Vabbè, sempre sul filo di lana, ma almeno ce l'ho fatta a postare anche la mia piccola fic, che per riuscire a scrivere in questi giorni... lasciamo perdere, va
Poi commenterò con calma anche tutto il resto!
Titolo: Non so come dirtelo
Autore/data: Ele Snapey – febbraio 2018
Beta-reader:
Tipologia: one-shot
Rating: per tutti
Genere: Introspettivo, romantico.
Personaggi: Severus Piton
Pairing: Nessuno
Epoca: nessuna in particolare
Avvertimenti: nessuno
Riassunto: Odiava profondamente quella festa.Era senza dubbio la festa che più detestava...
Non so come dirtelo
Odiava profondamente quella festa.
Era senza dubbio la festa che più detestava. Dopo Halloween, ovvio.
Uscendo dalla biblioteca gli era appena passato, a pochi millimetri dal viso, e in rotta di collisione con il naso, un messaggio alato tutto sbrilluccicante e profumato. Lo aveva allontanato con un gesto brusco e stizzito, come si fa con un insetto molesto. Il messaggio, dopo aver traballato un po’, aveva ripreso quota lasciandosi dietro una delicata scia di polvere luminescente. Quindi era andato a posarsi con grazia tra le mani di Adrian Pucey, quinto anno di Serpeverde, giovanotto belloccio e piuttosto ambito.
Dedicò una frazione di secondo della propria attenzione sdegnata allo studente che aveva atteso con aria trepidante il messaggio e ora ne stava leggendo soddisfatto il contenuto. Poi, brontolando tra sé, si incamminò a lunghi passi per il corridoio.
Fin dalla mattina era stato costretto a scansare putti alati armati di arco e frecce, messaggi d’amore svolazzanti e idiozie varie della stessa risma.
Infestavano gli androni, i colonnati e i chiostri della scuola come grossi, placidi calabroni glitterati, mentre la maggior parte degli studenti più che sulle lezioni era rimasta concentrata sull’aspettativa di ricevere una missiva appassionata.
Qualcosa di inconcepibile a parer suo. Ma non a parere del preside, evidentemente, che permetteva ormai senza alcun pudore la celebrazione della ricorrenza da che Allock aveva introdotto a scuola l’esecrabile consuetudine di festeggiarla.
Scansò con malagrazia un paio di amorini e un messaggio alato a forma di cuore, quindi imboccò quasi di corsa le scale che portavano ai Sotterranei. E la solitudine delle segrete lo accolse con benevolenza. Finalmente il silenzio. Nessun cicaleccio molesto, nessuna stucchevole letterina sfarfallante, e nessun putto fastidioso in volo. Solo la pace profonda dei corridoi avvolti nella penombra che odorava di buone erbe officinali e di leggera umidità.
Il conforto durò poco, però, quando gli sovvenne che da lì a poche ore gli sarebbe toccato affrontare la prova peggiore, e cioè la famigerata Festa di san Valentino in Sala Grande!
Stava ancora rimuginando su quale scusa avrebbe potuto accampare per evitare di salire a cena quando, giunto davanti alla porta dei suoi alloggi, notò con la coda dell’occhio un lieve bagliore rischiarare l’oscurità che galleggiava in fondo al corridoio.
Fissò con sospetto il piccolo punto luminoso fluttuare a mezz’aria e diventare sempre più grande e brillante, fino a che non si rese conto che era diretto proprio verso di lui.
Allora lo riconobbe per ciò che era, e socchiuse le labbra in una muta esclamazione di sorpresa. Un messaggio alato? E come ci era arrivato là sotto? Ma, soprattutto,
cosa diavolo ci faceva là sotto?Lo stupore si tramutò in sconcerto sul viso accigliato quando il bigliettino gli svolazzò un paio di volte attorno alla testa, per poi posarsi quietamente ai suoi piedi. Quindi piegò le alucce restando in attesa.
- Ma che… diamine… - mormorò, e le sopracciglia si inarcarono fino alla radice dei capelli.
Dunque la missiva non aveva infilato per sbaglio le scale dei Sotterranei!
Si chinò, un po’ titubante, e raccolse il piccolo cartiglio ripiegato in due. Emanava un delicato profumo di gelsomino che gli piacque, così come il fatto che fosse sbrilluccicante in modo molto discreto.
