Il Calderone di Severus

Sfida n. 9 FA+FF: Happy Halloween!

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Gabrix1967
view post Posted on 26/10/2018, 19:24 by: Gabrix1967
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Titolo: Dolcetto o scherzetto?
Autore/data: Gabrix1967 – 10/26 ottobre 2018
Beta-reader: ho finito di trascrivere la storia solo oggi, non ho potuto farla leggere a nessuno. La pubblico per fare esperienza chiedendo a chiunque avesse il tempo e la volontà di leggerla di darmi tutti i suggerimenti del caso.
Tipologia: one shot
Rating: per tutti
Genere: introspettivo.
Personaggi: Severus, e altri personaggi della Saga
Pairing: Nessuno
Epoca: precedente alla saga
Avvertimenti: AU
Riassunto: Festa di Halloween con sorpresona per Severus.
Nota 1: Questo racconto è stato scritto per la Sfida n. 9 FA + FF Happy Halloween (termina 31/10/18)
Nota 2: L’amore per Severus non mi abbandona. La mia droga sono le vostre storie e la mia immaginazione. Scrivo ogni volta che ne ho la possibilità e qualche volta sottraendo tempo “alle cose serie”. Ho scritto questo racconto sperando di poterlo sottoporre a qualcuno prima della pubblicazione, ma le complicazioni professionali mi hanno portata a concluderlo solo ora. Mi era stato suggerito il nome di una possibile Beta-reader, ma non ho avuto il coraggio di chiederle aiuto a soli cinque giorni dalla scadenza della sfida. Non sono l’unica ad avere una vita complicata. Così eccolo qui il mio piccolo racconto, il mio dolcetto per le streghe e gli stregoni più dolci del web. Accetto tutti i commenti ed i suggerimenti che vorrete darmi, chiedendo scusa sin d’ora per gli errori che potreste trovare. Il racconto è ambientato in un periodo precedente alla saga, anche perché mi risulta ancora molto difficile incastrare tutti i personaggi e perché volevo fosse incentrato solo su di Lui.

Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. I personaggi originali, ove presenti, i luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.



“Dolcetto o scherzetto?”
Dalla parete destra del corridoio che conduce alla Sala Grande emerse, urlando e gemendo, Mirtilla Malcontenta.
Pix aveva rinviato al momento della festa di Halloween, che si sarebbe svolta di lì a poco, gli scherzi per gli studenti e per i professori della scuola ed ora, incapace di rinunciare a tormentare qualcuno, si teneva occupato organizzando agguati e sorprese ai danni degli altri fantasmi ed entità che abitavano il Castello di Hogwarts.
Alla torre di Grifondoro, Sir Nicolas de Mimsy-Porpington aveva avuto già modo di protestare per l’inopportunità dell’apparizione improvvisa del Poltergeist che, facendolo retrocedere velocemente, aveva alterato la stabilità del suo capo, facendolo abbattere dalla parte del lembo di collo non reciso dai 45 colpi necessari, seppur insufficienti, per la sua decapitazione.
Ora era il turno della povera Mirtilla che Pix era andato a stanare dal bagno delle ragazze. Aveva preso a farle boccacce e sberleffi che, deformandogli orribilmente i tratti del viso, terrorizzavano Mirtilla al punto da costringerla alla fuga.
All’improvvisa e rumorosa apparizione della strana coppia nel corridoio ancora semideserto, Severus, che proprio in quel momento lo stava percorrendo per raggiungere Silente che l’aveva convocato nella Sala Grande, trasalì e, giacché ciò che l’aveva investito seguiva una traiettoria collocata di poco al di sopra della sua testa, reagì prontamente accovacciandosi e sfoderando la bacchetta dalla manica della giacca.
Se qualcuno avesse seguito il mago lungo quel corridoio, avrebbe potuto vedere l’ampio mantello cadere verso il basso come sgonfiandosi, quasi che il corpo che lo sosteneva fosse svanito.
