Ci provo, al massimo varrà come esercizio.
Titolo: Luminose stelle
Autore/data: Gabrix1967 – 8 maggio/16 maggio 2018
Beta-reader: Ida59
Tipologia: one shot
Rating: per tutti
Genere: introspettivo.
Personaggi: Severus, e altri personaggi della Saga, Personaggi originali
Pairing: Severus/Personaggio originale
Epoca: epilogo HP7
Avvertimenti: AU
Riassunto: Severus è fermo sulla banchina del binario 9 ¾ con sua figlia. Attendono la partenza del treno che condurrà Esai, per la prima volta in veste di studente, ad Hogwarts. Severus ha ripreso la sua cattedra di Pozioni, la sua compagna, già alunna ed insegnante di Hogwarts, è un Medimago al San Mungo e sta per raggiungerli. La famiglia abita ad Hogwarts da sempre, ma da quest’anno Esai ha ottenuto di poter dividere il dormitorio con le sue compagne.
Nota 1: Questo racconto è stato scritto per la Sfida n. 15 FF Aspettando l'espresso per Hogwarts (termina 30/9/18)
Nota 2: Per chi abbia letto il precedente racconto “Mute parole”, noterà che i personaggi originali sono gli stessi: Gea, la compagna di Severus, Esai, la loro bambina. E’ perché sto provando a lavorare ancora alla mia prima idea.
Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. I personaggi originali, ove presenti, i luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.
LUMINOSE STELLE
Il treno a tratti sbuffa. Nuvole di vapore denso avvolgono le rotaie, si diluiscono sui fianchi del convoglio svelandone la vernice rosso scarlatto e si dissolvono sui marciapiedi.
Siamo qui ad attendere la tua partenza. Un nuovo inizio per noi. Un altro ancora.
Ormai mi sono lasciato alle spalle la ferma immutabilità, che ha scandito la mia vita per quasi quattro decenni.
Sono pronto a spiccare questo ed altri salti, a cambiare ancora quando serve e ad andare avanti, ma intanto mi godo ciò che ho guadagnato o ritrovato: la mia nuova serenità, la mia famiglia, la mia cattedra di Pozioni, il rispetto dei miei colleghi.
Il marciapiede del binario 9 ¾ si affolla sempre più. Devo ricordarmi che sono qui per te, altrimenti potrebbe prevalere l’irresistibile voglia di girare i tacchi per allontanarmi velocemente da questa festosa confusione, nella quale mi sento come colpito da un incantesimo Muffliato. Alle mie orecchie, infatti, giungono solo suoni indistinti ed un fitto brusio.
Sono come sballottato dalle onde di un mare in tempesta, mentre traballo e barcollo, per schivare l’ennesimo contatto indesiderato: con un ragazzino distratto, che non si preoccupa di guardare nella direzione in cui cammina perché troppo indaffarato a richiamare l’attenzione di un compagno distante, o con un genitore troppo impegnato a guardarsi intorno e valutare le altre persone in attesa.
Fortuna aver optato per questo compatto completo Babbano, perché nel mio mantello sono sicuro che qualcuno ci sarebbe rimasto immancabilmente invischiato, aumentando il mio disappunto.
Sospinto dalle voci indistinte dei numerosi gruppi familiari, che si incontrano o si scontrano e si separano, attendo.
“Papà, quando arriva la mamma?” Mi chiedi con voce impaziente.
“Arriverà in tempo, vedrai!” Ti rassicuro sorridendo, mentre un piccolo di non più di due anni arresta la sua corsa caracollante sulle mie gambe, rimbalza indietro e cade seduto ai miei piedi.
Guardo verso il basso ed un caschetto di capelli ricci e rossi svela due occhioni marroni sgranati che si alzano verso i miei, dopo aver percorso tutta la mia figura dalle caviglie al viso. La sua bocca si allarga, inarcandosi verso il basso e rivelando degli incisivi piuttosto pronunciati in mezzo a due binari di gengive rosa. Il bambino comincia a piangere forte.
Esai salta giù dalla valigia sulla quale è seduta, abbandonando velocemente la sua compostezza, ed io riconosco finalmente la sua agilità da gazzella, anche se compressa dall’abitino in pizzo bianco, che ha preteso in occasione della partenza. Lascia cadere l’ombrellino che tiene stretto nelle mani e perde il cappellino, che rotola distante da lei. S’inginocchia davanti al bambino, che continua a piangere disperato, ed io la imito.
“E’ senz’altro un Weasley!” Mi lascio sfuggire, mentre imbarazzato sollevo la creatura urlante, tenendola ben distaccata da me. A guardarlo bene, questo bambino mi richiama alla mente una grossa radice di Mandragora.
