Il Calderone di Severus

Sfida N. 9 FF: Se Severus non fosse mai morto

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view post Posted on 27/7/2022, 20:17
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I ♥ Severus


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CITAZIONE (Alaide @ 27/7/2022, 18:01) 
Adesso posso svelare che nel primo progetto, Ygraine aveva più similitudini con Elsa e questo è stato uno dei motivi della lunga pausa.

Sono molto felice che la struttura della storia sia cambiata.

CITAZIONE
Rileggendo i primi capitolo, mi sono accorta di essere stata veramente sadica...

Sadicissima.

CITAZIONE
Il quadro rappresenta il perdono, ma lui lo cerca(va) nella persona sbagliata perché Lily non lo avrebbe mai perdonato, nemmeno se fosse sopravvissuta e avesse scoperto quanto Severus aveva sacrificato per sconfiggere Voldemort.

Sì, questo è ormai chiaro a tutti. Anche a Severus, infine!

CITAZIONE
Ho un albero genealogico della famiglia Berenger con Jane scritta in rosso.

Non fatico a immaginare!!!


CITAZIONE
Avrei voluto aspettare domenica, ma credo che lo posterò domani.

Brava ragazza, anche se io domani sono super incasinata e mi sa che fino a venerdì non riuscirò a leggere, purtroppo!
 
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view post Posted on 28/7/2022, 08:47
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Ed ecco l'ultima parte del capitolo XXI, che spero possa essere all'altezza delle altre due.
La prima parte del capitolo XXII verrà pubblicata tra una settimana (devo rileggerlo e sistemare alcuni particolari)


