Il Calderone di Severus


Lotta all'ultimo inchiostro - Turno XII
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#8: Steel your mind, Severus5 [50.00%]
#3: Occhi color whisky4 [40.00%]
#5: Re di aringhe1 [10.00%]
#1: 9 gennaio 19690 [0.00%]
#2: Un pomeriggio speciale0 [0.00%]
#4: Un gelato nel vicolo0 [0.00%]
#6: Madre e figlio0 [0.00%]
#7: Lezioni di vita0 [0.00%]
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Lotta all'ultimo inchiostro - Turno XII, Una scena dall'infanzia di Severus

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Swindle
view post Posted on 15/3/2011, 23:25




Ok. Siccome la discussione va avanti e, giustamente, ognuno ha la propria opinione da dire e siccome è un argomento decisamente interessante e che attira, la mia domanda è: si potrebbero spostare i post nella discussione Severus/Silente (se non mi sono persa qualcosa, credo sia su SSF).
Avrei anch'io ancora molto da dire ma secondo me questo non è proprio il luogo adatto. Che dite?
 
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view post Posted on 16/3/2011, 10:48
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I ♥ Severus


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Ho spostato i messaggi: la nuova discussione la trovate su LS: Rapporto iniziale tra Silente-Piton


Edited by Ida59 - 13/8/2015, 00:00
 
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view post Posted on 18/3/2011, 21:29
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Mancano ancora all'appello (su MSS) le storie di Eli e di Misslegolas.

Edited by Ida59 - 13/8/2015, 00:01
 
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misslegolas86
view post Posted on 19/3/2011, 11:37




Ida io ho mandato l'email a mss storie senza ancora fare l'inserimento in attesa delle correzioni sulla punteggiatura... devo fare anche l'inserimento?

Edited by misslegolas86 - 19/3/2011, 13:05
 
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view post Posted on 19/3/2011, 13:15
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CITAZIONE (misslegolas86 @ 19/3/2011, 11:37) 
Ida io ho mandato l'email a mss storie senza ancora fare l'inserimento in attesa delle correzioni sulla punteggiatura... devo fare anche l'inserimento?

Hai mandato ancora le fic all'indirizzo mail delle storie originali, e quindi non le avevo viste.
L'indirizzo giusto da usare per le fic di HP è [email protected].
Ti ho risposto dalla mail di MSS.


Edited by Ida59 - 13/8/2015, 00:01
 
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view post Posted on 17/1/2017, 18:31
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Lotta all'Ultimo Inchiostro - Storie partecipanti al XII° Turno: Una scena dall’infanzia di Severus





9 Gennaio 1969 (750 parole) di arcady

La mamma gli aveva preparato la torta di mele. Amava la sua torta di mele.
“non è granchè come regalo di compleanno, piccolo mio” disse Eileen, accarezzandolo sulla spalla ossuta, “vedrai che il prossimo anno andrà meglio: tuo padre ha detto che ci saranno dei cambiamenti al lavoro perciò speriamo per il meglio, ok?” disse infine con un sorriso stentato, sperando di sollevare il morale di Severus, che annuì senza convinzione.
Più tardi Tobias, entrando in casa ancora alticcio, gettò uno sguardo in tralice alla moglie e al figlio che si divertivano a guarnire con lo zucchero a velo una misera tortina di mele sghemba. Eileen era in piedi, vicino al ripiano della cucina e Severus v’era seduto sopra, con le gambe penzoloni e uno sbuffo di zucchero sulla guancia destra.
La risata gli morì in gola appena capì in che stato era suo padre.
“Ciao papà” mormorò con uno sguardo a metà tra l’impaurito e il rancoroso: uno sguardo che dedicava solo a lui.
In risposta ricevette il solito grugnito di disapprovazione.
Scese con furia dal ripiano della cucina e raggiunse suo padre, davanti alla poltrona sdrucita sulla quale si era buttato con una bottiglia di birra in mano.
Gli si parò davanti: “Oggi compio 9 anni!” esclamò orgoglioso.
“E allora perché non te ne vai a festeggiare facendo saltare in aria qualcosa, come fai di solito? “ sibilò il padre infastidito.
Severus strinse i pugni ma si mantenne calmo : “ la mamma ha detto che avresti avuto novità dal lavoro papà…è vero? “ tentennò.
“O ma certo! Ne ho di novità, piccola creatura immonda!” urlò balzando dalla poltrona: ”La novità è che io un lavoro non ce l’ho più! Tanto a che serve? Perché non usate la vostra sciocca magia e fate apparire un bel mucchio di quattrini nel bel mezzo del soggiorno?!” inveì con un dito puntato contro Severus che, sgomento, corse a pararsi davanti a sua madre presagendo cosa sarebbe accaduto.
“Basta Tobias, non prendertela con lui, non ha fatto nulla di male...” Lo pregò Eileen con voce poco convinta.
“Smettila di difenderlo!” urlò mentre le si avvicinava minaccioso, togliendo di mezzo Severus con uno spintone e facendolo piombare a terra, “ lui è tale e quale a te: prenderà quello che vuole esattamente come hai fatto tu: senza chiedere il permesso!” Ringhiò.
“Spero solo che lui sia più bravo di te: tu hai dovuto ripiegare su ,come mi chiamate?, un Babbano!
Perché? Nessuna bestia purosangue ti ha voluta?? Non funzionavano i tuoi intrugli con quelli??” urlò avvicinandosi al suo volto così tanto da sentirne il calore.
Le prese un polso e la voltò furiosamente verso il mobile della cucina, le torse il braccio dietro la schiena strappandole un rantolo di dolore; le si appoggio alle spalle e, avvicinandole la bocca umida all’orecchio, bisbigliò con scherno: “Pensavi davvero che avresti avuto il mio amore per sempre? che pena, mia cara”. Detto questo, si staccò in fretta e uscì di casa con una risata, senza neanche rivolgere uno sguardo al piccolo Severus, che era rimasto seduto a terra, tremante di rabbia.
Ad Eileen tremavano le gambe e dovette stringersi allo scaffale per rimanere in piedi. Ciò che il marito aveva detto era crudele ma in parte vero: non era mai stata una donna coraggiosa, da giovane era stata pericolosa e sconsiderata ma insicura. Si era innamorata di Tobias perché vedeva in lui la possibilità di cambiare aria, ma soprattutto perché, in quanto Babbano, sperava di non dovergli dimostrare niente.
La sua insicurezza le aveva comunque fatto credere che lui non avrebbe potuto amarla per ciò che era. E comunque non voleva rischiare. Aveva creduto che la mossa giusta sarebbe stata fargli bere il filtro d’amore, con le pozioni era brava: l’avrebbe amata, per sempre. Senza dubbio.
Ma si era sbagliata.
La consapevolezza del danno provocato arrivò come un macigno.
Anche Severus comprese.
Perchè, mamma? Pensò stringendosi la testa tra le mani.
Aveva ingannato suo padre? Come poteva pensare di non essere all’altezza di quello là??
In quel momento qualcosa si ruppe dentro di lui.
Scacciò il poco che gli rimaneva dell’animo spensierato di un bambino e decise: sarebbe diventato un grande mago.
Pensò al padre: un ubriacone fallito e infelice che non aveva potuto scegliersi la propria vita.
Sarebbe stato potente,come avrebbe voluto essere Tobias Snape.
Diede uno sguardo alla madre, sconvolta e con gli occhi bassi, che nascondeva le lacrime.
E sarebbe stato coraggioso, come avrebbe voluto essere Eileen Prince.
Lui, si, ci sarebbe riuscito.



