Sfascia-calderoni
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| Questa volta ci sono anch'io. Dopo più di 6 anni dalla mia tastiera è uscito ancora qualcosa. Grazie Ida, come sempre.
Titolo : L'ultimo San Valentino Autore: Kijoka Data : febbraio 2021 Beta-reader : Ida Tipologia: One shot Raiting : per tutti Genere : romanico Personaggi: Severus, personaggio originale, Minerva Epoca: Post 7^ anno Avvertimenti: AU Riassunto: Ci aveva pensato per molto tempo e alla fine era riuscito ad organizzare quella che sperava diventasse una splendida serata, che lei non avrebbe più potuto dimenticare.
Note 1: Il personaggio originale è lo stesso della mia storia "II libro di una vita" pubblicata per la sfida FF nr. 14 : Sette giorni per un sorriso.
Note 2: Un ringraziamento speciale a Ida, per l'aiuto, i preziosi consigli e il tempo che mi ha dedicato.
Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. I personaggi originali, i luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa
L’ultimo San Valentino
Nero. Sì, era proprio di umore nero, quella mattina. A passi veloci percorreva il castello verso la presidenza. Era San Valentino. Le coppiette appartate, le risatine, il rincorrersi dei ragazzi nei corridoi, l'atmosfera melensa e tutte le decorazioni cariche di putti e cuoricini gli rivoltavano lo stomaco rendendolo furente.Quando era rientrato, la sera prima, aveva trovato sua moglie già a letto. Con voce fioca si era scusata adducendo un feroce mal di testa, che era certo inesistente. Era sicuro che, in quel modo,volesse punirlo per il suo dimenticare ogni anno quella ricorrenza e quel che significava. Questa incomprensibile mancanza di fiducia lo irritava più degli archi pieni di fiori rosa sparsi per il prato che vedeva adesso dalla bifora sul cortile interno. Certo ne avrebbe pagato il prezzo chiunque avesse anche solo menzionato lo sdolcinato San Valentino. Che Silente non si permettesse di fare le solite battute o avrebbe fatto a brandelli la tela senza pensarci due volte! Entrò in presidenza come una furia, lasciando sbattere la porta contro il muro con uno scoppio che risuonò come un colpo di fucile. - Buongiorno, Severus! Cattivo umore oggi? - La voce divertita di Silente lo accolse con calore. Si girò con un'espressione in viso degna del più pericoloso ricercato dal Ministero: - Bada, Albus, non è giornata. - Gli rispose sibilando. Si tolse il mantello e lo agganciò con un gesto violento sull'appendiabiti. Di colpo fu inondato da una pioggia di cuoricini di carta di diverse tonalità di rosa. Restò immobile finché la caduta terminò, poi, senza voltarsi, ringhiò al quadro alle sue spalle: - Questo... questo è opera tua, Albus? - Oh no, no, no! - si affrettò a rispondere la figura del vecchio mago - Assolutamente no! Sono giocherellone,ma non sono certo così pazzo! Severus si voltò lentamente e, dopo un'occhiata di fuoco agli occhi azzurri, si sedette alla scrivania. Aprì il cassetto della corrispondenza e un orso di pelouche, di quel punto di rosa che sempre gli provocava la nausea, fece capolino. La mascella si contrasse e il sopracciglio migrò velocemente verso l'alto. Non fece tempo ad afferrarlo per scagliarlo lontano, che l'orso si moltiplicò in un esercito di suoi simili, piccoli e grandi, che riempirono in un attimo l'angusto spazio e, strabordando all'esterno, si riversarono sul pavimento, riempiendolo. Si alzò in piedi di scatto e allontanò a calci tutti i ninnoli morbidi. I sotterranei! Un luogo silenzioso e tranquillo dove stare in pace per un paio d'ore. Quando entrò, scostando il pesante battente di legno, si ritrovò in