Gli bastò poco per realizzare quanto stesse accadendo, quindi Severus si rialzò, con un veloce sguardo nelle due direzioni del corridoio si accertò di non essere stato visto, quindi tese la bacchetta verso le apparizioni ed esclamò: “Lumos Maxima!”. Un potente raggio luminoso fiottò dalla bacchetta ed investì le due entità che si dettero alla fuga, liberando il corridoio.
Riponendo la bacchetta al suo posto e richiudendosi il mantello sul petto con un gesto misurato delle braccia, Severus si rimise in cammino.
“Anche per quest’anno, Halloween comincia sotto i peggiori auspici!” pensò il mago non potendosi impedire di assumere un’espressione sprezzante.
Sapeva di essere atteso nella Sala Grande per i preparativi della festa. Ogni anno, da quando era ad Hogwarts come insegnante, aveva dovuto affrontare quelle tediose riunioni. Ogni anno era stato investito dal fiume delle inutili ed oziose discussioni sul tipo di sorpresa che avrebbe caratterizzato la festa, sulla necessità di evitare che i ragazzi si facessero trasportare troppo dal desiderio di stupire con scherzi ed incantesimi a tema. Ogni anno aveva subito i moniti di Minerva riguardo la necessità di far rispettare agli studenti “i limiti della decenza” per evitare che “il buon nome della scuola potesse essere offuscato a causa del calo di attenzione”.
Severus sapeva che, come ogni anno precedente, avrebbe dovuto ascoltare, ed annuire se necessario, sperando che l’alba giungesse a liberarlo dall’ingrato compito di presenziare ad un evento per lui tanto chiassoso quanto inutile, nel corso del quale avrebbe dovuto consentire ai suoi allievi di abbandonarsi ad attività che lui non aveva sentito come liberatorie neppure all’epoca in cui era stato studente di Hogwarts.
L’incidente con Pix non faceva che amplificare il suo disappunto; così, animato da questi pensieri, quando raggiunse la porta della Sala Grande, impresse all’incantesimo di apertura una tale potenza che le ante, alte e pesanti, si aprirono con tale repentinità da creare un deciso spostamento d’aria. Le voci dei professori che erano all’interno si spensero istantaneamente e tutti si voltarono allarmati, puntando le bacchette verso l’ingresso principale.
Severus che proveniva dal corridoio avvolto ancora nella semioscurità si trovò abbagliato dalla luminosità della sala, già addobbata per la festa, e fu costretto a socchiudere gli occhi.
I professori che, arrivati prima dell’orario della riunione, avevano già cominciato ad illustrare le loro proposte, videro la sagoma nera dell’Insegnante di Pozioni irrompere nella luce degli addobbi e stagliarsi sull’uscio come ultima promanazione di quella oscurità che presto, e per tutta la durata della festa, avrebbe abbandonato il castello.
“Oh Severus, ti stavamo aspettando” esclamò con voce cordiale il Professor Silente, interrompendo il gelo che per un attimo aveva invaso l’allegra riunione. Quindi si approssimò al nuovo arrivato, allontanando leggermente le braccia dal corpo, in un gesto accogliente.
Piton si guardò intorno, sfiorando con un veloce sguardo pungente tutti i presenti, che salutò con un leggero cenno del capo.
Ecco, ora non poteva più tornare indietro. Gli avessero chiesto di fare altre cento ore di lezione agli studenti. Gli avessero chiesto di cercare la formula per tramutare il vile metallo in oro. Gli avessero chiesto di affrontare per la scuola altri mortali pericoli. Gli avessero chiesto tutte queste cose insieme, lui non avrebbe rifiutato. Invece no, quella sera gli veniva richiesto qualcosa che avrebbe desiderato con tutto se stesso evitare: partecipare alla festa di Halloween.
