Il Calderone di Severus

Sfida n. 7 FA+FF: Severus e le Stagioni

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view post Posted on 12/3/2021, 21:50
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CITAZIONE (Arwen68 @ 12/3/2021, 16:56) 

Bellissimo banner, Manu. La citazione che hai scelto, poi, ti fa ‘sentire’ la primavera con solo due frasi. 🌷
 
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view post Posted on 12/3/2021, 23:19
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Buca-calderoni

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CITAZIONE (Arwen68 @ 12/3/2021, 16:56) 

Bellissimo , il tuo banner, Manu, fresco come la brezza di primavera. E poi amo i fiori di pesco ❤️
 
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view post Posted on 13/3/2021, 01:41
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Wow, l'occhio ovviamente è caduto subito sul tuo banner, Manu, che mi piace tantissimo perchè evoca la primavera in modo semplice ma diretto e molto raffinato. Bello davvero!
E ci sono già anche due storie da leggere, bene bene :)
 
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view post Posted on 13/3/2021, 08:30
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Kate, Barbara, Ele, grazie per le belle parole di apprezzamento per il mio banner. ❤️❤️❤️
 
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view post Posted on 14/3/2021, 08:07
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CITAZIONE (Arwen68 @ 12/3/2021, 16:56) 

Bellissima la scelta dei colori e dell'immagine che hai accostato a Severus. Mi piace tanto il riverbero che c'è sulla sua fronte, in contrasto con la sua espressione 'severica'. Contrasto di colore che mi lascia immaginare un barlume di serenità per la stagione della rinascita. Bravissima Manu ❤
 
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view post Posted on 14/3/2021, 09:44
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Grazie, Anouk, per il bel commento che hai lasciato al mio banner. ❤️
 
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view post Posted on 14/3/2021, 17:26
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Che poetico atto d'amore questa poesia, Kate!
Hai fatto si che l'autunno e l'inverno dell'anima cedessero in fine il passo alla primavera, stagione della rinascita, regalando così a Severus la speranza in un futuro migliore, fatto anche d'amore.
Mi hai completamente coinvolta con il tuo stile di scrittura e le immagini che hai saputo creare.
Complimenti!
 
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view post Posted on 14/3/2021, 19:24
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CITAZIONE (Arwen68 @ 14/3/2021, 17:26) 
Lonely_Kate Dandelion
Che poetico atto d'amore questa poesia, Kate!
Hai fatto si che l'autunno e l'inverno dell'anima cedessero in fine il passo alla primavera, stagione della rinascita, regalando così a Severus la speranza in un futuro migliore, fatto anche d'amore.
Mi hai completamente coinvolta con il tuo stile di scrittura e le immagini che hai saputo creare.
Complimenti!

Cara Manu, ti ringrazio molto per il tuo bellissimo commento :] .
L’amore per Severus ed il risveglio della natura, creano un accordo perfetto ad ispirare tutto ciò che dà gioia, serenità e speranza. <3
 
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view post Posted on 16/3/2021, 14:03
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Ho visto che avete postato delle storie.
Scusate non ho avuto il tempo di leggere neppure mezza riga. <_<
Scusate.



Titolo: Oltre il confine del mandorlo
Autore: ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: One Shot
Rating: Per tutti
Genere: generale
Personaggi: Severus, Syl
Pairing: accenno a Severus/Lily, ma proprio un accenno
Epoca: pre Harry ad hogwarts
Avvertimenti: AU
Nota: scritta per la scritta per la sfida delle stagioni – Primavera
Riassunto:
Si bloccò nel corridoio dei sotterranei con un sopracciglio alzato mentre lo sguardo scorreva velocemente sui fogli.
Non era la solita lettera.
Era lo sfogo di un'adolescente in crisi, disperata, arrabbiata, ferita, ma soprattutto sola.


Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. I luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.