Un pomeriggio speciale (750 parole)di misslegolas86

Odiava le riunioni a Grimmauld Place. Andare al quartier generale dell’Ordine lo costringeva sempre a passare davanti a quel parco giochi. Un posto semplice niente di speciale in fondo: qualche altalena, uno scivolo ma tutto era così maledettamente simile ad un luogo che aveva rappresentato un angolo felice della sua vita a Spinner’s End.
Le sue labbra si incresparono in un sorriso amaro; ma a chi voleva darla a bere: poteva mentire al mondo intero ma non a se stesso. Era lui che sceglieva ogni volta di passare su quel marciapiede e si costringeva ad alzare gli occhi su quel parco. Era il suo modo per ricordare la ragione della sua vita presente e per purificare la sua missione dalle lordure di cui era costretto a macchiarsi. Vedere e ricordare per espiare e nello stesso tempo trovare la forza di continuare. Raccogliere informazioni erano fondamentali e non importava quanto dolore costasse. La sua condizione, pensò tra sé, era davvero misera se traeva coraggio da un semplice parco giochi.
“Tommy, Lyanne sbrigatevi. Una donna cercava di convincere un bambino e una bambina a andare via “Oggi è il 18 aprile. Dobbiamo andare al compleanno di Mary.”
“Tom dai scendi!” disse la bimba.
Le voci lo raggiunsero al di là della strada e lo costrinsero a fermarsi. Il 18 aprile…quella data la ricordava bene. Erano passati tanti anni ma non aveva dimenticato.
18 aprile 1970
“Severus non appena arriva suonerà il campanello” Eilenn Prince era seduta su una vecchia poltrona accanto al focolare e osservava con una vena di dolcezza il bambino che faceva avanti e indietro tra il camino e la finestra.
Era agitatissimo.
Lily gli aveva chiesto per mesi di andare a casa sua ma lui, naturalmente, non aveva mai accettato. Si incontravano sempre nel parco giochi e quando pioveva a casa degli Evans. Ma dopo l’ennesima richiesta di Lily aveva dovuto promettere che l’avrebbe invitata a casa sua. Aveva programmato quel giorno da settimane. Aveva capito tra un urlo e l’altro dei suoi genitori che Tobias il 18 aprile aveva un nuovo colloquio di lavoro. Quella sarebbe stata la data perfetta per invitare Lily.
Il suono del campanello lo fece trasalire:era arrivata. Aprì la porta imbarazzato e rimase impalato sull’uscio senza sapere che fare.
“Ciao Sev!” disse allegra Lily “Non mi fai entrare?”
“Oh sì è vero” La condusse nel salotto.
“Salve signora Piton” salutò raggiante e si accoccolò vicino al caminetto totalmente a suo agio.
La domanda che si era posto per giorni senza trovare risposta si ripresentò con una forza sorprendente: che cosa avrebbe dovuto proporgli? Lui non aveva giochi in casa.
“Severus perché non vai su a prendere quella scacchiera?” venne in suo aiuto Eleen.
Scendendo le scale con la scacchiera tra le mani seguì il vassoio di tramezzini e tè che librando a mezz’aria entravano nel salotto. Eileen con la bacchetta alzata rideva di cuore insieme a Lily come se si conoscessero da mesi.
Osservò con orgoglio sua madre e poi Lily. Con lei era entrata la gioia in quelle quattro mura. Con lei anche il posto più oscuro risplendeva di luce. Persino sua madre era trasfigurata dalla sua presenza: non più triste e depressa ma sorridente e allegra.
“Sev c’hai messo un secolo a tornare. Hai aspettato che arrivassero i tramezzini?” lo canzonò allegramente Lily.
Passarono l’intero pomeriggio a giocare con i vecchi scacchi magici di Eileen. Sua madre contro loro due insieme.
“Guarda Sev!!” esclamava eccitata Lily “Guarda la regina come abbatte quel pedone!!”. Per lei quelle pedine erano una novità eccezionale e si divertiva un mondo a guardarle mentre Severus, concentrato, pensava alla mossa successiva. Ma il suo era uno sforzo inutile Eileen li lasciò vincere. “Hai vinto Sev!! Sei davvero bravo!!” esclamò Lily abbracciandolo.
“Abbiamo vinto insieme Lily” disse rosso quasi quanto le braci del focolare.
Quando il sole ormai era vicino al tramonto la porta d’ingresso si spalancò: Tobias era tornato. Eileen, dopo aver riposto in fretta la sua bacchetta nella credenza, si diresse subito in cucina.
“Donna hai preparato qualcosa per cena?” la voce del padre insieme al rumore di un bicchiere rotto, lo raggiunse dalla porta socchiusa, mentre accompagnava Lily in strada.
La magia era svanita la realtà tornava a casa Piton.
“Sono stata veramente bene Sev. Tua madre è proprio simpatica” gli disse Lily sorridendo.
Si perse ancora una volta in quegli occhi verdi belli come un prato d’estate.
Il buio regnava oltre quella porta a Spinner’s End ma con Lily Evans accanto la luce splendeva ovunque.