I suoi occhi abbracciarono con uno sguardo attento la Sala: centinaia di zucche intagliate ed illuminate, galleggiavano sopra i quattro tavoli delle Case, che erano già apparecchiati e traboccanti di pietanze e dolci per l’imminente cena. Gli elfi non si erano certo risparmiati e Severus notò la cura con la quale i piatti erano stati riempiti, decorati e disposti a tavola. Il tovagliato, sul quale Minerva in persona aveva eseguito un sorprendente incantesimo di trasfigurazione, aveva un intenso colore arancio ocra da quale emergeva un incessante brulicare di ragni neri, dalle lunghe e sottili zampe, che sembravano quasi potersi staccare dal tessuto per invadere la sala. Alle tende, anche quelle in diverse nuances di arancio, erano state sovrapposte delle fitte ragnatele nere, sulle quali si spostavano spaventosi ragni pelosi dagli occhi rossi.
“Coraggio Severus, andiamo ad accomodarci al tavolo degli insegnanti!” lo incalzò il Professor Silente, con un sorriso malizioso che rivelava l’impietoso spasso che gli derivava dall’impacciato disagio del nuovo arrivato.
Piton riemerse dalla sua contemplazione dei luoghi e si diresse verso il tavolo degli insegnanti. Questo era stato apparecchiato con un gusto più sobrio. Su una spessa tovaglia di broccato nero correva, da parte a parte, una lunga guida color argento, tessuta come una brillante ragnatela. Al centro del tavolo, da un’enorme zuppiera in argento dalla forma di teschio con occhi incandescenti, si sollevavano nuvole di spesso vapore. Severus s’interrogò distrattamente sul contenuto della zuppiera, mentre prendeva posto al tavolo.
Il suo sguardo si soffermò ancora sue due candelabri di peltro collocati agli estremi del lungo tavolo. Sotto i bocciuoli porta candele delle sei braccia laterali, al posto dei soliti piattini, sei diafane mani scheletriche impugnavano altrettanti ceri color piombo e, nel mezzo, al posto del braccio centrale, una testa di Mannaro con il muso rivolto verso l’alto e gli occhi fiammanti, conferiva a quegli oggetti un aspetto molto minaccioso.
L’osservazione dell’ambiente fu interrotta bruscamente da quella che, perduto nei suoi pensieri, gli sembrò in un primo momento una domanda a bruciapelo.
“E tu Severus, hai proposte?” gli stava domandando Albus.
“Nessuna!” replicò seccamente ed aggiunse “una preghiera, piuttosto: ti sarei riconoscente se volessi evitarmi di presenziare alla festa. Credo che potrei essere più utile dall’esterno, che sommerso da urla e schiamazzi.” “Inoltre” e guardò il Preside con uno sguardo traverso “avrei molti compiti da correggere per domani e non amo trascurare il lavoro”.
“Oh Severus, sai che non puoi chiedermi queste cose” aggiunse Silente con un leggero tono di rimprovero. “Ho bisogno della collaborazione di tutti voi e della tua in particolare. E’ proprio nei momenti di maggiore distrazione e divertimento che il castello è maggiormente vulnerabile. Non potrei mai fare a meno di uno dei miei più fidati collaboratori.” E mentre pronunciava le ultime parole, lo sguardo trasparente di Silente penetrò la coltre color ebano delle iridi del giovane mago, facendo sfumare in lui ogni residua speranza di sottrarsi a quella (per lui) spiacevole situazione.
Di lì a poco il grande portone della Sala Grande fu aperto e dal corridoio ormai illuminato un’onda di ragazzi allegri e vocianti invase ogni spazio libero.
Taluni avevano curato nei minimi particolari gli abiti, il trucco e le acconciature, altri, con sorrisi maliziosi, mostravano con orgoglio ai compagni il contenuto delle voluminose sacche che avevano riempito con ogni genere di scherzo.
“Quest’anno Zonco è stato proprio svaligiato!” stava esclamando con soddisfazione uno studente di Corvonero del 5° anno quando il Preside si alzò dal suo posto per il discorso di apertura dei festeggiamenti.