Oltre il confine del mandorlo



C’era un mandorlo nel giardino di casa.
Si diceva che l’aveva piantato personalmente la grande veggente Cassandra, esattamente in quel punto preciso.
Era una leggenda della sua famiglia, nessuna prova, nessuna vera testimonianza, ma lei sapeva che era vero.
Ogni volta che vedeva quell’albero dalla finestra della camera, le sembrava che la pianta la guardasse, la giudicasse, così come l’avrebbe fissata e giudicata la grande veggente Cassandra.
Odiava quell’albero.
Così come odiava quella stanza, quella casa, le sue sorelle, i suoi genitori e se stessa.
Odiava la sua vita, tanto quanto odiava quel maledettissimo albero.
Era l’oggetto che scandiva il suo tempo racchiusa tra quelle mura.
Lo vedeva anno dopo anno fiorire, ancora prima che la natura intera si risvegliasse dal suo lungo sonno.
Vedeva i rami spogli riempirsi di gemme, per poi sbocciare in tanti piccoli fiori bianchi dall’odore dolciastro, quasi nauseante; i fiori diventavano rosa e poi cadevano ai piedi dell’albero ricoprendo il giardino. I suoi genitori raccoglievano i suoi frutti, mentre lei li fissava dalla finestra chiusa, spaventata da quel sole che le bruciava la pelle e le faceva lacrimare gli occhi.
Odiava le sue sorelle che potevano vivere fuori da quelle mura una vita piena e ricca. Con amici, fidanzati e uscite in compagnia.
Lei era sola, in compagnia di vecchi professori spaventati dalle sue capacità, chiusa in una casa che odorava di aspettative rivolte all’erede di Cassandra.
Osservava il mandorlo seduta sul baule posto sotto la finestra, i libri abbandonati sulla scrivania, senza aver letto neppure una pagina.
Aveva fatto scappare l’insegnante di Storia della Magia dicendogli che l'amata moglie trovava conforto tra le braccia del suo collega William.
Aveva mentito, dicendo qualcosa a caso, fissando il muro con occhi sbarrati per sembrare più convincente.
Non era una fattucchiera da luna park, non leggeva la mano o le sfere di cristallo e sapeva che quello che aveva fatto era sbagliato, ma non aveva nessuna voglia di ascoltare la voce monotona di quel mago monotono mentre le raccontava con voce monotona le guerre dei Troll o dei Goblin.
La piaceva la storia, ma non raccontata in quel modo.
Le storie del Barone Sanguinario erano molto più interessanti.
Appoggiò la testa sulle ginocchia rannicchiate al petto.
Pensare al Barone Sanguinario le fece venire una fitta di nostalgia.
Sapeva che l'estate era vicina e, con lei, il suo unico momento di fuga da quella vita che non era veramente vissuta, ma fino a quel momento la camera rimaneva il suo mondo e quel mandorlo il confine da non superare.
C’era una barriera poco oltre quell’albero, una barriera creata dalla sua famiglia quando era solo una bambina. Un confine magico che non poteva attraversare.
La sua gabbia dai muri trasparenti, la chiamava.
Le dicevano che era per la sua sicurezza, per non farle perdere la strada quando le voci erano troppo alte e lei si perdeva in quella cacofonia che la stordiva nel profondo.
Per lei era solo una prigione.
Un prigione invisibile che iniziava con quel mandorlo.
Una volta, furiosa con tutto quello che la circondava, era corsa fuori e l’aveva raggiunto.
Aveva camminato a testa alta e aveva provato a superarlo.
Un passo. Poi due. Poi tre.
Ma non si muoveva.
Restava ferma in quel punto, sotto la fronde dolciastre, con i petali rosa che le cadevano addosso come le lacrime che le rigavano il volto pallido e le urla che le morivano in gola.
Si era disperata, picchiando i pugni contro il nulla per liberarsi da quella vita che odiava nel profondo.
Purtroppo con la sua disperazione aumentavano le voci, le immagini delle persone che vivevano attorno a lei, libere da catene invisibili e aspettative impossibili da raggiungere.
Sentiva tutto addosso: il dolore, la frustrazione, la solitudine mentre cercava di superare quel muro invisibile.
Era bloccata. Imprigionata in casa, con un maledetto albero a guardia della sua libertà.
Poteva uscire la sera, in giardino, sedersi sotto i suoi rami in cerca di riparo, in cerca di qualcosa che sapesse di vita e non di attesa.
Attesa di cosa, non lo aveva ancora ben chiaro.
Era solo una ragazzina.
Un'adolescente che voleva vivere come i suoi coetanei, che voleva uscire, innamorarsi, sbagliare e imparare dai propri errori.
Invece era confinata lì.
In una stanza.
A fissare un odioso mandorlo.
Si alzò di scatto e andò alla scrivania.
Spostò con poca grazia i libri aperti e prese una pergamena pulita, immerse la punta della piuma d'oca nell'inchiostro e iniziò scrivere.
Scrisse senza fermarsi, macchiandosi la punta delle dita e sporcando il foglio, sbavando alcune parole, calcando così tanto da rischiare di rompere il pennino.
Quando finì aveva la mano che tremava, aprì la finestra che portò dentro la stanza l'aria frizzante di primavera e l'odore dei fiori del mandorlo.
Fischiò e restò in attesa qualche minuto, dall'albero vide muoversi un'ombra scura che spiccò il volo planando sul davanzale.
Nostradamus era l’uccello di famiglia, un gufo reale che zia Sibilla le aveva regalato, ancora pulcino, quando aveva solo tre anni.
L’animale la fissò con i suoi occhi arancioni inclinando la testa di lato, allungò una mano e gli accarezzò le testolina piumata.
- Ruth ha scritto che le hai quasi mozzato un dito. - era impossibile, lo sapeva, ma le sembrava che il gufo stesse sorridendo – Bravo il mio piccolino! Vedrai che la prossima volta ce la farai.
Il gufo arruffò le piume, quasi come se fosse felice del suo suggerimento.
La ragazza prese la busta e la consegnò all’uccello.
- So che sei stanco. Ma devo chiederti questo favore. Puoi portarla da lui?
Il gufo bubulò, afferrò la busta con il becco e volò via.

