Il Calderone di Severus

Posts written by pingui79

view post Posted: 21/10/2013, 14:58 ciao!!!! - Apprendisti Pozionisti, presentatevi qui!
Uh, ma che bella raggiante che sei!
Ma... niente coroncina d'alloro?


E soprattutto: lilla? Alla tua laurea? Complimenti per l'enorme coraggio! ;) :D
view post Posted: 21/10/2013, 12:37 N.13: Un anno di sorrisi per Severus - Giochi creativi
CITAZIONE (Alaide @ 21/10/2013, 10:37) 

Klavierstücke
17. Epilogo


Uno spettacolo di epilogo, non c'è che dire!
Bellissima la descrizione iniziale, così normale, così incredibilmente normale che sembra quasi un sogno ed invece è realtà, una realtà meravigliosa e vera più che mai.
Severus a passeggio per Parigi mi fa uno strano effetto, ma la città magica che ho tanto amato in Erasmus effettivamente si addice alla perfezione al quadretto famigliare.
Grazie anche per averci permesso di cogliere un fugace sguardo di una Babbana, che per un istante incrocia tre vite che la sorte ha deciso di unire e rendere finalmente felici.
Che dire?
Che è una storia splendida.
E soprattutto... finisce bene, cosa volere di più? :woot:
Complimentissimi. :)
view post Posted: 20/10/2013, 21:42 (PRIMA CATEGORIA) Scegliamo le nostre storie da pubblicare! - Le storie di Magie Sinister
Oooops!
Mi stava passando di mente.
Domani leggo e voto, ho pomeriggio libero. :)
view post Posted: 20/10/2013, 18:06 N.13: Un anno di sorrisi per Severus - Giochi creativi
CITAZIONE (kijoka @ 20/10/2013, 17:38) 
Fine

Meraviglioso ed angosciante.
Tutto è perfetto, tutto.
Il buio vellutato e la sensazione che porta con sé, la consapevolezza della morte e con essa la consapevolezza di ancora tanto da spiegare, da chiarire.
Quel precipitare è incredibilmente realistico e la narrazione che fai di esso è splendida, una vera cascata di parole che fanno immedesimare il lettore che, con il cuore in gola anch'egli, spera che tutto finisca.
Il raggio di luce è un sollievo, per noi e per lui ed alla fine chi legge quasi si trova a fare il tifo: forza, Severus, puoi farcela, lotta e questa volta per te stesso e non per gli altri!
Il momento finale è quello del respiro di sollievo, per noi e per lui.
Complimenti. :)
view post Posted: 20/10/2013, 15:08 Omero, a spasso tra letteratura e storia - Cultura greca
E così abbiamo scoperto che anche gli eroi piangono.
Omero però non si ferma qui, osa descrivere altre emozioni, osa cantarle con pennellate così vivide e vibranti, che a distanza di più di duemila anni sanno ancora conquistare gli animi di chi si ferma ad ascoltare e lascia che l’immaginazione segua il canto dell’aedo.
Che l’eroe antico sia così incredibilmente umano ed al contempo così diverso dall’eroe moderno tutto d’un pezzo – il quale di solito alla fine della storia e delle sue rocambolesche avventure si ritrova senza nemmeno un capello fuori posto e l’aspetto fresco come una rosa – beh, sembra chiaro a tutti.
E adesso capiremo ancora di più il perché.


L’eroe – Seconda parte: la paura




Come non si vergognava delle lacrime, l’eroe greco non si vergognava della paura.
E ovviamente, visto che di Iliade si parla, di quale paura poteva trattarsi, se non dell’angoscia di fronte alla battaglia, di quel sentimento che fa sbarrare gli occhi dinanzi alla prospettiva della perdita della propria vita? Ricordiamoci che nell’antica Grecia non esiste alcuna idea di aldilà benevolo, ma v’è solamente un luogo tetro ed oscuro che fa rimpiangere a tutti la bella luce del sole: il mondo di Ade, in cui i morti sono pallide ombre ed agli eroi che furono grandi in vita non è riservato trattamento migliore di coloro che invece furono uomini semplici.

Gli eroi antichi, dicevamo, hanno paura e la mostrano senza riserve. Ci vorrà, anche qui, una cultura cittadina come quella di Atene per far relegare nella sfera privata i sentimenti più umani. Così come il pianto, anche la paura diventerà sentimento da non mostrare, da riservare alle sole donne perché considerate più deboli.
Ed allora sarà non più il canto, ma il teatro e la tragedia dove gli uomini, nel senso di maschi, potranno dare sfogo a quelle emozioni che nei tempi precedenti erano ammesse anziché esser derise, mentre invece il più delle volte le vere eroine saranno i personaggi femminili, personaggi a tutto tondo assolutamente meravigliose. Laddove l’emotività umana, maschile e femminile, sarà costretta da vincoli di comportamento, interverrà l’arte a liberarla.