“Silenzio!” lo sentirono esclamare con voce tonante, amplificata da un incantesimo Sonorus. Quindi, quando ebbe l’attenzione di tutti, Silente cominciò ad ammonire i suoi studenti sull’opportunità di non abbandonarsi agli eccessi, enunciando loro le punizioni che avrebbero colpito i trasgressori e, prima di dare il via al banchetto, augurò loro una felice e lunga serata.
Dal discorso del Preside, che per il resto ricalcava quelli sentiti in altre occasioni di festa, Severus colse e si soffermò su alcune parole che lo avevano colpito: “Halloween è la notte della magia per eccellenza. Quest’anno, poi, per rendere indimenticabile l’evento, ho chiesto ai vostri Professori di aiutarmi a sperimentare nuovi intrattenimenti. Vi suggerisco pertanto di fare attenzione a ciò che desiderate per questa sera, perché non è detto che il vostro desiderio non si realizzi”.
Quando il lauto banchetto fu finalmente terminato ed i tavoli sparirono per far posto alla festa da ballo, Severus si avvicinò al Preside per chiarire i suoi dubbi.
“Ah Severus” esclamò Albus con tono di leggero rimprovero ma divertito “tu e le feste non andate proprio d’accordo, dov’eri prima del banchetto quando ne parlavamo?” Poi con un sorriso ed uno sguardo complice proseguì dicendo: “la sorpresa, ed al tempo stesso lo scherzo, che quest’anno gli insegnanti della Scuola intendono offrire ai loro studenti, consiste nel consentire che i desideri, o solo i pensieri, formulati nel corso di questa lunga notte si avverino. Ovviamente, non potevamo farli avverare tutti, così abbiamo fatto in modo che possano avverarsi quelli che verranno formulati nel tempo in cui l’orologio batterà i dodici rintocchi della mezzanotte”. “Benché sia tutto frutto di visioni prodotte dai nostri incantesimi” aggiunse, leggendo il disappunto sul volto del suo interlocutore, “il nostro impegno sarà quello di controllare ed arginare gli effetti delle reazioni. Tutti assisteranno alla visione di quei sogni e molti giovani maghi potrebbero cedere ad alcune pericolose suggestioni.”
“Non oso immaginare quale potrebbe essere, in questa notte, il frutto dell’immaginazione dei nostri alunni” replicò Severus con aria di disappunto. Poi domandò: “ha considerato, Preside, che il dono che intende fare ai nostri studenti potrebbe rivelarsi molto dannoso per la Scuola? Si è soffermato a pensare che le menti di molti dei nostri giovani maghi potrebbero non reggere le sorprese che si annunciano?”
“Severus” lo interruppe Silente con tono di rimprovero “perché queste perplessità non le hai manifestate prima?”
“Perché ero distratto dagli arredi” confesso l’Insegnante di Pozioni, sentendosi come il suo peggiore studente del primo anno.
“Allora Severus, nessun’altra obiezione. Ho solo bisogno di te, della tua concentrazione e della tua lucidità. Nessuno stasera dovrà farsi male!” disse Silente abbandonandolo per andare incontro ad un’allarmata Professoressa Cooman inseguita da un Frisbee Zannuto. Poi, allontanatosi di qualche passo, osservando lo sguardo del suo amico fisso sulla porta secondaria della Sala, gli urlò, per sovrastare il frastuono prodotto dalla musica e dall’allegro vociare dei ragazzi, “nessuno può entrare e può uscire da questa Sala fino all’alba!” quindi si voltò allargando le braccia e scuotendo la testa in un gesto di scuse.
L’ultima informazione fece definitivamente sprofondare Severus in un muto disappunto ed in una cupa rassegnazione e sul suo volto comparve un’espressione di rancoroso rammarico. Pensò alla poltrona accanto al camino del suo appartamento, al capitolo del libro sui veleni d’Oriente lasciato in sospeso la sera prima per correre a sedare una lite nel corridoio, che avrebbe dovuto attendere un altro giorno per essere completato, ed ai fondenti al rum che Albus gli aveva portato in dono dal suo ultimo viaggio. Avrebbe dovuto superare quella nottata prima di riprendere il corso ordinario della sua vita.
