Il Calderone di Severus

Sfida N. 9 FF: Se Severus non fosse mai morto

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 16/7/2022, 09:32
Avatar

Pozionista

Group:
Severus Fan
Posts:
3,086

Status:


Capitolo XX - Parte IV

Der Wegweiser


Gran Bretagna, 5 marzo 2002


Nel Kent tutto si era fatto buio. La casa degli Ainsworth era quasi completamente immersa nell’oscurità. Rebecca era andata a dormire subito dopo cena, esausta, lasciando che gli adulti parlassero tra loro di quello che era accaduto. Aveva solo ottenuto che la nonna chiedesse a Severus di fermarsi per quella notte, perché sapeva che si sarebbe sentita al sicuro sapendolo sotto lo stesso tetto.
Mary e Alfred Ainsworth avevano ascoltato sconfortati quello che Ygraine e il signor Piton avevano detto. Sapevano entrambi che Gawain e Margaret avevano distrutto qualsiasi fiducia Rebecca avesse in loro e quello era un pensiero orribile. La donna decise di andare a Londra il giorno successivo per provare a parlare con il figlio, per capire cosa lo avesse spinto a rifiutare in quel modo la natura stessa di Rebecca. Poteva comprendere che Gawain potesse sentirsi a disagio. Lei stessa si sentiva scossa dall’aver appreso dell’esistenza di quel mondo parallelo di cui non avrebbe dovuto fare parola a nessuno. Ed era certa che ci fossero altre cose che non le erano state dette, cose che forse non voleva nemmeno sapere.
Avrebbe appoggiato la nipote perché l’amava e non voleva perderla, ma sperava, al contempo, di non dover conoscere molti altri maghi e di non mettersi ad osservare ogni vicino di casa per capire se uno di loro aveva una bacchetta come quella del signor Piton.
Si rannicchiò contro il marito. Alfred sembrava invece piuttosto eccitato all’idea che Rebecca fosse una strega ed era certa che unicamente la gravità di quello che aveva fatto Gawain lo avesse bloccato da porre delle domande al mago che Ygraine aveva conosciuto in maniera così casuale e per cui la figlia pareva nutrire sentimenti così profondi.
E quello era un’altra cosa strana.
Ygraine non era mai stata una persona istintiva, ma in quel frangente pareva essersi fidata fin da subito del signor Piton e in pochi mesi aveva stretto con lui un rapporto di amicizia più profondo di quello che aveva con Dominique o con Jane, per quanto a lei la pianista non fosse mai piaciuta.
Fuori la notte era cupa e una pioggia leggera aveva iniziato a cadere sul Kent. La casa degli Ainsworth era quasi tutta immersa nell’oscurità, tranne che per una luce fioca che proveniva dallo studio di Alfred, dove si trovavano Severus e Ygraine, accanto alla scrivania, ingombra di libri, fogli e microfilm. La giovane donna sembrava più tranquilla in quel momento, notò l’uomo, che l’aveva raggiunta dalla stanza degli ospiti, dove aveva appena posato un cambio di vestiti e il regalo che aveva preparato per la bambina, che era andato a recuperare nella casa di Spinner’s End. Quando Mary Ainsworth gli aveva chiesto di rimanere per notte, seguendo le parole che Rebecca aveva mormorato, non aveva osato rifiutare, non di fronte allo sguardo bisognoso di conforto della bambina. In quel momento, mentre si trovavano in quella stanza resa angusta dal numero di oggetti presenti, Ygraine lo stava osservando con gli occhi nocciola colmi di fiducia e di amicizia profonda.
«Sono felice che mamma e papà siano stati ragionevoli.»
«Tua madre farà più fatica ad accettare la verità. Non rifiuterà Rebecca, ma potrebbe non riuscire ad essere totalmente coinvolta nella sua vita di strega.»
«Sì, me ne sono accorta. Papà sembra invece entusiasta», Ygraine osservò Severus che aveva lo sguardo rivolto all’oscurità fuori dalla stanza.
«Forse tuo padre potrebbe aver letto qualche poema scritto da un mago. A quell’epoca la distanza tra i nostri due mondi non era così marcata e alcuni poeti di romanzi cavallereschi erano maghi. Sono certo che un membro di Serpeverde abbia scritto un poema in anglonormanno quando è arrivato alla corte di Alienor d’Aquitania.»
Ygraine osservò lo studio del padre, chiedendosi se in qualcuno di quei microfilm non ci fosse anche la riproduzione di uno di quei poemi.
«Ma non dovrebbero non essere accessibili a noi Babbani?»
«Non sono un esperto, ma da quel che so venivano create delle copie per le corti Babbane e delle copie per i maghi. A differenziarle erano le miniature, ma temo che molte famiglie Purosangue non siano state particolarmente attente con i loro libri più antichi, soprattutto quelli che non parlavano di incantesimi. Molti manoscritti sono andati perduti, distrutti dalla cattiva cura dei loro proprietari.»
Il che era un peccato, si disse l’uomo. Non vi aveva mai realmente riflettuto, ma solo in quel momento si rese conto che l’educazione offerta a Hogwarts mancava di qualsiasi insegnamento che esulasse dalla pratica magica. Non c’era nemmeno un cenno alla letteratura, all’arte o anche solo alla matematica. Aveva sentito dire che in alcune zone d’Europa avevano iniziato ad aprire delle piccole scuole di magia in cui si affiancavano agli insegnamenti tradizionali altri che intrecciavano maggiormente Mondo Magico e Babbano, in corsi ben diversi e più variegati di Babbanologia.
«Papà inorridirebbe», Ygraine gli sorrise appena. Era una conversazione tranquilla, come altre che avevano avuto, per quanto fossero entrambi coscienti, ne era certo, di quello che era avvenuto quel giorno. «Severus, credi che dovrei tentare di parlare con Gawain, nei prossimi giorni?»
«Non ritengo che tuo fratello ti starebbe a sentire più di quanto non abbia fatto nelle settimane scorse», l’uomo vide la giovane donna annuire.
Era certo che gli avesse posto quella domanda, unicamente perché sentiva il bisogno che qualcuno confermasse quello che lei già sapeva. Gawain aveva colpito anche lei quel giorno ed era certo che Margaret odiasse la cognata, per quanto lui trovasse inconcepibile che qualcuno potesse odiare Ygraine.
La osservò con attenzione, mentre i suoi occhi, sempre così espressivi, si facevano tristi.
Ma poco dopo lo osservarono grati e, improvvisamente, quella gratitudine gli fece salire la bile in gola, perché, nonostante quello che aveva detto a Gawain e Margaret Ainsworth, non riusciva ad impedirsi di sentirsi colpevole per il male che aveva colpito Rebecca e, di conseguenza, Ygraine, per come non era riuscito a proteggere realmente la bambina come invece avrebbe voluto.
«Ti sono grata per tutto quello che hai fatto oggi, Severus», la voce della giovane donna era tranquilla e i suoi occhi colmi di gratitudine e di ammirazione, due sentimenti che sapeva di non meritare. «E vorrei ringraziarti per tutto quello che hai fatto per Rebecca. Se non…»
«E per cosa vuoi ringraziarmi di preciso, Ygraine? Per essere la causa di tutto quanto è accaduto? Per…», si interruppe di colpo. Non era stata sua intenzione pronunciare quelle parole, né usare quel tono duro. Tuttavia, era da quando Rebecca era andata da lui e, ancor più da quando aveva cenato con gli Ainsworth che non riusciva a fare altro che a pensare a come, in definitiva, fosse a causa sua se Rebecca soffriva in quel modo. «So quanto possa essere difficile per un Babbano accettare la magia. Non avrei dovuto rivelare tutto a Rebecca o avrei dovuto proporti di parlare poco dopo con tuo fratello. O, anche se non avessi pensato a tutto questo, avrei dovuto comprendere che il nostro sotterfugio non sarebbe durato.»
«Come potevi immagine che Gawain avrebbe reagito in quel modo? Da quando mio fratello e Margaret hanno saputo della magia, tu hai fatto il possibile per aiutare Rebecca», la voce di Ygraine era pacata. Era vicinissima a lui e poteva leggere la fiducia profonda nei suoi occhi nocciola. «Se mia nipote sa ancora sorridere, è per merito tuo, Severus. È stato da te che si è rifugiata quando Gawain l’ha picchiata per la prima volta. Non ha nemmeno pensato di venire a teatro o di andare da Jane. E, ti prego, Severus, non addossarti la responsabilità delle scelte di mio fratello e di mia cognata. L’hai detto tu stesso oggi, in casa loro… sono stati loro a fare tutto, a perdere Rebecca. Nulla di quello che è accaduto a mia nipote è colpa tua. L’unica cosa che hai fatto è stato starle vicino e proteggerla.»
Severus osservò gli occhi sinceri della donna e cercò di afferrare quelle parole assolutorie. Lottò con sé stesso per accettare il perdono, almeno in quell’occasione, almeno quella volta. Sapeva razionalmente che Ygraine aveva ragione, che lui non aveva nessuna responsabilità nelle scelte di Gawain Ainsworth, ma non riusciva ad eliminare del tutto il timore di essere sul punto di distruggere una delle cose migliori che gli fosse mai capitata, di poter, un giorno, fare qualcosa che gli avrebbe fatto perdere l’affetto di Rebecca, di arrivare a ferire Ygraine e di riuscire, in qualche modo, a scalfire la sua incrollabile fiducia.
Aveva semplicemente paura.
Non aveva mai provato nulla di simile a quello che sentiva per Rebecca. O, forse, non aveva mai voluto provarlo, nemmeno con i ragazzi di Serpeverde che più gli parevano in difficoltà. Quando aveva potuto, li aveva aiutati, da lontano, guidandoli con consigli pronunciati con freddezza o sarcasmo, ma non aveva mai osato provare alcun sentimento paterno per nessuno di loro.
Le sue mani erano sporche di sangue e si sarebbero sporcate di altro sangue, quando sarebbe dovuto tornare al servizio dell’Oscuro Signore, per compiere il suo dovere, per tentare inutilmente di espiare. E per quello non aveva mai potuto nemmeno lavorare apertamente per impedire ad altri ragazzi della sua o di altre case di compiere il suo stesso imperdonabile errore.
«Sei una brava persona, Severus», la voce della giovane donna era poco più di un sussurro gentile, nel silenzio della stanza.
E fu come se la giovane donna gli avesse appena detto che lo stava perdonando per tutte le sue imperdonabili colpe.
E fu come una pugnalata, perché non credeva di meritare quelle parole, di meritare il dolce dono del perdono.
«Sai che non è vero, Ygraine.»
«Invece lo sei, altrimenti non ti saresti mai preso cura di Rebecca come hai fatto oggi, né come hai fatto il giorno in cui è andata a casa tua. Nulla ti obbligava a cucinare insieme a lei, né a frapporti tra lei e Gawain oggi, né a parlare con mio fratello e a convincerlo a farci venire qui per qualche giorno.»
«Perché continui ad ignorare che sono un mostro, che ho portato morte e distruzione con le mie mani? Che ho deciso di essere marchiato in questo modo perché le mie mani diventassero le mani di un assassino?»
Voleva che Ygraine vedesse il simbolo indelebile della sua colpa, per quanto il Marchio Nero fosse ormai diventato una nera cicatrice sul suo avambraccio sinistro e la sua forma non fosse più del tutto leggibile.
Stese il braccio verso la giovane donna, dopo aver scoperto il grumo nero che aveva tanto desiderato nella sua gioventù e che tanto aveva odiato nella sua vita di adulto. Ygraine non indietreggiò, ma non credeva nemmeno che l’avrebbe fatto.
Non si aspettava però che sfiorasse l’ombra sbiadita del Marchio Nero con una mano, piccola e delicata.
E pura.
Con l’altra gli prese la mano destra e la sollevò delicatamente, come se la volesse osservare.
«Lo sono state, quando ti sei sentito potente nel togliere una vita, ma sono trascorsi anni da allora e tu non sei più quel ragazzo.»
«Sai perfettamente che ho ucciso anche dopo, che…»
«Io non vedo le mani di un assassino, ma quelle della persona che ha offerto conforto a Rebecca oggi, che ha offerto conforto a me nella casa di Tristan e che ha curato i nostri lividi nel salotto dei miei genitori, con un unguento che devi aver prodotto tu stesso», le mani di Ygraine sembravano incredibilmente pure, una nella sua mano destra e l’altra posata sul suo avambraccio sinistro. E in quel momento, si rese conto di non aver permesso a nessun altro, se non alla donna e alla nipote, di toccarlo così a lungo. Non si era mai sentito a suo agio, forse perché i primi ricordi che aveva delle mani di qualcuno, erano quelli di suo padre che lo picchiava sotto lo sguardo indifferente di sua madre. «E il Marchio non è soltanto il simbolo di quello che sei stato quando hai scelto di unirti all’Oscuro Signore, ma soprattutto di ciò che hai fatto per espiare quella scelta. Quando ti guardo non vedo un mostro, Severus, ma una brava persona.»
L’uomo non disse nulla. Non riusciva a ribattere alle parole della giovane donna, che, mai come in quel momento, gli stava offrendo il perdono. Era come se le sue mani pure stessero lavando il sangue presente sulle sue mani colpevoli. Era come se stessero purificando l’orribile simbolo della sua colpa.
E, per qualche breve istante, rimase immobile ad assaporare quella sensazione e, per qualche breve istante, credette che, forse con il tempo avrebbe potuto raggiungere il perdono che tanto agognava.
Ma quando posò lo sguardo sulla mano candida di Ygraine posata sul suo avambraccio non poté fare a meno di chiedersi se non stesse sporcando quella purezza con il sangue che aveva sparso da quando aveva deciso di essere marchiato.
Si scostò bruscamente dalla giovane donna e non appena le ebbe dato le spalle avrebbe voluto tornare indietro per sentire anche solo per un altro breve momento il perdono che gli veniva offerto senza chiedergli nulla in cambio.
«Ti sbagli, Ygraine», affermò, senza osare voltarsi, mentre copriva rapidamente il braccio. «Non sono altro che un patetico esemplare di essere umano che non ha saputo far altro che accumulare scelte orribilmente sbagliate e distruggere quel poco che di buono gli sia mai capitato.»
Sentì i passi della giovane avvicinarsi a lui, ma continuò a rimanere voltato verso uno strano albero genealogico fatto di lettere dell’alfabeto latino e greco mescolate in maniera incomprensibile. Temeva che, se si fosse girato verso di lei, avrebbe letto la delusione nei suoi occhi nocciola o forse li avrebbe visti feriti dal suo allontanamento e dalle sue parole brusche.
«Severus, perché continui ad odiarti?»
Ygraine avrebbe voluto che l’uomo si girasse verso di lei, che la guardasse. E avrebbe voluto abbracciarlo per potergli offrire il suo amore silenzioso, ma rimase ferma dov’era a pochi passi da lui.
«Come potrei non odiarmi?» la voce di Severus era ancora dura, come lo era stata pochi momenti prima. «Come potrei non disprezzare le mie mani coperte del sangue delle persone che ho assassinato e di quelle che ho dovuto lasciar morire? Come potrei non biasimarmi per aver scelto di farmi incidere il Marchio Nero? Come puoi anche solo pensare che io sia una brava persona, Ygraine, quando non lo sono mai stato?»
L’uomo si girò verso la giovane donna, che si trovava a pochi passi da lui, il volto illuminato dalla luce elettrica, stranamente ovattata della stanza. Non aveva mai detto nulla del genere a nessun altro, ma a nessun altro aveva mai confessato ogni cosa della sua vita come aveva fatto con lei e nessun altro gli aveva mai detto che lo riteneva una brava persona.
Già da tempo sapeva che qualsiasi maschera era crollata con Ygraine e Rebecca, ma non gli fu mai evidente come in quel momento, in cui stava mettendo a nudo la disperazione della sua anima, che era stata, forse, accentuata da quello che era accaduto a Rebecca.
«Invece lo sei stato, Severus, dal momento in cui ti sei accorto della gravità dell’errore che avevi commesso. Poche persone hanno la forza di ammettere i propri errori, anche i più insignificanti, ma tu hai compreso e non ti sei fermato alla comprensione, ma sei riuscito a trovare un modo per rimediare, anche se questo ha significato percorrere un cammino solitario, difficile e doloroso. Ed è per questo che so, senza alcuna ombra di dubbio, che sei una brava persona, che non hai ragione per continuare a odiarti e che il sangue che vedi sulle tue mani è stato da tempo lavato.»
Le parole di Ygraine erano come un balsamo, come una preziosa e rara pozione che avrebbe potuto guarire anche la sua anima spezzata.
E forse poteva sperare di riuscire in parte a perdonarsi, perché sapeva – e lo ammetteva solamente in quel momento – che non era mai riuscito a trovare il perdono che agognava perché lui era il primo a non riuscire a perdonare nessuna delle colpe che aveva commesso.
«Ygraine…», si interruppe incerto. Per un istante avrebbe voluto sfiorarle una mano, per riprovare la sensazione di perdono di pochi istanti prima, ma non lo fece, timoroso di macchiare la purezza della giovane. «Non avrei dovuto…», le parole gli mancarono nuovamente. Avrebbe voluto ringraziarla per il perdono che ogni volta gli donava, per le parole gentili che gli rivolgeva e per la sua fiducia profonda. «… non avrei dovuto caricarti di questo peso, Ygraine, non adesso, non oggi… Rebecca dovrebbe essere il nostro unico pensiero.»
«E sono certa che lo sia. Se non lo fosse non saresti qui, Severus», mormorò la giovane donna facendo un passo verso di lui. «Sono felice che tu abbia parlato con me, così come sono felice di averti parlato di mio fratello tempo fa. Sei il mio più caro amico e sarei una ben misera amica se rifiutassi di ascoltarti.»
L’uomo osservò gli occhi nocciola di Ygraine e vi lesse l’amicizia di cui parlava e per un istante la immaginò al posto di Lily davanti all’ingresso della sala comune di Grifondoro ed ebbe la certezza che lei lo sarebbe stata a sentire, che non gli avrebbe chiuso la porta in faccia, come aveva fatto una ragazza che credeva gli fosse stata amica.
Sapeva che presto o tardi avrebbe dovuto fare i conti con quei pensieri, che avrebbe dovuto riesaminare tutto il suo rapporto con Lily, ma non era quello né il tempo, né il luogo.
Allungò esitante una mano fino a che non afferrò quella di Ygraine, sperando di riuscire a comunicarle con quel gesto la sua gratitudine, e vide un lieve sorriso sulle labbra della giovane donna.
E si sentì confortato da quel contatto fisico che per molte altre persone poteva sembrare banale, ma lui aveva sempre evitato il più possibile di toccare gli altri, forse perché aveva paura di essere respinto, forse perché era rimasto in lui un rimasuglio del bambino timido e introverso che aveva parlato con Lily nel parco.
«Ygraine…»
La porta si aprì di scatto, interrompendolo, e forse era un bene, perché non aveva alcuna idea di come riuscire a ringraziare a parole la giovane donna. Sulla soglia c’era il padre del soprano con la vestaglia malamente allacciata sopra il pigiama.
«Rebecca chiede di lei, signor Piton.»
Severus annuì soltanto, prima di lasciare andare la mano di Ygraine e seguire il signor Ainsworth fuori dalla stanza.
«Si è svegliata pochi istanti fa ed è entrata in camera nostra in preda al panico perché non riusciva a trovarla.»
Severus non disse nulla, ma poteva immaginare quello che era accaduto. Rebecca doveva aver avuto un incubo ed ora era sola e spaventata perché lui aveva scelto proprio quella sera per parlare con Ygraine. Eppure, sapeva che non avrebbe potuto fare diversamente e si disse che non doveva rimproverarsi per quello, che, almeno quella volta, doveva lasciar andare qualsiasi senso di colpa provasse.
E si rese conto di riuscirci.
Non aveva abbandonato la bambina e quelle parole nello studio del signor Ainsworth erano nate unicamente dalla colpa che provava nei confronti di Rebecca stessa, una colpa che, se ne rendeva conto in quel momento, non aveva alcun motivo di esistere.
E, mentre si avvicinava alla soglia della camera della bambina, gli parve che il peso che gli gravava sulle spalle si stesse alleggerendo, che, forse, stava imparando a perdonarsi, per quanto dubitasse di riuscire a farlo con le colpe ben più gravi che aveva commesso.
Rebecca era seduta sul letto e sembrava sperduta, ma non appena lo vide gli sorrise e gli fece segno di avvicinarsi.
«Ho sognato che papà mi voleva portare via da te.»
Severus osservò la bambina, dopo essersi seduto sul letto, chiedendosi come risponderle, senza dirle la cruda verità e senza mentirle. Gawain Ainsworth avrebbe potuto impedirgli di avvicinarsi a Rebecca ed era certo che lo avrebbe fatto, non appena quei pochi giorni che era riuscito ad ottenere sarebbero trascorsi. Ma quelle parole non erano adatte a quella sera.
«Rebecca…»
«Può farlo, non è vero? Il nonno mi ha detto che non è possibile, ma papà o mamma possono… loro…»
«Sì, è in loro potere farlo.»
Non poteva dire nulla di diverso. Rebecca aveva già capito da sola la verità e lui non le avrebbe mentito, non avrebbe tentato di consolarla donandole una finta speranza che sarebbe stata subito infranta.
«Ma io non voglio che lo facciano.»
«Nemmeno io, Rebecca.»
Era stato stranamente facile dire quelle parole, esprimere quel sentimento, quell’attaccamento alla bambina. Forse, alla fine, lui e Rebecca condividevano in parte le stesse paure, forse entrambi temevano di essere separati per sempre.
«E se lo faranno… riuscirò anche solo a vederti?»
«Farò quanto è in mio potere perché accada.»
E sapeva perfettamente dove poter incrociare la bambina. Era già stato altre volte alla scuola di Rebecca e lì aveva la possibilità di tenersi in disparte. Avrebbe anche potuto far sapere alla bambina, tramite Ygraine, dove guardare. Sarebbe stato un ben misero sostituto, ma non c’erano molte altre soluzioni, se non pensare a degli incontri casuali. Avrebbe forse potuto dire ai genitori di Ygraine di aiutarli, ma non voleva che quelle persone gentili iniziassero a mentire al loro stesso figlio.
«È tutta colpa mia.»
«Rebecca…»
«Ho detto il tuo nome… ho rovinato tutto e…»
«Non hai nessuna responsabilità in quello che è accaduto», mentre parlava all’uomo non sfuggì l’ironia della situazione, il modo in cui stesse dicendo alla bambina parole molto simili a quelle che Ygraine gli aveva rivolto pochi minuti prima. «Quel sotterfugio non sarebbe durato ancora a lungo e, forse, non avremmo mai dovuto metterlo in pratica.»
«Però sono stata io a parlare. Se non avessi detto il tuo nome… non mi lasceranno mai fare le lezioni di disegno con te.»
La bambina si rannicchiò contro Severus e si chiese se non esistesse un modo per rimanere sempre con lui. Quando si era svegliata, era corsa nella stanza dove i nonni avevano ospitato l’uomo e, quando non l’aveva visto, aveva avuto una paura orribile. Adesso, mentre lo abbracciava, si ricordò che c’era una borsa appoggiata sul letto, ma in quel momento aveva avuto paura, anche se non aveva senso, perché Severus le aveva detto che sarebbe rimasto quella sera e lui non infrangeva mai le promesse.
«Sì, sei stata tu a parlare, Rebecca, ma nulla di quello che è accaduto con i tuoi genitori è colpa tua.»
Rebecca si allontanò un istante da Severus per poterne osservare il volto serio e seppe che quella era la verità, perché l’uomo non le aveva mai mentito.
E lei gli voleva bene per quello.
Gli sorrise appena.
«Rimarrai con me ancora un po’?»
Dalla soglia, Ygraine osservò Severus annuire. Rebecca si staccò da lui e andò a prendere un libro dal comodino. E quando l’uomo iniziò a leggere, con la bambina accoccolata contro, la giovane donna si allontanò in punta di piedi.