Ma questo non è ancora il momento, non nei poemi omerici, in cui ci è dato ancora di godere delle pennellate di umanità che contraddistinguono coloro che combattono e non solo.
L’aedo racconta, con il canto ed il suono, di come l’essere umano sia veramente tale quando mette in campo tutte le sue caratteristiche, soprattutto quelle che in seguito si tenderanno a sminuire o a tratteggiare come momentanei e passeggeri attimi di debolezza. Iliade ed Odissea sono invece impietose, per nostra fortuna: non hanno vincoli, non chiedono né impongono il controllo così totale delle proprie emozioni, anche perché a porre un freno ad esse il più delle volte interverranno gli dei e non le persone e vedremo il perché.
Piangono gli eroi in battaglia, giovani, forti e valorosi, di fronte alla furia degli attacchi troiani.

“Questi avevano le ginocchia spezzate dalla fatica terribile
Ed una grande angoscia nel cuore,
poiché vedevano che i Troiani avevano superato in massa il grande muro.
Guardandoli, versavano lacrime sotto le ciglia
e non speravano più di fuggire al disastro.”
(Iliade XIII, 87-91)



Eppure questo non toglie nulla al valore di quei soldati, ma anzi lo accresce, nel leggere il loro successivo slanciarsi nella mischia della battaglia.
L’aedo canta e gli uomini ascoltano, comprendendo quando quella paura antica sia anche la loro e si rinfrancano, consci di provare gli stessi sentimenti degli eroi celebrati.

Su tutti, splendido e straziante esempio, è Ettore.
Figlio del re di Troia, Priamo, Ettore è l’eroe che riassume in sé tutte le virtù: leale, generoso, è un buon padre ed onora gli dei, è un buon condottiero che sa combattere e difendere la propria città, ma è anche una persona riflessiva che pensa prima di agire.
Ettore è l’antagonista perfetto per un protagonista altrettanto grandioso: Achille.


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Siamo nel ventiduesimo libro dell’lliade.
Vi troviamo un Achille furente: vuole vendicare Patroclo, l’amico – o anche l’amato – ucciso per mano dell’eroe troiano.
Ettore tentenna: vorrebbe la pace, vorrebbe restituire Elena, vorrebbe spogliarsi delle armi e parlare a tu per tu con Achille. Presso le porte della città medita e non rientra, attende: non può rientrare senza aver combattuto, lo sa, altrimenti per lui vi saranno disonore e vergogna, anche se quasi certamente rimarrebbe vivo.
Lo vedremo nelle prossime lezioni, come la vergogna ed il senso dell’onore saranno un altro motore fondamentale delle azioni degli eroi.
Medita in disparte, Ettore, ed arriva il destino per fronteggiarlo: Achille.
È un velocissimo gioco di sguardi che i due si lanciano, ma tra essi v’è il Fato che non concede scampo ad alcuno.
Ettore sa: deve morire per mano del figlio di Teti. Come lo sa?
Non ci è chiaro, se non per qualche frase profetica che gli fu detta proprio da Patroclo in punto di morte: spogliato dal condottiero troiano, l’acheo gli rivela che lui subirà la medesima sorte per mano del suo amico dall’ira funesta. Anche questa è prerogativa dell’eroe: conoscere il Fato ed il volere divino prima di altri, vederne i suoi segni dove i comuni mortali non sanno scorgerli. Gli eroi vedono ciò che agli altri è precluso ed il più delle volte tutto questo è solamente fonte di dolore e sofferenza.

Ettore sa, dunque.
Ma è umano, non solo eroe.
Ha paura.
E fugge.

“Ettore, quando lo vide, fu preso dal terrore
e non ebbe più il coraggio di aspettare,
ma fuggì lasciandosi le porte dietro le spalle.”

(Iliade XXII, 137-139)



Siamo al momento della resa dei conti.
Come in un dramma teatrale, rimangono soli i due antagonisti, gli eroi dei rispettivi schieramenti, mentre tutt’attorno guardano e fremono gli spettatori, trattenendo il fiato. E gli ascoltatori dell’aedo non sono da meno, in religioso silenzio immaginano e tremano.
La paura di Ettore è così vivida e tangibile che la si può respirare. E la si respira sul serio, dal momento che Omero crea versi che tolgono il fiato, letteralmente, nel loro sapiente accostare parole e suoni che sanno di corsa affannosa. Ogni stacco metrico nella lingua originale, ogni accento è pienamente calibrato e la lettura del passo somiglia ad un parlare ansante, ad un prendere il respiro per trovare nuove energie per correre e per non soccombere.
Ma non solo.
Metafore e similitudini sono create apposta per dipingere quel sentimento che pervade ed atterrisce.
Ettore è “timida colomba” inseguita da un falco veloce, è “cerbiatto che si nasconde rannicchiandosi sotto ad un cespuglio”. Eppure non vi sono parole di biasimo per lui, anzi.
“Quello che correva era un valoroso”, dice Omero, a sottolineare come la tragica battaglia si compia tra due giganti di umanità e forza.
Saranno tre i giri delle mura della città di Troia. Tre. E per ognuno di essi Omero fa una descrizione precisa della topografia della città che sta per scomparire per sempre, come se questo fosse l’ultimo omaggio alla grande nemica dell’Ellade. È grazie a questa descrizione, che un archeologo di nome Heinrich Schliemann saprà dove e come scavare, diciannove secoli dopo, per riportare alla luce l’antica Ilio di Priamo.

