Il Calderone di Severus


Lotta all'Ultimo Inchiostro - 10° Turno
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#2: Alla salute5 [35.71%]
#8: Perchè ti affanni tanto?5 [35.71%]
#1: Tentazione2 [14.29%]
#4: Per un sorriso1 [7.14%]
#5: Fasi lunari1 [7.14%]
#3: Passion0 [0.00%]
#6: La scelta0 [0.00%]
#7: Calendula Spiattellantis0 [0.00%]
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Lotta all'Ultimo Inchiostro - 10° Turno, Severus distilla una pozione

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view post Posted on 2/2/2011, 17:14
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Complimenti per la vittoria, Severia, bellissima storia ;)

Grazie, Ida per il tuo splendido commento :stupore: poi magari ti rispondo un po' meglio ;)
 
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view post Posted on 2/2/2011, 21:33
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I ♥ Severus


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CITAZIONE (Severus Ikari @ 2/2/2011, 17:14) 
Complimenti per la vittoria, Severia, bellissima storia ;)

Grazie, Ida per il tuo splendido commento :stupore: poi magari ti rispondo un po' meglio ;)

Non appena la storia sarà su MSS copierò il commento nell'area recensioni e potrai rispondermi là.


Edited by Ida59 - 15/8/2015, 16:46
 
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view post Posted on 2/2/2011, 23:58
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CITAZIONE (Ida59 @ 2/2/2011, 21:33) 
Non appena la storia sarà su MSS copierò il commento nell'area recensioni e potrai rispondermi là.

Certo che sì ;) grazie! :stupore:

Edited by Ida59 - 15/8/2015, 16:47
 
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view post Posted on 10/1/2017, 19:17
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Lotta all'Ultimo Inchiostro - Storie partecipanti al IX° Turno:

Severus distilla una pozione




Tentazione (737 parole)di Misslegolas86

Silenzio.
Nel sotterraneo di Villa Malfoy regnava un silenzio di morte. L’oscurità avvolgeva ogni cosa.
Una solitaria candela e il fuoco che bruciava sotto il calderone riuscivano a rischiarare solo il profilo e l’ombra di un uomo che, chino sul calderone, era concentrato a preparare una pozione.
Il suo volto era insanguinato; i graffi di Fierobecco sanguinavano ancora copiosamente, ma Severus Piton non ci badava affatto mentre tagliuzzava con precisione le radici di valeriana asciugandosi con impazienza qualche goccia di sangue che era colata sugli occhi. Aggiunse la valeriana nel calderone e cominciò a mescolare.
La superficie scura della pozione sembrava una finestra spalancata su un abisso. L’abisso che si era spalancato in lui quella notte. L’aveva fatto. Non aveva avuto scelta. Lui glielo aveva ordinato, ma era stato terribilmente doloroso. La sua anima si era spezzata di nuovo. Ma quella notte, oltre all’anima, anche il suo cuore si era spezzato. Aveva dovuto uccidere l’unica persona che avesse mai creduto in lui…l’unico che lo aveva trattato con rispetto.
Estrasse il coltellino d’argento che portava sempre con sé e schiacciò con il piatto il Fagiolo Sopoforoso. Quegli accorgimenti sperimentati da lui nei suoi anni da studente, e che tanto lo avevano reso orgoglioso, adesso lo lasciavano totalmente indifferente.
Con la morte di Silente, niente più di normale ci sarebbe stato nella sua vita. La posizione di spia, che Silente aveva creato per lui consentendogli qualche momento di tregua, era stata una illusoria parentesi. Da quella sera sarebbe tornato spettatore e carnefice di dolore e morte. Un Mangiamorte a tempo pieno. Traditore dell’Ordine e assassino del suo benefattore. Un codardo…
Forse Potter aveva ragione. Era stato un atto di codardia scegliere a venti anni i Mangiamorte e ora non poteva certo ritenersi eroico nel lottare per il bene. Aveva un conto salatissimo da pagare, pieno di colpe e rimorsi, e quello non poteva definirsi eroismo.
Aggiunse il liquido del Fagiolo alla pozione che diventò lilla.
Il Distillato della morte vivente era una pozione potentissima: poche gocce avrebbero causato la morte immediata, come ben sapeva. Aveva preparato molte volte quell’infuso per l’Oscuro Signore; ma quella pozione, se ben dosata, aveva il potere di concedere un sonno senza sogni. E in quel momento era quello di cui aveva bisogno Draco. Almeno quella notte avrebbe dimenticato le brutture del percorrere la stessa strada dell’Oscuro. Aveva promesso di vegliare su di lui, non solo a sua madre, ma anche a Silente. E avrebbe rispettato quella parola.
Chino sul calderone mescolava con precisi giri orari e antiorari la pozione inalando i fumi del liquido. Come boccate di ossigeno per la sua mente, quietavano il suo animo.
Si sorprese a pensare di concedersi una notte senza sogni… senza incubi e rimorsi. Una notte di pace, di tregua per il suo animo. Ma per lui non poteva esserci pace. Non la meritava. Era un assassino e quella sera lo aveva provato ancora una volta. Era riuscito ad uccidere la persona a cui teneva di più al mondo dopo la morte di Lily. Per lui non poteva esserci clemenza.
La pozione era diventata trasparente. Era pronta. Bastava che ne bevesse un’ampolla e tutto quel dolore sarebbe cessato. Si sarebbe addormentato nell’abbraccio della morte che lo avrebbe liberato da ogni cosa. Si lasciò cullare da questi pensieri, lo sguardo perso nel liquido senza vederlo davvero. Il volto del vecchio preside su quella torre e la sua voce supplichevole gli ritornavano alla mente come un disco inceppato, lacerandogli il cuore e l’anima in una tortura nuova e dolorosa che si aggiungeva alle altre.
Ma Silente era morto per permettere a lui e a Draco di vivere. Per permettere a lui di combattere accanto all’Oscuro per la sua sconfitta. Per lui c’era quell’incarico e per quello Albus aveva sacrificato la sua vita. Non poteva e non doveva cedere.
Ma quella notte era morta l’ultima parte di lui che era sopravvissuta grazie alla vicinanza di Silente. Anche se la vita continuava a far battere il suo cuore, era morto dentro. L’unico legame con la vita si era spezzato sulla Torre. Ora era completamente solo. Le persone che lo avevano amato, sua madre, Lily e Silente, lo aspettavano tutte al di là della vita. Ma proprio per loro sapeva di dover andare avanti fino alla fine.
Prese dal calderone la quantità di pozione per Draco e uscì dalla stanza lasciandosi alle spalle quel calderone pieno di tentazioni, ma assolutamente proibito per lui.



