| Proseguo ad alimentare questa discussione con un estratto di AL.
A quelle parole di sfida, come previsto, Alex bevve la pozione, tutta d'un fiato. Severus la fissò in silenzio sentendo fluire dentro di sé il sapore amaro di un principio di apprensione. Alex tossì una volta poi sbatté il bicchiere sul tavolo, boccheggiando e, tenendosi la gola con l'altra mano, annaspò. Le sue pupille cominciarono a restringersi. “Che... che...” tra una parola e l'altra prendeva avide boccate d'aria. Artigliandosi al tavolo, come se l'equilibrio le fosse improvvisamente diventato precario, anche da seduta. “Cosa... mi hai... dato...” si rovesciò dalla sedia a terra con un movimento sgraziato, ma morbido, che le consentì di non farsi male ma di atterrare a terra con la morbidezza del felino che stava risvegliando. “E' una pozione particolare. Sai, Alex...” mormorò alzandosi, elegante, il mantello ondeggiante alle sue spalle, sfoderando la bacchetta nera come la notte più profonda. “Esistono le pozioni antilupo...” Mentre parlava, il tono profondo divenne sensuale, provocatorio, del predatore attratto dalla preda che mutava in rivale. “Ed esistono pozioni che richiamano... il lupo.” Alex artigliò la pietra del pavimento con le mani mutate in artigli in parte, inarcando la schiena, continuando ad ansimare, cercando di gridare, cosa che non le riusciva perché le mancava il fiato. La pozione aveva raggiunto il cervello, lo stava annebbiando, intorpidendo. Il mago si alzò e sfoderò la bacchetta, mentre la ragazza, gemendo, arrancava con la sola forza delle braccia verso di lui per abbrancarlo e forse ucciderlo. La fissò dall'alto e l'oscurità di un magnetismo affascinante e dieci volte più pericoloso incontrava l'oro della follia, dell'istinto della frantumazione di ogni regola. “Alex...” bisbigliò, percependo la sua sofferenza “Alexandra...” Severus sapeva come si sentiva perché, prima di darle quella pozione, prima di lasciarla andare in quel profondo oblio, l'aveva provata su di sé. Anche lui aveva perso il controllo per un attimo, afferrando la propria scrivania, ansimando, le labbra sottili socchiuse mentre gemeva sentendo crescere la brama del predatore dentro di sé, l'istinto di uccidere. La sfida era stata di mantenere il controllo. Aveva spalancato quei meravigliosi occhi neri, aveva stretto i denti, facendosi forza, e senza ascoltare il richiamo selvaggio, della bestia, della pantera che gridava dentro di lui per essere liberata, si era piegato su se stesso, senza cadere a terra, a differenza di Alex, e aveva resistito ad ogni cosa, artigliandosi al dovere, alla ragione, a quel ferreo controllo che gli imponeva di non arrendersi agli istinti. E nell'oblio dei sensi l'aveva vista, invitante, calda, sensuale, e per un attimo aveva desiderato allungare la mano, e afferrare quel calore, perdere il controllo e bruciare con lei nella notte fino ai primi bagliori dell'alba. Ma aveva resistito a quegli istinti, a quel primordiale sapore di libertà, e nell'oscurità dei suoi occhi si era espansa quella fermezza salda come l'acciaio che si era ancorata alla logica, al dovere di proteggerla, di amarla, di volerla lontana da ogni pericolo. Quindi, soffrendo, sentendo il dolore emergere dal controllo, per infrangerlo, si era piegato su se stesso e l'aveva assaporato, sopportandolo, senza che il mostro si liberasse, senza che la notte germogliasse nei suoi occhi nel giallo spietato della pantera. Così, fino all'alba, stremato, ma vincitore. E aveva vinto. Magnifico, autoritario, incrollabile come nessun altro. E Alex? Alex era perduta? Mentre la vedeva torcersi e gridare a terra sopraffatta dal leone, dall'istinto, si domandò come avesse potuto sottoporla ad una prova del genere. - Se non io, la vita mi avrebbe preceduto e onorato delle sue crudeltà, prima ancora che riconoscessi di amarla ancora, di volerla, di voler condividere con lei la mia solitaria esistenza.- Assistette, quindi, al dolore della donna che amava, vedendola arrancare verso di lui, maledicendolo mentre la pozione le scorreva nelle vene, allentava le sue barriere e le gridava di liberare la bestia. Alex si voltò, lasciandosi cadere di schianto sulla schiena. In un riverbero di luce, Severus scorse i suoi occhi spalancati e vide il leone nella pupilla ristretta e nell'oro meraviglioso e letale dell'iride. Si odiò nel farlo, ma doveva farlo. Si inginocchiò sopra di lei e fissando quello sguardo amato le bisbigliò: “Abbandonati, Alex.” A quelle parole la giovane donna gridò e inarcò la schiena mentre il suo corpo reagiva iniziando a mutare. Nel farlo i seni si sollevarono e divaricò le gambe, come se stesse rispondendo ad ogni istinto contenuto nella sensuale melodia che udiva. “Abbandona il dolore, Alexandra.” disse puntandole contro la bacchetta aspettandosi una reazione violenta da un momento all'altro. “Lascialo andare.” I canini si allungarono, si ingrossarono, com'era nella natura del leone, lo sguardo divenne folle, istintuale, profondamente mortale, come se scavando troppo