Londra, 9 marzo 2002


Gawain Ainsworth non riusciva a comprendere se fosse felice all’idea che il giorno successivo Rebecca sarebbe tornata a casa.
Non sapeva nemmeno cosa pensare della conversazione che aveva avuto con la madre il giorno del compleanno di Rebecca. Anche lei aveva accettato la magia e aveva deciso di appoggiare la nipote. Gli aveva chiesto spiegazioni, ma, quel giorno, la mente della mamma gli era sembrata avvelenata da quello che dovevano averle detto la sorella e Piton.
O, almeno, era quello che aveva voluto pensare.
Ma in quel momento, mentre aspettava che Margaret tornasse a casa, riusciva a pensare soltanto che il giorno dopo sarebbe arrivata in casa sua una bambina che né lui né sua moglie riuscivano a riconoscere.
Si avvicinò alla finestra e, per un istante, gli parve di vedere un segnale stradale che indicava una biforcazione, un’immagine assurda e del tutto illogica, ma sapeva di dover compiere delle scelte.
E di averne fatte di atroci.
Per quanto avesse voluto dirsi che erano state le circostanze a portarlo a picchiare Rebecca, era cosciente che quel gesto lo aveva compiuto liberamente, che avrebbe potuto agire in maniera completamente diversa.
Quando sentì aprirsi la porta, si voltò verso la moglie che aveva in mano le borse della spesa.
«Cosa faremo domani?»
Non le diede nemmeno il tempo di sistemare gli acquisti, ma quella domanda lo tormentava da quando Rebecca era uscita da quell’appartamento in braccio a Piton.
«Non lo so.»
Margaret ripose il latte in frigorifero, prima voltarsi verso il marito. Sapeva che dovevano parlarne. Avevano entrambi evitato il discorso durante i giorni precedenti e nessuno dei due aveva detto nulla il sei. Rebecca aveva compiuto nove anni e aveva festeggiato il compleanno con i nonni, Ygraine e, con ogni probabilità, Piton. Era stata gelosa di tutti loro quel giorno, ma in quel momento si rendeva conto che a creare quella situazione erano stati loro.
Come aveva detto quel maledetto mago.
Le costava ammettere che l’uomo aveva avuto ragione in ogni singola parola che aveva pronunciato, ma era la pura e semplice verità.
«Non so… non sono sicuro di riuscire ad agire in maniera diversa con lei.»
La donna osservò il marito, che la stava aiutando a sistemare la spesa, con gesti quasi meccanici. Non sapeva come dirgli che lei era certa di non essere in grado di agire in maniera diversa. Il giorno prima aveva provato ad immaginarsi Rebecca tra qualche anno, quando sarebbe andata – a detta di Ygraine – in quella scuola di magia in Scozia, e a cercare di capire che rapporto avrebbe potuto avere con la figlia ed era giunta alla sola conclusione che non sarebbe mai stata in grado di non aver paura di lei, di quello che avrebbe potuto fare.
Non sapeva nemmeno se sarebbe riuscita ad amare ancora la bambina.
Non sapeva nemmeno se l’amava ancora in quel momento.
«Cosa provi per lei, Gawain?»
L’uomo alzò lo sguardo dall’insalata che teneva in mano e fissò il volto della moglie. Fino a qualche giorno prima avrebbe risposto con assoluta certezza che amava sua figlia. In quel momento, però, non ne era così sicuro.
Non aveva idea di come potesse affermare di amarla dopo quello che aveva fatto.
Non l’aveva nemmeno mai cercata in quei giorni, non aveva nemmeno telefonato alla madre per chiederle notizie di Rebecca.
Non gli era neanche venuto in mente di informarsi su Ygraine.
Forse la sorella era stata a Londra in quei giorni, a teatro, ma non aveva mai nemmeno immaginato di poter parlare con lei.
Guardò il primo disegno che Rebecca aveva fatto con Piton, appeso sul frigorifero. Sapeva di amare ancora la figlia, ma non abbastanza per vincere le sue paure e per accettare che non fosse come tutti gli altri. Non voleva che la sua bambina fosse diversa, che quella sua maledizione lo portasse a mentire con tutti quelli che conosceva, con i colleghi e gli amici.
Temeva di giungere a odiarla un giorno, di continuare a picchiarla o di abbandonarla alla freddezza che Margaret aveva dimostrato nei suoi confronti.
Di picchiare ancora Ygraine che aveva tentato di farlo smettere.
Nemmeno la certezza che Piton sarebbe venuto a sapere quello che aveva fatto gli faceva credere che sarebbe riuscito a controllarsi.
«Non lo so, Margaret. O, forse, so con certezza che non potrò mai comprendere il mondo a cui appartiene.»
Sua moglie annuì.
Misero a posto quel che rimaneva, in silenzio, poi andarono in salotto.
E a Gawain parve di vedere di nuovo due segnali stradali. Se li immaginò, uno che gli diceva di mantenere le cose come stavano, di andare a prendere Rebecca nel Kent il giorno dopo; l’altro che gli diceva di prendere una decisione totalmente diversa.
Osservò con attenzione il volto della moglie.
E seppe quale scelta compiere.

 
Top
view post Posted on 17/7/2022, 14:51
Avatar

I ♥ Severus


Potion Master

Group:
Administrator
Posts:
55,410
Location:
Da un dolce sogno d'amore!

Status:


Cap. XX 4a parte
CITAZIONE
con Jane, per quanto a lei la pianista non fosse mai piaciuta.

E qui mi chiedo: è forse un indizio?

CITAZIONE
Lottò con sé stesso per accettare il perdono, almeno in quell’occasione, almeno quella volta. Sapeva razionalmente che Ygraine aveva ragione, che lui non aveva nessuna responsabilità nelle scelte di Gawain Ainsworth, ma non riusciva ad eliminare del tutto il timore di essere sul punto di distruggere una delle cose migliori che gli fosse mai capitata, di poter, un giorno, fare qualcosa che gli avrebbe fatto perdere l’affetto di Rebecca, di arrivare a ferire Ygraine e di riuscire, in qualche modo, a scalfire la sua incrollabile fiducia.
Aveva semplicemente paura.

Tenerissimo Severus!
CITAZIONE
Non aveva mai provato nulla di simile a quello che sentiva per Rebecca. O, forse, non aveva mai voluto provarlo, nemmeno con i ragazzi di Serpeverde che più gli parevano in difficoltà. Quando aveva potuto, li aveva aiutati, da lontano, guidandoli con consigli pronunciati con freddezza o sarcasmo, ma non aveva mai osato provare alcun sentimento paterno per nessuno di loro.
Le sue mani erano sporche di sangue e si sarebbero sporcate di altro sangue, quando sarebbe dovuto tornare al servizio dell’Oscuro Signore, per compiere il suo dovere, per tentare inutilmente di espiare. E per quello non aveva mai potuto nemmeno lavorare apertamente per impedire ad altri ragazzi della sua o di altre case di compiere il suo stesso imperdonabile errore.