Capitolo XXI - Parte III
Das Wirsthaus


Gran Bretagna, 22 marzo 2002


Rebecca teneva per mano Severus, mentre si avvicinavano al portone dell’appartamento della pianista. Da qualche parte una campana suonava quattro rintocchi.
Ma dallo stabile dove si trovava Ygraine non giungeva alcuna nota.
Le altre volte in cui era andato ad aspettarla, aveva sempre udito la musica e la voce del soprano. La giovane donna gli aveva detto che, anche se aveva già finito di provare ciò per cui era andata dalla pianista, lei e Jane continuavano a fare musica.
E quel silenzio gli parve inquietante.
Era sintomo che ci fosse qualcosa che non andava, qualcosa che non rispecchiava la routine.
Aprì il portone dell’edificio con un rapido colpo di bacchetta, prima di salire le scale, continuando a tenere per mano la bambina.
Non riusciva ad allontanare dalla mente che ci fosse qualcosa che non andava. Era stato abituato a valutare ogni particolare, ogni minimo dettaglio quando aveva mentito all’Oscuro Signore, quando aveva messo in gioco ogni volta la sua vita e la sopravvivenza dell’Ordine della Fenice, mentre il mostro, che un tempo aveva servito, violava la sua mente.
Non appena raggiunse la porta dell’appartamento della pianista, il silenzio gli sembrò ancora più un sintomo che fosse accaduto qualcosa di terribile.
Non si diede il tempo di pensare a ciò che avrebbe potuto trovare oltre quell’uscio chiuso. Dalla porta dell’appartamento dall’altro lato del pianerottolo si sentiva il suono di una conversazione, mentre da quella di Jane non si udiva nulla, nemmeno il mormorio di due amiche che parlavano.
«Rebecca», disse alla bambina, lasciandole andare la mano ed inginocchiandosi davanti a lei, per poterla guardare negli occhi. «Ascoltami attentamente e fai quello che dico. Devi tornare nell’andito di ingresso ed aspettarmi lì. C’è una grande fioriera sulla destra, nasconditi lì dietro e non farti vedere da nessuno, a meno che tu non mi veda tornare con tua zia o che Harry Potter non varchi il portone d’ingresso.»
Mentre continuava ad osservare Rebecca, che stava annuendo preoccupata, invocò il suo Patronus. Mantenendo lo sguardo fisso sulla bambina, gli affidò poche chiare parole da riferire a Potter, sperando che il ragazzo agisse rapidamente, che, l’unica volta in cui non avrebbe dovuto farlo, non esitasse.
«Severus…»
«Vai, Rebecca», le intimò, alzandosi in piedi.
La bambina corse giù dalle scale, obbediente, come era stata al museo. Severus si alzò rapidamente in piedi ed aprì l’uscio con un rapido colpo di bacchetta.
Rebecca si fermò incerta sull’ultimo gradino, quando le parve di udire dei rumori e delle voci provenire dal piano superiore, ma tutto si fece nuovamente silenzioso. Era una bambina grande, si disse, mentre individuava il vaso con dentro una pianta ornamentale e andava a nascondersi lì dietro. Avrebbe fatto esattamente quello che Severus le aveva detto, anche se aveva paura, anche se temeva che fosse accaduto qualcosa di brutto alla zia e a Jane.
Si rannicchiò. Era certa che l’uomo avrebbe risolto tutto, che presto sarebbe tornato da lei, insieme alla zia.
Un raggio di sole attraversò l’andito quando il portone si aprì. Rebecca sbirciò da dietro il vaso, ma era una signora anziana che stava rincasando. L’inquilina del secondo piano salì tranquillamente le scale, senza udire alcun rumore provenire dall’appartamento sotto il suo e le dispiacque. Le piaceva quando la signorina Stanton suonava il pianoforte.
I raggi del sole di marzo illuminavano l’appartamento del secondo piano e quello subito sottostante, giocando con i capelli biondi di Ygraine che cadevano disordinati intorno al volto, mentre tentava di mettersi a sedere, ma la gola le bruciava e la gamba le pulsava. Si era a malapena accorta di quello che stava succedendo fino a quando non aveva ritrovato la capacità di muoversi.
Quando si mise a sedere, vide Jane svenuta in un angolo della stanza. Indietreggiò appena verso la parete della stanza, mentre il suo sguardo annebbiato dal dolore si portava sulla schiena di Severus. Dall’altra parte doveva esserci Taylor, si disse, mentre il sole illuminava allegro la cucina, il corpo di Jane svenuto, i resti del tavolo e i capelli neri del mago.
La giovane donna tentò di retrocedere ancora, ma si bloccò a causa della fitta di dolore alla gamba. Cercò di osservare quello che stava accadendo, ma sentiva il bruciore alla gola aumentare. Tentò di trattenere le lacrime, ma non ci riuscì. Tutto davanti a lei era indefinito e la sola cosa che riusciva a mettere a fuoco era la sagoma di Severus e quello la faceva sentire tranquilla, perché era certa che il mago sarebbe riuscito a mettere fuori combattimento Taylor.
Le sembrò di udire un tonfo sordo, ma non vi badò realmente.
Non riusciva realmente a concentrarsi su nulla, fino a quando non sentì una mano sulla spalla. Anche senza alzare il capo, sapeva che era Severus e si sentì incredibilmente al sicuro. Le lacrime scorrevano più copiose sul suo volto, quando nascose il volto contro il petto dell’uomo, che si era inginocchiato al suo fianco.
E le lacrime le parvero diventare più intense, quando sentì una mano posarsi sulla schiena.
Ygraine rimase immobile, anche quando il pianto non le bagnava più le guance, assorbendo il senso di sicurezza che le stava offrendo il mago.
Poi, lentamente si staccò da lui e lo fissò in volto. Tentò di dire il suo nome, ma dalle sue labbra non uscì alcun suono. L’unica cosa che ottenne fu una fitta di dolore alla gola.
«Non tentare più di parlare, Ygraine» Severus osservò gli occhi nocciola della giovane donna e vi lesse il dolore e la paura, ma anche, nonostante tutto, la fiducia. «Taylor ti ha somministrato una pozione che ti ha danneggiato gravemente le corde vocali. Esiste un antidoto.»
Non le disse che non era certo che sarebbe riuscita a tornare a cantare, ma almeno avrebbe potuto ridarle la voce. Aveva riconosciuto subito la pozione che stavano somministrando a Ygraine quando era entrato nella stanza. L’avevano immobilizzata per farlo. La Stanton la stava tenendo per i capelli, con maggior forza di quanta non fosse necessaria, e Taylor la stava forzando a bere quella pozione dagli effetti orribili che era stata inventata da un mago del XVII secolo per torturare la moglie.
Il sole illuminava la stanza, posandosi sui corpi schiantati e legati di Taylor e della pianista, sui capelli biondi di Ygraine e sul sangue che stava perdendo dalla gamba.
Ed illuminò anche l’ingresso dello stabile, quando il portone si aprì di colpo.
Rebecca si sporse da dietro la fioriera, osservando con attenzione i due nuovi arrivati. Trasse un sospiro di sollievo quando riconobbe Harry, che si trovava in compagnia di una ragazza dai capelli ricci. Si alzò e corse loro incontro.
«Rebecca…»
«Sono nell’appartamento di Jane… Severus mi ha detto di aspettare qui che lui tornasse o che arrivassi tu…»
«Dov’è questo appartamento?»
«Al primo piano… è quello a destra.»
Rebecca notò che il ragazzo era preoccupato, proprio com’era lei. Non sapeva da quanto tempo Severus le aveva detto di nascondersi e non voleva pensare a quello che poteva essere accaduto.
«Andrò di sopra. Hermione rimarrà con te. Fra poco arriveranno degli altri maghi.»
Harry corse su per le scale senza neanche aspettare di vedere cosa stessero facendo l’amica e la bambina. Strinse la bacchetta, chiedendosi cosa fosse accaduto nel quarto d’ora che aveva impiegato a mandare un messaggio a Micheal e a raggiungere lo stabile, Materializzandosi nel luogo più vicino noto a lui e ad Hermione che era con lui quando era arrivato lo strano Patronus di Piton.
Quando raggiunse il primo piano, entrò immediatamente nell’appartamento sulla destra. Dalla soglia non si sentiva nulla e, per qualche istante, temette il peggio. Mantenendo la presa sulla bacchetta, entrò nella stanza, dove notò un pianoforte e alcuni mobili, poi udì una voce provenire da un altro ambiente e si affrettò in quella direzione.
Trovò Piton che stava aiutando la signorina Ainsworth ad alzarsi in piedi. Per terra c’era del sangue e due corpi legati e, immaginava, schiantate.
«Cosa…»
«Cristopher Taylor e Jane Stanton hanno aggredito e torturato la signorina Ainsworth, Potter», lo interruppe bruscamente Piton, che stava sorreggendo la giovane donna. O forse era lei a non volerlo lasciar andare. «Ritengo che siano stati loro ad uccidere quei Babbani al museo.»
Harry annuì, sperando che Micheal arrivasse presto. Occorreva prendere in custodia entrambi e interrogarli. Tentò di non pensare a come fosse stato stupido a non sospettare realmente di Cristopher dopo che aveva sentito parlare del fratello della signorina Ainsworth, ma, forse, non voleva credere che il suo supervisore, un uomo che pareva avere una parola gentile per tutti, fosse capace di uccidere a sangue freddo. Invece, era stato certo che ci fosse Micheal dietro a tutto quello che era accaduto e, quando aveva contatto l’ufficio degli Auror e aveva trovato proprio l’uomo, non aveva voluto credere che ad aver manovrato ogni cosa fosse stato Cristopher.
Il Patronus di Piton, per quanto brusco e di poche parole, era stato chiaro su una questione: la signorina Ainsworth era in pericolo. E quel particolare significava unicamente che l’assassino della Tate Britain era in azione.
«Possiamo aspettare gli Auror nell’altra stanza.»
Piton non disse nulla, ma iniziò a camminare, reggendo la signorina Ainsworth con il braccio. Harry notò il modo in cui la giovane donna si stava aggrappando all’uomo, mentre zoppicava. Delle bende le coprivano la parte inferiore della gamba destra.
La signorina Ainsworth lasciò che il mago la facesse sedere su di un divano, poi, si rannicchiò contro di lui quando anche Piton si sedette. L’espressione dell’uomo non lasciava trasparire nessuno dei suoi sentimenti ed Harry si chiese cosa fosse accaduto veramente in quella stanza, cosa avesse dovuto subire la giovane donna.
Forse avrebbe dovuto dire a Piton di portar via la giovane donna, che per interrogarla ci sarebbe stato tempo dopo, ma lui non era ancora un Auror a tutti gli effetti e forse Micheal avrebbe deciso diversamente.
«Chi è con Rebecca?»
«Hermione. Era con me quando è arrivato il Patronus.»
Severus sentì Ygraine rilassarsi contro di lui. E poco dopo si staccò da lui, pur rimanendogli decisamente vicina. Il volto, incorniciato dai capelli biondi, era pallido e rigato dalle lacrime che aveva versato prima. Sembrava, almeno, più tranquilla di qualche istante prima, per quanto potesse immaginare perfettamente la notte popolata di incubi che avrebbe vissuto, per quanto sapesse che la pozione che Taylor le aveva fatto bere a forza le stesse procurando fin troppo dolore.
L’uomo cercò di mantenere la mente fissa sul momento presente, su quello che avrebbe dovuto dire agli Auror, ma non riuscì a non pensare che, se Ygraine era stata torturata, era per lo più a causa sua e delle sue scelte sbagliate.
E forse, quella volta, quando si fosse resa conto di quello che aveva rischiato, non sarebbe riuscita a perdonarlo, per quanto, in quel momento, gli occhi nocciola fossero ancora fiduciosi.
Potter si girò come una molla non appena arrivarono gli altri Auror. Micheal Green era accompagnato da Emily Thomson e da altri quattro uomini. Il ragazzo si avvicinò loro e parlò rapidamente, indicando i corpi schiantati e Severus dovette ammettere, mentre gli Auror portavano via la Stanton e Taylor di aver dovuto mantenere tutto il proprio autocontrollo per trattenersi da scagliare contro di loro incantesimi ben peggiori. Era stata solo la consapevolezza che se lo avesse fatto gli sarebbe toccata una cella ad Azkaban, senza alcuna possibilità di vedere Rebecca o Ygraine, che lo aveva bloccato.
Ygraine si era fatta, se possibile, più vicina a lui, quando Green e la Thomson si sedettero di fronte a loro, con Potter in piedi alle sue spalle.
«L’Apprendista Auror Potter mi ha spiegato che Cristopher Taylor e Jane Stanton hanno aggredito la signorina Ainsworth» disse Green. «Devo porre alcune domande a entrambi.»
«Dovrà accontentarsi di me, allora.»
«Il protocollo prevede che la prima a essere interrogata sia la vittima.»
«Il suo protocollo è stato scritto da degli imbecilli» Harry notò che, mentre Piton stava parlando a Green come avrebbe fatto durante una lezione di pozioni, la signorina Ainsworth gli aveva afferrato una mano e l’uomo non aveva fatto alcun movimento per allontanarla. «E anche se non lo fosse, la signorina Ainsworth non è in alcun modo in grado di parlare.»
Harry aveva notato che la giovane donna non aveva detto nulla da quando era entrato, che a parlare era sempre stato Piton, anche per chiedere di Rebecca.
«Potrebbe farlo dire a lei, non crede, Piton?»
La voce di Emily era particolarmente acuta mentre pronunciava quelle parole. Micheal annuì, mostrandosi della stessa opinione.
«Credevo che l’addestramento Auror portasse ad avere uno spirito di osservazione più sviluppato. Immagino che non abbiate mai sentito nominare la Pozione di Ruprecht von Dittmar.»
Emily non si mosse e Micheal scosse unicamente il capo, mentre Harry continuava ad osservare Piton e la signorina Ainsworth che sembrava stringere con maggior forza la mano del mago, per quanto questi sembrasse non farci caso.
«Rende muti, fino a che non viene somministrato l’antidoto di cui la povera moglie di Ruprecht von Dittmar non poté usufruire.»
«L’Auror Taylor ha somministrato questa pozione alla signorina Ainsworth?»
«Evidentemente.»
Harry si aspettò che Micheal facesse qualche altra domanda, ma Piton non gliene diede tempo. Raccontò con voce perfettamente controllata di come avesse compreso che doveva essere accaduto qualcosa quando era giunto all’immobile insieme a Rebecca. Spiegò che aveva trovato la signorina Ainsworth immobilizzata, mentre Taylor le stava versando in gola una pozione che Piton aveva riconosciuto subito dalla sua pigmentazione particolare. Jane Stanton stava tenendo la giovane donna per i capelli, in modo da aiutare meglio il suo complice. Piton aveva schiantato immediatamente la donna, legandola subito dopo. Taylor aveva fatto cadere la fiala con la pozione, riuscendo a proteggersi in extremis dall’incantesimo che il pozionista gli aveva mandato contro. Avevano duellato, ma, per quanto Piton non stesse scendendo nei particolari, Harry era certo che avesse avuto la meglio su Taylor in poco tempo.
Durante la su narrazione la signorina Ainsworth aveva continuato a stringergli la mano, ma, da dove si trovava Harry non riusciva a vedere se Piton stesse ricambiando la presa. Di certo, però, la voce dell’uomo era distaccata, per quanto al ragazzo sembrò che qualcosa bruciasse nella profondità dei suoi occhi neri.
«Credo che sia tutto per ora», annunciò Micheal. «Quanto tempo sarà necessario prima che la signorina Ainsworth possa parlare?»
«Domani pomeriggio potrà rispondere alle vostre domande.»
«Potrà venire nello…»
«No, Green, la interrogherete a casa mia.»
Harry portò la sua attenzione su Piton che aveva pronunciato quelle parole come se stesse annunciando che quel giorno era soleggiato. Notò che la signorina Ainsworth si era voltata verso il mago e che il volto pallido e velato dal dolore si era illuminato di una profonda gratitudine.
Micheal fu il primo ad allontanarsi dalla stanza, dopo avergli detto di raggiungerlo tra due ore per gli interrogatori dei due arrestati, e al ragazzo sembrò quasi che l’uomo avesse voglia di fuggire o, forse, desiderava rimanere solo per comprendere come non fosse riuscito a intuire che un suo collega potesse essere capace di uccidere quei due Babbani e a torturare la signorina Ainsworth. O, più probabilmente, voleva sapere chi fosse quella Jane Stanton e che rapporto avesse con Cristopher.
Il sole illuminava il pianoforte e i capelli biondi di Ygraine e aveva illuminato più volte l’andito d’ingresso ogni qualvolta un Auror entrava e usciva. Rebecca era incredibilmente preoccupata. Ogni volta che sentiva dei passi sperava che fossero Severus e la zia, ma invece era sempre qualcun altro.
«Perché non arrivano?»
Forse l’amica di Harry avrebbe avuto idea del perché ci stessero mettendo tanto tempo. Da dove si trovava aveva visto portare fuori Jane e uno degli Auror entrambi legati, ma non riusciva a capire perché la zia e Severus non fossero ancora arrivati.
«Non lo so, ma sono certa che non sia accaduto loro nulla di male.»
Hermione le sorrise, ma Rebecca non riusciva ad impedirsi di chiedersi che cosa ne sarebbe stato di lei se fosse capitato qualcosa a zia Ygraine o a Severus. Non aveva nemmeno mai detto al mago che gli voleva bene come se fosse il suo papà.
«Credi che…»
Si interruppe di colpo, quando udì dei nuovi passi, che riconobbe subito, senza nemmeno alzare lo sguardo.
Gli corse incontro e abbracciò Severus non appena l’uomo raggiunse il pavimento dell’andito.
«Dov’è la zia?»
La voce di Rebecca era attutita, ma sembrò quasi rimbombare nel grande andito d’ingresso. Severus lasciò andare la bambina e si inginocchiò davanti a lei. La signorina Granger si era allontanata con discrezione, notò, prima di portare lo sguardo sul volto preoccupato della piccola.
«La zia è ancora di sopra con Potter» le spiegò, cercando di capire come dire la verità a Rebecca senza spaventarla.
«Ho visto… Jane e uno degli Auror… erano legati quando li ho visti uscire. La zia sta bene?»
«Tua zia è soltanto stanca, ma sta bene» non era propriamente vero, ma non voleva rivelare a Rebecca quello che le era stato fatto. «La signorina Stanton e l’Auror Taylor hanno tentato di farle del male, ma…»
«Ma tu l’hai salvata.»
La bambina gli sorrise, dopo aver parlato con sicurezza. Severus mise a tacere il senso di colpa per quello che era accaduto a Ygraine, concentrandosi sul volto di Rebecca, sulla sua innocente fiducia.
«Come ti ho detto, tua zia è molto stanca e non vuole preoccupare i tuoi nonni. Non verrà a casa con te oggi.»
«Posso venire con voi?»
«Se tu non tornassi a casa i tuoi nonni si preoccuperebbero ancora di più» disse l’uomo, cercando di ignorare l’espressione delusa di Rebecca.
Aveva pensato di portare la bambina con lui e Ygraine, ma non credeva fosse una buona idea, soprattutto perché immaginava che la giovane donna sarebbe crollata appena si fossero trovati da soli. Fino a quel momento si era dimostrata forte, era riuscita a mantenere un certo sangue freddo davanti agli Auror, ma non avrebbe retto ancora a lungo. Glielo aveva letto nello sguardo quando l’aveva lasciata sola con Potter.
«E domani tornerete?»
Sapeva che Rebecca avrebbe posto quella domanda ed era cosciente che la bambina aveva bisogno di rassicurazioni, soprattutto dopo quello che avevano fatto i suoi genitori. Non le avrebbe però mentito.
«Lo spero, Rebecca, ma se non dovessimo riuscire a raggiungerti dai nonni, te lo farò sapere. Ti ricordi di come ho comunicato con tua zia quando sei arrivata a casa mia?»
«Sì, le hai mandato la cerva, anche se adesso non è più una cerva.»
Severus ripensò al momento in cui aveva mandato il Patronus da Potter, ma sapeva di non averlo guardato, intento com’era ad osservare il volto di Rebecca, nel tentativo di rassicurarla. Avrebbe avuto tempo per riflettere sulla questione più tardi, per vedere se Rebecca avesse ragione oppure se la tensione di quei minuti precedenti al suo ingresso nell’appartamento di Jane non l’avesse confusa.
«Però farete di tutto per tornare dai nonni?»
«Te lo prometto.»
La bambina annuì. Le piaceva il fatto che Severus non le mentisse mai. Avrebbe potuto dirle che si sarebbero sicuramente visti il giorno dopo, invece non l’aveva fatto. Sapeva che non le aveva detto cosa fosse accaduto realmente nell’appartamento di Jane, ma non era certa di volerlo sapere. La zia doveva stare bene, perché altrimenti il mago le avrebbe spiegato che le era accaduto qualcosa di molto brutto. D’altronde, Severus si sarebbe preso cura della zia, di questo era certa, e l’uomo era la migliore persona al mondo per prendersi cura di qualcuno.
«Chi mi porterà dai nonni?»
«Ti accompagnerà Potter.»
Rebecca annuì. Almeno l’avrebbe accompagnata Harry, che a lei piaceva perché credeva che Severus fosse un eroe e, anche se il mago le aveva detto di non esserlo, a lei sembrava ogni giorno che passava sempre più simile ad un vero eroe. L’aveva portata via da papà e mamma e adesso aveva salvato la zia.
«Dirai alla zia che le voglio bene?»
Il mago annuì soltanto, prima di alzarsi in piedi. La bambina lo salutò con un rapido abbraccio, poi andò a raggiungere l’amica di Harry che salutò a sua volta Severus. Quando rimasero sole, Rebecca le spiegò quello che le aveva detto il mago. Non seppe nemmeno lei perché lo stesse facendo. Forse non voleva che ci fosse silenzio nell’androne.
Harry non tardò a raggiungerle, poco tempo dopo.
«Severus mi ha detto che mi accompagnerai dai nonni.»
Harry annuì soltanto. La bambina sembrava più tranquilla di quanto si aspettasse, ma non aveva idea di cosa le avesse detto Piton. Lanciò un’occhiata a Hermione che gli sorrise appena, chiedendogli se avrebbe voluto che li accompagnasse, cosa che il ragazzo accettò immediatamente. Piton gli aveva dato ogni istruzione possibile, ma era certo che l’amica sarebbe stata sicuramente d’aiuto, quando si fosse trovato davanti ai nonni di Rebecca.
C’era però qualcosa di strano nella situazione della bambina. Poteva capire perfettamente per quale motivo Piton non avesse voluto che andasse con lui e la signorina Ainsworth. Da un lato, avrebbe rassicurato i signori Ainsworth, dall’altro, qualora la giovane donna avesse avuto degli incubi – e Harry era certo che sarebbe accaduto – la piccola non vi avrebbe assistito. Eppure, non riusciva a comprendere per quale motivo non gli avesse detto di riaccompagnarla dai genitori. A voler essere sincero, la presenza di Rebecca era la parte più strana dell’intera vicenda, perché avrebbe dovuto essere a scuola quel giorno e non insieme a Piton che pareva essersi preso cura di lei per tutto il pomeriggio.
Un tempo avrebbe tempestato Rebecca di domande, ma, in quel momento, si disse che non erano affari suoi, che se la bambina o l’uomo avessero voluto gli avrebbe spiegato ogni cosa.
«Piton mi ha detto che ti sei già Materializzata con lui.»
Rebecca annuì soltanto. Ricordava vagamente di averlo fatto, ma quel giorno voleva unicamente non lasciare andare mai Severus. Tuttavia, ricordava che non doveva muoversi e che doveva tenersi ben stretta al mago che l’avrebbe trasportata.
Quella volta però era molto più attenta e quel modo di viaggiare non le piacque per nulla. O, forse, Harry era meno bravo di Severus. Quando riaprì gli occhi erano a Canterbury, in un angolo deserto della città. Il ragazzo la lasciò subito andare, poco prima che arrivasse anche Hermione.
Seguì i due giovani fino alla stazione e salì con loro sul treno che li avrebbe portati dai nonni. Non voleva darlo a vedere, ma Severus e la zia le mancavano moltissimo.
«Credi che domani la zia potrà tornare a casa?»
«Non sono propriamente un esperto» disse Harry, chiedendosi come dovesse rispondere a quella domanda. Era certo che Piton avrebbe saputo cosa dire. «Ma a tua zia serve una pozione e sono certo che domani starà bene.»
Al ragazzo sembrò che la bambina annuisse soddisfatta da quella risposta. Lanciò un’occhiata a Hermione, ma l’amica stava osservando Rebecca con espressione pensosa.
Il sole illuminava la campagna inglese ed illuminava la casa di Spinner’s End, quando Ygraine e Severus vi entrarono. La giovane donna si era aggrappata a lui non appena Potter se n’era andato. Non aveva pianto, ma il volto era pallido e lo sguardo era annebbiato dal dolore che le doveva procurare la pozione che le avevano fatto ingerire.
L’aiutò a sedersi su una delle poltrone. Ygraine lo lasciò andare, ma nei suoi occhi c’era un’espressione molto simile a quella di Rebecca il giorno in cui l’aveva sottratta ai suoi genitori portandola dai signori Ainsworth. Tolse in silenzio le bende che aveva posto attorno alla ferita alla gamba. L’aveva curata rapidamente nell’appartamento della Stanton e sapeva di averle provocato altro dolore quando le aveva tolto il più delicatamente possibile le schegge di legno del tavolo della cucina.
Alzò per un istante il capo e notò che Ygraine lo stava osservando, gli occhi velati, ma fiduciosi. I capelli biondi erano ancora sciolti, in disordine e il sole li illuminava rendendoli più luminosi.
La giovane donna stava cercando di ignorare il dolore alla gola dove doveva averla colpita la pozione, concentrandosi invece sul modo in cui Severus si stava prendendo cura di lei. Se avesse potuto parlare, lo avrebbe ringraziato per come avesse gestito ogni cosa a partire dall’interrogatorio dell’Auror Green.
Allo stesso modo, doveva aver intuito che non sarebbe stata in grado di vedere Rebecca senza crollare davanti alla bambina, come aveva fatto non appena Harry era uscito dall’appartamento. Non voleva che la nipote si preoccupasse per lei o che si spaventasse e credeva che si sarebbe trovata decisamente meglio con mamma e papà.
«Vado a preparare l’antidoto» non appena si alzò, la giovane donna gli afferrò una mano. «Ygraine…»
Forse avrebbe dovuto darle carta e penna affinché gli spiegasse cosa volesse, ma guardandola negli occhi capì di non averne bisogno. Annuì unicamente alla muta domanda della giovane donna, per quanto non fosse abituato ad avere qualcuno che lo osservasse mentre lavorava, ma poteva immaginare per quale motivo Ygraine volesse andare con lui.
Doveva essere terrorizzata e, forse, solo in quel momento tutto quello che era accaduto la stava realmente investendo. Anche il dolore provocato dalla pozione che le aveva leso le corde vocali in maniera che per un medico Babbano sarebbe stato irreversibile doveva essere diventato, se possibile, più intenso rispetto ai primi minuti successivi. Non gli ci volle molto per condurla nel suo laboratorio. La fece sedere sull’unica sedia presente, prima di avvicinarsi agli scaffali dove teneva gli ingredienti.
Sapeva di doverne cambiare uno che per un Babbano sarebbe risultato mortale e che era necessario variare la dose di un altro per evitare effetti collaterali su una persona non dotata di magia, ma erano variazioni già previste quando la pozione era stata messa a punto. Mentre radunava gli ingredienti sul tavolo di lavoro, osservò per un istante Ygraine che aveva gli occhi nocciola rivolti verso di lui, colmi della loro luminosa fiducia.
Scacciò qualsiasi pensiero quella fiducia stesse suscitando in lui, mentre iniziava sminuzzare il primo dei numerosi ingredienti e, mentre lo faceva, si rese conto di quanto poco si occupassero i pozionisti contemporanei a adattare i loro ritrovati ai Babbani, anche se, a volte, era necessario somministrare loro un composto creato da un mago. Forse, anche quel tratto faceva parte della cecità del Mondo Magico verso la maggioranza degli esseri umani. Considerò il modo dignitoso con cui si era comportata Ygraine, che, dopo il pianto iniziale, provocato probabilmente dal dolore, era riuscita a rimanere composta di fronte a Green e che, in quel momento, stava dimostrando una calma che molti maghi non avrebbero avuto.
Quando aggiunse il primo ingrediente nel calderone, mescolando tre volte in senso orario ed una in senso antiorario, iniziò a parlare. Spiegò a Ygraine come fosse nata la pozione che l’aveva colpita, di come un mago tedesco vissuto negli ultimi anni del XVII secolo avesse deciso di punire la moglie che lo aveva denunciato ingiustamente al balivo di Norimberga. Ruprecht von Dittmar era stato imprigionato ugualmente, ma prima di essere arrestato, aveva tolto la voce alla sua sposa, logorandole le corde vocali. La donna aveva tentato di quietare il dolore bevendo, ma l’acqua rendeva tutto peggiore e, dopo una settimana di lenta agonia, era morta. L’antidoto era stato trovato soltanto in tempi ben più recenti.
Mentre aggiungeva l’ultimo ingrediente, dopo aver già spento il fuoco sotto il calderone, Severus notò lo sguardo interrogativo di Ygraine, ma non aggiunse altro. Non sapeva nemmeno perché non le stesse dicendo di essere stato lui a trovare quell’antidoto. La pozione era pressoché sconosciuta tra i non addetti ai lavori, per quanto fosse stata usata almeno altre sette volte dopo la prima. Molti pozionisti avevano cercato, per mettersi alla prova più che per dare beneficio ad una possibile vittima, un modo per contrastarne gli effetti. Severus ricordava di aver trascorso l’estate del 1982 a studiare quel particolare problema.
Era il minimo che potesse fare, considerando che aveva distillato quella particolare pozione per l’Oscuro Signore. Il Marchio Nero era stato impresso da poco sul suo avambraccio e, nonostante sapesse cosa sarebbe accaduto alla vittima, si era sentito onorato di poter mettere la sua arte al servizio del suo padrone. Dopo la notte in cui Potter era sopravvissuto all’Avada Kedavra, Severus aveva iniziato a meditare su quella particolare colpa e su come potervi porre, in qualche modo, rimedio. Aveva iniziato a studiarne un antidoto e, quando lo aveva trovato, dopo molti tentativi fallimentari, lo aveva comunicato a Silente, affinché la vittima potesse essere salvata da una morte lenta e dolorosa, se l’Oscuro avesse nuovamente chiesto quella particolare pozione.
E durante l’ultima guerra, era stata utilizzata due volte. Per due volte aveva dovuto lavorare alla pozione di Ruprecht von Dittmar e per due volte aveva creato l’antidoto, di cui nessun’altro, se non lui e Silente, conosceva l’esistenza. La vittima era stata affidata all’Ordine e nascosta, con la voce e la vita intatte, in un luogo sicuro. Almeno era riuscito a salvare quelle due vite, si disse, mentre travasava la pozione in una fiala, sotto lo sguardo fiducioso della giovane donna.
Riaccompagnò Ygraine in salotto, dove la giovane donna si sedette nuovamente su una delle due poltrone.
«Nei primi minuti sentirai dolore» la avvisò mentre le passava la fiala.
Le mani di Ygraine non tremarono nemmeno mentre si portava la pozione alle labbra. Severus avvicinò l’altra poltrona a quella dove si trovava la giovane donna e si sedette. Non dovette attendere molto prima di sentire le mani di Ygraine aggrapparsi dolorosamente alle sue. Se fosse stato possibile, le avrebbe offerto una pozione che quietasse il dolore, ma aveva saputo fin da subito che farlo avrebbe reso inutile l’antidoto.
Alcune lacrime iniziarono a bagnare il volto della giovane donna e Severus sapeva che il dolore doveva essere terribile, anche perché aveva dovuto sostituire l’ingrediente che lo attenuava parzialmente. Gli strinse maggiormente le mani, prima di appoggiare il capo contro il suo petto e quel gesto di fiducia gli fece sentire il sapore amaro della bile in gola.
Se stava soffrendo in quel modo, era unicamente a causa sua. Non aveva salvato i Berenger e Taylor aveva deciso di vendicarli. Non sapeva ancora come entrasse Tristan in tutto quello, ma era certo che la chiave fosse la pianista, una donna che lui aveva stupidamente creduto innocua.
Se lui non fosse arrivato quando era arrivato, se non avesse riconosciuto la pozione, Ygraine sarebbe stata in una terribile agonia e, con il tempo, sarebbe morta, soffrendo atrocemente, perché nessun Babbano avrebbe potuto curarla. E probabilmente nemmeno un mago perché la pozione di Ruprecht von Dittmar era poco nota e pochi dovevano essersi accorti che, sul finire del 1998, sul mercato era comparsa la ricetta per un antidoto, considerando che il Mondo Magico era intento a festeggiare la fine della guerra e a riparare ai danni portati da questa.
Se Ygraine fosse morta, la responsabilità sarebbe stata soltanto sua, che non aveva avuto il coraggio di respingere zia e nipote quando ne aveva avuto l’occasione, che non era riuscito più a fare a meno della loro presenza e del perdono che gli avevano donato.
I singhiozzi iniziarono a scuotere il corpo di Ygraine, abbandonato, ormai, contro di lui, mentre le mani continuavano a stringere le sue. Inizialmente muti, i singulti iniziarono a diventare un suono soffocato e, quando questo accadde, Severus seppe che il dolore doveva essersi quietato.
«Non parlare ancora.»
Ygraine annuì appena contro il petto dell’uomo. Sapeva che avrebbe dovuto scansarsi, ma non lo fece, né gli lasciò andare le mani, nonostante avesse allentato leggermente la presa. Il dolore era stato terribile, ma lo aveva superato ripetendosi che la pozione che aveva preparato Severus le avrebbe permesso di parlare di nuovo, che avrebbe, in qualche modo, riparato le sue corde vocali danneggiate.
Ed aveva superato il dolore anche grazie al modo in cui aveva stretto le mani dell’uomo e al modo in cui si era appoggiata a lui, prendendo coraggio dalla sua presenza.
Rimase immobile per un tempo che non seppe quantificare e si staccò soltanto quando qualcuno bussò alla porta. Si sistemò meglio sulla poltrona, mentre il sole illuminava con i suoi ultimi raggi la stanza.
«Come sta?»
Potter teneva tra le mani la borsa che aveva preparato la madre della giovane donna e sembrava sinceramente preoccupato per Ygraine, notò Severus.
«Le ho appena somministrato l’antidoto.»
«I genitori della signorina Ainsworth hanno creduto a quello che mi hai detto di dire, anzi non ne sembravano nemmeno sorpresi» Harry era certo di aver mentito malissimo quando aveva annunciato che la giovane donna era stata trattenuta per delle prove a teatro, ma a quanto pareva non era un’eventualità particolarmente strana.
«Quando verranno interrogati Taylor e la Stanton?»
«Tra un quarto d’ora.»
«Se non lo nominano, chiedi loro cosa ne è stato dell’organetto.»
Harry annuì, soltanto, mentre ricordava che Piton gli aveva detto di un suonatore di organetto che pareva seguire lui o la signorina Ainsworth. Doveva solo capire quando fosse meglio fare la domanda e non passare per un pazzo con Micheal.
«Fammi sapere a che ora arriverete domani.»
Severus osservò Potter annuire nuovamente. Il ragazzo chiuse delicatamente la porta, lasciandolo solo con Ygraine. Quando tornò verso le poltrone, notò che aveva sistemato i capelli in una treccia morbida. Prima di tornare a sedersi, si recò in cucina e si procurò un bicchiere d’acqua che avrebbe reso più efficace l’antidoto. Era stata una delle prime cose su cui aveva posto l’attenzione: la pozione originale rendeva l’acqua un veleno, era quindi necessario che il rimedio la rendesse un farmaco.
Quando tornò, porse in silenzio il bicchiere a Ygraine che bevve a piccoli sorsi. Non osava guardarla in volto e non sapeva nemmeno se temesse di trovarvi la fiducia o la consapevolezza che tutta quella sofferenza le sarebbe stata risparmiata se lui avesse il coraggio di allontanarla da sé quando avrebbe dovuto.
«Severus» la voce di Ygraine era flebile. «Nulla di quello che è accaduto è colpa tua.»
L’uomo portò lo sguardo su di lei e la giovane donna lo stava osservando con fiducia e con gratitudine. Avrebbe dovuto odiarlo dopo quello che le era accaduto, invece si stava preoccupando per lui, stava tentando di confortarlo, senza nemmeno aver bisogno che lui facesse alcun cenno al senso di colpa che stava provando in quel momento. Avrebbe potuto scegliere di dire qualcos’altro, invece le prime parole che aveva pronunciato dopo la somministrazione dell’antidoto erano state parole di perdono.

 
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CITAZIONE
E quel silenzio gli parve inquietante.
Era sintomo che ci fosse qualcosa che non andava, qualcosa che non rispecchiava la routine.

Severus sarebbe stato un Auror perfetto, ha l’istinto del segugio ed è dotato di grande sensibilità.

CITAZIONE
«Non tentare più di parlare, Ygraine» Severus osservò gli occhi nocciola della giovane donna e vi lesse il dolore e la paura, ma anche, nonostante tutto, la fiducia. «Taylor ti ha somministrato una pozione che ti ha danneggiato gravemente le corde vocali. Esiste un antidoto.»

Quale mente perfida e diabolica potrebbe elaborare una vendetta così orribile. Ho le narici che mi fumano.

Un Ruprecht von Dittmar è esistito davvero: politico tedesco nato agli inizi del secolo scorso.

