Il Calderone di Severus

Ele Snapey - Mercoledì 31 ottobre, ore 22:45..., Genere: Romantico/Avventuroso - Avvertimenti: Nessuno - Epoca: 3° anno - Pairing: Severus, personaggio originale - Personaggi: Severus, personaggio originale, Remus Lupin, Albus Silente

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view post Posted on 22/8/2017, 01:05
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Titolo: Mercoledì, 31 ottobre, ore 22:45...
Autore/data: Ele Snapey - 31/01/2005
Beta-reader: Ida59
Tipologia: long fic
Rating: per tutti
Genere: romantico - avventuroso
Personaggi: Severus, Personaggio originale, Remus Lupin, Albus Silente, Minerva McGranitt, Harry, Ron, Hermione, Neville Paciock
Pairing: Severus/Personaggio originale
Epoca: 3° anno
Avvertimenti: nessuno

Riassunto: Hogwarts: inizia per Harry Potter il terzo anno di frequentazione alla scuola di Magia e Stregoneria...

Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. I personaggi originali e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.

N.d.A: Questa long fic è il primo episodio di una tetralogia a cui fanno seguito due storie intitolate Plenilunio e One of the few, e che chiude con la long fic intitolata Lacrima di Fenice. Questa è stata anche la prima di tante altre storie dedicate a Severus che ho scritto.
























MERCOLEDI’, 31 OTTOBRE, ORE 22:45…..