Bellissima introspezione.
CITAZIONE
Non si aspettava però che sfiorasse l’ombra sbiadita del Marchio Nero con una mano, piccola e delicata.
E pura.

Ovviamente, bella bella bella come tutte le scene sinmili con il Marchio Nero.
CITAZIONE
Non riusciva a ribattere alle parole della giovane donna, che, mai come in quel momento, gli stava offrendo il perdono. Era come se le sue mani pure stessero lavando il sangue presente sulle sue mani colpevoli. Era come se stessero purificando l’orribile simbolo della sua colpa.

Intenso e bellissimo.
CITAZIONE
«Invece lo sei stato, Severus, dal momento in cui ti sei accorto della gravità dell’errore che avevi commesso. Poche persone hanno la forza di ammettere i propri errori, anche i più insignificanti, ma tu hai compreso e non ti sei fermato alla comprensione, ma sei riuscito a trovare un modo per rimediare, anche se questo ha significato percorrere un cammino solitario, difficile e doloroso. Ed è per questo che so, senza alcuna ombra di dubbio, che sei una brava persona, che non hai ragione per continuare a odiarti e che il sangue che vedi sulle tue mani è stato da tempo lavato.»
Le parole di Ygraine erano come un balsamo, come una preziosa e rara pozione che avrebbe potuto guarire anche la sua anima spezzata.
E forse poteva sperare di riuscire in parte a perdonarsi, perché sapeva – e lo ammetteva solamente in quel momento – che non era mai riuscito a trovare il perdono che agognava perché lui era il primo a non riuscire a perdonare nessuna delle colpe che aveva commesso.

Ecco, questa è l'essenza di Severus, del mio adorato Severus che si rispecchia qui perfettamente in quello di Leonora. Meraviglioso ritrovarlo così perfetto. Bravissima. <3 :Streghetta:
CITAZIONE
L’uomo osservò gli occhi nocciola di Ygraine e vi lesse l’amicizia di cui parlava e per un istante la immaginò al posto di Lily davanti all’ingresso della sala comune di Grifondoro ed ebbe la certezza che lei lo sarebbe stata a sentire, che non gli avrebbe chiuso la porta in faccia, come aveva fatto una ragazza che credeva gli fosse stata amica.

Questo è da nodo alla gola... e un altro grande passo!
CITAZIONE
E seppe quale scelta compiere.

Oddio, quale? Non riesco ad essere ottimista n ei confronti dei genitori di Rebecca...
 
Web  Top
view post Posted on 17/7/2022, 16:27
Avatar

Pozionista

Group:
Severus Fan
Posts:
3,086

Status:


CITAZIONE (Ida59 @ 17/7/2022, 15:51) 
E qui mi chiedo: è forse un indizio?

Su questo ovviamente taccio.

CITAZIONE
Bellissima introspezione.

Merci.

CITAZIONE
Intenso e bellissimo.

Grazie mille.

CITAZIONE
Ecco, questa è l'essenza di Severus, del mio adorato Severus che si rispecchia qui perfettamente in quello di Leonora. Meraviglioso ritrovarlo così perfetto. Bravissima.

Ti ringrazio tantissimo, Ida (lo so sto rispondendo in maniera piuttosto monotona)

CITAZIONE
Questo è da nodo alla gola... e un altro grande passo!

Su ulteriori passi avanti, non dico nulla ovviamente.

CITAZIONE
Oddio, quale? Non riesco ad essere ottimista n ei confronti dei genitori di Rebecca...

La scelta verrà svelata nel capitolo 21 (o meglio nella prima parte del capitolo) che pubblicherò venerdì o sabato.
 
Top
view post Posted on 23/7/2022, 08:17
Avatar

Pozionista

Group:
Severus Fan
Posts:
3,086

Status:


Ho diviso anche il capitolo XXI. Ho diviso anche questo capitolo, questa volta in tre parti.

Capitolo XXI

Das Wirsthaus



Sind denn in diesem Hause die Kammern all' besetzt?
Bin matt zum Niedersinken, bin tödlich schwer verletzt.
(Sono tutte occupate le camere, in questa casa?
Sono spossato, non mi reggo più, sono mortalmente ferito.)


