la sua voce era dura, cupa, aspra.
«E ora che ha avuto la sua conferma, se ne vada. Non ha più nulla da fare qui.»
Non c’era null’altro da dire, lo sapeva, ma qualcosa ancora la tratteneva gelata lì, senza possibilità di scampo.
Cosa si era aspettata? Che Piton se ne uscisse fuori con qualche storia strampalata per cui no, non aveva davvero tradito tutti loro?
«Silente si fidava di lei. Ci ha sempre detto che… lei era…»
«Il Mangiamorte pentito, la spia, l’uomo nero che fa paura ma in cui bisogna credere?» chiese sarcastico «Benvenuta nel mondo reale, Granger. Mi duole averle sconvolto la rosea visione del mondo da adolescente spensierata.»
Hermione strinse i pugni e stava per ribattere, quando un lamento poco lontano la avvertì che Malfoy stava per riprendersi.
Piton si avvicinò di un passo, sovrastandola e mettendole bruscamente in mano la bacchetta.
«Vattene!» le intimò, ringhiando.
Non se lo fece ripetere due volte, e sparì, con il volto di Piton davanti agli occhi, sentendosi inspiegabilmente ferita, spezzata, sconfitta.
La Giratempo tornò nel suo nascondiglio e nessuno seppe che l’aveva tirata fuori.

