Il Calderone di Severus


Lotta all'Ultimo Inchiostro - IX°Turno
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#4: Un abbraccio.4 [36.36%]
#6: E così anche tu sei morto.4 [36.36%]
#2: Assassino.3 [27.27%]
#1: Quegli occhi vuoti.0 [0.00%]
#3: L'ultimo pezzo.0 [0.00%]
#5: Dove finisce il giorno.0 [0.00%]
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Lotta all'Ultimo Inchiostro - IX°Turno, Severus e i morti di HP7

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view post Posted on 28/1/2011, 11:32
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I ♥ Severus


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CITAZIONE (Swindle @ 15/1/2011, 12:23) 
p.s e non cercate di capire l'ordine... perchè tanto non ce la farete mai! :P

Ehi... guarda che io sono ancora qui che attendo che tu sveli l'arcano segreto!



Comunicazione di servizio



Prego gli autori che ancora non hanno inviato le storie a MSStorie di volerlo fare al più presto.
Grazie.


Edited by Ida59 - 15/8/2015, 16:54
 
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view post Posted on 10/1/2017, 18:23
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Lotta all'Ultimo Inchiostro - Storie partecipanti al IX° Turno:

Severus e i morti di HP7




#1: Quegli occhi vuoti. (746 parole)di Misslegolas

Era appena tornato ad Hogwarts e aveva raggiunto a fatica il suo studio nei sotterranei…il suo rifugio. Lo sguardo che gli aveva riservato la McGranitt nella Sala d’Ingresso, carico di disprezzo e di odio, non poteva farlo sentire peggio di come si sentiva. Chiuse la porta. Finalmente non doveva più mentire. Poteva lasciare che tutto l’orrore e il disgusto che provava venissero a galla. La testa gli girava e un senso di nausea crescente lo stava assalendo. Puntò la bacchetta verso il camino e immediatamente un fuoco vivace arse. Barcollando sulle gambe inferme riuscì a raggiungere una poltrona e vi si lasciò cadere. Si prese il volto fra le mani e immediatamente il flusso di ricordi che aveva appena visto nella mente dell’Oscuro ritornò a galla.
Vedeva gli occhi di una giovane donna colmi di orrore mentre guardava il volto cadaverico dell’Oscuro fuori dalla sua porta. Il sorriso congelato sul suo bel viso. La paura e la morte avevano bussato alla sua porta.
“Gregorovich”
“Das weib ich nicht! Lui andato via! Io non sa, io non sa!”
Sentiva nelle sue orecchie le urla della donna come se fosse in quel sotterraneo. Le sue suppliche inutili, parole vuote rivolte ad un essere senza cuore, senza pietà. La bacchetta retta da una mano bianca come la morte era puntata contro di lei. E poi sull’uscio di una porta che dava sull’ingresso erano comparsi due bambini, i capelli biondi, gli occhi azzurri sbarrati dalla paura. Erano accorsi dalla loro mamma non appena l’avevano sentita gridare. Uno di loro, il più piccolo, stringeva ancora in mano un piccolo manico di scopa giocattolo. La madre aveva cercato di proteggerli con il suo corpo, ma era tutto inutile. Quel lampo di luce verde poteva ancora vederlo risplendere tra le sue dita al posto del chiarore del camino…