Occhi color whisky (749 parole) di ellyson

Il mondo traballa, quando lo si guarda attraverso un bicchiere di whisky.
E’ avvolto da un velo ambrato; è freddo come il ghiaccio che si sta dolcemente sciogliendo, infuocato come il liquido che ti brucia la gola, annebbiandoti la mente.
Tutto è più bello, quando lo si guarda attraverso un bicchiere di whisky.
La tua casa, quella baracca che Eileen non riesce a tenere pulita come dovrebbe, sembra una reggia.
E perfino lei, la tua Eileen, è bella attraverso il liquore.
Sembra di nuovo la giovane donna che ti aveva fatto innamorare ed infuocare di desiderio, quella graziosa fanciulla che non parlava di magie.
Quando non sapevi cosa lei fosse.
Ed il piccolo - tuo figlio - ti mette quasi allegria mentre lo osservi seduto sulla poltrona sfondata, nel salotto illuminato dalla luce del sole settembrino.
Rigiri il bicchiere all’altezza degli occhi; il piccolo Severus è seduto sul tappeto liso, gioca con delle vecchie palle appartenute ad Eileen.
Gobbiglie le ha chiamate lei, mentre le prendeva da una custodia di legno inciso, apparsa da chissà dove.
Magia sussurra la voce del whisky nelle tue orecchie e la presa attorno al bicchiere si fa per un attimo più forte.
Il bambino distorto dal ghiaccio osserva le palle con interesse e quell’espressione seria che stona incredibilmente con la sua tenera età.
Ti chiedi, con l’unica briciola di amore paterno, se quell’espressione l’accompagnerà per tutta la vita. Se il nome che Eileen ha scelto – un nome troppo impegnativo per chiunque – potrebbe essere la sua condanna.
Butti giù un sorso di liquore.
Lo stomaco brucia, la testa ti sembra più leggera e quell’ultimo brandello di amore si disperde tra i fumi dell’alcool.
Il piccolo ride mentre Eileen fa rotolare le biglie sul tappeto; i colori delle palle si mescolano in una spirale che sembra viva; intravedi un serpente tra i disegni che le ornano. Severus ride ancora, una risata genuina come poche se ne sentono tra le stradine malconce di Spinner’s End.
Ti ritrovi a sorridere. E’ strano.
Ma il mondo è diverso, quando lo si guarda attraverso un bicchiere di whisky.
Porti il bicchiere alle labbra, le umetti di liquore e osservi tuo figlio. Assomiglia molto ad Eileen.
Ti chiedi quanto.
Quanto ci vorrà prima che gli oggetti iniziano a tremare, come succede quando lei è spaventata. Quando sei tu a spaventarla.
Quanto ci vorrà, prima che lui inizi ad odiarti, a non considerarti più suo padre.
Bevi ancora e i problemi spariscono dentro a quel bicchiere, vengono affogati nel liquido ambrato, bruciati dai suoi vapori, congelati dal ghiaccio morente che lo raffredda.
Il mondo è crudele quando lo si guarda attraverso un bicchiere di whisky.
Eileen sorride, non sorrideva da molto tempo. Il bambino ride e batte le mani in direzione delle palle colorate.
Il loro mondo ti esclude, ti logora, ti fa sentire impotente.
Bevi l’ultimo sorso rimasto.
Eileen alza lo sguardo e osserva le lancette dell’orologio appeso alla parete.
“E’ tardi, devo preparare la cena.”
Si alza e prende in braccio il bambino.
Severus si dimena, allunga le braccia verso i nuovi giochi borbottando qualcosa che solo lui può comprendere.
Appoggi il bicchiere sul tavolino accanto alla poltrona. Sei rimasto in silenzio per tutto il tempo. Hai osservato il loro gioco, nascosto dal velo ambrato del whisky.
Il mondo fa male quando lo si guarda attraverso un bicchiere di whisky.
Incroci lo sguardo di tua moglie.
“Lascialo qui.”
Eileen tentenna per qualche attimo, poi rimette il bambino a terra.
Severus gattona fino alle Gobbiglie, si siede sul pannolone cercando di prendere una biglia più grossa della sua mano.
Lo osservi in silenzio.
Solo tu e lui.
E’ piccolo, ignaro del mondo in cui vive. Ti allunghi verso il mobile dei liquori e prendi la bottiglia versandoti altro whisky.
Niente ghiaccio. Cazzo.
Bevi un sorso e torni a guardare tuo figlio.
Severus ha imparato in fretta i gesti di Eileen ed ora sta cercando di far rotolare una palla.
Scivola dalle sue mani paffute e rotola fino al tuo piede.
Non ti chini.
“Il mondo non è giusto, Severus.” dici sollevando il bicchiere “Devi imparare a cavartela da solo. Non si è mai troppo piccoli per imparare.”
Porti il vetro alle labbra, ma ti blocchi.
La biglia inizia a rotolare da sola, come mossa da una mano invisibile. Lentamente va a finire tra le mani del bambino.
E’ come lei.
Bevi in un solo sorso l’intero bicchiere.
Il mondo fa schifo, quando lo si guarda attraverso un bicchiere di whisky.