* * * *



Il soffitto della Sala Grande quella mattina mostrava un cielo terso che faceva quasi male agli occhi.
Il professore di Pozioni camminò a passo spedito tra i tavoli diretto a quello degli insegnanti dove lo attendeva la solita tazza di caffè nero e del porridge che Vitius chiamava vomito di Goblin.
Non guardò gli studenti, non ne aveva voglia, non senza prima bere un caffè e mettere qualcosa nello stomaco.
Si sedette al solito posto, tra Silente che sorrideva in modo fastidioso e Minerva che imburrava una fetta di pane tostato con lentezza.
Aveva mal di testa.
Non aveva dormito molto e quando gli occhi si erano chiusi il suo sonno, era stato invaso da orridi sogni.
In tutti Lily era la protagonista: lei da ragazza che lo insultava e abbandonava.
Lei che amoreggiava con Potter e ridevano di lui.
Lei che combatteva con i membri dell'Ordine mentre lui evitava gli incantesimi nascosto da una maschera argentata.
Lei morta.
Si riscosse dai suoi pensieri e si versò del caffè.
La prima lezione che avrebbe tenuto era con i ragazzi del terzo anno di Tassorosso e Corvonero. Una classe tranquilla, abbastanza da permettergli di distillare una pozione per l'emicrania.
Si portò la tazza alle labbra e bevve un sorso guardando gli studenti.
Una volta era stato uno di loro, quando mangiava a quei tavoli, non avrebbe mai pensato che quella scuola sarebbe stata l'unica casa che gli fosse rimasta.
La colpa era solo sua, ne era consapevole, ma sentiva che stava gettando via il suo tempo.
Sapeva che poteva fare altro, che restare dietro una cattedra era uno spreco del proprio talento.
Poi, però, Silente gli parlava, lo guardava con quegli occhi azzurri come il cielo finto sopra la sua testa e tutte le ambizioni, tutta la voglia di andare oltre si perdevano in promesse che avrebbe mantenuto a costo della vita.
A volte gli sembrava che Silente cogliesse al volo il suo stato d’animo e facesse di tutto per ricordargli i suoi doveri.
Si sentiva un cagnolino che veniva richiamato con una tirata di guinzaglio se provava a prendersi troppa libertà.
Trattenne l’impulso si voltarsi verso il Preside, aveva l’impressione che lo stesse fissando, analizzando ogni sua espressione, ogni gesto, persino ogni occhiata agli studenti annoiati davanti a loro.
Ignorò tutto e bevve un altro sorso di caffè.
Era la sua vita.
Non quella che aveva immaginato, non quella che aveva desiderato, ma quella che sapeva di meritare.
Non poteva esserci una vita diversa per l’uomo che aveva fatto uccidere la donna che amava. Era la sua condanna, lo sapeva e lo aveva accettato.
Un giorno il figlio di Lily avrebbe varcato quel portone.
Lui e quegli occhi verdi che gli avevano segnato l’anima.
Si stava preparando per quel giorno. Il giorno in cui avrebbe dovuto proteggerlo, nascosto nell’ombra, perché l’ombra era l’unica cosa che meritava.
Il rumore di frullio di ali annunciò l’arrivo della posta mattutina.
Non alzò lo sguardo, non gli interessò l’arrivo dei gufi; non attendeva posta. Il mensile a cui era abbonato era arrivato la settimana prima e aveva disdetto momentaneamente la Gazzetta del Profeta perché non sopportava gli articoli inutili che venivano pubblicati.
Per questo rimase spiazzato quando un gufo reale planò dolcemente sul tavolo davanti alla sua colazione.