E gli dei?
Stanno a guardare.
A coloro che abitavano l’Olimpo il canto antico non risparmiava impulsi ed atteggiamenti tipici dei mortali. Ma tra questi non c’è posto per la paura, per quel sentimento che scuote nel profondo, giacché la perdita della vita per essi era impossibile e destinata solo ai mortali.
Eppure, nonostante l’immortalità, nonostante l’aspetto fisico e la fierezza, questi dei senza paura sembrano nani di fronte ai giganti mortali che amano, soffrono, piangono e tremano. Da una terra lontana e da un tempo passato, Omero racconta ad uomini di ogni tempo e luogo che i veri eroi sono essi, con pregi, difetti, paure ed il loro coraggio nell’affrontarle, e non certo gli dei che non conoscono affanno.


Bibliografia:
E. Cantarella – G. Guidorizzi, Polis, società e storia, I.
Omero, Iliade, trad. it. di D. Marinari.

Edited by chiara53 - 15/11/2013, 17:56
view post Posted: 19/10/2013, 22:49 N.13: Un anno di sorrisi per Severus - Giochi creativi



Prenotazioni per la 41a settimana di Sorrisi per Severus:

Domenica 20: Monica (39)
Lunedì 21: Leonora (ultimo)
Martedì 22: Sara


Prenotazioni per la 42a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 23: Ida/Leonora (42)
Giovedì 24: Ida/Leonora (42)
Venerdì 25: Anastasia (3 di 13)
Sabato 26: Anastasia (4 di 13)
Domenica 27: Monica (40)
Lunedì 28: Ale
Martedì 29: Elly (1 di 16)


Prenotazioni per la 43a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 30: Ida/Leonora (43)
Giovedì 31: Ida/Leonora (43)
Venerdì 1 Novembre: Anastasia (5 di 13)
Sabato 2 Novembre: Anastasia (6 di 13)
Domenica 3 Novembre: Monica (41)
Lunedì 4: Elly (2 di 16)
Martedì 5: Elly (3 di 16)


Prenotazioni per la 44a settimana di Sorrisi per Severus:

Mercoledì 6: Ida/Leonora (44)
Giovedì 7: Ida/Leonora (44)
Venerdì 8: Anastasia (7 di 13)
Sabato 9: Anastasia (8 di 13)
Domenica 10: Monica (42)
Lunedì 11: Elly (4 di 16)
Martedì 12: Elly (5 di 16)



Qualora Monica o Ellyson abbiano storie arretrate della sfida settimanale da inserire hanno la precedenza in ogni buco vuoto. Subito dopo segue Anastasia con il diritto di due giorni a settimana.
E con questo, se tutti rispettano il loro impegno, di buchi vuoti non ce ne saranno finchè Anastasia non avrà terminato i suoi sorrisi.
Se altri hanno lavori da inserire, comunicatelo e verrete inseriti in lista d'attesa. ;)


Lista d'attesa

Monica, da inserire nei primi due sabati liberi.
Angela/Yana96
pingui79



Riponete il Dolorimetro e sfoderate un bel sorriso!



Edited by Ida59 - 20/8/2015, 23:11
view post Posted: 19/10/2013, 18:19 N.13: Un anno di sorrisi per Severus - Giochi creativi
CITAZIONE (chiara53 @ 19/10/2013, 18:33) 
Viene il mattino e poi la notte di Kià

Esco da questa narrazione con il sole negli occhi, forse è il sole così luminoso a farmi lacrimare o forse è la consapevolezza di avere assistito ad un piccolo miracolo.
Una prosa fluida e descrittiva che prende i sensi e il cuore fa da cornice ai sentimenti e ai pensieri.
Non c’è altro in questo secondo capitolo di un vero gioiello.
Forse hai usato sortilegi stilistici e ritmi di parole scelte con cura, ma sinceramente ho apprezzato l’insieme. In questo brano il livello di emozioni e sensazioni è stato evocato con semplicità, eppure è talmente profondo il tuo pensiero che lascia stupiti ed estasiati.
Sono stata Fanny, Minerva, Harry sono stata parte della vita del bosco e quando la lettura è finita ho avuto bisogno di ripeterla, gustando parola per parola, simbolo per simbolo quello che hai scritto.
Complimenti di cuore e con affetto.
Sei davvero brava.