La missiva si schiuse piano e alcune parole scritte con inchiostro blu iniziarono ad affiorare poco a poco dal fondo del biglietto color pervinca, su cui sparivano e riapparivano in modo impercettibile piccoli cuori di una tonalità appena più scura.
Lesse il messaggio con grande attenzione. Lo rilesse per essere certo di averlo compreso bene.
Ogni volta che mi guardi,
nasco nei tuoi occhi.
Ti ammiro così tanto,
che non so come dirtelo…
Quando lo ebbe letto la terza volta si rese conto con enorme stupore di come il suo vecchio cuore inaridito, forse per la prima volta in milioni di anni, avesse ripreso a palpitare.
Si obbligò a tornare subito con i piedi per terra. Non era possibile che quelle parole fossero rivolte a lui.
Più probabile che il piccolo messaggio alato avesse sbagliato consegna!
Eppure il biglietto aveva reagito e si era aperto al tocco delle sue mani, segno che il destinatario era proprio lui.
Si rigirò il cartiglio fra le mani, analizzandolo con attenzione.
Ti ammiro così tanto,
che non so come dirtelo…Il messaggio, rigorosamente anonimo, oltre che meravigliarlo stuzzicò in modo subdolo e irresistibile la sua curiosità.
Aveva dunque un’ammiratrice segreta? Ma chi mai avrebbe osato spedirgli una cosa del genere proprio il giorno di san Valentino?
Forse, anzi, molto più probabile che fosse uno scherzo di cattivo gusto.
E per dare una risposta ai mille interrogativi che gli si stavano accumulando in testa estrasse la bacchetta, sfiorando delicatamente con l’estremità il piccolo foglio color pervinca pulsante di cuoricini.
Il biglietto però non rivelò alcuna traccia: chi lo aveva scritto era stato molto abile e attento a non lasciare indizi.
Pensieroso lo infilò in una recondita tasca interna del mantello e aprì con un gesto distratto la porta della camera. Si sedette sulla sua poltrona preferita, quella vecchia un po’ sformata ma tanto comoda che stava accanto al caminetto, e continuò a rimuginare.
Inutile negarlo: le parole del messaggio lo avevano colpito in modo particolare, perciò si ripropose di indagare su chi fosse la misteriosa mandante. Decise che quella sera lo avrebbe fatto partecipando alla cena di san Valentino.
*****
Un paio d’ore dopo era seduto al tavolo insegnanti, in una Sala Grande assediata da un tripudio di cuori palpitanti, putti e amorini di ogni taglia e colore, messaggi alati luccicanti di ogni foggia, gufi recanti scatole di cioccolatini e labbra sbaciucchianti in volo sotto la volta al posto delle tradizionali candele.
Nei panni di Gilderoy sarebbe stato al settimo cielo. Ma lui era lui, e l’unica cosa che desiderava in quell’istante era di trovarsi ad anni luce di distanza da lì.
Però ragionò sul fatto che se avesse rinunciato a partecipare a quella serata disgustosa avrebbe dovuto rinunciare anche al suo scopo; perciò si dispose eroicamente a sopportare il supplizio, guardandosi attorno con la solita aria fredda e distaccata, e ne approfittò per iniziare a sondare in modo furtivo i volti delle colleghe. Sperava così di cogliere qualcosa che potesse tradire la misteriosa autrice del messaggio.
Guardò la McGranitt ma la scartò subito, augurandosi che alla sua età non le circolassero ancora certi pensieri per la testa.
Poi passò ad osservare di soppiatto la Bumb che stava conversando giusto con la vice preside.
Rolanda era una donna ancora piacente e abbastanza giovanile. Però non se la vedeva affatto nell’atto di scrivere un messaggio romantico vibrante di cuoricini, non era proprio nel suo stile. Lei lo avrebbe affrontato a viso aperto tra una partita di Quidditch e l’altra e glielo avrebbe comunicato senza troppe smancerie.
E se invece fosse stata la professoressa Sinistra?
Esaminò con cautela il nuovo soggetto intento a sorseggiare con estrema compostezza il vino dal proprio calice. Non conosceva bene Aurora, donna molto riservata, sobria, timida e piuttosto schiva; difficile di conseguenza capire se sarebbe stata capace di trovare il coraggio di esporsi, e, soprattutto, di esporsi con lui.
Inoltre la sua unica passione erano sempre stati stelle, pianeti e galassie e aveva il sospetto che così sarebbe stato per il resto della sua vita.
