Titolo:
Il Re e la Regina di Coppe Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: long fic
Rating: Per tutti
Genere: generale
Personaggi: Severus Piton, pers. Originale
Pairing: Severus / Pers. Originale
Epoca: post 7 anno
Avvertimenti: AU
Riassunto:
C’è una strega.
C’è un mago.
C’è una profezia.
- Non è una profezia. Sono solo delle frasi in rima che potrebbe dire anche un bambino di cinque anni. Copertina
Note: Questa long é anticipata da altre due one shot:
-
Peli di gatto;
-
L'anatema del Preside Piton.
Anathema è arrivata nella mia mente all’improvviso. Porta allegria, vecchie canzoni e un po’ di leggerezza
Mi ci sono legata subito e spero che anche voi possiate volerle bene.
Ci saranno svariate immagini legate alla storia.
Tutte create con IA, al massimo saranno un pochino ritoccate da me.
È una long di 11 capitoli e credo che posterò un capitolo a settimana.
Capitolo 1: qui di seguito
Capitolo 2:
QuiCapitolo 3:
QuiCapitolo 4:
QuiCapitolo 5:
QuiCapitolo 6:
Capitolo 7:
Capitolo 8:
Capitolo 9:
Capitolo 10:
Capitolo 11:
Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. I luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.
Il Re e la Regina di Coppe
Capitolo 1Un forte
BANG ruppe la quiete del villaggio di Hogsmeade, quella mattina di piena estate.
Il villaggio era silenzioso: alcuni negozi erano chiusi, la Testa di Porco e i Manici di Scopa non avrebbero aperto che tra qualche ora.
L’autobus a tre piani viola apparve nella piazza centrale, frenando a pochi centimetri dalla grande fontana, sollevando una nuvola di polvere.
Una giovane donna che dimostrava appena vent’anni scese dal Nottetempo, indossando la divisa dello stesso colore del bus; a tracolla una borsa di pelle marrone chiara.
- Siamo arrivati al Villaggio di Hogsmeade! – annunciò a voce alta e con più enfasi del necessario.
Anathema Shipton scese i pochi scalini e si guardò attorno.
Hogsmeade non era cambiata dall’ultima volta che l’aveva vista.
Alle sue spalle la bigliettaia, che rispondeva ironicamente al nome Daisy Ticket, si stava dando da fare per prendere il suo baule.
- Arrivo subito. – ansimò la giovane con uno sforzo.
- Posso farcela da sola.
- Oh no! Rientra nel mio lavoro. Lei è una nostra cliente, solo il meglio sul Nottetempo.
Anathema non ribatté: aveva passato le ultime ore strattonata su un letto in perenne movimento e l’autista aveva inchiodato così tante volte nel percorso che aveva smesso di contarle. Avrebbe di gran lunga preferito viaggiare col suo camper, in fondo l’aveva usato per anni e le mancava un poco la vita da nomade, ma probabilmente non sarebbe mai riuscita ad arrivare al villaggio. Con ogni probabilità non esisteva neppure un garage ad Hogwarts dove lasciare il suo mezzo.
Finalmente il baule fu appoggiato a terra.
- Ecco qui, signora Shipton.
Daisy si piegò all’indietro portando le braccia in alto stiracchiandosi la schiena.
- Così questo è il famoso villaggio di Hogsmeade. – disse guardandosi velocemente attorno - Non l’avevo mai visto.
- Non hai frequentato Hogwarts?
- No, signora. – spiegò – I miei dicono che sono sempre stata troppo… lenta per una scuola come Hogwarts. Ho frequentato un altro istituto.
Le sorrise comprensiva.
- Sono certa che sia stata una grande scuola.
- Eccome! Mi guardi ora! – esclamò entusiasta l’altra indicando la divisa che indossava – Viaggio tutto il giorno e vedo un sacco di posti nuovi!
Anathema non riteneva che Daisy stesse svolgendo il lavoro più appagante del mondo, né il più remunerativo, ma si tenne per sé i suoi pensieri.
Se era contenta di indossare una divisa di un orrido viola, chi era lei per distruggere i suoi sogni?
- E poi ho il mio
Buddy-Puddy.
Ecco su questo aveva qualcosa da ridire.
- Daisy… io cercherei di andarci piano con Buddy.
La ragazza le riservò uno sguardo confuso.
- Perché?
- Sai… sei giovane… forse lui non è l’uomo giusto.
- Sciocchezze. – tagliò corto la ragazza tornado sul bus – Buddy-Puddy è perfetto. Mi ama alla follia. Dobbiamo andare. Arrivederci signora Shipton.
