Titolo: Mercoledì, 31 ottobre, ore 22:45...
Autore/data: Ele Snapey - 31/01/2005
Beta-reader: Ida59
Tipologia: long fic
Rating: per tutti
Genere: romantico - avventuroso
Personaggi: Severus, Personaggio originale, Remus Lupin, Albus Silente, Minerva McGranitt, Harry, Ron, Hermione, Neville Paciock
Pairing: Severus/Personaggio originale
Epoca: 3° anno
Avvertimenti: nessuno
Riassunto: Hogwarts: inizia per Harry Potter il terzo anno di frequentazione alla scuola di Magia e Stregoneria...
Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. I personaggi originali e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.
N.d.A: Questa long fic è il primo episodio di una tetralogia a cui fanno seguito due storie intitolate Plenilunio e One of the few, e che chiude con la long fic intitolata Lacrima di Fenice. Questa è stata anche la prima di tante altre storie dedicate a Severus che ho scritto.
MERCOLEDI’, 31 OTTOBRE, ORE 22:45…..
SABATO, 22 SETTEMBRE, ore 10:00Albus Silente scrutò di nuovo il cielo che quella mattina di settembre appariva terso, luminoso ed incredibilmente azzurro come i suoi occhi.
Incrociò le braccia sul petto sospirando piano poi, per l’ennesima volta, da una recondita tasca dell’ampio mantello estrasse l’orologio a cipolla d’argento, lo guardò e, con un altro piccolo sospiro rassegnato, lo ripose da dove lo aveva preso.
Mosse un paio di passi verso il centro del cortile interno alla scuola e borbottò tra sé qualcosa come:
“Eeehhh, puntualità… questa sconosciuta… Santo cielo ma non imparerà proprio mai e poi mai ad arrivare in orario… no, è inutile sperarlo…”.Il soliloquio fu interrotto da un movimento alle sue spalle e dal rumore di passi attutiti che lo obbligarono a voltarsi.
- Ah, Severus!- sorrise bonariamente il preside, rivolgendosi al nuovo arrivato.
Piton lo salutò con un breve ed essenziale cenno di capo, si fermò di fronte a lui e, intrecciando le mani fra loro con movimento lento ed elegante, parlò in tono grave, inarcando leggermente le sopracciglia.
- Buongiorno, preside. Volevo solo chiederle se ha qualche momento da dedicarmi per la questione che riguarda Paciock… Ha presente l’ennesimo disastro che ha combinato l’altro ieri durante le mie due ore?
- Ehm sì, Severus, ho ben presente ma ho paura che dovremo rimandare la discussione a più tardi sai… - lo interruppe l’altro.
- Ma è impossibile soprassedere ancora a un problema così urgente, preside. Neville Paciock è diventata ormai una questione di sicurezza all’interno della scuola; è un danno deambulante, un elemento pericoloso per chiunque gli graviti attorno, una bomba ad orologeria innescata e pronta ad esplodere…
- Severus… - Silente tentò debolmente di arrestare il profluvio di parole del maestro di Pozioni.
- E’ nostro dovere, per la sicurezza degli altri studenti e per il prestigio della scuola, risolvere al più presto questa delicata faccenda, prendendo seri provvedimenti nei confronti del ragazzo per evitare ulteriori…
Il preside alzò gli occhi al cielo.
- Santo cielo,
Severus! - esclamò in tono fermo, ottenendo finalmente di interrompere Piton che stava accendendosi al ricordo di quello che era successo due giorni prima.
- Capisco bene il tuo stato d’animo, anche se non posso fare a meno di pensare che il tuo punto di vista prevenuto nei confronti di Neville Paciock sia leggermente condizionato dal fatto che il ragazzo appartiene a Grifondoro. - osservò il vecchio mago sbirciando maliziosamente il volto pallido e grave dell’altro, che lasciò trapelare una smorfia impercettibile di fastidio.
- Ma devi capire che non è così semplice prendere adesso, su due piedi, una decisione a riguardo. Sarebbe troppo precipitoso, affrettato e poco corretto farlo qui, nel cortile della scuola, fra te e me, senza aver dato ascolto al parere degli altri insegnanti. Nel prossimo collegio docenti porteremo all’ordine del giorno anche questa faccenda, e allora…
Il preside stava per proseguire nel discorso, ma si bloccò repentinamente sentendo provenire dall’alto una specie di fischio acuto.
-
Via, via, largo, spostateviiiii! – strepitò una voce proveniente dalla stessa direzione.
I due uomini alzarono nello stesso istante gli sguardi verso il cielo da dove stava piombando, a velocità sostenuta, un oggetto color rosso fuoco.
Con un’esclamazione soffocata il professor Piton si spostò rapido verso il colonnato che divideva i corridoi dal cortile, trascinando con sé per un braccio un Albus Silente dai riflessi meno pronti.
L’oggetto atterrò pesantemente al suolo, rimbalzando un paio di volte prima di terminare la sua corsa davanti ai due maghi tra un turbinio di erba, terra, polvere e rumore di ferraglia.
Sul viso di Piton si dipinse una curiosa espressione allibita; spalancò la bocca, e la tenne così per qualche minuto buono senza riuscire a pronunciare sillaba.
La fisionomia del vecchio preside si spianò invece in un dolce sorriso paterno.
L’oggetto piovuto dal cielo si rivelò essere una mountain bike rossa fiammante a cui erano assicurate un paio di valige e una gabbia nel cui interno si agitava un gufo dalle penne arruffate color cenere, e sul cui sellino era seduta una giovane donna con tanto di casco e occhialoni che nascondevano parzialmente il suo viso.
La ragazza stava borbottando ancora qualcosa riguardo le marce che facevano fatica ad entrare e i freni che avrebbe dovuto decidersi a far sistemare, quando Silente le andò incontro a braccia aperte.
- Bambina mia, finalmente! In ritardo di un’ora, come di norma, ma sei arrivata grazie al cielo.
- Zio Albus, che bello rivederti! Scusa, scusa, scusa il ritardo ma sai com’è… ho perso tempo con i bagagli e poi non ho trovato subito le indicazioni e…. e poi… - esclamò la ragazza con voce squillante, smontando dal mezzo di locomozione infernale e dedicando al vecchio mago un sorriso bianchissimo e radioso.
- Lo so, lo so com’è mia cara. E’ più forte di te, non riesci a essere puntuale ma… ehm… ti avevo anche consigliato di prendere l’espresso per Hogwarts che ti avrebbe portato dritto qui partendo
in orario dalla stazione di King’s Cross; senza contare il fatto che è un mezzo di trasporto sicuramente meno pericoloso dell’aggeggio che continui ad ostinarti ad usare per i tuoi spostamenti. - sospirò Albus, gettando uno sguardo sconsolato alla mountain bike impolverata che la donna aveva parcheggiato davanti a loro.
- Uh già, il treno… Ma, tanto, sarei riuscita a perderlo comunque, zietto! - gli rispose la ragazza, facendo spallucce, e nel frattempo aveva tolto il casco e gli occhialoni mentre lo abbracciava.
Silente si rivolse al professore di Pozioni che intanto era riuscito a chiudere la bocca e a ricomporsi dignitosamente.
- Severus, sono passati tanti anni ma ricorderai di certo mia nipote Lavinia. Iniziò il primo anno ad Hogwarts quando tu e… ehm… e gli altri… ehm… frequentavate il quarto.
Il volto di Severus Piton si fece di marmo.
- Lavinia è figlia di mia sorella Adelaide… - il preside intanto, continuando a parlare, si era avvicinato a lui con un braccio attorno alle spalle della ragazza.
Piton la squadrò con freddezza: ma come diavolo avrebbe potuto ricordarsi di quella che, allora, era sicuramente solo una delle tante, insulse ragazzine del primo anno?
E anche ora, guardandola attentamente, la sua fisionomia continuava a apparirgli anonima.
Non smise comunque di osservarla minuziosamente intanto che lei e Silente si approssimavano a lui.
Lavinia era di corporatura piccola e minuta, aveva un volto grazioso e solare dall’espressione intelligente incorniciato da corti capelli castani tra cui brillavano ciocche ribelli di un bel rosso mogano.
Il sorriso contagioso si allargò man mano che si avvicinava, e il Potion Master notò che aveva due straordinari occhi azzurro cielo proprio come quelli del preside.
Un evidente marchio di fabbrica così com'era molto probabile:
“Qualche rotella in meno nel cervello...” concluse malignamente fra sé.
Indossava una comoda giacca a tre quarti e pantaloni, entrambi color cachi.
Il completo era stropicciato e impolverato a causa del viaggio e, come notò inorridito, la ragazza ci si stava spazzolando tranquillamente sopra le mani sporche di grasso della catena.
- Severus Piton! – esclamò la nipote di Silente, puntandogli l’indice contro con l’aria trionfante di chi ha appena indovinato la risposta di un quiz a premi.
- Già…- pronunciò lui, in tono profondo e secco, infilando le mani nelle tasche della giacca nella speranza che la ragazza non gli tendesse la sua per presentarsi. Poi ridusse lo sguardo a sottili fessure nere.
- Ti ricordo perfettamente. Non sei cambiato molto da allora, a parte che sei più alto, hai qualche chiletto in più e… un viso sicuramente più maturo. – continuò lei, terminando di esaminarlo.
Piton decise che il tono della ragazza iniziava già a dargli pesantemente fastidio.
- Per il resto direi che sei abbastanza uguale rispetto agli anni in cui frequentavamo la scuola. E tu, non ti ricordi di me? Lavinia… Lavinia Morgana O’Connor, quella piccoletta con gli occhiali…
“Beh, non che tu sia cresciuta molto in tutti questi anni…” pensò sempre più malignamente lui, notando come gli arrivasse a malapena alla spalla.
- Ero sempre seduta in fondo al tavolo, tra Timotheus Griffin il ragazzo grasso, rosso di capelli, bravo quasi quanto te in Pozioni e Bessie Sinclair, quella che poi è stata la prima ragazza a diventare capitano della
nostra squadra di Quidditch.
- Nostra squadra... Serpeverde?! - sbottò Piton, stupito. Avrebbe giurato, con una mano sul fuoco, che la mocciosa fosse stata una Grifondoro!
- Sì, Serpeverde. Io e te eravamo nella stessa casa, non ricordi? Mamma appartiene al ramo familiare di maghi smistati a Grifondoro…- spiegò Lavinia, guardando lo zio. - Dalla parte di papà invece ci furono solo Serpeverde e il Cappello Parlante decise che io avrei dovuto evidentemente continuare a perpetrare la tradizione paterna, anche se… sono quasi convinta che fece qualche piccolo errore di valutazione nei miei confronti.
Fu allora che, lentamente, le nebbie che offuscavano la mente del professore iniziarono a diradarsi, permettendogli di intravedere la figura di una ragazzetta con indosso una divisa scolastica verde e argento, i lunghi capelli castani raccolti a coda di cavallo e due occhi vivaci ed espressivi nascosti dietro a un paio di occhiali dalla montatura di corno.
- Lavinia… certo, Lavinia O’Connor, ora ricordo. Lei invece è cambiata parecchio. Mi pare di ricordare che l’anno dopo giocasse a Quidditch come cercatrice, non è vero? – scandì, con voce appena percettibile, rivolgendosi alla ragazza in terza persona tanto per chiarire subito che ci teneva a mantenere bene le distanze.
Lavinia se ne accorse subito e il suo sorriso si spense piano piano.
- Sì, ricorda bene, professore…- rispose, adeguandosi al tono distaccato del mago, senza però poter fare a meno di guardarlo da sotto in su con aria un po’ insolente.
- E ricordo anche perfettamente come amasse frequentare spesso e volentieri quei perditempo di Potter, Lupin, Black e Minus, nonostante appartenessero alla casa con cui Serpeverde ha sempre avuto ben poco da spartire…– proseguì l’uomo, con sguardo gelido e tono sprezzante.
- Pessime frequentazioni, signorina O’Connor, secondo il mio personale punto di vista. - concluse con un mezzo sorriso obliquo, squadrandola dall’alto in basso con le mani sempre affondate nelle tasche.
Silente, che fino a quel momento si era tenuto un po’ in disparte, tossicchiò nervosamente e prese la nipote per mano.