a fondo avesse scoperto una venatura d'oro puro. “Puro istinto.” mormorò il mago, restando dov'era, gli occhi d'onice fissi in quelli dorati di lei, senza paura, senza inganno, col profondo dolore del rimorso per ciò che le stava facendo fare. “Severus...” mormorò il lato umano che ancora resisteva in lei. Bastò quella parola, quel tono, quella disperata supplica e il mago, senza che la postura perfetta e statuaria lo tradisse, si sentì lacerare dentro, e lei lo vide nella luce umana che assunse quell'oscuro sguardo di pietra. A quel punto ci fu la mossa, l'imprevisto, l'inevitabile. Alex si voltò d'istinto, veloce e letale per ciò che le scorreva nelle vene, puro istinto liquido, e afferrando la bacchetta del mago lo spinse a terra. Severus realizzò, ma non potè far altro che soccombere. Doveva vedere fino a che punto si sarebbe spinta. In questo torneo c'era in gioco la sua vita, non solo un trofeo. Alex lo spinse a terra, spinse il bacino in avanti e lo atterrò, tenendolo immobilizzato, stretto per i polsi, mentre i suoi occhi di fiera lo trapassavano. L'uomo la guardava senza paura, e il mago meditava astutamente una contromossa, ma la ragazza lo precedette. Nel torpore dei sensi, scoprì i denti, mirando alla gola scoperta dell'avversario. Il corpo del mago ebbe un unico fremito. Di desiderio? Di ribellione? O era l'aura magica che si preparava a respingerla? Senza saperlo Alex sospinse il proprio corpo contro quello del mago e riconobbe nell'istinto ciò che amava, che bramava, che desiderava. Le labbra e i denti colpirono la gola dell'uomo, sospingendolo quasi all'indietro, ma in un ansito disperato le parole della giovane donna superarono l'istinto: “Sei un bastardo.” mormorò mentre lo baciava artigliandogli le braccia mentre sospingeva il bacino contro di lui, desiderandolo e combattendolo allo stesso tempo. Severus, socchiudendo le labbra in un leggero sospiro che lei non avrebbe potuto carpire, la fissò negli occhi e la vide fuori di sé, ma stranamente cosciente. Il mago guardava un animale che fissava il vuoto, ma percepiva un desiderio e una voce umana mentre lei gemeva, lo sfiorava e lo incitava a prenderla. “O cedo...” ansimò guardandolo stralunata dall'alto “ O resisto.” Ansimò contro la gola dell'uomo, facendogli provare un brivido che fu ben attento a non rivelare. “E' questo il tuo gioco, vero, Severus?”gli bisbigliò in un orecchio con voce mordente, di sfida, con quella perdita di controllo che confinava nella bramosia di sfidarlo e di fargli perdere quel ferreo controllo. Gli strinse i polsi, e sollevandosi con difficoltà, sorridendo a denti stretti gli disse, sfidando l'oscurità magnetica di quegli occhi magnifici: “ “Dai, usa il tuo corpo e perdi il controllo, prendi il mio corpo. Puoi farmi tua, adesso. Severus.” e dicendolo si piegò contro di lui lambendogli il collo, mordendolo, facendogli sentire il calore invitante del proprio respiro. I suoi occhi, in quel frangente, si spalancarono, rivelando un pulpito di dolore represso, mentre Alex tratteneva il leone. Era evidente, c'era qualcosa di più solido, più importante, che l'ancorava alla ragione perché non scendesse a patti col proprio lato bestiale. Severus la guardò dal basso vedendola umettarsi le labbra e stringere i denti mentre resisteva a quello stesso veleno che lui le aveva dato. “Non resisterò ancora molto.” mormorò a denti stretti contro la sua pelle. guardandolo dall'alto senza vederlo, mentre le pupille ristrette spaziavano nella nebbia euforica dei sensi in cui il mago l'aveva gettata per avvicinarsi pericolosamente al punto di rottura, al pericolo, all'istinto di uccidere... Sentì le ginocchia di lei stringere la presa, mentre attaccava a baciarlo, senza preavviso, senza controllo, trasmettendogli la brama selvaggia di unirsi a lui, ardente negli occhi verdi e oro evidente nella piega morbida delle labbra socchiuse. Severus represse un sospiro di sollievo. Non si era trasformata. Non aveva ceduto all'istinto. Non del tutto, almeno. Mentre stavano sul pavimento di pietra del suo studio, Severus le accarezzò la schiene, baciandole amorevolmente la fronte, sentendola lì e altrove, stordita dall'euforia selvaggia appena trascorsa e indotta con l'inganno magico di una pozione, per salvarla da se stessa e da quel lato istintuale che mai l'avrebbe abbandonata ma che ora, sì.... Severus mentre affondava le dita in quella criniera bionda e stringeva sulla fredda pietra quel corpo amato, sapeva che avrebbe potuto trovare la strada di un cambiamento. Di una nuova vita. Con o senza di lui. Avvertendo da quel corpo disteso sopra il suo gli ultimi spasmi di eccitazione, la strinse dolcemente a sé, e dalle labbra sottil del mago dipartì una melodia oscura, sensuale, infinitamente rassicurante, che la cullò in un sogno di velluto oscuro, come quegli occhi neri, che dopo un ultimo sospiro si chiusero, al ritmo regolare del respiro della donna che amava.
Edited by Ale85LeoSign - 3/11/2014, 11:41
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