Un gelato nel vicolo (741 parole) di Eli d'E

Una voce ansante riecheggiò nel vicolo. La sagoma di una donna occupava il poco spazio tra gli edifici, stagliandosi in controluce sull’estate che inondava Diagon Alley. I capelli scompigliati disegnavano una nube impalpabile attorno ai tratti spigolosi. Stava per riprendere la corsa, quando intravide qualcosa muoversi nell’ombra fresca.
«Severus!»
Raggomitolato davanti ad una vecchia porta, c’era un bambino.
«Severus, mi hai fatto morire di paura!» esclamò, inginocchiandosi per controllare che stesse bene. «Che ti è successo, ragnetto? Sei sparito!»
Lui scosse il capo con forza. Nonostante lo stratagemma, la smorfia che tirava il volto pallido dietro ai capelli corvini non passò inosservata.
Con un sospiro sollevato e amorevole, la donna scrollò le spalle.
«Su, vieni. Se non sbaglio c’è un bel gelato cannella e melanzana che ti aspetta da Fortebraccio» disse, tendendo la mano per aiutarlo ad alzarsi.
«Non lo voglio» rispose, stringendosi nelle braccine magre.
Sorpresa, Eileen raccolse la voluminosa gonna e gli sedette accanto. Aggiustò il colletto della veste del piccolo, una veste troppo grande per quel gracile corpicino.
«Severus, non hai mai rifiutato il tuo gelato preferito… Cosa c’è che non va?»
«Non devi comprarmelo» disse, nascondendosi dietro le ginocchia.
«E perché no?» chiese, accarezzandogli la schiena.
«Costa troppo. E noi siamo poveri» sentenziò dal suo misero rifugio.
La mano della donna ebbe un tremito. Gli occhi neri indugiarono nella penombra, carichi di timore.
«Chi ti ha detto una cosa simile?»
Sulle prime il piccolo tacque, poi ammise che di averlo sentito da un ragazzino vestito elegantemente che aveva incontrato al Serraglio Stregato.
La strega si morse le labbra. Avevano malauguratamente incrociato Walburga Black ed i suoi pargoli. Severus doveva aver fatto la conoscenza di uno dei due e della proverbiale boria di quella famiglia.
«E tu gli hai dato retta?»
Severus alzò le spalle, quasi avesse voluto dire “avevo alternative?”.
«Ringrazia Merlino se non ti prendo a schiaffi» lo riprese, pizzicandogli il braccio. «Da quando dai retta al primo che viene, senza pensare con la tua testa? È questo che ti ho insegnato?»
«Ma è vero!» protestò, tenendo una mano là dove era stato punito. «Papà non ci dà neanche uno scellino babbano e si lamenta sempre quando fai la spesa. Portiamo gli stessi vestiti, le stesse scarpe. Anche quando fa freddo» osservò, fissando il cuoio smangiato delle scarpe. «Non ti fa comprare gli ingredienti per le pozioni, le piume per scrivere o la Polvere Volante. L’ho sentito, l’altra sera, quando ha detto che non si ammazza di lavoro per farci buttare i soldi in buffonate. Noi siamo poveri» concluse amaramente.
La strega sapeva quanta verità ci fosse in quelle parole. Tobias non era un uomo cattivo, ma i problemi alla fabbrica avevano inasprito la loro già difficile situazione economica. Per non parlare dei suoi scatti d’ira e delle rimostranze verso il mondo magico. Ma non poteva tingere di grigio la vita di suo figlio. Aveva diritto a qualcosa di meglio dei dispiaceri quotidiani che lei si sobbarcava per regalargli un sorriso.
«Sbagli Severus. E anche quel ragazzino si sbaglia» esclamò, inginocchiandosi nuovamente di fronte al figlio e prendendolo per le spalle. «Noi non siamo poveri. Forse meno fortunati, ma non poveri! Chi lo dice è il vero povero».
Per quanto si mostrasse indignata e battagliera, Severus inarcò un sopracciglio, scettico.
«Ascoltami bene: la ricchezza o la povertà non si misurano unicamente da quanto custodiamo alla Gringott o da quanto è lucente la nostra scopa. La vera ricchezza è ben altra cosa e la conserviamo in un posto dove nessun potrà andare a rubarcela» disse, puntandogli un dito sul cuore. «Essere ricchi significa poter fare a meno di molto, di tutto, persino della nostra stessa vita, ed esserne felici. L’amore, tesoro, l’amore per un’altra persona ci rende più ricchi di quanto possano fare tutti i galeoni ed i denari del mondo! Ricordatelo, quando sarai grande. Promettimelo, Severus!»
Il bambino annuì perplesso, facendo spuntare un sorriso stanco sulle labbra della madre.
«Ed ora, ragnetto, ce ne andiamo dritti dritti da Fortebraccio e ci prenderemo non uno, ma due gelati! E saranno talmente grandi che la gente si volterà a guardarci strabiliata! Saranno così grandi che ci verrà il mal di stomaco e non ne vorremo più per tutta la vita!» rise.
«Davvero possiamo, mamma?» domandò, lo sguardo che brillava d’emozione.
Eileen lo prese per mano, conducendolo fuori del vicolo, nel sole estivo.
«Che quel ragazzino diventi un cagnaccio randagio, solo e abbandonato da tutti, se non possiamo permettercelo!»