- Bene, bene ragazzi. Proprio ora che… ecco… avete dato la stura ad una serie di piacevoli ricordi… ehm… è un vero peccato dovervi interrompere. Ora però, mia cara, ti pregherei di seguirmi dal momento che è abbastanza tardi e morirai dalla voglia di sistemarti e di rilassarti un po’ prima di scendere in Sala Grande per cena. - disse, constatando come lo sguardo di Lavinia si fosse fatto più tagliente.
- Noto con vero piacere che lei invece non è proprio cambiato per nulla, caro professore. - riuscì comunque a replicare lei, scuotendo il capo, mentre il preside cercava di trascinarla via.
Contemporaneamente si voltò, fissando la bicicletta che aveva lasciato alle spalle appoggiata al cavalletto. Strizzò appena gli occhi, e sul suo volto si dipinse un’espressione concentrata. Quindi il mezzo di locomozione, rimosso il cavalletto, iniziò a muoversi da solo per seguirla docilmente mentre si avviava assieme allo zio verso i corridoi.
- Un’ultima cosa signorina O’Connor…- la voce profonda di Piton la costrinse a fermarsi.
Si girò, guardando interrogativamente la figura nera del professore, e fu attratta per un momento dal lieve oscillare del suo mantello mosso appena dalla brezza; poi fissò le lunghe dita delle mani che l’uomo era tornato ad incrociare elegantemente al petto.
- Posso sapere che cos’è quella specie di aggeggio che sembrerebbe una bicicletta babbana, e di cui fa uso per viaggiare?
- In effetti
è una bicicletta. Si chiama mountain bike, e i babbani la usano su terreni accidentati o sentieri di montagna. E’ provvista di marce per il cambio e di rapporto sui pedali. Cosa che permette, usata alla maniera babbana, di cambiare velocità di pedalata per poter affrontare con minore fatica le salite e le asperità. Invece a me, in volo, consente di superare meglio turbolenze, vuoti d’aria e correnti contrarie. – spiegò la ragazza.
- Perbacco! Ma… usare la scopa… come tutti i maghi e le streghe di questo mondo? - replicò lui in tono provocatorio, mentre un sorrisetto che voleva essere di commiserazione gli sfiorava le labbra.
- Più comoda la bici: meglio avere sotto le chiappe un pratico sellino, piuttosto che un sottile manico di scopa. La saluto! - tagliò corto Lavinia dandogli velocemente le spalle, e lo piantò in asso in mezzo al cortile senza aspettare che lui potesse replicare altro.
- Accidenti, zio Albus, lo ricordavo antipatico, scontroso, solitario, cupo e lo ritrovo tale e quale. Anzi, se posso aggiungere ancora qualcosa devo dire che, adesso, è pure un tantinello arrogante e supponente. Caspita, che strepitosa evoluzione personale ha avuto il caro, vecchio, buon Severus. Direi proprio… un ometto insopportabile! - sbottò Lavinia mentre percorreva al fianco del vecchio preside gli intricati corridoi fiancheggiati dai bracieri di pietra. Qualche passo dietro di loro c’erano sempre la bicicletta con i bagagli e la gabbia del gufo.
- Mia cara, non puoi giudicare le persone senza conoscere il loro vissuto. Sono trascorsi vent’anni circa da che l’hai frequentato l’ultima volta, ed eravate entrambi solo due adolescenti… Non puoi sapere quanto gli è accaduto nel frattempo, e perciò quale possa essere stata quella che tu hai definito la sua “evoluzione personale”. - la ammonì il preside, camminando con le mani dietro la schiena.
- Frequentato? Oh no, zietto, è qui che ti sbagli: mai
frequentato Severus Piton. So solo che era, è e sarà eternamente una persona sgradevole, rigida e
insopportabile! - esclamò imperterrita lei, gesticolando stizzita. – Ma non ti accorgi dello sguardo freddo che ha? E’ come se reprimesse sempre qualcosa dentro di sé, e mi mette a disagio. Ricordo di aver provato la stessa sensazione già ai tempi della scuola. Gli altri studenti, appena potevano, cercavano di distrarsi in mille modi e trovavano tantissime occasioni per farlo. Dagli allenamenti di Quidditch alle feste da ballo organizzate sotto Natale. E poi c’erano le gite a Hogsmeade da cui si tornava sempre carichi di dolci o di scherzi, di quelli comprati da Zonko. Che bei ricordi! E lui, invece, che cosa faceva? Lui era sempre e solo alle prese con i libri. Invariabilmente, letteralmente sommerso dai libri. O con i libri o con le pozioni, e non legava con nessuno. Ti sembra una cosa normale, zio, all’epoca in cui era un ragazzino di 15 anni?
- L’infanzia di Severus non è stata facile…- sospirò Albus, quasi rivolto a se stesso.
- Sempre con quell’aria triste, seria, sempre scostante…- proseguì Lavinia che non aveva prestato alcuna attenzione alle parole sussurrate dallo zio. - Preoccupato solo di mantenere il primato in classe. Ammetto di avere, in un certo senso, ammirato il suo gran cervello e la sua capacità di far apparire semplicissimo quello che faceva. Tutto gli veniva così naturale e spontaneo che confesso di averlo anche un po’ invidiato per questa sua predisposizione naturale verso la Magia.
- Si è vero. Severus è sempre stato particolarmente predisposto. Un dono di natura. – commentò di nuovo sottovoce il preside, ovviamente ignorato dalla nipote.
- Ma mi ha sempre messo addosso una tale soggezione. E’ il motivo per cui i ragazzi… sì, insomma, James, Remus, Sirius e Peter, lo tenessero alla larga e avessero pigliato gusto nel prenderlo in giro. Invece con loro sì che ci si divertiva alla grande! Che tempi furono quelli con i Malandrini. Che avventure, che risate e in quali e quanti guai ci cacciammo! Ricordo di aver sempre fatto di tutto per seguirli in qualunque impresa si cimentassero. Sai, io… ehm… avevo una cotta per Sirius, e dal secondo anno in poi feci di tutto per dimostrargli che ero all’altezza delle loro scorribande. Questo perché finalmente mi ritenesse degna della sua attenzione anche se, almeno all’inizio, per loro rappresentavo solo una seccatura. Tanto più che appartenevo a Serpeverde… - sospirò Lavinia, e socchiuse gli occhi persa nei ricordi mentre un sorriso nostalgico aleggiava sulle sue labbra.
- Oh, certo che ricordo perfettamente anch’io
quei tempi. - borbottò Albus in tono leggermente risentito. – E, infine, riuscisti a conquistare la stima e l’ammirazione di Sirius?
- Beh, no, non proprio. Ma dopo che diedi prova di alcuni atti di coraggio…
- Di incoscienza scriteriata, troverei più giusto definirli. - bofonchiò Albus.
- Puoi pensarla come vuoi, zietto, ma la cosa importante è che dopo di ciò il gruppo si convinse del mio valore e mi accolse a pieno titolo al suo interno. Così divenni, fino al termine della loro frequenza a Hogwarts, una di loro a tutti gli effetti.
- Io invece ricordo, soprattutto, come fu difficile ottenere un po’ di disciplina. E ti rivedo benissimo, tanto più piccola di loro, ma sempre pronta a seguirli in imprese azzardate. Come eravate sciocchi e incoscienti. Avrai ancora ben presente quali e quante preoccupazioni riuscisti a procurare a me e ai tuoi.
- Suvvia zio, erano ragazzate in fin dei conti, e fatte senza cattiveria. - si giustificò Lavinia.
- Oh sì ragazzate, e senza cattiveria, certo. Ora che ci penso mi pare anche di ricordare che, in alcune occasioni, non furono particolarmente sensibili e lungimiranti, i tuoi amici, in modo specifico nei confronti di Severus. - la rimbeccò seccamente il preside.
Lei tacque mordicchiandosi le labbra. Lo zio aveva ragione ma orgogliosamente non volle dargli soddisfazione.
- Ma dimmi, zio, come mai Piton è ancora a Hogwarts? - riprese, cambiando discorso.
- E’ qui come insegnante. Da anni ormai è titolare della cattedra di Pozioni.
- La cosa non mi stupisce: era un asso in Pozioni. E a proposito di insegnanti, zia Minerva come sta?
- Sta benissimo, per fortuna. - rispose Albus ridacchiando amabile: sua nipote anche ora, che ormai era adulta, non aveva perso l’abitudine di usare quell’appellativo affettuoso riferito alla professoressa McGranitt. Proprio come quando, da piccolina, era abituata a salire sulle sue ginocchia e a chiederle sempre di fare “la magia del coniglio che diventa una torta alla panna”.
- E il professor Vitious, la professoressa Sprite… il professor Ruf? - continuò la ragazza, accendendosi al ricordo di coloro che erano stati suoi insegnanti.
- Tutti bene. Il professor Ruf più in spirito che in carne ormai ma, sempre al suo posto di combattimento per Storia della Magia.
Il preside fu interrotto da una risata stridula e irriverente. Qualcosa in volo sfiorò velocissima le loro teste, obbligandoli ad abbassarsi rapidamente.
- Pix! – strillò divertita Lavinia, seguendo con lo sguardo il poltergeist che li aveva superati in tutta fretta, diretto verso l’ala nord del castello.
- E’ proprio tutto come una volta. Come sono felice di essere di nuovo qui! - esclamò, guardando Silente con affetto, e il vecchio mago si accorse che gli occhi azzurri della nipote stavano brillando di emozione.
- Per me tutto ciò significa ritrovare i luoghi che mi hanno vista davvero felice per sette lunghi anni. Vuol dire riassaporare ricordi bellissimi, sentirmi di nuovo a casa. – sospirò, afferrando le mani dello zio con un sorriso luminoso a cui Albus rispose con il proprio, sereno e compiaciuto.
In quel momento, vedendo Lavinia così contenta di ritrovarsi lì, si sentì sollevato, e sperò che sua nipote potesse apprezzare davvero la nuova occasione che gli stava offrendo, con la proposta di un lavoro sicuro a Hogwarts.
Quella benedetta ragazza aveva grosse potenzialità come strega ma, purtroppo, aveva anche un carattere molto particolare ed irrequieto.
Perciò fino a quel momento non era riuscita a tenersi un posto di lavoro per più di qualche mese. Aveva perfino provato a cercarlo all’estero, vagando negli ultimi anni per mezza Europa alla ricerca di qualcosa che si confacesse alle sue caratteristiche. Si era adattata addirittura a lavorare tra i babbani, ma senza alcun risultato.
Lavina aveva sempre cambiato attività con la stessa frequenza con cui si serviva dei fazzoletti di carta. Lo stesso trattamento che riservava più o meno ai ragazzi che iniziava a frequentare, con tanto di seri propositi, ma dei quali però finiva sempre con l’annoiarsi rapidamente.
La ragazza era abilissima nel trovare mille scuse diverse per giustificare i repentini cali di entusiasmo che la portavano a cambiare continuamente luogo, interesse o attività. Responsabilità che in genere imputava sempre a fattori esterni.
Silente si augurò che quella, però, fosse la volta buona, e che sua nipote potesse arrivare a capire che la colpa dei ripetuti fallimenti era addossabile solo ad una sua insoddisfazione profonda, a qualcosa che non andava dentro di lei e che ancora le mancava.
A comprendere insomma che la causa era da ricercare in sé stessa!
Per questo le aveva offerto la possibilità di tornare a Hogwarts, nell’ambiente familiare in cui aveva trascorso momenti sereni e indimenticabili come studentessa.
Le aveva proposto di tornarvi in veste di insegnante, offrendole la possibilità di tenere un corso speciale che avrebbe preso il via ad ottobre, con termine a maggio.
Le lezioni avrebbero riguardato la Levitazione e lo Spostamento degli Oggetti con la sola Forza della Mente, e sarebbero state rivolte a tutti gli studenti dal primo al settimo anno.
E questa, per Lavinia, poteva davvero essere l’occasione giusta per decidere di cambiare vita…
SABATO, 22 SETTEMBRE, ORE 19:30Lavinia ricontrollò allo specchio il leggero trucco sul viso. Stava per scendere a cena in Sala Grande e desiderava che tutto di lei fosse perfettamente in ordine.
Aveva trascorso le ore precedenti a sistemare le proprie cose nell’ampia e confortevole camera che zio Albus le aveva assegnato. L’alloggio si trovava vicino a quello di Tassorosso, nell’ala est del castello.