Alla salute (750 parole)di Ellyson

La Sentimax enfatizza i sentimenti.
Un comune filtro d’amore crea un fittizio sentimento, la Sentimax aumenta ai massimi livelli le emozioni già presenti.
Un’infatuazione diviene amore profondo. Un risentimento si tramuta in odio.
La pozione è classificata come pericolosa ed è vietata la commercializzazione.
[Helbert Luxoric, Pozioni avanzate
Pag. 340 capitolo 7]


Il silenzio era quasi religioso nella classe di Pozioni avanzate del settimo anno.
A seguire quel corso erano una decina e lei poteva vantarsi di essere l’unica Grifondoro.
Tipico. Era l’unica in molte cose.
L’inizio della lezione era la parte peggiore. Severus Piton entrava con l’umore così nero da far desiderare il bacio dei Dissennatori.
Quel pomeriggio non fece eccezione; Piton, come nuvola tempestosa, entrò nell’aula, posizionandosi alla cattedra e guardandoli con lo sguardo schifato riservato alle lumache carnivore.
“Oggi prepareremo una pozione richiedente un’esemplare concentrazione.”
Dopo quella frase il silenzio calò, rotto solo dal rumore dei coltelli sui taglieri o dei pestelli nei mortai.
Piton, al solito, preparava la stessa pozione nel suo calderone.
Nulla era cambiato.
Lei studentessa, lui professore bastardo a preparare pozioni solo per sminuire il lavoro degli studenti.
Eppure tutto era cambiato.
Cercava di non pensarci. Ogni tanto si illudeva, poi si guardava allo specchio: vedeva il suo volto adulto e la dura realtà.
Sollevò lo sguardo dal mortaio dove aveva polverizzato le foglie di dittamo; gli studenti erano concentrati nei rispettivi lavori, desiderosi di finire la lezione indenni. Guardò la lavagna, leggendo il passo successivo. Inconsciamente registrò Piton intento a macinare col pestello. Era concentrato, totalmente assorto nel compito, ma lei sapeva che nulla della classe gli sfuggiva.
La polvere di dittamo attendeva il momento esatto per finire nel calderone.
Tornò ad osservarlo.
Mani esperte si muovevano veloci sul tavolo. Vedeva una scintilla speciale nei suoi occhi neri dallo sguardo attento. L’aveva intravista per la prima volta quell’anno e, da allora, bramava quella luce.
C’era della poesia nei suoi gesti, qualcosa che in pochi notavano. Probabilmente solo lei.
I lineamenti erano più distesi, quasi rilassati… ammettendo che Piton sapesse rilassarsi.
Sorrise.
“Signorina Granger…“ mormorò lui senza alzare gli occhi “La procedura la fa sorridere?”
“Mi scusi...” arrossì aggiungendo il dittamo nel liquido fumante che divenne rosa.
Tagliò in cubetti identici le radici di margherita; le aggiunse, mescolando in senso antiorario.
Ora iniziava l’attesa.
Si sedette al banco e aprì un libro. Periodicamente alzava gli occhi per osservare Piton.
Severus stava ancora lavorando. Teoricamente aveva concluso, eppure sminuzzava, tagliava, tritava ingredienti, seguendo una sua ricetta, non quella ufficiale. Hermione si perse nel contemplarlo. Amava quella ruga appena più profonda sulla fronte che si formava quando era concentrato… una tremenda tentazione. Amava il suo profumo misto a quello delle pozioni. Amava il suo modo di isolarsi dal mondo mentre lavorava.
Il vicino fuoco si rifletteva nel suo sguardo, il lungo mantello sfiorava il terreno con leggiadria.
Incuranti dei caldi vapori nell’aria, i bottoncini della casacca chiusa erano allineati in fila come bravi soldatini.
“Ora i capelli, l’ultimo ingrediente.” proclamò.
Ognuno si mise accanto al proprio paiolo e prese le forbici, tagliandosi una ciocca di capelli.
Ad Hermione sembrò un sacrilegio assistere alla mutilazione della bellissima chioma corvina dell’uomo.
“Uscirà un fumo bianco con riflessi dorati.”
Aggiunsero all’unisono i capelli.
Severus osservò i fumi innalzarsi nell’aria; il suo occhio attento valutò ogni minima variazione cromatica.
Passò per i calderoni osservandone il contenuto e assegnando punizioni.
“Come potete vedere la pozione è sufficiente per un’ampolla e non ha effetto sul preparatore. La berrete alla cattedra: non voglio correre rischi.”
Hermione fu l’ultima.
Furono una di fronte all’altro.
“Professore!” urlò una studentessa.
Severus scattò, lasciandola sola. Lei colse l’occasione al volo: scambiò le ampolle e bevve.
“Portatelo in infermeria. Gli altri via, la lezione è finita!”
Hermione andò al banco per ordinare i libri.
“Granger.“ disse Piton, facendo sparire il calderone “Rimanga.”
Sola con lui, Hermione sentì il cuore accelerare. La pozione appena bevuta non poteva che aumentare i sentimenti che già provava.
“Questa non è mia.” disse senza particolare sfumatura nella voce ”Ha una sfumatura più scura che solo un occhio distratto non noterebbe.”
Hermione rimase immobile davanti all’uomo; la pozione ingerita le suggeriva di annullare la distanza che li separava.
“Astuto scambiare le ampolle.”
“Perfido aggiungere l’eucofrasio nel calderone di Jones per farlo stare male.”
“Voleva uscire con te.”
Hermione arrossì. Le capitava quando Severus si mostrava inaspettatamente dolce. La sua gelosia era per lei ambrosia.
Piton annusò il contenuto dell’ampolla.
“E ora?”
“Io l’ho bevuta.”
Il mago sorrise e la trangugiò.
“Alla salute, Hermione.”