Re di aringhe (750 parole) di Helèna Velena

"Eccolo là", pensò Petunia Evans, "quell'orribile ragazzo!"
La bambina spilungona, con le scarpette di vernice ai piedi -troppo lunghi- e il vestitino scozzese che le donava una certa aria rinsecchita, ricordava sicuramente un'acciuga, nel senso più deleterio del paragone.
Forse per quello odiava recarsi il sabato mattina al mercato di Spinner's End, dove vendevano il pesce.
"Si confonde con la merce che deve comprare...", considerò al proposito il piccolo Severus Piton, scorgendola da lontano.
Era il suo pensiero prediletto, quando incontrava Petunia. Tra i due correva l'abitudine perversa al più feroce scherno.
Il ragazzetto pallido guardò sconsolato le due monete che aveva in mano: troppo poche.
Anche lui era un coscritto del banco del pesce, da non molto, e ormai era diventato grandicello quanto bastava per andare da solo al mercato, a supplicare i commercianti di fargli credito, e questo per colpa del padre che buttava i soldi nell'alcool.
Già, e poi pretendeva le sue aringhe, ogni sabato. Ne era maledettamente ghiotto, Tobias Piton, e se non le trovava sulla tavola riversava la rabbia sterile sul figlio, urlando, picchiandolo, definendolo un inutile incapace.
Meglio escogitare in fretta un modo per procurarsele...
Severus si affacciò al banco del pesce subito dopo Petunia, intrappolato nella sgradevole sensazione di trovarsi gomito a gomito con lei.
"Ciao... acciuga!", le disse velenoso.
Per una volta non ci furono, da parte di lei, i soliti commenti di scherno per ciò che il piccolo Piton indossava -un vestito scamiciato di sua madre, che sembrava un grembiule-. Petunia era troppo impegnata a valutare, a comperare, a farsi impacchettare... l'ultima libbra delle preziose aringhe!
"No! Le voglio io! Io... devo averle!", latrò disperato Severus, con un tono che sembrava una supplica inconsulta, come rivolto al dio dei pescivendoli.
Il Signor Mulder lo guardò torvo, di sbieco, prima di rispondere burbero: "E' arrivata prima lei, ragazzino, e i suoi sono soldi sicuri!"
Petunia si limitò a un sorrisetto cattivo ma trionfante, mentre si appropriava dell'incarto.
"Ma mio padre..." mormorò il piccolo Piton.
"Tuo padre farebbe meglio a saldarmi il conto!", rincarò il pescivendolo.
Dick il trasportatore, che stava ancora scaricando le cassette di pesce stivate sul suo furgone, si avvicinò al piccolo Severus per indicargli un enorme esemplare bislungo, che sembrava un serpente di mare.
"A tuo padre puoi spegare cos'è successo al porto", esclamò entusiasta. "Vedi quello, ragazzino? Sai cos'è?"
Severus fece no con la testa, sospettoso.
"E' il Re di Aringhe, perbacco! E' un pesce degli abissi!"
Sulla parola "abissi" Dick fece la voce cavernosa, ma Severus non si divertì. Aveva le sue preoccupazioni e gli animali degli abissi lo lasciavano indifferente, al limite schifato.
Dick proseguì, un po' meno lanciato. Strano, i bambini musoni erano la sua specialità!
"A volte, nei banchi di aringhe si trova il Regaleco, l'enorme pesce-remo. Figurati, ragazzo, che può raggiungere i diciassette metri di lunghezza; e questo ne misurerà almeno dodici! L'abbiamo esposto per incuriosire i clienti!"
"Non è buono da mangiare, puah!", fece eco Mulder il pescivendolo.
"Ho capito...", fece Severus rabbuiato. "Hanno pescato quello, insieme alle aringhe, così ha portato via molto spazio dentro alla rete..."
"Per questo di aringhe ne abbiamo poche, oggi!", concluse Dick, contento che la sua spiegazione fosse stata anticipata. Quel ragazzo musone almeno si dimostrava intelligente.
Attorno a loro si era raccolto un capannello di curiosi.
"Non si può cucinare", stava borbottando Mulder, "è cattivo, e solo a toccarlo si riduce in poltiglia! Puah, che pesce del cavolo!"
Petunia aveva sentito tutto, e ci aveva ragionato. Forse era arrivata anche la sua occasione.
"Se ne compri una libbra e te lo mangi, ti darò le mie aringhe!" cinguettò con la faccia da schiaffi rivolta a Severus.
"Sei... una vipera..." rispose il piccolo Piton, mentre calcolava vantaggi e svantaggi.
Rispetto alle botte del padre, quanto poteva essere cattivo quel pesce?
Rimase immobile e inespressivo per qualche attimo, poi sembrò fare la sua scelta.
"Crudo, immagino?"
Petunia annuì.
"Sta bene", fece Severus. Allungò le monete al pescivendolo, che bonfonchiando qualcosa gli servì una porzione neanche piccola dello schifoso Regaleco.
Sapeva di fango e sangue, e sapeva di sconfitta, di tremenda umiliazione.
La folla lo incitava ad ogni boccone.
"Re-di-a-rin-ghe, Re-di-a-rin-ghe..."