Gran Bretagna 11 – 12 marzo 2002


Il treno verso Londra avanzava lentamente attraverso la campagna, ma Ygraine non riusciva a pensare ad altro che all’incontro che le aveva richiesto il fratello. Di fronte a lei, era seduto Severus che l’avrebbe accompagnata subito dopo a teatro e che aveva accettato con grazia il suo rifiuto a viaggiare ancora con quel metodo magico, a meno che non fosse assolutamente necessario.
Rebecca era rimasta nel Kent con i suoi genitori, per quanto avesse salutato l’uomo come se temesse di non vederlo più. Durante quei giorni, aveva notato come l’attaccamento della bambina per Severus era cresciuto a dismisura e Ygraine temeva quello che sarebbe accaduto quando Gawain e Margaret avrebbero deciso di avere di nuovo Rebecca a casa, per quanto non lo avessero fatto il giorno che avevano concordato di andarla a prendere, adducendo una motivazione quanto mai oscura.
Probabilmente, però, il fratello voleva parlare del ritorno di Rebecca a casa e credeva che avesse scelto una caffetteria per evitare scenate o qualsiasi riferimento alla magia.
«Rimarrai con me, mentre parlo con Gawain e Margaret?»
«Credi che sia saggio?»
Ygraine osservò il volto del mago e tentò di trarre forza dalla sua calma, di non sentirsi così tremendamente incerta di fronte alla prospettiva di incontrare il fratello. Era, altresì, certa che non sarebbe mai riuscita ad affrontare Gawain da sola, che avrebbe avuto bisogno di sentire accanto a sé la presenza dell’uomo che, in quei giorni, era riuscito a donare tranquillità a Rebecca.
E a lei.
«Non sono certa di riuscire a rimanere sola con Gawain e Margaret.»
L’uomo notò che il volto di Ygraine esprimeva incertezza, che la giovane donna era, forse, sconfortata di fronte a quello che sarebbe potuto accadere tra lei e il fratello e di certo non poteva darle torto, considerando quello che era accaduto a casa dell’uomo.
Osservò il cielo nuvoloso al di fuori del finestrino del treno, che pareva quasi voler preannunciare un incontro burrascoso.
Anche Rebecca stava osservando le nuvole al di là dei vetri del salotto dei nonni. Sapeva che avrebbe dovuto allontanarsi, che Severus e la zia sarebbe tornati soltanto nel tardo pomeriggio, ma non riusciva ad allontanarsi da lì. Forse sarebbe dovuta andare con loro, insistere affinché la portassero a Londra, ma aveva seguito il consiglio dei nonni ed era rimasta con loro nel Kent.
«Rebecca, ti andrebbe di venire con me alla libreria?»
La bambina scosse il capo. Se fosse andata con la nonna, quando Severus e la zia fossero tornati non avrebbero saputo dove trovarla.
«Forse potresti andare dal nonno. Sta studiando un nuovo manoscritto, che ha delle bellissime miniature.»
«Ma…»
«Rebecca, il signor Piton e Ygraine torneranno prima che tu te ne accorga.»
Mary Ainsworth aveva notato che la nipote non si era allontana dalla finestra da quando il mago e la figlia erano partiti mezz’ora prima. Doveva trovare il modo di parlare con entrambi di quello che stava accadendo. Sapeva perfettamente da sola che Rebecca aveva paura di essere abbandonata, che, dopo quello che avevano fatto Gawain e Margaret, temeva che anche altri adulti iniziassero a non amarla più.
Non credeva nemmeno che il figlio non volesse più bene a Rebecca, ma che non riuscisse ad accettarla, il che era anche peggio.
Aveva provato a parlare con lui e Margaret, ma entrambi parevano non voler ammettere in cosa avessero sbagliato e sembravano non riuscire nemmeno a comprendere che l’unico modo che avevano per non perdere definitivamente la figlia era accettare il fatto che fosse una strega. Era un concetto che anche lei trovava difficile da afferrare, ben più di quanto non lo fosse per Alfred o Ygraine, ma non poteva ignorare che era quella la natura di Rebecca e che, anche se avesse voluto, non avrebbe potuto far nulla per cambiare quella realtà.
«Lo so, nonna. È che se rimango qui, quando torneranno mi troveranno subito.»
Mary si mise accanto alla nipote, sperando che Gawain non facesse nulla di insensato, ma aveva paura che così non fosse. Il figlio odiava il signor Piton o, meglio, era geloso del rapporto che Rebecca aveva instaurato con il mago, un rapporto che era così profondo unicamente a causa del modo in cui Gawain si era comportato con la figlia.
Lo aveva notato perfettamente fin dalla sera in cui Ygraine era comparsa all’improvviso con quello sconosciuto. La bambina si affidava completamente a lui e lei era certa che quello che le aveva detto Gawain, circa un possibile passato criminale dell’uomo, fosse unicamente un’esagerazione per mettere in cattiva luce la nuova figura paterna della figlia.
«Possiamo mandare un messaggio a zia Ygraine e dirle che sei con il nonno e che poi sarai alla libreria, quando il nonno partirà per andare a Canterbury per parlare con dei colleghi filologi.»
«Hai ragione, nonna, però devi farlo tu. Non posso mandare Hoffmann a Londra, perché a teatro potrebbero chiedersi come mai un gufo sta portando un messaggio.»
Sul volto di Rebecca era comparso un sorriso e Mary si sentì felice per quello, per quanto non volesse veramente pensare al rapace notturno che si trovava in camera della nipote, probabilmente intento a dormire. Era arrivato il giorno del compleanno di Rebecca, per tramite del signor Piton che si era recato a Londra a prenderlo.
A voler essere sincera con sé stessa, non voleva nemmeno pensare troppo spesso che la nipote fosse in grado di compiere delle magie o, forse, a renderla più inquieta era la presenza di un intero mondo parallelo, dotato di un suo sistema politico e di sue particolari leggi. Il signor Piton sembrava una persona perfettamente ragionevole, ma non era certa che tutti i maghi fossero come lui.
Dopo aver salutato la nipote e il marito, rimase ad osservare i nuvoloni che coprivano il villaggio, quasi a voler comprendere cosa significasse realmente essere una delle poche persone non magiche ad essere a conoscenza dell’esistenza della magia. Forse avrebbe dovuto parlarne con Ygraine che pareva essere completamente a suo agio con il mago e doveva esserlo stata fin da subito, da prima di innamorarsi di lui.
Si incamminò a passo veloce verso la piccola libreria del paese, mentre le nuvole si facevano se possibili più cupe e così erano anche a Londra, pronte com’erano a far cadere una pioggia che si preannunciava gelida.
Anche i vetri della sala da tè scelta da Gawain e Margaret sembravano grigi, notò Ygraine, quando vi si avvicinò al fianco di Severus. Fu l’uomo ad aprire la porta e di questo gli fu grata perché non era per nulla certa di essere in grado di entrare nel locale, se fosse stata da sola. Il fratello e la cognata erano già seduti, notò subito, e si sentì sopraffare dall’insicurezza al punto che fu tentata di afferrare il braccio di Severus, per ricevere una parvenza del coraggio di cui l’uomo aveva dato silenziosamente prova per tutta la guerra magica.
Ma non lo fece.
Non credeva che il mago l’avrebbe respinta, non dopo la sera trascorsa nello studio di suo padre, ma era certa che non avrebbe fatto una buona impressione al fratello.
Trasse un respiro, prima di avvicinarsi al tavolo, mentre alcune gocce iniziavano a cadere contro i vetri della sala da tè.
«Credevamo venissi da sola.»
Ygraine non commentò la frase della cognata, che non l’aveva nemmeno salutata, così come non lo aveva fatto il fratello. Si sedette, insieme a Severus che era rimasto, come lei, in silenzio. Ordinarono entrambi un tè, mentre la tensione intorno al tavolo pareva aumentare a tal punto che Ygraine si stupì di non avere gli occhi di tutto il locale su di sé.
«Abbiamo preso una decisione», la voce di Gawain era stranamente professionale, quasi fosse intento a parlare con un cliente. «Margaret ed io ci trasferiremo negli Stati Uniti.»
«E Rebecca?»
Si era preparata a lottare per permettere alla nipote di avere almeno un contatto con il Mondo Magico, ma non si era aspettata nulla del genere. Se il fratello fosse andato al di là dell’Oceano, la bambina ne sarebbe stata distrutta. Si voltò per un attimo verso Severus, ma il volto dell’uomo sembrava totalmente impassibile. Non poteva però vederne gli occhi che stavano fissando Gawain e Margaret.
«Perché dovrebbe essere un problema?»
«Non hai pensato ai nostri genitori? È la loro unica nipote.»
«Ma tu vorresti dire qualcosa d’altro, non è vero Ygraine? O forse lo vorrebbe dire lei, Piton? Il vero problema non sono i nostri genitori, ma il fatto che, se Rebecca dovesse venire con noi, non avrebbe più nulla a che fare con nessuno di voi due», la voce di Gawain aveva perso la calma di prima e alla giovane donna non piaceva il modo in cui pronunciava il nome di Severus, con rabbia mista a qualcosa di molto simile alla gelosia. «Sono venuti a parlarci due di quei poliziotti ieri, un uomo e una donna, perché volevano parlare con te e, quando non ti hanno trovato, hanno voluto sapere se già vi conoscevate quando è morto Tristan.»
«Come si chiamavano?»
Ygraine si voltò verso Severus che aveva parlato per la prima volta. Il suo tono di voce e il suo volto tranquillo le diedero la speranza che forse sarebbe riuscita a far ragionare il fratello e la cognata.
«Thomson e Green. Ci hanno anche chiesto dove fossi andata, ma abbiamo detto loro che non lo sapevamo e non per te o per l’assassino con cui ti ostini ad accompagnarti, ma per rispetto verso i nostri genitori.»
Severus avrebbe riflettuto in seguito su quell’informazione, che sembrava circoscrivere a quei due Auror i possibili sospetti. In quel momento gli interessava di più comprendere pe quale motivo Gawain Ainsworth avesse cambiato improvvisamente argomento, invece di continuare a palare della possibile trasferta negli Stati Uniti.
Per Rebecca sarebbe stata una decisione orribile.
E lo sarebbe stata per Ygraine.
E per lui.
«Gawain, ti sono grata perché non hai detto loro nulla», disse la giovane donna. Severus notò il modo in cui tormentava il tovagliolo con una mano, mentre cercava di mostrarsi calma e forse poteva ingannare il fratello, ma nulla nel suo atteggiamento denotava reale tranquillità. «Però, non credo che portare Rebecca negli Stati Uniti sia una buona idea. La sradicheresti dalla vita che ha sempre conosciuto.»
«Questo lo sappiamo perfettamente, Ygraine», la voce di Margaret era poco più di un sussurro. «Per questo lei non verrà con noi.»
Ygraine sobbalzò alle parole della cognata, facendo oscillare la tazza da tè. Alcune gocce caddero sul tavolo, ma non ebbe nemmeno la forza di asciugarle con il tovagliolo.
«Margaret… cosa…?»
«Quello che hai sentito. Rebecca non verrà con noi. Dovresti esserne contenta.»
«La volete abbandonare?»
Severus sentì il panico nella voce di Ygraine. O, forse, non si era preparata per quella eventualità. Avevano immaginato altri scenari in cui Gawain e Margaret si sarebbero dimostrati inflessibili.
«Credevo che ti mostrassi contenta della nostra scelta o che lo facesse il tuo accompagnatore», la voce di Margaret era piatta.
«Pensate davvero che possa gioire per questo? Ho sempre e solo desiderato che tra voi e Rebecca non accadesse nulla di quello che è avvenuto.»
«E ti fa sentire meglio affermare qualcosa del genere?» Gawain non sapeva nemmeno perché si stesse comportando così con la sorella. Avevano deciso di lasciare l’Inghilterra e di affidare la bambina a Ygraine proprio per l’amore che ancora provavano per Rebecca, perché sapevano entrambi che non sarebbero mai riusciti ad accettare la magia e che così facendo avrebbero potuto distruggere la bambina. Eppure, non riusciva a togliersi dalla testa che tutto quel disastro fosse dovuto alla sorella e al mago che le sedeva silenzioso accanto. «Immagino che tu senta di avere la coscienza perfettamente a posto, che ti senta superiore a noi perché non provi alcun timore di fronte a quello che Rebecca potrebbe fare.»
«Gawain…»
«Credo che sia meglio attenerci ai fatti, signor Ainsworth», Severus interruppe bruscamente Ygraine. Non voleva che il fratello potesse, se possibile, ferirla più di quanto non avesse già fatto. «Avete detto che affiderete Rebecca a Ygraine. Ho sempre creduto che fosse impossibile rinunciare alla patria potestà.»
«Non vi dovete preoccupare del punto di vista legale», spiegò Gawain, con voce che a Severus parve più tranquilla del tono che aveva usato con la giovane donna pochi istanti prima. «Ho trovato un modo per mettere tutto nero su bianco in perfetta regola. Tra qualche giorno ti chiamerò, Ygraine, e non dovrai far altro che firmare delle carte.»
«Lo direte voi a Rebecca, non è vero?»
«No», disse Margaret con voce secca. «Sono certa che tu saprai spiegare la situazione meglio di noi. D’altronde sei stata così certa fin da subito circa cosa fosse meglio per nostra figlia.»
«Non credete che Rebecca…»
«Sai, Ygraine, credo che tu sia soltanto un’ipocrita», la voce di Gawain era di nuovo secca. Severus sentì la mano di Ygraine afferrargli il braccio, quasi come se avesse paura di cadere. O, forse, non voleva far nulla di avventato.
«E tu sei un vigliacco, Gawain.»
La voce di Ygraine era tesa, ma, dal modo in cui gli stava stringendo il braccio, era certo che fosse arrabbiata e ferita.
«Credi veramente che sia facile allontanarci da Rebecca?»
«Non ho mai detto questo, Gawain. Non riesco nemmeno ad immaginare che cosa tu stia provando in questo momento, ma ritengo che sarebbe più saggio se parlassi con tua figlia, che le spiegassi.»
«Non c’è nulla da spiegare», a parlare era stata Margaret. Ygraine sapeva soltanto che non stava urlando perché aveva accanto a sé Severus. Le parole del fratello l’avevano ferita ed era arrabbiata come non lo era stata da tempo. Credeva che la scelta di Gawain fosse dolorosa, ma non riusciva ad impedirsi di pensare che si stesse comportando come un vigliacco, lasciando a lei il compito di annunciare a Rebecca che i suoi genitori l’avrebbero abbandonata. «Abbiamo riflettuto a lungo e questa è l’unica soluzione possibile.»
Ygraine non ribatté nemmeno, chiedendosi se non dovesse andarsene. Lasciò andare il braccio di Severus, che sedeva al suo fianco e che stava fissando il fratello e la cognata. Si aspettò quasi che Gawain aggiungesse qualcosa alle parole di Margaret, che dicesse, almeno, che amava ancora Rebecca e che per questo era disposto a rinunciare a lei, ma il fratello non disse una parola. Si alzò dal tavolo ed uscì, ribadendo unicamente che l’avrebbe contattata quando sarebbe stato necessario firmare le carte.
«Come posso… Rebecca ne sarà ferita. So che mio fratello e mia cognata le hanno già procurato dolore, ma questo…»
La voce della donna era spezzata e Severus notò che sembrava quasi persa, mentre fissava il punto in cui erano stati seduti il fratello e la cognata. Le parole di Ygraine erano fin troppo vere, purtroppo, per quanto credesse che, in definitiva, Ainsworth avesse fatto la scelta migliore. Non riusciva a comprendere il motivo che l’aveva portato a prendere quella decisione, ma era certo che Rebecca sarebbe stata meglio cresciuta dalla giovane donna, per quanto il compito che spettava al soprano non sarebbe stato per nulla facile.
Al di fuori la pioggia cadeva più fitta, mentre dall’altra parte della strada un suonatore d’organetti osservava i vetri della sala da tè, chiedendosi cosa stesse accadendo. Aveva almeno fatto bene a decidere di seguire il fratello della Babbana, dato che questa sembrava essere improvvisamente scomparsa da Londra. Ma adesso l’aveva ritrovata ed era, come sempre, insieme a Piton.
Doveva unicamente riferire che Ygraine Ainsworth era ancora incredibilmente legata a quel maledetto assassino. Lo poteva vedere benissimo da dove si trovava quando uscirono insieme dal locale. Camminavano uno accanto all’altro e lui si chiese per quale motivo la giovane donna non fosse disgustata da Piton. Sapeva che era stata messa in guardia da lui, che le era stato detto che era un assassino, durante gli interrogatori, ma, invece di allontanarsi da lui, pareva farsi sempre più vicina.
E quel particolare non aveva affatto senso, si disse il suonatore di organetto, muovendosi in direzione opposta alla coppia. Avrebbe riferito quello che aveva appena visto, con la consapevolezza che presto avrebbero agito, per quanto lui non fosse del tutto convinto del piano messo a punto nelle settimane precedenti.
La pioggia continuò a cadere per tutta la giornata e ancora pioveva quando Ygraine tornò nel villaggio del Kent. Era certa di aver seguito le prove in maniera distratta, anche se nessuno le aveva fatto notare nulla e durante il viaggio di ritorno era stata silenziosa, per quanto si fosse sentita più tranquilla con la presenza rassicurante di Severus al suo fianco.
Ma, in quel momento, mentre si avvicinava alla porta della libreria della mamma, si sentiva incredibilmente nervosa. Non aveva idea di come procedere, di come parlare con Rebecca di quello che avevano deciso i suoi genitori.
«Nonna, sono tornati.»
Rebecca era seduta dietro al tavolo su cui era sistemata la cassa, ma non appena entrarono scese e corse loro incontro. Stava sorridendo e Ygraine temeva il momento in cui avrebbe spento quel sorriso perché, nonostante tutto quello che era accaduto a Londra, era certa che la bambina potesse rimanere ulteriormente ferita da dei genitori che l’abbandonavano senza nemmeno avere il coraggio di dirle le cose come stavano.
«Devo parlare con la nonna», decise di dire. «Perché intanto non vai a casa con Severus?»
Era una delle poche cose di cui aveva parlato in treno. Doveva discutere dell’accaduto con i suoi genitori e sapeva che mamma sarebbe stata la scelta ideale in un caso come quello, anche se papà non fosse stato impegnato con dei colleghi a Canterbury.
La bambina annuì e Ygraine rimase silenziosa mentre Rebecca indossava il cappottino e prendeva per mano Severus.
«Cos’è accaduto a Londra?»
Mamma la stava guardando con preoccupazione e aveva girato il cartellino su chiuso, per quanto mancassero ancora due ore alla chiusura del negozio. Ygraine trasse un respiro, prima di riferire ogni cosa alla madre. Non osò nemmeno guardarla in volto quando le disse che Gawain e Margaret avevano deciso di abbandonare la figlia a causa delle loro paure.
«Quando verranno a parlarne con Rebecca?»
«Non lo faranno, mamma. Mi chiameranno per firmare delle carte, ma hanno detto che devo essere io a parlare con mia nipote. Non so cosa dirle? Sai che abito in Francia e non sono riuscita a trovare una soluzione per rimanere in Inghilterra. I contratti sono già firmati da tempo e…»
«Sono certa che a Rebecca piacerà la Francia, che si adatterà dopo un primo momento di sconforto. Tu vuoi bene alla bambina e lei ti è affezionata e, forse, per quanto ritenga che Gawain dovrebbe parlare personalmente con lei, questa è la soluzione ideale.»
Mary osservò il volto pallido della figlia. Sapeva che era preoccupata, ma, da quando aveva parlato con il figlio, aveva riflettuto a lungo su quale potesse essere la soluzione migliore per Rebecca e aveva quasi sperato che Gawain rinunciasse a lei. Era un pensiero orribile, ma non era riuscita a riconoscere suo figlio in quell’uomo colmo di rancore. Sapeva che il figlio maggiore non aveva mai amato l’arte come Ygraine o la speculazione e la creatività come Tristan, ma aveva sempre creduto che Gawain assomigliasse di più a lei, che fosse semplicemente concreto. Invece, si era rivelato incapace di accettare la natura di Rebecca, non aveva nemmeno tentato di aiutarla ed aveva finito per nuocerle.
«Lo spero anch’io, mamma.»
«Vuoi che venga con te?»
«No. Credo che sia meglio che le parli da sola.»
Ygraine abbracciò la donna, prima di uscire dal negozio. Mentre la pioggia cadeva fitta sul suo ombrello tentò di fare tesoro delle parole della madre, ma temeva di ferire involontariamente la nipote. Quando raggiunse la casa dei genitori, rimase immobile per qualche istante, prima di entrare. Rebecca e Severus erano in salotto e la bambina stava raccontando all’uomo quello che aveva fatto, come faceva ogni giorno, quando il mago le raggiungeva, nel corso della giornata, dopo aver lasciato la casa di Spinner’s End. Ygraine sapeva che la nipote avrebbe voluto che Severus si fermasse ogni sera a dormire nella casa dei nonni, che rimanesse con loro ogni istante, ma l’uomo l’aveva convinta che non poteva imporsi sui nonni. D’altronde, Ygraine sapeva che quelle parole nascondevano unicamente la consapevolezza che occorreva abituare Rebecca all’assenza dell’uomo, che, anche con quella nuova soluzione, non sarebbe stato presente ogni ora del giorno e della notte nella vita della bambina.
E nella sua.
«Rebecca», mormorò, andando a sedersi su una delle poltrone del salotto. «Oggi, Severus ed io abbiamo parlato con i tuoi genitori.»
«Vogliono portarmi via?»
«No», disse la giovane donna, lanciando un’occhiata a Severus che era seduto accanto a Rebecca. «Gawain e Margaret hanno deciso di affidarti a me.»
Non riuscì a dire altro, né a dare altre informazioni. Non aveva alcuna intenzione di riferire ogni parola avessero detto il fratello e la cognata, né voleva mostrare la rabbia che ancora provava nei loro confronti, per come stavano scaricando ogni responsabilità su di lei, per come avevano trattato Rebecca da quando avevano scoperto che era una strega. Per un istante si chiese come avesse fatto Severus a non colpirli con la magia, ma l’uomo era una persona migliore di lei, probabilmente.
«E dove vivremo, zia?»
Severus aveva notato che Rebecca era diventata unicamente pensosa. Non sembrava sconvolta per quello che stava accadendo, ma, forse, era quello che aveva sperato mentre i giorni trascorrevano tranquilli nella casa degli Ainsworth. Oppure, non aveva ancora afferrato a pieno le parole della zia, per quanto l’uomo fosse convinto che Rebecca sapesse perfettamente cosa implicassero.
Ygraine era, invece, decisamente nervosa, ma sapeva perfettamente che cosa la rodesse. Ne avevano parlato brevemente, mentre andavano verso Covent Garden ed era consapevole che la giovane donna non sapeva come affrontare quella parte del discorso con la nipote. Gli era parso quasi che il soprano si sentisse in colpa, per quanto non ne avesse alcun motivo. La responsabilità di tutto gravava sulle spalle di Gawain e Margaret e non certo su di lei, né sulle sue scelte di carriera.
E nemmeno su di lui.
Gli unici colpevoli in quella triste vicenda erano i genitori della bambina e Severus credeva che perdere la figlia fosse la giusta punizione per come si erano comportati. Con il tempo avrebbero potuto accorgersi di essere rimasti completamente soli nel loro mondo asettico ed allora la loro esistenza sarebbe stata quasi peggiore di quella che avrebbero potuto vivere nella cella in cui avrebbero meritato di stare.
«Rebecca, so che sarà difficile, ma dovremo trasferirci in Francia. Non subito, ma verso i primi di maggio.»
«Non voglio andare via di qui.»
Severus notò che Ygraine era impallidita. Il tono di voce di Rebecca era improvvisamente prossimo alle lacrime, ma c’era anche qualcosa di molto simile alla rabbia che forse aveva ferito la giovane donna per quanto non lo desse a vedere.
«Rebecca… non ci sono altre soluzioni… io…»
«Non mi vuoi bene nemmeno tu», la bambina si era alzata in piedi e stava scuotendo il capo. «Non…»
Rebecca non finì la frase, ma corse fuori dalla stanza, ignara del volto pallido della zia e del modo in cui si stava tormentando le mani. Erano soli in salotto e, per diversi istanti, il silenzio li avvolse completamente.
«Avrei dovuto essere più delicata nel dare la notizia.»
«Non sarebbe cambiato nulla», l’uomo sentì lo sguardo di Ygraine su di sé. Gli occhi nocciola erano tristi e, per un motivo che non si sapeva spiegare, avrebbe voluto trovare il modo di eliminare quella tristezza, di evitare di leggervela ancora in futuro. «Andrò a parlare con lei.»
«Grazie.»
Severus annuì soltanto. Per quanto non fosse la prima volta che si trovava di fronte alla gratitudine di Ygraine, non sapeva ancora come reagire, né quali parole dire. Non gli fu difficile trovare Rebecca, rannicchiata sul suo letto, davanti al quale aveva voluto appendere il disegno che lui le aveva regalato per il suo compleanno. La bambina stava piangendo.
«Mi odia adesso?»
La voce era flebile e tremante. Rebecca lo stava guardando con gli occhi velati di lacrime, non ancora versate. Severus si sedette sul bordo del letto.
«No», non disse altro. Non credeva nemmeno che Ygraine potesse odiare qualcuno. Non aveva mai provato il ben che minimo disgusto nei suoi confronti e non pareva detestare nemmeno suo fratello. Era arrabbiata con lui, di questo si era reso conto quel giorno, ma aveva notato anche una certa tristezza, come se stesse rimpiangendo il Gawain che aveva conosciuto un tempo e che aveva amato.
«Perché mi vuole portare via?»
«Dove doveva andare tua zia dopo aver cantato a Londra?»
«In Italia, ma… ha rinunciato?»
L’uomo annuì soltanto. Severus ricordava perfettamente la telefonata della giovane donna al suo agente. Era stata la prima cosa che aveva fatto appena uscita dalla sala da tè. Aveva deciso di annullare il suo impegno a Bologna per non scombussolare la vita di Rebecca.
«L’ha fatto per me?»
«Tua zia è molto preoccupata per quello che è accaduto, Rebecca, e ha riflettuto molto su come riuscire a prendersi cura di te. Credo, d’altronde, che tu capisca che non può rinunciare al suo lavoro.»
«Non voglio che lo faccia, ma… non potrebbe rimanere in Inghilterra?»
Rebecca aveva paura di leggere la delusione negli occhi di Severus, che l’uomo pensasse che si stava comportando come una bambina piccola e ingrata. Era stata cattiva con zia Ygraine e adesso non sapeva cosa fare.
«Tutti i suoi prossimi contratti sono sul continente.»
La bambina cercò di cacciare indietro le lacrime, ma fallì miseramente. Non sapeva nemmeno perché stesse piangendo, forse perché temeva che la zia non l’avrebbe più voluta considerando come si era comportata o perché temeva di aver deluso Severus e non voleva che l’uomo fosse deluso da lei. Quando sentì la mano del mago posarsi lieve e incerta sulla sua spalla riuscì unicamente a piangere di più.
Si mosse appena e lo abbracciò. Non aveva nemmeno bisogno di dire nulla o che lui dicesse nulla. Le bastava che le tenesse le braccia attorno, come stava facendo in quel momento.
«Credi che la zia mi perdonerà?»
Severus sentì che le lacrime si stavano quietando e che la voce della bambina non era spezzata dai singhiozzi.
«Sono certo di sì.»
Ed era certo che quella non fosse una menzogna pietosa. Ygraine non avrebbe mai rifiutato il perdono a Rebecca, di questo era più che sicuro, considerando come fosse riuscita ad offrire il perdono anche a lui che aveva commesso crimini atroci. In quel momento la bambina gli ricordava quasi il sé stesso più giovane, nei momenti subito successivi all’insulto che aveva scagliato contro Lily in un momento di frustrazione e si sentì ancora più certo che la bambina avrebbe ricevuto il perdono che la Grifondoro gli aveva negato. Ygraine aveva un animo più pronto al perdono, più luminoso, forse, di quanto lo fosse mai stato quello di Lily e, improvvisamente, si chiese quante altre piccole cose Lily non gli avesse mai perdonato, quanto fosse stata realmente salda l’amicizia della ragazza per lui, quando avesse iniziato a vacillare.
«Mi accompagnerai dalla zia?»
«Certo.»
La bambina gli sorrise, quando si staccò da lui. Gli prese la mano, mentre tornavano al pianterreno della casa degli Ainsworth. Ygraine era ancora seduta dove l’avevano lasciata, il volto pallido, che le si illuminò di un sorriso non appena vide Rebecca.
«Mi dispiace, zia. Io non volevo…»
«Non ti devi preoccupare, Rebecca», disse la giovane donna, dopo essersi alzata e inginocchiata davanti alla nipote. «So che si tratta di un cambiamento difficile per te e che dovremo adattarci entrambe nei prossimi mesi.»
«Ma Severus potrà venirci a trovare, vero?»
«Naturalmente, Rebecca», mormorò la giovane donna, alzandosi in piedi e mettendo una mano sulla spalla della bambina, che non aveva lasciato andare l’uomo.
«Verrai, vero, Severus?»
L’uomo osservò gli occhi di Ygraine colmi di una fiducia che sembrava farsi ogni giorno più profonda e quelli pieni di affetto di Rebecca e annuì.
Quando Mary e Alfred Ainsworth rincasarono, trovarono la bambina e i due adulti intenti a parlare tranquillamente, per quanto la donna si accorse di una certa tensione nella figlia, che sembrò aumentare dopo che il signor Piton si congedò da loro, con la promessa di tornare il pomeriggio successivo.
Tutto sembrò tranquillo durante la cena e Rebecca non fece alcun cenno a quello che Ygraine doveva averle detto, ma la bambina era impaurita. Era terrorizzata dall’idea che anche la zia potesse abbandonarla un giorno o, forse, si disse, mentre cercava di prendere sonno, temeva che i genitori cambiassero idea, che decidessero di volerla portare con loro oltre l’Oceano.
Si alzò in piedi e andò nella camera dove dormiva la zia che stava ancora leggendo. Si intrufolò nel suo letto, rannicchiandosi contro di lei e si sentì più tranquilla quando la zia l’abbracciò.
Poco prima di addormentarsi la bambina si chiese se non potesse sperare che Severus e la zia decidessero di vivere insieme. In quel modo sarebbe rimasta sempre insieme alla sua nuova mamma e al suo nuovo papà.
Il giorno dopo il cielo era più sereno, per quanto fosse attraversato da nuvole bianche portatrici di vento.
E così era il cielo sopra Londra, ben visibile dall’appartamento di Jane Stanton, dove la pianista lasciò risuonare a lungo le ultime note.
«Sarai una splendida Elsa, Ygraine.»
La giovane donna chiuse lo spartito, mentre Jane rimase seduta al pianoforte, dopo che avevano rivisto alcuni passaggi, seguendo le indicazioni che il direttore aveva dato il giorno precedente e che la giovane donna sapeva di aver appuntato in maniera quasi automatica sullo spartito.
«Lo spero, Jane.»
Sapeva di aver risposto in maniera distratta, per quanto, mentre cantava fosse riuscita a ritrovare l’abituale passione. In quel momento, invece, riusciva unicamente a pensare a quello che sarebbe potuto accadere se l’uomo non fosse giunto in casa del fratello quel giorno e se non fosse riuscito a convincere Gawain e Margaret a farle andare dai suoi genitori. Era certa che erano state le parole che Severus aveva detto al fratello e alla cognata a dare il via alla riflessione che li aveva portati ad affidare Rebecca a lei.
«Vuoi rivedere qualche altro passo?»
«No, Jane. Se per te va bene tornerò prima dell’ante-generale.»
Passata la rabbia che aveva provato il giorno prima di fronte al rifiuto di Gawain di vedere nuovamente Rebecca, le pareva che il fratello avesse fatto la scelta migliore per la bambina. Non sapeva cosa stesse provando in quel momento Gawain, ma voleva sperare che fosse stata una scelta dettata dall’affetto per la bambina e non dall’odio che forse, con il passare dei giorni, se non avesse preso quella decisione, sarebbe giunto a provare per Rebecca.
«Le prove sono il 24, giusto?»
«Esatto. Forse potremmo vederci due giorni prima.»
«Hai già pensato se vuoi ripassare il ruolo di Mélisande prima della tua partenza per l’Italia?»
Ygraine osservò per qualche istante Jane, cercando di capire cosa dire alla pianista. Sapeva che non poteva spiegarle il motivo della scelta di Gawain e si chiese se fosse logico rivelarle che il fratello le aveva affidato Rebecca. Jane le avrebbe sicuramente chiesto la causa del comportamento di Gawain e lei non sarebbe mai riuscita ad inventare una buona motivazione.
«Ho annullato l’impegno a Bologna.»
«Per quale motivo?»
«Ho cantato troppo prima di questo Lohengrin e sento le corde vocali affaticate. Forse non avrei dovuto accettare di cantare quelle due recite di Otello
«Immagino che Olivier non sia per nulla contento della tua decisione.»
Ygraine annuì, sentendo nominare il suo agente. A quanto pareva Jane aveva creduto alle sue parole, ma non aveva nemmeno alcun motivo per non crederle, considerando che il suo foniatra le aveva sempre raccomandato di non sforzare troppo le corde vocali, se non voleva avere una carriera fulminea. Aveva sempre cercato di dosare con cura gli impegni, ma non sarebbero state due recite di Otello in mezzo ad una pausa tra Comtes e Lohengrin a causarle dei problemi seri.
«Gli ho promesso di fare qualche recital in più la prossima stagione.»
Non disse che gli aveva chiesto di rivoluzionare tutto il suo calendario, con l’eccezione dei tre titoli che aveva in programma in Francia per la stagione successiva. Si era ripromessa, quando aveva deciso di intraprendere quella professione, che, se mai avesse avuto una famiglia, non le avrebbe anteposto la sua carriera. Avrebbe semplicemente diminuito gli impegni, come aveva deciso di fare non appena aveva lasciato la sala da tè dove aveva incontrato Gawain e Margaret.
«Se vuoi possiamo concludere con un Lied, come facciamo sempre.»
Ygraine annuì, prima di frugare tra alcuni spartiti e consegnare a Jane una dolce mélodie di Debussy.
La voce della giovane donna era ben udibile in altre parti del palazzo dove abitava la pianista e la vicina del piano di sopra si era messa in ascolto, come le piaceva sempre fare.
E la voce di Ygraine era udibile anche nella strada, dove Severus era appena giunto per riaccompagnare la giovane donna nel Kent, ma alle parole in francese si sovrappose improvvisamente una melodia più stridente, proveniente dall’altra parte della strada. Dalla vetrina del negozio davanti a cui si era posizionato vide il suonatore di organetti che stava soffocando il canto luminoso di Ygraine con le sue note dissonanti, quelle note che sapevano di morte.
Il suonatore mise a tacere l’organetto prima che il soprano smettesse di cantare. Severus lo vide incamminarsi lungo la strada, tra l’indifferenza dei passanti. Forse avrebbe potuto seguirlo, ma aveva notato, l’unica volta che aveva tentato di farlo, che il suonatore di organetti sceglieva luoghi affollati di Babbani, rendendo impossibile avvicinarlo senza allertare gli Auror, tra i quali si celava l’assassino della Tate Britain.
Rimase quindi immobile, ad ascoltare la voce di Ygraine spegnersi dolcemente, come aveva fatto le altre volte in cui l’aveva aspettata fuori dall’appartamento della pianista. Eppure, quando il soprano lo raggiunse in strada e gli rivolse un lieve sorriso, non riuscì a togliersi dalla mente il suono dell’organetto che soffocava il canto della giovane donna.