Passion ( 749 parole)di Severus ikari

Le passioni animano la nostra vita, ci fanno camminare dove nessuno oserebbe, tra i sentieri intricati dell’esistenza e tra la fitta foresta di sentimenti che proviamo.
Alla passione non si può sfuggire, ti travolge come un vento e ti spazza via fino a farti crollare a terra sotto l’insopportabile peso di un sentimento che è solo tuo.
E quando una passione non può e non deve esistere?
Cosa si fa?
Si cerca aiuto in un’altra passione, una passione più materiale.
Ma può qualcosa di materiale contrastare una passione che ti viene da dentro?
Nella stanza c’erano densi vapori che vorticavano nell’aria, la penombra creava un’atmosfera quasi irreale, come sospesa nel tempo.
Un fuoco illuminava flebilmente un angolo della stanza dove c’erano un calderone ricolmo di varie sostanze e un tavolo pieno di strani ingredienti e boccette.
Un uomo era intento a tagliuzzare degli strani animali mentre ogni tanto distoglieva lo sguardo verso un libro completamente scuro dalle lettere argentate quasi sbiadite dal tempo.
C’era silenzio tutto intorno, talvolta rotto dal liquido che bolliva nel paiolo e dallo scoppiettio del fuoco sottostante che diveniva più forte quando alcune gocce di pozione colavano su di esso.
La concentrazione del mago non veniva meno a quei rumori, erano un’abitudine per lui, quello che non voleva erano interruzioni dall’esterno, soprattutto da lei, per questo aveva sigillato il suo ufficio con un incantesimo.
Stava tagliuzzando delle alghe piuttosto viscide e dovette faticare non poco per riuscire a bloccarle al tavolo per tritarle meglio.
I tagli erano precisi e veloci e in un attimo diventarono una poltiglia uniforme di un verde piuttosto scolorito e dalla smorfia che fece non doveva essere particolarmente profumata.
Il coltello scivolò sul legno per prendere le alghe disintegrate, con l’altra mano si portò alla lama per non farle cadere, e le gettò nel calderone che subito prese a fumare più abbondantemente.
La pozione assunse all’istante una colorazione marrone.
Ma il lavoro era ancora lungo e avrebbe impiegato moltissimo tempo, ma non gli importava, doveva assolutamente togliersi quel peso che l’opprimeva.
Si allontanò dal tavolo per andare a prendere una boccetta su di uno scaffale, vi estrasse delle radici scure e le gettò all’interno di una pentola contenente acqua bollente, doveva togliere la parte amara delle radici, non per il sapore che avrebbero avuto, ma perché erano piuttosto velenose.
Versò una pozione Inverti Veleno1 nella pentola e tornò al tavolo per schiacciare delle bacche coltivate durante la fase di luna decrescente in modo da potenziare la mistura che serviva a rallentare maggiormente i sentimenti.
Severus non era sicuro che avrebbe funzionato, non era mai stata fatta prima, ma doveva provarci per reprimere quella passione che ogni giorno accresceva in lui.
Paradossalmente, la capacità di stare soli è la condizione prima per la capacità d'amare2 , e in Severus questo era piuttosto tangibile.
Sempre solo tra i fumi e le pozioni, ma sapeva amare come nessun altro.
Una volta pronte le radici le gettò nel calderone insieme agli altri ingredienti, mescolò due volte in senso orario, quattro in senso antiorario, poi si lasciò cadere sulla poltrona e aspettò che fosse pronta.
Era soddisfatto, la pozione era riuscita perfettamente e non doveva far altro che berla. Rimase con l’ampolla in mano per qualche istante, un tempo infinito, non era sicuro, ma era l’unica speranza di addormentare quella bestia ruggente che s’insinuava tra il suo cuore e la sua anima.
Non aveva scelta, doveva distruggere quella passione che aveva per quella donna, perché nonostante la guerra fosse finalmente finita, per lui continuava, continuava una guerra dentro se stesso che non gli permetteva di andare avanti e di essere felice come tutti gli altri.
Non si meritava la felicità e non si meritava i sorrisi che quella donna gli riservava e che gli facevano battere più forte il cuore e brillare gli occhi.
Non poteva, così trangugiò in un unico sorso la pozione rossa e chiuse gli occhi nell’attesa.
Era tardi, non aveva nemmeno dormito per preparare la pozione che lo avrebbe liberato, ma non poteva riposarsi, i suoi doveri verso Hogwarts venivano prima di tutto.
I suoi doveri, sempre i suoi doveri.
Quasi arrivato nell’ufficio che fu di Silente, la incontrò, bellissima nel suo abito rosso, rosso passione.
- Buongiorno, Severus – gli disse.
Le sorrise e rimase a guardarla per qualche secondo.
Gli bastò scrutare i suoi occhi per capire che le passioni non si sconfiggono con nessun sortilegio, ma solo con la forza di volontà.
Lui non l’aveva.
Non più.
Lui voleva lei.
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1. Non esiste, l’ho inventata io, mi serviva ai fini della pozione madre, ma non chiedete spiegazioni e ragguagli che non lo so com’è fatta.
2. Erich Fromm - L'Arte di Amare.