Con il cucchiaio ancora a mezz’aria fissò gli occhi arancioni dell’uccello che lo guardava incuriosito.
- Nostradamus… - mormorò posando il cucchiaio nel piatto con il porridge – cosa ci fai qui?
L'animale, che sembrava interessato ad un pezzo di pancetta abbandonato nel piatto di Pomona, lasciò cadere la busta che stringeva nel becco e prese il pezzo di pancetta dal piatto.
Pomona non sembrò neppure rendersene conto.
Nostradamus volò via mischiandosi ben presto agli altri gufi diretti alla guferia della scuola per riprendere le forze prima di tornare a casa.
Severus prese la busta abbandonata sul tavolo.
Si insospettì immediatamente: solitamente c'era scritto il suo nome con una grafia delicata e rotondeggiante, questa volta, invece, il suo nome era scritto in stampatello maiuscolo e sottolineato due volte.
Si alzò senza finire la colazione e si allontanò in fretta dal tavolo degli insegnanti.
Aprì la lettera appena sceso nei sotterranei. Non attese neppure di entrare nel suo ufficio.
Aveva ricevuto una lunga lettera da Sibilla la settimana prima e lei gli scriveva con regolarità ogni due settimane.
Erano lunghissime lettere che racchiudevano le sue emozioni, ogni stato d'animo, gli raccontava la sua giornata, i professori che le davano lezioni, la sua famiglia, descriveva la sua vita rinchiusa in quella casa.
Solitamente alla fine si scusava per aver scritto troppo.
Le rispondeva appena poteva, le diceva di tenere duro, di non essere troppo scortese con i professori o suoi genitori. Le dava consigli sui libri da leggere, sulle lezioni da imparare, su alcuni distillati che avrebbe dovuto studiare per l'estate. A volte le raccontava di come anche le sue giornate fossero monotone e segnate da una routine avvilente.
Si bloccò nel corridoio dei sotterranei con un sopracciglio alzato mentre lo sguardo scorreva velocemente sui fogli.
Non era la solita lettera.
Era lo sfogo di un'adolescente in crisi, disperata, arrabbiata, ferita, ma soprattutto sola.
Passò il resto della giornata a rimuginare su quelle parole che trasudavano astio.
Quando le lezioni finirono si diresse all'ufficio del Preside.
Silente guardava il parco di Hogwarts accarezzato dai raggi del sole di quella primavera, la rivista di Trasfigurazione era stata abbandonata sulla scrivania; Fanny dormiva sul suo trespolo d'oro, la testa nascosta sotto una delle sue ali rosse.
- Avevi bisogno di parlarmi, Seveurs? - domandò immediatamente il vecchio mago non appena varcata la soglia del suo ufficio, non si voltò neppure per guardarlo.
- Sì, Preside. - disse – Devo chiederle il permesso di assentarmi da Hogwarts questo Sabato. So che dovrei accompagnare gli studenti al villaggio, ma avrei un improvviso impegno. La professoressa Sprite può sostituirmi.
- Se hai già trovato un sostituto, perché vieni a chiedermi il permesso? Non devi, Severus. Non sono il tuo padrone.
Serrò la mascella irritato. Era un dannato libro aperto per quel vecchio.
- Sì, Preside.
Silente si voltò e gli sorrise.
- Il tuo impegno ha a che fare con il gufo di questa mattina?
Annuì solamente.
- Devi andare Severus. Quella ragazza ha bisogno di qualcuno che le sia amico e tu hai un disperato bisogno di trovare un altro scopo per restare in questa scuola.