Aprì gli occhi la vista di quella donna e dei suoi figli abbattuti dall’Oscuro sulla via del potere era insopportabile. Quegli occhi vuoti, perduti nel buio, lo trafiggevano.
Osservò con sguardo assente le fiamme che danzavano nel camino….
Dalla morte di Silente la sua condizione era peggiorata sempre di più. Alle riunioni dei Mangiamorte, a cui era tenuto a partecipare e dove doveva assistere impotente a nuove morti e torture di innocenti, l’Oscuro ne approfittava sempre per leggergli la mente. Era chiaro che, nonostante avesse dato la morte al suo peggior nemico, l’Oscuro non si fidava di lui. Ma sottoporsi all’indagine di quegli occhi di fuoco stava diventando una tortura insopportabile. Mentre l’Oscuro leggeva nella sua mente a sua volta lui riusciva a vedere tutte le torture e gli omicidi che il suo padrone aveva compiuto. L’Oscuro Signore non si preoccupava di chiudere la sua mente non considerando possibile che un mago avesse la capacità di leggerla. Ma lui, Severus Piton, non aveva alcuna intenzione di penetrare in quella mente così malvagia. Ne provava dolore. Aveva cercato con tutte le sue forze di chiudere la sua mente a quei ricordi orrendi ma, pur essendo uno degli occlumanti più capaci, non c’era riuscito. La forza dei pensieri dell’Oscuro era inarrestabile. E così era costretto ad assistere, impassibile, suo malgrado, nella sua mente, alle ultime morti inflitte dal suo Signore. Ma questa volta quello che aveva visto era troppo malvagio. Non era riuscito a rimanere indifferente. Non era umano restare impassibile. Aveva dovuto lottare per non tradire nessuna emozione al cospetto dell’Oscuro mentre avrebbe voluto urlare tutto il suo dolore per quelle morti così assurde ed inutili.
Era questo il suo compito? Questo era il suo grande merito nella lotta per sconfiggere l’Oscuro? Restare inerme e impassibile spettatore di tanto inumano dolore? Sentiva il suo respiro uscire a fatica. “Silente,come hai potuto pensare che io non abbia un cuore? Come posso sopravvivere a tutto questo?” mormorò mentre abbandonava la testa sullo schienale. Tre sguardi vuoti riapparvero davanti ai suoi occhi…. Sentiva di essere responsabile anche di quelle morti. Invidiò Moody. Lui almeno, era morto da vero guerriero, in battaglia fronteggiando a testa alta l’Oscuro. Ma Silente a lui aveva riservato un compito diverso. A lui non spettavano atti di eroismo. Lui doveva agire nell’ombra e fingere di compiacersi degli orrori compiuti dal suo Signore.
“E’ quello che merito per le mie scelte…ma fa tremendamente male ogni giorno di più” sussurrò.
Sentiva il dolore consumargli l’anima e il cuore stretto in una morsa, pronta a stritolarlo da un momento all’altro. I volti di quella madre e dei suoi bambini riemersero dalla sua memoria…l’ennesima notte insonne era appena cominciata...
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#2: Assassino. (743 parole)di Severia