Intorno a noi si è creato un po’ di vuoto e tanto silenzio. Mi chiedo se sia perché la gente ha timore sapendo che la creatura è tra le braccia di un Mangiamorte. Sono costretto a guardare in faccia tutti quelli che mi sono intorno, alla ricerca di qualcuno che mostri interesse per questo bambino: devo sostenere i loro sguardi curiosi e divertiti.
In quel momento qualcuno mi saluta.
“Professor Piton, buongiorno!” Non devo faticare per capire a chi appartenga quella voce. Mi giro già sapendo di trovarmi di fronte Draco Malfoy. E’ circondato da altre persone, tra le quali individuo con certezza suo figlio: ha i suoi stessi occhi ed il suo stesso colore di capelli.
Mia figlia no, mia figlia assomiglia a sua madre: magnifici occhi verdi e morbidi capelli rossi. Mi accontento di riconoscermi in qualche sua espressione, specie quando è assorta o contrariata.
“Credo che sia il figlio più piccolo di Ron ed Hermione, professore!” Incalza Draco, segnalandomi con un ghigno divertito gli enormi incisivi del bambino.
“Credo anch’io, Draco!” Gli rispondo con tono piatto, con il bambino che non vuole proprio smettere di piangere.
Finalmente lo vedo: è Ron Weasley, che si fa strada a fatica tra la gente.
“Horace, Horace sono qui!” Grida al bambino mentre si avvicina. Alla fine ci raggiunge. Gli porgo l’infante, che finalmente smette di urlare. Il suo pianto si spegne in qualche residuo lamento.
Ron è sudato ed affannato, con la sua solita aria impacciata: la stessa che aveva quando frequentava le mie lezioni. E’ solo più stempiato ed appesantito. Alle sue spalle sopraggiunge Hermione. Con lei il passare del tempo è stato più clemente: al di là dello sguardo più maturo, conserva i tratti della ragazzina ambiziosa che era ai tempi della scuola.
“Il solito imbranato!” Sibila Draco esaminando Ron. Poi inchina la testa in segno di saluto, guardando Hermione con uno sguardo traverso.
“Ti ho sentito, sai?” Lo aggredisce Ron con sguardo di sfida.
“Smettetela voi due!” Li interrompe Hermione, prendendo in braccio il bambino che finalmente sorride stringendosi forte alla sua mamma.
“Professore, che piacere incontrarla qui in questa occasione!” Mi dice poi Hermione con tono affabile. “E questa è senza dubbio sua figlia!” Aggiunge osservandola con genuina dolcezza.
“Sì, questa è mia figlia Esai!” Confermo, evitando che l’orgoglio che provo in quella presentazione allarghi troppo il mio sorriso.
Con una disinvoltura inattesa, per un carattere timido e riservato come il suo, Esai stringe prontamente tutte le mani protese verso di lei.
Hermione, Draco e Ron sono tutti lì che la osservano ammirati e le porgono domande, alle quali lei risponde senza tradire impaccio, quasi si trovasse tra vecchi amici. Io continuo a guardarla con cuore gonfio di gioia e penso alla strada che ho percorso, che mi ha condotto dalle tenebre delle mie colpe a questo marciapiede assolato, sotto la guida paziente della donna che mi ha salvato dalla morte, da me stesso e da un destino di ombre e dolore, che sembrava segnato ed immutabile.
Nel bel mezzo dell’inverno, ho infine imparato che vi era in me un’invincibile estate. (i) L’ho imparato scaldandomi al fuoco dell’amore della mia Gea: infaticabile Guaritrice. Colei che ha curato le ferite del mio corpo e della mia anima, restituendomi alla vita.
Intanto sono sopraggiunti anche Ginny ed Harry. Sono consolato di poterlo guardare negli occhi senza afflizioni. E mentre faccio questa considerazione, lui mi tende la mano e mi saluta.
“Potter!” Dico stringendogli la mano. Lo osservo guardare Esai con muto stupore, mentre Ron rompe il silenzio esclamando, rivolto al suo amico di sempre ed indicando mia figlia: “potrebbe essere tua figlia, vero? Ha i tuoi stessi occhi ed i capelli di tua madre!” Arrossisce mentre si accorge in ritardo di aver perso un’altra buona occasione per tacere.
Harry gli rivolge un sorriso esitante ed imbarazzato, mentre io, con entrambe le mani poggiate sulle spalle di Esai, la tiro a me, non riuscendo a trattenermi dal ribattere: “Ed invece è mia!”.
Mi sento un po’ sciocco per quella replica. E l’eco delle mie parole ritorna più e più volte a tormentarmi e a contrariarmi.
Poi sento la voce di Esai imporsi su tutte. “Mamma!” Urla con gioia, sbracciandosi.