* * * *



Quella mattina il cielo sopra Amesbury era coperto da nuvole grigie e il sole dei giorni precedenti eri stato sostituito da un venticello freddo che faceva capire che l'inverno non se n'era andato del tutto.
Il mago percorse le strade della cittadina perfettamente mimetizzato tra i Babbani senza curarsi delle persone che aveva accanto.
Svoltò in una stradina laterale e, per poco, non si scontrò con un uomo.
- Rowald. - mormorò il mago sorpreso – Cosa ci fai qui?
Il mago di nome Rowald si tolse la bombetta dalla testa e si grattò i capelli color paglia.
Aveva una decina di anni in più di lui, era un pozionista, collaborava con il Ministero, aveva fatto richiesta per insegnare ad Hogwarts, ma Silente non lo riteneva abbastanza motivato.
Rowald non faceva che lanciargli frecciatine ogni volta che si incrociavano.
- Buongiorno, Piton. - lo salutò. Sembrava di cattivo umore – E' una sorpresa anche per me vederti qui. Vengo dalla casa Cooman, sono uno degli insegnanti privati della figlia più piccola. – si sistemò il cappello con un sospiro - Un piccolo mostro.
Un sopracciglio si sollevò incredulo di fronte a quella affermazione, era sicuro di averlo udito più e più volte sottolineare la sua empatia verso i ragazzi, rimarcando la sua espressione, invece, granitica e glaciale.
- E’ così terribile? – domandò con una sfumatura sarcastica nella voce, sfumatura che non fu colta dal collega pozionista.
- Passa tutto il tempo a sibilare morti orribili e scene raccapriccianti su future guerre. – spiegò il mago – Fa accapponare la pelle.
- Anche sua zia fa lo stesso chiusa nella torre ad Hogwarts, Rowald. Non vedo la differenza.
- Conosco le predizioni di Sibilla. Sono affidabili quanto una Cometa 260 durante in una tempesta, ma sua nipote… - rabbrividì – quando ti guarda con quegli occhi di ghiaccio sembra che riesca a vederti dentro e sa perfettamente cosa dirti per spaventarti a morte. -sospirò - Beh Piton, fortunatamente tu non hai questi problemi. Non devi lavorare il sabato e la domenica con ragazzi inquietanti.
Avrebbe volentieri risposto che ogni adolescente che si sedeva nella sua aula era inquietante a suo modo, ma lasciò perdere.
Si limitò a fare un lieve sorriso.
Rowald gli fece un cenno e si allontanò senza aggiungere altro.
Severus guardò in avanti, la casa dei Cooman si intravedeva in fondo alla strada, scosse il capo e si incamminò.
Era una normale villetta su due piani, alzò lo sguardo al secondo piano, dove sapeva esserci la cameretta di Sibilla. Gli aveva chiesto di chiamarla Syl l’anno prima.
Sospirò avvicinandosi all'entrata. Sentì sulla pelle la barriera che avvolgeva la casa. Avvertì ogni incantesimo che bloccava la ragazzina tra quelle mura.
Suonò il campanello. La porta fu aperta da un mago molto magro, pallido e con lo sguardo triste.
- Salve, signor Cooman.
L'uomo aprì del tutto la porta, sembrava sorpreso di vederlo.
- Professor Piton? Cosa ci fa qui?
- Ero in città per salutare un vecchio amico e volevo solo vedere come sta vostra figlia minore.
Mentì. Sibilla teneva la loro corrispondenza segreta in casa. Non che ci fosse qualcosa di strano, erano solo due persone che si scambiavano delle lunghe lettere, anzi era lei quella che scriveva di più tra i due, sentiva che quella era l’unica valvola di sfogo che aveva, l’unica finestra non sbarrata della sua vita.
Poteva, però, sembrare inopportuna un’amicizia tra un giovane professore e un’adolescente di dieci anni più piccola.
Il padre della giovane lanciò un’occhiata alle scale che portavano al piano di sopra.