Lo zio le aveva lasciato in dotazione anche un’utile piantina della scuola, dal momento che non era facile per nessuno orientarsi le prime volte tra la selva di corridoi e le scale che si spostavano in continuazione, ed era trascorso troppo tempo dall’ultima volta in cui lei li aveva percorsi.
Era perfino riuscita a concedersi una buona ora di sonno dopo aver fatto un lungo bagno ristoratore e, verso le cinque, era passata a salutarla la professoressa McGranitt.
La visita le aveva fatto immenso piacere; zia Minerva era sempre uguale, con i suoi occhialini rettangolari sul naso, il cappello a punta e il suo aspetto all’apparenza rigoroso dietro al quale, però, si celava tanta materna dolcezza.
Avevano chiacchierato per più di un’ora, quindi la professoressa se ne era andata, congedandosi da lei con un lungo abbraccio per lasciarla libera di prepararsi in vista della serata.
La ragazza, allora, aveva estratto il suo personale Specchio delle Brame da una delle due piccole valige a più scomparti magici, e lo aveva appeso alla parete accanto al letto, perché potesse consigliarla sull'abbigliamento da indossare.
- Credo sia meglio che tu metta qualcosa di sobrio e di discretamente elegante… - iniziò a suggerire lo Specchio, parlando con la voce di Alan Rickman, l’attore babbano preferito di Lavinia. La voce era programmabile, come in genere quella di tutti gli Specchi delle Brame, e il proprietario poteva scegliere personalmente quale assegnare loro.
- Questo potrebbe andare? - domandò lei, guardando la sua immagine riflessa mentre indossava giacca e pantaloni color grigio perla, sopra cui avrebbe portato un leggero mantello dello stesso colore.
- Uhm… sì, direi di sì… non troppo formale e allo stesso tempo adatto all’occasione. - approvò lui.
La ragazza diede un rapido sguardo alla camera che per il momento appariva ancora in ordine, chiedendosi in quanto tempo sarebbe riuscita a trasformarla in un campo di battaglia.
Quindi salutò Andrew, il gufo appisolato sul trespolo, controllò che la catena della mountain bike fosse ben assicurata dal lucchetto (le era già capitato che la bici decidesse di inserire le marce da sola per mettersi a gironzolare lontano dal posto in cui l’aveva lasciata parcheggiata) e uscì dalla stanza.
Si trovò su un lungo corridoio secondario che studiò per qualche secondo, poi chiuse accuratamente la porta di legno alle sue spalle, e si incamminò velocemente, piantina alla mano.
Poco più avanti incontrò alcuni studenti di Tassorosso che, usciti dal loro dormitorio, si stavano evidentemente dirigendo a cena. Decise di accodarsi a loro, mentre iniziavano a tornarle alla memoria i percorsi.
Aveva appena svoltato un angolo che immetteva su uno degli androni principali, quando intravide tra la folla di studenti la figura di un uomo alto che procedeva tranquillo con andatura leggermente dinoccolata, e la stava precedendo, dandole le spalle.
L’uomo attirò la sua attenzione: le sembrava di conoscerlo. Erano una figura e un’andatura davvero molto familiari… Ma quello era… Sì era proprio…
-
Remus!- esclamò, accelerando il passo.
Il mago si voltò di scatto con un’espressione attonita dipinta sul viso, che si trasformò presto in stupore e infine in incredulità quando finalmente l’ebbe riconosciuta.
Corse allora incontro alla giovane donna con un sorriso larghissimo.
- Lavinia! Tu qui?! Non posso credere ai miei poveri occhi!
Lo raggiunse e gli buttò letteralmente le braccia al collo, mentre lui la sollevava in un abbraccio strettissimo facendola volteggiare un paio di volte.
- Remus, che sorpresa meravigliosa incontrarti! Ma perché zio Albus non me ne ha parlato? Come stai, e che cosa ci fai ad Hogwarts?
Le domande uscivano a raffica dalla bocca di Lavinia che non riusciva a staccare gli occhi dal viso pallido e un po’ emaciato del vecchio amico.
- Ora sto bene, grazie. Tuo zio ha fatto in modo che quest’anno mi venisse assegnata la cattedra di Difesa contro le Arti Oscure e, per merito suo, lavoro di nuovo. Sai, con tutti i problemi che ho avuto ultimamente non è stato facile vivere e mantenermi, anche se per fortuna ho avuto spesso il conforto di amici che, quando è stato loro possibile, mi hanno aiutato molto.
- Mi dispiace, Remus, tanto. Sempre i soliti problemi, vero?
- Già, sempre il solito problema! Ma non fa nulla… - replicò dolcemente il giovane. – Le difficoltà fanno parte della vita. Raccontami di te piuttosto.
- Beh anch’io sono qui grazie a zio Albus. Terrò un corso speciale da ottobre a maggio, sulla Levitazione e lo Spostamento degli Oggetti con la sola Forza della Mente.
Il professor Lupin sorrise: conosceva bene la sua particolare abilità nel riuscire a sollevare e far muovere le cose, di qualsiasi natura o peso fossero, solo con la forza del pensiero.
Ricordò anche come questa propensione si manifestasse in maniera eclatante soprattutto durante gli accessi d’ira dell’amica, o quando era in preda a forti emozioni.
In quei momenti Lavinia poteva arrivare addirittura a sollevare e scagliare a distanza anche un armadio a sei ante.
- Fantastico… - commentò Remus, stringendola affettuosamente a sé. – Quanti anni sono che non ci vediamo?
- Credo siano trascorsi una decina, ormai, o anche di più, dall’ultima volta che abbiamo lavorato assieme in quella comunità per il recupero e la rieducazione psico cinetica di Maghi e Streghe colpiti dalla Maledizione Imperius. Io poi sono anche stata all’estero e ho perso i contatti che avevo con parecchia gente, purtroppo. Sono però riuscita in un modo o nell’altro a rimanere sempre al corrente di quanto succedeva, nel frattempo. Soprattutto di quanto è successo ultimamente. - rispose Lavinia, senza rendersi conto di come il tono della sua voce si fosse ridotto a un sussurro.
- Avrai saputo allora della fuga di Sirius da Azkaban, avvenuta il mese scorso. - disse Lupin, a bassa voce, in tono doloroso.
- Sì, ho letto le notizie riportate dalla Gazzetta del Profeta. E’ pazzesco. E… di lui nessuno sa più nulla? Nemmeno tu, suo inseparabile amico?
- Nulla. Da che Sirius fu rinchiuso là dentro nessuno ebbe più sue notizie; anch’io tutto quello che so ora è solo che i Dissennatori di Azkaban pattugliano i confini del castello, perché le ultime voci di corridoio, o meglio, di Ministero, dicono che sia stato avvistato mentre si aggirava proprio nei pressi di Hogwarts! – concluse, abbassando a sua volta gli occhi.
Li rialzò subito dopo fissandoli intensamente in quelli della ragazza, ancora sconvolta dalle ultime dichiarazioni dell’amico.
- Saprai anche che il figlio di James e Lily è qui, e frequenta la scuola.
- Sì, lo zio mi ha detto che Harry è qui e io non vedo l’ora di abbracciarlo. Se penso che quando lo vidi l’ultima volta era mentre lo cullavo tra le braccia, ed era ancora solo un fagottino morbido che sapeva di latte. - rispose lei, sorridendo teneramente al ricordo.
Nel frattempo erano giunti presso l’ampio atrio in cima allo scalone che precedeva la Sala Grande.
Un fitto vociare proveniva dall’interno, segno che i ragazzi erano già quasi tutti radunati presso i loro tavoli in attesa di cenare.
Lavinia e Remus si guardarono con aria complice prima di fare il loro ingresso in sala. Tra loro si era instaurato già dai tempi della scuola un rapporto di amicizia molto stretto e, adesso che si erano rivisti, allo stesso sentimento erano bastati solo pochi istanti per ritornare prepotentemente a galla.
Remus era stato per Lavinia al pari di un fratello maggiore. Al suo fianco lei si era sempre sentita sicura mentre lui la considerava come una sorellina da proteggere e coccolare.
Ricordava ancora bene quella ragazzina che, con grande testardaggine, si impuntava ogni volta per seguirli a tutti i costi nelle scorribande, e la responsabilità di stare attento che non le capitasse nulla di grave, anche per un tacito accordo fra i Malandrini, se l’era sempre accollata lui.
Lavinia gli aveva spesso confidato i propri segreti e, naturalmente, Remus era al corrente della cotta che aveva preso per Sirius, di cui si era accorto forse ancor prima che se ne rendesse conto lei. Aveva sempre cercato di aiutarla e consigliarla, e questo non aveva fatto altro che rafforzare l’affetto e l’amicizia che si erano stabiliti tra loro.
Avevano continuato in un certo senso a frequentarsi ancora per molti anni, anche dopo che, al termine del loro percorso scolastico, le strade avevano preso inevitabilmente direzioni diverse.
Questo fino a quando fu affidato a entrambi il compito di seguire la riabilitazione di casi difficili all’interno di un distaccamento del san Mungo, opportunità che aveva permesso loro di tornare a lavorare di nuovo assieme. Ed erano stati bei tempi anche quelli.
In seguito Lavinia, abbandonata quella particolare attività, era sparita gradualmente dalla vita di Remus e degli altri, anche se non mancava di partecipare, non appena le era possibile, agli eventi importanti della vita degli amici; proprio come fu, ad esempio, la nascita di Harry.
Momenti speciali che davano saltuariamente la possibilità agli ex-Malandrini di incontrarsi ancora come in passato.
Poi, all’improvviso, era accaduto ciò che aveva segnato l’inizio degli anni peggiori per tutti.
- Mi credi se ti dico che sento battere forte il cuore, al pensiero di rientrare in quella sala?
La voce di Lavinia riportò la mente del professor Lupin a quel preciso istante. Lui le afferrò la mano, sorridendo, e la condusse nella sala illuminata.
Lavinia si sentì pervadere da una strana sensazione di pace quando, percorrendo con Remus la strada che conduceva al tavolo riservato agli insegnanti, in fondo al salone, posò lo sguardo sulle lunghe file di tavoli occupati dai ragazzi, sulle candele che brillavano sospese a mezz’aria e, quand’ebbe alzato gli occhi, sulla splendida volta celeste che, al posto del soffitto, stava iniziando a punteggiarsi di stelle.
Inspirò profondamente e guardò i volti degli studenti che la stavano osservando passare, incuriositi.
Quando incontrò gli occhi limpidi di un ragazzino di circa tredici anni, con un paio di occhiali rotondi sfiorati da una bruna frangetta ribelle, strinse forte la mano dell’amico e gli bisbigliò, sorridendo.
- E’ lui… è Harry, vero?
- Tale e quale a James, non trovi? – confermò il professore, strizzandole l’occhio.
- Già, impossibile non riconoscerlo.
Intanto erano giunti al tavolo degli insegnanti.
Lavinia notò subito infastidita che Severus Piton, nero, imponente e silenzioso, aveva già occupato il suo posto e stava tamburellando, con fare annoiato, le lunghe dita diafane e sottili sul bordo del bicchiere.
Vedendola arrivare con Lupin, Piton le piantò brevemente in faccia gli occhi neri e gelidi, ma non accennò a nessun cambiamento di espressione. Quando distolse lo sguardo, riportandolo su un punto lontano, il suo volto era ancora immobile.
Lavinia provò un senso di disagio e passò oltre, evitando di salutarlo, ma sentì alle proprie spalle che Remus augurava gentilmente al collega una buona serata senza, ovviamente, ottenere risposta.
“Maleducato.” pensò all’istante di quell’individuo decisamente irritante; poi si distrasse presto da quella riflessione vedendo il professor Vitious venirle incontro per salutarla, seguito dalla professoressa Sprite.
Rivederli la riempì di gioia, così come quando un’enorme figura le si erse davanti facendo pericolosamente traballare il tavolo e tintinnare piatti e posate.
- Lavinia, piccola Lavinia! - tuonò il mezzo gigante, abbassandosi a schioccare due sonori baci sulla guancia della ragazza.
-
Hagrid!- esclamò lei, ridendo a squarciagola, perché con la sua barba incolta le aveva fatto il solletico.
- Ma guarda che bella signorina che ti sei fatta! – gridò lui sollevandola da terra, mentre l’attenzione di tutta la sala convergeva su di loro.