SABATO, 22 SETTEMBRE, ore 10:00


Albus Silente scrutò di nuovo il cielo che quella mattina di settembre appariva terso, luminoso ed incredibilmente azzurro come i suoi occhi.
Incrociò le braccia sul petto sospirando piano poi, per l’ennesima volta, da una recondita tasca dell’ampio mantello estrasse l’orologio a cipolla d’argento, lo guardò e, con un altro piccolo sospiro rassegnato, lo ripose da dove lo aveva preso.
Mosse un paio di passi verso il centro del cortile interno alla scuola e borbottò tra sé qualcosa come: “Eeehhh, puntualità… questa sconosciuta… Santo cielo ma non imparerà proprio mai e poi mai ad arrivare in orario… no, è inutile sperarlo…”.
Il soliloquio fu interrotto da un movimento alle sue spalle e dal rumore di passi attutiti che lo obbligarono a voltarsi.
- Ah, Severus!- sorrise bonariamente il preside, rivolgendosi al nuovo arrivato.
Piton lo salutò con un breve ed essenziale cenno di capo, si fermò di fronte a lui e, intrecciando le mani fra loro con movimento lento ed elegante, parlò in tono grave, inarcando leggermente le sopracciglia.
- Buongiorno, preside. Volevo solo chiederle se ha qualche momento da dedicarmi per la questione che riguarda Paciock… Ha presente l’ennesimo disastro che ha combinato l’altro ieri durante le mie due ore?
- Ehm sì, Severus, ho ben presente ma ho paura che dovremo rimandare la discussione a più tardi sai… - lo interruppe l’altro.
- Ma è impossibile soprassedere ancora a un problema così urgente, preside. Neville Paciock è diventata ormai una questione di sicurezza all’interno della scuola; è un danno deambulante, un elemento pericoloso per chiunque gli graviti attorno, una bomba ad orologeria innescata e pronta ad esplodere…
- Severus… - Silente tentò debolmente di arrestare il profluvio di parole del maestro di Pozioni.
- E’ nostro dovere, per la sicurezza degli altri studenti e per il prestigio della scuola, risolvere al più presto questa delicata faccenda, prendendo seri provvedimenti nei confronti del ragazzo per evitare ulteriori…
Il preside alzò gli occhi al cielo.
- Santo cielo, Severus! - esclamò in tono fermo, ottenendo finalmente di interrompere Piton che stava accendendosi al ricordo di quello che era successo due giorni prima.
- Capisco bene il tuo stato d’animo, anche se non posso fare a meno di pensare che il tuo punto di vista prevenuto nei confronti di Neville Paciock sia leggermente condizionato dal fatto che il ragazzo appartiene a Grifondoro. - osservò il vecchio mago sbirciando maliziosamente il volto pallido e grave dell’altro, che lasciò trapelare una smorfia impercettibile di fastidio.
- Ma devi capire che non è così semplice prendere adesso, su due piedi, una decisione a riguardo. Sarebbe troppo precipitoso, affrettato e poco corretto farlo qui, nel cortile della scuola, fra te e me, senza aver dato ascolto al parere degli altri insegnanti. Nel prossimo collegio docenti porteremo all’ordine del giorno anche questa faccenda, e allora…
Il preside stava per proseguire nel discorso, ma si bloccò repentinamente sentendo provenire dall’alto una specie di fischio acuto.
- Via, via, largo, spostateviiiii! – strepitò una voce proveniente dalla stessa direzione.
I due uomini alzarono nello stesso istante gli sguardi verso il cielo da dove stava piombando, a velocità sostenuta, un oggetto color rosso fuoco.
Con un’esclamazione soffocata il professor Piton si spostò rapido verso il colonnato che divideva i corridoi dal cortile, trascinando con sé per un braccio un Albus Silente dai riflessi meno pronti.
L’oggetto atterrò pesantemente al suolo, rimbalzando un paio di volte prima di terminare la sua corsa davanti ai due maghi tra un turbinio di erba, terra, polvere e rumore di ferraglia.
Sul viso di Piton si dipinse una curiosa espressione allibita; spalancò la bocca, e la tenne così per qualche minuto buono senza riuscire a pronunciare sillaba.
La fisionomia del vecchio preside si spianò invece in un dolce sorriso paterno.
L’oggetto piovuto dal cielo si rivelò essere una mountain bike rossa fiammante a cui erano assicurate un paio di valige e una gabbia nel cui interno si agitava un gufo dalle penne arruffate color cenere, e sul cui sellino era seduta una giovane donna con tanto di casco e occhialoni che nascondevano parzialmente il suo viso.