- Sibilla è in camera sua... da giorni. - gli disse – E’ un periodo difficile. Non credo che voglia parlare con qualcuno.
- Le dispiace se ci provo comunque?
Drummond Cooman gli indica le scale con un sospiro rassegnato.
Le porte delle stanze del secondo piano si affacciavano su un lungo corridoio. Il mago osservò le porte: erano tutte uguali, di legno chiaro e chiuse.
I nomi delle ragazze Cooman era appeso sulle porte. Ruth e Meredith, occupavano una stanza. Le conosceva, erano sue allieve: Ruth una Tassorosso del sesto anno, Meredith una Grifondoro del quinto anno. Se Sibilla avesse frequentato Hogwarts sarebbe stata al quarto anno, sicuramente una Corvonero.
Aveva una mente brillante, intelligente, amante della storia e con particolare interesse per i manufatti antichi e strettamente legati al mondo magico.
Quando passava l’estate al castello era quasi sempre in biblioteca, circondata da libri aperti, non era mai sazia di conoscenza, voleva imparare cose nuove o farsi una lunga lista di testi da leggere e studiare durante la sua lunga permanenza in casa.
Arrivò davanti alla porta con il suo nome e bussò con delicatezza.
- Andate via! - urlò la giovane dalla sua stanza.
- Apri, Syl.
Ci fu un lungo momento di silenzio, poi la serratura della porta scattò.
Il mago entrò per la prima volta nella camera di Sibilla.
Era una stanza quadrata, con mobili dai colori chiari, appesi alle pareti c’erano poster di band musicali Babbane che non conosceva e altri poster magici che lo fissavano incuriositi. C’erano libri ovunque: sulla scrivania, su una sedia nell’angolo, aperti sul letto, nella libreria e impilati vicino al comodino.
Sibilla era seduta sul baule davanti alla finestra, le ginocchia raccolte al petto.
Aveva lo sguardo fisso verso la porta.
Non mostrò nessuna emozione nel vederlo e un po’ se ne dispiacque.
- Cosa ci fai qui?
- Anch’io sono felice di vederti.
La ragazza sospirò e si voltò verso la finestra a guardare fuori.
Fece qualche passo nella camera, il rumore dei passi era attutito dal tappeto che copriva il pavimento, si voltò verso la parete notando uno specchio oscurato con la magia.
Tornò a guardala, Sibilla aveva lo sguardo fisso verso un punto imprecisato nel giardino sul retro.
Prese i libri dalla sedia della scrivania, li appoggiò per terra poi si sedette.
Lei poteva anche essere una ragazzina testarda, ma lui in fatto di testardaggine aveva più esperienza.
- Ho ricevuto la tua lettera, Syl.
La strega spostò lo sguardo su di lui.
Ci volle solo questo per far cadere quella maschera di ragazza dura.
I suoi occhi di ghiaccio si riempirono di lacrime, nascose il volto tra le ginocchia.
- Odio stare qui, Severus.
Avrebbe voluto alzarsi per consolarla, ma pensò che fosse inopportuno farlo in quella stanza che sapeva di un’adolescenza che lui non ricordava più.
- Lo so.
- Non mi lasciano vivere.
- I tuoi genitori fanno del loro meglio, te l’ho detto tante volte.
Lei annuì senza alzare il volto.
Voleva bene ai suoi genitori, lo sapeva, ma quella situazione non era salutare.
Calò di nuovo il silenzio.
Con lei, nonostante la sua giovane età, era un insieme di silenzi e sguardi.
Syl poteva spaventare in alcune circostanze, specialmente quando ti guardava con quello sguardo incredibilmente maturo. Quello sguardo che raccontava centinaia di vite in un istante.
- Hai una bella camera. - disse dopo un po’, solo per riempire quel silenzio.
Non era da lui, amava il silenzio, ma il silenzio con lei poteva essere pericoloso.
La ragazza sollevò lo sguardo.
- Ti piace?
- Sì.
Ed eccolo quello sguardo da adulta che stonava incredibilmente con i lineamenti da ragazzina.