 
Top
view post Posted on 23/7/2022, 21:11
Avatar

I ♥ Severus


Potion Master

Group:
Administrator
Posts:
55,410
Location:
Da un dolce sogno d'amore!

Status:


Cap. XXI parte 1
CITAZIONE
e si sentì sopraffare dall’insicurezza al punto che fu tentata di afferrare il braccio di Severus, per ricevere una parvenza del coraggio di cui l’uomo aveva dato silenziosamente prova per tutta la guerra magica.
Ma non lo fece.
Non credeva che il mago l’avrebbe respinta, non dopo la sera trascorsa nello studio di suo padre, ma era certa che non avrebbe fatto una buona impressione al fratello.

Mi piace questa doppia considerazione: dà un tocco di realismo in più.
CITAZIONE
«Per questo lei non verrà con noi.»

Eeeh? Come sarebbe a dire, abbandonano la figlia?
CITAZIONE
Avevano deciso di lasciare l’Inghilterra e di affidare la bambina a Ygraine proprio per l’amore che ancora provavano per Rebecca, perché sapevano entrambi che non sarebbero mai riusciti ad accettare la magia e che così facendo avrebbero potuto distruggere la bambina.

Questo delicato pensiero mi stupisce.

E il suonatore di organetto si rivela la spia che è sempre stata. del resto questa frase è di sicuro importante
CITAZIONE
hanno voluto sapere se già vi conoscevate quando è morto Tristan

CITAZIONE
«Non sarebbe cambiato nulla», l’uomo sentì lo sguardo di Ygraine su di sé. Gli occhi nocciola erano tristi e, per un motivo che non si sapeva spiegare, avrebbe voluto trovare il modo di eliminare quella tristezza, di evitare di leggervela ancora in futuro. «Andrò a parlare con lei.»

Che tenero!
CITAZIONE
Ygraine non avrebbe mai rifiutato il perdono a Rebecca, di questo era più che sicuro, considerando come fosse riuscita ad offrire il perdono anche a lui che aveva commesso crimini atroci. In quel momento la bambina gli ricordava quasi il sé stesso più giovane, nei momenti subito successivi all’insulto che aveva scagliato contro Lily in un momento di frustrazione e si sentì ancora più certo che la bambina avrebbe ricevuto il perdono che la Grifondoro gli aveva negato. Ygraine aveva un animo più pronto al perdono, più luminoso, forse, di quanto lo fosse mai stato quello di Lily e, improvvisamente, si chiese quante altre piccole cose Lily non gli avesse mai perdonato, quanto fosse stata realmente salda l’amicizia della ragazza per lui, quando avesse iniziato a vacillare.

Ottime considerazioni, Severus, bravo!
CITAZIONE
In quel modo sarebbe rimasta sempre insieme alla sua nuova mamma e al suo nuovo papà.

Commovente: non faccio fatica ad ammettere che è una soluzione che mi piacerebbe molto.
CITAZIONE
Dalla vetrina del negozio davanti a cui si era posizionato vide il suonatore di organetti che stava soffocando il canto luminoso di Ygraine con le sue note dissonanti, quelle note che sapevano di morte.

Odio quel suonatore!!!
 
Web  Top
view post Posted on 23/7/2022, 21:32
Avatar

Pozionista

Group:
Severus Fan
Posts:
3,086

Status:


CITAZIONE (Ida59 @ 23/7/2022, 22:11) 
Mi piace questa doppia considerazione: dà un tocco di realismo in più.

Grazie!

CITAZIONE
Eeeh? Come sarebbe a dire, abbandonano la figlia?

Esattamente (hai avuto la stessa reazione di Ygraine). Ho riscritto il dialogo diverse volte, prima di giungere a questa stesura, anche perché lo snodo di Rebecca era difficile da sciogliere e arrivata a questo punto avevo due strade: essere completamente sadica e far "vincere" Gawain (e lì l'avrebbe veramente portata negli Stati Uniti) oppure fare avere un sussulto di nobiltà a Gawain e Margaret ed è stato quello che ho scelto.

CITAZIONE
Questo delicato pensiero mi stupisce.

Le parole di Severus hanno avuto il loro effetto (per quanto nessuno dei due lo ammetterebbe mai).

CITAZIONE
E il suonatore di organetto si rivela la spia che è sempre stata. del resto questa frase è di sicuro importante

Su questo particolare hai ragione, ma ovviamente non ti posso dire come quella frasi risulterà importante.

CITAZIONE
Commovente: non faccio fatica ad ammettere che è una soluzione che mi piacerebbe molto.

Ovviamente non posso dirti se la soluzione immaginata da Rebecca si avvererà.

CITAZIONE
Odio quel suonatore!!!

Povero suonatore...
 
Top
view post Posted on 24/7/2022, 19:15
Avatar

Pozionista

Group:
Severus Fan
Posts:
3,033
Location:
Dalla terra dove s'intrecciano misteri, magie e leggende.