Ammetto che m'è uscito un testo un po' pesantuccio e forse ricercato, io stessa ne sono soddisfatta a metà, nel senso che mi piace ma al tempo stesso temo la reazione del lettore che forse si stanca a leggere il tutto.
Però ho evitato il più possibile le similitudini e le metafore come invece faccio di solito, questo sì: me lo sono imposta, altrimenti diventava un mattone, non una storia.

Sono contenta che, tutto sommato, la storia sia piaciuta.
Era da tanto tempo che volevo un "sorriso fatto di lacrime", perchè finalmente vi fosse descritto il nuovo inizio per Severus. :)
Grazie.
view post Posted: 19/10/2013, 18:14 Dai graffiti alla carta - Archeologia
Il toro e la casa hanno un loro perché e la foto che vi ho fornito è già un indizio enorme. :)

La necessità aguzza l'ingegno, si dice.
Mai detto fu più vero, come in questo caso.

Grazie, Chiara.
view post Posted: 19/10/2013, 13:32 N.13: Un anno di sorrisi per Severus - Giochi creativi
Ops... mi sa che la mia ultima allora è una toppata clamorosa.
Miseriaccia... siamo arrivati alla fine e me ne sono accorta solamente ora che quel "per" voleva dire "di"! :lol:
view post Posted: 19/10/2013, 11:30 N.13: Un anno di sorrisi per Severus - Giochi creativi
Autore/data: pingui79 – agosto/ottobre 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: one-shot
Rating: per tutti
Tipologia: Generale, Introspettivo
Personaggi: Fanny, Severus Piton, Minerva McGranitt, Harry Potter.
Pairing: nessuno
Epoca: HP7.
Avvertimenti: what if?
Riassunto: "È giunto il mattino e poi la notte, la grande notte. La sentinella ha fatto il proprio dovere. Ha vegliato. Ha protetto. Ha avvisato.”
Parole: 2164
Nota 1: Questa storia è il diretto seguito di “Sentinella, quanto resta della notte?” che trovate su MSS.
Nota 2: vi sono alcune frasi scritte in metrica tipica dell’Antico Testamento, tutta “colpa” del testo del profeta Isaia che ha direttamente ispirato le due storie. Niente conteggio di sillabe o simili, ma solo parallelismi, chiasmi ed altre figure retoriche che sono l’ossatura tipica della metrica orientale antica.


Viene il mattino e poi la notte





Risponde la sentinella:
«Viene il mattino e poi la notte;
se volete domandare, domandate,
convertitevi e venite».

(Isaia 21, 12)


La notte scura di quest’aprile ventoso marcia a grandi passi verso l’alba di un nuovo giorno, il primo del mese di maggio.
Ad est, le prime sfumature rosate fanno capolino dietro le colline. Lente ma inesorabili mutano pian piano verso un arancio sempre più deciso e profondo, a tratti tinto di viola e corallo. Il blu scuro e vellutato della volta celeste è costretto a cedere il passo ad un azzurro tenue, limpido e privo di nubi, che avanza e spegne le stelle, una per una, come toccandole con mano invisibile.
Quest’aurora non è come le altre, lo sai.
Lo senti.
È carica di promesse.
Tutti i loro nodi verranno al pettine.
E sarà il momento della resa dei conti.
Il primo spicchio di sole fa la sua apparizione dietro il verde di rilievi distanti. I suoi raggi dorati non vedono l’ora di inondare di luce ogni dove e dissipare le ombre che per troppo tempo hanno sostato su queste terre, bagnate dal sangue di troppi innocenti.
Il vento è cessato, la brezza del nuovo giorno spira dolcemente e da lontano ti porta profumo di muschio e di violetta selvatica.

Se potessi sorridere, lo faresti salutando il mattino.