I ragazzi godevano a pieno della serata. Balli e scherzi si alternavano senza sosta, provocando scrosci di risate e una generale frenesia. Una gragnuola di Caccabombe investì la pista da ballo e richiese il lungo intervento di Gazza, che non risparmiò una serie di osservazioni malevole sul decadimento dei costumi della scuola. Poi fu la volta dei numerosi Tergeo eseguiti sugli studenti attinti dalle esplosioni.
Ormai prossimi alla mezzanotte, gli studenti, pregustando la lunga notte di baldoria, erano impegnati in romantici balli ed i professori avevano i sensi allertati e pronti a riparare gli eventuali danni che sarebbero derivati dall’ormai imminente esaudimento di desideri troppo pericolosi.
Fu così che il corpo insegnanti si trovò presto ad adottare le opportune misure contro le apparizioni di Troll di montagna, giganti troppo estroversi, agili lupi mannari ed un’ampia gamma di animali fantastici. Benché a quelle apparizioni si sgolassero per ricordare che erano solo proiezioni della mente, alcuni studenti rischiavano di procurarsi malanni assai seri a causa di reazioni incontrollate.
“Potere della suggestione della mente” continuava a ripetere Silente a chiunque gli si avvicinasse, dopo aver fatto dissolvere l’immagine dell’ultimo pericoloso desiderio materializzato. “Il segreto è distogliere la mente di chi l’ha espresso” aggiungeva con tono paziente. “Nessuno può sostenere la proiezione del proprio desiderio di fronte al timore di un danno grave” lo sentirono affermare con tono rassicurante.
Quelle apparizioni, dunque, creavano un generale e momentaneo scompiglio, ma poi svanivano lasciando negli occhi dei ragazzi un entusiastico stupore.
E così arrivò un molesto gruppo di Folletti della Cornovaglia piuttosto dispettoso, ma fu subito rinchiuso in una voluminosa bolla, che galleggiò sulle teste dei ragazzi per poi sparire tra le zucche sospese.
Come fuochi d’artificio, le immagini, derivate dai desideri espressi dagli studenti, irrompevano nella sala, attiravano l’attenzione e si esaurivano con gli efficaci incantesimi dei professori, e quelle che non sparivano, finivano per diventare nuovi addobbi della sala. Diverse mummie infatti ballavano al centro della pista ed i bagliori, provenienti delle fiamme di un enorme drago verde smeraldo, si affiancavano a quelli delle zucche sospese nella sala.
Quando le voci garrule degli studenti spaventati e gli schiamazzi di quelli che mostravano troppo entusiasmo si furono calmate e la festa si avviava ormai verso un più ordinato prosieguo, l’attenzione generale fu attratta da una scena inconsueta.
Accanto al tavolo dei professori era apparsa, non vista fino a quell’istante, un’imponente vasca da bagno dorata, sollevata dal pavimento da quattro zampe di leone, dorate anch’esse. In piedi, vicino alla vasca c’era un uomo alto, avvolto in un ampio mantello. L’uomo, che volgeva le spalle alla sala, aveva sulla testa il cappuccio del mantello e sembrava leggermente ripiegato su se stesso, la mano destra serrata sul polso sinistro.
“Chi o cos’è quello?” chiese Minerva, guardando preoccupata il Preside. Silente alzò le spalle e scosse lentamente la testa.
Nel silenzio della sala, sottolineato dalla musica che gli strumenti stregati continuavano a produrre, l’uomo si voltò, rivelando una maschera bianca, che fino a quel momento era rimasta occultata dal cappuccio.
“Fa' cessare questa visione” mormorò Severus, che aveva attraversato velocemente la pista da ballo, all’orecchio del Preside. “Mi è impossibile, Severus. Solo individuando l’autore di queste proiezioni e distogliendo da esse la sua mente, potremmo far dissolvere questa immagine” aggiunse con aria preoccupata.