CITAZIONE
«Potrà venire nello…»
«No, Green, la interrogherete a casa mia.»
Harry portò la sua attenzione su Piton che aveva pronunciato quelle parole come se stesse annunciando che quel giorno era soleggiato. Notò che la signorina Ainsworth si era voltata verso il mago e che il volto pallido e velato dal dolore si era illuminato di una profonda gratitudine.

Grande, Severus, sei un vero gentiluomo!

CITAZIONE
«Sì, le hai mandato la cerva, anche se adesso non è più una cerva.»

Brava a notarlo, Rebecca, ma cosa è diventata… ? :woot:

CITAZIONE
mentre iniziava sminuzzare il primo dei numerosi ingredienti e, mentre lo faceva, si rese conto di quanto poco si occupassero i pozionisti contemporanei a adattare i loro ritrovati ai Babbani, anche se, a volte, era necessario somministrare loro un composto creato da un mago. Forse, anche quel tratto faceva parte della cecità del Mondo Magico verso la maggioranza degli esseri umani.

Quanto è cambiato il Severus adulto rispetto al ragazzino introverso che si sentiva grande solo se puntava all’essere magico! Non credo che Piton sia mai stato davvero partecipe degli ideali discriminanti dei purosangue e dei Mangiamorte, ma il giovanissimo Mocciosus/Principe Mezzosangue ha attraversato un periodo della vita tale da dover considerare un handicap il suo lato Babbano. La consapevolezza di sé e la maturità che gli regali, Leonora, mi piace moltissimo.
Comunque, sarebbe una bella idea introdurre nella farmacopea umana qualche magica mistura guaritrice. ;)

CITAZIONE
Ygraine annuì appena contro il petto dell’uomo. Sapeva che avrebbe dovuto scansarsi, ma non lo fece, né gli lasciò andare le mani, nonostante avesse allentato leggermente la presa. Il dolore era stato terribile, ma lo aveva superato ripetendosi che la pozione che aveva preparato Severus le avrebbe permesso di parlare di nuovo, che avrebbe, in qualche modo, riparato le sue corde vocali danneggiate.
Ed aveva superato il dolore anche grazie al modo in cui aveva stretto le mani dell’uomo e al modo in cui si era appoggiata a lui, prendendo coraggio dalla sua presenza.

Meravigliosa la sensazione di benessere e protezione che la confortante presenza di Severus esercita sulla giovane donna. Brava, Ygraine ad aver capito che può abbandonarsi completamente nelle sicure mani del mago.

CITAZIONE
«Severus» la voce di Ygraine era flebile. «Nulla di quello che è accaduto è colpa tua.»

Ed anche il soprano (spero tanto che possa recuperare la voce!) ha il dono di una sensibilità fuori del comune: ha compreso Severus, nel profondo, e non è solo merito dell’amore.
 
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CITAZIONE (Lonely_Kate @ 28/7/2022, 18:51) 
Severus sarebbe stato un Auror perfetto, ha l’istinto del segugio ed è dotato di grande sensibilità.

Concordo!

CITAZIONE
Quale mente perfida e diabolica potrebbe elaborare una vendetta così orribile. Ho le narici che mi fumano.

I miei due complici hanno una mente perfida e diabolica. Ammetto di aver ideato diverse tipologie di vendetta dei due simpatici esseri, ma poi ho cercato di pensare a quello che sarebbe potuto essere il modo migliore per vendicarsi per i miei due amabili personaggi ed è spuntata questa pozione.

CITAZIONE
Un Ruprecht von Dittmar è esistito davvero: politico tedesco nato agli inizi del secolo scorso.

Me ne sono accorta solo dopo aver pubblicato.

CITAZIONE
Brava a notarlo, Rebecca, ma cosa è diventata… ?

Se vuoi puoi provare a fare un'ipotesi. Verrà svelato nel prossimo capitolo.

CITAZIONE
Quanto è cambiato il Severus adulto rispetto al ragazzino introverso che si sentiva grande solo se puntava all’essere magico! Non credo che Piton sia mai stato davvero partecipe degli ideali discriminanti dei purosangue e dei Mangiamorte, ma il giovanissimo Mocciosus/Principe Mezzosangue ha attraversato un periodo della vita tale da dover considerare un handicap il suo lato Babbano. La consapevolezza di sé e la maturità che gli regali, Leonora, mi piace moltissimo.
Comunque, sarebbe una bella idea introdurre nella farmacopea umana qualche magica mistura guaritrice. ;)

Grazie mille, Cate! Sono felice che questa parte ti sia piaciuta. <3

CITAZIONE
Meravigliosa la sensazione di benessere e protezione che la confortante presenza di Severus esercita sulla giovane donna. Brava, Ygraine ad aver capito che può abbandonarsi completamente nelle sicure mani del mago.

Ygraine ormai ha imparato ad affidarsi completamente a Severus.

CITAZIONE
Ed anche il soprano (spero tanto che possa recuperare la voce!) ha il dono di una sensibilità fuori del comune: ha compreso Severus, nel profondo, e non è solo merito dell’amore.

Ygraine è, in effetti, una persona sensibile - e non soltanto per il lavoro che ha scelto dove occorre avere una certa sensibilità se si vuole dire qualcosa al pubblico - e confermo che la sua comprensione dell'animo di Severus non è merito del solo sentimento amoroso (in fondo, lo ama perché l'ha compreso e non il contrario).
 
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view post Posted on 31/7/2022, 14:03
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CITAZIONE
Ygraine rimase immobile, anche quando il pianto non le bagnava più le guance, assorbendo il senso di sicurezza che le stava offrendo il mago.

Ma che bello!
CITAZIONE
Taylor ti ha somministrato una pozione che ti ha danneggiato gravemente le corde vocali. Esiste un antidoto.»

Che maledetto farabutto! Idea strepitosamente sadica per la storia, Leonora, complimenti: non ti smentisci mai!
CITAZIONE
E forse, quella volta, quando si fosse resa conto di quello che aveva rischiato, non sarebbe riuscita a perdonarlo, per quanto, in quel momento, gli occhi nocciola fossero ancora fiduciosi.

Naaaaa! Basta, Severus, lei ti ama: rassegnati!
CITAZIONE
Non aveva nemmeno mai detto al mago che gli voleva bene come se fosse il suo papà.

Dolcissima bimba!
CITAZIONE
«Sì, le hai mandato la cerva, anche se adesso non è più una cerva.»

Evvai! <3
CITAZIONE
Severus ripensò al momento in cui aveva mandato il Patronus da Potter, ma sapeva di non averlo guardato, intento com’era ad osservare il volto di Rebecca, nel tentativo di rassicurarla.

Hihihi... bellissima questa! Ed ecco sèpiegato perchè Hayy si è stupito del patronus di Piton! Questa storia mi piace sempre più!
CITAZIONE
D’altronde, Severus si sarebbe preso cura della zia, di questo era certa, e l’uomo era la migliore persona al mondo per prendersi cura di qualcuno.

Aah che bimba splendida!
CITAZIONE
Almeno l’avrebbe accompagnata Harry, che a lei piaceva perché credeva che Severus fosse un eroe e, anche se il mago le aveva detto di non esserlo, a lei sembrava ogni giorno che passava sempre più simile ad un vero eroe.

Una frase via l'altra, sempre più belle!
CITAZIONE
Non sapeva nemmeno perché non le stesse dicendo di essere stato lui a trovare quell’antidoto.

Adorabile mago! :lovelove:
CITAZIONE
Era il minimo che potesse fare, considerando che aveva distillato quella particolare pozione per l’Oscuro Signore.

eeh già, ecco la forte motivazione di Severus! Brava, leonora, davvero brava: tutto è perfettamente intreciato nella trama in modo asoolutamente "naturale".
CITAZIONE
e Severus sapeva che il dolore doveva essere terribile, anche perché aveva dovuto sostituire l’ingrediente che lo attenuava parzialmente.

Sadica sempre fino in fondo, eh?
CITAZIONE
Ed aveva superato il dolore anche grazie al modo in cui aveva stretto le mani dell’uomo e al modo in cui si era appoggiata a lui, prendendo coraggio dalla sua presenza.

In effetti è stata una scena molto bella e intensa.
CITAZIONE
Prima di tornare a sedersi, si recò in cucina e si procurò un bicchiere d’acqua che avrebbe reso più efficace l’antidoto. Era stata una delle prime cose su cui aveva posto l’attenzione: la pozione originale rendeva l’acqua un veleno, era quindi necessario che il rimedio la rendesse un farmaco.

Waaaooo! fantastico: bellissima idea, Leonora!
CITAZIONE
Quando tornò, porse in silenzio il bicchiere a Ygraine che bevve a piccoli sorsi. Non osava guardarla in volto e non sapeva nemmeno se temesse di trovarvi la fiducia o la consapevolezza che tutta quella sofferenza le sarebbe stata risparmiata se lui avesse il coraggio di allontanarla da sé quando avrebbe dovuto.
«Severus» la voce di Ygraine era flebile. «Nulla di quello che è accaduto è colpa tua.»

Questa donna è un genio! <3
CITAZIONE
Avrebbe potuto scegliere di dire qualcos’altro, invece le prime parole che aveva pronunciato dopo la somministrazione dell’antidoto erano state parole di perdono.

Commovente, da nodo alla gola.
Stupenda conclusione di capitolo!
 
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CITAZIONE (Ida59 @ 31/7/2022, 15:03) 
Che maledetto farabutto! Idea strepitosamente sadica per la storia, Leonora, complimenti: non ti smentisci mai!

Ammetto che è stata un'idea dell'ultimo minuto - infatti, devo riscrivere una piccola parte del capitolo XXII, di cui posterò domani la prima parte - che mi è venuta mentre rileggevo la seconda parte del XXI. La prima stesura prevedeva una più banale Cruciatus, però non funzionava drammaturgicamente... quindi ho aumentato il livello di sadismo.
CITAZIONE
Dolcissima bimba!

In effetti, Rebecca è una bimba veramente dolce.
CITAZIONE
Evvai!

Nel corso del prossimo capitolo verrà svelato quale forma abbia adesso il Patronus di Severus. Nel racconto dovrebbero esserci degli indizzi in proposito.
CITAZIONE
Hihihi... bellissima questa! Ed ecco sèpiegato perchè Hayy si è stupito del patronus di Piton! Questa storia mi piace sempre più!

Dovevo trovare un escamotage perché Severus non vedesse il suo nuovo Patronus.
CITAZIONE
Una frase via l'altra, sempre più belle!

Grazie mille!
CITAZIONE
eeh già, ecco la forte motivazione di Severus! Brava, leonora, davvero brava: tutto è perfettamente intreciato nella trama in modo asoolutamente "naturale".

Grazie mille, Ida <3
CITAZIONE
Sadica sempre fino in fondo, eh?

Non sarei più io, altrimenti.
CITAZIONE
In effetti è stata una scena molto bella e intensa.

Grazie!
CITAZIONE
Waaaooo! fantastico: bellissima idea, Leonora!

Sono felice che la questione dell'acqua ti sia piaciuta.
CITAZIONE
Commovente, da nodo alla gola.
Stupenda conclusione di capitolo!

Sono felicissima che ti sia piaciuta questa ultima parte di capitolo.
 
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view post Posted on 31/7/2022, 16:11
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CITAZIONE (Alaide @ 31/7/2022, 16:12) 
Nel corso del prossimo capitolo verrà svelato quale forma abbia adesso il Patronus di Severus. Nel racconto dovrebbero esserci degli indizzi in proposito.

Sì, ci sono delle ali, ma ci sono moltissimi animali alati!
 
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CITAZIONE (Ida59 @ 31/7/2022, 17:11) 
Sì, ci sono delle ali, ma ci sono moltissimi animali alati!

Ci sarebbe anche
un indizio operistico.
 
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view post Posted on 31/7/2022, 17:48
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Lohengrin.
E le ali sono di conseguenza.
 
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Il capitolo XXII è stato diviso in due parti (lo so, sto scrivendo capitoli fiume). Spero vi possa piacere questa prima parte

Capitolo XXII - Parte I

Mut



Fliegt der Schnee mir ins Gesicht,
schüttl' ich ihn herunter.

(Se la neve mi vola in faccia,
la scuoto via.) [1]


