I bambini
Non esiste alcun potere nella capacità di dare la morte, e la purezza è nei volti dei bambini.
Questo è il racconto della storia di un assassinio compiuto che è capace di risvegliare un’anima.
Severus è giovane e come molti giovani cerca nella manifestazione della propria forza e violenza verso i deboli una conferma. Trova invece la straziante consapevolezza di aver compiuto il male per niente…
La presa di coscienza è lenta e inesorabile, raccontata con tutte le sfumature che trovano corrispondenza nella descrizione di un tramonto indimenticabile per il lettore.
Un tramonto che non trasmette i reali colori che assume, ma si tinge di rosso e di oscurità, metafora della nube nera che copre l’anima dell’assasino consapevole. L’unico tra tutti a vedere l’oscena realtà che ha contribuito a creare.
Ho letto ascoltando la musica scelta, perfetta per questa scena di una drammaticità che spaventa e fa tremare. E’ questo che mi sono trovata a sentire dentro: un tremito, un dolore profondo per l’assassino e per il mondo ferito dalla morte di creature innocenti.
Perfetta la descrizione delle case illuminate a festa, la vita calda e felice, il gioco e le risate di chi è inconsapevole del proprio destino.
Non una frase è scritta per caso, tutte raggiungono il cuore e lo fanno a pezzi.
Il contrasto tra la morte ingiusta e violenta di anime pure e incolpevoli con la vita e il calore del Natale è coinvolgente, perfetto e terribile.
Non esiste inferno più profondo di quello che raggiunge Severus in questo brano: un uomo che prende atto della propria disumanità e comprende il senso del male assoluto di cui ha fatto parte in ore di follia.
La follia del branco, la follia di chi torna a casa e accarezza i propri figli senza sentire il peso della morte dolorosa offerta ad altri bambini. Come se le creature non fossero tutte uguali, non avessero le stesse anime e desideri e speranze e immacolata purezza.
Solo Severus piange le sue vittime; Severus, il simbolo del male che prende coscienza di sé e vorrebbe rimediare a ciò che è impossibile da cambiare e cancellare.
Non c’è rimedio ad una ferita come questa, inferta con consapevolezza.
Severus, l’assassino redento, lo sa e vorrebbe patire la punizione che, tuttavia, non riuscirebbe a placare la sua anima. Nulla lo può.
La pietra è spezzata, il sangue è versato e gli occhi sono aperti sul male e sul cielo, senza sguardo.
E’ quella un’immagine terribile lo sguardo che scorre di bambino in bambino quasi a ferirsi l’anima più a fondo, quasi a bere l’amaro calice della propria colpa senza pietà per se stesso, una pietà che Severus sa di non meritare.
Le lacrime e la
pietas di quest’uomo, finalmente e profondamente cosciente degli errori commessi, si concretizza in azioni e fatica.
La neve candida più dell’acqua ricompone i volti infantili, una scelta di colore che è metafora della purezza e innocenza di quelle povere piccole anime.
Quanta volontà di autopunirsi nello scavare a mani nude le tombe, ma nulla gli serve, nulla può aiutarlo a redimersi, nessuna pace per lui che non usa la magia, ma la fatica per le sepolture nella dura e fredda terra.
E lì accanto, la maschera d’argento gettata via in un angolo, con un gesto di rifiuto e ripulsa del male compiuto.
Questo è il Severus che adulto tu racconti, un Severus che non può e non vuole perdonarsi.
Mille immagini mi hanno attraversato la mente, ho pensato alla shoà, ai bambini usati come scudi umani, a quelli palestinesi e a quelli che tutti noi dovremmo seppellire a mani nude senza poter scontare la pena di aver permesso la loro morte.
Una storia, ma meglio direi un brano, che prende stomaco e cuore. Il più bello che ho letto tra i tuoi pur bellissimi, Leonora, un’emozione forte e straziante che anche ad una seconda lettura più attenta, ho trovato altrettanto violenta e dolorosissima.
Bravissima.