Per un sorriso (748 parole)di Ekathle

E lei aveva riso. La sua amica aveva riso di lui.
I sotterranei di Pozioni erano più freddi che mai, ma Severus Piton era così fumante di rabbia da essere quasi sudato.
Non era per gli scherzi e i motteggi di Potter e dei suoi tirapiedi, divenuti ormai una triste abitudine. Questa volta, con loro aveva riso anche Lily, la sua unica, vera amica. O così aveva creduto fino ad allora.
L’ultima stanza in fondo al corridoio di pietra era, come al solito, deserta. Tutti i ragazzi erano fuori nei giardini, a godersi il primo sole dopo il gelo dell’inverno.
Tutti quelli che hanno un amico, almeno. Lui, da quel momento, non ce l’aveva più.
Scaraventò la borsa dei libri sotto il grande tavolo dove si preparavano gli ingredienti e si sedette per terra, improvvisamente sfinito. Chiuse gli occhi nella vana, folle speranza di trovarsi nel suo letto una volta riaperti.
Invece ogni immagine, le acrobazie di Potter, lui cha saliva sulla scopa, l’improvvisa vertigine, l’erba bagnata sul viso, paonazzo per la vergogna della caduta, si susseguivano come le scene dei vecchi film Babbani in bianco e nero che suo padre guardava tanti anni fa.
E poi, lei, la mano posata sulla bocca nel tentativo di nascondere prima il sorriso e poi la risata crescente.
Era stato solo un attimo, uno scoppio spontaneo e involontario presto mutatosi in uno sguardo preoccupato, ma a Severus era bastato.
Si rialzò, con una nuova luce di sfida che brillava negli occhi neri ancora umidi, e iniziò a preparare la pozione che avrebbe fatto di lui un provetto giocatore di Quidditch.
Una veloce scorsa alla copia consunta e vissuta di Pozioni Avanzate, e già una moltitudine di boccette erano ammucchiate sul tavolo, mentre Severus si muoveva velocissimo, sminuzzando, misurando, pescando con sicurezza assoluta da mucchi di ingredienti apparentemente tutti uguali: sembrava avesse cento mani.
Come gli albatri, così goffi a terra ma maestosi e leggiadri non appena spiccano il volo, così anche il giovane Severus pareva essersi completamente trasformato. Chiunque fosse entrato nella stanza in quel momento avrebbe visto, in piedi accanto al calderone fumante, non più il ragazzino imbranato e curvo sotto il peso dei vecchi libri di seconda mano, ma bensì un vero mago, abile, esperto, e in un certo qual modo anche attraente nella composta eleganza dei movimenti.
Mescolava, calmo, preciso, e intanto che la sua mente contava i giri in senso orario e antiorario, il cuore già si godeva i complimenti, l’invidia di Potter, il bellissimo sorriso di Lily dedicato a lui soltanto.
Il suo viso pallido diventava ora rosa, ora verde, ora azzurro mentre vapori multicolori si sprigionavano dal liquido che ribolliva tranquillo nel calderone, tramutando il cupo sotterraneo in un gigantesco arcobaleno.
Severus si scostò dal calderone, osservando pensoso la pozione che gorgogliava. Un pizzico di ortiche, due lumache cornute… c’era tutto, eppure il suo sesto senso di pozionista gli diceva che mancava ancora qualcosa per renderla veramente perfetta. Dall’odore, era quasi sicuro che ci volessero alcune gocce di elleboro, ma la boccetta non era al suo posto. Doveva essere da qualche parte sul tavolo, assieme al resto…
“Cerchi l’elleboro?” disse la voce di Lily.
Severus si voltò di scatto, il mestolo a mezz’aria. Lily era seduta sul tavolo, con la gambe penzoloni. I capelli, illuminati dall’unico raggio di sole che filtrava dalla grata, brillavano come fuoco.
Vedendola così bella e sorridente mentre stringeva tra le mani la bottiglietta di elleboro con fare giocoso, per un attimo Severus fu tentato di correre da lei e uscire al sole, magari a fare una passeggiata in riva al Lago Nero.
Sì, tu lei e Potter…
A quel pensiero, la sua espressione tornò a rabbuiarsi. Le strappò di mano l’elleboro, deciso a non rivolgerle la parola.
“Come mai non sei anche tu con gli altri a venerare Potter, il grande campione?”. In silenzio si maledisse per essersi lasciato sfuggire quella frase piena d’astio.
“Senti, non cominciare. Ti ho già chiesto scusa. Mi è scappato, d’accordo? Comunque, ero scesa a vedere se stavi bene. Non so dove siano gli altri”.
“Da quanto sei qui?”
“Un po’. Ma tu continua pure quello che stai facendo. Mi piace moltissimo guardarti mentre prepari una pozione. Sei… affascinante. Che meraviglia stai distillando?”
Ma Severus non aveva neppure sentito l’ultima parte della frase. Aveva già spento il fuoco, e con un colpo di bacchetta gli ingredienti erano tornati sugli scaffali. La pozione non gli serviva più.
“Andiamo a fare una passeggiata in riva al lago?”