Lo abbiamo sorpreso nel suo ufficio, seduto alla scrivania, intento a leggere alcune carte; sembra stupito di vederci: forse non si aspettava un colpo di stato così presto. La sorpresa si trasforma subito in uno sguardo duro e carico d’odio, mentre ci squadra attraverso gli occhiali dalla montatura di metallo: prima O’Tusoe che si è piazzato davanti a lui, poi Yaxley e infine me, a cui riserva un’occhiata ancor più gelida. E cos’altro potevo aspettarmi? Per loro, io sono molto peggio di qualunque Mangiamorte, perché io ho ucciso Silente. Ma non è questo il momento di lasciarmi vincere dal dolore: devo rimanere perfettamente lucido.
“Buona sera, signori.”
Pare assolutamente calmo, mentre rimane seduto al suo posto: se ha paura, di certo non lo fa capire a noi.
Un urlo nel corridoio e il suono di alcune esplosioni ci informano che i nostri compagni stanno facendo il loro dovere. Nonostante questo, Scrimgeour continua a fissarci, senza abbassare la guardia.
O’Tusoe scoppia in una risata macabra, reclinando indietro la testa; sembra un pazzo, ma si tratta solo della Maledizione Imperius che, oltre a confondergli la mente, gli conferisce un’espressione allucinata.
“Deduco, Pius che tu voglia la mia poltrona.”
Spera davvero di cavarsela così, facendosi da parte o sa che la sua fine è molto vicina?
“Naturalmente, dopo che sarai morto, prenderò il tuo posto, Rufus. Prima però avremmo bisogno di qualche informazione.”
O’Tusoe ha parlato con calma, scandendo bene ogni parola e mantenendo lo sguardo fisso sul primo Ministro. Io continuo a rimanermene in disparte, senza interferire: avrei preferito non venire al Ministero, tuttavia devo assicurarmi che certe informazioni non cadano nelle mani sbagliate.
“Bene, possiamo parlarne. C’è solo un piccolo dettaglio, quello relativo alla mia morte: non penserete che mi lasci uccidere così, senza combattere?”
Non riesco a sentire le ultime parole perché Scrimgeour si è alzato, ha estratto la bacchetta e ha colpito O’Tusoe; ora si rivolge verso Yaxley e me: mi limito a parare i colpi anche se so che Scrimgeour non può vincere questa battaglia. Dopo alcuni minuti di lotta, Yaxley lo priva della bacchetta e lo schianta. Ora, siamo tutti e tre intorno al suo corpo svenuto: O’Tusoe lo fa rinvenire e gli pone l’unica domanda che abbiamo ordine di fargli:
“Dov’è Potter?”
“Non lo so.”
La Cruciatus di Yaxley si abbatte su di lui implacabile, facendolo contorcere dal dolore; gli sfugge solo qualche lamento, ma non urla. Di nuovo:
“Dov’è Potter?”
“Non lo so.”
Questa volta la Cruciatus è più intensa e prolungata: i muscoli di Scrimgeour si tendono, il suo corpo diventa rigido, lo sguardo si appanna e il suo urlo di dolore mi fa rabbrividire. Quanto potrà resistere? E io? Quante altre volte dovrò assistere impotente a scene come questa?
“Ti uccideremo comunque, ma se ci dici dov’è Potter potremmo risparmiarti un po’ di sofferenza. Che cosa ne dici?”
“Non mi sembra uno scambio vantaggioso e comunque io non lo so dov’è Potter.” Le parole escono dalla sua bocca stentate, mentre cerca di riprendere fiato. Sono sicuro che non tradirà Potter, ma non voglio correre rischi e in più questo spettacolo crudele mi disgusta.
“Facciamola finita: non ci dirà quello che vogliamo sapere.” La mia voce è autoritaria e il mio sguardo convinto.
“Voglio divertirmi ancora un po’!” sogghigna Yaxley, leccandosi le labbra. Questa sua insubordinazione mi infastidisce. Lo fermo con un’occhiata, poi punto la bacchetta:
“Avada Kedavra!”