Status:


Complimenti per questo capitolo denso di emozioni, Leonora.
Mi piace moltissimo il modo che hai di descrivere, con poche parole, l’aura di calma e forza interiore propria di Severus, che riesce a infondere anche a chi ha la fortuna di stargli accanto. E Ygraine è una donna fortunata.
Definirmi sconvolta dalla proposta di Gawain e Margaret è poco: come possono due genitori anche solo immaginare di allontanarsi così tanto dalla loro unica figlia, sparendo letteralmente dalla sua vita e con tutta l’intenzione di dimenticarla come fosse stato un brutto sogno? Avevo sperato in un ravvedimento dei due, magari mediato dall’intervento dei nonni, ma niente: sono proprio due brutte persone!
Mi sono ritrovata anche a rivalutare l’impressione iniziale su ‘Mister organetto’: più che un informatore credevo fosse la mente, il mandante degli omicidi!
Molto tenere le riflessioni della piccola Rebecca: chissà se un giorno il suo sogno potrà avverarsi? ;)
 
Top
view post Posted on 24/7/2022, 19:57
Avatar

Pozionista

Group:
Severus Fan
Posts:
3,086

Status:


CITAZIONE (Lonely_Kate @ 24/7/2022, 20:15) 
Complimenti per questo capitolo denso di emozioni, Leonora.
Mi piace moltissimo il modo che hai di descrivere, con poche parole, l’aura di calma e forza interiore propria di Severus, che riesce a infondere anche a chi ha la fortuna di stargli accanto. E Ygraine è una donna fortunata.

Grazie mille, Cate! Ygraine è perfettamente consapevole di essere una donna fortunata.
CITAZIONE
Definirmi sconvolta dalla proposta di Gawain e Margaret è poco: come possono due genitori anche solo immaginare di allontanarsi così tanto dalla loro unica figlia, sparendo letteralmente dalla sua vita e con tutta l’intenzione di dimenticarla come fosse stato un brutto sogno? Avevo sperato in un ravvedimento dei due, magari mediato dall’intervento dei nonni, ma niente: sono proprio due brutte persone!

I genitori di Rebecca sono essenzialmente dei vigliacchi, che non vogliono realmente assumersi le proprie responsabilità, né sanno accettare la diversità. Alla fine, mentre progettavo questa parte della vicenda, questa era l’unica soluzione possibile per due persone del genere. L’altra era quella ben peggiore di portare via Rebecca.
CITAZIONE
Mi sono ritrovata anche a rivalutare l’impressione iniziale su ‘Mister organetto’: più che un informatore credevo fosse la mente, il mandante degli omicidi!

Su Mister organetto mi taccio.
CITAZIONE
Molto tenere le riflessioni della piccola Rebecca: chissà se un giorno il suo sogno potrà avverarsi? ;)

E anche su questo mi trincero dietro al silenzio.
 
Top
view post Posted on 27/7/2022, 08:28
Avatar

Pozionista

Group:
Severus Fan
Posts:
3,086

Status:


Capitolo XXI - Parte II
Das Wirsthaus



12 – 22 marzo 2002


L’immagine del suonatore d’organetti che pareva sovrastare la voce di Ygraine lo accompagnò anche quando si ritrovò nella sua casa di Spinner’s End, al punto che lasciò perdere la lettera che stava scrivendo e che avrebbe inviato ad un centro di studi specializzato nella ricerca e nel miglioramento di pozioni.
Sapeva che era razionalmente assurdo, ma c’era qualcosa di strano in quell’improvvisa apparizione del suonatore di organetto, così come era strano il fatto che Micheal Green ed Emily Thomson si fossero recati nell’appartamento di Gawain e Margaret per interrogare Ygraine su un tema che sembravano aver escluso poco tempo prima.
Fuori dalla finestra il crepuscolo aveva iniziato ad avvolgere l’Inghilterra, lasciando che le stelle e la luna illuminassero il cielo di marzo. Cercò di scrollarsi di dosso quella sensazione di pericolo imminente, ma sentiva unicamente risuonare le note dell’organetto e a non sentire più la voce di Ygraine.
Rimase immobile, prima di alzarsi in piedi, riflettendo attentamente sui sospetti relativi ai tre Auror, perché sapeva che il pericolo veniva da lì. Uno di loro aveva già fatto in modo che Ygraine venisse assalita nel suo camerino il mese precedente e poteva colpirla di nuovo. Severus aveva posto delle protezioni intorno alla casa degli Ainsworth nel Kent, ma sapeva che non poteva essere sempre accanto a Ygraine. Era con lei alle prove, l’accompagnava a Londra, ma l’assassino avrebbe potuto coglierla in un momento in cui la giovane era da sola.
Era un’eventualità con cui sapeva di dover fare i conti. La magia poteva molte cose, ma non l’impossibile.
L’unica consolazione era che non parevano interessati a colpire Rebecca, che almeno non volevano vendicarsi su una bambina che aveva già troppo sofferto.
Eppure, la musica del suonatore d’organetti gli parve, mentre ci ripensava, ancora più funesta del solito. Non credeva che l’uomo fosse l’assassino della Tate, quanto piuttosto il complice dell’Auror, qualcuno che era intimamente legato ai Berenger e per questo aveva deciso di collaborare con l’assassino. C’era un nome che gli ronzava nella mente da quel pomeriggio, ma sperava con tutto sé stesso di sbagliarsi.
D’altronde, non era sul suonatore che doveva concentrarsi quanto piuttosto sui tre Auror e, in particolar modo, sui due che si erano recati nell’appartamento di Gawain, che aveva, almeno avuto il buon senso di non rivelare dove si ritrovasse la sorella. Potter non doveva nemmeno esserne al corrente, dal momento che gli aveva detto che lo avrebbe informato di ogni mossa sospetta dei suoi superiori e non aveva alcun motivo per dubitare del ragazzo.
Prese la bacchetta ed evocò il suo Patronus. Rimase per qualche istante in silenzio, osservando il muso della cerva, mentre le riferiva il messaggio da portare al ragazzo. Avevano concordato di utilizzare quel modo di comunicare e di farlo, a meno che non si presentasse un’emergenza, al crepuscolo, quando il ragazzo era certo di essere rientrato a casa dal Ministero. Come Apprendista Auror non gli venivano affidati incarichi durante la notte.
Si rimise a sedere e riprese in mano la lettera che aveva iniziato, cercando di raccogliere le idee da mettere nero su bianco, ma l’unica cosa a cui riusciva a pensare era la voce di Ygraine che veniva soffocata dalla musica del suonatore di organetto.
Il cielo si era fatto nuvoloso e la luna era quasi scomparsa e, così, era anche a Londra, mentre Harry ascoltava allarmato il messaggio di Piton. Non aveva alcuna idea di quello che avevano fatto Micheal ed Emily e si disse che li avrebbe osservati con maggiore attenzione, proprio come suggeriva l’uomo. Avrebbe dovuto non tralasciare nemmeno Cristopher, per quanto gli sembrasse che il suo supervisore fosse quello più facile da escludere.
Si sistemò gli occhiali sul naso, mentre ripensava, non appena era sparito, al Patronus di Piton e si rese conto solo in quel momento che c’era qualcosa di strano nella cerva argentea. La forma gli sembrava più instabile di quella che aveva visto anni prima nella foresta di Dean. Era come se ogni tanto una zampa si dissolvesse o sparisse e, in un’occasione, poco prima che il Patronus sparisse, gli era parso di veder spuntare due ali dai suoi fianchi.
Non sapeva nemmeno cosa pensare di quei cambiamenti – sempre che non se li fosse immaginati alla luce tenue della stanza –, né se dovesse in qualche modo menzionarli a Piton se lo avesse incontrato nei prossimi giorni, anche se con ogni probabilità era del tutto inutile, considerando che all’uomo non sfuggiva mai nulla.
D’altronde, si disse, non era nemmeno una questione importante, non come osservare Micheal ed Emily e cercare di capire chi di loro due avesse ucciso quei Babbani al museo. Il ragazzo scosse leggermente il capo, ricordando a sé stesso, di mantenere l’attenzione anche su Cristopher come gli raccomandava di fare Piton.
E durante i giorni successivi, li osservò con attenzione. C’era qualcosa di strano nel comportamento di Micheal. Sembrava quasi che stesse nascondendo qualcosa, che non volesse confidarsi con Cristopher o con Emily. Harry notò che parlava sempre più di frequente del caso e di come fosse necessario interrogare la signorina Ainsworth, di come fosse certo che la giovane donna stesse nascondendo qualcosa.
Il ragazzo si chiese se non fosse effettivamente Micheal l’Auror coinvolto in quel duplice omicidio, per quanto non riuscisse a vedere alcuna reale prova in merito. Il pomeriggio del ventidue marzo, Harry uscì dal Ministero della Magia deciso a fare chiarezza sui suoi dubbi, prima di contattare Piton e parlarne con lui. Lui e Hermione si sarebbero incontrati di lì a poco e si chiese se non dovesse confidarsi anche con lei. L’amica non era coinvolta nel caso e forse poteva offrire un punto di vista diverso dal suo o anche da quello di Piton.
Il sole illuminava la città, mentre una leggera brezza faceva gemere alcuni tigli e un suonatore d’organetto male in arnese trascinava il suo strumento senza un’apparente meta. E il sole illuminava una via di Londra e la stanza di un appartamento dove si trovava un pianoforte che luccicava colpito da alcuni raggi.
Ygraine sorrise appena, mentre osservava dalla finestra dell’appartamento di Jane, Rebecca e Severus allontanarsi insieme. Chi non li avesse mai conosciuti li avrebbe potuti scambiare per un padre e una figlia, per quanto nessuno dei tratti della nipote la facesse assomigliare all’uomo, ma l’affetto che li legava era quello di un genitore e della sua bambina. Ygraine era certa che quel legame sarebbe rimasto saldo anche quando lei e Rebecca si fossero trasferite in Francia, così come era certa che avrebbe continuato ad amare Severus e a offrirgli la sua amicizia e la sua fiducia.
«Sembri distratta, Ygraine», Jane le si era avvicinata, mentre lei osservava il cielo luminoso di quel giorno di marzo. Rebecca e Severus non si vedevano più e per un istante prese in considerazione l’idea di posticipare lo studio con l’amica e di passare il pomeriggio con loro. «Chi era quell’uomo con Rebecca?»
«Un amico», Ygraine non aggiunse altro e sperò che la pianista lasciasse cadere l’argomento. «Potremmo rivedere il duetto con Ortrud del secondo atto? Ieri il direttore mi ha chiesto di evidenziare maggiormente queste parole.»
Mentre parlava, armeggiò con lo spartito per canto e piano su cui aveva cerchiato in rosso i passaggi indicati dal direttore d’orchestra.
«Certo», rispose Jane, andando a sedersi al pianoforte, per poi svogliare sullo spartito. «Ti va bene iniziare da qui?»
Ygraine annuì. Aspettò che Jane suonasse poche note prima di attaccare, cercando di seguire le indicazioni del direttore. Le piaceva come emergeva di più l’idea che Elsa fosse mossa dalla paura di perdere l’uomo di cui era innamorata, lasciando presagire che, nel suo timore, lo avrebbe realmente perso, perché dubitava di lui.
E mentre cantava si rese conto di non riuscire a comprendere del tutto quel personaggio e quei suoi dubbi. Non era tanto il timore della perdita che la faceva sentire lontana da Elsa, quanto piuttosto il modo in cui giungeva a non fidarsi dell’uomo che amava. O, forse, la protagonista dell’opera non amava realmente Lohengrin, ma l’idea che di lui si era fatta e per questo, nel momento in cui si trovava davanti il cavaliere del cigno non era riuscita ad affidarsi realmente a lui.
Forse, mesi prima, avrebbe potuto essere più in sintonia con il personaggio, ma in quel momento si sentiva distante anni luce da lei. L’amore per Severus non sarebbe mai esistito senza la fiducia che aveva provato fin da quando aveva lasciato Rebecca da sola nella sala del museo accanto a lui. Si chiese se fosse stato proprio da quella fiducia che si era così rapidamente alimentato l’amore che provava per lui, ma non seppe darsi una risposta.
E probabilmente, non era nemmeno importante trovarla.
«Vorrei rivedere anche una parte del terzo atto. Non credo di riuscire molto bene nel passaggio in cui Elsa pone le domande a Lohengrin.»
Mentre la pianista iniziava a suonare, il sole illuminò vivacemente la stanza e il sole splendeva al di fuori dell’appartamento di Jane, e si posava sui rami ancora spogli dei tigli e sui vialetti di un parco.
Rebecca sedeva tranquilla su una panchina, accanto a Severus. Si sentiva decisamente meglio quel giorno. Aveva ormai accettato che lei e la zia sarebbero andate in Francia, forse perché sapeva che l’uomo le sarebbe andate a trovare. Si sentiva ancora triste perché i suoi genitori non la volevano più, ma era certa che la zia sarebbe stata perfetta, perché lei l’amava anche se era una strega, così come l’amavano i nonni.
Osservò per un istante l’uomo e sorrise appena. Le piaceva stare con lui e, quando sarebbe andato a trovarle in Francia, era certa che avrebbero passato molto tempo insieme. Forse avrebbe dovuto dire alla zia di cercare una casa in cui Severus potesse lavorare alle sue pozioni, così lei avrebbe potuto chiedergli di aiutarlo. Riusciva quasi ad immaginarsi china su un calderone accanto all’uomo, mentre la zia li osservava con un sorriso dall’altra parte della stanza, con una partitura in mano.
Le sarebbe piaciuto vivere con zia Ygraine e Severus. Credeva anche che all’uomo piacesse la zia ed era certa che alla zia piacesse il mago. Però non sapeva come funzionassero le cose tra gli adulti. Forse, una delle volte in cui l’uomo sarebbe andati a trovarle avrebbe deciso di fermarsi e vivere con loro perché era la cosa più logica da fare.
Ma, in quel momento, doveva accontentarsi di quei giorni e di quelli che avrebbe vissuto con lui in Francia durante le sue visite.
Si fece più vicina al mago, che sedeva silenzioso al suo fianco, fino a quando non si rannicchiò contro di lui, come le piaceva fare quando erano insieme. Si sentì ancora più tranquilla quando Severus la abbracciò. Non sembrava nemmeno più titubante, come le altre volte. Forse gli aveva insegnato come si facesse.
Ed era un pensiero molto triste, perché se Severus non sapeva come si abbracciava voleva dire che nessuno gli aveva mai voluto veramente bene, prima di lei e la zia.
«Qualche giorno fa zia Ygraine è andata a firmare le carte dove c’è scritto che vivrò con lei fino alla mia maggiore età.», gli disse, cercando di non piangere, anche se la bambina non sapeva se quelle lacrime fossero per l’uomo che ormai considerava come un padre e a cui aveva insegnato come si facesse ad abbracciare o per lei e per i genitori che aveva perso per sempre. «Credi che mi vorranno rivedere un giorno?»
La voce della bambina era ovattata, ma a Severus non sfuggì il lieve tremito che aveva accompagnato le ultime parole.
«Non lo so, Rebecca», le disse, anche se immaginava perfettamente quale potesse essere la risposta.
Sperava sinceramente che Gawain e Margaret Ainsworth non avessero più nulla a che fare con lei. Con Ygraine, la bambina sarebbe stata più al sicuro e avrebbe vissuto accanto ad una persona che accettava completamente l’esistenza del Mondo Magico. Avrebbero avuto anche il supporto dei nonni paterni, che non parevano nutrire nessun pregiudizio, per quanto Mary Ainsworth fosse più titubante del marito. Invece, il padre di Ygraine non perdeva occasione per porgli delle domande sulla letteratura magica medievale.
«Io e la zia stiamo scegliendo la nuova casa in Francia. Ha detto che il suo vecchio appartamento a Digione non va bene. Non abbiamo ancora deciso dove abitare. Però sceglieremo una casa grande, con una stanza per gli ospiti, così tu non dovrai andare in albergo, quando ci verrai a trovare. Ci accompagnerai quando ci trasferiremo?»
«Tua zia cosa ne pensa?»
«Lei è d’accordo», disse Rebecca, anche se non aveva chiesto nulla a zia Ygraine, ma era sicura che anche a lei sarebbe piaciuto se Severus le avesse accompagnate.
Era certa che anche all’uomo avrebbe fatto piacere andare con loro.
«Allora, verrò.»
La bambina si staccò da lui e gli sorrise, di un sorriso felice e solare come quelli che gli aveva rivolto prima che i genitori la ferissero così profondamente. L’uomo si disse che era quasi un miracolo se Rebecca aveva conservato la capacità di sorridere. Ygraine gli aveva detto che era per merito suo, ma lui non lo credeva. Se c’era una presenza positiva nella vita della bambina era proprio la giovane cantante e non di certo un uomo dall’animo spezzato qual era lui.
«Possiamo andare al museo dove ci siamo incontrati, mentre aspettiamo di andare a recuperare la zia?»
«Ne sei certa, Rebecca?»
«Sì, mi farebbe veramente piacere.»
La bambina stava ancora sorridendo quando si alzarono dalla banchina. La piccola gli prese subito la mano, come ormai faceva sempre. Mentre camminavano si rese conto che si era ormai abituato a quella sensazione, a sentire la mano di Rebecca nella sua, a comportarsi con lei come avrebbe fatto con una figlia.
C’era stato un tempo, quando era stato un ragazzo colmo di sogni, in cui si era immaginato come il padre di una bambina in tutto e per tutto simile a Lily. All’epoca non si era reso conto dell’irrealizzabilità di quel sogno e, più tardi, aveva distrutto qualsiasi possibilità di poter avere dei figli perché nessuna donna avrebbe mai potuto amarlo.
Eppure, in quel momento, poteva chiamare, se pur soltanto nei suoi pensieri, Rebecca figlia e non riusciva nemmeno a sentirsi in colpa mentre lo faceva e sapeva che fino a pochi giorni prima quello sarebbe stato il primo sentimento che avrebbe provato, perché avrebbe potuto macchiare l’animo puro con il suo spezzato dalle vite tolte e da quelle che non era riuscito a salvare.
Sapeva che era unicamente per merito di Ygraine e delle parole che gli aveva detto nello studio di suo padre, il giorno in cui le aveva portate via dall’appartamento di Gawain.
Mentre saliva le scale della Tate Britain, tenendo per mano la bambina, che gli parlava e sorrideva tranquilla, gli sembrava di essere finalmente riuscito a fare qualcosa di buono nella sua vita, quando era intervenuto per proteggerla da Gawain e Margaret ed era riuscito ad ottenere quei pochi giorni a casa dei nonni di Rebecca durante i quali i genitori della bambina avevano maturato la decisione di affidarla a Ygraine.
Ma lui aveva ricevuto in cambio più di quanto non avesse dato, più di quanto non meritasse.
Aveva l’affetto di Rebecca e l’amicizia sincera della giovane donna, e la fiducia di entrambe.
Ygraine gli aveva donato più volte il perdono e questa volta voleva provare a perdonare sé stesso, per quanto temesse di non esserne in grado, di non riuscire a lasciar andare completamente il rimpianto e il senso di colpa per il male che aveva fatto. Però, forse, poteva, se non perdonarsi, almeno vivere pienamente quella seconda possibilità che gli era stata concessa. Se l’era ripromesso più volte, ma in quel momento, mentre si fermava con la bambina davanti ad uno dei quadri, era certo di riuscire a farlo, se non per lui, almeno per non deludere le uniche due persone che lo avevano accolto senza alcun pregiudizio.
Quando arrivarono davanti al quadro di Sancta Lilias, Rebecca si fermò, ma Severus non se ne stupì nemmeno. Senza dire una parola si sedettero entrambi sul divanetto che aveva occupato quasi ogni giorno per tre lunghi anni.
E mentre sedeva accanto alla bambina, rammentò perfettamente quello che lui era stato il giorno di dicembre in cui Rebecca gli aveva parlato per la prima volta e quello che lui era stato il giorno di gennaio in cui aveva accettato l’invito di Ygraine: un uomo che non viveva più, che si trascinava nel presente con il pensiero fisso nel passato, in una vita gelata in un eterno inverno.
Si rese conto di non essere più quell’uomo, per quanto fosse cosciente che la sua mente andava ancora spesso al passato e che a volte gli pareva ancora di vivere in un eterno inverno, ma gli sembrava, mentre sedeva accanto alla bambina davanti al quadro che raffigurava un simulacro di Lily, che in parte quell’inverno si stava sciogliendo e sapeva perfettamente che doveva quel ritorno alla vita unicamente alla bambina e a Ygraine.
«Perché quel quadro ti piace tanto?»
La voce di Rebecca era un sussurro lieve, ma lo distolse da quei pensieri. Portò lo sguardo sul dipinto, rendendosi conto soltanto in quel momento di non averlo osservato realmente da quando si era seduto.
Lo guardò con attenzione e si accorse che non c’era molto che assomigliasse veramente a Lily in quella figura, se non il colore dei capelli e degli occhi. La donna raffigurata aveva lo sguardo più simile a quello di Ygraine, colmo di un perdono che, se ne rendeva ormai conto, la Evans non gli avrebbe mai concesso, nemmeno se fosse sopravvissuta a quella notte di Halloween di tanti anni prima.
«Mi ricordava una persona morta da tempo», spiegò a Rebecca.
Era la semplice verità e la bambina non aveva di certo bisogno di conoscere quanto valore avesse dato, fino a qualche mese prima, a quel dipinto, di cosa vi avesse cercato, di come avesse sprecato il suo tempo a torturarsi con la mente volta al passato.
«E te la ricorda ancora?»
«Non più. Però rimane un bel quadro.»
Anche quello era vero, si disse Severus, mentre si alzava dal divanetto e riprendeva a camminare tenendo per mano Rebecca. Mentre usciva dalla sala, lanciando un’ultima occhiata a Sancta Lilias, si rese conto che quel dipinto non era più un simbolo delle sue colpe e dell’impossibilità di poter raggiungere il perdono, ma, piuttosto, della vita che gli si dipanava davanti, di quello che poteva raggiungere se fosse riuscito a non odiarsi, a non giudicarsi in maniera così inflessibile.
Mentre usciva dal museo si chiese se perdonarsi non significasse anche rianalizzare il suo passato. Nulla avrebbe cancellato il male che aveva fatto, lo sapeva, e nulla avrebbe potuto fargli dimenticare di aver volutamente scelto di dannarsi quando si era presentato per la prima volta davanti all’Oscuro Signore.
Però, forse, sarebbe riuscito ad accettare di aver tentato di porre rimedio a quella scelta orribile, di accettare la verità dietro alle parole che Ygraine gli aveva detto nello studio del padre, per quanto era certo che non sarebbe mai riuscito a credere di essere una brava persona come invece pensava la giovane donna.
Il sole illuminava il cammino dell’uomo e della bambina e il sole illuminava il pianoforte e le dita della pianista che si muoveva rapide ed eleganti su di esso.
Quando Ygraine chiuse lo spartito la pendola di Jane segnava venti minuti alle quattro, l’ora in cui sarebbe scesa dalle scale e avrebbe incontrato Severus e Rebecca.
«C’è qualcosa di nuovo nel tuo approccio al personaggio», constatò Jane, mentre osservava attentamente lo spartito. «Sei così sensibile sulla scena, Ygraine.»
«Jane…»
«L’ho sempre trovato incredibile», continuò la donna quasi non l’avesse sentita. «Hai una dote straordinaria nell’aderire alla parola scenica, nello scavare nell’intimo dei personaggi che canti. Eppure, sai essere cieca nella vita reale. Comprendi Elsa o Desdemona, ma non hai mai capito realmente Tristan.»
«Di cosa stai parlando, Jane?»
La pianista la stava fissando in maniera diversa da come era solita fare. Il volto di Jane era generalmente gentile e bonario, ma in quel momento sembrava colmo di rabbia repressa e di disprezzo.
«Hai lasciato che si macerasse nella depressione. Io mi ero accorta che non stava bene, ma ero soltanto l’amica pianista della sorella ed ero certa che tu, Ygraine, l’avresti aiutato. Ma non l’hai fatto. Sei passata da un ruolo all’altro senza mai fermarti a guardare, senza mai ascoltarlo. Immagino che tu non ti sia nemmeno resa conto che io mi fossi innamorata di lui.»
Ygraine indietreggiò di qualche passo, mentre cercava di aggrapparsi alle parole che Severus le aveva detto nell’appartamento di Tristan, quelle parole che, lo sapeva, erano specchio della realtà.
«Hai ragione, Jane, non mi sono mai accorta dei tuoi sentimenti per Tristan e mi dispiace veramente», le parole della pianista la spaventavano e lei voleva unicamente andarsene. «E non puoi nemmeno immaginare quanto mi sia sentita in colpa per quello che mio fratello ha scelto di fare.»
«Sono certa che tu creda di essere dispiaciuta, Ygraine, che tu creda di sentirti in colpa, persino. Sai, ti ho sempre ammirata come artista, ma ti ho odiata, anche, dal giorno in cui Tristan si è suicidato. Eri così sconvolta dopo, quando era troppo tardi», Jane era rimasta ferma, seduta al pianoforte. Ygraine sbatté contro un mobile non lontano dalla sedia su cui aveva posato la borsetta. «Ma eri un’artista eccezionale e non volevo privare il mondo del canto di qualcuno dotato del tuo dono. Ma, poi, ti ho odiata ancora di più.»
Ygraine si voltò e si avvicinò alla sedia, ma improvvisamente si sentì afferrare con forza da Jane. La pianista era più alta di lei e la sua presa era incredibilmente forte, ben diversa dal modo delicato con cui era solita suonare.
«Lasciami andare», mormorò debolmente Ygraine, mentre cercava qualcosa a cui aggrapparsi o un modo per svincolarsi, prendere la borsetta e correre fuori.
«E perché dovrei? Perché così correrai tra le braccia di un assassino che oggi stesso hai chiamato amico?» Jane la strinse con maggior forza.
«Sei una strega?»
Ygraine si chiese se facendola parlare non potesse acquistare il tempo necessario per riuscire a svincolarsi e a correre fuori, sempre che Jane non avesse chiuso magicamente la porta.
«Mia sorella lo era. Mio cognato lo era, i miei nipoti lo erano. Io sono una Magonò. Ho tanta magia quanta ne hai tu, Ygraine, ma almeno so riconoscere un uomo degno da uno indegno.»
«Tua sorella? Ho sempre creduto che fossi figlia unica», la giovane donna non era certa di aver compiuto la scelta più saggia parlando in quel momento, ma l’unico suo scopo era far parlare Jane. Forse sarebbe riuscita a distrarla. Severus aveva spiegato cosa fosse una Magonò e lei poteva lottare contro la pianista ad armi pari.
«Non potevo certo parlarti della mia sorellastra strega. O forse non ti sei nemmeno accorta di quanto ti parlassi poco dei miei genitori?»
«L’ho notato e lo sai perfettamente. Ho provato a parlarne, ma tu hai sempre evitato l’argomento. Credevo avessi un cattivo rapporto con loro, che fossi arrabbiata con tuo padre o con tua madre.»
«Ho semplicemente rispettato lo Statuto di Segretezza. Non potevo di certo immaginare che Rebecca fosse una strega, né potevo immaginare che tu le permettessi di rimanere insieme ad un assassino. Non ti ho mai parlato della mia sorellastra strega, di Mathilde che è morta, uccisa con ogni probabilità dallo stesso uomo che tu stavi osservando con uno stupido sorriso sulle labbra poche ore fa, dalla finestra di questa stanza», Jane aveva pronunciato quelle parole con una voce talmente colma d’odio, da farla rabbrividire. «All’inizio credevo che tu non ti fossi resa conto di che razza di persona vedessi, a che razza di mostro permettessi di parlare con Rebecca. Ero convinta che avresti aperto gli occhi, ma ho visto come lo stavi guardando dalla finestra e so che l’hai fatto entrare nell’appartamento di Tristan. Sei riuscita a corrompere con la sua presenza il luogo in cui tuo fratello è morto. Hai osato fare entrare un mostro del genere nella casa in cui Tristan ha vissuto ed ha sofferto», Ygraine tentò di divincolarsi, ma Jane strinse maggiormente la presa. «Non hai nulla da dire? Nessuna parola di discolpa?»
«Non ho nulla di cui discolparmi», ribatté con forza. «Sono certa che Tristan avrebbe approvato.»
«Non dovresti nemmeno nominare tuo fratello, né credere che approverebbe che tu permetta alla tua innocente nipote di tenere per mano un Mangiamorte. Hai pensato a Rebecca, almeno?»
«So con certezza che mia nipote è in ottime mani», affermò decisa, nonostante sentisse la paura montare sorda dentro di lei. «Severus è una brava persona e nulla di quello che potrai dirmi potrà farmi cambiare idea.»
«Nessuno ormai pensa che lei possa cambiare idea, signorina Ainsworth», Ygraine si sforzò di non rabbrividire, di mostrarsi calma.
Era la voce di uno degli Auror. Non ricordava se Green o Taylor, ma non importava. Sapeva che uno dei responsabili della morte di quelle due povere persone era uno di loro, ma aveva voluto credere che, in quella stanza, ci fosse solo la pianista.
Invece, in quel momento, si sentiva totalmente intrappolata e priva di speranza. Jane era una Magonò e, per quanto fosse palesemente più forte di lei, forse sarebbe riuscita a scappare, forse sarebbe riuscita a farla parlare abbastanza a lungo per permettere a Severus e Rebecca di arrivare, ma l’uomo che aveva parlato alle loro spalle era un mago.
«Mi chiedo una cosa, signorina Ainsworth, e so che anche Jane se lo è chiesto più di una volta. Come ha potuto accettare così placidamente di avere a che fare con un uomo del genere? O forse la eccita l’idea di trovarsi in compagnia di qualcuno che ha le mani sporche di sangue?»
Jane la stava stringendo con più forza in quel momento, mentre lei cercava inutilmente una via di fuga. Forse la sua unica possibilità era tentare di rifugiarsi in un’altra stanza, ma era fin troppo cosciente che un mago poteva aprire tranquillamente qualsiasi porta.
«E voi come potete rimproverarmi, quando avete ucciso due persone innocenti?»
«Non la parte migliore del nostro piano, ma, all’epoca, eravamo certi che lei avrebbe compreso, che Michael potesse essere manovrato meglio e che Piton a quest’ora sarebbe stato condannato. D’altronde, se la comunità magica avesse scoperto che quel maledetto assassino si era macchiato di un omicidio, avrebbe chiesto a gran voce la revisione del vecchio processo. E quella sarebbe stata la sua fine.»
Ygraine avrebbe voluto urlare a Taylor – lo aveva finalmente riconosciuto – e a Jane che nulla di quello che stavano dicendo aveva senso, che nessuna vendetta poteva giustificare la vita di due esseri umani, che non erano nemmeno pentiti di aver ucciso.
«Mi chiedo, Ygraine, come tu possa essere così sconvolta dalle nostre azioni, quando chiami amico un assassino, l’uomo che era presente quando mia sorella è morta. Deve aver visto Mathilde e Hugh morire. Ed i miei piccoli nipoti. Potresti fare delle ipotesti su chi di loro abbia ucciso, su chi di loro abbia torturato.»
Ygraine non rispose subito.
Forse, non ne sarebbe valsa la pena, per quanto Severus le avesse parlato anche di quella notte, quando le aveva detto che sarebbe stato meglio che lui la accompagnasse alle prove a teatro. Avevano anche cercato dei rapporti tra le persone che lei conosceva e i Berenger, ma Jane non portava il cognome della sorella e non aveva mai fatto molti riferimenti alla sua famiglia.
«Severus ha salvato la vita di William e se avesse potuto avrebbe salvato anche tua sorella e gli altri tuoi nipoti», ribatté, per quanto ritenesse che sarebbe stato totalmente inutile, perché Jane e Taylor avevano già emesso la loro sentenza.
«E tu gli hai creduto? Hai prestato fede ad un maledetto assassino, ad un Mangiamorte che ha avuto la capacità di ingannare Harry Potter, che è riuscito a imbastire una menzogna assurda riguardo al suo essere una spia fedele a Silente.»
Ygraine non ribatté alle parole di Jane. Forse avrebbe potuto per guadagnare altro tempo, ma qualsiasi cosa avesse detto l’avrebbe unicamente irritata ancora di più.
«Ti sei ammutolita?»
L’Auror si era portato davanti a lei e a Jane e la stava fissando con un’espressione di calma follia che la fece rabbrividire.
Notò la bacchetta che teneva in mano e fu certa che l’avrebbe uccisa.
E non voleva permetterlo.
Non voleva morire.
Se l’avessero uccisa non avrebbe potuto occuparsi di Rebecca.
Se l’avessero uccisa non avrebbe più rivisto Severus.
Se l’avessero uccisa l’uomo avrebbe potuto finire con l’incolparsi della sua morte.
«Perché dovrei ribattere, quando non mi starete comunque ad ascoltare?»
Era certa di avere la voce spezzata e di stare tremando. Si aspettava di essere raggiunta dallo stesso incantesimo che aveva spento le vite di quelle due povere persone al museo e si chiese se fosse stato così che si era sentito Severus quando l’Oscuro Signore aveva dato ordine al suo serpente di ucciderlo.
Invece, Jane la trascinò con forza fino al pianoforte e le prese la mano sinistra, facendo suonare orribilmente le note gravi della tastiera.
Provò a svincolarsi, ma le mani della pianista furono sostituite da quelle di Taylor che la teneva immobile. Avrebbe potuto usare la magia o, forse, voleva lasciare a Jane l’onore di ucciderla.
Quando la pianista abbassò il coperchio, agì d’istinto e tirò indietro con forza la mano, come aveva fatto tante volte a teatro, dando una gomitata nello stomaco dell’Auror.
«Maledetta puttana.»
Non badò alla voce di Taylor che l’aveva lasciata andare, né al rumore del coperchio che cadeva sui tasti del pianoforte, ma si mise a correre, come mai aveva fatto prima.
Raggiunse la cucina.
Sapeva di aver pochi istanti. Afferrò un coltello, dalla calamita appesa alla parete, poi si avvicinò alla finestra, ma non riuscì ad aprirla. Provò a rompere il vetro, ma era infrangibile.
Si sforzò di non piangere, mentre udiva dei passi alle sue spalle. Si rifugiò sotto il tavolo, rannicchiandosi contro la parete e tenendo ben stretto il coltello, anche se sapeva che sarebbe stato inutile.
E continuò a stringerlo anche quando il tavolò andò in frantumi sopra di lei. Si gettò a terra, coprendosi la testa con le braccia e cercando di ignorare il dolore alla gamba destra dove doveva essersi infilata una scheggia di legno.
Poi Jane l’afferrò per le braccia e la tirò fuori da sotto i detriti del tavolo. Taylor la sovrastava, la bacchetta in mano puntata verso di lei.
E mentre l’incantesimo partiva dalla bacchetta dell’Auror, il coltello cadde per terra e il sole splendeva alto nel cielo e giocava con i rami dei tigli e con i tetti delle case.