Severus riuscì a vomitare poco lontano, e soprattutto non visto. Petunia rimaneva una carogna, ma era stata di parola.
Pulì il cartoccio delle aringhe dagli schizzi del prodotto del proprio stomaco, riconoscendo in esso ogni sofferto boccone.
Re di Aringhe, lo chiamarono da allora al mercato.
Solo una delle ignobili prove che gli avrebbe riservato la vita.



Madre e figlio (750 parole) di Severia

Severus stava finendo di mangiare la zuppa che aveva davanti, chiedendosi se avrebbe potuto prendere anche quella rimasta nel piatto del padre, dopo l’ennesima lite fra i suoi genitori. Si era ormai abituato agli scatti d’ira, alle parole urlate, alle offese, ai piatti che immancabilmente andavano in frantumi: in quelle occasioni, aveva imparato a chiudere gli occhi e a premersi forte le mani sulle orecchie in modo da attutire i rumori. A volte, quando le urla non accennavano a placarsi, correva a nascondersi in camera e vi rimaneva fin quando non sentiva la porta di casa sbattere, segno che suo padre era uscito per andare a farsi qualche birra al bar vicino.
Quella sera, la lite si era interrotta in fretta e suo padre, invece di uscire, si era sdraiato sul divano a guardare la televisione.
Severus, portandosi il cucchiaio alla bocca chiese:
“Mamma, perché tu e papà litigate sempre?”
Eileen dava le spalle al figlio, intenta a grattare con energia una pentola bruciacchiata: non osava ricorrere alla magia per compiere quella faccenda, perché temeva un improvviso ritorno del marito in cucina; inoltre, la fatica compiuta l’aiutava a sfogare la rabbia e la frustrazione. Senza voltarsi, rispose bruscamente:
“È normale: gli adulti litigano spesso.”
Eileen sperava di aver chiuso l’argomento con quelle poche parole e che il figlio finisse in fretta la sua minestra e se ne andasse in camera, ma Severus riprese:
“I genitori di Lily non litigano quasi mai.”
Con uno scatto nervoso, la madre si girò a guardare il figlio, le mani strette a pugno e lo sguardo cupo:
“Lily? Ancora quella ragazzina? Quante volte ti ho detto che non la devi frequentare? È una Sanguesporco! È feccia!”
“Non è vero!” urlò Severus, infervorandosi. Poi, ricordandosi della presenza del padre in salotto, abbassò il tono: “Lily non è feccia: lei è …”
Il bambino non finì la frase e, arrossendo, chinò lo sguardo sul piatto.
Eileen, dopo aver buttato uno sguardo verso la porta ed essersi assicurata che in soggiorno tutto rimanesse tranquillo, si avvicinò al figlio e gli si sedette accanto, appoggiando la propria mano sulla sua:
“Severus,” iniziò con dolcezza. “Quello che dico è per il tuo bene: tu sei un grande mago; c’è così tanta magia dentro di te. Vedrai, quando andrai ad Hogwarts, sarai un Serpeverde: è la Casa dei maghi che raggiungono la grandezza e tu sarai l’orgoglio di questa famiglia.”
Per un momento, Severus provò ad immaginarsi suo padre mentre lo guardava con fierezza, ma l’immagine apparve molto sfuocata.
Sua madre riprese:
“Quella Lily invece, non ha sangue puro. Non potrà mai raggiungere i tuoi stessi risultati.”
“Ma Lily,” provò a ribattere Severus. Sua madre alzò una mano per interromperlo e, mentre il suo sguardo tornava a farsi cupo, gli disse seccata:
“Adesso basta: non contraddirmi. Finisci di mangiare e poi vai in camera tua.”
Il bambino trangugiò gli ultimi cucchiai di minestra diventata ormai fredda, senza più azzardarsi a parlare. Quando ebbe finito si alzò e, senza fare rumore, invisibile come aveva imparato ad essere quando suo padre era in casa, attraversò il salotto, raggiungendo la sua stanza.