Il Nottetempo sparì con uno altro
BANG che echeggiò per il villaggio come lo schiocco di una frusta.
- Quando piangerai perché
il perfetto Buddy-Puddy avrà speso i soldi della vostra fuga romantica risparmiati con fatica e, soprattutto, da te, per comprarsi un nuovo manico di scopa, penserai che avevo ragione.
Sospirò sistemandosi la borsa a tracolla di tela colorata che portava con sé.
Si guardò attorno con aria vagamente malinconica.
- Accidenti. – mormorò – È tutto
esattamente come lo ricordavo.
Voltò il capo verso est dove in lontananza si vedevano le alte guglie del castello di Hogwarts.
Sorrise mestamente e si incamminò verso la scuola. Fece solo una decina di passi, poi si voltò: il baule era ancora a terra, accanto alla fontana. Estrasse la bacchetta dalla borsa la puntò verso il bagaglio.
- Andiamo?
La valigia tremò: dal fondo si allungarono tante piccole zampe sottili che ricordavano quelle di un ragno e iniziò a muoversi nella sua direzione.
Riprendendo a camminare lungo il sentiero che aveva percorso tante volte da ragazza, si guardava attorno, rivivendo momenti della sua giovinezza che credeva dimenticati.
Si era ritrovata a sospirare notando la vecchia panchina di legno dove aveva baciato il suo primo ragazzo durante il quarto anno. La stessa dove poi aveva pianto quando l’aveva lasciata per una ragazza meno
strana.
Lasciò vagare liberamente i ricordi. Alcuni erano piacevoli, altri avevano una sfumatura più triste.
Era stata un’adolescente cicciottella appassionata di divinazione.
Non il biglietto da visita ideale per avere molti amici.
Arrivò ai cancelli della scuola col fiato corto. Erano chiusi e non sembrava che non ci fosse nessuna ad attenderla.
- Strano. – borbottò allungando quanto possibile lo sguardo – Sapeva che stavo arrivando. – abbassò gli occhi sul baule: era immobile vicino ai suoi piedi con ancora le zampe da ragno in vista – Sai saltare?
La valigia non si mosse.
Sbuffò guardandosi attorno cercando un punto dove sedersi.
Quando adocchiò il ceppo di un albero tagliato adatto come sedia il cancello si aprì.
- Grazie a Merlino. – mormorò entrando non appena ci fu lo spazio sufficiente per farla passare.
La valigia le trottò accanto come un cagnolino ben addestrato.
Il castello di ergeva proprio davanti a lei in tutta la sua magnificenza.
Quando era solo una studentessa a volte si era sentita oppressa dalla grandezza della scuola, da quello che rappresentava; col passare del tempo aveva creduto che fossero solo le sue insicurezze di adolescente a parlare, ma ora che era tornata quella sgradevole sensazione alla bocca dello stomaco era tornata.
Si fermò a contemplarla.
Aveva visto molto del mondo fuori dal Regno Unito.
Era stata nell’Europa dell’Est, in Italia, Francia, aveva viaggiato per i Paesi Bassi e la Germania. Aveva visto la Spagna e anche gli Stati Uniti, aveva vissuto in centinaia di posti diversi, ma mai nessuno l’aveva convinta a pensarlo come una
casa.
Hogwarts era, in fin dei conti, l’unico posto dove si fosse mai sentita davvero al sicuro, l’unico che chiamava veramente casa, nonostante la sensazione di sentirsi sempre di troppo, sempre sbagliata e nel posto sbagliato, ma per quello doveva solo ringraziare i suoi compagni di Casa. Hogwarts non la giudicava, non la prendeva in giro.
Le sue aule l’avevano protetta, i suoi giardini accolta e coccolata, la sua biblioteca aveva dissetato la sua sete di sapere.
Non aveva avuto molti amici ed era stata uno dei bersagli preferiti dei bulli, ma non ricordava un altro posto in cui si fosse sentita davvero protetta.
Voltò la testa verso destra e fece una smorfia amara.
Riconobbe un albero in lontananza, uno dei più vicini al perimetro del castello, uno dei punti più lontani dove gli studenti potevano spingersi: uno dei suoi luoghi preferiti ed odiati. Lì si nascondeva dai bulli, ci provava almeno. La trovavano sempre e sempre veniva derisa, additata, umiliata.
Non si lamentava mai, gli insulti non erano una novità.
Sua madre le aveva sempre detto –
strillato era il verbo corretto - che la sua nascita era solo una maledizione.