Fasi lunari ( 750 parole)di Ale85LeoSign

La luna, spaziando in un cielo indaco vestito di poche nubi, spandeva sugli alberi uno splendore tremolante, e le foglie, mosse dal vento, scintillavano negli argentei raggi, sembrando la proiezione terrena degli astri posti nel firmamento di argento e tenebra .
Ogni tanto sollevava lo sguardo, per scrutare quello scenario dalla finestra, distogliendo l’attenzione dal calderone, mentre il tempo passava e la pozione, un liquido splendente, quasi fosse stato bagnato da quella luce lunare, bolliva piano. Era lucente e chiara, ed emanava piccoli bagliori prismatici che salivano col vapore verso il viso pallido del mago.
Qualche lieve colpo: qualcuno bussò.
Severus non rispose, troppo concentrato sulla mistura.
La porta si aprì.
“Solo un inguaribile romantico potrebbe mettersi a al lavoro a quest’ora.”
“Inguaribile, sì.” Rispose con una punta di ironia senza alzare gli occhi “Ma non romantico, Remus.”
“Che… che cosa stai facendo?“
Severus non sollevò lo sguardo, ma aggiunse meticoloso un altro ingrediente “Il calderone è un buon indizio.” Sibilò sprezzante “Il resto lo lascio alla tua immaginazione.”
“Tenere a distanza tutto e tutti.” Rispose l’altro, avvicinandosi, con la solita aria bonaria, leggermente alterata da un principio di preoccupazione che Severus non fece fatica a riconoscere dal solo tono di voce “Non è un buon modo di avere degli amici.”
“Certamente” rispose con un profondo sospiro “Immagino senza sforzo la soddisfazione che implicherebbe essere come te, considerando l’umanità senza disgusto, senza seppellirmi in un’impenetrabile solitudine. Dimenticando che il mondo non contiene, per la maggiore, persone prive della minima forma di intelletto.”
Seguì un’ implacabile punta d’ironia: “Sfortunatamente, anche se sull’arido terreno di quest’ammissione parte dei miei neuroni ha trovato la morte, riconosco di avere una buona memoria.” Lo fissò intensamente “Un’ottima memoria.”
Nonostante il sarcasmo pungente, notò che il mannaro era estremamente pallido.
“Avrei bisogno del tuo aiuto, Severus.” Ammise dopo qualche istante, nervoso.
Seguì un momento di silenzio interrotto soltanto dal lieve borbottio della pozione.
“Ci provo, Remus,” rispose il pozionista, arcuando scetticamente un sopracciglio “ma davvero non riesco a immaginare come tu possa dire una cosa del genere.” Un altro giro antiorario “Sarà un limite mio.”
“Non sto scherzando, Severus.”
“Potrei avere un principio di sudori freddi.”
“La pozione Antilupo… temo di averla smarrita. Non so come sia potuto accadere, una distrazione o forse…”
Severus lo interruppe tranquillamente: “Il motivo ha un nome: Alois Alzheimer, che nel 1901 descrisse l’omonima patologia.”
Il mago si avvicinò: “Sarebbe solo per questa volta, Severus. E’ luna piena! Potrei perdere il controllo da un momento all’altro! Tu… tu sicuramente hai messo un po’ di Antilupo da parte. Ti conosco, sei molto accorto su queste cose. ”
“Oh, questa è invidia?”
“Severus, per favore! La situazione è seria!”
Il mago non si scompose: “Lo so che sarà una notizia dura da mandar giù, ma fatti forza. Guardami negli occhi, segui le mie labbra.” Lo fissò, spietatamente glaciale “Rivolgiti a qualcun’altro. Ho appreso che i parenti di Potter hanno un cane, forse ti può prestare un guinzaglio...”
“Lily avrebbe apprezzato molto una cosa del genere.”
Il mago rimase immobile, come se respirare non fosse stata più una necessità. Le labbra sottili si serrarono, come se la rigidità della pelle si stesse crepando per formare una sorta di smorfia stentata.
“Solo per questa volta.” sibilò a un tratto, versando parte del contenuto del calderone in un grande calice “Inizia a prendere questa.”
“Che cos’è?”
“Un calmante. L’Antilupo è nel mio studio.”
“Grazie, Severus.” disse Remus, accorato “Ti sono debitore.” E, senza esitare, iniziò a bere la pozione.
Severus scosse mestamente il capo e, voltandogli le spalle, uscì dalla stanza, mentre, dietro di lui, si udiva il tonfo sordo di un corpo che cade.
Appena fuori incontrò Albus.
“Oh, Severus! Hai visto Remus?”
“E’ passato in corridoio un istante fa.” Rispose con voce piatta “Insonne… e non è nemmeno luna piena.”
Albus guardò il cielo dalla finestra. Le nubi si erano diradate da poco “E’ luna crescente. Un po’ di agitazione è normale.”
“Non se ti fa perdere la testa, Albus… e smarrire l’Antilupo.”
“Oh, Merlino, che sbadato!” il Preside si sistemò gli occhialetti, sorridendo placido “Ha tutto il tempo per ritrovarla e sono comunque certo che un mago preciso come te ne avrà tenuta un po’ da parte.”
Severus sospirò nervosamente: “Gliela farò avere domani. Nel frattempo gli ho consigliato di prendere della pozione Soporifera.“
“Un buon suggerimento, Severus.”
“Se domattina non lo vedi a lezione, non ti preoccupare.” le sue labbra assunsero una piega ironica “Potrei essermi scordato di dirgli il dosaggio corretto.”