Ho ucciso ancora, con la stessa freddezza e la stessa impassibilità. La mia mano ha mosso la bacchetta seguendo una ben conosciuta abitudine e la mia bocca ha pronunciato quelle parole mortali con consumata familiarità. Silente mi direbbe che è stato un gesto di pietà, che ho fatto il mio dovere, che ho agito in nome della Causa, così come è stato per la sua morte. Allora perché sento la mia anima dilaniarsi? Perché il rimorso non mi concede tregua? Perché non riesco più a dormire senza essere svegliato dalle urla strazianti delle mie vittime? Sono stanco di vivere questa vita, fatta di dolore, menzogne, tradimenti e morte; sono stanco di vedere la gente morire davanti ai miei occhi senza potere far nulla; sono stanco di essere io stesso l’artefice di queste morti. Sono stanco di essere un assassino: perché io sono un assassino e non importa il motivo per cui uccido, se per odio o per pietà: privo qualcuno del diritto di vivere e questo mi rende sempre e irrimediabilmente un assassino. Un assassino senza più speranza, ormai.
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#3: L'ultimo pezzo. (742 parole) di Eli de

La notte venne attraversata da una rete di lampi scarlatti. I fuggitivi saettavano davanti ai nostri occhi, rapidi ed animosi, ma i miei compagni davano loro filo da torcere. Pur nascosto dalla maschera, non temevo d’essere scoperto: per loro, ormai, era un rinnegato, un traditore. Il traditore.
Reggevo la mia finzione con abilità, anche in quel momento. Lanciavo incantesimi simulando l’intento di disarmare e uccidere, mentre la mira sviava leggermente, quel tanto da far sì che si potesse pensare solo ad uno scarto fortuito della vittima oppure ad un colpo di vento che aveva sbilanciato la mano. Nessuno avrebbe sospettato che, nonostante tutto, collaborassi ancora alla causa. Perfino loro.
Braccavo Bill Weasley ed il suo Potter sul Theastral, quando una sagoma impazzita mi tagliò la strada, schizzando via, tallonata da un Mangiamorte. Malocchio Moody. Era chiaro come il sole che quello con lui non poteva essere il vero Potter: sbraitava, si agitava, imprecava. Chiunque avrebbe riconosciuto Mundungus Fletcher in quel ragazzo atterrito, seduto sulla scopa davanti all’Auror.
Avrei ripreso l’inseguimento, se non fosse accaduto qualcosa. Una manciata di secondi, pochi grani di sabbia in una clessidra. Il Mangiamorte appena passato fu colpito da Moody, si fermò un istante prima di levare il braccio. Fu in quel gesto rapido e controllato che riconobbi Rabastan Lestrange.
Non udii una sola parola emergere dai fori della maschera. Quell’uomo aveva fatto voto di silenzio anni addietro, alla morte della moglie. Morte attribuita proprio ad Alastor Moody.
Il guizzo verde dell’Avada raggiunse la schiena dell’avversario. Non ricordavo di averne mai veduto uno di simile potenza.
Un fagotto informe precipitò nel vuoto, abbandonando una scopa a correre nel buio della notte.
Nella caduta, il groviglio di mago e cenci si lasciava dietro una scia di oggetti, che parevano distaccarsi come foglie autunnali dall’albero.