Edited by Alaide - 27/7/2022, 18:02
 
Top
view post Posted on 27/7/2022, 10:06
Avatar

Pozionista

Group:
Severus Fan
Posts:
3,033
Location:
Dalla terra dove s'intrecciano misteri, magie e leggende.

Status:


Leonora, non puoi fare così! Interrompere sul più bello una scena d’azione così ben congegnata da farmi desiderare di correre e dare un pugno a Jane! 😡 La pausa stile spacco pubblicitario dura poco, vero? :lol:
Bellissimo capitolo, intensi i pensieri di Severus che inizia a comprendere l’entità del cambiamento avvenuto in lui (e nel suo Patronus :esulto:), grazie all’ incrollabile fede e affetto puro e sincero di una donna e una bambina. Mi hanno commossa i desideri del mago che ha vissuto una giovinezza condita di sogni tanto semplici, normali, quanto irrealizzabili (che rabbia!). Ma sono certa che la puntata al museo è stata l’occasione per accomiatarsi da Lily, per sempre, e perdonarsi (almeno un po’) e tornare a vivere ❤️
 
Top
view post Posted on 27/7/2022, 12:03
Avatar

Pozionista

Group:
Severus Fan
Posts:
3,086

Status:


CITAZIONE (Lonely_Kate @ 27/7/2022, 11:06) 
Leonora, non puoi fare così! Interrompere sul più bello una scena d’azione così ben congegnata da farmi desiderare di correre e dare un pugno a Jane! 😡 La pausa stile spacco pubblicitario dura poco, vero?

Non dovrai aspettare molto (conto di pubblicare la terza parte del capitolo domenica).
Sono felice che la scena d'azione ti sia piaciuta (e anche che tu voglia dare un pugno a Jane).

CITAZIONE
Bellissimo capitolo, intensi i pensieri di Severus che inizia a comprendere l’entità del cambiamento avvenuto in lui (e nel suo Patronus), grazie all’ incrollabile fede e affetto puro e sincero di una donna e una bambina.

Grazie mille! Sono felicissima che questa parte ti sia piaciuta.

CITAZIONE
Mi hanno commossa i desideri del mago che ha vissuto una giovinezza condita di sogni tanto semplici, normali, quanto irrealizzabili (che rabbia!). Ma sono certa che la puntata al museo è stata l’occasione per accomiatarsi da Lily, per sempre, e perdonarsi (almeno un po’) e tornare a vivere

La puntata al museo è effettivamente fondamentale per il percorso di Severus (altro non dico che poi altrimenti spoilero).
 
Top
view post Posted on 27/7/2022, 16:07
Avatar

I ♥ Severus


Potion Master

Group:
Administrator
Posts:
55,410
Location:
Da un dolce sogno d'amore!

Status:


Vedi? Anche Severus è infastidito dal suonatore d'organetto...
CITAZIONE
Si sistemò gli occhiali sul naso, mentre ripensava, non appena era sparito, al Patronus di Piton e si rese conto solo in quel momento che c’era qualcosa di strano nella cerva argentea. La forma gli sembrava più instabile di quella che aveva visto anni prima nella foresta di Dean. Era come se ogni tanto una zampa si dissolvesse o sparisse e, in un’occasione, poco prima che il Patronus sparisse, gli era parso di veder spuntare due ali dai suoi fianchi.

Aaaaah! Cambiamenti in arrivo! Un bellissimo indizio! <3
CITAZIONE
Le piaceva come emergeva di più l’idea che Elsa fosse mossa dalla paura di perdere l’uomo di cui era innamorata, lasciando presagire che, nel suo timore, lo avrebbe realmente perso, perché dubitava di lui.

Ygraine, invece, non dubita affatto di Severus e già sa tutto di lui.
CITAZIONE
Forse, mesi prima, avrebbe potuto essere più in sintonia con il personaggio, ma in quel momento si sentiva distante anni luce da lei. L’amore per Severus non sarebbe mai esistito senza la fiducia che aveva provato fin da quando aveva lasciato Rebecca da sola nella sala del museo accanto a lui. Si chiese se fosse stato proprio da quella fiducia che si era così rapidamente alimentato l’amore che provava per lui, ma non seppe darsi una risposta.

Ecco l'enorme differenza con l'opera!
CITAZIONE
Si sentì ancora più tranquilla quando Severus la abbracciò. Non sembrava nemmeno più titubante, come le altre volte. Forse gli aveva insegnato come si facesse.

Stupendo! <3 <3 <3
CITAZIONE
«Credi che mi vorranno rivedere un giorno?»

Tremendo! p0overa Rebecca!
CITAZIONE
L’uomo si disse che era quasi un miracolo se Rebecca aveva conservato la capacità di sorridere. Ygraine gli aveva detto che era per merito suo, ma lui non lo credeva. Se c’era una presenza positiva nella vita della bambina era proprio la giovane cantante e non di certo un uomo dall’animo spezzato qual era lui.

Come ti sottovaluti, Severus!
CITAZIONE
Ygraine gli aveva donato più volte il perdono e questa volta voleva provare a perdonare sé stesso, per quanto temesse di non esserne in grado, di non riuscire a lasciar andare completamente il rimpianto e il senso di colpa per il male che aveva fatto. Però, forse, poteva, se non perdonarsi, almeno vivere pienamente quella seconda possibilità che gli era stata concessa. Se l’era ripromesso più volte, ma in quel momento, mentre si fermava con la bambina davanti ad uno dei quadri, era certo di riuscire a farlo, se non per lui, almeno per non deludere le uniche due persone che lo avevano accolto senza alcun pregiudizio.

Direi che è un ottimo inizio!
CITAZIONE
E mentre sedeva accanto alla bambina, rammentò perfettamente quello che lui era stato il giorno di dicembre in cui Rebecca gli aveva parlato per la prima volta e quello che lui era stato il giorno di gennaio in cui aveva accettato l’invito di Ygraine: un uomo che non viveva più, che si trascinava nel presente con il pensiero fisso nel passato, in una vita gelata in un eterno inverno.

Già, povero Severus...
CITAZIONE
Lo guardò con attenzione e si accorse che non c’era molto che assomigliasse veramente a Lily in quella figura, se non il colore dei capelli e degli occhi. La donna raffigurata aveva lo sguardo più simile a quello di Ygraine, colmo di un perdono che, se ne rendeva ormai conto, la Evans non gli avrebbe mai concesso, nemmeno se fosse sopravvissuta a quella notte di Halloween di tanti anni prima.

Già... forse Severus ha inconsciamente sempre cercato il perdono di Lily, anche tramite il quadro, ma senza speranza alcuna.
CITAZIONE
Mentre usciva dalla sala, lanciando un’ultima occhiata a Sancta Lilias, si rese conto che quel dipinto non era più un simbolo delle sue colpe e dell’impossibilità di poter raggiungere il perdono, ma, piuttosto, della vita che gli si dipanava davanti, di quello che poteva raggiungere se fosse riuscito a non odiarsi, a non giudicarsi in maniera così inflessibile.

Evviva, evviva, evviva! Ora spero solo che non accada qualcosa di tragico e irreversibile... perchè altrimenti ti mordo, Leonora!
CITAZIONE
Eppure, sai essere cieca nella vita reale. Comprendi Elsa o Desdemona, ma non hai mai capito realmente Tristan

Jane mi preoccupa moltissimo. E' una brutta sensazione che ho da alcuni capitoli...
CITAZIONE
Io mi ero accorta che non stava bene, ma ero soltanto l’amica pianista della sorella ed ero certa che tu, Ygraine, l’avresti aiutato. Ma non l’hai fatto. Sei passata da un ruolo all’altro senza mai fermarti a guardare, senza mai ascoltarlo. Immagino che tu non ti sia nemmeno resa conto che io mi fossi innamorata di lui.

Ed ecco svelato l'arcano. Ci sarà un legame tra Jane, i Berenger e uno degli Auror?
CITAZIONE
«Mia sorella lo era. Mio cognato lo era, i miei nipoti lo erano. Io sono una Magonò. Ho tanta magia quanta ne hai tu, Ygraine, ma almeno so riconoscere un uomo degno da uno indegno.»

E con questo un altro tassello importante va al suo posto.
CITAZIONE
«Mi chiedo, Ygraine, come tu possa essere così sconvolta dalle nostre azioni, quando chiami amico un assassino, l’uomo che era presente quando mia sorella è morta. Deve aver visto Mathilde e Hugh morire. Ed i miei piccoli nipoti. Potresti fare delle ipotesti su chi di loro abbia ucciso, su chi di loro abbia torturato.»

Ecco il nesso diretto che unisce tutte le strade, Tristan, i Mangiamarte e l'auror.

Severus??? Dove sei??? Cori!!!

Quando arriva il prossimo capitolo?
 
Web  Top
view post Posted on 27/7/2022, 17:01
Avatar

Pozionista

Group:
Severus Fan
Posts:
3,086

Status:


CITAZIONE (Ida59 @ 27/7/2022, 17:07) 
Vedi? Anche Severus è infastidito dal suonatore d'organetto...

In effetti... povero suonatore.

CITAZIONE
Ecco l'enorme differenza con l'opera!

Adesso posso svelare che nel primo progetto, Ygraine aveva più similitudini con Elsa e questo è stato uno dei motivi della lunga pausa.

CITAZIONE
Già, povero Severus...

Rileggendo i primi capitolo, mi sono accorta di essere stata veramente sadica...

CITAZIONE
Già... forse Severus ha inconsciamente sempre cercato il perdono di Lily, anche tramite il quadro, ma senza speranza alcuna.

Il quadro rappresenta il perdono, ma lui lo cerca(va) nella persona sbagliata perché Lily non lo avrebbe mai perdonato, nemmeno se fosse sopravvissuta e avesse scoperto quanto Severus aveva sacrificato per sconfiggere Voldemort.

CITAZIONE
Evviva, evviva, evviva! Ora spero solo che non accada qualcosa di tragico e irreversibile... perchè altrimenti ti mordo, Leonora!

Sulle speranze non rispondo, ovviamente (intanto però mi trasferirò su un'isola deserta assente da tutte le mappe ^_^ )

CITAZIONE
Jane mi preoccupa moltissimo. E' una brutta sensazione che ho da alcuni capitoli...

Il personaggio di Jane è uno dei punti fissi da quando ho iniziato a scrivere il racconto.

CITAZIONE
E con questo un altro tassello importante va al suo posto.

Ho un albero genealogico della famiglia Berenger con Jane scritta in rosso.

CITAZIONE
Quando arriva il prossimo capitolo?

Avrei voluto aspettare domenica, ma credo che lo posterò domani.
 
Top
view post Posted on 27/7/2022, 18:19
Avatar

Pozionista sofisticato

Group:
Administrator
Posts:
14,455

Status:


Leonora, penso che leggerò tutto insieme. Sono indiertrissimo con tutto il resto delle letture.
Arrivo tardi, ma arrivo.
<3 <3 <3
 
Top
view post Posted on 27/7/2022, 18:30
Avatar

Pozionista

Group:
Severus Fan
Posts:
3,086

Status:


CITAZIONE (chiara53 @ 27/7/2022, 19:19) 
Leonora, penso che leggerò tutto insieme. Sono indiertrissimo con tutto il resto delle letture.
Arrivo tardi, ma arrivo.

Non ti preoccupare, Chiara. <3 <3 <3
 
Top
745 replies since 11/1/2010, 13:59   24487 views
  Share