Questa sera sto scrivendo e ho dovuto spulciare alcuni capitoli di TQ.
Quindi ecco qualche estratto dalla mia long fic
il Torneo Quadrimaghi.
Capitolo 65 "
Il destino del leone".
Potevo guardare nel misterioso abisso dei suoi occhi, in quegli splendidi diademi, e vedere realtà lontane, un futuro felice.
Ma la mia smania di guardare e cercare la verità ha finito per distruggermi.
Mi ha gettato nelle tenebre, le stesse tenebre di occhi che non potrò più rimirare, con la maledizione dei miei morti.
Dei miei errori. Delle mie mancanze.
Mi ha lasciato solo dei ricordi, ricordi che spero nessuno possa mai vivere in nessun caso.
Quindi mi domando: posso tornare indietro?
Posso tornare da lui?
Sarebbe bello, ma non posso farlo.
Non posso.
***
Cap. 18
Il prezzo della vittoriaUna lama di sole rosso, morente, brillava alle sue spalle lasciando in ombra i suoi lineamenti ma, anche nell’oscurità, Alexandra vide la determinazione nella fermezza delle spalle, nel mento alzato e nello sfavillio degli occhi.
Come poteva seguire il suo esempio?
Come poteva diventare così forte anche nelle situazioni più disperate e apparentemente senza via di fuga?
***
Cap. 39
Sangue amaroPer qualche attimo, Alexandra cadde in uno strano sogno a occhi aperti, una via di mezzo tra il sonno leggero e una realtà offuscata, e si trovò a fissare un paio di occhi scintillanti, sospesi nella morbida oscurità, ma che al contempo facevano parte di essa.
Li circondava una pelle candida come la neve ed erano sorprendentemente belli, come due gemme scurissime, di un nero intenso, con le pupille che a fatica si riuscivano a distinguere dalle iridi di un nero abissale.
Anche nel sonno, quei due riflessi di tenebra riuscirono a gettare il loro incantesimo su di lei, portandola a emergere dal sogno per affrontare una notte costellata da dubbi reali.
***
E infine, due piccoli estratti da
A.L.Assaporò quegli istanti, godendosi l’attesa negli occhi di lei, nel suo corpo, ancora leggermente scosso, teso, pronto a scattare anche quando non ce n’era alcun motivo.
Quanto le mancava il controllo. Come non sapeva ancora dominarsi. E, questa volta, non c’era nessuno che l’avrebbe potuta aiutare. Solo ferire.
Alexandra si controllò per poco e, senza guardarlo negli occhi, chiese:
“Allora... non hai niente da dire?”
Severus avvertì un fremito di collera dalla base della schiena fino alla punta delle dita, che si strinsero pericolosamente sui braccioli della sedia:
“Cobalto.” mormorò, senza alzare gli occhi dalle proprie mani “Sorvolando il tuo, mi auguro, momentaneo stato di folle isteria: devo darti ragione su un punto del tuo accorato sproloquio.” osservò spostando all'indietro un braccio, lasciando che le proprie dita scivolassero lungo il legno della sedia, sapendo di distrarre Alexandra dal proprio nervosismo.
“Cerco di colpirti, di punzecchiarti se vuoi, è vero. Ma, comprendimi,” fermò il movimento della mano “in caso contrario, sarei costretto a passare alle vie di fatto.”
Strinse il bracciolo, allentando subito la presa per sollevare lentamente gli occhi, mentre la ragazza continuava a fissarlo, ammutolita. La scintilla di pericolo che Alexandra dovette scorgere nell'abisso dei suoi occhi, bastò come avvertimento a giudicare dall'espressione impaurita che le comparve sul volto.
A quel punto Severus le rivolse una vaga parvenza di sorriso, bisbigliando:
“Una visita ad Azkaban non rientra nelle mie perdite di tempo. Per quelle basti e avanzi tu.” concluse, leggendo in quegli smeraldi levigati, la più totale comprensione.
Di tempo ne avrebbe perso volentieri per lei. Anche tutta la vita.
Ma le cose erano cambiate.
***
Severus stava pensando alla ragazza almeno quanto alla bestia fuori dalla grotta.
Il rancore che provava nei suoi confronti continuava a scontrarsi con un sentimento passato che non ne voleva sapere di inabissarsi per sempre nel suo animo ferito, nell’oscurità di ricordi mai dimenticati.
Alexandra, però, a quel lieve contatto, si era dimostrata ricettiva, aveva sospirato lievemente, e Severus aveva avvertito un fremito di desiderio, dalla punta delle dita fino alla profondità del proprio essere.
Erano solo reazioni chimiche. Aveva tentato di convincersi, ma sapeva di essere padrone soltanto del proprio corpo mentre i sentimenti, spesso, rischiavano di sfuggirgli di mano.
L’amicizia l’aveva tradito.
L’amore l’aveva ferito.
Che cosa restava?
L’ombra di un uomo nel riflesso degli occhi di un animale selvaggio.
Forse sarebbe successo come ad Alexandra.
Forse l’istinto avrebbe annientato l’uomo.
Gli animali erano fondamentalmente fortunati.
Poche basilari preoccupazioni, senza tutto il contorno di futilità prettamente umane.
Edited by Ale85LeoSign - 19/6/2012, 23:20