Lestrange veniva subito dietro, seguitando a lanciare incantesimi contro i bislacchi averi che gli si facevano in contro nella discesa. Io seguivo poco più in là, ipnotizzato ed inorridito.
Come poteva essere accaduto? Era surreale. Proprio lui, che tanto motteggiava di mantenere alti i livelli d’attenzione, ecco che pagava lo scotto di una singola distrazione.
Sarebbe successo anche a me? Anch’io, dopo tutto, stavo rischiando grosso, insistendo nel mantenere la mia copertura fra gli adepti dell’Oscuro Signore dopo la morte di Silente. Un attimo. Una scheggia di luce. Tutto che si spegne.
Una volta a terra, rimasi in disparte, osservando Lestrange avvicinarsi al cadavere. Eravamo talmente prossimi alla città, che dentro di me emerse la speranza che l’avvicinarsi improvviso di qualche Babbano lo distraesse quel tanto da chiudere lì la vicenda. Invece no. Le luci delle strade ritagliarono ombre mostruose sul volto segnato dalla prigionia, che apparve quando gettò la maschera. Avrebbe guardato in faccia l’uomo che riteneva responsabile della morte della sua donna. In qualche modo lo capivo. Io stesso lo facevo ogni volta che incontravo il Maestro.
Aloni improvvisi di malefici si sparsero nell’aria, illuminando sagome scure tra i magri fili d’erba. Uno Spioscopio che pulsava impazzito, tutto sbilenco sul suo piede d’appoggio, venne sbriciolato come un biscotto troppo secco. Della gamba di legno, rimase solo qualche malinconico dito della zampa di leone on cui terminava. Strani occhiali multilente andarono a far compagnia alle prime gocce di rugiada. Dalla bottiglia che portava con sé colava un rivolo di liquido, simile ad una lunga lacrima.
Mi rifiutai d’assistere all’accanimento inutile e furibondo del Mangiamorte sui resti già mutilati di Alastor. Ad ogni bagliore, una parte di lui svaniva.
Era come se, evitando di guardare quella scena di morte, dolore, amore e odio, stessi involontariamente cercando di esorcizzare il timore della mia stessa fine. Morire da sciocco e sparire letteralmente dal mondo, sotto i colpi di un nemico accecato da chissà quale arcano intento. Essere cancellato. Annientato. Aver fallito la mia missione allo stesso modo di come l’aveva fallita Moody.
Trascorso un oceano di tempo, la furia di Lestrange s’acquietò. Ansimava, il capo chino sullo spiazzo bruciato dal sortilegi. Riteneva compiuta la sua vendetta.
Mi riscossi, vedendolo puntare la bacchetta per l’ultima volta. Era il momento di tornare a vestire i panni del Mangiamorte. Battei le mani, lusinghiero, e gli andai vicino, raccogliendo da terra l’occhio magico che vorticava impazzito, ormai privo dell’orbita.
«Lo porterò al Signore Oscuro, come segno tangibile del tuo eccellente operato» dissi.
Lui tacque, la mascella contratta sotto la barba di qualche giorno. Nei suoi occhi brillava riflessa l’ultimo memento di Alastor, quello che io tenevo stretto nella mano. L’ultimo pezzo.
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#4: Un abbraccio. (746 parole) di Ida59