Gran Bretagna, 22 marzo 2002


Harry arrivò al Ministero appena in tempo per l’inizio dell’interrogatorio di Cristopher Taylor. Micheal ed Emily lo stavano attendendo con un certo nervosismo, che emanava soprattutto dalla donna.
«Come sta la signorina Ainsworth?»
«Piton le ha somministrato l’antidoto.»
L’Auror Green annuì soltanto, prima di entrare, insieme a Harry ed Emily, nella stanza dove li attendeva Cristopher, che sembrava perfettamente calmo, per quanto il ragazzo credesse che quella fosse unicamente una facciata.
«Immagino tu sappia già che rischi di essere rinchiuso ad Azkaban per il resto della tua vita, dopo che hai ucciso due Babbani e hai assalito la signorina Ainsworth.»
«Dunque, vi siete lasciati manipolare da Piton.»
Harry avrebbe voluto urlare contro ad un uomo che gli era sempre parso tranquillo e mite e che gli aveva spiegato tutto del mestiere di Auror, compreso il fatto di mettere sempre in dubbio ogni cosa venisse detta da un sospettato.
«La signorina Ainsworth è stata obbligata ad ingerire una pozione di cui Piton le ha appena somministrato l’antidoto» Harry notò che il volto di Cristopher fu attraversato da un lampo di stupore, quasi che non si aspettasse che esistesse una cura a quella pozione. «Sarebbe quanto meno strano, da parte sua, permetterle di parlarci domani.»
«Pensavo avessi capito, Micheal, che quella Babbana è la puttana di Piton. Dirà qualsiasi cosa lui le suggerirà.»
«Non è l’unica testimone di quanto è accaduto» la voce di Micheal era completamente calma, quasi glaciale e Harry non lo aveva mai sentito parlare in quel modo. «Uno di noi ha già avuto modo di parlare con Rebecca Ainsworth e sono certo che la bambina abbia confermato la versione di Piton.»
«Esattamente», disse Harry, che non si era nemmeno aspettato che Micheal notasse la presenza della bambina nell’androne dello stabile.
Durante il viaggio in treno, Rebecca gli aveva effettivamente spiegato quello che era accaduto quando erano arrivati davanti all’edificio che ospitava l’appartamento della Stanton. Hermione gli aveva anche detto, dopo che si erano allontani dalla casa dei nonni della bambina di come questa fosse stata in pensiero per tutto il tempo fino a quando non era arrivato Piton. A quanto le aveva detto l’amica, l’uomo si era comportato in maniera decisamente paterna con Rebecca e anche il modo in cui la bambina ne parlava era diverso rispetto alle altre poche volte in cui l’aveva vista.
Non sapeva cosa fosse accaduto e perché la bambina vivesse con i nonni, ma di certo qualcosa aveva portato ad un cambiamento nel rapporto tra lei e il mago.
«Inoltre, Piton ha avvisato l’Apprendista Auror Potter del pericolo che stava correndo la signorina Ainsworth e, di conseguenza, sono stato allertato anch’io.»
«E come avrebbe potuto allertarti, Harry?»
«Mi ha mandato il suo Patronus.»
Cristopher parve perdere parte della sua sicurezza non appena pronunciò quelle parole. Forse si stava rendendo conto che la sua teoria di una manipolazione da parte di Piton fosse quanto mai insensata e che tutti loro avessero capito che era unicamente il tentativo disperato di un uomo di salvarsi da una condanna ad Azkaban.
«D’altronde, Cristopher, avevo iniziato a sospettare di te da qualche giorno e adesso vorrei soltanto aver palesato prima i miei sospetti a Micheal, ma stavo cercando delle prove certe», le parole di Emily fecero quasi sobbalzare Harry. Non si era aspettato che la donna parlasse. Al contrario, aveva creduto che avrebbe potuto anche credere alla teoria della manipolazione di Piton, considerando come era stata certa della sua colpevolezza. «Negli ultimi tempi, ho riletto tutti i verbali e mi sono soffermata sul ritrovamento dell’arma del crimine. Micheal l’ha portata come prova, ma sei stato tu a trovarla, un particolare che mi era sempre sfuggito, poi mi sono ricordata dei miei anni a Hogwarts e che tu eri stato uno dei migliori amici di Hugh Berenger e della sua futura moglie. Eri di qualche anno più piccolo di me, ma sono stata un Prefetto.»
«Non ho mai nascosto di essere stato amico dei Berenger, Emily. Anche tu eri amica di Hugh, se non ricordo male», disse Cristopher che sembrava aver ripreso parte della sua sicurezza. «Mi chiedo perché tu non ti stia interrogando circa le azioni di Piton.»
«Vorrei dirti che sono ancora convinta che sia lui il colpevole, ma l’ho visto con la signorina Ainsworth oggi e sono certa che una giovane donna che è stata torturata con una pozione dalle conseguenze terribili, che si è appena ritrovata muta perché quella stessa pozione le sta logorando le corde vocali, non si affiderebbe in quel modo a chi le ha somministrato un tale composto» affermò la donna con decisione. «Credo ancora che Piton meriterebbe di stare ad Azkaban per i crimini che ha commesso, ma non posso negare che sia completamente innocente, per quel che riguarda questa particolare vicenda.»
Cristopher non ribatté e Harry si chiese cosa gli stesse passando per la testa, che cosa avesse pensato quando aveva ucciso due Babbani, quando aveva fatto bere quella pozione alla signorina Ainsworth.
«Immagino che tu volessi vendicare la morte dei tuoi amici.»
La voce di Micheal si perse per la stanza, mentre il ragazzo si chiedeva come avesse potuto escludere così rapidamente Cristopher, ma lui non aveva alcuna base da cui partire se non le parole che Green ed Emily avevano scambiato sulla signorina Ainsworth e sul fratello suicida e il fatto che erano andati a interrogare il padre di Rebecca.
«L’avrei fatto prima se avessi trovato un modo per far soffrire quel dannato Mangiamorte. Sapevo dove abita, come lo sappiamo tutti noi Auror, ma non volevo banalmente ucciderlo. Meritava di peggio», la voce di Cristopher era fredda, ma i suoi occhi parevano emanare una sorta di lucida follia che fece rabbrividire Harry. «Sapevo che Piton era stato presente. William, il figlio di Hugh e Mathilde che è scampato alla carneficina, ne aveva sentito la voce e per questo non si era mosso dal capanno degli attrezzi in cui si trovava in quel momento. Sarebbe dovuto andare a vivere con i genitori di Hugh che erano andati in Spagna da uno dei loro figli, ma i genitori di Mathilde, essendo dei maghi, hanno avuto la precedenza nella causa di affidamento e potete ben immaginare anche voi quello che quel povero ragazzo ha dovuto passare quando i Mangiamorte hanno avuto in loro mano Hogwarts. Finita la scuola è andato in Spagna e si trova ancora lì con i suoi nonni. Nessuno di loro si è accorto che, l’ultima volta che sono andato a trovarli, ho sottratto la bacchetta di Hugh.»
«E non ti sei mai chiesto come mai la bacchetta di Hugh Berenger fosse in mano alla sua famiglia?»
«Devono averla trovata accanto al corpo di Hugh… d’altronde non è importante», Harry lanciò un’occhiata verso Micheal per vedere se avrebbe aggiunto qualcosa, ma non disse nulla e forse era la cosa migliore da fare. Cristopher non avrebbe di certo cambiato idea sapendo che la bacchetta era stata recapitata ai Berenger da Piton. «Ho cercato di capire per anni come agire, come farla pagare all’unico responsabile a me noto e che era libero di fare quello che voleva, perché tu, Harry, ti sei fatto ingannare. Non te ne ho mai fatto una colpa, dato che eri soltanto un ragazzino.»
Harry stava per ribattere, ma gli parve di sentire la voce di Piton che gli diceva di non fare sciocchezze. Rimase in silenzio, per quanto le parole di Cristopher lo irritassero e non tanto perché gli aveva dato del ragazzino idiota, ma perché metteva in dubbio i sacrifici che aveva compiuto l’uomo più coraggioso che avesse mai conosciuto.
«Come sei giunto alla decisione di uccidere due Babbani?»
«Jane Stanton ha visto Piton al museo e l’ha visto parlare con la signorina Ainsworth» Cristopher continuava a parlare con calma, ma la luce folle era scomparsa dai suoi occhi. In quel momento appariva unicamente rassegnato e consapevole del futuro che lo avrebbe atteso ad Azkaban. «Anch’io ho avuto modo di vederli insieme. È stato allora che abbiamo iniziato a progettare il duplice omicidio. Avevamo notato che la signorina Ainsworth, Piton e la bambina si incontravano nella caffetteria del museo. Jane credeva che la Babbana avrebbe compreso con che razza di uomo avesse a che fare, ma nulla ha mai scalfito le sue convinzioni. Al contrario, sembrava farsi sempre più vicina a lui. Credevamo che il caso sarebbe stato chiuso rapidamente. Piton sarebbe finito ad Azkaban per l’omicidio e Hugh e Mathilde sarebbero stati vendicati, ma le cose non sono andate come volevamo.»
«Quindi avete deciso di torturare la signorina Ainsworth?»
«Jane l’odiava. A me sembrava soltanto una povera sciocca infatuata di un assassino, una di quelle donne, animate da strane manie di redenzione, che sono attratte dai poco di buono. Ma Jane le attribuiva una buona dose di responsabilità nel suicidio del fratello, Tristan, e si è resa conto di odiarla ancora di più quando ha scoperto che la Ainsworth aveva stretto un legame profondo con Piton. È stata lei a trovare la pozione. Voleva che Piton andasse in prigione, dove sapevamo perfettamente che non sarebbe durato molto. I seguaci di Tu-Sai-Chi imprigionati avrebbero anche potuto crederti Harry e la vita di un traditore non è facile in un carcere pieno di coloro che hai apparentemente tradito. Ma voleva anche che la signorina Ainsworth soffrisse e quale migliore modo se non toglierle la voce, se non impedirle di cantare ancora?»
Harry sentì accapponarsi la pelle alla domanda di quello che era stato il suo supervisore. La pianista e quell’uomo erano delle persone orribili, pronte a distruggere delle vite, pronti a uccidere per compiere un’inutile vendetta.
«Ci sembrava quasi poetico che la signorina Ainsworth venisse colpita da una pozione. Quando avrei consegnato Piton… chi avrebbe creduto alla sua parola contro la mia? Chi avrebbe dubitato di fronte ad un Mangiamorte e ad una pozione oscura?»
Il ragazzo si chiese come Cristopher avesse creduto di poter sconfiggere Piton in un duello. Per quanto avesse ammirato, un tempo, il suo supervisore si era resa conto che non era l’Auror più capace in quel campo. Forse, però, aveva sottovalutato l’avversario. Non doveva aver mai avuto modo di vedere Piton in azione e doveva essersi fermato sul particolare che fosse un maestro pozionista. O, forse, più semplicemente, era stato troppo accecato dal desiderio di vendetta per prendere in considerazione che quel terribile piano fallisse.
«Sarai tenuto in custodia ad Azkaban fino al giorno del processo», la voce di Micheal era glaciale ed Emily stessa pareva pronta a gettarlo personalmente in prigione.
«Posso fare una domanda, prima?» Micheal annuì alla sua richiesta. «Vorrei sapere cosa ne sia stato dell’organetto.»
Nello sguardo di Cristopher lesse la sorpresa per qualche istante, prima che l’uomo riuscisse a rendere più neutri i lineamenti.
«Non so di cosa tu stia parlando, Harry.»
Invece, sembrava saperlo perfettamente, ma Micheal gli impedì di fare altre domande, quando chiamò alcuni Auror perché portassero via Cristopher.
Quando fu fatta entrare Jane Stanton, Harry si chiese che ore fossero e quasi gli dispiacque di non poter posare gli occhi sul crepuscolo che doveva avvolgere l’isola in quel momento.
E, in quel momento, effettivamente il crepuscolo si stendeva su tutta l’isola e intorno alla casa di Spinner’s End. Ygraine sedeva al tavolo della cucina, sorseggiando un bicchiere d’acqua che sembrava darle, ad ogni sorso, un maggior conforto alle corde vocali, per quanto le sembrasse di emettere ancora la voce a fatica.
Severus aveva appena sistemato i piatti che avevano usato per la cena e un quieto silenzio era caduto sulla stanza, per quanto non avessero parlato molto, dopo le prime parole che aveva pronunciato dopo aver ricevuto l’antidoto. L’uomo non aveva ribattuto, ma Ygraine temeva che si stesse ancora rodendo per quello che le era capitato, per quanto non ne avesse alcuna ragione, considerando che la responsabilità ricadeva unicamente su Jane e Taylor.
«Severus, vorrei ringraziarti per oggi.»
L’uomo la osservò con attenzione. Gli occhi nocciola esprimevano più fiducia del solito e c’era anche dell’ammirazione in loro, per quanto fosse certo di non meritare nessuno di quei due sentimenti.
«Avrei dovuto indagare sulla signorina Stanton. Sapevo che qualcuno che aveva conosciuto tuo fratello era legato al caso.»
Quello era un particolare che non riusciva a perdonarsi. Aveva focalizzato la sua attenzione sui rapporti tra gli Auror, cercando in loro un legame con Tristan, ma aveva escluso Jane perché non la credeva in contatto con alcun mago.
«Anch’io ne ero a conoscenza, ma non ho mai creduto che Jane potesse essere coinvolta. Non mi ero nemmeno accorta che era innamorata di Tristan.»
Non avevano ancora parlato di quello che era accaduto fino a quel momento. Severus era stato reticente a fare domande a Ygraine, dal momento che non voleva che ripercorresse nuovamente quello che le era accaduto da troppo poco tempo.
Stava per dirle che ne avrebbero riparlato il giorno dopo, ma la giovane donna riprese a parlare, narrandogli ogni cosa e ad ogni parola che aggiungeva l’uomo si rendeva conto che la giovane donna aveva avuto una prontezza di spirito e un coraggio invidiabili. Aveva tentato di lottare con le poche armi a sua disposizione, ma nulla aveva potuto contro l’incantesimo di Taylor, né contro la superiorità fisica della Stanton.
Ed anche in quel momento mostrava la sua forza d’animo, narrando quel che era accaduto con calma, per quanto di tanto in tanto la voce le tremasse appena.
«Se sono riuscita a non lasciarmi prendere dallo sconforto più totale, è stato unicamente perché sapevo che tu saresti arrivato.»
Quelle ultime parole erano state appena mormorate, ma a Severus parvero simili ad una pugnalata e ad un balsamo guaritore. Erano lo specchio della fede che leggeva sempre più profonda negli occhi nocciola della giovane donna, una fede che avrebbe voluto meritare, ma che temeva di non essere degno di ricevere.
Fuori dalla finestra, la notte era ormai calata sulla via e sulla cittadina di provincia e avvolgeva Londra in un’oscurità soffocante, da quando grandi nuvole nere avevano coperto la luna e le stelle. Harry era appena uscito dal Ministero della Magia dopo aver assistito anche all’interrogatorio della signorina Stanton. La donna non aveva nemmeno cercato di discolparsi. Aveva spiegato ogni minimo particolare del loro piano con una freddezza che gli aveva fatto comprendere che ad architettare tutto era stata lei. Quando aveva nominato l’organetto, aveva unicamente sorriso come se lui fosse uno stolto, ma non aveva detto una parola. Su come avesse desiderato la sofferenza della signorina Ainsworth e di veder Piton pagare aveva invece pronunciato un diluvio di parole. Aveva anche osato dire che aveva sperato in una vita di atroci dolori per la signorina Ainsworth, che era stata certa che così sarebbe stato, perché non sapeva che fosse stato ritrovato un antidoto per quella particolare pozione.
Forse, era quello il particolare che la rodeva di più. Non sembrava preoccupata dalla prospettiva di una vita trascorsa ad Azkaban, quanto piuttosto dal fatto che la signorina Ainsworth non stesse soffrendo orribilmente e che Piton non si stesse sentendo totalmente impotente di fronte al dolore della giovane donna.
Harry rabbrividì, mentre entrava nel suo appartamento. Non ebbe nemmeno la forza di preparare qualcosa per cena, preferendo coricarsi subito, per quanto fosse certo che non avrebbe chiuso occhio quella sera. Da quando era diventato un Apprendista Auror non aveva mai incontrato un caso così terribile e aveva sperato, inutilmente, di non incontrarne affatto.
La notte era ancora cupa quando posò gli occhiali sul suo comodino e la notte era luminosa in altre parti d’Inghilterra, rischiarata com’era dalla luna crescente e dalle stelle, che parevano vegliare su Spinner’s End e su una delle case in particolare, da cui proveniva una luce baluginante dalla finestra del pianterreno.
«Dovresti andare a riposare, Ygraine.»
La giovane era seduta su una delle due poltrone. Erano rimasti in silenzio da quando avevano lasciato la cucina, un silenzio tranquillo, ma l’uomo aveva notato che gli occhi di Ygraine erano velati dalla stanchezza.
«Lo so, è che…», la voce le morì per un istante in gola. Avrebbe voluto dirgli che aveva paura di andare a dormire, di allontanarsi da lui, che soltanto con lui al fianco si sarebbe sentita veramente al sicuro. «C’è solo una cosa che non ti ho ancora chiesto. Potrò continuare a cantare?»
«Non lo so.»
Severus si era aspettato quella domanda e sapeva che avrebbe potuto darle unicamente quella risposta. Tentò di tenere a bada il senso di colpa, dicendosi che non era stato lui a somministrare quella maledetta pozione a Ygraine, che sapeva che non aveva alcuna reale responsabilità in quello che era accaduto, ma non riuscì a scacciare l’idea che la giovane donna non avrebbe sofferto se lui avesse avuto il coraggio di respingerla.
«Domani telefonerò al foniatra che mi ha già seguita altre volte in Inghilterra e che lavora spesso per il teatro.»
La voce di Ygraine era spenta. D’altronde Severus la ricordava perfettamente in scena, mentre dava vita al personaggio che stava interpretando, mentre la sua voce esprimeva in maniera così vivida le emozioni, e non riuscì ad immaginarla per sempre priva del canto.
«Cosa farai nel caso in cui dovessi scoprire di non poter più cantare?»
Non avrebbe voluto porle quella domanda, ma sapeva di doverlo fare. Credeva che fosse meglio per Ygraine non nutrire nessuna illusione in proposito. Nemmeno lui doveva nutrirne, per quanto sapesse che non sarebbe mai riuscito a perdonarsi se la giovane donna avesse perso per sempre il dono del canto.
«Non lo so. So che presto o tardi la mia carriera finirà e ho sempre avuto l’idea di smettere di cantare prima che la mia voce iniziasse a indebolirsi», mormorò la giovane donna, la voce flebile e incerta. «Non ho mai desiderato fare come alcuni miei colleghi che continuano a cantare quando ormai la voce è diventata un misero ricordo dei loro anni migliori, ma… spero che non sia il caso, ma se non potessi più cantare, forse potrei almeno trasmettere quello che ho imparato agli altri oppure potrei cimentarmi nella regia… o aiutare mamma nel suo negozio di libri.»
La voce di Ygraine era sconfortata, per quanto cercasse di mantenere un’espressione calma, e Severus si sentì schiacciare dalla responsabilità per quello che era accaduto. Sapeva che la giovane donna lo aveva assolto in quella stessa stanza, poche ore prima, e che lo aveva fatto di nuovo in cucina, ma lui non riusciva ad assolversi.
«Ygraine, se tu non dovessi più riuscire a cantare, buona parte della responsabilità ricadrebbe su di me.»
«Severus…»
«Avevo capito che avrei potuto metterti in pericolo e avrei dovuto agire di conseguenza. Sono stato, invece, dannatamente debole. Avrei dovuto chiuderti la porta in faccia quando hai messo piede per la prima volta in questa casa e sai anche tu che la Stanton non ti avrebbe fatto nulla se tu non mi avessi conosciuto. Ho sempre avuto ben presente che avresti potuto essere colpita ed io sono stato unicamente un maledetto egoista. Avrei dovuto allontanarti, Ygraine, immagino che tu lo sappia.»
«L’unica cosa che so, Severus, è che sono felice che tu non mi abbia chiuso la porta in faccia quel giorno, né che tu abbia tentato di allontanarmi. Così come so con certezza che qualsiasi cosa sia accaduta oggi, la colpa ricade unicamente su Taylor e su Jane.»
«So che sono stati loro a somministrarti quella pozione», ammise Severus, senza fissare il volto di Ygraine, per quanto non ne comprendesse realmente il motivo. «Eppure, avrei dovuto proteggerti in maniera più efficace. Avrei dovuto…»
«Mi hai protetta nel migliore dei modi e hai protetto Rebecca nel migliore dei modi. Non potrei mai chiederti di vivere in completa solitudine, anche se questo dovesse voler dire incontrare un’altra Jane», lo interruppe la giovane donna. Severus si voltò verso di lei e gli notò che gli occhi erano umidi di lacrime non versate e colmi di quella sua incrollabile fede e della lucentezza del suo animo puro. «Non hai alcuna responsabilità in quello che mi è accaduto e non ne avrai se non dovessi più essere in grado di cantare. E se dovesse accadere, non potrei mai fartene una colpa, perché il canto non sarà mai più importante della tua amicizia.»
Ygraine trattenne le lacrime che le pungevano gli occhi. Si ricordava perfettamente il giorno in cui era andata in quella stessa casa, così come rammentava la lettera che l’uomo aveva mandato a Rebecca e le parole che aveva pronunciato definendola una sciocca Babbana. Avrebbe voluto piangere su quell’uomo che, per proteggere lei e la nipote, avrebbe preferito vivere in quella solitudine assoluta in cui l’aveva incontrato. Ma, come quel mattino tempestoso nell’appartamento di Gawain, non voleva che Severus scambiasse le sue lacrime per pietà.
«Ygraine, io…», la voce dell’uomo si spense. Non sapeva cosa rispondere alle parole accorate della giovane donna, a quell’amicizia così radicata, così forte, nonostante si conoscessero da poco tempo e nonostante Ygraine sapesse quel che lui aveva commesso. «Spero di non deludere la fiducia che riponi in me.»
Si sentì tremendamente goffo dopo aver pronunciato quelle parole. Non aveva mai saputo parlare dei suoi sentimenti o, forse, nessuno gliene aveva mai dato veramente la possibilità. Non l’aveva fatto Lily, né Albus e lui si era trincerato sempre più dietro al sarcasmo, dietro alla maschera di uomo odioso, a tal punto nascosto da ritenere egli stesso di non essere altro che un essere animato degno di essere guardato con odio e disprezzo.
«Sono certa che non lo farai.»
Ygraine gli stava sorridendo in quel momento, un sorriso dolce e luminoso. Non osò nemmeno ribattere a quelle parole, non osò nemmeno chiederle come potesse esserne così certa, perché immaginava che lo avrebbe definito una brava persona.
Il volto della giovane donna era luminoso, in quel momento, come la luna crescente che illuminava la stanza, insieme alle candele.
E la luna illuminava altri luoghi di Inghilterra, per quanto fosse, in altri, coperta da spesse nubi.
E la notte era oscura sulla prigione dei maghi, ma Jane Stanton quasi non faceva caso a quell’oscurità. Il suo animo era roso dall’idea che Ygraine potesse essere felice e che lo potesse essere anche Piton, l’uomo che aveva ucciso Mathilde, Hugh o uno dei suoi nipoti e che non avrebbe pagato in alcun modo per i suoi crimini.
Né lei, né Cristopher avevano avuto notizia dell’esistenza di quell’antidoto di cui avevano parlato gli Auror. Aveva scelto volutamente quella pozione per distruggere Ygraine, per farla soffrire nel corpo e nell’animo come doveva aver sofferto Tristan prima di suicidarsi, come dovevano aver sofferto sua sorella, suo cognato e i suoi nipoti prima di essere uccisi. Aveva anche messo in conto che Piton potesse arrivare prima che finissero con Ygraine, prima che la lasciassero in preda al dolore. Si sarebbero nascosti allora e, soltanto quando il mago fosse stato distratto dal soprano e dalla sua assenza di voce, Cristopher lo avrebbe colpito, arrestandolo. Sarebbe stata la vendetta perfetta: Ygraine agonizzante e Piton in quella sua stessa cella, consapevole del destino che sarebbe toccato alla giovane donna.
D’altronde, se non fosse esistito un antidoto il risultato non sarebbe stato molto diverso. Invece, la pozione poteva essere contrastata e Jane sapeva che Ygraine aveva già ricevuto la cura. Ormai non le restava altro che sperare che almeno la sua carriera sarebbe stata distrutta. Sapeva quanto contasse l’arte per la giovane donna e farle perdere la possibilità di cantare sarebbe stata almeno una parvenza di vendetta.
Le nuvole nere oscuravano la luna sull’isola e l’oscuravano sulla capitale, ma illuminavano la camera dove Rebecca dormiva, rannicchiata su sé stessa, il volto sereno, un libro di pozioni posato sul comodino e un orsacchiotto stretto tra le braccia.
E la luna illuminava lieve una stanza al primo piano della casa di Spinner’s End, penetrando appena tra le pieghe delle tende. Un raggio rischiarò i capelli biondi di Ygraine, quando si svegliò di soprassalto, il respiro affannato e gli occhi umidi di lacrime che doveva aver versato durante il sonno. Si guardò intorno confusa, per qualche istante, prima di riconoscere la stanza in cui si trovava.
La camera era avvolta dalla semioscurità, per quanto Severus, dietro sua richiesta, avesse lasciata accesa una candela. Mentre osservava le sagome sfocate dei libri ordinati in una scaffalatura che era decisamente più grande dell’armadio, sentì il respiro tornare normale.
Era in un luogo sicuro, lo sapeva perfettamente.
Nella stanza accanto dormiva l’uomo e Rebecca si trovava nella casa dei suoi genitori. Tutto era ormai tranquillo e gli assassini della Tate Britain erano stati arrestati dagli Auror e sarebbero stati processati.
Ma nel sonno aveva rivisto il volto di Jane. Quello di Taylor era sfocato, al contrario dello sguardo della pianista. Aveva creduto che la donna le fosse amica, che tra loro si fosse costruito un rapporto sincero; invece non aveva mai compreso cosa passasse per la mente di Jane, non aveva mai creduto che la pianista potesse alimentare tanto odio.
Non era stato quello l’unico incubo, né quello che l’aveva fatta risvegliare.
Aveva sentito nuovamente la sensazione che aveva provato quando era stata immobilizzata.
Aveva sognato di morire.
Aveva visto Rebecca da sola con i suoi genitori.
Aveva visto Severus totalmente solo, come quando lo aveva conosciuto.
Non aveva nemmeno la bambina al fianco ed era stata quell’immagine angosciante a farla svegliare.
Scostò la coperta e si alzò, prendendo la vestaglia che mamma aveva messo nella borsa che Harry aveva portato, dopo aver condotto Rebecca al sicuro dai suoi genitori.
Si strinse nella vestaglia, prima di scendere al pianterreno, dicendosi che, forse, un bicchiere d’acqua le avrebbe fatto bene e le avrebbe permesso di dormire e di non pensare a nulla, di non concentrarsi sul giorno successivo, durante il quale avrebbe dovuto rivivere ogni cosa durante l’interrogatorio degli Auror. Non voleva nemmeno interrogarsi realmente sul suo futuro e su quello di Rebecca che le era stata affidata.
Voleva unicamente sentirsi più tranquilla, si disse, mentre scendeva l’ultimo gradino. Il soggiorno – o forse avrebbe dovuto definirlo biblioteca – era ancora illuminato e Severus era seduto su una delle poltrone intento a leggere un libro.
«Dovresti riposare.»
L’uomo si voltò verso la giovane donna che aveva appena sceso l’ultimo gradino. Era pallida e scossa, per quanto cercasse di nasconderlo, ma lui poteva vederlo bene, nel modo in cui si stringeva nella vestaglia che aveva gettato sopra la camicia da notte, negli occhi arrossati dal pianto.
«Sono venuta a prendere un bicchiere d’acqua.»
«Siediti.»
Sapeva di aver parlato forse troppo bruscamente, ma a Ygraine parve non importare, quando andò a sedersi sulla poltrona di fronte alla sua, la stessa su cui l’aveva fatta sedere quando l’aveva portata a Spinner’s End, la stessa su cui si era seduta quando avevano parlato poco tempo prima. Si era aspettato che la giovane donna venisse destata da un incubo e per quello era rimasto a vegliare. Da dove si trovava aveva sentito i passi di Ygraine ben prima che iniziasse a scendere le scale.
Armeggiò con il bicchiere e con l’acqua, mentre cercava scacciava con forza il senso di colpa che lo stava per sommergere. Si disse che, se non voleva tradire la fiducia che Ygraine riponeva in lui, avrebbe dovuto perdonarsi per quello che era accaduto quel giorno, e considerare la soluzione più logica e razionale. Sapeva che non aveva alcuna reale responsabilità in quello che era accaduto, che non avrebbe mai potuto sapere che Jane Stanton era una Magonò, né men che meno che suo padre avesse sposato la madre di Mathilde Waley, dopo che questa era rimasta vedova.
Quando tornò nell’altra stanza e le porse il bicchier d’acqua, Ygraine gli sorrise con gratitudine.
«Posso rimanere qui per qualche minuto?» Severus annuì solamente, mentre la giovane donna si rannicchiava sulla poltrona. Sorseggiò l’acqua lentamente. «Cosa credi che mi potranno chiedere gli Auror domani?»
«Di raccontare quello che è accaduto, prima che io arrivassi.»
«Ti faranno restare con me?»
Ygraine sperava che la voce non le fosse tremata, ma si rendeva conto di provare una profonda paura al pensiero di rimanere sola con gli Auror. Sapeva che era un sentimento assolutamente irrazionale, ma non riusciva a togliersi dalla mente che uno di loro era stato complice di Jane.
«Non hanno motivo per non farlo.»
Ygraine sapeva che c’era la possibilità che un qualche regolamento lo impedisse, ma sperava che così non fosse. Forse Taylor e Jane avevano confessato tutto e il suo interrogatorio sarebbe stato unicamente una formalità. O almeno era questa la sua speranza. Quando era sola, le sembrava ancora di sentire le mani della pianista o di Taylor su di sé o la sensazione orribile di essere completamente immobile. Non rammentava invece più il dolore dovuto alla pozione che Severus aveva preparato per lei, quella con cui le aveva ridato la voce dopo aver lavorato davanti ai suoi occhi, senza nemmeno consultare alcuno dei tomi che si trovavano nel suo laboratorio.
«Quando andrò dal foniatra, potresti accompagnarmi?»
Ygraine sembrava quasi perduta quando pronunciò quella frase. Appariva più minuta di quanto non fosse, mentre se ne stava rannicchiata sulla poltrona con il bicchiere, ormai vuoto, in mano. Allungò una mano e recuperò il bicchiere che mandò con un rapido gesto della bacchetta in cucina, dove si depositò, con un lieve tonfo sul tavolo. La giovane donna non aveva quasi fatto caso al suo gesto, mentre rimaneva immobile, i capelli biondi raccolti in una treccia, il volto pallido e gli occhi nocciola fissi su di lui.
«Se è questo che vuoi.»
Ygraine gli sorrise lievemente, grata. Severus avrebbe dovuto dirle di tornare a riposare, ma non osò farlo. Non sapeva che incubo l’avesse destata, ma temeva che la notte della giovane donna sarebbe stata tormentata da altri orrori.
«Grazie», mormorò il soprano. «C’è qualcosa su cui mi sto interrogando… l’antidoto che mi hai dato, l’hai trovato tu?»
«Non è importante.»
Severus distolse lo sguardo da Ygraine. Sapeva che c’era la possibilità che la giovane donna capisse che era stato lui a trovare il modo di contrastare la Pozione di Ruprecht von Dittmar, ma non voleva parlarne realmente, non voleva dirle di avere, nella sua disgraziata giovinezza, distillato la pozione che le aveva dato tante sofferenze, né che aveva dovuto farlo altre due volte, senza sapere se avrebbe effettivamente potuto salvare le due vittime designate dal Signore Oscuro.
«Allora te ne sono grata.»
Ygraine non aggiunse altro. Aveva notato il modo in cui Severus aveva distolto lo sguardo e non voleva fargli domande. Temeva che queste potessero far emergere il peso della colpa che sembrava schiacciarlo, nei rari momenti in cui lasciava filtrare una crepa nella calma che lo contraddistingueva. Il suo unico desiderio era che Severus potesse perdonarsi, che riuscisse a lasciar andare una parte di quel peso e sperava che, almeno, non si sentisse più responsabile di quello che era accaduto a casa di Jane.
Gli chiese invece un libro da leggere, per ritardare il momento in cui il suo corpo, stanco, sarebbe crollato e l’avrebbe costretta a tornare a dormire. Severus annuì e si alzò. Le propose alcuni titoli, fino a quando non scelse la versione della leggenda di Parsifal scritta da un mago normanno che aveva operato alla corte di Alienor d’Aquitania. Era una versione in prosa, si accorse, consultando il testo a fronte in inglese moderno, ben più comprensibile dell’anglonormanno originale.
La luce delle candele illuminava la stanza, mentre Severus riprendeva in mano il libro che stava leggendo. Per diverso tempo l’unico rumore all’interno della stanza fu quello delle pagine che venivano sfogliate, poi un tonfo sordo fece alzare il capo all’uomo.
Ygraine si era addormentata e il libro le era caduto dalle mani.
Severus rimase ad osservarla, per quanto fosse perfettamente consapevole che avrebbe dovuto svegliarla e invitarla a tornare nella camera. Eppure, non lo fece.
Il volto della giovane donna era illuminato dolcemente dalla luce delle candele ed i lunghi capelli biondi, raccolti nella consueta treccia, sembravano possedere una tonalità più calda. Ygraine Ainsworth non possedeva una bellezza indicibile, di quelle cantate dai poeti, quanto, piuttosto una bellezza riservata, quasi sfuggente. A priva vista, appariva piuttosto anonima, una presenza discreta di cui ci si poteva anche non accorgere.
Era l’esatto contrario di Lily, con i suoi capelli rossi e gli occhi verdi, con la sua bellezza che colpiva immediatamente lo sguardo. E lui, da bambino e nei primi anni della sua adolescenza, aveva creduto che Lily fosse una creatura perfetta, che aveva scelto di essergli amica, la sola persona che lo aveva fatto.
O, almeno, così aveva creduto per tanti anni.
In quel momento, invece, mentre osservava Ygraine dormire tranquilla in quella casa in cui la Evans non aveva mai messo piede, sentì farsi strada in lui la certezza che, con ogni probabilità, Lily non gli era mai stata realmente amica. O che fosse stata quel tipo di amico che vuole unicamente ricevere senza dare. Era un pensiero che aveva sfiorato la sua mente diverse volte nei giorni precedenti, ma che aveva in un modo o nell’altro accantonato. In quel momento, mentre Ygraine dormiva con un’espressione pacifica sulla poltrona accanto alla sua, ebbe il coraggio di analizzare ogni particolare del suo rapporto con Lily. Rammentò il loro primo incontro e i pregiudizi di Petunia, perché era nato nella parte sbagliata della città. Rivisse le giornate trascorse insieme, a rispondere alle domande della bambina e contò a pochissime le volte in cui Lily si era realmente interessata a lui. Gli aveva chiesto del padre una volta e qualche altra della madre, ma non aveva mai approfondito, non aveva mai cercato di andare oltre alle poche parole che lui aveva pronunciato, non gli aveva nemmeno mai chiesto di andare a casa sua, né lo aveva invitato molte volte nella sua, che si trovava nella parte ricca della cittadina. Poi, erano arrivati a Hogwarts e tutto aveva iniziato a cambiare nel loro rapporto. Se ne rendeva conto soltanto in quel momento, mentre ripensava alla tensione sempre crescente, a come Lily non avesse mai cercato di comprendere per quale motivo si stesse avvicinando a Mulciber e Avery, di come lo avesse sempre rimproverato e criticato, senza permettergli di spiegare alcunché.
Aveva pensato per anni che la fine della loro amicizia fosse unicamente colpa sua.
Invece gli era ormai chiaro che la responsabilità ricadeva anche sulla ragazza. Non sapeva se un comportamento diverso da parte di Lily gli avrebbe impedito di diventare un Mangiamorte, ma era certo che, se avesse sentito realmente vicina l’unica amica che avesse, non sarebbe stato così pieno di rabbia e di senso di rivalsa. D’altronde, si rendeva conto in quel momento, Lily lo aveva soltanto giudicato e, probabilmente, lo aveva già condannato, ben prima di quella sera davanti alla sala comune di Grifondoro.
La fiamma di una candela si mosse leggermente, illuminando i capelli di Ygraine. Avrebbe dovuto svegliarla e dirle di tornare di sopra, ma la giovane donna appariva tranquilla e serena in quel momento, quasi che quel giorno non fosse stata torturata perché aveva scelto di essergli amica. La molla che aveva fatto scattare Jane Stanton non era tanto il fatto che Ygraine gli parlava, ma il modo in cui lo faceva, il modo in cui difendeva quella scelta. L’aveva fatto anche quel pomeriggio, come gli era stato chiaro dal racconto della giovane donna stessa. La pianista aveva odiato Ygraine perché la riteneva responsabile della morte di Tristan, ma quell’odio si era centuplicato quando aveva capito che la giovane donna gli era amica. Avrebbe dovuto sentirsi in colpa per quello, invece si sentiva unicamente onorato che una persona così pura potesse considerarlo un amico e si sentiva completamente inadeguato di fronte a quell’amicizia.
Sapeva che Taylor e la Stanton volevano punire anche lui, che volevano vendicare la morte di Hugh Berenger e della sua famiglia. Quel pensiero fece rimontare prepotente il senso di colpa, ma tentò subito di cacciarlo, appigliandosi al perdono che Ygraine gli aveva offerto più volte quel giorno. La responsabilità di quello che le era accaduto non era sua, si ripeté, cercando di convincersi, ma riuscì a lasciar andare il peso della colpa soltanto quando pensò al torto che avrebbe fatto a Ygraine se avesse continuato a tormentarsi in quel modo.
La giovane donna gli aveva chiesto di perdonarsi, lo aveva spronato a farlo quando avevano parlato nello studio di Alfred Ainsworth. E voleva farlo, almeno per quei fatti, che, effettivamente, non dipendevano realmente da lui o dalle sue scelte.
D’altronde, Ygraine continuava a offrirgli il perdono anche per le altre sue ben più gravi colpe, per quelle che dipendevano unicamente dalle sue orribili scelte. Lo aveva già fatto quella mattina ventosa di febbraio, in cui le aveva narrato ogni minimo particolare della sua miserevole vita.
E quel giorno, Ygraine gli aveva chiesto per quale motivo avesse distrutto la sua anima. Avrebbe dovuto essere disgustata da lui che si era unito ad un mostro che non avrebbe esitato un solo istante ad uccidere lei e la sua famiglia, che non aveva esitato un solo istante a ordinargli di uccidere gli Hancock; invece, gli aveva posto quella semplice domanda e, alla fine, quando era crollato come non gli era mai accaduto prima, lo aveva stretto tra le braccia, offrendogli conforto e perdono.
Lily, che lo conosceva da anni, lo aveva abbandonato davanti all’ingresso della sala comune di Grifondoro. Non aveva nemmeno voluto starlo ad ascoltare, né sembrava aver compreso per quale motivo, nel colmo dell’umiliazione, avesse pronunciato quella maledetta parola.
Ygraine, che lo conosceva da pochi mesi, gli aveva sempre mostrato un’incrollabile fiducia, che aveva messo in dubbio, a detta sua, soltanto una notte, quando era stata tormentata da quegli Auror poco dopo la morte dei due Babbani al museo.
E, se non allora, avrebbe potuto respingerlo quel giorno.
Ma non lo aveva fatto. Avrebbe potuto odiarlo, avrebbe potuto incolparlo per quello che era avvenuto, ma le sue parole era state unicamente di assoluzione, di conforto e di comprensione.
In quel momento, sentì crollare definitivamente l’altare, che aveva iniziato a riempirsi di crepe negli ultimi tempi, su cui aveva collocato Lily, su cui aveva posto la Lily che lui avrebbe voluto conoscere, la donna fittizia di cui si era innamorato, l’immagine perfetta a cui si era ancorato per non perdere il senno durante gli anni in cui era stato una spia. Ma quella che aveva amato non era la vera Lily, non era la ragazza che gli aveva chiuso in faccia la porta della sala comune di Grifondoro, non era la ragazza che, con ogni probabilità, si vergognava di lui e che, forse, non vedeva l’ora di trovare un pretesto per poterlo cacciare.
E quella era una consapevolezza amara.
Si rendeva conto di aver costruito la sua vita di adulto su delle illusioni: la perfezione di Lily e l’affetto paterno di Albus. Ma Lily non era perfetta e Albus non lo aveva mai considerato un figlio.
Riportò lo sguardo sul volto sereno di Ygraine.
Non osava disturbare il suo sonno.
E non osava nemmeno sfiorarla.
Mentre osservava la luce creare dei giochi evanescenti sui capelli biondi, si rese conto di non amare più Lily da tempo.
Forse non l’amava già più quando aveva mostrato ad Albus il suo Patronus. Era diventata unicamente un simbolo, un appiglio, un porto sicuro in cui rifugiarsi, un modo per dirsi che aveva ancora qualcosa di buono, che sapeva amare, che, forse, poteva sperare nell’espiazione.
Si alzò in piedi e si avvicinò silenziosamente alla credenza, aprendo il cassetto e lo scomparto segreto. Le lettere di Rebecca celavano completamente alla vista la foto di Lily. Non se n’era nemmeno realmente accorto, quando le aveva posizionate lì dentro. Fino ad allora la foto della donna era rimasta sola a troneggiare dentro il cassetto.
D’altronde erano settimane che non la riprendeva in mano, erano settimane con sentiva la dolce agonia che il nome e il volto di Lily gli avevano sempre suscitato. Prese in mano la foto che aveva strappato a Grimmauld Place, chiedendosi cosa avrebbe dovuto farne. Per un istante fu tentato di bruciarla, poi la rimise nel cassetto. Il giorno dopo, l’avrebbe consegnata a Potter che forse aveva conservato l’altra metà.
D’altro canto, se non fosse stato per Rebecca non si sarebbe nemmeno più recato davanti a Sancta Lilias. Sapeva perfettamente di aver evitato il museo non per i delitti che vi erano accaduti, ma perché non trovava più alcun motivo per andarvi.
Da quando la giovane donna e la bambina erano entrate nella sua vita, non si sentiva più preda di quel gelo opprimente.
Per quanto non avesse ancora avuto il coraggio di ammetterlo con sé stesso, il gelo che sembrava intrappolare la sua anima stava lentamente lasciandolo. Gli sembrava di essere tornato a vivere, in maniera imperfetta e non ancora pienamente, ma non era più intrappolato in un continuo ripetersi degli stessi ossessivi pensieri.
Forse, già mentre sedeva davanti a quel quadro, non amava più Lily.
Ma non se n’era reso conto.
Aveva fatto di Lily una sorta di simbolo, la summa di tutte le sue colpe e dell’impossibilità di ricevere il perdono. Si era aggrappato a quell’idea e a quel simbolo per non naufragare completamente quando si era scoperto vivo dopo il morso di Nagini.
E nel farlo aveva gettato al vento tre anni di vita.
Richiuse il cassetto e tornò verso le poltrone.
Ygraine stava ancora dormendo tranquilla, per quanto la posizione fosse scomoda.
Le si avvicinò.
Ma non la svegliò. La sollevò delicatamente dalla poltrona, temendo per un istante di averla destata, ma la giovane donna si accoccolò unicamente contro di lui, continuando a dormire. Rimase per qualche breve attimo immobile, prima di portarla al piano di sopra e di posarla sul letto. Le sfilò delicatamente la vestaglia, poi sistemò con cura le coperte, prima di allontanarsi silenziosamente da lei.
Si fermò un attimo sulla soglia e rimase ancora qualche istante ad osservarla. Ygraine dormiva ancora tranquillamente, il volto illuminato dall’unica candela presente nella stanza e da un raggio di luna che penetrava tra i tendaggi.
E soltanto in quel momento, mentre si voltava, ebbe il coraggio di ammettere di essersi innamorato di lei. Non sapeva nemmeno quando fosse accaduto, se il giorno in cui era arrivata inattesa a casa sua mostrandogli quella fiducia incrollabile, se quella mattina tempestosa in cui aveva ascoltato ogni cosa della sua vita e non era inorridita oppure, più semplicemente, durante le conversazioni costellate di tranquilli silenzi che avevano caratterizzato le ultime settimane.
Mentre tornava a sedere sulla poltrona fece quello che avrebbe dovuto fare non appena Rebecca gli aveva detto del Patronus.
Aveva avuto forse timore, allora, di non vedere più la cerva. O, più probabilmente, stava cercando di negare quello che avrebbe dovuto comprendere già da tempo.
In fondo, sapeva perfettamente cosa significasse un cambiamento nella forma di un Patronus.
Mentre lo evocava notò che era cambiato il ricordo felice a cui faceva affidamento. E non era nemmeno un vero e proprio ricordo, quanto piuttosto il sorriso felice di Rebecca e quello fiducioso di Ygraine.
Come gli aveva detto la bambina, davanti ai suoi occhi non c’era più la cerva argenta, ma un cigno, che gli volò intorno, riempiendo della sua luce la stanza.



