Il Calderone di Severus

Mi chiamo Rachel Corrie (Regista - 2006), di A.Rickman e K. Viner

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Giulia Nerucci
view post Posted on 2/7/2022, 11:14 by: Giulia Nerucci
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Qui la recensione del Guardian:



Qui l'articolo originale



Erin Doherty emerge come una delle grandi scoperte dell'anno con un'interpretazione straordinaria della giovane americana che cerca disperatamente di rimediare alle ingiustizie del mondo

Il tempo cambia le cose. Questa selezione dei diari di Rachel Corrie - sapientemente compilata dal compianto Alan Rickman e dal caporedattore del Guardian, Katharine Viner - è stata vista per la prima volta nel 2005. Allora il ricordo della morte della protagonista era ancora fresco: due anni prima era stata schiacciata da un bulldozer dell'esercito israeliano a Gaza.

Oggi la storia non solo è meno familiare, ma è oggetto di proteste da parte della Federazione sionista. Tuttavia, la pièce rimane un documento umano profondamente toccante ed è interpretata in modo straordinario da Erin Doherty che, dopo questa e la sua apparizione in The Divide di Alan Ayckbourn a Edimburgo, è una delle grandi scoperte dell'anno. Corrie emerge dallo spettacolo come un raro spirito umano che combina una sensibilità poetica con una coscienza politica - come se Sylvia Plath fosse stata incrociata con Jane Fonda.

Nata a Olympia, Washington - "un posto dove i ragazzi hippie vengono dopo aver fatto un tour con le jam band" - ammette di avere paura delle persone, ma di essere spinta da un bisogno compulsivo di aiutarle. Un viaggio da adolescente in Russia la trasforma da attivista locale in una persona con una consapevolezza globale. Questo la porta a recarsi in Israele e a lavorare a Gaza con l'International Solidarity Movement per sostenere i palestinesi le cui case venivano sistematicamente demolite.

Vedendo l'opera una seconda volta, sono rimasta colpita dalla solitudine e dal senso di morte imminente di Corrie. Tuttavia, il suo diario registra anche l'esistenza tormentata della gente nella città di Rafah: 602 case sono state rase al suolo, molte di quelle sopravvissute hanno buchi nei muri, i posti di blocco impediscono alle persone di andare al lavoro o di iscriversi all'università. I manifestanti sostengono che Corrie fosse una ragazza ingenua manipolata dai jihadisti. Ma l'opera non pretende di essere uno studio oggettivo e approfondito della situazione israelo-palestinese: ciò che offre è la vivida testimonianza personale di una giovane donna molto consapevole che vive in una città assediata.

Il revival di Josh Roche è meno realistico dal punto di vista scenico rispetto alla produzione originale di Rickman. L'attenzione si concentra invece su Corrie come attivista iperattiva. L'interpretazione della Doherty è frenetica, mentre pinza selvaggiamente gli estratti del suo diario sulle tavole insanguinate della scenografia di Sophie Thomas, come in una costante corsa contro il tempo.

Ciò che si nota della Doherty sono anche i suoi occhi: luminosi e brillanti nella sua adolescenza olimpica, cupamente vigili quando vede la sofferenza dei palestinesi in prima persona. Soprattutto, trasmette l'intelligenza inquieta di una giovane americana spinta dall'urgenza di porre rimedio alle ingiustizie del mondo, ma profeticamente consapevole della propria mortalità.

Edited by Arwen68 - 2/7/2022, 16:30
 
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