La ragazza stava borbottando ancora qualcosa riguardo le marce che facevano fatica ad entrare e i freni che avrebbe dovuto decidersi a far sistemare, quando Silente le andò incontro a braccia aperte.
- Bambina mia, finalmente! In ritardo di un’ora, come di norma, ma sei arrivata grazie al cielo.
- Zio Albus, che bello rivederti! Scusa, scusa, scusa il ritardo ma sai com’è… ho perso tempo con i bagagli e poi non ho trovato subito le indicazioni e…. e poi… - esclamò la ragazza con voce squillante, smontando dal mezzo di locomozione infernale e dedicando al vecchio mago un sorriso bianchissimo e radioso.
- Lo so, lo so com’è mia cara. E’ più forte di te, non riesci a essere puntuale ma… ehm… ti avevo anche consigliato di prendere l’espresso per Hogwarts che ti avrebbe portato dritto qui partendo in orario dalla stazione di King’s Cross; senza contare il fatto che è un mezzo di trasporto sicuramente meno pericoloso dell’aggeggio che continui ad ostinarti ad usare per i tuoi spostamenti. - sospirò Albus, gettando uno sguardo sconsolato alla mountain bike impolverata che la donna aveva parcheggiato davanti a loro.
- Uh già, il treno… Ma, tanto, sarei riuscita a perderlo comunque, zietto! - gli rispose la ragazza, facendo spallucce, e nel frattempo aveva tolto il casco e gli occhialoni mentre lo abbracciava.
Silente si rivolse al professore di Pozioni che intanto era riuscito a chiudere la bocca e a ricomporsi dignitosamente.
- Severus, sono passati tanti anni ma ricorderai di certo mia nipote Lavinia. Iniziò il primo anno ad Hogwarts quando tu e… ehm… e gli altri… ehm… frequentavate il quarto.
Il volto di Severus Piton si fece di marmo.
- Lavinia è figlia di mia sorella Adelaide… - il preside intanto, continuando a parlare, si era avvicinato a lui con un braccio attorno alle spalle della ragazza.
Piton la squadrò con freddezza: ma come diavolo avrebbe potuto ricordarsi di quella che, allora, era sicuramente solo una delle tante, insulse ragazzine del primo anno?
E anche ora, guardandola attentamente, la sua fisionomia continuava a apparirgli anonima.
Non smise comunque di osservarla minuziosamente intanto che lei e Silente si approssimavano a lui.
Lavinia era di corporatura piccola e minuta, aveva un volto grazioso e solare dall’espressione intelligente incorniciato da corti capelli castani tra cui brillavano ciocche ribelli di un bel rosso mogano.
Il sorriso contagioso si allargò man mano che si avvicinava, e il Potion Master notò che aveva due straordinari occhi azzurro cielo proprio come quelli del preside.
Un evidente marchio di fabbrica così com'era molto probabile: “Qualche rotella in meno nel cervello...” concluse malignamente fra sé.
Indossava una comoda giacca a tre quarti e pantaloni, entrambi color cachi.
Il completo era stropicciato e impolverato a causa del viaggio e, come notò inorridito, la ragazza ci si stava spazzolando tranquillamente sopra le mani sporche di grasso della catena.
- Severus Piton! – esclamò la nipote di Silente, puntandogli l’indice contro con l’aria trionfante di chi ha appena indovinato la risposta di un quiz a premi.
- Già…- pronunciò lui, in tono profondo e secco, infilando le mani nelle tasche della giacca nella speranza che la ragazza non gli tendesse la sua per presentarsi. Poi ridusse lo sguardo a sottili fessure nere.
- Ti ricordo perfettamente. Non sei cambiato molto da allora, a parte che sei più alto, hai qualche chiletto in più e… un viso sicuramente più maturo. – continuò lei, terminando di esaminarlo.
Piton decise che il tono della ragazza iniziava già a dargli pesantemente fastidio.
- Per il resto direi che sei abbastanza uguale rispetto agli anni in cui frequentavamo la scuola. E tu, non ti ricordi di me? Lavinia… Lavinia Morgana O’Connor, quella piccoletta con gli occhiali…
“Beh, non che tu sia cresciuta molto in tutti questi anni…” pensò sempre più malignamente lui, notando come gli arrivasse a malapena alla spalla.
- Ero sempre seduta in fondo al tavolo, tra Timotheus Griffin il ragazzo grasso, rosso di capelli, bravo quasi quanto te in Pozioni e Bessie Sinclair, quella che poi è stata la prima ragazza a diventare capitano della nostra squadra di Quidditch.
- Nostra squadra... Serpeverde?! - sbottò Piton, stupito. Avrebbe giurato, con una mano sul fuoco, che la mocciosa fosse stata una Grifondoro!