Era tornato a Hogwarts, proprio mentre la battaglia infuriava.
Il suo sotterraneo…
Anche se nell’ultimo, tremendo anno aveva alloggiato nella presidenza, la sua vera casa era rimasta là, nel freddo e buio sotterraneo stipato di libri e di ricordi, di rimorsi e di dolore. Là era rimasta la sua anima, o quel poco che ne rimaneva, là era celato il suo cuore pieno d’amore, là aveva trascorso tutta la vita dopo che una folle scelta sbagliata l’aveva distrutta.
E nel sotterraneo era tornato perché era l’unica speranza per aiutare i suoi veri amici, anche se loro lo odiavano e quella notte l’avrebbero volentieri ucciso.
Si era concesso solo un breve, ultimo sguardo struggente ai suoi libri, ne aveva sfiorato piano il dorso con la punta delle dita in un’ultima carezza delicata e, nel riflesso dei cristalli colorati di potenti pozioni, aveva visto la nera profondità dei suoi occhi, ormai priva d’ogni più piccola speranza: quella notte avrebbe deciso il destino del mondo magico… e anche il suo, così che la sua vita, infine, avrebbe avuto uno scopo.
Aveva afferrato la preziosa ampollina e deglutito in un sorso il contenuto, poi era uscito senza voltarsi, un sospiro represso sulle labbra sottili e il mantello che ondeggiava deciso alle sue spalle.
La pozione dell’invisibilità, che lui solo era riuscito a distillare, l’aveva protetto fino a quel momento dall’odio dei suoi amici e celato ai sospetti dei Mangiamorte permettendogli di intervenire nella battaglia dalla parte giusta, a proteggere tante preziose vite parando e deviando incantesimi mortali o colpendo i Mangiamorte e i loro alleati.
Ora l’effetto dell’invisibilità era svanito e Lucius gli aveva appena riferito che l’Oscuro Signore lo attendeva.
Voci che urlavano incantesimi attrassero la sua attenzione, quando una figura snella lo superò di corsa:
- Remus!
L’urlo di Tonks lacerò l’aria vedendo il marito combattere contro Dolohov, la mano a comprimere il profondo taglio sulla spalla.
Mentre Tonks si buttava tra i contendenti, Piton vide un’ombra scura apparire alle loro spalle e un getto di luce verde scaturire insieme ad una risata sguaiata:
- Vai all’inferno, nipotina!
Tonks si accasciò davanti al marito senza neppure un grido, mentre il sortilegio di Dolohov colpiva Lupin, rimasto come pietrificato, aprendogli un largo squarcio sul petto.
L’urlo di gioia del Mangiamorte si unì a quello della compagna:
- Ho vinto la scommessa!
- Ma non è ancora morto! – rise dissacrante Bellatrix.
Piton con un balzo si frappose fra Lupin, che cercava di strisciare verso la moglie, e i Mangiamorte:
- Lascialo a me, Antonin, ho un conto in sospeso col mannaro! – intimò deciso. - Testimonierò con Fenrir che sei stato tu ad ucciderlo!
Bellatrix rise maligna e strattonò via il compare:
- Avanti, lasciaglielo, Antonin!
Il mago si chinò su Lupin: la ferita era mortale e non avrebbe potuto fare nulla per aiutarlo.
- Traditore… - mormorò a fatica cercando ancora di trascinarsi ostinatamente verso la moglie, - assassino!
Piton sospirò cupo poi gli passò il braccio attorno al busto e lo sollevò da terra puntandogli la bacchetta al petto:
- Bastardo! – gridò Lupin col poco fiato rimasto. – Lasciami almeno morire vicino a lei!
Piton mormorò piano qualcosa tra sé, scuotendo la testa.
Lupin spalancò gli occhi e trasse un lungo respiro: il dolore era scomparso!
Piton pose delicatamente Dora fra le sue braccia, il corpo ancora caldo e intatto, e rimase a guardarlo, gli occhi neri che sembravano lucidi di lacrime.
- Io… non capisco… - mormorò Lupin sorpreso.
- Non perdere tempo con me, Remus, non ne vale la pena… - sussurrò con voce roca il mago mentre lo osservava stringere teneramente a sé per l’ultima volta la donna che amava.
- Ti amo, Dora… - mormorò Lupin chiudendo gli occhi, un lieve sorriso adagiato sulle labbra che nell’ultimo respiro sfioravano quelle della sua donna.
Piton rimase immobile ancora un istante ad osservare le due figure teneramente abbracciate, finché un gemito straziato lacerò il silenzio.
Era quello che avrebbe voluto poter fare lui a vent’anni: morire stringendo a sé la sua Lily.
Invece era stato condannato a vivere, espiando in un’interminabile e angosciante sofferenza tutte le colpe che aveva commesso.
Quella notte, però, era sicuro che anche per lui sarebbe infine giunta la sospirata liberazione. Doveva solo trovare il ragazzo: i giochi erano arrivati alla fine e doveva svolgere l’ultima parte del suo dovere prima di poter morire e, finalmente, abbracciare Lily.
Diede un ultimo sguardo agli sposi congiunti nella morte e anelò piano a quell’abbraccio mai dato.
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#5: Dove finisce il giorno. (516 parole)di AleLeoSign