La vedo emergere dalla folla. Ha un vestito di seta rosa antico con la vita alta e stretta ed una gonna morbida, che le scende fino al ginocchio. Indossa un bolerino corto dello stesso colore, che sottolinea la sua figura esile. La gonna le sfiora i fianchi ondeggiando sinuosamente ad ogni suo passo, allo stesso ritmo dei suoi lunghi capelli ramati. E’ la mia donna.
Appena ci vede sorride dolcemente ed Esai appare finalmente raggiante, mentre le corre incontro e l’abbraccia. Lei la stringe forte a sé, puntando i suoi intensi occhi verdi nei miei neri e profondi. Quando Esai si libera dall’abbraccio, lei la prende per mano e si avvicina a me. Sono avvinto dal suo sguardo.
“Finalmente!” Le dico con una nota di velato rimprovero nella voce. Ma neppure io credo fino in fondo di volerla davvero rimproverare ed accenno un sorriso traverso.
“Mamma, avevo paura che non riuscissi ad arrivare in tempo!” Aggiunge Esai con voce sollevata.
Lei mi prende la mano e mi bacia con dolcezza sulle labbra. Con la coda dell’occhio scorgo un sorrisetto malizioso di Draco, ma non m’importa. Socchiudo leggermente gli occhi ed inspiro profondamente il suo profumo, mentre ricambio il bacio.
Non m’importa. Davvero non m’importa di altro che non siano le nostre tre anime ed il nostro amore.
“Le 10,45, sono in perfetto orario!” Risponde soddisfatta la mia donna, girandosi verso il gruppetto dei nostri ex alunni per salutare.
Ron arrossisce di nuovo e balbetta un saluto. Hermione la bacia e le sorride. Harry la guarda ammirato mentre le stringe la mano. Draco le fa un cenno con la testa, mentre Ginny alza una mano in segno di saluto, non riuscendo a raggiungerla.
Forse sarà per la serenità che m’infonde la sua presenza, ma da quando è arrivata, i suoni, che assediavano i miei timpani col loro fitto brusio, si sono sciolti: odo voci e parole, frasi di saluto e raccomandazioni accorate.
Il Muffliato che mi era stato scagliato è stato annullato.
“E’ ora!” Dico ad Esai guardando l’orologio che segna ormai le 10,55. “Conviene che tu salga a prendere posto!”
L’insolita assemblea si scioglie in composti saluti.
“Professore, non sia troppo duro con i ragazzi!” Butta lì Draco, con tono allusivo.
“Ci proverò!” Replico con poca convinzione, allontanandomi da lui.
Individuiamo uno scompartimento libero. Sistemo le valigie della mia bambina, mentre sopraggiungono i figli di Draco e di Harry.
Scendo dal treno e mi fermo davanti al finestrino, con Gea al mio fianco. Esai si alza dal suo posto e appendendosi con tutto il suo peso al finestrino, riesce ad aprirlo.
“Ci vediamo allo smistamento nelle Case, papà!” Mi dice non riuscendo a nascondere una nota di orgoglio nella voce. “Mamma, noi ci vediamo a casa. Hai sufficiente Polvere Volante per la Metropolvere?” Aggiunge con tono apprensivo, ricordando forse l’ultimo clamoroso ritardo della madre, che aveva appunto finito la Polvere Volante.
Gea prende ancora la mia mano e si stringe a me, mentre aspettiamo che il treno si metta in moto e, quando accade, ho un leggero sussulto, che solo lei può percepire. Si volta e mi bacia delicatamente sulla guancia. “E’ solo per qualche ora, la rivedi presto la tua bambina!” Mi sussurra dolcemente. Lei sa quanto ancora io abbia paura dei distacchi, quanto ancora poco mi senta al sicuro e quanto tema per l’incolumità delle donne della mia vita. “Non tornare tardi dalla cena di stasera!” Aggiunge rivolgendomi uno sguardo di divertita complicità. “Sai bene quanto io ti trovi irresistibile nei tuoi completi Babbani. Ho qualche progetto per questa notte!” Conclude allontanandosi da me, con occhi maliziosi.
Rimango lì mentre la folla si disperde, le voci si allontanano e la scia di vapore del treno scompare dietro l’ultima curva.
Penso con curiosità a quale sarà la Casa che avrà la fortuna di avere la mia Esai e già so che desidero solo che sia felice con i suoi nuovi amici.
Mi assale il desiderio di avere tra le braccia la mia donna ed invoco la notte, sapendola ormai piena di luminose stelle.
FINE
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(i) Tratto dalla poesia “Invincibile estate” di Albert Camus
Edited by Gabrix1967 - 17/5/2018, 22:29