Il Calderone di Severus

Gabrix1967 - Cantico di primavera, Tipologia: Song-fic. Genere: introspettivo/drammatico. Personaggi: Severus Epoca: 6° anno Avvertimenti: AU

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view post Posted on 25/3/2019, 10:58
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GabrixSnape

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Titolo: Cantico di Primavera
Autore/data: Gabrix1967 – 15/21 marzo 2019
Beta-reader: nessuno
Tipologia: song-fic
Rating: per tutti
Genere: introspettivo/drammatico.
Personaggi: Severus
Epoca: 6° anno
Avvertimenti: AU

Nota 1: Questo racconto era stato scritto per la Sfida n. 7 FA+FF: Severus e le Stagioni, scaduta con mia “sorpresa” ieri. D’altronde, quando, chiedendo di essere accolta tra le vestali del tempio, ho scelto il nome di Caos, non l’ho fatto senza una ragione.

Nota 2: I versi, citati tra virgolette all’inizio di ogni paragrafo, sono quelli della canzone (poesia) Cantico dei Drogati, di Fabrizio De Andrè (che amo immensamente). Benché il tema della canzone sia altro, alcune parti le ho trovate molto adatte a descrivere l’animo ed i sentimenti di Severus.

Nota 3: Mi rendo conto che il componimento non è originale. In molti, e meglio di me, hanno usato questo genere di “ispirazione” per impostare i loro elaborati. Ma è un’idea che mi è piaciuta molto ed ho voluto sperimentarla.

Nota 4: Esercizio di “scrittura a tema”.

Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. I personaggi originali, ove presenti, i luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.

Titolo: “Cantico di Primavera”



“Ho licenziato Dio
gettato via un amore
per costruirmi il vuoto
nell'anima e nel cuore.
Le parole che dico
non han più forma né accento
si trasformano i suoni
in un sordo lamento.”


Cominciò tutto una mattina quando il sole, non più timido, rubò prepotentemente spazio alle nuvole grevi e grigie che per tanti mesi avevano separato il castello dal cielo.

Severus si avvicinò alla finestra della sua stanza, attratto dalla straordinaria luminosità che filtrava dai teli spessi della tenda accostati tra loro.

Con un gesto deciso, afferrò i due pesanti lembi di stoffa e li separò.

Impreparato com’era a quella improvvisa ondata di luce abbacinante che, fino a quel momento premuta sulla stoffa, lo inondò improvvisamente, chiuse istintivamente gli occhi e voltò velocemente il capo fino a quando le sue palpebre avvertirono nuovamente la protezione dell’ombra.

Merlino,” considerò tra sé, “la primavera è proprio vicina!

Poi, e questa volta con molta cautela, si voltò di nuovo a guardare fuori dalla finestra. Sulle colline intorno al castello, il bianco manto di neve brillava al sole. Ma il lento stillicidio di gocce che, provenienti dal tetto rigavano i vetri della sua finestra, segnalava che, con tutta evidenza, la natura si sarebbe presto risvegliata.

Anche il ghiaccio che colmava il vuoto della sua anima e del suo cuore rischiava ora di essere intaccato dal ritrovato tepore. L’annuncio della primavera, con i suoi colori ed i suoi profumi, lo turbò profondamente. Mai, come in quella stagione, si sentiva vulnerabile.

*****



“Mentre fra gli altri nudi
io striscio verso un fuoco
che illumina i fantasmi
di questo osceno giuoco.
Come potrò dire a mia madre
che ho paura?”


Questa stagione per gli studenti di Hogwarts era sempre stata una faccenda complicata.

I colori che con il passare dei giorni si imponevano sull’inimmaginabile gamma di grigi invernali, durante questa stagione venivano stemperati solo dal cupo colore delle tegole del tetto e dall’austerità della costruzione che gli accoglieva.

E i colori ed il tepore crescente dei raggi del sole sembrava avere un effetto infausto sulle menti immature: intorpidendole, rallentandole ed esponendole senza riguardo alla bizzarria dei sentimenti, spettinati dalla brezza primaverile.