- Sì, Serpeverde. Io e te eravamo nella stessa casa, non ricordi? Mamma appartiene al ramo familiare di maghi smistati a Grifondoro…- spiegò Lavinia, guardando lo zio. - Dalla parte di papà invece ci furono solo Serpeverde e il Cappello Parlante decise che io avrei dovuto evidentemente continuare a perpetrare la tradizione paterna, anche se… sono quasi convinta che fece qualche piccolo errore di valutazione nei miei confronti.
Fu allora che, lentamente, le nebbie che offuscavano la mente del professore iniziarono a diradarsi, permettendogli di intravedere la figura di una ragazzetta con indosso una divisa scolastica verde e argento, i lunghi capelli castani raccolti a coda di cavallo e due occhi vivaci ed espressivi nascosti dietro a un paio di occhiali dalla montatura di corno.
- Lavinia… certo, Lavinia O’Connor, ora ricordo. Lei invece è cambiata parecchio. Mi pare di ricordare che l’anno dopo giocasse a Quidditch come cercatrice, non è vero? – scandì, con voce appena percettibile, rivolgendosi alla ragazza in terza persona tanto per chiarire subito che ci teneva a mantenere bene le distanze.
Lavinia se ne accorse subito e il suo sorriso si spense piano piano.
- Sì, ricorda bene, professore…- rispose, adeguandosi al tono distaccato del mago, senza però poter fare a meno di guardarlo da sotto in su con aria un po’ insolente.
- E ricordo anche perfettamente come amasse frequentare spesso e volentieri quei perditempo di Potter, Lupin, Black e Minus, nonostante appartenessero alla casa con cui Serpeverde ha sempre avuto ben poco da spartire…– proseguì l’uomo, con sguardo gelido e tono sprezzante.
- Pessime frequentazioni, signorina O’Connor, secondo il mio personale punto di vista. - concluse con un mezzo sorriso obliquo, squadrandola dall’alto in basso con le mani sempre affondate nelle tasche.
Silente, che fino a quel momento si era tenuto un po’ in disparte, tossicchiò nervosamente e prese la nipote per mano.
- Bene, bene ragazzi. Proprio ora che… ecco… avete dato la stura ad una serie di piacevoli ricordi… ehm… è un vero peccato dovervi interrompere. Ora però, mia cara, ti pregherei di seguirmi dal momento che è abbastanza tardi e morirai dalla voglia di sistemarti e di rilassarti un po’ prima di scendere in Sala Grande per cena. - disse, constatando come lo sguardo di Lavinia si fosse fatto più tagliente.
- Noto con vero piacere che lei invece non è proprio cambiato per nulla, caro professore. - riuscì comunque a replicare lei, scuotendo il capo, mentre il preside cercava di trascinarla via.
Contemporaneamente si voltò, fissando la bicicletta che aveva lasciato alle spalle appoggiata al cavalletto. Strizzò appena gli occhi, e sul suo volto si dipinse un’espressione concentrata. Quindi il mezzo di locomozione, rimosso il cavalletto, iniziò a muoversi da solo per seguirla docilmente mentre si avviava assieme allo zio verso i corridoi.
- Un’ultima cosa signorina O’Connor…- la voce profonda di Piton la costrinse a fermarsi.
Si girò, guardando interrogativamente la figura nera del professore, e fu attratta per un momento dal lieve oscillare del suo mantello mosso appena dalla brezza; poi fissò le lunghe dita delle mani che l’uomo era tornato ad incrociare elegantemente al petto.
- Posso sapere che cos’è quella specie di aggeggio che sembrerebbe una bicicletta babbana, e di cui fa uso per viaggiare?
- In effetti è una bicicletta. Si chiama mountain bike, e i babbani la usano su terreni accidentati o sentieri di montagna. E’ provvista di marce per il cambio e di rapporto sui pedali. Cosa che permette, usata alla maniera babbana, di cambiare velocità di pedalata per poter affrontare con minore fatica le salite e le asperità. Invece a me, in volo, consente di superare meglio turbolenze, vuoti d’aria e correnti contrarie. – spiegò la ragazza.
- Perbacco! Ma… usare la scopa… come tutti i maghi e le streghe di questo mondo? - replicò lui in tono provocatorio, mentre un sorrisetto che voleva essere di commiserazione gli sfiorava le labbra.
- Più comoda la bici: meglio avere sotto le chiappe un pratico sellino, piuttosto che un sottile manico di scopa. La saluto! - tagliò corto Lavinia dandogli velocemente le spalle, e lo piantò in asso in mezzo al cortile senza aspettare che lui potesse replicare altro.