“Ma questo è assurdo” constatò Severus “tu sai cos’è quella maschera, Albus; questo gioco si è spinto troppo in là! Devi interrompere questo flusso d’immagini, prima che sia troppo tardi” aggiunse con voce cupa ed uno sguardo fisso e serio.
Intanto, l’uomo accanto alla vasca, fece scivolare il cappuccio dalla testa e slacciò il mantello, che cadde ai suoi piedi. Dall’ampio mantello emerse un uomo dal corpo asciutto, con lunghi capelli lisci e neri. Le eleganti dita affusolate cominciarono, lente, a sbottonare i numerosi bottoni della giacca: prima quelli all’altezza dei polsi, poi quelli del collo e sul petto. Quando l’ultimo bottone fu liberato dalla stretta dell’asola, l’uomo fece scivolare ai suoi piedi anche la giacca.
Lo spettacolo era davvero avvincente. Solo un sommesso brusio, affiancava le note degli strumenti, ai quali qualcuno sembrava aver comandato di eseguire brani lenti.
Severus, che presagiva il seguito, sembrava impassibile, eppure senza sosta, facendo ricorso alle sue doti di legilimante, cercava di superare le interferenze prodotte dagli incantesimi sulla sala che purtroppo si sovrapponevano, occultandoli, ai flussi di pensiero dei presenti.
L’uomo accanto alla vasca non sembrava avere intenzione di fermarsi.
“Albus, te ne prego, metti fine a questo spettacolo indegno” chiese ancora. E questa volta il Preside sentì nel fondo della voce dell’insegnate di Pozioni una nota di graffiante disperazione.
“Non posso, Severus. Fino all’alba di questo nuovo giorno sono di scena i sogni e i desideri dei presenti” esclamò con voce rassegnata.
L’uomo accanto alla vasca, dopo aver sfilato la sciarpa che gli cingeva il collo lasciandola cadere ai suoi piedi, aveva cominciato a sbottonare la camicia, prima i polsini, poi i bottoni sul davanti. Quando ebbe finito, i due lembi dell’indumento si separarono, rivelando il torace di un uomo giovane.
“Che bello!” esclamo con voce sognante una Tassorosso dell’ultimo anno, raccogliendo l’approvazione delle sue compagne.
Quando anche la camicia cadde ai piedi dell’uomo, la pelle pallida del suo corpo nervoso, disegnò il profilo delle sue spalle larghe e della sua vita stretta.
“Quante cicatrici!” fu il commento pronunciato, con tono sorpreso, dal giovane Grifondoro del secondo anno.
Ma a distogliere tutti dalla visione della parte superiore di quel corpo scultoreo fu l’urlo terrorizzato di una studentessa del terzo anno di Corvonero. “Il marchio nero” strillò non contenendo lo sgomento. E tutti gli occhi si spostarono sulla profonda incisione pulsante che l’uomo aveva sull’avambraccio sinistro.
Severus aveva già fatto ricorso a tutta la sua scienza magica. Nessun incantesimo di sparizione sembrava funzionare, né avevano sortito effetto incantesimi atti a confondere i presenti. Aveva provato a fermare il tempo e a far apparire qualcosa che potesse distrarre da quella scena. Ma come Silente gli aveva più volte ricordato, niente poteva interferire con quella serata e con gli incantesimi di protezione che erano stati attivati. La sua gogna era vicina. In un’inutile serata di festeggiamenti, la sua colpa sarebbe stata mostrata anche al più inesperto e distratto dei suoi giovani studenti. Per non parlare poi del disagio provocatogli dall’esibizione in pubblico del suo corpo. Lui che aveva trascorso un’intera esistenza celandosi agli occhi degli altri era ora esposto agli sguardi curiosi ed increduli dei presenti. Quanto tempo lo separava ancora dal momento in cui l’uomo accanto alla vasca avrebbe rimosso dal volto la maschera che l’occultava?