Severus ebbe un fremito. Presto l’oscena danza dei sensi ridestati sarebbe andata in scena e lui non avrebbe potuto sottrarvisi, nonostante quel gioco a lui fosse da sempre precluso.

Scosse istintivamente il capo, quasi a voler scacciare una fastidiosa presenza. Ma quella era solo il pensiero del risveglio che a lui continuava ad essere negato.

Disastri in vista!” considerò mentre si affrettava a prepararsi per affrontare la lunga giornata di lezioni che l’attendeva.

*****



“Chi mi riparlerà
di domani luminosi
dove i muti canteranno
e taceranno i noiosi
quando riascolterò
il vento tra le foglie
sussurrare i silenzi
che la sera raccoglie.”


Severus era riuscito ad arrivare in classe prima degli studenti. Dalla sua postazione, che dominava l’aula, li vide entrare con i piccoli volti assonnati. Un paio di loro, in fondo alla classe, prese posto sbadigliando e questo lo irritò molto, ma non sottolineò l’episodio: già quella mattinata stentava ad avviarsi, non avrebbe consentito al suo disagio di prendere il sopravvento così presto.

Nessun disastro, nessuna esplosione. Le sue nere previsioni non si realizzarono né in quella prima ora, né nelle seguenti. Forse era stato troppo severo nel valutare i suoi studenti.

Tuttavia, benché le lezioni fossero trascorse senza incidenti, il mago, con l’avanzare delle ore del giorno e del tepore, aveva visto serpeggiare e crescere tra gli alunni una strana frenesia. Una, ai suoi occhi irragionevole, smania che impediva loro di stare fermi al posto. Li aveva osservati muoversi irrequieti alla ricerca di qualcosa, alzarsi continuamente per prendere libri o ingredienti dagli scaffali, lanciarsi occhiate e scambiarsi segni d’intesa.

Quando le ore di lezione terminarono, si sentì stanco come non gli capitava da tempo.

Prendere le distanze da quella molesta situazione era la sua ambizione.

Una passeggiata al lago, la soluzione che il cuore gli suggerì.

Da sempre amava cercare lì, nei sussurri del vento tra le foglie degli alberi che circondavano l’ampia superficie color smeraldo, la quiete che mancava al suo animo.

Nel cortile interno della scuola, che attraversò schivando i numerosi gruppetti di studenti che vi si erano riversati per godere del calore del sole in quelle ore centrali della giornata, ebbe la sensazione che la ritrovata luminosità avesse infuso nell’animo di tutti nuove aspettative, desideri, attese e speranze.
Sfiorò quindi tutte quelle esistenze illuminate dalla luce di un futuro, che lui sentiva essergli stato rubato da tempo.

*****



“Io che non vedo più
che folletti di vetro
che mi spiano davanti
che mi ridono dietro.
Come potrò dire la mia madre
che ho paura?”


Severus si lasciò alle spalle gli sguardi distratti e l’allegro brusio, al quale sentiva di non appartenere. Ogni immagine di quel passaggio e ogni risata lo ferivano. Quasi che gli occhi, che avevano per avventura incrociato i suoi, avessero potuto cogliere il suo sentimento di inadeguatezza e che questo avesse provocato quella dilagante ilarità.

Il suo passo si fece impaziente e veloce. Solo quando i rumori della natura inghiottirono le voci che lo perseguitavano, rallentò.

Era fuggito! L’idea lo scosse e lo irritò, ma una lieve ed improvvisa folata di vento cacciò via la rabbia. Quella delicata carezza sembrò calmarlo.

*****



“Perché non hanno fatto
delle grandi pattumiere
per i giorni già usati
per queste ed altre sere.
E chi, chi sarà mai
il buttafuori del sole
chi lo spinge ogni giorno
sulla scena alle prime ore.”


Il prato in riva al lago era una garanzia di quiete. Lì, lontano dall’ombra degli alberi, il sole aveva asciugato la terra e l’erba, resa rigogliosa dall’abbondante acqua ricevuta. Il calore e la luce dei raggi, che altrove erano ancora incerti, qui risultava amplificato per effetto del riverbero sulla superficie del lago.