Remus, dopo alcuni tentativi falliti, riuscì finalmente a sottrarla all’esuberante affetto del guardiacaccia e, dopo quella serie di piacevoli interruzioni di percorso, raggiunsero i loro posti lungo il lato breve del tavolo.
La giovane strega si sedette, ancora fremente di entusiasmo, e iniziò a guardarsi attorno, deliziata.
Incrociò lo sguardo bonario di zio Albus che le indirizzò un cenno di saluto con il capo, poi spostò l’attenzione sulla professoressa McGranitt seduta accanto al preside che la ricambiò amabilmente con un sorriso.
Subito dopo veniva la professoressa Sprite, intenta a controllare la brillantezza delle posate, poi Hagrid, poi il professor Vitious, poi…
Piton!“Oh no, maledizione, no…” Si accorse con disappunto di come il Potion Master si trovasse proprio di fronte a lei, in direzione diagonale.
Fu tentata fortemente di chiedere a Remus se era disponibile ad uno scambio di posto. Tuttavia, chissà perché, all’improvviso si sentì presa anche dall’irresistibile tentazione di osservarlo di nascosto.
”Essere detestabile.” Lo apostrofò tra sé, scrutandolo senza dar nell'occhio.
E forse fu proprio l’esigenza di comprendere meglio cosa fosse ciò che più la urtava in quell’individuo insopportabile, che la costrinse più volte a posare furtivamente lo sguardo su di lui, sperando di coglierlo nell’atto di pulirsi la bocca nella tovaglia o di stuzzicarsi i denti con l’unghia del dito mignolo.
Proseguiva intanto nella sua mente un soliloquio incessante.
“Toh, guarda, adesso ha degnato di attenzione il professor Vitious e gli sta perfino parlando. Vuoi vedere che si è dimenticato, per un attimo, di come dovrebbe comportarsi un vero scortese d.o.c.? ”Si disse poi che, probabilmente, era davvero per coglierlo in flagrante reato di maleducazione che continuava a sbirciarlo. Lo fece ostentando comunque massima indifferenza; anche per evitare che qualcuno, se non addirittura il nemico stesso, potesse accorgersi delle sue manovre.
“Santo cielo, è veramente di un’antipatia spaziale con quell’aria supponente sempre stampata in faccia.” Rifletteva, e intanto la sua attenzione veniva calamitata dalle mani forti, allo stesso tempo raffinate, e dalle lunghe dita che stavano elegantemente sfiorando gli oggetti davanti a sé, mentre un’espressione vagamente malinconica aleggiava sul viso rivolto a Vitious.
- Allora, Lavinia, che cosa ti sembra l’essere di nuovo qui? - la voce di Lupin, che si era voltato improvvisamente verso di lei, e aveva accostato il viso a pochi centimetri dal suo per farsi udire sopra il frastuono, la fece sobbalzare. La ragazza riportò l’attenzione sull’amico e gli fece cenno che andava tutto benissimo.
Il preside, che intanto aveva ristabilito un certo silenzio facendo tintinnare la punta del coltello sul bicchiere di cristallo, diede il via alla cena.
In sala si udì solo il brusio di chiacchiere smorzate, accompagnato dal rumore di posate al lavoro, mentre anche i fantasmi avevano fatto il loro ingresso in sala e stavano intrattenendosi tra i tavoli con gli studenti.
- Remus, chi è quella donna buffissima con un paio di occhiali a triplo fondo di bottiglia alla sinistra di mio zio? - chiese Lavinia servendosi delle patate
- Ah, è la professoressa Sibilla Cooman, insegna Divinazione, ed è una vera piaga d’Egitto, poveretta. Una bravissima donna, per carità, ma cerca di starle alla larga, soprattutto se insisterà per leggerti la mano o i fondi del tè. - le rispose Lupin con un’espressione così comica da farla scoppiare a ridere.
- Credi che sarò in grado di diventare anch’io una buona insegnante? - continuò la ragazza, pensierosa.
- Oh si, mia cara…- la rassicurò lui con il consueto tono, ragionevole e pacato, che la faceva sentire così al sicuro. – Sarai un’insegnante fantastica, non ti preoccupare: i ragazzi ti adoreranno. L’importante è che tu faccia semplicemente quello che sai fare, con la passione che riesci a mettere in tutte le cose. E poi, per qualsiasi problema, ci sono qui io, no?
Caro, adorabile Remus. Lavinia lo considerò con grande affetto e pensò a che bella persona fosse.
Poi tornò a concentrarsi sul suo piatto e decise come, complice forse la fame, tutto fosse decisamente molto gustoso quella sera del suo primo giorno a Hogwarts, e non valesse certo più la pena dedicare altra attenzione al professor Piton.
LUNEDI’, 24 SETTEMBRE, ore 16:30Il preside entrò per primo in sala professori, precedendo Minerva McGranitt. Dietro di lei veniva il restante corpo docente.
Raggiunse lo scranno situato a capo del lungo tavolo riunioni su cui sedette con un piccolo sospiro, aggiustandosi il mantello e la lunga barba, poi alzò lo sguardo sui professori che via via stavano occupando i propri posti.
Silente ammiccò all’indirizzo della nipote, e le accennò di sedersi di fianco a lui.
Il vecchio mago mal sopportava le riunioni di Collegio Docenti, ma purtroppo il codice scolastico gli imponeva questo supplizio almeno una volta al mese. Cosa che lo costringeva a dover fare da moderatore ad un incontro fra insegnanti che finiva spesso per assomigliare a una di quelle rissose assemblee di condominio babbane, di cui aveva sempre sentito parlare.
Attese che tutti fossero sistemati. La vicepreside professoressa McGranitt, alla sua destra, era armata di piuma d’oca e pergamena, addetta al compito di mettere per iscritto tutto quello che sarebbe stato discusso e deciso quel giorno.
Alla sua sinistra invece c’era Lavinia che doveva essere presentata ufficialmente al collegio docenti.
Si curvò proprio verso quest’ultima.
- Ti pregherei, mia cara, di lasciarmi il tempo di introdurre te e la tua materia all’attenzione dei nuovi colleghi. Poi potrai prendere la parola. E ricorda di non rivolgerti alla professoressa McGranitt, appellandola
zia Minerva. - le sussurrò, dandole un affettuoso buffetto sulla mano.
- Allora, vediamo. - riprese, rialzando la voce. Scartabellò per qualche secondo tra le pergamene sul tavolo poi schiarì la gola con un colpetto di tosse.
- Oggi, in data 24 settembre, dichiaro aperto questo Collegio Docenti. I temi da discutere all’ordine del giorno sono parecchi, ma permettetemi di presentarvi prima di tutto mia nipote, miss Lavinia Morgana O’Connor, alla quale ho affidato l’incarico di tenere un corso speciale che prenderà il via dal primo ottobre, e che durerà fino alla fine di maggio. Il corso sarà rivolto agli studenti di ogni classe e tratterà della Levitazione e dello Spostamento degli Oggetti con la sola Forza della Mente. Bene, Lavinia, ora hai la possibilità di parlare brevemente di te ai tuoi colleghi e di illustrare il tuo corso. A te la parola. - concluse amabilmente, rivolto alla nipote.
Lavinia fece scorrere lo sguardo sulle persone riunite attorno al tavolo, arrossendo leggermente. Deglutì per cercare di superare il primo momento di imbarazzo; poi cercò il volto di Remus, che ricambiò il suo sguardo con un’occhiata di incoraggiamento.
Di fianco a Lupin sonnecchiava il fantasma del professor Ruf, mentre la professoressa Cooman, seduta subito dopo, la stava fissando con occhi resi enormi dalle spesse lenti degli occhiali. Cosa che non contribuì certo a metterla a proprio agio.
Rendendosi però subito conto che tutti stavano solo aspettando che lei decidesse di aprire bocca, tirò un grosso respiro e si accinse ad iniziare il discorsetto che si era preparata.
Quando, all’improvviso, un rumore secco la bloccò e richiamò la sua attenzione verso il lato del tavolo a sinistra, là dove era seduta Madama Bumb.
L’insegnante di Volo, alla quale era caduta per terra la scatola di latta in cui riponeva le piume d’oca, si scusò subito per il disturbo.
Ma il problema che stava procurando una sorta di paralisi labiale alla giovane insegnante non era quello, bensì il fatto che tra la Bumb e Hagrid ci fosse il professor Piton.
A quel punto non le riuscì più di ignorare la figura nera dell’uomo.
Il mago sedeva compostamente, con entrambe le mani appoggiate sul tavolo; le pergamene che gli servivano per prendere appunti erano accuratamente impilate davanti a lui, accanto alla penna d’oca. E la scrutava.
La stava osservando, o forse sarebbe stato meglio dire che la stava analizzando minuziosamente in attesa che lei prendesse parola, con il volto immobile e imperscrutabile incorniciato dai lunghi capelli corvini.
La bocca sottile era leggermente socchiusa e gli occhi, fondi e fermi come le acque di un lago di notte, inquietanti, perchè sembravano neri laser pronti a scandagliarle i recessi dell'animo.
In mezzo alla fronte nivea spiccava, implacabile, una ruga verticale che gli conferiva quell’aria eternamente arcigna e severa.
“
Merlino! E adesso come faccio?” pensò Lavinia, presa dal panico, mentre distoglieva rapidamente gli occhi dalla terribile visione.
Si costrinse a guardare di nuovo il volto rassicurante di Remus Lupin, quindi, obbligandosi a un tremendo sforzo di concentrazione, cercò di imbastire in qualche modo una presentazione che fosse almeno decente, attenta a non incespicare nelle parole.
Tuttavia, dovendosi educatamente rivolgere a tutti, ogni tanto le capitava di incontrare anche lo sguardo del Maestro di Pozioni, giusto per scoprire come la sua espressione non si fosse spostata di un millimetro.
Era allora che perdeva il filo e si interrompeva, suo malgrado, con disappunto feroce.
Nello stesso preciso istante avveniva che, mentre tossicchiando e ridacchiando cercava di ripigliarsi dal vuoto mentale, nella sua testa prendeva forma l’immagine di se stessa impegnata a versare nella tazza di tè del Maestro di Pozioni una dose di veleno letale.
Si decise infine a fissare solo le facce di Remus e zia Minerva, riuscendo così a giungere al termine del sofferto monologo.
Un mormorio contenuto di approvazione corse tra gli insegnanti, che avevano avvertito ma anche compreso il suo disagio da debuttante.
Tutti avevano apprezzato la sua presentazione, tranne Piton, che spostò appena il corpo dalla rigida postura iniziale, appoggiandosi allo schienale della sedia senza aprire bocca, mentre dirigeva sui presenti uno sguardo quasi sprezzante.
L'insegnante di Pozioni aveva un solo interrogativo in testa. Si stava chiedendo come diavolo una persona così superficiale, disordinata, insicura e impreparata potesse affrontare un impegno serio e difficile come l’insegnamento di una materia precisa e complessa come quella.
Chiaramente, il fatto che la mocciosa fosse nipotina di Albus Silente giocava un ruolo fondamentale nella faccenda.
Il problema era che, qualora quel vecchio pazzo del preside avesse deciso di assecondare tutte le sue simpatie, o i legami di parentela nell’assegnazione delle cattedre, da lì a poco avrebbero tranquillamente potuto chiudere la scuola.
Quell’anno poi gli era già toccato di ritrovarsi tra i piedi, come collega, quel cialtrone di Lupin.
Per di più assegnato alla cattedra che lui desiderava da una vita.
Motivo che gli era bastato e avanzato a guastargli l’umore per i vent’anni a venire.
Lanciò ancora un sguardo seccato alla ragazza.
Era proprio tutta suo zio, con quell’eterno sorrisino stampato sulla bocca e la simpatica disponibilità con cui si rivolgeva sempre a tutti, ma che secondo lui era falsa e frutto di sapiente, allenata abilità recitativa.
Per non parlare poi di quel tono vivace, diretto e amichevole che lui trovava così stucchevole e invadente. Inoltre quegli occhi color del cielo che, quando se li sentiva sgranati in faccia, gli provocavano uno strano fastidio: lo disturbavano proprio a livello epidermico.
- Bene, miei cari insegnanti.
Severus udì appena la voce del preside riportare l’attenzione dei presenti sulle questioni riguardanti la scuola ancora da discutere.
