Dopo un capitolo dedicato al giardino dei semplici, che potete trovare QUI, propongo un nuovo frammento del giardino.Empatia
Villandry, 15-22 settembre 2002
La luce della luna penetrava lieve attraverso i tendaggi, illuminando la camera. Era una notte serena, silenziosa e tranquilla.
Eppure, Severus non riusciva a chiudere occhio.
Era stata una sera calma, come molte delle altre trascorse in Francia. Dopo cena, era andato in salotto, dove si trovavano molti dei suoi libri – quelli che potevano figurare anche in una casa Babbana, senza destare dubbi o domande –, e, come ogni sera, aveva letto insieme a Rebecca. Era un momento pacifico, in cui gli sembrava che si rinsaldasse ogni giorno il loro legame. Era come se la bambina diventasse sempre di più sua figlia e lui sempre di più suo padre. Ormai, da quel giorno di luglio, Rebecca lo chiamava sempre papà e Severus, dopo i primi giorni in cui quella parola lo destabilizzava, si era abituato a quell’appellativo.
Tutto era stato sereno, quel giorno.
Tuttavia, l’uomo non era ancora riuscito ad addormentarsi. Nemmeno la presenza di Ygraine, accoccolata contro di lui, il capo posato sul suo petto, gli aveva dato la calma necessaria a piombare in un sonno che sperava sempre fosse privo di incubi.
Quella notte, non aveva nemmeno avuto bisogno di sognare.
Si sentiva intrappolato nelle sue maledette paure.
Era stato certo, dopo quella notte ad Aix-en-Provence, in cui aveva chiesto a Ygraine di sposarlo, di essere riuscito a vincere quei timori.
Invece, ogni notte, parevano tornare prepotenti.
Sembrava quasi che, più si sentiva felice, più aumentasse la paura di quella stessa felicità.
Accarezzò dolcemente la schiena di Ygraine, che si accoccolò, nel sonno, ancora di più contro di lui, quasi lo volesse inconsciamente confortare.
Sapeva di non aver alcun vero motivo per provare quella paura, che era un sentimento irrazionale, che sarebbe dovuto riuscire a placare.
Viveva accanto alla bambina che considerava al pari di una figlia e alla donna di cui si era innamorato, di un amore profondo, ben più profondo di quello infantile che aveva provato per Lily. Con ogni probabilità, quello non era stato nemmeno amore, ma un’infatuazione adolescenziale che aveva alimentato scientemente durante la sua vita di adulto e aveva impiegato decenni ad accorgersene e, se non avesse incontrato Ygraine e Rebecca, non se ne sarebbe nemmeno reso conto.
Era stato fortunato o, più semplicemente, per una volta, aveva compiuto una scelta giusta, quando aveva deciso di prestare il suo fazzoletto alla bambina e, qualche tempo dopo, quando aveva accettato di andare a bere con loro un tè.
Ma, allora, non aveva quasi notato Ygraine, che era stata una presenza silenziosa e discreta, che lo aveva avvolto con la sua fiducia, senza quasi che lui se ne accorgesse.
Lo aveva osservato e, poi, lo aveva ascoltato senza l’ombra del ben che minimo pregiudizio.
Gli era stata amica.
E lo amava, nonostante sapesse tutto di lui, anche il delitto terribile, l’uccisione del piccolo Hancock, che non aveva mai osato confessare ad Albus.
Non avrebbe mai dimenticato quella mattina tempestosa, in cui le aveva confessato ogni sua colpa, in cui era crollato davanti a lei, in cui Ygraine, invece di maledirlo, lo aveva abbracciato.
Ma, allora, non aveva nemmeno immaginato di poter raggiungere una felicità che aveva unicamente vagheggiato durante la sua infanzia e la sua prima adolescenza.
Invece, da quando avevano iniziato a vivere insieme, era stato investito da quella gioia.
E dalle sue paure e incertezze.
Forse, non riusciva a credere di star costruendo una vita accanto a Ygraine e Rebecca, di star instaurando dei rapporti personali tranquilli, quasi banali, come quello con i genitori di Renaud che scambiavano alcune tranquille parole con lui e Ygraine.
Forse, gli sembrava strano il modo naturale in cui era riuscito ad adattarsi a quella nuova vita, priva della solitudine che lo aveva avvolto un tempo.
Era una vita semplice, condotta per lo più in un ambiente Babbano e quel particolare rendeva ancora più chiaro quanto fosse cambiato da un tempo, da quando, ragazzo arrabbiato e ferito, aveva rinnegato il suo retaggio Babbano e aveva creduto che il matrimonio tra i suoi genitori fosse fallito perché sua madre possedeva la magia e suo padre no. In quel momento, invece, quel pensiero gli parve assurdo.