E quel verde, quel tepore, quel silenzio sembravano pacificare Severus.

Si fermò davanti allo specchio quieto, osservò il panorama incontaminato da forme di vita umana e ancora il vento gli accarezzò i capelli, come una promessa di tenerezza.

Si guardò intorno. L’abitudine da spia di verificare i luoghi e valutarne la sicurezza non lo abbandonava mai. Poi, accertatosi di essere da solo, si inginocchiò sul prato e sfiorò delicatamente i fili d’erba con i polpastrelli; lasciò quindi che quelle foglie sottili gli lambissero il palmo della mano; li osservò flettersi ad ogni sfioramento. Quindi socchiuse gli occhi e sollevò la faccia verso il cielo, lasciando che quel tepore gli accarezzasse il viso.
Respirò con voluttà, sentendosi invaso da un breve sentimento di pace. “Perché non era possibile isolare i cattivi ricordi ed le emozioni dolorose in un angolo inaccessibile dell’anima, perché erano loro i nascosti padroni del suo cuore?

I bagliori del lago lo avvincevano, promettendo ciò che lui non osava più sperare.

Si sedette raccogliendo l’ampio mantello, perché il nero non prevalesse sul verde del prato. Si appoggiò sui gomiti e lasciò che i fili d’erba s’insinuassero tra le dita delle sue mani, quasi inghiottendole.
Ancora un senso di inquietudine venne a scuoterlo e Severus si voltò in ogni direzione, ripetendo il rituale al quale era fin troppo avvezzo.
Nessuno all’orizzonte. Solo riflessi di verde: dagli alberi, dal prato, dal lago … dai suoi ricordi.

In un desiderio infantile, sentendosi protetto dal silenzio e dalla solitudine, slacciò le scarpe e se le tolse. Liberò i piedi dalle calze e li appoggiò lentamente sul morbido manto verde, lasciando, come aveva fatto per le mani, che i fili d’erba gli accarezzassero la pelle. Poi li spinse sul terreno, per sentirli accogliere da quel soffice vello.
Osservò i suoi piedi pallidi, affondati nel fitto di quella tenera e ridente vegetazione. Gustò quel contatto fresco e rigenerante. “Da quanto tempo qualcuno o qualcosa non lo sfiorava con tanta delicatezza?” Cominciò a muovere le dita dei piedi, serrandole e allargandole, pizzicando e stringendo i ciuffi d’erba. Le sue labbra si abbandonarono ad un impercettibile sorriso, mentre la sua mente, ancora una volta, gli domandava perché non fosse possibile dimenticare il passato ed i dolori che portava con sé.

“Ecco dov’eri finito?”
Una voce femminile, ferma e gentile, proveniente dalle sue spalle lo fece trasalire. Si alzò rapidamente da terra, impugnò d’istinto la bacchetta e la puntò in direzione della nuova arrivata.

“Minerva!” esclamò in un sussulto.

“Severus!” gli rispose la nuova arrivata, sollevando un braccio in un gesto di protezione, intimorita dalla vista della bacchetta.

“Scusami, non intendevo spaventarti,” si giustificò il mago abbassando la sua arma.

“Colpa mia, non dovevo arrivarti alle spalle di soppiatto,” lo rassicurò l’anziana strega ormai rasserenata, guardando divertita i piedi nudi del suo interlocutore.

Severus arrossì, sentendosi stupido.

“Il dolce tepore primaverile.” osservò Minerva distogliendo lo sguardo dall’inconsueta visione, provando a metterlo più a suo agio.

“Già,” riuscì solo ad aggiungere Severus.

“Sono venuta in riva al lago per cercare dell’ortica bianca; da queste parti ne cresce una varietà piuttosto rara.” lo incalzò la strega, cercando una scusa per allontanarsi. “Sai, la uso per dormire. Sono tempi difficili.” concluse con un sorriso amaro. Poi si voltò più volte a destra e a sinistra osservando il terreno intorno e con uno sguardo imbarazzato chiese congedo.