C’era un’idea, un’idea che aveva maturato nel tempo e che era cresciuta dentro di lei, divorandola come un tarlo. Ci aveva messo un po’ a nascere, perché prima la sua mente era troppo sconvolta dalla conversazione con Piton; sentirlo ammettere tranquillamente di aver ucciso Silente era stato più straziante di qualsiasi duello.
Ma era proprio questo il punto: Piton aveva ammesso di averlo ucciso, non di averlo tradito.
Perché?
Era stata una scelta involontaria di parole? Forse credeva che ucciderlo fosse peggio di tradirlo, tradire tutti loro? No, era un Mangiamorte… e allora perché, perché?
Non sapeva rispondersi, anzi, una risposta c’era, non tutto è, dopotutto, sempre come appare, ma Hermione temeva di star lavorando troppo di fantasia, doveva restare aggrappata alla realtà.
E poi era davvero così importante? Piton aveva ucciso Silente, l’aveva ammesso, e già questo bastava per condannarlo. Punto.
Inoltre aveva voltato loro le spalle, si era definitivamente riunito a Voldemort, era diventato Preside su sua richiesta… non aveva senso pensarci.
Ovviamente non aveva confidato nulla ai suoi due amici; avevano già abbastanza problemi così, fuggendo da un luogo all’altro, senza che lei li torturasse con le sue stupide elucubrazioni.
Eppure non poteva fare a meno di pensarci, ed era inquieta.
Così, la sera in cui Ron se ne andò, pianse per ore, poi quando Harry si addormentò, uscì e si smaterializzò, con un’unica idea in testa.
Ma improvvisamente provò un terrore acuto: cosa sarebbe successo se non fosse riuscita a tornare da Harry? Ma lei sapeva esattamente dove fosse la tenda con l’amico, dopotutto era lei che, di volta in volta, sceglieva i posti dove accamparsi, e con la Giratempo sarebbe tornata in tempo: come se non se ne fosse mai andata.
Un po’ più sollevata, recuperò la clessidra ancora una volta, e si scontrò con un altro problema: come entrare ad Hogwarts? Di sicuro era pattugliata al massimo, e, come lei stessa diceva da anni, non ci si poteva materializzare entro i confini della scuola.
Ma c’era un motivo per cui tirava sempre fuori quella nozione: aveva fatto molte ricerche in proposito, ed era giunto il momento di verificare la sua teoria.
Si concentrò su Hogwarts, e su un suo punto in particolare.
Quando si materializzò, si ritrovò nella Foresta Proibita. Esultò nella mente: aveva avuto ragione: la Foresta era talmente sconfinata e impregnata di magia di diverso genere che in alcuni esigui e piccoli punti la copertura per la materializzazione spariva, e ricompariva, a intermittenza.
Bastava prendere il momento esatto.
L’inconveniente fu che ci mise più di due ore ad uscire da lì, prima dovette orientarsi, e poi fare in modo di non incontrare nessuna bestia magica o comunque pericolosa, tremava ancora al pensiero dei ragni, dei Centauri con le loro frecce o di Grop; il Mantello di Harry aiutò molto.
Confronto ad attraversare la Foresta, entrare nella Scuola fu decisamente semplice, gli bastò evitare Gazza al primo piano, e raggiunse l’ufficio del Preside in breve tempo.
Rimase fuori qualche minuto, pensando al da farsi, quando Amycus Carrow uscì trafelato dalla porta, e Hermione, dopo aver represso un brivido di disgusto per il neo professore, riuscì ad intrufolarsi dentro.
Piton era alla scrivania, e stava leggendo alcune carte.
Hermione era ancora distrutta per Ron, aveva perso le speranze, aveva bisogno di capire.
Si tolse il Mantello con un gesto secco, avventato, un gesto che calamitò subito l’attenzione del Preside.
Gli occhi adamantini di Piton si fissarono nei suoi, il suo volto era impassibile, ma i suoi occhi ardevano.
Dopo lunghi minuti di silenzio, la sua voce uscì in un sussurro.
«Cosa ci fa lei qui?»
Hermione fece un passo in avanti, scostò la sedia e si accomodò, come se essere lì, nel cuore della notte, fosse la cosa più ordinaria del mondo.
«Sono venuta a parlarle.» rispose, stupendosi del fatto che la sua voce non sia più rotta dai singhiozzi del pianto passato.
«Come è entrata?» continuò nel suo tono basso, il volto leggermente più pallido del solito.
Il volto di Hermione si accese in un veloce sorriso. Sapere di aver fatto qualcosa che il professore non comprendeva la riempiva d’orgoglio e le faceva rinascere un po’ di fiducia in se stessa.
«Potrei presentarle molte sfumature della verità, professore, ma sappiamo entrambi che non servirebbe a nulla, non è così?»
Vederlo irritato la compiacque non poco.
«Se ne vada, prima che qualcuno la trovi qui e lei finisca in seria difficoltà.»
«Perché non mi cattura lei?» lo provocò.
La mascella di Piton si contrasse, e le sue dita si congiunsero.
«Non ho tempo da perdere con i suoi stupidi scherzi.»
«Ha ragione.» acconsentì, tornando seria «Parliamo di lei e del suo tradimento.»
«Pensavo ci fossimo già chiariti su questo punto, signorina Granger.»
«No. Lei ha ammesso di aver ucciso Silente, è vero, ma ripensandoci ho notato che non ha mai detto di aver tradito l’Ordine, il bene.»
«Lei non sa proprio nulla di cosa sia il Bene, glielo assicuro.»
«Forse ha ragione. Ma quello che so è che Harry Potter è il prescelto, perché così dice la profezia; quello che so è che senza Silente ricade solo su di lui il compito di uccidere il Signore Oscuro; quello che so è che siamo senza risorse, e senza idee. E io voglio sapere se in lei abbiamo un alleato o un nemico, uno sporco traditore, una volta per tutte.»
Hermione vide pulsare una vena sulla tempia del professore, vide i suoi occhi stringersi, ma l’uomo non proferì verbo.
«Se ha affermato di aver ucciso Silente, perché per un Mangiamorte come lei è così difficile ammettere di averci tradito tutti? Di cosa ha paura? »
Hermione si avvicinò di più al professore, sporgendosi sulla cattedra.
«Qual è il motivo per cui Silente si fidava di lei?»
Poi il suo sguardo si addolcì, Hermione non sapeva dire per quale motivo, forse era ancora tutta l’adrenalina e il dolore che le scorrevano nelle vene.
Sfiorò le sue dita e disse:
«Io vorrei potermi ancora fidare di lei, professore. Qualcosa mi dice che posso farlo, e voglio sapere da lei perché.»
Piton si ritrasse all’improvviso, e contemporaneamente qualcuno bussò alla porta.
Con uno scatto, Hermione si buttò sotto il Mantello dell’Invisibilità, mentre Dolohov entrava nell’ufficio.
La ragazza si ritrasse più che potè, memore della maledizione che le aveva scagliato durante lo scontro all’Ufficio Misteri, e che ancora le bruciava dentro.
Dovette ammettere a se stessa che Piton dava tutta l’idea di essere più che legato a Voldemort, con tutto il via vai di Mangiamorte alla sua scrivania. Ma mentre studiava Dolohov intercettò uno sguardo del Preside che la cercava pur non riuscendo a vederla, e tutti i suoi dubbi volarono via.