Però ne hai abbastanza di questo nascondiglio.
È comodo, sì, ma non lo sopporti più.
Fremi nell’attesa di queste ultime ore. Non passeranno mai, come accade sempre nei momenti in cui il traguardo si fa più vicino e finalmente visibile. Fremi e non puoi fare altro che pazientare, perché il sole deve prima percorrere tutto il proprio tragitto nel cielo e solamente poi ti sarà concesso di agire.
Devi costringerti ad obbedire, o tutto potrebbe essere stato compiuto invano.
E pensi a lui, per rimanere in uno stato di calma almeno apparente, per ingannare il tempo che passa.
Non lo vedi da tanto, troppo.
Ti manca.
Il destino vi ha legati insieme a doppio filo, ha sigillato con uno straziante atto d’obbedienza un vincolo che affonda le sue radici in una magia antica quasi quanto il mondo.
Per questo senti cose che nessun altro può immaginare.
Colui che sapeva – l’unico – non è più tra i vivi. Ci sei solo tu a serbare il segreto di un ancestrale incantesimo.
Poco lontano un’allodola intona il suo primo buongiorno.
Speri con tutte le tue forze che quest’augurio sia veritiero e di buon auspicio.
Per lui e per te.
Non hai potuto essergli di alcun conforto in tutto questo tempo, proprio tu, unica presenza tangibile a conoscere il dolore che gli è stato imposto sulle spalle e nel cuore.
Ma questo sarà ancora per poco, vero?
Uff… basta!
L’attesa è così snervante!
Non serve a niente accoccolarsi e pensare, se non ad innervosirsi maggiormente.
Non ti rimane altro che allontanarti giusto di qualche piccolo passo. Potresti fare di più, in fondo non c’è traccia d’abitazioni nel raggio di miglia, questo bosco è più sperduto di quelli inventati dalle fiabe.
Scoprire qual è stato il tuo nascondiglio in questi mesi è praticamente impossibile.
Soprattutto perché a nessuno verrebbe in mente di venirti a cercare, anche questo era stato calcolato con cura, come ogni cosa.
Sei la pedina preziosa, la risorsa serbata per ultima, quella che non verrà presa in considerazione nemmeno da coloro che stanno lottando affinché il Bene possa vincere.
Una coppia di passeri, che ha fatto il nido sul salice piangente al limitare della radura, sta insegnando a volare alla prole nata da poco. La madre spicca brevi svolazzi di ramo in ramo, tenendo nel becco una chiara ricompensa per il primo coraggioso che saprà raggiungerla. Poco più sotto, sul prato, due scoiattoli si contendono senza esclusione di colpi una manciata di bacche.
Ti interessi alla loro lotta solamente per trovare qualcosa da fare.
Quello dalla coda più grossa e fulva ha finalmente la meglio e con pochi balzi saltella fino al nido scavato nel tronco del vecchio abete. L’altro rimane a bocca asciutta e si allontana sconfitto. Dovrà iniziare da capo a procurarsi il cibo per la giornata.
Le ore trascorrono pigre.
Sembra quasi che il sole sia d’improvviso diventato svogliato, riluttante a svolgere il proprio compito. Si trascina a rilento. Non è colpa dell’astro, è la primavera: sue sono le giornate che regalano minuti preziosi di luce dorata.
Radicchio selvatico, fragoline di bosco, acqua fresca di un minuscolo ruscello che scorre nelle vicinanze.
È tutto.
Il pasto viene consumato in fretta, sempre tenendo d’occhio il sole che ha iniziato la propria discesa a ponente.
Finalmente.

Se potessi sorridere, lo faresti salutando il tramonto.

Qualche nube si dirige verso ovest e viene inondata di riflessi purpurei. Il crepuscolo si inonda di oro liquido ed amaranto. Il blu, che ore prima era stato cacciato, inizia debolmente la sua ricomparsa e la prima stella si accende per dare il benvenuto alla notte in arrivo.
È l’eterno cerchio del tempo, che corre e si rincorre.
Nessuno lo conosce tanto bene quanto te.
L’ultimo spicchio di sole scompare, lasciandosi dietro di sé un alone d’ametista.
È il momento.
La forza che ti spinge a metterti in viaggio verso nord è qualcosa di conosciuto ed immenso, cui puoi solo abbandonarti con desiderato sollievo.

*



Il destino è ammantato di fortuna.
La buona sorte sta tutta in una finestra non sbarrata, diversamente dalle altre sorelle del malandato edificio. Puoi addirittura intravedere la fioca luce di una solitaria lampada ad olio che spande tutt’attorno un chiarore debole e tremolante.
Lui è là.
Un boato ti giunge alle orecchie ed in lontananza qualcosa crolla.
Il millenario castello, che ha visto decine e decine di vite crescere tra le sue pietre possenti, non è più casa sicura, non è più riparo accogliente.
Hanno osato profanarlo con incantesimi mortali, gli stessi che ora brillano come lampi sinistri nel cielo notturno.
Quante giovani vite sono già state spezzate?
Quante mani di Mangiamorte adulti si sono rivolte contro ragazzi che per età potrebbero essere loro figli?
È orrore puro e senza vergogna.
Un cigolio e poi rumore di passi.
Era ora.
Dalla porta della Stamberga esce l’Oscuro, colui che si crede invincibile e che invece ha appena sancito la propria definitiva condanna.
Non provi alcuna pietà per la sua anima spezzata senza rimorso.
Acquattata nell’ombra, attendi ancora e questa volta hai ogni ragione per fremere d’impazienza. Ogni secondo che passa potrebbe essere quello fatale ed è solo per puro caso che non è andata nel peggiore dei modi possibili, che c’è ancora speranza.
Muoviti, Potter, vai… hai ancora altro da compiere. Poi torna qui, perché è da qui che tutto dovrà ricominciare. Buona fortuna.
E lui scompare nuovamente, quasi ti avesse sentito. Corre verso il proprio destino e con lui i suoi amici.
Il richiamo sempre più flebile degli ultimi palpiti ora è voce imperiosa che t’invoca.