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Wilhelm Mueller, Mut (Coraggio), vv. 1-2. La traduzione è tratta da un programma di sala dell'Accademia di Santa Cecilia
 
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view post Posted on 1/8/2022, 17:20
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I ♥ Severus


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CITAZIONE
Harry stava per ribattere, ma gli parve di sentire la voce di Piton che gli diceva di non fare sciocchezze.

Stupendo!
CITAZIONE
Quello era un particolare che non riusciva a perdonarsi.

E quando mai Piton si concede il perdono?
CITAZIONE
«Se sono riuscita a non lasciarmi prendere dallo sconforto più totale, è stato unicamente perché sapevo che tu saresti arrivato.»
Quelle ultime parole erano state appena mormorate, ma a Severus parvero simili ad una pugnalata e ad un balsamo guaritore. Erano lo specchio della fede che leggeva sempre più profonda negli occhi nocciola della giovane donna, una fede che avrebbe voluto meritare, ma che temeva di non essere degno di ricevere.

eddai, Severus, su! Convinciti!
CITAZIONE
Forse, era quello il particolare che la rodeva di più.

Uno più stronzo dell'altro: è una bella lotta tra Taylor e la Stanton!
CITAZIONE
Avrebbe voluto dirgli che aveva paura di andare a dormire, di allontanarsi da lui, che soltanto con lui al fianco si sarebbe sentita veramente al sicuro.