Sdraiato sul letto, nella penombra, si mise a fissare il soffitto. Mille pensieri si confondevano nella sua mente: Hogwarts, Lily che lo guardava con i suoi occhi verdi e luminosi, Serpeverde, Lily che gli sorrideva, l’orgoglio della famiglia, Lily che gli domandava se era diverso essere maghi figli di Babbani. Si girò su un fianco: che male c’era ad avere genitori babbani? Severus pensava che Lily fosse molto fortunata, perché i suoi genitori non litigavano tutti i giorni e suo padre non la riteneva un mostro perché sapeva far volare gli oggetti. Inoltre, Lily era una strega potente: lo aveva capito osservando con quanta facilità la bambina compiva certe magie; anche lei avrebbe potuto intraprendere la strada della grandezza insieme a lui, nella Casa di Salazar Serpeverde; anche se era una Sanguesporco. Perché Lily era troppo bella per essere ‘feccia’, come diceva sua madre; Lily era speciale e sua madre si sbagliava: non poteva essere che così. Forse, quando fossero stati entrambi ad Hogwarts, le cose sarebbero andate meglio e anche sua madre avrebbe cambiato idea. Con quella debole speranza nel cuore, il bambino estrasse da un baule, nascosto sotto il letto, il libro di incantesimi appartenuto alla madre e si mise a leggere con attenzione. Mentre dal piano di sotto giungevano nuove grida, il bambino non poté fare a meno di ripetersi che ad Hogwarts le cose sarebbero andate sicuramente meglio.



Lezioni di vita (739 parole) di Ida59

- Le Arti Oscure sono molte, varie, mutevoli ed eterne. Combatterle è come combattere un mostro con molte teste, il quale ogni volta che una testa viene mozzata ne fa ricrescere una ancora più feroce e astuta. Voi combatterete ciò che è indeterminato, cangiante, indistruttibile.
Le vostre difese devono dunque essere flessibili e fantasiose quanto le Arti che cercate di neutralizzare.
(1)

- Sì, Severus, proprio così, bravo!
La bacchetta di tua madre vibrava ancora nel tuo pugno serrato e un sorriso orgoglioso le illuminava gli occhi rendendola bella come raramente l’avevi mai vista. Aveva detto che era un incantesimo molto complesso, ma tu ti eri concentrato al massimo e l’avevi realizzato al primo colpo.
- Diventerai un mago potentissimo, il migliore!
La sua mano ossuta ti aveva accarezzato la testa scompigliandoti i lunghi capelli mal tagliati: non si curava del tuo aspetto, ma era bravissima a insegnarti difficili incantesimi e andando a scuola avresti presto scoperto che ne conoscevi di più perfino della metà degli allievi del settimo anno.(2)
- È solo il sangue magico dei Prince, il mio sangue, che scorre in te!

C’era di nuovo quella strana luce nei suoi occhi, quella che notavi ogni volta che richiamava la superiorità dei maghi sui Babbani e che poi svaniva davanti a tuo padre, trasformandosi in tremule lacrime.
Hai impiegato anni per capire che si trattava solo di rabbia e delusione per il fallimento del suo matrimonio e che lei, nonostante tutto, continuava ad amare l’uomo che odiava te e la magia. Ci hai masso una vita a comprendere che l’odio di tuo padre era solo paura.
- Non dire niente a papà, però... lui non è in grado di capire, lui è solo... uno stupido Babbano!
Lo diceva scrollando la testa mentre abbassava lo sguardo e tu allora non potevi capire il miscuglio di amore e odio di cui erano intrise le sue parole, ma di una cosa eri certo: Lily era figlia di Babbani, quindi loro non potevano essere inferiori ai maghi se erano stati in grado di dare la vita a un fiore stupendo come la tua Lily. E poi, Lily era una maga potente, l’avevi visto con i tuoi stessi occhi nel parco giochi, anche se nelle sue vene c’era solo sangue Babbano. Sanguemarcio. L’aveva definito così tua madre, ma quella volta eri riuscito a capire che era solo la rabbia a parlare, mentre con la bacchetta ti curava il brutto taglio sullo zigomo, retaggio dell’ultima volta in cui tuo padre ti avrebbe sorpreso a fare magie.
- Il potere delle Arti Oscure, Severus, sarà tuo!
Era stata tua madre che te ne aveva parlato, magnificandole, anche se in realtà neppure sapeva cosa fossero esattamente. Viveva nel ricordo d’un sogno d’amore svanito da tanto tempo e s’illudeva che le Arti Oscure le avrebbero reso la felicità.
Tu l’hai imparato sulla tua pelle che le Arti Oscure sono solo infelicità e morte, e per questo ora insegni ai tuoi allievi come difendersene.
Ma c’è stato un tempo in cui anche tu hai creduto di poter avere tutto... e hai perso Lily, il tuo unico amore. Le tue mani sono sporche del suo sangue, macchie che non verranno mai via dalla tua anima, e nemmeno dal tuo braccio, bollato da quell’orrido Marchio di morte che ti incatena al passato, ai tuoi rimpianti ed ai rimorsi. Al dolore di tutta una vita. Ad un futuro che tu stesso hai distrutto con una folle scelta.
Sì, hai imparato bene la lezione, sei un mago potente e conosci più incantesimi della maggioranza dei maghi, ma nelle tue vene il sangue di tuo padre vale esattamente quanto quello di tua madre.
Anche se lo sapevi, lo sapevi già da allora, quando eri ancora fiducioso nel tuo destino:
- È diverso se si è figli di Babbani?
- No. Non è diverso.
(3)

La mano della Granger, l’unica che svetta nella classe per rispondere alla tua domanda sul vantaggio di un incantesimo non verbale, è sempre lì a ricordartelo, anche se non ne hai proprio più bisogno, ed anche se non potrai assegnare alcun punto alla sua bravura: la tua recita di professore carogna deve continuare, non puoi permetterti di essere te stesso e di levarti la maschera, di sorriderle come facevi con Lily. La scelta di tanti anni fa ti ha condannato ed ora sai che devi pagare le tue colpe, fino in fondo.
Fino a mantenere la promessa fatta ad Albus.