Se potessi sorridere, sorrideresti a colui che ancora una volta ha fatto del sacrificio di sé il proprio vessillo, decretando così il proprio definitivo e totale riscatto.

Sorrideresti alla sorte che t’ha fatto giungere appena in tempo e che ti ha concesso di irridere una volontà cieca e meschina.

Invece non puoi.
Ma poco t’importa, vero?
Il tuo sorriso son gocce di speranza, stille preziose che ridonano forza e calore.
Sorridi piangendo lacrime[1] e sotto di te avverti il primo debole sussulto di un cuore che s’aggrappa alla vita e che torna a battere quasi con timidezza.

È giunto il mattino e poi la notte, la grande notte.
La sentinella ha fatto il proprio dovere.
Ha vegliato.
Ha protetto.
Ha avvisato.
La notte senza sera è finita. La sentinella ora riceve il suo premio, l’alba di luce che non conoscerà mai più tramonto.
E quando i primi raggi di sole trafiggono l’aria del nuovo giorno che inizia è come se un sospiro di sollievo giungesse dal profondo di ogni dove.
L’Oscuro è caduto, per sempre.

*



Avresti scommesso che fosse Potter il primo ad arrivare.
Invece no.
Vi guardate entrambe, un attimo di incertezza negli occhi, mentre al piano di sotto prosegue lo scalpiccio dei molti che stanno giungendo. Lei non parla e tu non emetti alcun suono, ma nei vostri sguardi che s’incontrano v’è un fiume silenzioso di parole non dette.
Ha compreso ed è bastato un batter di ciglia, un portare le mani alla bocca per soffocare un grido di stupore e sollievo che trova comunque il modo di uscire con un singulto spezzato.
Tu però non ti sposti da dove ti trovi, cullata dal petto che s’alza ed abbassa regolarmente, cullata da respiri calmi e profondi quanto quelli di un sonno ristoratore e meritato.
Avanza piano, attonita e commossa, passandosi veloce le dita sulle guance per asciugarsi il viso segnato dal pianto e qua e là da graffi e polvere.
Sorride.
E piange.
Tremante s’inginocchia al suo fianco, lasciando che arrivino altre lacrime, su di te e su di lui. Lavano via ogni traccia di incomprensione passata.
Ve ne saranno altre, in altri momenti, anche quando sembrerà che tutto sia lontano.
Il cuore dell’uomo è per sua natura uno scrigno, nel quale non sono oro né gemme il contenuto prezioso, ma passato e presente sempre intrecciati. Gli è impossibile camminare nel futuro senza portarsi dietro gli altri due tempi.
Questa notte sarà superata ma mai dimenticata, tornerà ogni tanto a galla per ricordare quanto la vita sia soffio che non deve mai essere sprecato[2].
Con delicatezza gli prende il capo con la sinistra, mentre la destra corre a spostare dal volto alcune ciocche di capelli corvini. Li raccomoda, quasi pettinandoli uno per uno.
Infine se lo pone sulle ginocchia, come fa una madre con il proprio bambino.
Lo culla, dondolandosi appena e sussurrando parole spezzate da pensieri troppo veloci e dolorosi. Vi sarà il tempo di placare anche quelli, ora no, ora è presto, ora è solo il momento per una cascata impetuosa di scuse mormorate senza sosta tra singhiozzi e sospiri.
Si placa solo dopo parecchi minuti, senza interrompere il dondolio placido d’un sentimento materno che per mesi è stato sepolto dal fango del tradimento.
Infine volge uno sguardo velato da lacrime verso di te e stende la mano sul tuo capo per una lieve carezza.
La lasci fare e pigoli piano, rispondendo gioiosa al suo ringraziamento.
Gli altri nel frattempo sono arrivati, ma nessuno di essi fiata. La comprensione profonda di quanto accaduto li avvolge e zittisce, stordendo ogni parola sul nascere.
Che questi attimi rimangano immersi nel silenzio.
La Granger, pratica come sempre, fa sparire in un attimo ogni traccia di rosso che imbratta pavimento e pareti. Tutto torna polveroso, ma decisamente meno terribile di prima.
Potter avanza verso di voi… oh, com’è diverso il brillio dei suoi occhi, ora, nel tornare in questa stanza!
Anche lui ha compreso.
In poche ore è diventato un giovane uomo che ha saputo guardare in faccia la morte senza fuggire.
Senza parlare si abbassa su di te, per donarti un altro tocco di gratitudine sulla tua livrea color porpora ed oro. Divertita, lo lasci fare, accogliendo la sua carezza che ti arruffa le piume del petto.
«Sei stata eccezionale, Fanny.» sussurra con un sorriso che ammicca alla vita da te salvata.
Tu inclini il capo di lato, annunendo a tuo modo.
Sai che c’è mancato poco perché questi sorrisi si mutassero in pianti di disperazione per un riconoscimento tardivo.
La piccola lampada ad olio nel frattempo si spegne, proprio mentre il sole inonda la stanza, giungendo dall’unica finestra aperta sul mondo di fuori.
Il ragazzo s’inginocchia e stringe tra le giovani dita la mano dell’uomo che solo da poco ha imparato ad ammirare. Lo osserva con devozione e stupore, come se lo vedesse per la prima volta.
Lo osserva con attenzione, come se volesse infondergli tutte le proprie energie.
Se lo vorranno, avranno da dirsi molte cose l’un l’altro, una volta che tutto sarà chiarito a dovere.
Intanto Minerva prosegue la sua ninna nanna amorevole e silenziosa.