Severus si ritrovò da solo e scalzo sul prato in riva al lago.
Un profondo senso di inadeguatezza e vulnerabilità, ancora una volta, lo assalì. Si piegò per rimettersi le scarpe. Quando si rialzò, la strega era scomparsa.

*****



“E soprattutto chi
e perché mi ha messo al mondo
dove vivo la mia morte
con un anticipo tremendo?
Come potrò dire a mia madre
che ho paura?”


Severus s’incamminò verso un sentiero che percorreva il lago, incapace di rinunciare al caldo abbraccio del sole.
Più si allontanava dal castello, più la consapevolezza di dover presto rientrare gli schiacciava il petto. Ancora un dovere. Un’ennesima rinuncia.
Un’intera esistenza condotta nella consapevolezza di dover fare quanto era necessario per la causa, privata da qualsiasi conforto, anche il più innocente.
Un sollievo, un sostegno, un aiuto, un incoraggiamento. Tutti supporti rifiutati a chi è costretto a condurre la propria vita negandola ed anticipando in terra la propria morte.
Ma a chi raccontare la propria paura? Era tempo che Severus non poteva contare neppure sull’ affettuoso abbraccio materno.

Un brivido gelato gli percorse la schiena. Alzò gli occhi al cielo e vide due spesse nuvole correre verso il sole ed in pochi istanti soffocarlo in un nero abbraccio.
Fu questione di attimi e l’ammiccante volta celeste gli riversò addosso tutte le lacrime che non aveva mai avuto il coraggio di piangere.
Mentre la pioggia penetrava in ogni fibra dei suoi abiti, incollandoglieli sulla pelle, gli tornò in mente un antico proverbio scozzese, che aveva spesso udito pronunciare da suo nonno paterno: “se esiste qualcosa di peggiore del brutto tempo è indossare i vestiti sbagliati”.

*****


“Quando scadrà l'affitto
di questo corpo idiota
allora avrò il mio premio
come una buona nota:
mi citeran di monito
a chi crede sia bello
giocherellare a palla
con il proprio cervello.”


Severus avrebbe potuto proteggersi con qualche incantesimo, ma sentì di non doverlo fare. Accolse quelle stille gelate come un dono: ghiaccio su ghiaccio, perché gli fosse chiara la sua giusta collocazione.

Perché cercare riparo per qualcosa che non aveva valore e non meritava di essere protetto?

In fondo, sentiva che il contratto d’affitto per la dimora della sua anima era in scadenza.

A cosa valeva quindi preoccuparsi di evitare una pioggia primaverile, quando avrebbe volentieri scambiato con mille altre sofferenze per il suo corpo la lenta e lunga agonia della sua anima?

*****



“Cercando di lanciarlo
oltre il confine stabilito
che qualcuno ha tracciato
ai bordi dell'infinito.
Come potrò dire a mia madre
che ho paura?”


Severus, Era ormai vicino all’ingresso del castello.
Il corpo congelato. I capelli incollati alla testa ed al volto. Sulle guance, pallide e scarne, le gocce d’acqua s’inseguivano, disegnando ogni volta una traiettoria diversa.

Bagnami, raffreddami, impediscimi di sentire ancora questo peso sul cuore,” era l’invito che sembrava rivolgere al cielo.

Mamma, non lo vedi che ho paura?” sussurrò volgendo lo sguardo in alto, mentre oltrepassava la soglia del cancello. Fu un attimo, un inconfessabile desiderio di condivisione che il cielo cupo, compresso dalle nuvole gravide di pioggia, gli mandò indietro con noncurante biasimo. Come uno schiaffo in pieno viso. L’ennesima offesa del fato.

*****



“Tu che m'ascolti insegnami
un alfabeto che sia
differente da quello
della mia vigliaccheria.”


“Severus, cosa ti è successo?”
Una voce premurosa lo risvegliò dai suoi pensieri ed una sagoma sfocata, di un vago colore azzurrino, emerse dall’ombra guardandolo con stupore.