- Non è vero. - gli disse - Ti ricorda un'altra camera. Sempre di una ragazza. La ragazza che ti rende triste. Lei c'è sempre.
Non le rispose.
Era vero. La cameretta di Sibilla gli ricordava quella di Lily. Quella cameretta che aveva frequentato da bambino, quando erano inseparabili.
Fissò gli occhi glaciali di lei senza abbassare lo sguardo. Non aveva paura di quello che poteva dirgli, non aveva timore della sua anima nera e oscura. Non fuggiva di fronte ai suoi mostri, perché i suoi mostri avevano tutti lo stesso volto: il suo.
Non aveva paura del suo riflesso. Lo detestava, lo ripugnava, a volte lo scherniva, ma non ne aveva timore.
- Puoi dirmi quello che vuoi ragazzina. Non ho paura delle tue parole.
- No, tu no.
- Ho incontrato Rowald venendo qui. - lei alzò gli occhi al soffitto - Non trattarlo troppo male, Syl. Così come non devi trattare male gli altri insegnanti o i tuoi genitori.
- Gli insegnanti sono degli inetti. Mi fanno studiare testi che ho letto a undici anni! Anche se li conosco a memoria pretendono che li studi di nuovo.
- Seguono il programma approvato dal Ministero.
- Tu mi fai leggere libri molto più interessanti.
- Io non sono un tuo professore. Sono tuo amico.
Finalmente riuscì a strapparle un sorriso.
Debole, ma sempre meglio di niente.
Tornò a guardare fuori dalla finestra e il debole sorriso svanì dalle labbra.
- Lo detesto, Severus.
- Cosa?
- Quello. - spiegò indicando un punto oltre il vetro della finestra.
Si avvicinò e guardò fuori.
- Il mandorlo?
- E’ il mio confine.- gli disse – Il confine del mio mondo. Sono prigioniera in questa casa e in quel giardino. Oltre quel maledetto albero c’é il mondo. Con le sue voci, i suoi fantasmi e le sue ombre. Mi spaventa quel mondo, Severus. Mi spaventa, ma allo stesso tempo voglio esplorarlo. Anche se fa male. Anche se può allontanarmi da me stessa. Invece sono bloccata in questa casa e non mi é concesso andare oltre quel maledetto mandorlo.
Il mago osservò l’albero in giardino.
I rami erano in fiore, soffiava un leggero vento e alcuni petali cadevano sul prato ben curato.
Abbassò lo sguardo sulla ragazzina seduta sul baule.
- Andiamo. - le disse perentorio.
Si avvicinò alla porta.
- Dove?
Si voltò, Syl non si era mossa dal baule.
Lo fissava e basta.
- Fuori.
- Ma... Severus...
- Il cielo é nuvoloso. - constatò – Forse pioverà e ci bagneremo. Se ti copri bene e metti gli occhiali da sole non dovresti avere problemi.
La ragazza guardò fuori e poi di nuovo lui.
- Ma...
- La paura supera il desiderio di vedere il mondo?
Sibilla scattò in piedi con sguardo determinato.
- Ti aspetto vicino al mandorlo.
I genitori di Syl erano spaventati e non volevano che uscisse dalla protezione magica.
Li aveva rassicurati in mille modi promettendo loro che l’avrebbe riportata a casa quanto prima, ma sottolineando l’importanza per Sibilla di uscire da quelle mura, di vedere il mondo e sentirlo come solo lei riusciva a fare.
Era il solo modo per farla stare meglio, per farle vivere una vita quanto più possibile normale.
L'avrebbe protetta lui.
Da ogni voce, ogni sussurro, ogni ombra e ogni luce che poteva farle del male.
Alla fine li aveva convinti.
Il petalo di un fiore bianco si posò sulla manica della sua giacca babbana, la spazzolò via nello stesso momento in cui Syl usciva dalla porta.
Sorrideva, questa volta apertamente, e camminava veloce verso di lui, come se temesse un ripensamento dei genitori da un momento all’altro.
Lui allungò una mano.
- Sei pronta, Syl?
- Dove mi porti?
- Oltre il confine del mandorlo.