- Prima di tutto affronteremo il problema delle piante carnivore che la professoressa Sprite ha ordinato dalla Foresta Amazzonica settentrionale, e che non ci sono ancora state consegnate. Pare che non siano arrivate proprio a causa di un disguido da parte del Magic Express.
- Permette, preside? Vorrei ricordarle che, forse, c’è una questione più urgente delle piante carnivore. - lo interruppe il Maestro di Pozioni, scattando sulla sedia.
- Ehm, sì Severus, non ho affatto dimenticato quello che mi hai detto due giorni fa. - cercò di rabbonirlo Albus, alzando impercettibilmente gli occhi al cielo.
- E allora credo sia il doveroso caso di aprire, adesso, una discussione sui problemi di sicurezza creati da Paciock durante le mie lezioni. Non credo che i vegetali della professoressa Sprite, in gita per il mondo, se ne avranno a male, se tralasciamo di prenderli in considerazione ancora per qualche minuto. - continuò Piton, abbassando il tono di voce e dirigendo lo sguardo ridotto a due fessure nere sulla povera insegnante di Erbologia, che stiracchiò nervosamente le labbra nel tentativo di rivolgergli un sorrisetto.
Lavinia trasecolò, non riuscendo a credere ai propri occhi e alle proprie orecchie.
Come si permetteva quell’essere spregevole di contestare l’ordine del giorno deciso dal preside?
E con quel tono intimidatorio, per giunta!
Non riuscì ad impedirsi di piantargli bellicosamente gli occhi addosso.
- La scorsa settimana, quel decerebrato di Neville Paciock, cari colleghi, ha fatto esplodere in classe l’ennesimo paiolo… - proseguì il mago in tono aspro, ignorando completamente l’occhiata furibonda di Lavinia. - Ha sbagliato, per l’ennesima volta, la miscela della sua pozione. Per l’ennesima volta ha alzato troppo la fiamma sotto il suo pentolone e, per l’ennesima volta, ha aggiunto l’ingrediente sbagliato con il quale ha potuto regalarci, di nuovo, uno spettacolo pirotecnico di rara bellezza, contribuendo a distruggere metà della classe. Cosa che, solo per puro miracolo, non ha coinvolto seriamente i suoi compagni che stavolta hanno rimediato semplicemente qualche bruciatura. Ma sarà solo questione di tempo, abbiate fiducia; vedrete come prima o poi Neville Paciock riuscirà a completare la sua devastante opera di distruzione con danni assai più rilevanti. E allora, ditemi: se costui non è da reputare un problema urgentissimo da risolvere, che cosa dovrebbe accadere di ancora più grave perché finalmente ci si decida a prendere qualche mirato provvedimento, almeno per impedirgli di riuscire a far saltare in aria l’intera scuola?
- Severus, forse, se tu lo incoraggiassi a seguire con un altro spirito la tua materia… E’ che, ecco, vedi, a me sembra che sia sempre un po’ terrorizzato alla prospettiva di affrontare le tue ore. - intervenne Remus con la solita pacatezza.
- Incoraggiare?! Ti rendi conto di quello che stai dicendo e di chi stai parlando, Lupin? - sibilò l’altro, fulminando con lo sguardo il collega.
Lavinia stava già provando una pena infinita per quel Paciock più volte nominato con disprezzo da Piton. Neanche sapeva chi fosse ma, da quell’istante, se lo immaginò piccolo, impaurito e indifeso, in balìa delle ire di quel mostro di insensibilità., e decise che avrebbe potuto eternamente contare sulla sua solidarietà.
- Paciock è irrecuperabile sotto tutti i punti di vista. E’ un elemento privo di neuroni. Un tentativo di studente venuto male, totalmente sprovvisto di qualsiasi possibilità di recupero e assolutamente negato per la Magia. Nemmeno se frequentasse altri cento anni questa scuola potrebbe diventare un mago e, soprattutto, è un pericolo pubblico che deve essere fermato, annientato, cancellato!
Il Potion Master si fermò per riprendere fiato, mentre tutti gli altri attorno a lui lo trattenevano.
- Perciò chiedo, anzi, esigo che venga espulso definitivamente da Hogwarts!
Piton concluse la sua filippica con occhi che brillavano di micidiale determinazione.
Nel silenzio generale che seguì, Lavinia, stanca di sentire l’uomo infierire sullo studente, decise che era venuto il momento di intervenire dando retta al prepotente impulso di prendere le difese del ragazzo.
- Mi scusi, professore. Non conosco ancora questo tal Neville Paciock, anche se lei lo ha descritto così bene che ho potuto farmene un’idea abbastanza precisa. Stando a quanto ho sentito, immagino costui come una una sorta di catastrofe umana, probabilmente creata e programmata per distruggere il pianeta. Ma se anche così fosse, e non ne siamo del tutto sicuri, credo che lei, in modo molto prevenuto, abbia ormai sviluppato un atteggiamento troppo duro e inflessibile nei suoi confronti.
Severus aveva voltato di scatto la testa verso la giovane donna e la stava osservando come un cobra pronto a colpire.
- Tanto che immagino come, a questo punto, il poveretto possa davvero trovarsi in grande difficoltà a recuperare terreno nella sua materia perché solo e semplicemente terrorizzato dall’idea di sbagliare.
Tacque, ma notò come Hagrid avesse incassato la testa nelle spalle, mentre la Sprite la guardava come se fosse diventata verde e le fossero spuntate un paio di antenne in testa.
Le sembrò anche di avvertire il pensiero di tutti gli altri insegnanti che si stavano domandando se fosse completamente pazza, o forse solo troppo incosciente, o dannatamente coraggiosa per aver osato sfidare apertamente Severus Piton.
- Miss O’Connor… - sillabò piano costui, con voce pericolosamente piatta. – Purtroppo mi devo ripetere,
e imparerà presto che io non amo ripetermi, che stiamo parlando di Neville Paciock.
Uno studente che, oltretutto, lei, come ha precedentemente sottolineato, non ha ancora il piacere di conoscere. Quindi…- sibilò in modo inquietante, trafiggendola con occhi che parevano essersi incendiati di furia contenuta.
Lavinia, per un attimo, provò davvero una sensazione di sgomento e un pizzico di paura.
Ma, in barba all’istinto di conservazione che le suggeriva fosse molto meglio cucirsi bene la bocca, udì la sua voce proseguire nell’arringa difensiva quasi contro la propria volontà.
- So benissimo di chi stiamo parlando, professore, e riconosco di non poter dare un giudizio più mirato circa il signor Paciock. Ma so anche che lei non dovrebbe essere così duro e inflessibile con lui. Ricordi che ogni volta che lo si è con qualcuno, lo si è prima di tutto con sé stessi, e ciò non ci fa bene. - concluse con voce resa sempre più flebile dall’espressione insostenibile di Piton.
Rimase, tremebonda e consapevole di essersi spinta troppo in là con le parole, in attesa di qualcosa che non sapeva nemmeno bene lei cosa avrebbe potuto essere, forse l’apocalisse, che sicuramente si sarebbe scatenata da lì a pochi secondi.
“Così imparo a non tacere quando invece dovrei!”. Si biasimò, avvertendo la bocca asciutta.
Invece, a dispetto di qualsiasi previsione, l’ira terribile dell’uomo rimase inesplosa.
Si limitò ad impallidire, serrando con forza le labbra mentre gli occhi continuavano a fissarla con un’espressione indefinibile. Lavinia fu sicura di avervi scorto, per un attimo, anche un breve lampo di dolore, ma non riuscì a capire se così fosse meglio o peggio.
Poi tornarono subito ad essere cupi e impenetrabili, come sempre.
Il mago, serrandosi il mantello addosso, si accomodò sulla sedia tornando ad ignorare completamente coloro che gli stavano attorno e chiarendo così, con il suo atteggiamento, che non avrebbe più aggiunto altro. Fu allora che il preside decise di intervenire.
- Prenderemo senz’altro dei provvedimenti per questa faccenda che, comunque, a ragion veduta si mostra abbastanza delicata. Ed è perciò che ora chiederei ad ognuno di voi di dare la propria valutazione al problema, dopo gli abbondanti chiarimenti che ci ha offerto il professor Piton e, di conseguenza, un parere su quale potrebbe essere la soluzione migliore per evitare che si ripetano i disastri già elencati, senza tuttavia essere costretti a misure così drastiche come l’allontanamento definitivo dell’allievo dalla scuola, che potrebbe ripercuotersi negativamente sulla sua personalità ancora in via di formazione. - concluse, saggiamente.
Gli insegnanti elaborarono ognuno una propria teoria e alla fine fu trovata la soluzione più idonea al caso. Neville Paciock non sarebbe stato espulso ma, siccome aveva chiaramente bisogno di aiuto, venne deciso che al ragazzo sarebbe stato affiancato un insegnante di sostegno durante le ore di Pozioni.
Il consiglio durò ancora un altro paio d’ore in cui vennero sviscerati problemi più o meno gravi, che andavano dalla perdita nei gabinetti dei ragazzi a cui si doveva velocemente provvedere per evitare che nei sotterranei si allargassero le macchie di umidità causate dalle infiltrazioni, alle lamentele continue di Gazza che da una settimana a quella parte aveva trovato i banchi di alcune aule particolarmente sporchi, soprattutto dopo le lezioni della professoressa McGranitt e del professor Vitious.
Lavinia però seguì distrattamente l’intero svolgimento della riunione, perché continuò a rimuginare sull’episodio accaduto prima.
Ripensando allo scontro appena avuto con Severus Piton, l’immagine vivida dei suoi occhi neri attraversati da un lampo evidente di sofferenza seguitava a riproporsi con ostinazione.
Era troppo sicura di averlo intercettato.
Possibile, dunque, che anche in quell’individuo ostico albergassero dei sentimenti umani?
Eppure lo aveva sentito con le sue stesse orecchie scagliarsi, senza un briciolo di comprensione e con cattiveria, contro quel povero ragazzo, la cui sola colpa a quanto pare era quella di non riuscire a comprendere la sua materia.
Questo era il pensiero che le suggeriva la ragione, tuttavia - poteva anche sbagliarsi - continuava ad avere la strana sensazione che quell’uomo nascondesse dietro ad una cortina impenetrabile di freddezza e sgradevolezza, il segreto di un animo molto più ricco e complesso.
Perché, quindi, aveva scelto di rimanere impantanato e soffocato nelle sabbie mobili del suo lato peggiore? E per quale motivo? E da che cosa si stava difendendo?
Lavinia si obbligò a distrarre la mente da quei pensieri, quando prese coscienza del fatto che stava elucubrando sulla vita personale dell'insegnante di Pozioni, vale a dire l’essere più insopportabile che le fosse mai capitato di incontrare.
- E quindi, cari signori, dopo la risoluzione di quest’ultimo dibattito dichiaro chiuso il Collegio Docenti di oggi 24 settembre. Vi ricordo che il prossimo collegio cadrà sempre di lunedì, alla stessa ora, in data 22 ottobre e il tema principale che verrà discusso sarà quello che riguarda i preparativi per la Festa di Halloween. Ora vi lascio liberi di tornare ai vostri alloggi e vi aspetto come di consueto in Sala Grande, per cena, attorno alle diciannove e trenta. Grazie per la vostra presenza e a più tardi. - stava dicendo Silente, nell’atto di congedare i professori, quando Lavinia riemerse dalle proprie riflessioni.
Remus svegliò il professor Ruf, assopito accanto a lui, e si affrettò a raggiungere l'amica.
- Ehi, sei ancora tra noi? - le chiese subito, dopo aver notato il suo sguardo perso nel nulla per buona parte della riunione.
- Eccome. E’ che come mio primo Collegio Docenti non mi aspettavo proprio di dover subito sostenere una discussione con l’insegnante più ostico della terra. E’ stata dura sai, mio caro! - esclamò lei in tono scherzoso.
- Ti capisco perfettamente. Avere a che fare con Severus non è sicuramente facile, ma sei stata grande e ora avrai capito anche le ragioni del povero Neville.
- Descrivimi la povera vittima.
- Oh, Paciock è solo un ragazzino timido e impacciato, molto sensibile, con una memoria che farebbe concorrenza ad un colabrodo e abbastanza incapace di difendersi. E’ ciò che gli causa grossi problemi con quei compagni poco sensibili, che si divertono a metterlo sempre in difficoltà. Ma la complicazione più grossa è, appunto, costituita dalla materia di Severus, del quale ha sacro terrore.