E l’uomo accanto alla vasca cominciò a liberare i bottoncini alla caviglia, poi quelli alla vita ed i pantaloni neri caddero ai suoi piedi. L’uomo abbassò anche il parigamba che separava il pubblico ammutolito dai suoi genitali e con un movimento misurato e lento oltrepassò i due indumenti che, per ultimi, avevano liberato il suo corpo. Quindi, scavalcò il bordo della vasca e s’immerse nell’acqua dalla quale si sollevavano spesse nuvole di vapore.
Severus rivolse un ultimo sguardo supplice al Preside: al suo amico. Ma quello, dall’altro lato della sala lo ricambiò solo sollevando le spalle, in un gesto d’impotenza.
L’uomo nella vasca rimosse la maschera dal viso, rivelando il suo volto e Severus seppe, dalle esclamazioni di stupore che si sollevarono nella sala, che l’incubo era ormai completo. Aveva avuto una perfetta nottata di Halloween e non sapeva ancora chi ringraziare. Qualcuno dei ragazzi più sfrontati non mancò di rivolgergli delle occhiate di disprezzo e di sfida.
Accanto a mummie, mostri e folletti, quella nottata di Halloween aveva avuto la sua guest star: un immondo Mangiamorte.
Nessuno dei ragazzi conosceva il passato del cupo ed esigente Professore di Pozioni, ma in quella nottata maledetta, il suo corpo e le sue colpe erano stati messi a nudo davanti a centinaia di studenti.
“Apri queste maledette porte, Albus” sussurrò con voce arrochita dalla rabbia Severus, facendo appello a tutte le sue forze per non esplodere. “Avrai pure previsto un piano alternativo a questo inferno” aggiunse. E l’ira ed il turbamento conferivano alle sue parole, sia pur mormorate, accenti minacciosi.
“Severus, non sai quanto desidererei sottrarti a questa gogna, credimi!” disse il Preside con voce grave, portandogli una mano sulla spalla.
Severus schivò quel contatto, girandosi su se stesso. Il brusco movimento fece ruotare e allargare il suo mantello, che dopo qualche attimo si sgonfiò cingendolo in un avvolgente abbraccio nero.
Mentre l’immondo Mangiamorte esibiva il suo corpo nudo ed il marchio della sua colpa, suscitando nel nutrito numero dei presenti un incontenibile disgusto, l’uomo, l’eterno penitente, continuava a celare se stesso e la sua anima all’ombra del suo mantello: nero come l’abisso da quale non riusciva a riemergere.
Così quel reietto raggiunse la porta secondaria della Sala Grande, quella posta alle spalle del tavolo dei professori, che tante volte gli aveva offerto una via di fuga. Questa volta sapeva di non poter fuggire, ma confidava nel fatto che in quella posizione defilata potesse sottrarsi agli sguardi di una parte dei presenti.
E fu allora che lo sentì. Un rumore di pietre compresse, quasi di sgretolamento. Si piegò accanto al tavolo e sollevò la tovaglia per guardare meglio. Lì sotto, con le gambe compresse al petto e cinte dal suo stesso rigido abbraccio, c’era la Professoressa Cooman. Ondeggiava incessantemente il busto avanti ed indietro, con un movimento lento e cadenzato, digrignando i denti. Le spesse lenti deformanti restituivano l’immagine di due occhi sgranati e spaventati.
“Sibilla!” la chiamò Severus. Ma lei non rispose
“Sibilla!” insistè Severus, scuotendola delicatamente. Ma lei sembrava in trance.
Silente e la Mc Granitt, che avevano notato il movimento intorno al tavolo, accorsero accanto al Professore di Pozioni.
“Non avrò pace mai, fino alla fine dei giorni” biascicò la Cooman in un ultimo rantolo, prima di riaversi. E mentre i colleghi l’aiutavano a venir fuori da sotto il tavolo, il brusio in sala si riaccese allo scomparire della proiezione di quel flusso di pensieri.