Che tenero tesoro!
CITAZIONE
«Avevo capito che avrei potuto metterti in pericolo e avrei dovuto agire di conseguenza. Sono stato, invece, dannatamente debole. Avrei dovuto chiuderti la porta in faccia quando hai messo piede per la prima volta in questa casa e sai anche tu che la Stanton non ti avrebbe fatto nulla se tu non mi avessi conosciuto. Ho sempre avuto ben presente che avresti potuto essere colpita ed io sono stato unicamente un maledetto egoista. Avrei dovuto allontanarti, Ygraine, immagino che tu lo sappia.»

Che dire... Severus è Severus e ci piace proprio per quersto.
CITAZIONE
«Non hai alcuna responsabilità in quello che mi è accaduto e non ne avrai se non dovessi più essere in grado di cantare. E se dovesse accadere, non potrei mai fartene una colpa, perché il canto non sarà mai più importante della tua amicizia.»

Da brividi!
CITAZIONE
Avrebbe voluto piangere su quell’uomo che, per proteggere lei e la nipote, avrebbe preferito vivere in quella solitudine assoluta in cui l’aveva incontrato. Ma, come quel mattino tempestoso nell’appartamento di Gawain, non voleva che Severus scambiasse le sue lacrime per pietà.

Dolce e commovente.
CITAZIONE
veva sognato di morire.
Aveva visto Rebecca da sola con i suoi genitori.
Aveva visto Severus totalmente solo, come quando lo aveva conosciuto.
Non aveva nemmeno la bambina al fianco ed era stata quell’immagine angosciante a farla svegliare.

Ygraine è una persona stupenda.
CITAZIONE
Si era aspettato che la giovane donna venisse destata da un incubo e per quello era rimasto a vegliare.

Adorabile Severus!
CITAZIONE
pozione che Severus aveva preparato per lei, quella con cui le aveva ridato la voce dopo aver lavorato davanti ai suoi occhi, senza nemmeno consultare alcuno dei tomi che si trovavano nel suo laboratorio.

Vedere Severus distillare una pozione è pura magia!
CITAZIONE
La responsabilità di quello che le era accaduto non era sua, si ripeté, cercando di convincersi, ma riuscì a lasciar andare il peso della colpa soltanto quando pensò al torto che avrebbe fatto a Ygraine se avesse continuato a tormentarsi in quel modo.

Forse siamo sulla buona strada...
CITAZIONE
In quel momento, sentì crollare definitivamente l’altare, che aveva iniziato a riempirsi di crepe negli ultimi tempi, su cui aveva collocato Lily, su cui aveva posto la Lily che lui avrebbe voluto conoscere, la donna fittizia di cui si era innamorato, l’immagine perfetta a cui si era ancorato per non perdere il senno durante gli anni in cui era stato una spia. Ma quella che aveva amato non era la vera Lily, non era la ragazza che gli aveva chiuso in faccia la porta della sala comune di Grifondoro, non era la ragazza che, con ogni probabilità, si vergognava di lui e che, forse, non vedeva l’ora di trovare un pretesto per poterlo cacciare.

Finalmente!
CITAZIONE
Forse non l’amava già più quando aveva mostrato ad Albus il suo Patronus. Era diventata unicamente un simbolo, un appiglio, un porto sicuro in cui rifugiarsi, un modo per dirsi che aveva ancora qualcosa di buono, che sapeva amare, che, forse, poteva sperare nell’espiazione.

Una spiegazione più che corretta e credibile.
CITAZIONE
rese in mano la foto che aveva strappato a Grimmauld Place, chiedendosi cosa avrebbe dovuto farne. Per un istante fu tentato di bruciarla, poi la rimise nel cassetto. Il giorno dopo, l’avrebbe consegnata a Potter che forse aveva conservato l’altra metà.

Un'ottima idea.
CITAZIONE
Da quando la giovane donna e la bambina erano entrate nella sua vita, non si sentiva più preda di quel gelo opprimente.
Per quanto non avesse ancora avuto il coraggio di ammetterlo con sé stesso, il gelo che sembrava intrappolare la sua anima stava lentamente lasciandolo. Gli sembrava di essere tornato a vivere, in maniera imperfetta e non ancora pienamente, ma non era più intrappolato in un continuo ripetersi degli stessi ossessivi pensieri.
Forse, già mentre sedeva davanti a quel quadro, non amava più Lily.
Ma non se n’era reso conto.
Aveva fatto di Lily una sorta di simbolo, la summa di tutte le sue colpe e dell’impossibilità di ricevere il perdono. Si era aggrappato a quell’idea e a quel simbolo per non naufragare completamente quando si era scoperto vivo dopo il morso di Nagini.

Evviva, evviva, evviva!
CITAZIONE
La sollevò delicatamente dalla poltrona, temendo per un istante di averla destata, ma la giovane donna si accoccolò unicamente contro di lui, continuando a dormire. Rimase per qualche breve attimo immobile, prima di portarla al piano di sopra e di posarla sul letto. Le sfilò delicatamente la vestaglia, poi sistemò con cura le coperte, prima di allontanarsi silenziosamente da lei.

Dolcissimo! Avrebbe potuto anche farlo con la magia... ma così è molto meglio!
CITAZIONE
E soltanto in quel momento, mentre si voltava, ebbe il coraggio di ammettere di essersi innamorato di lei.

Oooooooh! :lovelove: Non credo ai miei occhi! Bello, bello, bello! Non osavo sperarci! Ora guardo preoccupata i capitoli che mancano ancora alla fine? Cosa farai accadere, sadicissima fanwriter?
CITAZIONE
Mentre tornava a sedere sulla poltrona fece quello che avrebbe dovuto fare non appena Rebecca gli aveva detto del Patronus.
Aveva avuto forse timore, allora, di non vedere più la cerva. O, più probabilmente, stava cercando di negare quello che avrebbe dovuto comprendere già da tempo.
In fondo, sapeva perfettamente cosa significasse un cambiamento nella forma di un Patronus.
Mentre lo evocava notò che era cambiato il ricordo felice a cui faceva affidamento. E non era nemmeno un vero e proprio ricordo, quanto piuttosto il sorriso felice di Rebecca e quello fiducioso di Ygraine.
Come gli aveva detto la bambina, davanti ai suoi occhi non c’era più la cerva argenta, ma un cigno, che gli volò intorno, riempiendo della sua luce la stanza.

Sì, Severus, bravo, continua così! E io avevo indovinato!!!

Bello, bello. bellissimo! Anche questo capitolo mi è piaciuto tantissimo! :lovelove:
 
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view post Posted on 1/8/2022, 18:14
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CITAZIONE (Ida59 @ 1/8/2022, 18:20) 
Stupendo!

Merci.
CITAZIONE
Uno più stronzo dell'altro: è una bella lotta tra Taylor e la Stanton!

In effetti, sono due persone orribili (però mi sono divertita a descrivere i loro pensieri/parole).
CITAZIONE
Che dire... Severus è Severus e ci piace proprio per quersto.

<3
CITAZIONE
Da brividi!

Ho riscritto quella frase tre volte, fino a questa forma definitiva (e sono felice che sia da brividi).
CITAZIONE
Ygraine è una persona stupenda.

Sono felicissima che ti piaccia!
CITAZIONE
Forse siamo sulla buona strada...

La sadica autrice si nasconde dietro a un no comment
CITAZIONE
Finalmente!

Tutta la parte dell'altare che crolla è nata ascoltando Rigoletto (e presso del patibolo bisogna che stia l'altare. Tutto ora scompare, l'altare si rovesciò).
CITAZIONE
Una spiegazione più che corretta e credibile.

Merci.
CITAZIONE
Oooooooh! Non credo ai miei occhi! Bello, bello, bello! Non osavo sperarci! Ora guardo preoccupata i capitoli che mancano ancora alla fine? Cosa farai accadere, sadicissima fanwriter?

Dovrei (se nel rileggere non aggiungo qualcosa) ancora tre capitoli (o parti di capitoli: la seconda del XXII, il XXIII e il XXIV) e un epilogo... in cui la sadicissima fanwriter ha scritto molte parole (sul loro livello di sadismo... o sulla sua assenza, taccio).
CITAZIONE
Sì, Severus, bravo, continua così! E io avevo indovinato!!!

Il cigno non era stata la mia prima scelta. Avevo pensato subito all'usignolo (perché Ygraine è una cantante), ma sarebbe stato piccolissimo. Poi ho pensato ad una rondine (è simbolo di altruismo nei bestiari medievali). Poi ho pensato a Lohengrin e la simbologia del cigno (ma ne parlo nella seconda parte del capitolo che pubblicherò mercoledì).
CITAZIONE
Bello, bello. bellissimo! Anche questo capitolo mi è piaciuto tantissimo!

Grazie mille, Ida! <3 <3
 
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view post Posted on 2/8/2022, 07:27
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Leonora, purtroppo sono al cellulare e non mi riesce di commentare punto per punto il nuovo capitolo. Logica e razionale la gestione della parte ‘poliziesca’ del racconto; i due criminali non solo andrebbero rinchiusi ad Azkaban ma torturati allo stesso modo di Ygraine, se non peggio! Hai lasciato Harry un po’ in ombra, la sua figura si è lentamente spenta nel corso dei capitoli, ma le luci della ribalta non possono illuminare tutti. Devo poi proprio commentare i pensieri, le espressioni, i gesti del tuo Severus? Non occorre, vero? Ti basti sapere che ho invidiato Ygraine per aver fatto breccia nel cuore del mago più straordinario dell’universo. Il Patronus e la rivelazione finale dei sentimenti di Severus? Ho ordinato lo champagne! 😜❤️
 
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view post Posted on 2/8/2022, 08:02
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CITAZIONE (Lonely_Kate @ 2/8/2022, 08:27) 
Leonora, purtroppo sono al cellulare e non mi riesce di commentare punto per punto il nuovo capitolo. Logica e razionale la gestione della parte ‘poliziesca’ del racconto; i due criminali non solo andrebbero rinchiusi ad Azkaban ma torturati allo stesso modo di Ygraine, se non peggio! Hai lasciato Harry un po’ in ombra, la sua figura si è lentamente spenta nel corso dei capitoli, ma le luci della ribalta non possono illuminare tutti.

Harry tornerà protagonista nella prossima parte di capitolo XXII.
Quanto si due criminali, concordo con te.
CITAZIONE
Devo poi proprio commentare i pensieri, le espressioni, i gesti del tuo Severus? Non occorre, vero? Ti basti sapere che ho invidiato Ygraine per aver fatto breccia nel cuore del mago più straordinario dell’universo. Il Patronus e la rivelazione finale dei sentimenti di Severus? Ho ordinato lo champagne!

Felicissima che tutta quella parte ti sia piaciuta. <3
 
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view post Posted on 4/8/2022, 10:43
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Contrariamente a quanto avevo annunciato, il capitolo XXII sarà diviso non in due ma in tre parti. Nel rileggere, ho riscritto quasi totalmente una scena che stava contraddicendo, in parte, un'altra e, devo essermi fatta prendere la mano perché da due è passata a sei pagine.
Vi lascio, quindi, con la seconda parte del capitolo.