La scelta (746 parole) di Kijoka

Si fece largo tra i lunghi capelli scuri e lentamente scivolò a lato della guancia fino a raggiungere il mento.
La goccia solleticava il viso accaldato del mago che l'asciugò con un rapido gesto stizzito della mano chiara.
Per Merlino!
Il pensiero fu più veloce della stessa volontà e deviò velocemente il mestolo, che affondava nel vorticante liquido traslucido, tornando a rimestare da sotto in su.
Erano ore che la mistura magica sobbolliva nel calderone d'oro massiccio.
Quella notte il caldo era opprimente nel laboratorio chiuso, sigillato ermeticamente dall'incantesimo che lo isolava da ogni intrusione esterna.
La pozione da realizzare era complicata.
Non era da meno quella versione modificata che si era appena inventato. Dopo vari tentativi sembrava finalmente essere giunta quasi a compimento.
Smise di mescolare, alzando il viso.
A quel punto doveva stare molto attento: anche l'alito estraneo del suo respiro, se portato troppo vicino al fluido, poteva inficiarne l'esito.
Si allontanò per raggiungere il pesante tavolo e prese la piccola scatola, estraendone dei fili scuri. Li aggiunse alla pozione, tornando a rimestare.
Un giro a destra veloce, due lenti a sinistra. Ripetè la sequenza per tre volte, replicandola al contrario.
Subito dopo una piccola nuvola di fumo bianco opalescente crebbe sul calderone, svanendo immediatamente nel nulla.
Severus si rilassò: era il segnale che la pozione era giunta a compimento ed era nel pieno della sua potenza magica.
L'aveva anticipato di un istante quel momento, ritraendosi giusto in tempo dal bordo del calderone che mandava caldi barluginii alla luce del fuoco vivace.
Si sedette sul bordo della sedia lì accanto, stringendo tra le dita la radice del naso.
Era stanco.
Ma ci era riuscito: l’aveva migliorata!
Alzò la testa, ravviandosi i capelli umidi e sospirò.
Il braccio ancora gli doleva.
Aveva così tanto da predicare, Albus! Non era stato un affare da nulla!
La lunga scia rossastra del profondo graffio lo segnava, dalla spalla all'avambraccio.
Avrebbe davvero voluto sapere quante volte aveva dovuto, lui, il Preside, strappare dei peli dal dorso di un Licantropo appena trasformato!
Però l'impegno più arduo era forse stato quello di convincerlo a fidarsi di lui e di lasciarlo assistere alla trasformazione.
Quello era il momento più delicato, quello in cui era completamente alla sua mercè, senza potersi difendere, disarmato ed inerme.
Severus sapeva di essere ancora considerato un Mangiamorte. E cosa facevano i Mangiamorte ai Licantropi, quando non potevano piegarli al loro potere?
Il mago l'aveva visto così tante volte e comprendeva bene il timore nei suoi confronti.
Era sempre stato strano, Remus.
Lo era da quando ne aveva memoria.
Quando erano piccoli era stato l'unico che gli avesse dimostrato un qualche interesse che non fosse il renderlo il bersaglio di crudeli vessazioni.
Crescendo Lupin si era lasciato circuire ed ammaliare dalle personalità dei suoi due compari dal carattere forte.
Poi si erano nuovamente reincontrati, grazie a Silente, e Severus aveva conosciuto un Remus diverso: combattivo, fedele, quasi coraggioso.
Si era posto tante domande su di lui.
Remus aveva avuto un ben tragico destino.
Severus sapeva che la sua vita, in qualche modo, l'aveva scelta, portato forse dalle conseguenze di alcune situazioni, certamente indirizzato da decisioni sbagliate prese seguendo presupposti errati.
Rivendicando la sua individualità si era precluso un futuro normale, se non felice.
Lupin non aveva mai avuto la stessa possibilità. Senza alcuna decisione si era trovato reietto e rifiutato, temuto da tutti e solo.
Anche per Severus era la stessa cosa, ma mentre lui poteva incolpare se stesso per quella condizione, Remus avrebbe dovuto subirla per tutta la vita, senza neppure aver diritto ad un'alternativa.
Sospirò di nuovo, scuotendo la testa.
Neanche questo era giusto: Remus aveva fatto delle scelte e non tutte gli erano piaciute, ma la più importante l'aveva fatta nel modo esatto.
Lui non era stato così lungimirante e, nel scegliere tra il Bene e il Male aveva privilegiato la parte più terribile di se stesso, mentre Remus aveva trovato immediatamente la strada giusta davanti a sé.
Non se la sentiva di condannarlo, anche se al momento erano ancora avversari, anche se aveva sempre lasciato che James e Sirius lo deridessero per anni, anche se sapeva che Lupin non lo riteneva degno della fiducia di Silente.
Si alzò, travasò nella grande ampolla la Pozione Antilupo e si diresse verso la pesante porta d'ingresso: Albus e Remus lo aspettavano alla Stamberga entro un'ora per provare la pozione.
Tra ventotto giorni sarebbe sorta la luna piena e prima che la scuola cominciasse doveva filare tutto liscio.