L’uomo nella vasca, con il suo ripugnante Marchio Nero era scomparso, ma l’alba era ancora lontana e le porte sigillate.
“Il bilancio era piuttosto grave” considerò tra sé Silente. Al di là della facile risoluzione dei problemi derivanti dalle apparizioni mostruose, due insegnanti avevano subito gli effetti infausti di quella lunga notte. Una, che ancora in stato di semi incoscienza, accettava di buon grado il conforto di Minerva, e l’altro che, celato dietro la sua espressione più indifferente, non avrebbe mai ammesso di aver bisogno di conforto. Ma Silente sapeva che il suo Insegnante di Pozioni aveva trascorso una delle notti più lunghe della sua vita, non la peggiore, certo. “Quanto dolore può sopportare un uomo prima di sentirsi definitivamente al tappeto? A cosa ancora avrebbe potuto rinunciare quell’uomo per sentirsi sollevato dalle sue colpe?” Il Preside era assorto in questi pensieri, mentre il Professor Vitious, la Professoressa Sprite ed Hagrid ristabilivano l’ordine tra gli studenti in sala, perché quelle ultime ore di clausura si svolgessero senza ulteriori incidenti.
Severus era nell’angolo più buio della sala, avvolto nel suo mantello e trincerato dietro il suo sguardo più distaccato, mentre alle sue orecchie continuavano a giungere gli echi di parole sgradevoli quali: assassino, Mangiamorte, traditore, immondo. Qualche ragazza gli rivolgeva uno sguardo lascivo ed ammiccante, che lui interrompeva prontamente volgendo il suo altrove.
Al ritmo di un walzer, così come a quello di un ballo moderno, andava in scena il suo processo pubblico, ma lui non aveva né la voglia, né la forza di opporvisi.
Compresso dalla stretta delle sue braccia, incrociate sul petto, il suo cuore suggeriva alla sua mente che sì, lui era indubbiamente un uomo indegno, lo era dal momento in cui aveva creduto che quel marchio sarebbe stata la sua rivincita.
“A cosa pensi, Severus?” gli chiese Silente interrompendo i suoi pensieri.
“Che è stata davvero una festa indimenticabile” rispose con voce tagliente.
“E’ accaduto l’imponderabile e me ne dolgo” replicò il Preside provando a scusarsi. “Temevamo chissà quale pericolo esterno ed invece il pericolo era chiuso con noi, imprigionato nel fondo delle nostre anime” aggiunse con fare drammatico.
“Pericolo, quale?” lo bloccò Severus. “Fortunatamente nessuno si è fatto male e quella veggente da strapazzo ha regalato a tutti uno spettacolo inedito” concluse con tono sprezzante.
“Ti prometto che nessuno ricorderà questo increscioso episodio” ribattè Albus con sguardo complice.
“Non cambierà la natura delle cose” sottolineò Severus. “Per quello, neppure la tua mente geniale e i tuoi incredibili poteri, possono trovare un rimedio” constatò il giovane mago.
“Sì, ma almeno riavrai il tuo segreto” considerò il Preside mentre impugnava la bacchetta per scagliare sui presenti un potentissimo Obliviate.
L’alba era ormai vicina e le porte della Sala Grande si riaprirono all’avanzare della luce del sole, mentre negli occhi dei presenti, che assonnati abbandonavano la festa, si spegnevano gli ultimi sguardi ostili e disgustati diretti a quel mago che rispondeva al nome di Severus Piton.
“Giustizia è fatta!” esclamò Silente rompendo il silenzio pesante che era calato tra di loro.
“Giustizia non sarà fino alla fine dei miei giorni” obiettò Severus uscendo velocemente dalla sala.
La luce di quel nuovo giorno filtrava dalle vetrate dei corridoi illuminandogli il volto terreo, le tenebre avvolgevano il suo cuore con presagi di morte.
“Anche questo Halloween è trascorso” considerò con sollievo mentre raggiungeva il suo appartamento.

Edited by Gabrix1967 - 26/10/2018, 22:13
 
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