- Caspita, non l’avrei mai detto. E per quale motivo, suvvia? – ironizzò lei. – Qualcosa mi dice che un po’ tutti i ragazzi, qui dentro, abbiamo il sacro terrore di Piton!
Lupin ridacchiò, assentendo e, come in risposta, il docente di Pozioni passò accanto a loro senza degnarli di un’occhiata.
Lavinia lo seguì con lo sguardo mentre si allontanava verso i sotterranei con il suo lungo passo morbido e il mantello ondeggiante.
- Come volevasi dimostrare…- commentò, accennando all’uomo di cui ormai intravedeva solo lo sventolio della cappa nera. - E’incredibile quanto non gli interessi anche solo provare a stabilire un rapporto civile con gli altri.
- Severus è sempre stato un solitario. Ma non è così cattivo, a dispetto di quello che vuole apparire. E’ lui che mi prepara la pozione che assumo per evitare la trasformazione, sai? Ed è sempre stato lui a studiarla e a metterla a punto, ed è lui che si preoccupa che io mi ricordi di berla. - le rivelò l’amico, lasciandola di stucco.
La giovane donna lo salutò pensierosa, e si avviò verso l’ala est per raggiungere la propria stanza, con addosso una curiosa quanto prepotente voglia di stendersi sul letto e di perdersi ancora un po’ in riflessioni, prima di prepararsi per la cena.
LUNEDI’, 24 SETTEMBRE, ore 20:00Lavinia si servì ancora del pasticcio di carne.
Pensò che con quell’appetito avrebbe potuto mangiarsi un arrosto di tacchino intero, quella sera a cena, ma che di quel passo sarebbe anche arrivata a pesare un centinaio di chili prima della fine dell’anno scolastico.
Evidentemente l’aria di Hogwarts le stava facendo bene.
Alzò gli occhi verso il settore opposto e si accorse che Piton stava prendendo posto a tavola proprio in quel momento ma, stranamente, in ritardo.
Si soffermò un attimo ad osservarlo, costretta suo malgrado ad ammettere che aveva un modo di muoversi, controllato ed elegante, che riusciva sempre a calamitare la sua attenzione.
L’uomo rivolse qualche breve occhiata distratta a ciò che lo circondava, poi, improvvisamente, indirizzò lo sguardo verso di lei che, colta alla sprovvista, si affrettò a spostare il proprio sulla prima cosa che capitò a tiro, cioè il contenuto del piatto di Remus.
Quindi il professore abbassò leggermente il capo, si servì delle pietanze ed iniziò a mangiare lentamente, in silenzio, mantenendo l’aria assorta per tutta la durata della cena. Cosa che permise a Lavinia di poterlo sbirciare ogni tanto, di nascosto.
“Stasera Mister Simpatia è più tetro del solito. Chissà su che cosa sta riflettendo.”
Non si nascose che le avrebbe fatto un discreto piacere saperlo intento a ripensare al discorsetto che era riuscita a rivolgergli nel pomeriggio, durante la riunione.
Non si illuse però più di tanto su quella possibilità, anche se avrebbe dato metà del suo pasticcio di carne per scoprire che cosa sembrava turbarlo.
Ad un tratto, verso il termine della serata, Severus estrasse da una tasca interna del mantello qualcosa che a Lavinia sembrò un libricino dalla copertina nera.
Il mago lo fissò per alcuni secondi, con un’espressione talmente intensa e struggente che la giovane donna ne rimase impressionata.
Evidentemente l’uomo si era concesso quel piccolo attimo di debolezza, certo del fatto che nessuno lo stava osservando.
Ma a lei, intenta a tenere gli occhi furtivamente puntati in quella direzione, non era sfuggita una virgola di quanto era passato sul volto del Potion Master, nonostante alcune ciocche di capelli corvini fossero scese a coprirgli parzialmente il viso.
Socchiuse gli occhi per cercare di decifrare meglio l’espressione di Piton (fortunatamente la natura l’aveva dotata della vista di un felino) e si concentrò talmente che, quando Remus le toccò un braccio per chiederle di passargli il piatto con quello che restava della torta di mele, sobbalzò, lasciandosi sfuggire la forchetta di mano.
- Ops, scusa, ti ho spaventata?
- Oh no… no affatto, scusa, stavo solo pensando a… Toh, ecco, tieni la torta – blaterò lei, passando rapidamente il piatto all’amico perché questi non si accorgesse del suo imbarazzo.
Intanto il maestro di pozioni si era alzato e, silenziosamente, così come era arrivato uscì dal retro, imboccando una delle porte che si trovavano dietro al tavolo.
Dal lato opposto Lavinia lo seguì ancora con lo sguardo, sempre più perplessa e incuriosita.
*****
Il professor Piton camminò adagio per i corridoi fiocamente illuminati.
Il suo passo elastico e indolente lasciava dietro di sé una piccola eco, mentre percorreva gli androni con calma, fino a che non arrivò al chiostro principale.
Una meravigliosa mezza luna, ormai alta nel cielo terso e completamente punteggiato di stelle, lo rischiarava debolmente, inondandolo di uno strano riverbero bianco.
Stava ancora tenendo in mano il piccolo quaderno con la copertina nera che aveva ritrovato quella sera per caso, frugando in fondo a un baule contenente vecchi libri.
Cercava un testo di antica pubblicazione sugli Incantesimi Notturni, e aveva invece scovato quel piccolo cimelio.
Lo aveva sfogliato incuriosito, intuendo praticamente da subito di che cosa si trattava.
Era il piccolo diario giornaliero appartenuto a sua madre su cui, tanto tempo prima, la donna aveva annotato diligentemente appuntamenti, cose da ricordare, faccende da sbrigare e piccoli avvenimenti quotidiani. Il tutto con quella scrittura ordinata e precisa tanto simile alla propria.
Il respiro gli si era fermato, il cuore aveva smesso di battere per un istante.
Aveva riposto il libricino nella tasca interna del mantello, considerando di sfogliarlo quando fosse stato in grado di riacquistare un po’ di freddezza; poi era sceso per cenare, senza però riuscire a staccare la mente da quel piccolo tesoro che conservava al petto.
Chiuse gli occhi e rimase immobile, alta e nera figura in mezzo al chiostro su cui pioveva la luce fredda della luna.
Come aveva potuto finire lì, dimenticato in mezzo ai suoi volumi, quel piccolo diario?Li riaprì, sentendoli umidi. Quindi fece scorrere le pagine del libricino, scegliendone una a caso.
<< Mercoledì 17, ore 15:00. Appuntamento con Flora per compere da madama Estelle; ore 18:00 portare Severus dal dentista per controllo. >>
Richiuse il volumetto, avvertendo una terribile sensazione di abbandono che, di norma, aveva imparato ad ignorare, ma che in quel momento era riuscito a sopraffarlo, e si sentì mortalmente solo. Solo e anche un po’ idiota piantato lì in mezzo al cortile come un palo inutile, in quella notte di fine settembre su cui iniziava a scendere l’umidità.
Appoggiò il libricino sul cuore e pensò a tante cose. Pensò alla sua mamma, al suo viso, a come gli mancava. Rammentò l’infanzia trascorsa a difendersi dal dolore e dalla paura, l’adolescenza passata fra i compagni che si divertivano continuamente a tormentarlo. Riandò ancora alle scelte sbagliate, al suo terribile passato e a come il peso dei troppi errori stesse gravando ancora sulla sua anima.
Gli tornarono in mente le parole che la ragazzina insolente gli aveva rivolto appena poche ore prima, alla riunione.
Lei non dovrebbe essere così duro e inflessibile con quel ragazzo… perché ogni volta che lo si è con qualcuno lo si è prima di tutto con se stessi… e questo non fa bene…Lo sapeva benissimo, ma il sentirselo dire da una persona estranea della quale, fino alla settimana prima, neanche ricordava l’esistenza, gli aveva provocato un certo malessere.
Lo aveva obbligato a riflettere e a guardare in faccia alla squallida realtà. Colpito e affondato.
Il suo presente, ora, era solo il risultato di un passato sbagliato che lo aveva fatto precipitare in un abisso di infelicità e solitudine in cui si dibatteva da anni, senza aver più la forza nè la voglia di venirne fuori.
Pensò all’immagine che si era creato giorno per giorno sin dai tempi in cui, troppo fragile e sensibile per reagire al dolore che aveva già vissuto in casa propria, e ferito oltremodo dallo scherno crudele dei compagni, aveva preferito erigere un muro tra lui e gli altri trasformandosi in
Severus Piton, il più bravo della scuola ma anche il più scontroso e il più odioso.
Quello che non aveva bisogno di nessuno e non voleva avere a che fare con nessuno.
Colui che sarebbe diventato Mangiamorte prima e terribile, inumano insegnante di Pozioni poi, dopo essere passato attraverso un’esperienza di vita devastante.
Se non poteva essere amato dai suoi simili, che almeno lo temessero!
Era troppo tardi, ormai, per tornare indietro e ricominciare da capo. Troppo tardi per riacquistare la fiducia e la stima degli altri. Troppo tardi per riacquistarla in sé stesso.
Severus si riscosse; da quanto tempo era lì in piedi, fermo, con il diario di sua madre sul cuore, il capo chino e lo sguardo fisso sulla punta delle scarpe?
Fece per rientrare, con l’intenzione di raggiungere i propri alloggi - si sentiva molto stanco – quando, improvvisamente, i suoi sensi acuti gli fecero percepire un piccolo, veloce movimento seguito da un fruscio.
Era come se qualcosa o qualcuno si fosse ritratto in fretta nell’ombra, rifugiandosi silenziosamente dietro l’angolo in fondo al corridoio.
Stette in ascolto, scrutando con attenzione la penombra da cui gli era parso provenisse il lieve rumore.
– Chi è là? – provò a chiedere, in tono basso ma autoritario, avanzando di qualche passo.
Gli risposero solo il silenzio e le ombre che ballavano sul muro prodotte dal fuoco dei bracieri.
“Si sarà trattato di Mrs. Purr…” concluse, infine, e si diresse con passo deciso, avvolto nel mantello, verso le scale che scendevano nei Sotterranei.
*****
Lavinia si girò e rigirò ancora nel letto, senza riuscire a prendere sonno.
Aprì gli occhi e cercò di individuare nel buio le ombre appartenenti agli oggetti sparpagliati sulle sedie e sopra cassettone, di fianco al letto.
Sentì un soffice fruscio provenire dalla gabbia appesa vicino alla finestra, dove Andrew si stava scrollando le piume. Udì il sottile rumore della sabbia che scorreva nella clessidra-sveglia. Avvertì in lontananza il richiamo di una civetta al quale rispose quello di qualche strana creatura notturna. Poi tornò a rigirarsi.
Non riusciva a togliersi dalla testa l’espressione sul volto di Piton, seduto a tavola con in mano il piccolo quaderno nero.
Quando poi, passando davanti al chiostro principale per raggiungere la propria stanza l’aveva visto ritto lì, al centro, immobile come in trance (e le era sembrato perfino di sentirlo bisbigliare sommessamente) non aveva potuto fare a meno di fermarsi, un po’ preoccupata.
Lui sicuramente non si era accorto della sua presenza celata dall’ombra del colonnato, mentre lei era rimasta lì per diversi minuti ad osservarlo, incerta se intervenire o meno.
Fino a che, dopo qualche lungo istante, all’improvviso l’uomo si era mosso.
Allora aveva raggiunto, silenziosa come un gatto, il fondo del corridoio e si era acquattata velocemente dietro l’angolo, tornando a spiarlo da lì.
Il suo cuore aveva perso un colpo quando gli aveva sentito intimare il chi è là.
Era stata sul punto di uscire dall’ombra per rivelare la propria presenza, ma l’idea di quanto sgradevole avrebbe potuto essere la sua reazione l’aveva fatta desistere.
Per fortuna il mago si era avviato quasi subito verso i Sotterranei, risparmiandole con tutta probabilità un brutto quarto d’ora.
Tuttavia quanto accaduto quella sera iniziava a disegnare i contorni di un vero mistero.
Chi era, veramente, e cosa celava Severus Piton, dietro quell’apparenza scostante?