L’aveva chiamata Anathema per non dimenticarlo mai.
Cosa potevano dirle dei bulli brufolosi che non si sentiva dire tra le mura di quella che avrebbe dovuto chiamare casa?
Almeno Hogwarts aveva bei posti dove nascondersi.
Tornò a guardare il castello e sorrise.
Riprese a camminare verso il portone principale con la valigia che si muoveva pochi passi dietro.
Si accorse che il Preside Piton la stava raggiungendo a passo fiero, veloce, testa alta e vestiti neri.
Questa volta aveva la casacca e il mantello.
Si incontrarono a metà strada.
Alle sue spalle Hogsmeade.
Dietro di lui Hogwarts.
- Scusami. – disse subito senza lasciarla parlare – Volevo accoglierti al cancello, ma sono stato trattenuto.
- Non c’è problema. – rispose – Mi sono persa nei ricordi mentre venivo qui. Non è cambiato nulla. – aggiunse lanciando, di nuovo, una rapida occhiata al castello – Eppure ho visto alcune fotografie della scuola dopo la guerra. Era messa male.
- Devi ringraziare Minerva. – spiegò – Mentre ero in convalescenza ha diretto i lavori di riparazione.
- Insegna ancora? Era una delle mie insegnati preferite.
- Ricopre ancora la carica di Vicepreside, ma non insegna più. Al momento è in visita da uno dei suoi nipoti. Tornerà tra un paio di settimane. Andiamo, voglio farti vedere i tuoi alloggi. – abbassò lo sguardo – Ti aiuto con il bau…
La frase gli morì in gola. Entrambi osservarono il baule zampettare verso il castello.
Severus si voltò a guardarla, Anathema osservò con grande interesse il sopracciglio nero sollevarsi verso l’alto.
Lo faceva anche da adolescente, ma con gli anni aveva perfezionato la tecnica.
- Ero brava in incantesimi e trasfigurazione. – spiegò con un’alzata di spalle.
- Quello, - disse indicando il baule che continuava a muoversi – è inquietante, Anathema.
Lei ridacchiò e si avviò verso il castello. Severus la raggiunse con due falcate.
- Allora. – gli chiese – Quale importante compito ha trattenuto Preside Piton impedendogli di accogliere la nuova insegnante di Divinazione?
Voltò appena il capo, lo vide sollevare gli occhi al cielo.
- Gazza.
- Ti ritiene un Preside troppo buono? Ha stilato una nuova lista di torture per gli studenti?
- No, si tratta della sua gatta. È morta il mese scorso. Non l’ha ancora superata. Ho passato gli ultimi quindici minuti a consolarlo mentre singhiozzava sulla mia spalla.
La strega strinse le labbra per non scoppiare a ridere. Le dispiaceva per la gatta del custode, ma l’immagine di lui che piangeva sulla spalla di Severus era esilarante.
- Aspetta. – disse bloccandosi a pochi metri dal portone principale – Non c’era qualcun altro a consolarlo?
- Molti insegnanti passano la maggior parte dell’estate al castello, ma le settimane centrali di Luglio e le prime due di Agosto si svuota. Quindi ci siamo solo io e Gazza.
- Passi le tue giornate in un castello da solo con Gazza? – Severus annuì – Questo è inquietante, Severus.
* * * *
La accompagnò ai suoi appartamenti al sesto piano.
Erano state le vecchie stanze di Sibilla. Aveva dovuto tenere aperte le finestre e far arieggiare le camere per giorni per far uscire l’odore del tè e dello sherry.
La battaglia al castello aveva provato molto la vecchia professoressa di Divinazione, tanto che si era stupito che avesse resistito tre anni prima di ammettere di aver bisogno di andare in pensione.
Aprì la porta e la lasciò entrare.
Anzi, prima entrò l’inquietante baule, poi Anathema.
Osservò la valigia zampettare fino ad un angolo e poggiarsi sul pavimento. Le lunghe zampe di ragno furono risucchiate tra la pelle marrone.
Fece una smorfia mal celando il disgusto. Non aveva paura dei ragni, nella sua vita aveva avuto a che fare con le più disgustose delle creature.
Minus era in cima alla lunga lista, ma nessuno si avvicinava a quel baule.
Distolse lo sguardo, distratto da Anathema che stava osservando la camera da letto.
- Se non è di tuo gradimento…
- Stai scherzando? Solo questa stanza è grande quasi quanto il mio negozio! Va benissimo!
Trattenne un sorriso soddisfatto.