Ygraine si mosse leggermente al suo fianco, continuando a dormire tranquilla. Si strinse maggiormente a lui, con quella fiducia e quell’amore che gli dimostrava ogni giorno.
Chiuse per un istante gli occhi e si concentrò, più che sulle sue paure, sul silenzio di quella notte, sul sorriso che illuminava il volto della giovane donna quando lo vedeva, sulla voce di Rebecca che lo chiamava papà.
Riaprì gli occhi. La stanza era ancora illuminata dalla luna e le paure non lo avevano lasciato. Si sentiva uno sciocco.
«Severus», la voce di Ygraine lo colse alla sprovvista.
«Ti ho svegliata?»
Non era la prima volta che glielo chiedeva e temeva che non sarebbe stata l’ultima, per quanto fosse certo che, almeno in quella circostanza, non l’avesse disturbata con i suoi incubi ricorrenti.
«No», mormorò Ygraine. «Ma, quando ho aperto gli occhi, mi sono accorta che eri sveglio.» La giovane donna si mise a sedere, come aveva fatto ad Aix-en-Provence, la notte in cui Severus le aveva chiesto di sposarlo, subito imitata dall’uomo. «Sei stato svegliato da un incubo?»
«Non credo di essermi nemmeno addormentato.»
Avrebbe potuto mentire, dirle che era stato un caso se si erano svegliati entrambi in quel momento, ma era certo che Ygraine avrebbe capito che non le stava dicendo la verità. La giovane donna era in grado di comprendere quando era turbato, di essergli accanto, come nessuno aveva mai fatto.
«Cosa ti tormenta, Severus?»
Ygraine cercò di osservare il volto dell’uomo alla pallida luce della luna, ma era completamente in ombra. Quel giorno, le era parso sereno e lo aveva visto rivolgere un sorriso appena accennato a Rebecca e quella notte, quando la bambina era già addormentata da tempo, l’aveva amata con riverente passione. Nulla le aveva lasciato presupporre, quando si era accoccolata contro di lui per addormentarsi, che qualcosa lo potesse turbare.
«Ho paura», la voce di Severus le parve quasi rompersi. «So che non ne ho alcun motivo, ma non ho mai creduto possibile di poter provare questa felicità. L’ho pensata perduta per sempre, per troppo tempo ed ora tu e Rebecca mi state donando una gioia così profonda che mi terrorizza.»
Ygraine gli scostò i capelli dal volto, per quanto questo non le permettesse di osservarne gli occhi neri, così profondi ed espressivi. Le sembrava, forse a causa della postura leggermente incurvata, vulnerabile, come non lo aveva mai visto, nemmeno il giorno in cui le aveva confessato il suo amore.
«Severus», mormorò, «né io né Rebecca ti abbandoneremo mai.»
«Lo so, così come so che queste paure sono irrazionali», affermò l’uomo, osservando il volto di Ygraine illuminato lievemente dalla luna. «Eppure, non riesco a impedirmi di temere che tutto questo possa finire, che la felicità che sto provando possa svanire… non a causa tua o a causa di Rebecca… ma unicamente perché, nel profondo del mio cuore, so di non essere degno di tanta gioia», sentì la mano della giovane donna sulla spalla e quel tocco lieve fu un balsamo e un veleno. «So che ti sto deludendo, Ygraine… che sto rovinando…»
«Non stai facendo nulla del genere, Severus», lo interruppe e l’uomo notò che gli occhi della giovane donna erano umidi di lacrime, come lo erano stati quando le aveva confessato tutte le sue colpe. «Ti amo e ogni giorno che passo al tuo fianco mi sembra di amarti di più. Sono certa che impareremo insieme ad essere felici e che, con il tempo, questa nostra gioia vincerà le tue paure. Mi hai detto tutto di te, Severus, e capisco perché…», la voce di Ygraine si spezzò e alcune lacrime le bagnarono le guance, luccicando appena alla luce della luna. «Vorrei che non fosse così, ma capisco perché sia sorta in te questa paura.»
La giovane donna non aggiunse altro, ma non ce n’era realmente bisogno. La abbracciò e sentì le lacrime di Ygraine bagnargli il petto. Era certo che la giovane donna avesse perfettamente chiare quali fossero le ragioni delle sue paure, che avesse compreso che non aveva mai provato in vita sua nulla del genere, che non sapeva nemmeno come affrontare la pace e la felicità che provava ogni giorno, dopo aver trascorso decenni tormentato dal senso di colpa e dalla certezza di non meritare né pace né felicità.
E la consapevolezza che Ygraine capisse fu come un balsamo, al pari delle sue lacrime, che, lo sapeva perfettamente, erano per lui.
Non aveva idea di come fosse stato possibile, per lui, che aveva l’animo così spezzato, trovare l’amore di un animo così puro.
Ma non importava.