Atterrò nell’erba, mentre gli altri Mangiamorte e il Signore Oscuro continuavano l’inseguimento. Severus l’aveva visto cadere, dopo quel verde bagliore di morte che conosceva molto bene, perché era ciò che aveva sancito l'inizio della sua rovina.
Lily... e poi Albus. Da quel giorno la morte aveva accelerato la sua corsa, e quella notte un altro guerriero era finito tra le sue braccia.
Un lampo di smeraldo portatore di morte, di odio... come la luce che aveva intravisto negli occhi di Lupin, dopo che aver ferito il ragazzo col Sectumsempra. Severus l'aveva guardato per un solo istante, l’abisso nero dei suoi occhi deciso, indomito, a non lasciar trapelare alcuna emozione.
Lasciando nell'oscurità quei pensieri, avanzò come se lui e la tenebra fossero una cosa sola, il mantello che frusciava sull’erba, producendo un lievissimo sibilo nel silenzio della notte.
Questa volta era stata la mano di Voldemort a scagliare la maledizione, mentre quel vile codardo di Mungundus si era smaterializzato.
Pochi passi e lo trovò. Prima di guardarlo un’ultima volta, si tolse la maschera, pesante fardello di falsità e colpe, e lasciò che i propri occhi si riempissero di quell’immagine.
Il viso ceruleo rivolto verso il cielo notturno, l’unico occhio umano spalancato, a riflettere uno stupore inespresso, quasi si rammaricasse di non poter più vedere la luce delle stelle. L’occhio magico non c’era più: doveva esser saltato via quando la maledizione letale lo aveva colpito in pieno volto. A terra rimaneva soltanto il corpo freddo di un uomo. Il mago non era mai caduto. Era volato altrove.
Severus studiò per un momento quell’espressione, che rivelava che ogni speranza era perduta: avvertì l’agonia dell’anima che viene strappata dal corpo e l’estrema disperazione riflessa in ogni aspetto di quell’uomo dopo che era precipitato nell’Abisso.
Rimase immobile ancora pochi minuti, sforzandosi di afferrare l’enormità del concetto di morte. Lo aveva già fatto negli antri dolorosi della sua esistenza la prima volta che aveva ucciso, cercando di cogliere il profondo senso di quelle fauci oscure che strappavano l’anima delle persone e la portavano lontano.
Ma ogni volta che l’aveva contemplata, aveva solo visto un’orribile indecenza e una sofferenza indescrivibile.
In quel momento il suo animo era calmo, freddo e razionale, diversamente da molti anni prima, quando la prima Avada aveva squarciato la sua esistenza, trafiggendo ogni speranza e lasciandone solo l’ombra sbiadita di un ricordo negli occhi di un ragazzino con una cicatrice sulla fronte.
Sapeva che ciò che stava guardando dritta in faccia, la morte, apriva solo un grande vuoto, senza portare ira, dolore e nemmeno realtà. Non aveva visto né Lily né Albus da morti; ma sapeva che ai suoi occhi si sarebbero mostrati diversi, come bambole di pezza, perché l’uomo e la donna se n’era andati per sempre.
E guardando quella povera cosa spezzata non riusciva ancora a convincersi che un tempo era stato un uomo grande, un valoroso guerriero.
Puntò la bacchetta contro di lui, il volto pallido e marmoreo, gli occhi neri combattuti tra rimorso e dovere.
“Addio, Alastor.” Bisbigliò prima di trasfigurarlo.
I Mangiamorte avevano preso la sua anima.
Non avrebbero avuto anche il suo corpo.
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#6: E così anche tu sei morto. (650 parole)di Reoplano