Il lavoro nel deserto è terminato per la sentinella.
È tempo che i cittadini le vadano incontro festanti, che ne riconoscano e proclamino l’immenso coraggio.
È tempo per la sentinella di spogliarsi di ogni armatura che la proteggeva dai nemici, ma anche e soprattutto da se stessa.
I raggi dorati di questo sole di maggio danzano lievi nell’aria ancora fresca del primo mattino e portano sulla terra la promessa di una solitudine terminata per sempre.

[1] Si ringrazia Omero e lo splendido episodio di Ettore ed Andromaca, perché lui solo è l’artista che ha saputo dipingere sorrisi e lacrime in una sola pennellata in lingua greca.
[2] “Vanità delle vanità, tutto è vanità”. Questo recita Qoelet (Qo. 1,2). Ma quel “vanità” italiano in realtà è “Hevèl”: soffio, spreco… Abele. Tre significati, medesima parola, a ricordare che il primo ucciso è stato solo un breve soffio di vita sprecata perché abbattuta giovane e a tradimento, a ricordare che ogni vita è soffio e per questo preziosa a prescindere.

Edited by pingui79 - 22/10/2013, 22:02
view post Posted: 19/10/2013, 11:03 N.13: Un anno di sorrisi per Severus - Giochi creativi
CITAZIONE (Alaide @ 16/10/2013, 11:04)

Sinfonie.
17. Sinfonia in mi minore op. 2 n°5
Primo movimento. Sorrisi




Un sorriso riluceva da entrambe le immagini, ma Severus si rendeva conto di quanta diversità vi fosse in quei due sorrisi.
Il sorriso di Lily non era rivolto a lui. Lo sapeva perfettamente. L’aveva saputo anche quando aveva diviso in due la foto, anni prima. Quel sorriso sembrava quasi un monito, l’ombra di ciò che avrebbe potuto essere, se egli non avesse distrutto tutto.
Il sorriso di Judith era unicamente per lui, come lo erano i sorrisi riconoscenti che gli aveva rivolto quando lo andava a trovare in ospedale, come lo erano i sorrisi affettuosi che emergevano dalle sue lettere.
Quel sorriso sembrava pesare come un macigno e sembrava catturarlo, in quel momento, più intensamente di quanto facesse quello di Lily. Nel sorriso della bambina v’era la pace che mai aveva avuto così vicina, nemmeno quando Lily era ancora sua amica.
Aveva gettato al vento quella pace.
La pace che poteva avere accanto ad una figlia.
Ma, allo stesso tempo, nel sorriso di Judith v’era speranza – la speranza che la bambina potesse perdonarlo quando avrebbe conosciuto la realtà – e v’era affetto, l’affetto di una figlia per il proprio padre, un affetto che troppo tardi anch’egli si era accorto di provare.
[...]
L’uomo sapeva che quel momento sarebbe arrivato ed era consapevole che tutte le sue paure – paura che Judith lo odiasse – e speranze – speranza che Judith lo perdonasse – si sarebbero affollate nella sua mente, facendo ulteriormente a brandelli la sua anima già lacerata dal rimorso e dall’anelito di una pace che egli stesso aveva scacciato.
Quando verrà il momento – e sappiamo entrambi che verrà – mi avvisi.
[...]
«Ho sempre avuto la certezza, giudice Fairchild, che chi svolge il suo mestiere debba essere dotato della più grande imparzialità. Invece, a quanto pare, lei ne è completamente privo.»
Melusine si voltò di scatto verso Severus. Non gli aveva mai sentito pronunciare alcuna parola con quel tono di voce, un tono di voce che la fece rabbrividire e la rese felice che non fosse rivolto a lei, ma al padre.
[...]
Il giudice mise con un gesto secco alcune foto sul tavolo, osservando i fogli che stavano a poca distanza, tutti rigorosamente intonsi. Melusine seguì, con timore, lo sguardo del padre. Aveva notato che la fiaba di Judith era stata coperta dai fogli che Severus usava per scrivere, ma era anche certa che sul primo foglio vi fossero le due frasi che l’uomo aveva vergato durante il loro incontro.
Invece, sulla pila di fogli, troneggiava una pagina intonsa.