Capitolo XXII - Parte II

Mut


Gran Bretagna, 22-23 marzo 2002


La luce del Patronus si dissolse, quando pose fine all’incantesimo. Rimase per qualche istante immobile, prima riprendere in mano il libro che aveva abbandonato pochi minuti prima, per quanto la mente non riuscisse realmente a fermarsi sulle lettere che aveva sotto gli occhi. Sapeva che sarebbe dovuto salire al piano di sopra per riposare in vista della giornata seguente; invece, rimase seduto quasi si aspettasse di vedere ricomparire Ygraine, ma dal piano di sopra non proveniva alcun rumore. Forse, la giovane donna sarebbe riuscita a riposare, nonostante il male che le era stato fatto, nonostante il dolore che aveva provato e che lui non era stato in grado di evitarle.
Chiuse il libro e lo posò sul bracciolo della poltrona.
Mentre i minuti scorrevano lenti, si chiese come avesse fatto a non comprendere, fino a quel giorno, quali sentimenti provasse per Ygraine. Quand’era stato un bambino si era accorto subito di amare Lily e, in seguito, il suo cuore aveva bruciato di quell’amore infantile prima e adolescenziale poi. Ed aveva continuato a nutrire quel sentimento anche quando la Evans era morta, mentre la Lily che aveva conosciuto si trasformava in un essere perfetto e privo del ben che minimo difetto.
Il sentimento che aveva ammesso di provare per Ygraine era nato senza che lui se ne accorgesse, quasi con naturalezza, e si era radicato profondamente. In caso contrario, il suo Patronus non sarebbe mutato in quel modo. Riusciva anche ad immaginare perché fosse diventato un cigno. Da un lato, aveva avuto modo di associare Ygraine a Lohengrin dopo aver assistito a tutte le prove dell’opera che narrava la vicenda del cavaliere del cigno; dall’altro, il cigno era simbolo del canto. Ed era puro quanto era pura l’anima di Ygraine ed era simbolo di una fedeltà che, nel suo caso, rispecchiava la fiducia incrollabile della giovane donna nei suoi confronti. [1]
Era il perfetto specchio della giovane donna.
Di questo si rendeva perfettamente conto.
Così come si rendeva conto che quell’amore era completamente diverso da quello che aveva provato per Lily. Non c’era nulla di ossessivo, come era invece stato il caso di quel sentimento che non era mai realmente maturato oltre la sua giovinezza. Mentre analizzava gli anni lontani della sua adolescenza, si rendeva conto di quanto quell’amore fosse diventato, con il tempo, incredibilmente possessivo, tanto più la possibilità di essere ricambiato svaniva. Dopo la morte di Lily, non gli era rimasto un amore adolescenziale mantenuto in vita da un adulto che voleva mantenere un brandello di umanità, che voleva trovare qualcosa di buono nel suo passato fatto, per lo più, di scelte terribilmente sbagliate.
Non provava nulla del genere per Ygraine. Non sapeva se fosse perché era abbastanza realistico da capire che non avrebbe mai potuto sperare di vedere quei sentimenti ricambiati. La giovane donna gli era amica e si fidava completamente di lui, ma un giorno avrebbe trovato una brava persona da amare, un uomo con l’animo puro quanto il suo con cui sarebbe stata felice.
Ygraine meritava di avere qualcuno del genere al suo fianco, un uomo degno di condividere la vita con lei, un uomo che non portava in dote notti popolate da incubi orribili, mani che avevano portato morte e un’anima spezzata dalle colpe commesse.
Si alzò in piedi, spense le candele e salì lentamente le scale, mentre si rendeva conto che gli sarebbe bastato avere l’amicizia di Ygraine. Forse, quell’amore era così diverso perché la giovane donna lo aveva accolto senza alcun pregiudizio, perché gli aveva offerto il suo perdono. Oppure, era semplice un amore adulto e non quello adolescenziale che aveva provato per Lily.
Si fermò per un istante davanti alla stanza dove dormiva Ygraine e da cui non giungeva alcun rumore e sperò che fosse un segno che la giovane donna stava riposando tranquilla.
In fondo, comprese, mentre proseguiva oltre e apriva la porta della camera che aveva occupato durante la sua infanzia e la sua adolescenza, desiderava unicamente che la giovane donna potesse avere un futuro felice, come meritava un animo così puro e luminoso. E a lui sarebbe bastato rimanerle accanto per quanto gli era possibile.
Si levò il maglione a collo alto che aveva indossato quel giorno. E mentre lo posava ordinatamente su una sedia, si rese conto di indossare unicamente abiti Babbani da qualche tempo a quella parte. D’altronde, passava molto più tempo fuori dal Mondo Magico che non al suo interno. Gli unici maghi con cui aveva contatti erano quelli che lavoravano nel centro di ricerca, che avrebbe abbandonato tra poco se la richiesta che aveva inviato alcuni giorni prima sarebbe stata accettata, e Potter.
Stava per sbottonarsi la camicia quando udì un urlo provenire dall’altra stanza. Uscì rapidamente dalla camera e si avvicinò alla porta di quella accanto, aprendola lentamente. Ygraine stava respirando a fatica e sembrava sconvolta, il volto pallido, illuminato dalla luce della candela e da un raggio di luna. Si avvicinò di un passo, lentamente, quasi avesse paura di spaventarla. Non sapeva se fosse perfettamente cosciente di essersi appena destata da quello che doveva essere stato un incubo orribile.
«Ygraine», mormorò, ma non proseguì la frase, quando la giovane donna si strinse a lui, dopo essersi alzata dal letto.
La sentì piangere contro il suo petto, mentre le poneva le mani sulla schiena, senza esitare come aveva fatto in altre occasioni. Sperava di riuscire a donarle almeno una minima parte di conforto. Il corpo della giovane donna era scosso dai singhiozzi, mentre si stringeva maggiormente a lui. Portò una mano sulla nuca di Ygraine, chiedendosi se quel gesto le avrebbe dato un po’ di sollievo.
Non seppe quanto tempo trascorse, prima che i singhiozzi si placassero e le lacrime smettessero di scorrere. Soltanto quando fu certo che avesse riacquistato la calma, la allontanò delicatamente da sé e la riaccompagnò verso il letto.
«Mi dispiace di averti disturbato», mormorò Ygraine, mettendosi seduta, con la schiena appoggiata contro la testiera del letto.
«Nessun disturbo.»
La voce di Severus era confortante, mentre sistemava le coperte e si sedeva sul bordo del letto. Osservandolo, la giovane donna si rese conto che quelle erano state le prime parole che le aveva rivolto, il giorno in cui aveva prestato il suo fazzoletto a Rebecca.
«Non… ho sognato che Jane ti uccideva», disse in un sussurro. Forse avrebbe dovuto tacere, ma quando lo aveva visto entrare, con la mente ancora preda di quell’incubo, aveva provato un senso di sollievo tale che era corsa ad abbracciarlo quasi volesse essere sicura che aveva davanti una persona in carne ed ossa e non un frammento della sua immaginazione. «È stato orribile. Dopo avermi dato la pozione, Jane si è nascosta ed io… io non potevo parlare, non potevo avvisarti e lei ti ha pugnalato alle spalle… e… per un istante ho pensato che quello che avevo sognato fosse vero…»
Mentre parlava gli aveva afferrato una mano e sentì le lacrime tornare a bagnarle le guance. E attraverso gli occhi velati, vide, illuminata dalla luce pallida della luna, una cicatrice sul collo di Severus. Non l’aveva mai visto con il collo scoperto, com’era in quel momento, e, per quanto sapesse che era lì che l’aveva morso quel maledetto serpente, non aveva voluto pensare al fatto che, se il morso fosse stato più profondo, se lo avessero trovato qualche minuto dopo, non avrebbe mai potuto incontrare l’uomo di cui si era innamorata così profondamente.
«Se potessi, ti darei una pozione che ti permette di dormire senza sognare nulla, ma è tossica per chi non possiede la magia», avrebbe voluto dirle che non valeva la pena piangere per lui, ma non lo fece, limitandosi a ricambiare la stretta della mano di Ygraine. «Immagino che tu abbia un metodo per calmarti prima di mettere piede sulla scena.»
Vide Ygraine annuire e sorridergli appena, mentre le lacrime iniziarono a placarsi.
«Prova a mettere in pratica quello che fai in quel frangente. Dovrebbe permetterti di svuotare la mente da quello che ti sta tormentando.»
Mentre parlava, prese con la mano libera il fazzoletto pulito che teneva in tasca e asciugò delicatamente le guance di Ygraine dai residui delle lacrime che aveva versato. Sentì la mano della giovane donna stringere maggiormente la sua e ricordò di aver notato come il soprano stringesse le pieghe della gonna quando voleva calmarsi. Notò che il corpo della giovane donna si stava rilassando e, poco dopo, sentì la sua mano abbandonare la sua.
«Cerca di riposare», disse in un mormorio, mentre si alzava dal letto e si allontanava da lei.
La vide sistemarsi meglio e raggomitolarsi sotto le coperte, il volto orientato verso la porta. Rimase immobile accanto all’uscio fino a quando non sentì il respiro di Ygraine farsi più profondo. Quando uscì nell’atrio rimase per qualche istante immobile, poi scese al piano di sotto e, facendola levitare con cautela, in modo da non farla sbattere, portò di sopra una delle poltrone. Non sapeva nemmeno se fosse una scelta sensata, ma non riteneva saggio lasciare Ygraine da sola. Entrò nella stanza, di cui aveva lasciato aperto la porta, e posò con un movimento delicato la poltrona in un angolo della camera.
Poi si sedette, apprestandosi a vegliare sul sonno della giovane donna, mentre un raggio di luna crescente illuminava pallido la stanza, sfiorando i capelli biondi di Ygraine.
E la luna illuminava la cittadina, fino a quando l’aurora non iniziò a illuminare di rosa il cielo, in quel luogo e in altre zone d’Inghilterra.
Anche il cielo di Londra appariva sereno, quando Harry si alzò da letto. Non aveva quasi chiuso occhio, ripensando agli interrogatori di quei due esseri orribili. Quando si avvicinò alla finestra notò che era ancora presto. Non sarebbe stato sensato andare al Ministero all’alba, né mandare a Piton il suo Patronus con l’ora in cui sarebbero andati a interrogare la signorina Ainsworth, per quanto non ce ne fosse nemmeno veramente bisogno, considerando che Taylor e la Stanton avevano confessato ogni cosa.
Rabbrividì, ripensando al volto della Magonò, mentre parlava della giovane donna e della vendetta che aveva escogitato. Era stato orribile vedere una donna dall’aspetto così apparentemente innocuo esprimere tanto odio unicamente perché la signorina Ainsworth era stata capace di fare quello che nessuno nel Mondo Magico aveva fatto. L’aveva notato il giorno prima, quando l’aveva vista stringere la mano di Piton. La giovane donna si fidava completamente di un uomo di cui tutti loro avrebbero dovuto fidarsi.
Invece, anche dopo la guerra, era stato dimenticato e gettato via come uno straccio vecchio. O, forse, c’erano altri che la pensavano come Taylor e credevano che fosse stato assolto ingiustamente.
Harry non riusciva ad accettare quell’idea.
E si sentì improvvisamente in colpa perché, nonostante l’avesse incontrato in più occasioni, non l’aveva ancora ringraziato per quello che aveva fatto. Si ripromise di farlo quel giorno. Sperava almeno di non perdere quel rapporto tranquillo che sembrava aver instaurato con l’uomo.
Al di fuori della finestra, il sole illuminava la capitale e un raggio di luce entrava lieve nella camera dove Ygraine riposava, illuminandone i capelli biondi e il volto. La giovane donna sbatté appena le palpebre, prima di aprire gli occhi. Dalla casa non proveniva nessun rumore, si accorse, mentre si metteva a sedere. La candela continuava a spargere la sua luce baluginante e alcuni raggi di sole penetravano dai tendaggi, illuminando il letto e un angolo nella stanza.
Severus stava dormendo su una delle poltrone del pianterreno e Ygraine sentì gli occhi farsi umidi per la gratitudine. Non si era nemmeno accorta che fosse rientrato nella stanza, dopo il suo secondo orribile incubo. Forse, però, in qualche modo, aveva compreso che era lì, vicino a lei, e per questo aveva dormito tranquillamente per il resto della notte. Oppure, a calmarla era stato il ricordo delle mani del mago sulla sua schiena e sulla sua nuca e del modo gentile con cui le aveva asciugato le lacrime.
Si alzò in punta di piedi e recuperò la borsa che aveva portato Harry il giorno prima. Quando aprì la porta della stanza, si voltò per un istante verso il mago, timorosa di averlo disturbato, chiedendosi quando si fosse addormentato di preciso nel corso della notte. Da dove si trovava le parve che dormisse ancora. Lasciò la porta della stanza socchiusa, da cui un flebile raggio di sole illuminava lieve il corridoio.
E quello stesso raggio continuava a rischiarare dolcemente la camera da cui Ygraine era appena uscita, crescendo di intensità man mano che i minuti scorrevano lenti. Severus aprì gli occhi di colpo, quando gli parve di udire un rumore provenire dal pianterreno. Il letto era vuoto e il sole filtrava dai tendaggi. Non avrebbe dovuto addormentarsi, si rimproverò, mentre si alzava in piedi. Ricordava di aver visto la luce rosata dell’aurora penetrare dolce nella stanza e di aver fissato per un istante i capelli di Ygraine, illuminati fiocamente. Aveva evitato di osservarla durante la notte, poiché credeva che, facendolo, avrebbe mancato di rispetto alla giovane donna. Aveva quindi preferito, durante la veglia, riflettere su ciò che poteva essere ancora rimasto sospeso di quella terribile vicenda.
Sapeva che rimaneva aperta la questione del suonatore di organetto. Sperava che Potter gli portasse buone notizie in proposito, ma temeva che a vagare per le strade di Londra non fosse né Taylor, né la Stanton. Aveva sentito l’organetto risuonare, mentre Ygraine stava provando con una donna che aveva scaricato sul soprano il suo odio malato. L’Auror si trovava, con ogni probabilità, presso il Ministero della Magia, in quel momento.
Il che lasciava unicamente presupporre che il suonatore di organetto si trovasse ancora là fuori, per quanto sperasse sinceramente di sbagliarsi, che Taylor avesse chiesto un giorno di permesso il dodici marzo e che avesse trascorso quel tempo libero suonando l’organetto sotto le finestre della casa della Stanton.
Anche dopo che si fu lavato e vestito, temporeggiò per qualche istante nel corridoio del primo piano. Sperava di non aver, in qualche modo, offeso Ygraine, rimanendo in camera sua quella notte, a vegliarla, per quanto il suo corpo stanco avesse interrotto quella veglia sul far del mattino. Sapeva che era un’insicurezza priva di senso, che la giovane donna avrebbe compreso, come sembrava fare sempre. D’altronde – e lo aveva già notato, in altre occasioni – in lui era rimasta una traccia delle insicurezze infantili, quelle stesse insicurezze che aveva tentato di nascondere dietro la rabbia della sua adolescenza.
Mentre scendeva le scale, ripensò alla sua esistenza solitaria, a quante volte fosse stato respinto e isolato, al fatto che aveva trascorso più tempo in una solitudine soffocante che in reale compagnia di altre persone. Anche dopo la fine della guerra, il Mondo Magico l’aveva posto ai margini e lui si era immerso in quella solitudine, centuplicandola, forse, fino a quando i suoi unici contatti umani erano stati gli addetti del piccolo supermercato Babbano dove faceva la spesa. Gli ingredienti che gli servivano, andava a raccoglierli da solo, se gli era possibile, oppure li ordinava da alcuni commercianti che operavano sul continente. E con il centro di ricerca, aveva unicamente scambi epistolari.
Quando raggiunse la cucina, dove trovò Ygraine seduta con in mano il libro che aveva iniziato a leggere la sera prima, si rese conto di quanto fosse mutata la sua vita in quei pochi mesi, di quanto si fosse abituato a non essere più solo.
«Buongiorno, Severus», lo salutò la giovane donna con un sorriso colmo di luminosa gratitudine. «Poco prima che scendessi è arrivato un… non ricordo più come si chiama, anche se Rebecca me ne ha parlato… un cervo con un messaggio da parte di Harry. Gli Auror saranno qui intorno alle due.»
Ygraine si sentì incredibilmente sciocca, mentre Severus le diceva che quella particolare magia portava il nome di Patronus. Rebecca gliene aveva spiegato la funzione quando Severus aveva mandato la sua cerva a casa di Gawain. Vedere il cervo del figlio di Lily Potter le aveva fatto perdere qualsiasi speranza. Sapeva che un Patronus poteva cambiare forma e ne conosceva le motivazioni perché Rebecca le aveva spiegato tutto con entusiasmo, ma non riusciva a sperare che il Patronus di Severus potesse mutare con il tempo.
L’uomo stava preparando la colazione, in quel momento, e l’animo le si riempì per un attimo di uno strano senso di rimpianto. Tutto era così naturale, al punto che una persona che non li conoscesse avrebbe potuto pensare che lei e Severus fossero una famiglia e quell’idea era terribilmente dolce e amara al tempo stesso.
Mentre l’uomo posava sul tavolo una teiera, le tazze e qualcosa da mangiare, Ygraine scacciò quel pensiero. Aveva sempre saputo che non ci sarebbe stata nessuna speranza e, per quanto fosse un pensiero dolcemente doloroso, era più che disposta ad accontentarsi di quell’amicizia, di quella vicinanza e del silenzio confortevole che calava tra loro e che le diede in quel momento conforto, facendola sentire calma e in pace.
«Vorrei ringraziarti per ieri notte.»
Severus alzò il capo dal tè e notò come Ygraine apparisse tranquilla in quel momento, mentre sedevano insieme, uno di fronte all’altro, al tavolo della cucina.
«Non ne hai motivo.»
Ed era la semplice verità, si disse l’uomo. Vegliare su di lei era stato il minimo che potesse fare, un gesto che gli era risultato spontaneo, naturale, quasi. Bevve un altro sorso del tè speziato che aveva preparato quella mattina, osservando per qualche istante il volto di Ygraine illuminato dal sole e i suoi occhi nocciola sempre così fiduciosi. Solo in quel momento si rese conto di quanto fossero belli quegli occhi. Non era il colore a renderli tali, né la forma, ma la loro espressività e la luce che parevano emanare.
Il sole bagnava la cucina della casa di Spinner’s End e buona parte dell’Inghilterra e illuminava il Kent e la casa degli Ainsworth.
Mary stava osservando Rebecca parlare al telefono con Ygraine, che li aveva chiamati poco prima. La bambina stava parlando a voce talmente bassa che si chiese se la figlia stesse realmente sentendo quello che le stava dicendo.
Ygraine aveva parlato anche con loro, scusandosi per non aver telefonato il giorno prima, ma le prove erano state massacranti ed era troppo stanca per poter viaggiare. Erano parole molto simili a quelle che aveva detto il ragazzo che aveva accompagnato a casa Rebecca. La voce di Ygraine era stata confortante, ma a Mary era apparsa piuttosto flebile e sperava che non avesse affaticato troppo le corde vocali. Sapeva che la figlia non poteva permettersi un’agenda piena come quella di altri cantanti, ma aveva sempre gestito bene la sua carriera, senza dover quasi mai cancellare una recita o una produzione.
Eppure, nonostante le parole di Ygraine, le pareva che ci fosse qualcosa che non andava. Non era nemmeno il fatto che la figlia aveva affidato Rebecca a quel ragazzo – la bambina pareva conoscerlo, d’altronde – né che aveva preferito non tornare a casa quella sera. La prima cosa che aveva notato era che non era stato il signor Piton a riaccompagnare Rebecca a casa. Anche un cieco avrebbe notato che tra i due si era instaurato un rapporto profondo, che la nipote aveva sostituito completamente Gawain con l’uomo. Quindi il mago doveva essere rimasto con Ygraine, si disse Mary. La seconda cosa che aveva notato era la preoccupazione di Rebecca. La bambina non aveva detto nulla né a lei, né ad Alfred, ma qualcosa doveva essere accaduto il giorno prima.
«La zia tornerà a casa oggi pomeriggio, anche se non sa l’orario», la voce della nipote era incredibilmente felice in quel momento e rilassata, ben diversa dalla sera prima, in cui era sembrata preda di un nervosismo ansioso. «Nonno, possiamo andare a imparare un po’ di francese? Quando arriveranno la zia e Severus, voglio fare vedere quello che ho imparato.»
Mary notò Alfred sorridere alla nipote e accompagnarla al tavolo del salotto che fungeva da sala da pranzo quando si riuniva tutta la famiglia. Mentre rimaneva ferma, si chiese se dovesse porre delle domande a Ygraine quella sera o sperare che la figlia si confidasse con lei o con il padre. O, forse, non era nemmeno importante sapere cosa fosse accaduto, perché, in fondo, le bastava che la figlia stesse bene e, al telefono, le era sembrata tranquilla.
Quando uscì di casa per andare a fare compere, notò che il sole era più luminoso del solito e che quella giornata di marzo sembrava quasi annunciare la fine della primavera e l’inizio dell’estate. E quel sole caldo illuminava anche la casa di Spinner’s End, quando Micheal Green, Emily Thomson e Harry Potter vi entrarono. Il ragazzo notò immediatamente che la signorina Ainsworth era nervosa, per quanto gli sembrasse più riposata di come se l’attendeva. Era vicinissima a Piton e, come già aveva fatto nell’appartamento della Stanton, pareva affidarsi completamente a lui.
«Immagino sappia, signorina Ainsworth, perché desideriamo interrogarla.»
Harry si chiese se Micheal non avrebbe dovuto usare un tono più tranquillo e rassicurante, ma l’uomo doveva essere ancora provato da quello che era accaduto nel corso della notte. Oppure si stava già preparando all’interrogatorio che aveva preparato con cura insieme a Emily.
«Certamente, Auror Green», la voce della giovane donna era forse un po’ fioca, notò il ragazzo. «Posso però chiederle se Severus può restare ed assistere.»
«Il protocollo lo impedisce, signorina Ainsworth, e questa è un’indagine in cui non si può sviare da esso.»
Severus vide Ygraine impallidire di colpo. Tutta la calma che aveva mostrato fino a quel momento si stava disintegrando, al punto da sembrargli smarrita.
«Mi chiedo, Green, in quanti verranno a sapere chi era effettivamente presente in questa stanza, se voi non lo scriverete su nessun documento ufficiale e sono certo che nessun membro del Wizengamot metterebbe in dubbio la veridicità della parola di tre Auror.»
«Abbiamo già fatto un’eccezione al protocollo venendo qui, Piton», Harry si voltò verso Emily, che era, come sempre, ostile nei confronti dell’uomo, nonostante ieri avesse ammesso che il mago non avesse nulla a che fare con l’aggressione alla signorina Ainsworth. «Dovrebbe tenersi in un luogo scelto dal Ministero, considerando che questa deposizione sostituirà la testimonianza davanti al Wizengamot della signorina Ainsworth, evitando di dover organizzare una seduta speciale a cui possa assistere anche una Babbana.»
«Immagino che anche voi siate in grado di capire che la signorina Ainsworth è ancora provata da quello che è accaduto ieri.»
Harry si voltò verso Micheal sperando che fosse ragionevole, perché Piton aveva ragione. Nessuno avrebbe saputo che lui sarebbe stato presente all’interrogatorio della giovane donna, che si era fatta, se possibile, più vicina al mago.
«Il protocollo è chiaro in proposito, Piton, e non prevede di certo la presenza di persone che hanno evitato il carcere con l’inganno.»
«Non stiamo parlando di me, Thomson, e di quello che pensi di sapere sul mio conto», Severus si era reso conto che Ygraine si era irrigidita al suo fianco e che sembrava irritata dalle parole dell’Auror. «Si tratta unicamente del benessere della signorina Ainsworth, una Babbana, che è stata aggredita da un vostro collega e da una Magonò, le stesse due persone che hanno ucciso altri due Babbani in un museo a gennaio.»