Calendula Spiattellantis (749 parole)di Reoplano

Il calderone fumava, mentre il mago ne rimestava il contenuto. Il profumo, penetrante ma non sgradevole, pervadeva il locale e si disperdeva nei bui corridoi del sotterraneo. Un lento salmodiare usciva dalle sue labbra accompagnando, come una colonna sonora, gli altrettanto lenti movimenti del corpo.
Ecco, la pozione era pronta, il momento era giunto.
“Conoscete tutti il professor Piton” disse Albus Silente facendo entrare Sirius Black e Remus Lupin nel suo ufficio; l’espressione che comparve sul volto dei nuovi arrivati indicava chiaramente due cose:
a) conoscevano Severus Piton;
b) non erano felici di trovarsi nella stessa stanza con lui.
“Saltiamo i preamboli” continuò Silente,“ vi ho fatto venire perché devo affidarvi un’importante missione, una missione, che, dato il suo particolare carattere di urgenza, solo due maghi con le vostre caratteristiche possono svolgere”. I due maghi, le cui caratteristiche erano state evocate da Silente, se ne stettero zitti, aspettandosi il peggio.
“Come certamente ricorderete dalle lezioni di Erbologia, in questa particolare stagione dell’anno fiorisce la rara e preziosa Calendula Spiattellantis. Le proprietà di questo rarissimo fiore vi sono senz’altro note, per cui non c’è bisogno che ve le ricordi.“
Udendo le parole di Silente Sirius cominciò ad agitarsi. L’idea dell’azione lo esaltava, e questa sua agitazione era resa palese dalla coda che, spuntatagli dai pantaloni, si agitava forsennatamente colpendo di volta in volta il muro alla sua destra ed il povero Remus alla sinistra. Il quale Remus, dal canto suo, continuava a guardarsi la punta delle scarpe con l’aria afflitta e triste che gli era naturale.
“Severus vi spiegherà tutto.” Concluse Silente
Piton Iniziò a parlare, e, mano a mano che le spiegazioni procedevano, l’aria preoccupata di Remus aumentava, mentre la coda di Sirius avrebbe potuto benissimo essere usata come frullatore, da tanto era eccitato.
“Avete capito?” concluse Piton.
“Sì, sìssìsì!” rispose Sirius.
“Aspetta” disse invece Remus, “riassumiamo un momento: Il fiore si apre di notte, per cui è questa notte che dovremo agire, inoltre fiorirà nella Foresta…”
“Proibita!” concluse Sirius.
“Esatto” riprese Remus “ e l’ultimo avvistamento è stato fatto dietro la tana di…”
“Aragog!” aggiunse Sirius.
“Sì, Aragog. Per cui noi dovremmo trasformarci, correre fino alla Foresta Proibita, avvicinarci alla tana di Aragog, ritrasformarci, convincere i suoi figli a non mangiarci e a cogliere il fiore per noi, offrendo loro in cambio questa pozione. A proposito, di che pozione si tratta?” chiese indicando il liquido scuro nel calderone.
“Cioccolata,” sussurrò Piton, “ne vanno ghiotti”.
“Hai afferrato perfettamente la situazione, Remus. Per cui vi conviene mettervi subito in moto” tagliò corto Silente.
“Moto? Cosa c’entra la moto?” chiese Sirius.
Remus lo guardò mestamente e disse:
“Trasformiamoci” e, con l’aiuto della Pozione Invertiluna (che gli consente l’azione di trasformazione volontaria) subitaneamente si trasformò. Anche Sirius si trasformò e stava già uscendo dalla porta quando la voce di Piton lo fermò:
“Aspetta, stai dimenticando questa” disse, e gli mise al collo la fiaschetta di cioccolata.
“Brofff gr bau!” abbaiò Sirius (traduzione: “Ma così assomiglio ad un San Bernardo!”)
“Vai!” lo esortò Silente “Segui il tuo compagno”.
I due maghi uscirono e subito scomparvero nel buio della notte.

*


“Piccoli bast…” proruppe Sirius, mentre guardava quelli che nelle mani di Remus sembravano piccoli pezzettini di carta color giallo pallido. “Quei ragnetti hanno accettato di raccogliere il fiore per noi, ma non avrei mai pensato che fossero così… così… approfittatori!” aggiunse sbuffando. “Non mi sarei mai aspettato che ognuno di loro ci portasse un pezzettino di fiore per avere un poco di pozione …” scrollò il capo sconsolato. “Come faremo a ricostruirlo?”
Attakk... ” disse Remus, e subito Sirius si trasformò, mettendosi in posizione di attacco, ringhiando sommessamente “a-Tutt! ” terminò Lupin.
“Ahhh” disse Sirius tornato uomo, “ intendevi quello… buona idea, Attakk-a-Tutt dovrebbe funzionare, anche se saremo costretti a pronunciare la formula per ogni singolo pezzettino”.
“Sì” rispose Remus, guardando i pezzettini di fiore che gli riempivano la mano, “e speriamo che ci siano tutti”.