Era la notte di Capodanno, Hermione aveva contato i giorni da quando erano stati a Godric’s Hallow, per Natale.
Quando Dolohov era stato da Piton, li aveva sentiti parlare della festa, in maschera, e in onore di Voldemort, che si sarebbe tenuta per il primo dell’anno.
Hermione era lì, vestita con un abito semplice che si era portata nella sua borsetta, nascosta dietro una maschera d’argento.
Non parlò con nessuno, limitandosi a stare in disparte. Finchè non vide Piton, nonostante fosse mascherato, era impossibile non riconoscerlo.
Lo raggiunse, arrivandogli alle spalle e gli sussurrò nell’orecchio, con voce emozionata.
«La cerva. La cerva era tua.»
Piton si girò di scatto, afferrando Hermione per il braccio e portandola nel corridoio, fuori dalla Sala Grande. La studiò per un secondo, per poi continuare a trascinarsela dietro, fino ai sotterranei.
Arrivò in un’aula vuota, e la chiuse dentro insieme a lui.
Hermione non capiva perché, ma era furioso.
Gli strappò la maschera dal volto, con un movimento preciso che non le sfiorò minimamente il viso.
«Pensavo di essere stato chiaro, signorina Granger. Lei non dovrebbe essere qui.»
«La cerva può essere solo sua, mi dica che sbaglio. Io le ho chiesto aiuto, le ho chiesto se potevo fidarmi di lei, e lei ci ha dato la spada di Grifondoro.»
Piton non rispose, chiudendo gli occhi.
«Mi dica che non è così, mi dica che non è stato lei, rinneghi quello che quella cerva significa e che lei sa che ho compreso. Mi dica questo, e io me ne andrò per sempre.»
«Mi dispiace, ma questo non posso dirglielo.»
Hermione si avvicinò a quell’uomo fiero che in quel momento sembrava così fragile, e lo abbracciò, appoggiandogli il capo sul petto.
Piton si irrigidì, ma non si scostò, forse più per la sorpresa che altro.
«Grazie. Ne avevo bisogno.»

Da quel momento le visite di Hermione a Piton furono sempre più frequenti.
Aveva iniziato a usare la Giratempo guidata dall’idea che per capire il presente fosse necessario conoscere il passato, ma ogni momento che passava con il professore era qualcosa di più, non solo il bisogno di sapere la verità.
Passarono dal lei al tu, dal tu all’uso dei nomi di battesimo. Hermione gli confidava tutto, gli parlava della loro ricerca, di come andassero le cose con Harry e Ron, e Piton cercava sempre di aiutarla, anche se nel suo modo contorto e complicato.
Ma parlavano anche del loro passato, della loro infanzia… anche se più che altro Hermione parlava e Severus ascoltava, non era facile farlo parlare. E parlavano della Giratempo, di come usarla, del presente, del futuro…
Quando Hermione si accorse di cosa stava succedendo davvero fra loro, era ormai troppo tardi.
Tardi perché Severus non aveva intenzione di cedere, secondo lui erano già abbastanza pericolose le sue visite; tardi perché anche se avesse usato tutte le Giratempo dell’Ufficio Misteri non sarebbe riuscita a tornare indietro.
Tardi perché il tempo volò, e dopo la Gringott, Hermione si ritrovò ancora una volta ad Hogwarts, ma questa volta non per passare un po’ di tempo in pace, ma per la guerra.

Hermione passò in mano ad Harry la fialetta, scacciando indietro le lacrime che minacciavano di esplodere sul suo viso.
Non poteva morire, non poteva. Non ora che aveva capito di amarlo, non ora che la guerra poteva finire definitivamente e lei avrebbe potuto convincerlo che non era troppo tardi per un futuro insieme.
È invece tutto quello che ha sono un frammento di secondo in cui i loro occhi si incrociano, in cui Severus sembra dire “va bene così”.

***



Ma per te non va bene per niente.
Per questo ora sei qui, nel tuo rifugio segreto, nel parco giochi che da piccola adoravi, a cercare la tua preziosa Giratempo, nascosta tra le foglie sotto allo scivolo.
Ma le tue mani non cercano più freneticamente, perché oramai hanno trovato quello che bramavano. Solo che non è come pensavi.
Dentro alla scatolina rossa e oro, incantata affinchè nessun babbano possa vederla e toccarla, la Giratempo giace spaccata a metà, tra minuscoli pezzi di vetro e un liquito grumoso e argentato che immagini sia ciò che faceva funzionare la tua unica salvezza.
“Rotta.”
Non riesci a pensare ad altro, mentre piangi lacrime silenziose: il dolore è troppo forte per provocare qualsiasi rumore.
E il bigliettino, carta di pergamena, poche parole vergate con quella calligrafia che hai imparato ad amare e che non vedrai mai più:
“È ora di rimandare il tempo nella giusta direzione.”
L’ha scritto lui, l’ha fatto per proteggerti, e invece ti ha tolto l’unica possibilità che avevi di proteggere lui, di salvarlo. Quante volte sei tornata indietro nel tempo anche solo per vedere un secondo il suo viso, e ora pensare che l’unica volta in cui davvero ne avevi bisogno… sfumata, perduta, morta.
Piangi, per ore, e pensi che mai nessuno potrà consolarti.
“È ora di rimandare il tempo nella giusta direzione.”
È solo per queste parole che riesci ad alzarti ed incamminarti verso l’uscita del parco.
Sorpassi un bambino, il volto pallido e gli occhi neri come due tunnel oscuri.
«Dove vai?» ti chiede.
«Con un po’ di fortuna» rispondi senza voltarti «Avanti.»
 
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175 replies since 30/12/2011, 23:28   3087 views
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