mezzo al silenzio, circondato da tutto quanto aveva sempre amato. Sorrise appena e si avviò alla scrivania, accendendo torce e camini con un gesto elegante della mano. Si sedette e alzò gli occhi per godersi la penombra, ma vide altro. Si alzò e tornò sui suoi passi. Lì, sul pavimento di pietra scura spiccavano ciuffi verdi da cui spuntavano graziose piccole margherite dal tenue colore roseo. Si spostò a fianco per capire cosa stesse succedendo e si accorse che, dovunque poggiasse i piedi, poco dopo spuntavano piccole aiuole fiorite. Tornò a sedersi, strinse gli occhi e li appoggiò al palmo delle mani. Poi li riaprì di colpo: l'erbetta e i fiorierano ancora lì. Finse indifferenza e tuonò ad alta voce: - Effie! Con un crac una piccola Elfa domestica si materializzò. L'incubo continuava: portava un grande fiocco rosa sulla testa e indossava un vaporoso abito fucsia di tulle. Severus la guardò cercando di reprimere il senso di disgusto cromatico scatenato dalla visione: - È tutto pronto per stasera? La piccola creatura annuì vigorosamente facendo traballare le grandi orecchie: - Sì, certo. Tutto già sistemato. Effie e amici hanno organizzato e già tutto pronto. Il Preside ringraziò l'Elfa che scomparve. Al momento di lasciare l'aula di Pozioni attese un attimo sulla porta e guardò le orme piene di fiori che si interrompevano all'uscita della stanza, per poi svanire piano piano. Tirò un sospiro di sollievo. Si recò a passi lenti verso il limitare della Foresta Proibita, sperando di far sbollire la rabbia. Non incontrò nessuno e scese fino al lago. Si sedette su una pietra grigia e fissò la superficie scura, mossa appena da dolci onde. Sull'acqua calma si formò all'improvviso un cuore di alghe vermiglie, trafitto da una freccia di carpe rosse che nuotavano lente. Trasalì. Si voltò attorno ma non vide nessuno. Tornò al castello per la lezione: le classi erano già al loro posto. Dopo aver dato il buongiorno ai ragazzi si sedette e aprì il registro. Nello stesso momento comparve una rosa scarlatta, con un elegante gambo lungo intrecciato con un nastro rosso fuoco che terminava con un morbido fiocco. Restò immobile come una statua di sale, sentendo salire l'imbarazzo e attendendo la reazione spontanea e irrimediabile degli alunni. Deglutì un paio di volte prima di alzare gli occhi e guardare la classe. Nessuno sembrava far caso al fiore che troneggiava davanti al registro, ben visibile a tutti. Com'era possibile? Passò un'occhiata torva sui visi rivolti nella sua direzione, che attendevano l'inizio della lezione. Si schiarì la voce e cominciò a parlare, decidendo di far finta di nulla. Le due ore volarono via e presto i ragazzi sciamarono fuori dall'aula. La rosa era sempre al suo posto. Si avvicinò e cercò di prenderla, ma svanì al tocco delle sue dita. Sempre più allibito sistemò la scrivania ed uscì. Aveva chiesto a Minerva di raggiungerlo in Presidenza nel primo pomeriggio. Un lieve bussare annunciò la professoressa che entrò nello studio e, salutando con un gran sorriso Albus, si sedette davanti alla scrivania diSeverus. - Minerva hai autorizzato tu il nuovo abbigliamento degli Elfi? Cioè, per oggi saranno tutti vestiti di quel terribile colore rosa? Perché… Si bloccò. Alla parola "rosa" comparve un nugolo di petali di fiori del colore menzionato che presero a svolazzare in stormo per tutto l'ufficio fermandosi dietro la schiena del mago e prendendo la forma di piccole ali stilizzate. Severus impallidì e un'ira funesta lo colmò. Gli occhi neri mandavano fiamme e vedere Minerva che a stento si tratteneva dal ridacchiare lo mise in imbarazzo. Abbassò