- Ti lascio disfare i bagagli.
- Sei così impaziente di tornare dal tuo nuovo amico?
La fissò.
- Non toccherò quella
cosa. – precisò indicando il baule fermo nell’angolo.
Anathema rise e si avvicinò al baule.
- Non ce ne sarà bisogno.
Estrasse la bacchetta e sollevò la valigia adagiandola con delicatezza sul basso tavolino da tè appoggiato al muro.
Lo aprì e ci guardò dentro, appoggiando le mani sui fianchi morbidi.
- Vediamo… - si guardò attorno analizzando velocemente la stanza – bene. So dove metterti per il momento.
Non fece in tempo a chiedere a cosa si riferisse che, con un altro tocco di bacchetta, fece uscire dal baule un vecchio grammofono a manovella, con la base ottagonale di legno scuro e un tubo di ottone ambrato.
Posizionò lo strumento su una vecchia cassapanca che Sibilla usava per mettere in bella mostra le sue sfere di cristallo migliori.
Dopo il giradischi fu fatta uscire dal baule una grande scatola di legno chiaro con all’interno un numero considerevole di vinili.
Un disco si sollevò dalla cassettina come un bimbo che richiede le attenzioni della madre.
- Non adesso. – sussurrò la strega con un sorriso gentile.
Il vinile tornò al suo posto docile come un bambino ubbidiente.
Il mago si guardò attorno vagamente a disagio.
- Come posso aiutarti?
- Siediti da qualche parte. – gli disse dandogli le spalle e indicando qualcosa a caso con la mano - Mi piacerebbe avere compagnia… - si girò a guardarlo – se non hai niente di meglio da fare.
Si andò a sedere su una della poltrone davanti al camino spento, osservandola estrarre oggetti dal baule e posizionarli nella stanza o nella camera da letto apparentemente a caso.
La fissò incuriosito, Anathema parlava da sola, a volte con gli oggetti che teneva in mano. Forse era una caratteristica delle veggenti, anche Sibilla parlottava spesso da sola; col tempo aveva dato la colpa alla solitudine che si era autoimposta nella torre di Divinazione e allo sherry.
- Cosa ci fai qui, Severus?
- Mi hai chiesto di restare.
La donna sospirò alzando gli occhi al cielo.
- Cosa ci fai ad
Hogwarts, Severus. – precisò.
- Sono il Preside.
La veggente sbuffò esasperata chiudendo gli occhi. Il pozionista ne approfittò per tirare le labbra sottili in un sorriso divertito.
Sorriso che sparì immediatamente quando lei tornò a guardalo.
- Perché sei ad Hogwarts in pieno Luglio? – gli domandò lentamente, come se cercasse di non perdere la pazienza – Non hai una casa dove passare le vacanze?
- No.
La risposta la spiazzò, lo vide chiaramente.
- No?
- Ho abbandonato Spinner’s End finita la guerra. A dire il vero l’ho abbandonata dopo… - si fermò un istante, era ancora difficile dire certe parole – la morte di Silente. Non credevo che ci avrei rimesso mai più piede. Quella non era la mia casa, ma solo un posto dove scappare.
- Scappare da cosa?
Il mago fece un cenno con le mani indicando l’intero castello.
- Da Hogwarts. Dai suoi ricordi. Dagli occhi verdi, da quelli celesti… quelli rossi…
- Accidenti, - fece puntando la bacchetta verso il baule: una serie di vestiti uscirono in una fila perfetta e svolazzarono fino alla camera da letto – sono un sacco di occhi da cui scappare.
Lo sapeva molto bene, per anni si era sentito legato dagli sguardi degli altri.
Aveva inseguito gli occhi verdi alla ricerca di un sentimento che non sarebbe mai sbocciato.
Aveva cercato negli occhi celesti un amico, un mentore, forse anche un padre.
Aveva guardato negli occhi rossi mentendo, giocandosi la vita ogni giorno.
E poi c’erano gli occhi che lo fissavano con astio, quelli che lo sfidavano, quelli che lo chiamavano traditore con mute parole d’odio.
Decisamente un sacco di occhi da cui scappare.
- Ora non scappi più?
- Sono stato convalescente al San Mungo un anno, Anathema. Sai cosa puoi fare quando resti così a lungo in una stanza d’ospedale?
Lei scosse il capo andando a sedersi sulla poltrona accanto; i vestiti stavano ancora fluttuando fino alla stanza e si erano aggiunte le scarpe.