Questi sono i momenti che mi hanno fatto fare un bel salto sulla sedia.
Meraviglioso l'incipit, in cui finalmente Severus si rende conto della differenza dei due sorrisi, ma soprattutto della reale possibilità di essere accettato come egli è. Mi ha lasciata felice e commossa insieme.
Ma il bello arriva poi, quando finalmente esprime la speranza di essere davvero perdonato. No, non più desiderio di odio, no, ma di perdono. Desiderio di qualcosa di più, di una briciola di felicità anche per lui.
Nei due momenti rimanenti ho quasi ridacchiato: magia senza bacchetta, o bacchetta abilmente occultata da qualche parte? Non lo so, ma il mago che è in Severus sono felicissima sia venuto fuori. Così come il suo tono di voce, quel tono che Melusine non conosce, ma noi sì, ed anche tutta Hogwarts e non solo. E' come se ti fossi riagganciata al mondo magico cui egli appartiene.
E questo mi lascia un senso di gratitudine enorme.
Un'ultima cosa: Melusine è una grandissima donna. Suo padre... no, troppo facile odiarlo. Sta facendo quel che ritiene giusto, perchè senza tutte le informazioni lui effettivamente ha tutte le ragioni di questo mondo. :)



CITAZIONE (Ida59 @ 17/10/2013, 13:21) 

Ritorno al passato


Molto bella la rinnovata sfilata di sorrisi, con l'aggiunta di altri personaggi non ancora menzionati.
Neville, carissimo Neville. Lo adoro. L'hai dipinto ottimamente, tracciandone in maniera perfetta il sorriso timido ma al tempo stesso riconoscente ed orgoglioso di sé.
Luna è Luna, splendida, leggera ed incredibile.
Ma il bello è Draco.
Impossibile non chiedersi cosa avrà pensato dopo aver saputo tutto quel che c'era da sapere, impossibile non cercare di immaginarsi il suo volto mentre veniva a conoscenza di chi era davvero Severus. Una redenzione per Draco?
Sì, io la spero possibile, ma soprattutto ho il piacere di leggerla qui e quel sorriso tirato è sollievo e gioia insieme.
Le tenebre che invece hanno di nuovo provato ad avvolgere Severus... quelle no: via, su! E meno male che arriva Elyn, ad illuminare tutto. :wub:
Grandissima, Ida.

CITAZIONE (Severus Ikari @ 18/10/2013, 22:21) 


1 – Soltanto un augurio


Bellissimo lo "sdoppiamento", in cui Hermione s'immagina i pensieri di Severus. Sono perfettamente ironici e caustici com'è nella natura del mago, il che commuove parecchio, segno di quanto lei lo conosca bene.
Ma soprattutto segno di quanto non veda l'ora di poterli ascoltare con le sue orecchie e non solo d'immaginarli.
Sette anni.
Sette anni di attesa, di pazienza infinita e di dedizione oltre ogni previsione. :wub:
Forza, svegliati, Severus.
E non dico altro, perché so come continua. :P
view post Posted: 18/10/2013, 21:09 Dai graffiti alla carta - Archeologia
CITAZIONE (Ida59 @ 18/10/2013, 22:00) 
Waaaao! Affascinante, ma anche difficile, ipotesi complesse.
Già sembra proprio così: a un certo punto della storia degli uomini, è come se le cose arrivassero all'improvviso a maturazione in più luoghi in contemporanea, e la stessa invenzione, o quasi, matura in più culture dando luogo a un nuovo salto nella storia degli uomini.
Non so se sono riuscita a spiegarmi...

Sì, ti sei spiegata benissimo. :)
La medesima cosa accade con la Filosofia sia Occidentale che Orientale, con la Rivoluzione Scientifica del '500... è incredibile, vero? ;)

Edited by chiara53 - 22/6/2015, 15:26
view post Posted: 18/10/2013, 20:42 Raduno di novembre 2013 a Milano - Sabba e incontri vari
kià si sta dirigendo verso il sì.
(oddio... detta così sembra stia andando all'altare! :lol: )
Tutti e tre i giorni indifferentemente.

Do conferma dopo tra martedì e mercoledì prossimo.
3830 replies since 12/9/2011