Era il freddo, scorbutico, dispotico insegnante di Pozioni che si divertiva a terrorizzare gli studenti, oppure un uomo in cui albergavano anche sentimenti umani ed emozioni che occultava gelosamente per qualche recondito motivo, sconosciuto ai più?
Ripensò a ciò che le aveva svelato Remus, nel pomeriggio, e meditò sul fatto che fosse proprio Piton a preoccuparsi della pozione anti-licantropia che doveva assumere regolarmente.
Ricordò perfino le parole che zio Albus le aveva detto qualche giorno prima e a cui lei aveva prestato scarsa attenzione.
“… Non puoi giudicare le persone senza conoscere il loro vissuto… Non puoi sapere quello che è accaduto nel frattempo… L’infanzia di Severus non è stata così facile…” L’infanzia di Severus non è stata così facile…
Non è stata così facile…Le parole si moltiplicarono all’infinito, trasformandosi in una dolce ninna nanna.
Gli occhi si chiusero piano piano e scivolò finalmente in un sonno profondo, popolato da oggetti che fluttuavano nell’aria e lunghi corridoi in fondo ai quali c’erano sempre due occhi neri come il carbone che la osservavano, prima glaciali, poi pieni di infinita tristezza.
GIOVEDI’, 27 SETTEMBRE, ore 15:30- E’ permesso? – Lavinia sbirciò nello studio circolare del preside in cui era appena entrata.
- Posso? – ribadì, non avendo ottenuto risposta,
- Zio Albus sono io. Avevi bisogno di parlarmi? - intanto si era spostata di qualche passo verso il centro dello studio circolare, da dove si guardò attorno, incuriosita.
Montagne di carte e di libri troneggiavano sugli scaffali, assieme a strani oggetti semoventi che ne completavano il bizzarro arredamento.
La scrivania del preside era sommersa da pergamene, documenti e schedari mentre, su un ripiano a fianco, in alto, era appisolato il consunto cappello a punta che veniva usato durante la cerimonia di smistamento. Ma di zio Albus nessuna traccia.
Sbuffò un po’ contrariata, poi vide dietro la scrivania il trespolo su cui era appollaiata una splendida Fenice.
La giovane donna si avvicinò al treppiede, sorridendo con entusiasmo.
- Fanny! Ciao bellissima, sei sempre in gran forma. - le sussurrò, tendendo una mano per accarezzarla.
Il grosso pennuto dal piumaggio rosso e oro emise un lieve pigolio di piacere, lasciandosi vezzeggiare dalla ragazza che, continuando a lisciare delicatamente il suo petto dorato, ripensò a quanto tempo da bambina aveva trascorso con lei; era affascinata dalla sua bellezza straordinaria, e si intratteneva sempre a lungo nello studio dello zio.
Le tornò in mente di come si fosse spaventata la prima volta che l’aveva vista prendere fuoco, all’improvviso.
Per zio Albus non era stato facile consolarla, nonostante gli svariati tentativi di spiegarle che Fanny sarebbe presto risorta dalle proprie ceneri, come un morbido e tenero pulcinotto.
Ricordò anche di come mamma, in quell’occasione, si fosse arrabbiata molto con il fratello.
A suo dire – e molto probabilmente a ragione - prima di lasciare che la bambina giocasse assieme a un’Araba Fenice, Albus avrebbe dovuto pensare di metterla in guardia su quanto poteva accadere.
Fece ancora qualche complimento all’animale, poi andò a sedersi su una delle poltrone davanti alla scrivania.
Evidentemente lo zio si era dimenticato di aver fissato un incontro con lei quel pomeriggio.
Nulla di straordinario: zio Albus era sempre stato piuttosto distratto, adesso poi, con l’età…
Decise di aspettare ancora qualche minuto, ripensando a quello che aveva fatto negli ultimi giorni.
Con l’aiuto del solito, gentilissimo Remus, che aveva sacrificato per lei alcune ore buche tra una lezione e l’altra, si era accuratamente preparata il programma che avrebbe svolto durante l’anno.
Poi era andata a trovare Hagrid, perché aveva voglia di stare in compagnia di persone buone, semplici e rassicuranti. Rubeus era proprio una di quelle.
Anche lei amava enormemente gli animali, così Hagrid aveva approfittato della loro comune passione per presentarle con orgoglio i magnifici ippogrifi che accudiva, e che sarebbero stati proprio il tema di una delle sue prossime lezioni.
Quindi aveva addirittura fatto amicizia con Fierobecco, quello per cui Hagrid nutriva un debole. Notando come la simpatia fra i due fosse reciproca, l’omone aveva insistito perché provasse anche a cavalcarlo per un giro panoramico sopra il castello; cosa che lei, abituata fino a quel momento solo al sellino della mountain bike, aveva rifiutato con decisione.
Inoltre, in quei giorni, zio Albus ne aveva approfittato per presentarla a tutte le classi.
I ragazzi del primo anno l’avevano decisamente intenerita, con i loro visetti ancora infantili e gli occhi spalancati per la curiosità verso tutto ciò che per loro quell’anno era totalmente nuovo.
Viceversa gli studenti del settimo anno, che la superavano abbondantemente in altezza, l’avevano un po’ preoccupata, e si era domandata come sarebbe riuscita a tenere la disciplina in quelle classi composte da persone ormai adulte.
Aveva incontrato anche gli studenti del terzo anno e conosciuto Harry, al quale aveva rivelato subito di essere stata grande amica dei suoi genitori.
Il ragazzo si era illuminato a quella dichiarazione, quindi aveva voluto presentarle i suoi più cari amici, Ron Weasley ed Hermione Granger, che le era apparsa subito come una ragazzina molto sveglia. Non aveva avuto alcun dubbio sull’identità di Neville Paciock, per come glielo aveva descritto Remus.
Tirando le somme, se non fosse stato per il fastidio a livello epidermico che provava tutte le volte che il suo cammino incrociava quello del professor Piton, avrebbe potuto tranquillamente affermare che la settimana precedente al suo debutto ufficiale come insegnante stava scorrendo molto tranquillamente.
Il Potion Master si mostrava sempre e comunque apertamente ostile nei suoi confronti.
Lo aveva fatto anche l’ultima volta in cui Lavinia era quasi andata a sbattergli contro, vicino all’aula di Incantesimi.
E poi aveva quel vizio insopportabile di guardarla dall’alto in basso, con freddo distacco, che la metteva regolarmente in estrema difficoltà.
- Stia un po’ attenta, miss O’Connor… - l’aveva apostrofata, stizzito, con voce profonda e tono affettato. - Camminando con la testa bassa potrebbe finire anche con l’andare a rompersela contro qualcosa di più duro del sottoscritto. - aveva concluso con quel suo fastidioso accento sardonico e il sopracciglio alzato.
“Povero illuso: assolutamente impossibile trovare qualcosa di più duro di te contro cui sbattere.” Aveva pensato la ragazza rivolgendogli un sorrisetto di circostanza.
Quindi, dopo essersi lanciati un breve sguardo di sfida, ognuno aveva ripreso la propria strada per i corridoi.
C’era poi stata una seconda volta in cui Piton, costretto a interrompere la lezione con le classi del secondo anno per permettere al preside di presentarla agli studenti, non aveva minimamente tentato di nascondere un’antipatica espressione scocciata.
Lavinia ricordò di aver pensato, in quell’occasione, a come le sarebbe piaciuto poter stringere le proprie mani attorno al suo collo, per vedergliela cancellata dal volto.
Eppure non riusciva a fare a meno di chiedersi il perché di tanta avversione nei suoi confronti, costretta ad ammettere come la cosa le desse molto fastidio.
Le dispiaceva comunque che qualcuno le dimostrasse antipatia in modo così evidente, senza che lei avesse fatto nulla per meritarlo.
Quell’atteggiamento la inibiva, impedendole di rivolgersi a lui per per tentare di instaurare almeno un rapporto educato.
Il giorno prima, rientrando in camera, si era seduta stancamente sul letto con una tale aria pensierosa che se ne era accorto perfino il suo Specchio delle Brame.
- Qualcosa non va, ragazza mia? - le aveva chiesto, con voce sensualissima.
- Oh nulla… stavo solo riflettendo su come…
- Avanti, sputa il rospo. Ti si legge in faccia lontano un miglio che qualcosa ti rode dentro.
- Ma no, niente… è che mi piacerebbe andare d’accordo con tutti, avere la stima dei miei colleghi, e invece…- aveva cincischiato lei, prendendola alla larga.
- E invece c’è qualcuno che ti impedisce la realizzazione di questo desiderio, non è vero?
Forse il bisogno di sfogarsi con qualcuno, o forse la voce di Alan Rickman, fatto sta che a Lavinia era venuta la gran voglia di parlare. Gli aveva confidato il tormento che la assillava, raccontandogli anche di come avesse il sospetto che in quell’uomo, tuttavia, albergassero dei larghi sprazzi di umanità.
- Mia cara, non pensi che lui ti tenga a debita distanza proprio perché ha capito che potresti tentare di mettere a nudo ciò che sta tenendo nascosto, e che vorrebbe continuare a tenere gelosamente per sé? - le aveva suggerito lo specchio.
- Sì, l’ho pensato, ma quello che non capisco è perché si compiaccia di rimanere invischiato in una condizione del genere. Come può accettare una situazione così psicologicamente pesante da sostenere, isolato, temuto e mal sopportato da tutti? Come fa a vivere senza il bisogno di sentirsi amato? – e, alzandosi dal letto, si era piazzata davanti al suo speciale interlocutore, così da vederci riflesso dentro il proprio viso accigliato.
- Può darsi che a lui stia benissimo così. Mica tutti si chiamano Lavinia O’Connor. Sei tu che pensi che una situazione del genere possa essere psicologicamente pesante da sostenere, perché la vedi dalla tua ottica! Ma se a lui non interessano affatto l’accettazione e la benevolenza degli altri, qual è il problema? E, se anche ci fosse, perché te ne vuoi fare carico tu?
Lavinia aveva guardato a lungo la sua immagine rispecchiata.
Già, perché le stava tanto a cuore questa situazione?
In fin dei conti per quale motivo avrebbe dovuto interessarle che Severus Piton avesse scelto di vivere relegato in un sotterraneo, immusonito, scorbutico e lontano dal mondo dei vivi?
Era ancora immersa nel suo fiume di pensieri e ricordi, quando la porta dell’ufficio si aprì e le voci dello zio e della professoressa McGranitt, in discussione, si avvicinarono alla poltrona dove era seduta. Un trillo felice di Fanny diede il benvenuto ai nuovi arrivati.
- Oh eccoti, bambina mia, scusami se ti ho fatto attendere. E’ molto che sei qui? – esclamò Albus, accorgendosi finalmente della presenza della nipote.
- Ciao, zietto. No, sono qui da poco, non ti preoccupare. Ciao, zia Minerva! - replicò la giovane, sorridendo loro.
- Ciao, cara. Tuo zio ha avuto un’idea e te ne voleva parlare…- disse la vicepreside, ricambiando il sorriso, e sedette di fianco alla ragazza. Poi volse lo sguardo verso il vecchio mago che, nel frattempo, aveva preso posto dietro la scrivania.
- Si tratta della questione riguardante l’insegnante di sostegno per il nostro Neville Paciock: chi affiancare al ragazzo. Ti ricordi che ne abbiamo discusso in Consiglio? Albus preferisci andare avanti tu?
Lavinia scoccò un’occhiata sospettosa ai suoi due interlocutori, ma aspettò che il preside proseguisse.
- Dunque, cara, devi sapere che io e Minerva ci siamo subito rivolti al Ministero della Magia per chiedere che ci venisse assegnato, come di diritto, un insegnante di sostegno per Paciock. Purtroppo però ci è stato risposto che quest’anno, mancando di fondi, il Ministero non ha potuto procedere all’assunzione e alla formazione di nuovo personale addetto a tale scopo. Perciò quei pochi insegnanti di sostegno in forza sono già stati assegnati agli istituti che ne avevano fatto richiesta in anticipo. - il preside si interruppe brevemente per schiarirsi la voce, e la nipote ne approfittò per inserirsi.
- Quindi? - mormorò, iniziando ad avvertire una certa inquietudine.
- Quindi ci hanno suggerito di scegliere un membro interno alla scuola, e nominarlo insegnante di sostegno, così da poterlo affiancare a Paciock durante le ore di Pozioni.