________

(1) Harry Potter e il Principe Mezzosangue - Cap. 9 - la lezione di Difesa contro le Arti Oscure tenuta da Piton nel 6° anno.
(2) Harry Potter e il calice di fuoco - cap. 27 - affermazione di Sirius Black
(3) Harry Potter e i Doni della Morte - cap. 33 - la domanda di Lily e la risposta del piccolo Severus nei ricordi di Piton.



Steel your mind, Severus. (749 parole)
di Swindle
« Legilimens! » attacca.

Il ragazzo sta percorrendo un corridoio di Hogwarts di corsa, trafelato. Svolta dietro un angolo, e lanciandosi un’occhiata alle spalle, va avanti e indietro per tre volte, velocemente. Sul muro compare una piccola porta, grande appena per lasciarlo passare. Si infila dentro, appena in tempo per non essere visto dai quattro Malandrini che spuntano dal corridoio.

Con uno sforzo immane, fisico e non solo più mentale, lo butto fuori dalla mia testa. Sto ansimando, sento le gambe cominciare a tremare.
« Già stanco? » sorride.
Gli lancio uno sguardo di sottecchi, senza troppa spavalderia, non me la posso permettere.
« Se continui così, sarò costretto a vedermi tutta la tua vita… » si lamenta con voce annoiata.
Faccio una smorfia. Questo bastardo manipolatore sta giocando con me da tutta la notte.
Non si fida di me.
Sentire quella dannata profezia è stata la mia rovina. Ora sono nelle grazie del Signore Oscuro… che mi a conferito l’onore di poter svolgere uno degli incarichi più delicati.
E grazie tante.
Perciò adesso lui vuole che gli dimostri che sono all’altezza del lavoro di spia.
Non pronuncia nemmeno ad alta voce l’incantesimo.


Il ragazzino si stringe nelle vesti malandate. Non vede l’ora di poter indossare la divisa, anch’essa di seconda mano, ma almeno meno vergognosa. L’espresso per Hogwarts annuncia la partenza imminente con il suo squillante suono. La donna tentenna, spostandosi da un piede all’altro. Alla fine estrae un libricino dalla borsa, tendendolo al figlio con un sorriso stentato. « Legimanzia e Occlumanzia. » legge Severus sulla copertina. I suoi occhi si allargano per la sorpresa e si lancia d’istinto tra le braccia della madre « Grazie, mamma! » La donna rimane rigida, ma dopo un attimo stringe il ragazzo in un abbraccio, schioccandogli un bacio sulla guancia. Immediatamente Severus si allontana, protestando per il gesto d’affetto, pulendosi la guancia con una mano. Gli occhi di Eileen si rattristano mentre il figlio sale sul treno. Severus sente una voce prenderlo in giro: « Cocco della mamma! » E, davvero, non vorrebbe arrossire…

Lui ride, mentre mi accascio al suolo, stremato, boccheggiando in cerca d’aria.
Ho usato tutte le sue forze per tenerlo lontano, per non fargli vedere quel dannato ricordo, mentre arrossivo… ma ho fallito.
È troppo potente, e io ad ogni attacco divento sempre più debole.
Eppure devo farcela, devo costruirmi una barriera, un muro d’acciaio intorno alla mia mente, per proteggere ricordi e pensieri.
« Se questi sono i risultati, devo dire che quel libro ti è servito a molto, Severus. » dice tranquillamente « Tua madre sarebbe fiera di te. »
“Salazar, quanto mi dà fastidio che mi chiami per nome” penso.
Ma queste parole mi risvegliano. Può torturarmi e insultarmi quanto vuole, ma non permetterò a nessuno di prendersi gioco di mia madre.
Mi rialzo a fatica, ma una nuova forza si è accesa in me e quando parlo la mia voce è ferma: « Riprendiamo. »
« Come vuoi. » alza le spalle.
“Rendi la tua mente d’acciaio, Severus.” mi dico.
Ma questa volta non mi accorgo nemmeno del momento in cui entra nella mia mente.

Severus riesce a farlo volare da un flash all’altro, senza permettergli di soffermarsi su uno. Una ragazzina con occhi verdi e capelli rossi, una biblioteca buia, una caduta dalla scopa, una ciminiera alta, un giardino di periferia…
A volte riesce a riemergere dai ricordi e vede l’uomo con la bacchetta puntata verso di lui: è troppo forte. Non ce la fa più, le forze lo abbandonano.
Avverte il suo corpo cadere inerme a terra, mentre i ricordi vanno avanti. È un bambino ora. Sente la voce della madre, e poi quella del padre, più forte, che la sovrasta. Ad ogni colpo, si rintana sempre di più sotto quel vecchio letto. Le urla continuano ancora e ancora. Il bambino si tappa le orecchie con le mani, stringe gli occhi con forza. “No no no!” ripete nella sua mente cercando di far star zitte quelle voci. Ma quelle non vogliono sparire e si trasformano velocemente, in un caleidoscopio di grida: la voce della madre diventa quella di Lily che lo accusa dei suoi errori, quella di suo padre è quella del Signore Oscuro che lo tortura; le voci aumentano ed ora sono quelle di tutte le persone che ha già ucciso e che ancora ucciderà.
Infine si raggruppano in una sola, che esplode dentro e fuori il suo cervello:

« Steel your mind, Severus! »
“I hate you, Dumbledore!”
 
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