FINE

Edited by ellyson - 22/3/2021, 14:36
 
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CITAZIONE
Ellyson,
Titolo: Oltre il confine del mandorlo

Come fa una cosa bella come un albero di mandorlo in fiore, armoniosa di colori e grazia, ispiratrice di novità e speranza, a diventare un muro, una barriera che separa la vita dal tedio, dall’insofferenza, dalle paure? Succede quando l’orizzonte diventa limitato, quando non vediamo le possibilità che sono davanti ai nostri stessi occhi. Allora abbiamo bisogno di qualcuno che ci aiuti ad aprire la mente, a superare ostacoli che non sono necessariamente fisici ma, spesso, vivono solo nella nostra testa.
Non so, Elly, io ho letto un messaggio di speranza nella tua storia; l’omaggio ad una forza che, prendendoti per mano, è in grado di superare anche blocchi, freni invisibili e, in apparenza, insormontabili: l’amicizia. :]
 
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view post Posted on 17/3/2021, 12:57
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CITAZIONE (Lonely_Kate @ 16/3/2021, 20:15) 
Come fa una cosa bella come un albero di mandorlo in fiore, armoniosa di colori e grazia, ispiratrice di novità e speranza, a diventare un muro, una barriera che separa la vita dal tedio, dall’insofferenza, dalle paure? Succede quando l’orizzonte diventa limitato, quando non vediamo le possibilità che sono davanti ai nostri stessi occhi. Allora abbiamo bisogno di qualcuno che ci aiuti ad aprire la mente, a superare ostacoli che non sono necessariamente fisici ma, spesso, vivono solo nella nostra testa.
Non so, Elly, io ho letto un messaggio di speranza nella tua storia; l’omaggio ad una forza che, prendendoti per mano, è in grado di superare anche blocchi, freni invisibili e, in apparenza, insormontabili: l’amicizia. :]

Grazie mille. <3
Il rapporto tra Syl e Severus é semplice e puro.
Sono come fratelli.
Severus é l'unica persona che tratta Syl come una persona "normale", vuole proteggerla, ma sa che deve vivere e non restare chiusa in una casa.
Severus vede in Syl una luce che illumina un mondo corrotto dalla smania di potere e dall'odio. Vede in lei qualcosa su puro e vede anche una profonda solitudine. Una solitudine che comprende perché la prova anche lui. Ma se per lui non c'é mai stato nessuno a colmare quel vuoto (o se c'é stato l'ha abbandonato o é morto) non vuole che Syl sia nella sua stessa situazione.
E' un po' contorto nella mia testolina... :lol:
 
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view post Posted on 17/3/2021, 13:16
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Ellyson Oltre il confine del mandorlo.
Una bella storia su un'amicizia tra due anime tormentate.
Il tuo personaggio originale è ben caratterizzato e ha delle fortissime potenzialità. Il tuo Severus è perfetto calato nella parte dell'amico che è pronto a supportare l'altra.
Il tuo stile di scrittura chiaro e lineare accompagna piacevolmente in un lettura che non annoia mai.
 
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view post Posted on 17/3/2021, 13:24
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CITAZIONE (Arwen68 @ 17/3/2021, 13:16) 
Ellyson Oltre il confine del mandorlo.
Una bella storia su un'amicizia tra due anime tormentate.
Il tuo personaggio originale è ben caratterizzato e ha delle fortissime potenzialità. Il tuo Severus è perfetto calato nella parte dell'amico che è pronto a supportare l'altra.
Il tuo stile di scrittura chiaro e lineare accompagna piacevolmente in un lettura che non annoia mai.

Grazie mille. <3
 
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view post Posted on 18/3/2021, 00:30
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Intanto inizio a postare il mio banner primaverile :)

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view post Posted on 18/3/2021, 07:34
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CITAZIONE (Ele Snapey @ 18/3/2021, 00:30) 
Intanto inizio a postare il mio banner primaverile :)

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Ele buon giorno 🌻. Il tuo banner è radioso: un raggio di sole che illumina e circonda Severus, regalandogli un soffio di speranza rappresentato proprio dal soffione, metafora del futuro di una nuova vita. <3
 
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