gli occhi e, dopo due parole di scuse, salì la scaletta a chiocciola e si rintanò nella stanza al piano di sopra, seguito dai petali colorati. Vi si chiuse pensando che sarebbe uscito solo per l'ora di cena, maledicendo le burle e l'infame ricorrenza. Sparito il preside al piano di sopra a Minerva scappò la risatina che aveva trattenuto. Albus invece si fece proprio una sonora risata e poi, asciugandosi gli occhi dalle lacrime, chiese: - Povero ragazzo! E da stamattina che combatte con cose del genere! Tu sai... - È stata un'idea di Joy. Ciò che succede può vederlo solo lui e a quanto pare tu, oltre a noi due. Le ho dato una mano con un Elfo domestico affezionato che mantiene i segreti. Mi ha detto che voleva rifarsi perché anche quest'anno si è dimenticato del regalo di SanValentino. Silente scosse la testa: - Oh no! Invece avete sbagliato tutte e due. Quest'anno sarà una festa davvero speciale per Joy. Minerva sorrise dolcemente: - Che bella notizia, ne sono davvero felice, per entrambi. Quei ragazzi sono davvero deliziosi insieme. Domani mi farò dire cosa è riuscito a inventarsi il mirabile cervello del nostro Preside - fece l'occhiolino a Silente - Beh, vado allora. Tanto non credo che verrà fuori dalla tana fino a stasera! - seguì un'altra risatina e Minerva tornò alle sue incombenze. Come previsto, riemerse dalla stanza solo poco prima di cena, più calmo e senza i petali volanti, spariti. Salutò con un borbottio incomprensibile Albus e uscì. Aveva valutato tutto e riteneva che la responsabile fosse sua moglie: era certa che si sarebbe di nuovo dimenticato il regalo. Quell'anno si sbagliava, sarebbe stato molto diverso. Passando in rassegna quanto organizzato, e immaginando la reazione di Joy, pian piano la rabbia si era stemperata in attesa. In quel momento voleva solo vederla, starle vicino e passare del tempo solo con lei.
Dopo meno di un'ora stavano salendo lagrande scala a chiocciola diretti all'aula di Divinazione. Joy lo precedeva di alcuni scalini: - Severus, dove andiamo? Mi vuoi far leggere la mano da Sibilla? Se era così potevi farla venire da noi e risparmiarmi tutte queste scale! - No, tesoro. L'idea sarebbe un'altra... - nella voce calda si indovinava l'ombra di un sorriso. Il mago continuò a fissare i lunghi capelli neri che si muovevano, a lente onde, davanti a lui mentre lei saliva le scale. Portava quel magnifico vestito acquamarina che richiamava lo spettacolare colore dei suoi occhi. L'ultima volta che l'aveva indossato era a Parigi, durante una cena molto speciale della luna di miele. Ne ricordava ogni attimo, pensò mentre prendeva tra le dita e rigirava con delicatezza una ciocca dei lunghi e morbidi capelli: quella serata ancora riempiva i suoi sogni. Joy si voltò: - Che fai? Mi tiri i capelli come i bimbi dispettosi? Con un passo la raggiunse sul gradino dove si era fermata. Dolcemente, ma con fermezza, la spinse contro l'arcata di un'ampia finestra che dava luce alla scala. Affondò le dita nella serica chioma scura e le sussurrò sulle labbra: - Lo sai bene che non sono mai stato bambino, tesoro! La baciò con trasporto mentre anche Joy lo stringeva a sé. Quando si separarono gli occhi neri non riuscivano a lasciare lo sguardo color d'oceano, illuminato da un bagliore dolce e innamorato. - Severus, così i ragazzi potrebbero vederci... - Non che questo mi preoccupi troppo. - Rispose il mago con voce bassa e cospiratrice, prendendola per mano e ricominciando a salire - Non ho fatto che vedere loro tutto il giorno! Arrivarono davanti ad un'anonima porta chiusa, un paio di piani sotto agli alloggi della Cooman. La maga lo