Una luce verde spezza l’oscurità.
Severus Piton, l’invisibile osservatore, non può trattenere un pensiero:
“Non lo farà mica una terza volta?!”
Avada Kedavra!” urla la Voce.
“Ecchecacchio!” pensa Piton.
Un ultimo lampo ed è finita.
“E così anche tu sei morto…”
Piton abbassa lo sguardo: la figura immobile, di quello che era stato l’orgoglioso Lord Voldemort, giace a terra.
Nessuno si accorge di Piton mentre lascia la scena, certo, sarebbe strano che qualcuno lo notasse, visto che è morto da un pezzo.

La notte non è niente di particolare e la luna se ne sta dove deve essere, lassù nel cielo oscuro, né particolarmente insanguinata, né piena abbastanza da far ululare i lupi.
L’unica cosa strana, che un attento osservatore potrebbe notare, è il flusso, quasi incessante di figure che entrano in quella che, a prima vista, sembra essere una Stamberga Strillante*. Il simbolo nero, alto nel cielo, sembra esercitare un effetto magnetico su questi personaggi che, chi a piedi, chi a cavallo di una scopa, vi si dirigono.
La sala è la stessa della volta precedente, fumosa e rumorosa come allora; anche la scrivania dell’Ikea è la stessa, in fondo i personaggi sono scozzesi di origine…
Nella sala ci sono quasi tutti, anche se un attento osservatore può notare che si tratta di quelli che in un modo o nell’altro sono… morti.
Silente, seduto in prima fila, si liscia la barba, mentre Lupin e sua moglie Tonks si guardano negli occhi, ancora innamorati. Malocchio Moody e Fred Weasley sono impegnati in una partita di schiaffo del soldato con due Mangiamorte, mentre Bellatrix si ritocca lo smalto nero, scheggiato dai combattimenti.
Una certa confusione la creano Peter Minus, inseguito da Greyback, e Sirius Black, chiaramente nella forma animale. Il loro passaggio è segnato da sedie che volano e da imprecazioni che si levano dagli astanti.
“Avanti, cominciamo.”
La voce di Severus Piton richiama all’ordine i presenti. Tocca a lui, come ultimo preside di Hogwarts, presiedere la seduta.
“Come certamente ricorderete, la volta precedente, il fatto che la nostra, ehm, VoiSapeteChi **, non fosse in casa, ci aveva impedito di mettere fine alle morti ed alle disgraz…”.
Gli occhi di Piton frugano nella sala, alla ricerca del proprietario del gufo che sta urlando a squarciagola *** “Voldemort, Voldemort, la la la lala la lalallala”.
“Tom, per favore…”
La voce di Piton è comprensiva.
“So che sei appena morto, ma un po’ di rispetto per gli altri!”
“Scusa, Severus, non ho fatto in tempo a mettere la vibrazione al gufo” replica Voldemort mentre si siede nel posto che Silente gli ha riservato.
“Che palle, ” sussurra Voldemort a Silente accostando il capo,”da quando hanno capito che è uno dei buoni è insopportabile!”
“Sssst” sussurra tutta la seconda fila, facendo un fracasso infernale.
“Come stavo dicendo,” continua Severus, “l’assemblea è aperta: ogni proposta e ogni parere sulla situazione contingente è ben accetto,” termina il mago.
“E’ già, per voi è facile,” dice un Mangiamorte anonimo dal fondo della sala,”voi personaggi principali continuerete a vivere nelle Fanfiction; noi, personaggi di secondo piano, siamo destinati a sparire,” una lacrima solca il viso del Mangiamorte “mi toccherà tornare al mio vecchi lavoro: fare quello vestito di rosso nei telefilm di Star Trek!” **** e si accascia sulla sedia piangendo.
Un mormorio di solidarietà/riprovazione si leva dalla sala.
“E’ inutile pensare al passato, la saga è ormai finita ed occorre pensare al futuro per cui…”
Un boato interrompe le parole di Severus Piton: la porta si è spalancata e una figura in nero si ***** staglia sulla soglia.
“Harry Potter…” sussurra Piton meravigliato. “Ma tu non sei morto!”
Harry Potter non ha più fiato, la sua voce, coperta dai tuoni di un temporale lontano, suona debole, ma chiara:
“Sta… sta… sta pensando di scrivere l’ottavo libro!” mormora accasciandosi al suolo.
La confusione che quelle parole portano nella sala è indescrivibile.
Per cui il racconto si chiude qui!



Note:
*Sì, lo so, questo inizio è già stato (più o meno) usato, ma visto che l’ho scritto io, posso riutilizzarlo come e quando mi pare!
**A chi si riferisce Piton, lo scoprirete solo dopo la conclusione del concorso: dirlo ora vorrebbe dire rendere palese l’autore, e questo non è corretto!
*** Sulle note della famosa canzone Sandokan.
**** Nelle prime serie di Star Trek, quelli vestiti di rosso erano quelli dell’equipaggio che morivano sempre, possibilmente saltando in aria. (quelli in giallo, nelle ultime serie.)
***** Ho sempre desiderato scrivere: “si staglia sulla soglia”!
 
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