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Canzone minore
Hanno gocce di rugiada le ali dell’usignolo, gocce chiare di luna rapprese d’illusione.
Il marmo della fonte raccoglie il bacio dello zampillo, sogno di umili stelle.
Tutte le bambine dei giardini quando passo mi dicono addio. Anche le campane mi dicono addio. Nel crepuscolo gli alberi si baciano. Ed io piango lungo il viale, grottesco e senza rimedio, triste come Cyrano e Don Chisciotte, redentore di impossibili infiniti al ritmo dell’orologio. Vedo gigli appassire a contatto della mia voce macchiata di luce sanguigna, e nella mia lirica canzone indosso abiti da pagliaccio impolverato. L’amore vago e bello si è nascosto sotto un ragno. E il sole come un altro ragno mi nasconde con le sue zampe d’oro. Mai raggiungerò la buona sorte, perché son come l’Amore stesso, con frecce di pianto nella faretra del cuore.
Darò tutto agli altri e piangerò la mia passione come un bambino abbandonato in un racconto sbiadito.
Federico García Lorca Granada, dicembre 1918
(Traduzione di Claudio Rendina )
da “Poesie (Libro de poemas)”, Newton Compton, Roma, 1970
Non ce lo vedete, voi, Severus che cammina solitario, imprigionato in un sogno impossibile alla ricerca di una redenzione altrettanto irraggiungibile? Lily (giglio) che muore a causa delle parole della profezia da lui rivelata (mia voce macchiata di luce sanguigna), e il suo cuore che è la faretra che contiene le frecce del pianto, perchè solo sua è la colpa della sua infelicità?
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