guardò interrogativa: - Ceneremo in un magazzino per banchi inutilizzati? - Più o meno... - ma il viso era sereno con le labbra morbide e sottili atteggiate a un leggero sorriso. - Ho capito. Ti vendichi per gli scherzi che ti ho tirato durante questo lungo giorno? Il solito sopracciglio indisciplinato salì verso l'alto: - Ah, dunque sei stata tu? - Gli occhi scuri brillavano divertiti nella penombra della torcia lì a fianco - Molto bene. Me ne risponderai, stanne certa. Ma non adesso... Le passò lievemente il dorso della mano sulla guancia morbida. Il sorriso di Joy gli illuminò il cuore: - Entra, tesoro, ti prego. - continuò, girando la maniglia in ottone. La maga varcò la soglia e si ritrovò in un giardino d'inverno. La piccola sala era piena di alberi in fiore, da ogni parte guardasse c'erano corolle colorate, cascate di orchidee, infiorescenze di piante tropicali: tutte avevano in comune il colore rosso, declinato in mille sfumature diverse. In un attimo fu inondata dai mille effluvi e condotta in paradiso. - Amore mio, è meraviglioso! - Joy si fermò in mezzo alla stanza guardando intorno, cercando di non perdersi niente e di imprimere nella memoria l'esplosione di colori. Fece pochi passi più avanti e scopri, subito oltre un sipario di bouganville spettacolare, un tavolo apparecchiato per due davanti a un'enorme vetrata affacciata sullo spettacolo del castello illuminato che sovrastava il lago scuro e immoto nella chiara notte stellata. Era senza parole. Si girò verso il mago con un sorriso splendente: negli occhi risplendeva tutto l'amore che provava. Le si avvicinò lentamente e, guidandola con una mano poggiata sulla schiena in una calda carezza, la condusse davanti al tavolo, dove comparirono le portate della cena. Le prese poi le mani, le sfiorò un attimo le labbra con le proprie e la avvicinò alle finestre. Il panorama era mozzafiato. Il cielo era un velluto trapunto di stelle luminose. La luna si specchiava sul lago regalando alle acque un brillio vivace e affascinante. - È davvero un quadro! Che pensiero dolcissimo hai avuto! - sussurrò Joy stringendosi a lui, appoggiando la testa sulla spalla. Il mago pensò ai mesi trascorsi calcolando dove si sarebbe trovata la luna quella sera, cercando il punto migliore per avere una vista impagabile come quella che stavano ora ammirando. La strinse forte a sé, ricordando quanto avevano vissuto insieme e cosa era stata per lui la donna che adesso era sua moglie: le doveva la vita, la sua nuova esistenza e la felicità. La baciò di nuovo con dolcezza e poi la allontanò appena da sé: - Joy, tesoro... potrò anche dimenticare quando è San Valentino, ma, credimi, non potrò mai scordare cosa hai fatto per me. - La voce profonda divenne un sussurro suadente - Nessuno mai sarà così importante per me. Nella mano chiara un gesto elegante fece comparire una magnifica peonia, grande e lussureggiante, che aveva in sé tutte le sfumature possibili di rosso: - Tutti i fiori che vi sono qui dentro non sono che una pallida immagine del mio amore per te. Lasciò il fiore nelle mani di Joy che lo portò al viso per aspirarne il voluttuoso profumo, senza smettere di affondare gli occhi nello sguardo nero. Nel momento in cui percepì la soave fragranza del fiore qualcosa comparve in esso. Lo allontanò dal viso e scorse, tra i petali fitti, intricati e carnosi, nel punto esatto del cuore chiaro, un gioiello. Severus che stava spiando, non senza apprensione, le emozioni che si susseguivano sul viso di Joy, fu felice di notare l'estrema sorpresa e subito dopo la gioia illuminarne i lineamenti. - Severus, è splendido! All'interno