“Oh Albus, la pioggia,” riuscì a dire, ma poi tacque. Era evidente che per un mago della sua potenza la pioggia fosse un accidenti di nessun peso.

Il mago più anziano lo osservò con apprensione, non aveva bisogno di altre parole per capire quali sentimenti albergavano nel cuore del suo giovane interlocutore.
“Ragazzo mio, è solo acqua dal cielo,” gli suggerì sottovoce, posandogli una mano sulla spalla.

Severus scansò quel contatto, impugnò la sua bacchetta e con un’ampia rotazione del braccio, sottolineata dal dispiegarsi del pesante tessuto del suo mantello, si rimise in ordine. “Rientriamo?” chiese poi con tono distaccato.

“Mi sembra il caso, è ormai ora di cena.” gli rispose il Preside.
Si avviarono muti verso la Sala Grande.

Insegnami a non avere paura, madre,” pensò Severus, mentre sul suo volto si imponeva la fredda maschera del distacco.

Edited by Ida59 - 25/3/2019, 17:44
 
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view post Posted on 26/3/2019, 22:16
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I ♥ Severus


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Da un dolce sogno d'amore!

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Una storia intensa, che segue bene le linee della song fic, assegnandole un preciso significato, magari anche diverso da quello originale, ma pur sempre più che valido.
Scritta molto bene, con termini deliziosamente appropriati che evocano in modo incisivo immagini, sensazioni ed emozioni. Ricordi e dolori.
E quando dico dolore, non scherzo:
CITAZIONE
Severus avrebbe potuto proteggersi con qualche incantesimo, ma sentì di non doverlo fare. Accolse quelle stille gelate come un dono: ghiaccio su ghiaccio, perché gli fosse chiara la sua giusta collocazione.

Povero amore mio.
E questo, Gabri, anche se tu non lo sai, è il tuo primo PAM!
CITAZIONE
A cosa valeva quindi preoccuparsi di evitare una pioggia primaverile, quando avrebbe volentieri scambiato con mille altre sofferenze per il suo corpo la lenta e lunga agonia della sua anima?

PAM PAM PAM!

Bella, davvero una bella storia, scritta benissimo e che regala l'intensità delle emozioni, amare e addolorate, di Severus.
Complimenti! :lovelove:
 
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view post Posted on 27/3/2019, 07:17
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GabrixSnape

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Doppiamente emozionata. Per le tue parole e per il mio primo PAM. :wub:
 
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view post Posted on 27/3/2019, 19:18
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Emozionante ed emotivamente coinvolgente questa storia che accarezza con uno sguardo dolente l'anima di Severus.
La primavera è un inutile spreco di sole e compagnia per lui solo ed emarginato, ancora più solo e più lontano dal genere umano che predilige questa stagione.
In più di un passaggio mi hai fatto stringere il cuore .
Bellissime immagini che corrispondono a sentimenti e sensazioni, anche per contrasto.

Sei stata davvero brava nel descrivere la fragile umana condivisione con la natura: erba, pioggia, e soprattutto infinita e devastante diversità da tutto ciò che è comprensione e compagnia.

Eppure Severus desidera un gesto, una parola, un assaggio d'amore.
Chi lo capisce? Chi lo aiuta?
Mi hai fatto rabbrividire al pensiero del grido silenzioso che si leva dal suo cuore e accetta la pioggia come lacrime mai piante.

Un brano veramente ricco di umanità, di amarezza e perdita, un brano che nasce dal cuore e attraverso le parole arriva dritto all'anima del lettore.
Quando si scrive così si emoziona e ci si emoziona.

Un piccolo gioiello davvero prezioso.
Complimenti, Gabri!
 
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view post Posted on 27/3/2019, 19:45
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GabrixSnape

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CITAZIONE (chiara53 @ 27/3/2019, 19:18) 
Quando si scrive così si emoziona e ci si emoziona.

Ti assicuro che anche leggere commenti come il tuo è molto emozionante. :wub:
 
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4 replies since 25/3/2019, 10:58   129 views
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