- Pensare. – le spiegò – Ho avuto un sacco di tempo per riflettere e fare una profonda analisi di tutto quello che è successo nella mia vita fino a quando non mi sono risvegliato su quel pavimento sporco con accanto Minerva che cercava di tenermi in vita.
- Deve essere stato difficile.
- La parola che userei è
deprimente. Uscito dal San Mungo sono venuto direttamente qui, mi sono fatto impacchettare le mie cose da Potter e non ho più messo piede in quella casa.
La strega lo fissò con le labbra leggermente imbronciate.
La lunga fila di vestiti si era esaurita a metà della sua spiegazione.
- A cosa stai pensando? – le domandò – Posso sentire il tuo brillante cervello di Corvonero lavorare fin qui.
- Potter? – domandò infine –
Harry Potter si è occupato del tuo trasloco?
- Era un continuo piagnucolare le sue petulanti scuse. – borbottò innervosito – Sempre in mezzo ai piedi a dirmi quanto fosse dispiaciuto per non aver creduto in Silente e di come sia stato ingiusto che nessuno si sia mai accorto di nulla. Continuava a dirmi che voleva sdebitarsi e io non volevo tornare in quella casa. Ho colto l’occasione.
- Stiamo parlando dello stesso Harry Potter?
L’eroe del mondo magico? Quell’Harry James Potter?
- Fortunatamente c’è un sono Harry Potter e sono stato chiamato anch’io eroe, sai?
Anathema scoppiò a ridere.
Una lunga risata, sguaiata, sgraziata che le accendeva lo sguardo e arrossava le guance.
Severus si ritrovò a fissarla senza riuscire a dire una sola parola.
Non ricordava che qualcuno avesse mai riso così in sua presenza.
Le persone che gli stavano attorno erano sempre intimorite da quello che rappresentava.
L’eroe che nessuno aveva mai compreso.
Il sopravvissuto indegno che meritava la morte.
Per Minerva era un rimorso non ancora del tutto superato.
Con lui nella stanza non si rideva, si sussurravano solo mezze parole. C’erano occhiate, vaghi cenni nella sua direzione, alcuni lanciavano ancora silenziose maledizioni alla sua persona.
C’erano stati sorrisi, per lo più di circostanza e freddi come il ghiaccio.
Era stato definito eroe, ma non tutti la vedevano in quel modo.
A lui non interessava, voleva solo starsene tranquillo.
Ma le risate… non ricordava l’ultima persona che aveva riso al suo fianco.
- Oh Morgana… - mormorò lei riprendendo fiato asciugandosi le lacrime – non ridevo di te, Severus. – precisò – Credo che nessuno possa pensare di sfruttare Harry Potter come fattorino personale.
- Sfruttare… - bofonchiò fingendosi offeso – è un’esagerazione.
La strega ridacchiò ancora un po’.
- Anche tu stai scappando.
La veggente smise di ridere.
- Non sto scappando, Severus.
Sollevò un sopracciglio nero scettico.
- Cosa ci fai qui, Anathema? – le rigirò la domanda.
- Mi hai assunto tu.
- Non eri così entusiasta quando te l’ho proposto e ti avevo lasciato una settimana per pensarci, ma mi hai risposto il giorno seguente.
La strega perse immediatamente il suo sorriso e Severus se ne rammaricò. Era bello avere qualcuno che sorrideva senza forzature per una volta.
Anathema si alzò di colpo dalla sedia, per un istante pensò che volesse buttarlo fuori dalla stanza, così come aveva fatto nel suo negozio; invece, andò al baule ancora aperto e iniziò a frugarci dentro infilando le braccia fino alle spalle.
- Non sono abituata a stare ferma nello stesso posto per lughi periodi. – spiegò tirando fuori dal baule una pila di libri – Il negozio mi stava stretto. Era ora di cambiare.
Era una pessima bugiarda, se ne accorse già nel suo microscopico negozio a Diagon Alley.
- Sei una pessima bugiarda.
Era inutile fingere con una veggente, forse con Sibilla era più facile, gli anni e lo sherry avevano offuscato quello che lei chiamava occhio interiore, ma con Anathema non sarebbe stato necessario. Era brava, era capace e avrebbe capito al volo che lui non le credeva.
- Lo so. – confermò mentre sistemava i volumi su una libreria vuota – È
complicato da spiegare, Severus. Non sto scappando… ho solo bisogno di capire.
- Cosa?
- Non lo so bene neppure io.
Immagini legate al capitolo 1Anathema nel suo negozio a Diagon Alley
L'inquietante baule di Anathema
Edited by ellyson - 6/5/2024, 21:51