*


Quelli che si presentarono all’alba, nell’ufficio di Silente, erano due maghi completamente distrutti: i capelli arruffati, i volti e le braccia graffiati dai rovi della Foresta Proibita e completamente senza voce per i troppi incantesimi pronunciati.
Silente si fece avanti prendendo il fiore dalle loro mani.
“Bravi! Grazie a voi anche quest’anno Minerva potrà avere la sua crema antirughe: la Calendula Spiattellantis funzionerà a meraviglia!” disse sorridendo.
Remus sussurrò “Crema anti…”
“rughe...” terminò Sirius.
Ma fu solo quando videro Piton che spezzettava il fiore prima di aggiungerlo alla pozione che ambedue i maghi caddero al suolo, svenuti.



Perché ti affanni tanto? ( 749 parole)di Severia

Finalmente era arrivato il gufo che aspettava: un commerciante di dubbia integrità morale gli aveva procurato l’ultimo ingrediente che mancava; certo sarebbe costato un occhio della testa, ma il sangue di unicorno era davvero indispensabile per realizzare quello che aveva in mente.
Quella sera, Severus Piton lasciò la scuola per recarsi a Notturn Alley, dove concluse l’affare.
Poco più tardi, sul tavolo del suo ufficio erano allineate ampolle e fiaschette contenenti tutti gli ingredienti che aveva intenzione di utilizzare. Da settimane ormai, studiava libri di alchimia: non aveva di certo la pretesa di riuscire a ricreare la Pietra Filosofale, eppure sperava di riuscire a distillare una pozione che avesse effetti simili.
Mentre nel calderone sobbolliva già un infuso di artemisia, Piton si mise a pestare con energia i corpi di tre scarabei; quando li ebbe ridotti in una polvere finissima, mescolò quest’ultima al sangue di salamandra e al succo di melagrana: questo impasto avrebbe garantito il rapido recupero delle energie. Severus Piton continuò a lavorare per un’altra ora senza sosta: le sue mani si muovevano guidate dall’esperienza e le profonde rughe che gli solcavano la fronte mostravano tutta la sua concentrazione. Dopo aver aggiunto del fegato di drago, si mise a mescolare con lentezza e precisione, sussurrando più volte lo stesso incantesimo. Il professore di Pozioni si chinò a controllare il tenore del fuoco, alzò un poco le fiamme e un leggero fumo violaceo iniziò a salire verso il soffitto. Piton guardò con soddisfazione le sfumature di colore che venivano a mano a mano assunte dal materiale lavorato e che rispecchiavano i suoi calcoli; poco dopo, abbassò il fuoco per evitare che il composto si addensasse troppo; quando la pozione divenne azzurro chiaro, Severus si preparò a versare il sangue di unicorno: era il momento cruciale e la sua mano tradì un lieve tremito; cinque gocce argentate caddero nel calderone e, come un sasso lanciato nell’acqua, in cerchi concentrici colorarono la pozione di rosso scuro. Severus spense immediatamente il fuoco e versò il contenuto del calderone in un alambicco, collegò quest’ultimo ad una serpentina e pose il tutto su una fiammella. Ci vollero circa venti minuti prima che il liquido rosso cominciasse a bollire e i suoi vapori salissero e si mescolassero nella serpentina per cadere, alla fine, in un’ampolla pulita. Severus osservò il procedimento con trepidazione, poi sollevò l’ampolla, studiò la pozione che dopo la distillazione aveva assunto una tonalità più chiara, l’agitò con cautela e, infine, tappò la fiaschetta.

Severus Piton sedeva rigido nello studio di Silente: era notte fonda, tuttavia entrambi i maghi sembravano perfettamente svegli. Il vecchio preside si rigirava tra le mani l’ampolla, contenente il liquido rosso che il suo giovane insegnante di pozioni gli aveva appena porto.
“È molto concentrato: ne basteranno tre gocce al giorno. I primi effetti dovrebbero incominciare a vedersi tra una settimana. Questa volta sono sicuro che funzionerà.”
La voce di Piton tradiva un’insolita emozione, e i suoi occhi non si staccavano da quelli del Preside.
“Ti ringrazio molto, Severus,” rispose Silente, con un’espressione stanca. “Ma ancora non capisco perché ti affanni tanto: questa è l’ennesima pozione che mi prepari, l’ennesimo tentativo che fai per salvarmi la vita. Il mio destino però è già segnato e anche se tu dovessi trovare un rimedio per guarirmi, saresti ancora e comunque legato alla promessa che mi hai fatto.”
Il mago più anziano aveva parlato con calma, ma con una nota di impazienza nella voce.
Severus si alzò di scatto, con lo sguardo accecato dalla rabbia e le mani strette a pugno così saldamente da sbiancare le nocche; si diresse alla porta e sforzandosi di controllarsi aggiunse, con tono piatto:
“Tre gocce, alla mattina. Mi raccomando.”

Davvero non riesci a capire perché mi affanno tanto, vecchio pazzo che non sei altro? Davvero non capisci perché sto provando disperatamente a salvarti la vita? Per te è tutto semplice: hai il tuo piano in mente e la mia parola che ti ucciderò al momento opportuno; il resto non conta. Della mia anima non ti importa, non ti pesa il mio dolore. Forse hai ragione: sto sprecando tante energie per una persona alla quale non interessa nulla di me. Ma io farò di tutto per guarirti: sono un bravo pozionista e troverò la cura per eliminare la maledizione che ti ha colpito, anche se questo mi costerà la vita. Questa guerra ha più bisogno di te che di me e io non voglio assolutamente ucciderti.
Perché mi affanno tanto? Perché ti voglio bene, nonostante tutto.
 
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