Spostò l’attenzione sulla persona che le era seduta accanto, e il cuore ebbe un’extrasistole quando incontrò gli occhi della Cooman puntati su di lui.
Salazar! Sibilla stava veramente fissandolo da dietro le sue enormi lenti:
avrebbe dunque potuto essere lei? Il pensiero gli ghiacciò il sangue e rimase per un attimo con il fiato sospeso e la mano che impugnava la forchetta bloccata a metà percorso tra piatto e bocca.
Poi per fortuna si rese conto di come lo sguardo della veggente fosse semplicemente in fissa da un bel po’, evidentemente perso nel ricordo dell’ultima lettura di fondi di thè, e tirò un sospiro di sollievo.
Deviò quindi l’attenzione sulla professoressa Sprite, notandola tutta concentrata sullo spezzatino con le patate che aveva nel piatto, e si sentì decisamente meglio. Si era auspicato che anche Pomona, così come Minerva, nei suoi riguardi coltivasse solo pensieri casti, e dal modo in cui stava dedicandosi alla cena ebbe conferma di come i suoi interessi fossero ormai circoscritti solo al buon cibo e alle piante.
Nemmeno Septima Vector sembrava rivolgergli troppa attenzione, perciò scartò anche lei.
Ma dunque chi, per tutti i Gargoyle,
chi mai poteva avergli scritto quelle parole?Un brivido gelido gli percorse la schiena quando, alzando lo sguardo, si accorse che Hagrid, seduto dall’altra parte del lungo tavolo, gli stava ammiccando in modo inquietante.
E se invece di essere una lei, fosse stato un…
lui?Un velo di sudore freddo scese a imperlargli la fronte mentre Rubeus accennava un sorriso sbilenco. Poi gli indirizzò un saluto sfarfallando i ditoni della mano grande quanto un badile. Osservandolo meglio si accorse come gli occhi del mezzo gigante si fossero fatti piccoli e lucidi, e capì che a quel punto della cena Hagrid era solo, semplicemente già semi ubriaco.
Tirò un altro sospiro di sollievo. Per un istante aveva seriamente temuto il peggio!
Intanto la festa proseguiva senza sosta tra musica e risate; l’aria era diventata satura di profumi dolciastri, polvere di glitter e una densa foschia rosa attraverso cui sfrecciavano Cupidi intenti a consegnare messaggi d’amore.
Guardò Silente e notò come perfino sul suo viso fosse affiorata un’espressione di stanca e annoiata rassegnazione, mentre la professoressa McGranitt sembrava essersi addirittura appisolata sulla propria sedia.
In quanto a lui, ritenne di essere giunto al culmine della sopportazione.
Terminò in due bocconi le patate, abbandonò il tovagliolo sul tavolo con un gesto secco e si alzò con un rapido movimento sinuoso. Scese dalla pedana con passo deciso e leggero, avviandosi verso l’uscita principale in fondo alla Sala Grande. Nel farlo sfiorò con il bordo del mantello il tavolo di Grifondoro e fu allora che avvertì una strana sensazione.
La percezione netta e persistente di essere osservato, che lo obbligò a fermarsi e a guardare verso la fila di studenti seduti sul lato opposto rispetto a dove si trovava lui. E i suoi occhi incontrarono subito quelli di Hermione Granger che, con tutta probabilità, lo avevano seguito da che si era alzato dal tavolo.
La ragazza aveva un’espressione molto seria, quasi affranta, che strideva in modo evidente con l’atmosfera gioiosa che la circondava; lei sostenne per diversi secondi, con aria che si sarebbe potuta definire di sfida, il suo sguardo pungente e rigoroso. Poi arrossì e distolse di scatto il proprio sguardo, cercando di assumere un atteggiamento disteso e spensierato che sembrava alquanto forzato.
Allora lui si riappropriò del consueto contegno e riprese il cammino verso il portone d’uscita, cercando di allontanare certi pensieri.
Ma intanto nella sua mente era tornata a farsi strada, in modo discreto ma insistente, quella frase particolare scritta su un pezzetto di carta color pervinca, profumata al gelsomino…
Ogni volta che mi guardi,
nasco nei tuoi occhi.
Ti ammiro così tanto,
che non so come dirtelo…
Edited by Ele Snapey - 13/2/2018, 21:11