Quelle lacrime versate per lui, per la sua vita oscura e dolorosa, sembrarono scacciare le sue paure irrazionali.
Era come se, con le sue lacrime, Ygraine lo stesse rassicurando.
La strinse a sé, anche quando non vi furono più lacrime.
E quando si separarono, le accarezzò le guance, asciugandogliele, con naturalezza, senza nessuna titubanza.
Tutto pareva essere cambiato.
Un tempo non sarebbe mai stato così spontaneo nell’offrire e cercare un contatto fisico, ma l’uomo che era stato, forse, non esisteva più, si disse, mentre la luce della luna entrava lieve dalla finestra e illuminava, al di fuori, il giardino e, più lontano, il castello di Villandry.
I giorni che seguirono furono illuminati da un sole tiepido, che accompagnò gli ultimi scampoli d’estate, spandendo la sua luce su tutto il villaggio e sulla casa e il suo giardino, ma Severus non riuscì a godere pienamente quelle giornate, impegnato, fino al ventidue settembre, in una ricerca difficile, volta a migliorare alcune pozioni curative che avevano più di un effetto collaterale nei maghi che le assumevano. Era stato un lavoro estenuante, ma credeva di poter presentare dei risultati il giorno successivo, quando si fosse recato a Tours.
Eppure, nonostante tutto, non si sentiva stanco.
Durante le notti che lo separavano da quella in cui aveva svelato a Ygraine le sue paure aveva dormito tranquillo, senza che nessun incubo lo destasse.
Era come se le lacrime versate della giovane donna avessero cancellato i suoi timori.
Era abbastanza realistico per capire che non avrebbero mai potuto eliminare il peso del suo passato, ma gli pareva che anche quello fosse diventato più leggero.
Era una sensazione strana, ma che avvolgeva il suo cuore e il suo animo, in maniera rassicurante e quella sensazione lo accompagnò anche quando si recò in giardino. Rebecca e Ygraine erano andate a fare una passeggiata e sarebbero tornate per pranzo e la casa era silenziosa e tranquilla, avvolta da quella pace che non sembrava più spaventarlo.
Si recò, con passo sicuro, verso il giardino, le piantine pronte per essere piantate in una mano, che si era procurato con un certa fatica, considerando che, senza l’aiuto della magia, avrebbe dovuto piantarle in primavera.
Forse, avrebbe potuto attendere, ma sentiva l’esigenza di porre, non troppo lontano dalla serenella, della melissa, da dedicare a Ygraine.
Quando si mise al lavoro, inginocchiandosi in quell’angolo di giardino, illuminato dal tiepido sole di settembre, iniziò a pensare a quali altri fiori avrebbe voluto piantare accanto alla serenella e alla melissa. Aveva già in mente di aggiungere delle ninfee nel piccolo bacino e sapeva cosa avrebbe aggiunto poco prima del matrimonio che avevano fissato al mese successivo.
Non gli ci volle molto a sistemare le piantine, né a infondere nel terreno gli incantesimi necessari a garantirne una fioritura tardiva.
Rimase per qualche istante ad osservare il suo lavoro e gli parve quasi che la serenella, simbolo di purezza, dialogasse con la melissa, simbolo di empatia. Era certo che Ygraine avrebbe chiesto a suo padre quale fosse il significato della pianta che aveva aggiunto al loro giardino. Forse, anche Françoise, la madre di Renaud, che lavorava nel castello di Villandry e sovrintendeva a quei lussureggianti giardini, lo avrebbe compreso.
E, si accorse, con sorpresa, che non gli importava.
Un tempo, avrebbe preferito nascondere quello che stava provando – lo aveva fatto con Lily e anche con Albus, per quanto fosse certo che a nessuno dei due sarebbe realmente importato del suo amore e del suo affetto figliale –, ma, in quel momento, mentre osservava il giardino, si rese conto che non lo infastidiva sapere che, con ogni probabilità, tutti a Villandry sapevano quanto amasse Ygraine, che, con il tempo, avrebbero capito che stava dedicando tutto il giardino alla giovane donna.
Quando il soprano e Rebecca tornarono dalla loro passeggiata, la bambina gli chiese quali fossero le proprietà della melissa e se fosse un ingrediente di qualche pozione e Severus fu più che felice di spiegarle che veniva usata in più di un intruglio e di una crema. Ygraine, invece, rimase in silenzio, limitandosi a stringergli una mano. La bambina si mise dall’altra parte e l’uomo la strinse a sé.
E, mentre il sole illuminava il giardino, mentre rimanevano tutti e tre in piedi, uniti, Severus si rese conto che tutte le sue paure e i suoi timori erano completamente scomparsi, sostituiti dalla completa accettazione di quella felicità e di quella pace.
Edited by Alaide - 28/2/2023, 14:44