del fiore era comparso un anello. Lo prese e, appoggiando il fiore, tornò accanto al mago, che la cinse con dolcezza sussurrando: - Sposarti è stata la decisione perfetta della mia vita. L'abbiamo fatto in fretta, con tanta felicità e romanticismo, ma non ho avuto il tempo di pensare a un regalo, solo tuo, che potesse rammentarti per sempre l'amore che provo. Le prese dalle mani l'anello e delicatamente glielo infilò al dito accanto alla fede nuziale. Joy appoggiò piano la testa alla sua spalla, la guancia a sfiorare i mille piccoli bottoni della giacca scura. Poi, tenendolo sempre stretto, alzò la mano per ammirare il gioiello che brillava all'anulare. Il mago le passò la mano lungo la schiena, in una delicata quanto sensuale carezza e riprese a parlare con lentezza: - Siamo noi. Il diamante è la nostra vita insieme: duratura, solida e trasparente per l'amore che ci unisce. La corona di pietre sono acquamarina, topazi e ossidiana. I nostri occhi legati insieme per l'eternità. Joy era senza parole. Non riuscì a fare altro che abbracciarlo e cercare le labbra per un nuovo e più appassionato bacio. Voleva fargli capire senza parole quanto fosse profondo l'amore che la legava a lui. Quando si allontanarono restarono a fissarsi negli occhi ancora per qualche momento, poi Severus si avvicinò al tavolo per aprire una bottiglia e offrire un calice a Joy. La maga si avvicinò all'ampia vetrata e fece scivolare lo sguardo sul magnifico panorama. Poi si voltò e osservò i gesti sicuri e rapidi del mago, che stava versando il vino. Aveva finalmente indossato l'abito che gli aveva regalato per Natale. Il completo, con la solita lunga giacca e i pantaloni aderenti, era di un colore inusuale: blu scuro. L'insieme lo rendeva estremamente seducente e, osservandolo indisturbata, si rese conto di quanto ancora l’affascinasse il suo modo di muoversi. Sorrise dolcemente, sentendo dentro di sé un amore profondo e infinito per quell'uomo difficile, segnato nel profondo dalla vita, ma pieno di amorevoli attenzioni e slanci appassionati. Ogni giorno si sentiva amata e importante, anche se quei sentimenti erano talvolta celati da modi bruschi e scostanti. Non era importante: sapeva di essere amata come mai nessuno aveva fatto prima e questo poteva bastare per una vita intera. Cercò allora in sé il tono più caldo e avvolgente per porre la domanda: - Dimmi, Severus, che nome pensi di dare a nostro figlio? Il mago era di spalle in quel momento. Spalancò gli occhi e bloccò il gesto. Poggiò rapido la bottiglia, il bicchiere riempito a metà e con due passi le fu di fronte. Lo sguardo scuro vagò interrogativo sui lineamenti conosciuti. Ne avevano parlato, ci avevano pensato, ma gli sembrava sempre che non fosse il momento giusto. Lei, ancora una volta, aveva capito ogni cosa: i timori, i rimorsi e la sua paura di non saper essere padre, con tutto il fardello di un tormentato passato. Tuffò gli occhi in quelli chiari e dolcissimi davanti a sé, trascinandosela al petto. La voce non riuscì a esprimere ciò che si agitava nel cuore, riuscì solo a mormorare: - È vero? La maga sorrise, annuendo piano. Severus l'abbracciò con delicatezza, affondando il viso nei profumati capelli neri. Nel cuore solo una felicità senza fine, mentre la voce diventava una vellutata carezza carica di emozione: - Joy... ti amo più della mia vita! Si strinsero e il bacio che seguì fu dolce e pieno di promesse per il domani. Si sentivano più legati che mai, consapevoli che quello sarebbe stato l'ultimo, indimenticabile San Valentino trascorso in due.
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