- Perciò? – sbottò Lavinia sempre più preoccupata.
- Perciò, andando a controllare le ore coperte da ognuno dei nostri docenti, io e Minerva abbiamo scoperto che… - proseguì con cautela il preside.
- Che? - lo interruppe la giovane insegnante, inorridita, sentendo che il suo sospetto andava fondandosi.
- Che… beh… ecco, l’unica ad avere ore libere, contemporaneamente a quelle in cui si tiene lezione di Pozioni del terzo anno di Grifondoro, saresti tu. E allora, mia cara, che ne diresti di cogliere questa magnifica opportunità per diventare l’insegnante di sostegno di Neville Paciock? Io e Minerva siamo inoltre certi che tu possa essere la persona più adatta per rivestire questo ruolo. - concluse allegramente Silente, guardando la professoressa McGranitt alla ricerca della sua approvazione.
- Oh no! No, no, no, no zio,
non credo proprio! - Lavinia reagì come un petardo.
- Ma perché no, bambina mia, non capisco. Tu sei giovane, dinamica, comunicativa, hai talento e anche una buona infarinatura in materia. Hai tutto quanto servirebbe per poter aiutare il povero Neville a recuperare. – la interruppe bonariamente lo zio, scrutandola da dietro gli occhialini a mezzaluna.
- E’ escluso zio, io non sono affatto la persona più indicata. Io… ehm… non mi sento in grado di prendere una responsabilità del genere, non ho alcuna esperienza, non saprei nemmeno da che parte iniziare, e poi… E poi…
E poi avrebbe potuto fare uno strappo e accettare la proposta di fare sostegno durante le ore di qualsiasi altra materia, ma non a Pozioni, porca miseria! Nessuno sarebbe riuscito a convincerla, neanche sotto la minaccia di Avada Kedavra, ad entrare nell’antro dell’orco con la missione impossibile di recuperare un caso semi disperato, sotto lo sguardo omicida di Severus Piton.
Per chiunque l’impresa sarebbe equivalsa al buttarsi a testa in giù dalla Torre Astronomica del castello, figuriamoci per lei che aveva tutti quei problemi a relazionarsi con lui.
- Lavinia, rifletti…- la McGranitt stava cercando di farla ragionare, quando due secchi colpetti bussati alla porta la interruppero.
- Avanti. - invitò Albus, e la porta si aprì abbastanza impetuosamente, lasciando apparire l’alta figura nera del Potion Master.
Piton si bloccò sulla soglia, mentre il suo sguardo correva veloce da Silente alla McGranitt per poi andarsi a posare su Lavinia che, girata in mezza torsione verso la porta, spalancò gli occhi su di lui sentendo all’improvviso lo stomaco stretto in una morsa.
“Oh no! E adesso cosa ci fa qui, questo?”
“Oh no! E adesso cosa ci fa qui, questa?”Pensarono all’unisono, la prima con sconforto, il secondo con irritazione.
- Severus! Vieni, vieni avanti figliolo. – cinguettò Albus, placidamente.
- Minerva… Preside… - salutò lui, asciutto, omettendo di rivolgersi alla ragazza anche se aveva continuato a fissarla con sguardo penetrante e pungente.
Lavinia deglutì, tentando di mantenere fermo il proprio e di non abbassarlo.
“Sono perduta… Zio, questa me la paghi cara.” Pensò, intanto.
Piton avanzò con passo cauto da coguaro e andò a sedersi nella poltrona rimasta libera, accanto a lei.
“Sono sistemato… Preside, questa me la paga cara.” Pensò, nel frattempo.
- Bene ragazzi, eccovi qui. Grazie, Severus, per aver sacrificato la tua ora buca; volevo che anche tu fossi messo subito al corrente della decisione che ho appena preso di affiancare Lavinia, come sostegno a Paciock, durante le tue ore! – spiegò, serafico, il vecchio.
I due giovani lo fulminarono all’unisono con lo sguardo. Poi lei assunse un’aria supplicante, mentre il mago spalancava gli occhi per l’incredulità. Infine, come a voler sottolineare la follia contenuta nella dichiarazione appena espressa dallo zio, la donna non trovò niente di meglio da fare che lasciarsi andare a una risatina isterica.
Dopo un minuto buono di silenzio attonito, l’insegnante di Pozioni tirò un sospiro e parlò.
- Preside, mi scusi, ma trovo che miss O’Connor non abbia né la preparazione necessaria, né la dimestichezza sufficiente in materia per poter sostenere uno studente, oltretutto inetto, come Paciock!
- Il professore ha perfettamente ragione, zietto. E’ proprio quello che stavo tentando di spiegarti io due minuti fa. – In un altro momento avrebbe preso volentieri a sberle quel presuntuoso che le aveva apertamente dato dell’incapace, ma, al momento, Lavinia valutò come fosse più saggio approfittare dell’occasione per ribadire il suo rifiuto all’incarico suicida.
- Si dà però il caso che io e Minerva abbiamo già ampiamente valutato come questa sia l’unica soluzione possibile. Via, Severus, il ragazzo in fin dei conti ha solo bisogno di sentire di fianco a sé una presenza rassicurante; sono certo che in questo modo riacquisterà un po’ di fiducia senza quasi rendersi conto, e riuscirà a rimettersi in carreggiata con le proprie forze. E’ solo una questione psicologica. In quanto a te, mia cara, non devi sottovalutarti così. Hai degli ottimi requisiti, sei una strega in gamba e completa, inoltre non te la sei mai cavata male in Pozioni, anzi. Se ricordo bene hai sempre avuto buoni voti.
- Ti faccio presente, zio, come ai tempi fosse più molto più facile prendere buoni voti in Pozioni, dal momento che non era lui l’insegnante! - replicò la nipote, indicando Piton, che la incenerì con un’occhiata.
- Suvvia figlioli, credo non ci sia proprio più niente da discutere. Dalla settimana prossima, mia cara, sarai l’insegnante di sostegno di Paciock, per cui ricordati di segnarti bene tutti gli orari delle lezioni a cui dovrai presenziare. – sentenziò Silente, soddisfatto.
Nell’ufficio calò una strana quiete carica di tensione che la professoressa McGranitt cercò di spezzare chiedendo ai presenti se avrebbero gradito una tazza di the.
Piton rifiutò secco, borbottò qualcosa riguardo una lezione che doveva preparare per il giorno dopo e, biascicando delle scuse, si precipitò fuori evidentemente alterato.
Lavinia attese di sentire sbattere la porta, poi a sua volta si alzò, guardando Minerva e Albus con aria abbattuta.
- Zio, permettimi di ribadire come questa non sia proprio un’idea brillantissima… e te ne accorgerai presto. Ma se è l’unica soluzione, non posso fare altro che accettare.
Salutandoli si avviò verso la porta, con la faccia di chi è stato appena condannato al patibolo.
Quando anche la ragazza fu uscita, Silente e la McGranitt si guardarono in faccia per un lungo momento.
- So quello a cui stai pensando, Minerva. - ridacchiò il vecchio mago.
- Che forse abbiamo esagerato un po’ con la povera Lavinia, vero? – rispose la McGranitt sorridendogli di rimando.
- Beh, sono sicuro che non avrà vita facile con Severus, ma spero che questo possa tornarle utile per limare finalmente certi difetti. Quei limiti personali in cui finora non è ancora riuscita a migliorarsi, e che le hanno impedito di maturare; ma se conosco bene mia nipote sono certo che nemmeno per lui sarà rose e fiori. L’importante è che finalmente imparino a rispettarsi a vicenda, di conseguenza a rispettare le regole della convivenza civile fra persone. Chissà che non riescano ad arrivare perfino ad una forma di dialogo e di comprensione reciproca. Bah, forse così è pretendere un po’ troppo, tuttavia sono sempre del parere che in questa scuola l’accordo fra insegnanti sia indispensabile per una collaborazione proficua, quindi, per l’ottenimento di risultati eccellenti. Ed è una cosa questa a cui tengo molto, lo sai mia cara…
- Lo so, Albus, anche se, in questo caso, ho la vaga impressione che ci vorrà molto tempo prima che quei due possano riuscire a stabilire una forma di comunicazione vagamente accettabile.
- So perfettamente che non sarà così semplice. Quei due sono esattamente uno l’opposto dell’altro. Se Lavinia è il bianco, Severus è il nero; se lei è il giorno, lui è la notte. Lavinia è piena di voglia di vivere e lo comunica con spontaneità - in certi casi anche con troppa esuberanza - Severus non comunica e ha dentro di sé un blocco; cova un dolore così grande da impedirsi di vivere. Lavinia è troppo impulsiva, irrequieta e per questo troppe volte malcontenta, mentre Severus è molto, troppo metodico, duro, intransigente ed è questo che lo fa tanto soffrire. Così spero sinceramente che, per l’arcana e misteriosa legge che regola l’universo e che vuole a volte che gli opposti si attraggano, quei due benedetti ragazzi possano donarsi reciprocamente un po’ di quanto serve all’altro, e che riescano a raggiungere un equilibrio che li renda più sereni. Questo anche a costo di correre qualche serio rischio, lo so bene! - concluse meditabondo il preside, accarezzandosi la lunga barba e lasciando che la McGranitt riflettesse perplessa sull’ultima parte del discorso.
*****
Entrò in camera sbattendo la porta e vi si appoggiò contro con le spalle, facendo girare lo sguardo color ghiaccio su quanto la circondava.
Ogni cosa su cui ebbe posati gli occhi dapprima sussultò, quindi si librò a mezz’aria e iniziò a ballonzolare, per poi schizzare attraverso la stanza e andare a terminare fragorosamente la sua corsa contro le pareti.
Si infransero, nell’ordine, una scatola porta oggetti di legno decorato, un vasetto di porcellana e la clessidra-sveglia, che sparse ovunque il suo contenuto sabbioso.
- Lavinia, pietà di me! Calmati e dimmi che ti è successo! - implorò lo specchio, terrorizzato dalla prospettiva di finire a sua volta in mille pezzi.
La strega trasse un profondo respiro.
“Devo calmarmi, devo calmarmi, devo calmarmi, devo…”
- Allora mi vuoi dire che cosa è successo, prima che tu finisca di distruggere la camera e ti tocchi poi di raccogliermi con ramazza e paletta?
Senza rispondere marciò diritta verso la mountain bike, con gli occhi lampeggianti di furore che continuavano a virare su molteplici tonalità del grigio e del violetto, e la liberò dalla catena. Spingendola a mano si apprestò ad uscire, ma prima si voltò verso lo specchio.
- Tranquillo, caro, adesso vado a farmi una bella pedalata all’aria aperta e sbollisco. Ci vediamo dopo, forse…
*****
Severus si piazzò al centro dell’aula deserta con le braccia incrociate al petto, le gambe leggermente divaricate e il viso accigliato. Continuava a mordicchiarsi il labbro e, intanto, gli occhi neri ribollivano di indignazione come magma di un vulcano. La rabbia era tale da impedirgli di formulare un pensiero connesso.
“Vecchio pazzo. Ma cosa diavolo gli sta succedendo in quella testa? Dove vuole arrivare? Assurdo, ridicolo, grottesco. Un ragazzino completamente idiota sostenuto da una mocciosa incompetente. E tutto ciò durante le mie lezioni! Una soluzione davvero geniale, il vecchio si deve essere definitivamente bevuto il cervello. Questa è la considerazione in cui è tenuta la mia materia. E’ tutto così paradossale che non può essere vero!” E più ci pensava, più provava l’irresistibile impulso di tornare dal preside per presentargli le dimissioni. Era troppo, dopo tutto quello che aveva fatto per lui e per quella stramaledetta scuola.
Si girò di scatto decidendo che, prima di licenziarsi, avrebbe provato a camminare un po’ all’aria aperta per calmarsi.
Ecco, sì, avrebbe camminato molto a lungo, fino a stordirsi per la stanchezza, e poi sarebbe andato da Silente a comunicargli che lasciava il suo posto libero a favore di qualcuno disposto a farsi prendere in giro.
Aprì la porta con violenza, uscì dall’aula e se la richiuse alle spalle con tale e tanta forza che anche al piano di sopra, nella classe in cui si stava svolgendo la solita noiosissima lezione di Storia della Magia, gli alunni assopiti si svegliarono di botto.
Edited by Ele Snapey - 9/9/2017, 16:32