«Alla signorina Ainsworth non accadrà di certo nulla di male, Piton, rimanendo da sola con noi. Non si può dire lo stesso di quello che potrebbe accaderle rimanendo da sola con te. Da quel che ci è stato detto, se è stata aggredita, è unicamente perché si è associata con un Mangiamorte.»
«Emily…»
«Non potete…»
«Vi ho già detto che non si tratta di me, ma del benessere della signorina Ainsworth», Severus alzò di poco la voce, interrompendo sia Potter che appariva indignato, sia Ygraine che era decisamente arrabbiata con la donna. Green, invece, osservava in silenzio quello che stava avvenendo, quasi si stesse godendo lo spettacolo. «Non potete farla parlare troppo a lungo. Ieri le ho somministrato l’antidoto, ma sta ancora agendo. Può parlare, ma deve fare delle pause e dovete permetterle di bere l’acqua dalla brocca che si trova sul tavolo.»
«Abbiamo a cuore il benessere della signorina Ainsworth, Piton, ma non possiamo darle da bere nulla che non sia stato precedentemente testato. Ora dovresti andartene. Il Wizengamot tiene al rispetto del protocollo.»
«Se avesse voluto essere certo del rispetto del protocollo, avrebbe mandato un suo rappresentante, non credete?»
La voce di Piton era gelida, notò Harry, mentre pronunciava quelle parole, che gli sembravano perfettamente logiche e sperava che così fosse anche per Micheal ed Emily.
«Non dovrai dire una parola, Piton, né interrompere in alcun modo la testimonianza della signorina Ainsworth», disse Green lanciando un’occhiata a Emily che annuì dopo qualche istante, prima di prendere la brocca d’acqua e spostarla sulla credenza. «Harry, spostati con Piton verso le poltrone, mentre noi e la signorina Ainsworth ci sederemo al tavolo.»
Harry osservò Piton voltarsi per un attimo verso la signorina Ainsworth. Non riuscì a capire se stessero parlando perché, da dove si trovava, non riusciva a vedere bene la giovane donna, ma, dopo pochi istanti, il mago annuì ai due Auror e si portò verso le poltrone che si trovavano davanti alla biblioteca.
«Si segga, signorina Ainsworth.»
Ygraine si mosse verso la sedia che le aveva indicato l’Auror. Era certa che l’avessero fatta sedere lì perché non potesse vedere Severus, che si trovava alle sue spalle, ma non era importante. La sua presenza silenziosa e confortante le sarebbe bastata per tutta la durata di quello che sperava che sarebbe stato un breve interrogatorio.
«Perché si trovava nell’appartamento della signorina Stanton?»
Harry si sedette sulla poltrona, dopo averla girata verso il tavolo, come aveva già fatto Piton con l’altra. Il comportamento di Emily e Micheal gli sembrava ridicolo, nonostante quello che era accaduto all’alba, nonostante la lettera che sembrava pesare come un macigno nella sua tasca. Non sembrava nemmeno trattarsi di dover prendere delle precauzioni per poter presentare una testimonianza inattaccabile davanti al Wizengamot.
Era come se temessero che Piton potesse in qualche modo influenzare la confessione della signorina Ainsworth, che stava spiegando con voce flebile, ma calma come si fosse trovata nell’appartamento della signorina Stanton. Emily poi aveva superato il segno, con le sue accuse a Piton. Eppure, il giorno prima era stata decisamente in gamba quando aveva interrogato la Stanton, ma sembrava non riuscire a capire che l’uomo che aveva appena insultato era un eroe, era colui che gli aveva permesso di sconfiggere Voldemort.
«Quindi prima avete provato delle parti di un’opera?»
«Sì, ma quando abbiamo finito, ha iniziato a parlare di Tristan, di uno dei miei fratelli che è morto suicida.»
Severus notò che il corpo di Ygraine si irrigidì quando Green e la Thomson iniziarono a porle domande totalmente inutili su Tristan, prima di tornare su quello che avrebbe dovuto essere il loro scopo. Le chiesero un numero infinito di chiarimenti, senza nemmeno accorgersi che la voce della giovane donna iniziava ad affaticarsi, senza nemmeno concederle una pausa. Eppure, era stato chiaro in proposito e Green aveva anche sottolineato come avesse a cuore il benessere di Ygraine. Si voltò verso Potter, che stava fissando perplesso i suoi due colleghi.
«Micheal, non dovreste fare una pausa?»
«A tempo debito, Harry.»
Poi Green riprese con le sue domande, soffermandosi in maniera quasi maniacale sul modo in cui Ygraine era riuscita a liberarsi dalla stretta di Taylor.
«Quindi conferma, signorina Ainsworth, di aver dato una gomitata nel ventre di Cristopher Taylor e che, subito dopo, è corsa nella cucina dell’appartamento?»
«Esattamente. Come vi ho detto, avevo provato una scena simile per giorni e credo di aver agito d’istinto.»
Ygraine sentiva la voce farsi più debole e si sentiva inquieta di fronte al numero di domande che le avevano fatto finora, facendole ripetere più volte lo stesso particolare. Fece uno sforzo su sé stessa per non voltarsi, per non cercare lo sguardo di Severus. Strinse le pieghe della gonna, cercando di calmarsi, come faceva sempre prima di entrare in scena. E tentò di immaginare gli occhi neri dell’uomo e il conforto della sua voce e delle sue mani sulla sua schiena la sera prima, quando l’aveva abbracciata.
«Cos’è accaduto subito dopo?»
Harry si alzò lentamente in piedi, il pezzo spiegazzato di pergamena, che Piton gli aveva passato pochi istanti, sembrava bruciare nel suo pugno chiuso. Emily e Micheal erano intenti ad osservare la giovane donna che stava spiegando del modo in cui era corsa in un’altra stanza, dopo essersi liberata da Taylor. La cucina era incredibilmente ordinata notò e totalmente Babbana. Quel particolare lo fece improvvisamente riflettere sulle motivazioni che stavano portando, al di là di quello che gli avevano spiegato quella mattina, Emily e Micheal a tormentare in quel modo la vittima e dovette ammettere che forse non riuscivano a credere che una Babbana avesse potuto tener testa a un mago, fino a quando questi non aveva usato la magia.
Mentre versava dell’acqua fredda in un bicchiere, si rendeva conto che la signorina Ainsworth stava dando prova di avere un animo forte, nonostante il modo in cui stavano analizzando ogni sua frase.
Distrusse il pezzo di pergamena in cui Piton gli aveva quasi ordinato di andare a procurarsi dell’acqua per la giovane donna e ritornò nell’altra stanza. Posò il bicchiere sul tavolo. Emily gli lanciò un’occhiata che gli fece temere una ramanzina non appena si fossero trovati soli al Ministero, mentre Micheal non disse una sola parola.
«Quando si è accorta che era entrato Piton?»
Severus avrebbe voluto porre fine a quella farsa, in cui Green e la Thomson sembravano provare un sadico gusto nel tormentare Ygraine che aveva risposto con chiarezza ad ogni domanda, ripetendo alcuni eventi allo sfinimento, ottenendo unicamente di affaticarle la voce. Sentì Potter sedersi al suo fianco, mentre la giovane donna rispondeva come meglio poteva a quella domanda.
«Cosa ha provato quando ha capito che era Piton?»
«Sollievo», mormorò la giovane donna, dopo aver posato il bicchiere sul tavolo.
La voce di Ygraine sembrava meno affaticata, notò Severus, ma il suo corpo stava cedendo. Per quanto fosse riuscita a dormire per buona parte della notte, per quanto la pozione avesse fatto il suo lavoro, doveva essere ormai stremata. Aveva subito una tortura orribile meno di ventiquattr’ore prima e la cura era stata dolorosa nei suoi primi minuti. Quella mattina aveva poi dovuto parlare con il teatro per spiegare che non avrebbe partecipato alle ultime due prove dell’opera e sapeva che non era stata una conversazione facile. L’unica consolazione era che le era stata evitata la telefonata al foniatra perché era stato il teatro a farsene carico e lunedì avevano organizzato tutte le visite del caso.
Gli Auror avrebbero dovuto accorgersi che Ygraine stava per crollare; invece, erano unicamente degli imbecilli e continuavano a farle domande, chiedendole di chiarire ogni minimo particolare, per quanto la giovane donna avesse parlato in maniera chiara e coerente, esattamente come aveva fatto ieri quando aveva parlato con lui.
Quando le chiesero di approfondire maggiormente quello che le era stato fatto, di spiegare con cura ogni dettaglio, dovette dar fondo a tutto il suo autocontrollo per non intervenire e chiedere loro cosa si aspettassero di scoprire da una persona che era stata immobilizzata in quel modo. La voce di Ygraine vacillò leggermente, la vide prendere il bicchiere e bere l’ultimo sorso d’acqua prima di rispondere.
E andarono avanti così per altri lunghissimi minuti, continuando a porre domande a cui Ygraine non sapeva rispondere. Ricordava perfettamente il modo in cui si era aggrappata a lui, quando le si era avvicinato dopo aver schiantato Taylor, le sue lacrime e la sua fiducia, ma rammentava anche gli occhi offuscati dal dolore dovuto alla pozione e alla ferita alla gamba.
«Dobbiamo porle altre domande per chiarire nel modo migliore quanto è accaduto», affermò Green, con voce che sembrava quasi dispiaciuta. «Ci sono però dei particolari che potrebbero tornare utili durante il processo. Perché ha difeso con tanta veemenza Piton?»
«Mi fido completamente di lui.»
«Ne è l’amante?»
Ygraine scosse unicamente il capo, chiedendosi per quale motivo le stessero ponendo quella domanda.
«Una risposta verbale, signorina Ainsworth.»
«No.»
«Quindi, ci assicura che non avete mai avuto nessun contatto di natura erotica?»
«Nessuno.»
«Sia Taylor che la Stanton hanno affermato, durante le loro deposizioni, il contrario. Nessuno la sta giudicando, ma ieri l’abbiamo vista stringergli una mano, signorina Ainsworth.»
«Stavo unicamente cercando conforto in un amico.»
«Non l’ha mai, nemmeno in un’occasione, toccata in maniera inappropriata?»
«No. Ve l’ho già detto più volte, ormai.»
Ygraine dovette sforzarsi per non voltarsi verso Severus, per non cercare conforto nel suo sguardo. Non riusciva nemmeno a capire per quale motivo le stessero ponendo quelle domande umilianti, che non avevano nessun reale legame con l’indagine in corso e che sembravano unicamente voler rendere il rapporto che aveva instaurato con Severus simile ad una tresca, priva di reali e profondi sentimenti. Era come se volessero far diventare tutto banale, cancellando la fiducia e l’amicizia che li legavano. Di certo, non avrebbero nemmeno capito che lei lo amava a tal punto da essere felice di avere quell’amicizia profonda, anche se era certa che non avrebbe mai potuto risvegliarsi tra le sue braccia.
«Quindi, come definirebbe il rapporto con Piton?»
«Di amicizia sincera.»
Severus poteva vedere la tensione nelle spalle di Ygraine ed era in grado di immaginare il suo nervosismo, per quanto la voce risultasse ancora tranquilla. Era certo che stesse stringendo la gonna con una mano come faceva prima di andare in scena, come aveva fatto la sera prima con la sua mano, per riuscire a tranquillizzarsi dopo il suo secondo incubo. Quanto a lui, se non fosse stato controproducente, avrebbe voluto cacciare i due Auror da casa sua, impedendo loro di vedere, anche da lontano, Ygraine. La stavano umiliando inutilmente, nel tentativo, quasi, di trovare un gustoso pettegolezzo da vendere alla Gazzetta del Profeta.
«Lei ha detto che sua nipote, Rebecca Ainsworth, si trovava con Piton mentre era nell’appartamento di Jane Stanton.»
«Esattamente.»
«Per quale motivo non era a scuola?»
La voce della Thomson sembrava fastidiosamente acuta, mentre poneva altre domande perfettamente evitabili. Ygraine era, se possibile, più tesa di prima, perché avrebbe dovuto spiegare quello che era accaduto con suo fratello a dei perfetti sconosciuti che non avevano alcun motivo per farle domande del genere.
«Mio fratello e mia cognata non possono più occuparsi di Rebecca e l’hanno affidata a me. Ho firmato pochi giorni fa un documento in cui sono diventata la sua tutrice. Sono andata ad abitare dai miei genitori, nel Kent, e, ieri, poiché mamma e papà erano impegnati, è venuta a Londra con me. Severus è stato tanto gentile da accettare di prendersi cura di lei mentre io stavo provando con la signorina Stanton.»
«Affida spesso sua nipote a Piton?»
«Di solito siamo insieme, ma non vedo alcun problema ad affidare Rebecca a una persona per cui nutro la più completa fiducia.»
«Come si comporta Piton con sua nipote?»
Harry si voltò verso l’uomo e notò che stava stringendo i braccioli della poltrona con forza, probabilmente per impedirsi di intervenire. Era furioso, ben più furioso di quanto fosse stato con lui quando aveva avuto la malaugurata idea di guardare nel suo Pensatoio.
E il ragazzo poteva perfettamente comprendere la furia dell’uomo in quel momento.
«Severus è sempre gentile con Rebecca e spesso parlano insieme del Mondo Magico e di pozioni. Mia nipote ama porgli domande in proposito. Come vi ho già detto, mi fido assolutamente di lui e so, con assoluta certezza, che Rebecca è completamente al sicuro in sua compagnia.»
«Piton ha mai fatto del male a sua nipote?»
«Credete veramente che mi fiderei così tanto di Severus se avesse nuociuto a Rebecca?»
Harry notò che la signorina Ainsworth era decisamente irritata e non poteva darle torto. Emily e Micheal stavano passando il segno, non stavano più seguendo l’interrogatorio che avevano ideato quella mattina. Avevano ormai chiarito in ogni punto il contenuto della lettera di cui teneva una copia in tasca e conoscevano ogni minimo particolare di quello che era accaduto quella mattina.
«Eppure, c’è chi sostiene che Piton abbia un’influenza negativa su sua nipote.»
«Jane… è stata Jane a dirvelo? E voi le avete creduto?»
«Non si tratta di credere o non credere, signorina Ainsworth, ma di accertare la verità.»
«Pensa forse che sia una stupida, Auror Thomson?» Severus non aveva mai visto Ygraine così arrabbiata, nemmeno quando Gawain aveva deciso di non volere avere più nulla a che fare. «Ricordo perfettamente che durante gli interrogatori passati avete tentato accusare Severus degli omicidi avvenuti al museo, avete insistito perché io dicessi qualcosa di negativo sul suo conto. So che lei pensa il peggio di lui, che non è per niente oggettiva, ma forse pensava che non me ne fossi accorta.»
«Lei è una Babbana, signorina Ainsworth, e non capisce appieno gli equilibri politici del nostro mondo», disse Green, con voce che, a Severus, parve condiscendente.
«Quindi mi state ponendo queste domande, state prestando fede a una donna che ha provocato la morte di due innocenti, che mi ha torturata unicamente per mantenere degli equilibri politici? Oppure credete che perché non possiedo la magia, sia una povera sciocca?»
La voce di Ygraine era ancora irritata di fronte alle parole dei due Auror e Severus era certo che avesse ragione. Il Mondo Magico si sentiva incredibilmente superiore nei confronti dei Babbani e anche quei maghi che sembravano interessarsi ai Babbani lo facevano più per curiosità che per tentare di comprenderne realmente il mondo. Lui stesso si era vergognato, un tempo, di avere un padre Babbano, aveva quasi nascosto quella parte della sua vita e soltanto troppo tardi aveva compreso che non c’era nulla di male, che non tutti i Babbani erano come suo padre. E anche se non lo avesse compreso allora, gli sarebbe stato ben chiaro dopo aver conosciuto Ygraine, dopo aver conosciuto la donna che era riuscita a fargli desiderare di vivere realmente, la donna che si fidava di lui, che non l’aveva mai guardato con sospetto, la donna che gli sembrava di amare, ogni minuto che passava, più profondamente.
«Risponda alla nostra domanda, signorina Ainsworth. Piton ha mai fatto del male a sua nipote?»
«Mai.»
«Ne è sicura?»
«Se cercate qualcuno che ha fatto del male a Rebecca, dovreste andare a parlare con Gawain e Margaret», Ygraine si pentì di aver detto quelle parole, non appena le pronunciò. Non era mai stata sua intenzione parlare di quello che era accaduto nell’appartamento del fratello, ma le parole degli Auror l’avevano irritata. «E se non fosse stato per Severus, non so fino a dove si sarebbe spinto mio fratello. Se io e mia nipote ci troviamo nel Kent, al sicuro, è soltanto per merito dell’uomo che voi state cercando di denigrare da quando avete messo piede in casa sua.»
La voce di Ygraine si era quasi spezzata sulle ultime parole e Severus notò la spossatezza della giovane donna nel suo corpo e sperò che quei due imbecilli che la stavano interrogando capissero che non avevano altro da chiederle.
«Ho ancora un’ultima domanda. Lei dice di avere una completa fiducia in Piton. Da dove nasce questa sua fede?»
Severus notò che Ygraine stava cercando di nascondere la stanchezza che doveva provare, aggiustando la postura del corpo e l’ammirò per quello, così come l’aveva ammirata durante tutti i lunghissimi minuti in cui l’avevano sottoposta a quella tortura travestita da interrogatorio.
«Dalla consapevolezza che non ha mai mentito, né a me, né a Rebecca.»
Harry si voltò di scatto verso Piton, ma l’uomo stava osservando ogni singolo movimento della signorina Ainsworth. Non riusciva a leggerne l’espressione, ma forse non sarebbe servito a nulla perché l’uomo sapeva celare perfettamente quello che pensava e provava. Per un istante il ragazzo si chiese cosa celasse realmente quella frase della giovane donna, ma comprese subito che non erano affari suoi.
«Credo che sia tutto. Emily, hai qualche altra domanda?»
«No, nessuna. Signorina Ainsworth, se vuole essere così gentile da firmare qui in fondo.»
Ygraine si sentì sollevata che quell’incubo fosse finalmente finito, che avessero terminato di porle domande personali in un contesto in cui non avevano motivo di esistere. Tentò di ignorare la spossatezza che la stava assalendo e il lieve dolore alle corde vocali.
«Non sarebbe mio diritto leggere la mia deposizione, prima di firmarla?»
«Sì, certo.»
Ygraine iniziò a leggere ogni parola che la penna aveva scritto sul foglio. Non sapeva come funzionassero quelle penne magiche che scrivevano da sole, non aveva idea se si potessero manomettere per far scrivere loro quello che il proprietario voleva. D’altronde non riusciva a fidarsi di quei due Auror, dopo che avevano tentato di far passare, ancora una volta, Severus come il peggiore degli uomini.
Invece, ogni parola corrispondeva alla lettera, incluse le infinite domande che le avevano posto. Prese in mano la penna che le avevano passato e la intinse nel calamaio. Ringraziò un regista particolarmente pignolo nel voler essere realistico che aveva preteso, quando aveva cantato Luisa Miller due anni prima, che lei scrivesse usando veramente penna e calamaio. Riuscì ad ignorare il lieve dolore che sentiva alle corde vocali, dovuto a tutto quel parlare, mentre firmava la deposizione.
L’Auror Green la ringraziò con un sorriso quasi di scusa, mentre l’Auror Thomson la guardò scuotendo il capo con una strana espressione a metà tra l’incredulità e il compatimento. Ygraine si sentiva completamente sfinita, ora che gli Auror se n’erano andati, al punto che non ebbe nemmeno la forza di alzarsi in piedi.
«Cosa fai ancora qui, Potter?»
Ygraine tentò di voltarsi, per osservare il volto di Severus, ma non ci riuscì. Sentiva la testa pulsare e la gola dolerle. Sapeva di aver sforzato le corde vocali nel rispondere a tutte quelle domande, in quell’interrogatorio che doveva essere durato ore. La sera prima e quella mattina, quando aveva parlato con Severus c’erano sempre stati lunghi silenzi e il mago le aveva fatto bere, obbligandola quasi in alcuni frangenti, molti bicchieri d’acqua, in modo da rendere più efficace la pozione che aveva preparato il giorno prima. Ma quel pomeriggio aveva dovuto rispondere ad ogni singola domanda, senza che le dessero un attimo di tregua, nonostante quello che Severus aveva raccomandato loro, e l’acqua che le aveva portato Harry sembrava non essere bastata.
«Ci sono delle questioni di cui dovrei parlarti, Piton. In privato.»
Severus osservò il ragazzo, notando che Potter sembrava nervoso. Forse aveva una spiegazione al modo in cui i suoi colleghi si erano accaniti su Ygraine per più di due ore e mezzo. E, se così era, si aspettava che fosse inattaccabile.
«Aspettami in cucina.»
Non guardò nemmeno se Potter stesse facendo quello che gli aveva detto. Si avvicinò a Ygraine e si sedette sulla sedia vuota accanto a lei, quella su cui avrebbe potuto essere seduto lui, se gli Auror glielo avessero consentito.
«Ygraine», la giovane donna si girò verso di lui e tentò di sorridergli, ma gli occhi erano sofferenti e il suo volto mostrava quanto fosse sfinita. Prese le mani del soprano tra le sue, incurante di quello che poteva pensare Potter, che forse non era nemmeno andato in cucina. «Non avrebbero dovuto farti parlare a quel modo.»
«Il dolore è tornato, non forte come ieri, ma…»
«Avrei dovuto farti avere prima l’acqua», aveva atteso che gli occhi della Thomson non fossero su di lui, per prendere la matita che aveva usato come segnalibro la sera precedente, strappare un angolo, senza alcuna parola stampata, da quello stesso libro, e allungarlo a Potter con sopra scritte poche chiare parole.
«Non è colpa tua.»
«Lo so, Ygraine», almeno di questo era certo, almeno quella volta aveva subito lasciato andare qualsiasi senso di colpa. Sentì le mani della giovane donna stringere maggiormente le sue e un lieve sorriso illuminarle il volto. «Mentre parlo con Potter, puoi riposare.»
La giovane donna annuì soltanto, mentre si alzava in piedi, senza lasciare andare le mani del mago. Si appoggiò a lui, mentre salivano al piano superiore e mentre l’aiutava a sedersi sul letto. Si sentiva incredibilmente debole, in quel momento, al punto che quasi non si accorse che Severus era uscito dalla stanza se non per il fatto che l’aveva lasciata andare. Ritornò poco dopo, tenendo in mano una fiala e un bicchiere d’acqua.
«Ritengo che sia meglio che tu prenda un’altra dose di antidoto. Non sarà doloroso come ieri e forse non sarà nemmeno efficace nel lenire il dolore. So però, con certezza che non ti sarà dannoso», mentre parlava si era seduto accanto alla giovane donna.
Le porse la fiala che Ygraine bevve docilmente. Tornò ad afferrargli le mani, per quanto sul suo volto non vi fosse alcun segno di dolore. Severus staccò delicatamente le mani da quelle della giovane donna e, cercando di non mostrare l’incertezza per un gesto a cui non aveva mai dato inizio, l’abbracciò. Ygraine appoggiò il capo contro il suo petto, come aveva fatto le altre volte in cui aveva cercato conforto in lui.
Rimase immobile.
Ygraine non stava piangendo come le altre volte, ma aveva ricambiato l’abbraccio. Sentiva le mani pure della giovane donna sulla sua schiena e sentiva la sua fiducia nel modo in cui stava accettando il suo tentativo di confortarla, di farle, forse, dimenticare il male che le avevano fatto i due Auror.
Era certo che il cuore puro della giovane donna non potesse mai ricambiare i suoi sentimenti, ma gli sarebbe bastato poterle stare accanto, poterle offrire, per quanto in maniera probabilmente inadeguata, il conforto che non aveva mai potuto, in passato, dare a nessuno.
Gli sarebbe bastato poterle offrire la sua amicizia.
Gli sarebbe bastato vederla felice.
Gli sarebbe bastato amarla in silenzio.

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[1] Per la simbologia del cigno, ho consultato alcuni bestiari medievali, che sono piuttosto ambivalenti in proposito. A volte è figura di purezza (il bianco delle piume) e di fedeltà e amore (il cigno è essenzialmente monogamo); altre è simbolo del canto, ma anche di morte; infine, è anche simbolo d’ipocrisia (nasconde le piume nere sotto le piume bianche).

 
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