- Accidenti, zio Albus, lo ricordavo antipatico, scontroso, solitario, cupo e lo ritrovo tale e quale. Anzi, se posso aggiungere ancora qualcosa devo dire che, adesso, è pure un tantinello arrogante e supponente. Caspita, che strepitosa evoluzione personale ha avuto il caro, vecchio, buon Severus. Direi proprio… un ometto insopportabile! - sbottò Lavinia mentre percorreva al fianco del vecchio preside gli intricati corridoi fiancheggiati dai bracieri di pietra. Qualche passo dietro di loro c’erano sempre la bicicletta con i bagagli e la gabbia del gufo.
- Mia cara, non puoi giudicare le persone senza conoscere il loro vissuto. Sono trascorsi vent’anni circa da che l’hai frequentato l’ultima volta, ed eravate entrambi solo due adolescenti… Non puoi sapere quanto gli è accaduto nel frattempo, e perciò quale possa essere stata quella che tu hai definito la sua “evoluzione personale”. - la ammonì il preside, camminando con le mani dietro la schiena.
- Frequentato? Oh no, zietto, è qui che ti sbagli: mai frequentato Severus Piton. So solo che era, è e sarà eternamente una persona sgradevole, rigida e insopportabile! - esclamò imperterrita lei, gesticolando stizzita. – Ma non ti accorgi dello sguardo freddo che ha? E’ come se reprimesse sempre qualcosa dentro di sé, e mi mette a disagio. Ricordo di aver provato la stessa sensazione già ai tempi della scuola. Gli altri studenti, appena potevano, cercavano di distrarsi in mille modi e trovavano tantissime occasioni per farlo. Dagli allenamenti di Quidditch alle feste da ballo organizzate sotto Natale. E poi c’erano le gite a Hogsmeade da cui si tornava sempre carichi di dolci o di scherzi, di quelli comprati da Zonko. Che bei ricordi! E lui, invece, che cosa faceva? Lui era sempre e solo alle prese con i libri. Invariabilmente, letteralmente sommerso dai libri. O con i libri o con le pozioni, e non legava con nessuno. Ti sembra una cosa normale, zio, all’epoca in cui era un ragazzino di 15 anni?
- L’infanzia di Severus non è stata facile…- sospirò Albus, quasi rivolto a se stesso.
- Sempre con quell’aria triste, seria, sempre scostante…- proseguì Lavinia che non aveva prestato alcuna attenzione alle parole sussurrate dallo zio. - Preoccupato solo di mantenere il primato in classe. Ammetto di avere, in un certo senso, ammirato il suo gran cervello e la sua capacità di far apparire semplicissimo quello che faceva. Tutto gli veniva così naturale e spontaneo che confesso di averlo anche un po’ invidiato per questa sua predisposizione naturale verso la Magia.
- Si è vero. Severus è sempre stato particolarmente predisposto. Un dono di natura. – commentò di nuovo sottovoce il preside, ovviamente ignorato dalla nipote.
- Ma mi ha sempre messo addosso una tale soggezione. E’ il motivo per cui i ragazzi… sì, insomma, James, Remus, Sirius e Peter, lo tenessero alla larga e avessero pigliato gusto nel prenderlo in giro. Invece con loro sì che ci si divertiva alla grande! Che tempi furono quelli con i Malandrini. Che avventure, che risate e in quali e quanti guai ci cacciammo! Ricordo di aver sempre fatto di tutto per seguirli in qualunque impresa si cimentassero. Sai, io… ehm… avevo una cotta per Sirius, e dal secondo anno in poi feci di tutto per dimostrargli che ero all’altezza delle loro scorribande. Questo perché finalmente mi ritenesse degna della sua attenzione anche se, almeno all’inizio, per loro rappresentavo solo una seccatura. Tanto più che appartenevo a Serpeverde… - sospirò Lavinia, e socchiuse gli occhi persa nei ricordi mentre un sorriso nostalgico aleggiava sulle sue labbra.
- Oh, certo che ricordo perfettamente anch’io quei tempi. - borbottò Albus in tono leggermente risentito. – E, infine, riuscisti a conquistare la stima e l’ammirazione di Sirius?
- Beh, no, non proprio. Ma dopo che diedi prova di alcuni atti di coraggio…
- Di incoscienza scriteriata, troverei più giusto definirli. - bofonchiò Albus.
- Puoi pensarla come vuoi, zietto, ma la cosa importante è che dopo di ciò il gruppo si convinse del mio valore e mi accolse a pieno titolo al suo interno. Così divenni, fino al termine della loro frequenza a Hogwarts, una di loro a tutti gli effetti.
- Io invece ricordo, soprattutto, come fu difficile ottenere un po’ di disciplina. E ti rivedo benissimo, tanto più piccola di loro, ma sempre pronta a seguirli in imprese azzardate. Come eravate sciocchi e incoscienti. Avrai ancora ben presente quali e quante preoccupazioni riuscisti a procurare a me e ai tuoi.
- Suvvia zio, erano ragazzate in fin dei conti, e fatte senza cattiveria. - si giustificò Lavinia.
- Oh sì ragazzate, e senza cattiveria, certo. Ora che ci penso mi pare anche di ricordare che, in alcune occasioni, non furono particolarmente sensibili e lungimiranti, i tuoi amici, in modo specifico nei confronti di Severus. - la rimbeccò seccamente il preside.
Lei tacque mordicchiandosi le labbra. Lo zio aveva ragione ma orgogliosamente non volle dargli soddisfazione.
- Ma dimmi, zio, come mai Piton è ancora a Hogwarts? - riprese, cambiando discorso.
- E’ qui come insegnante. Da anni ormai è titolare della cattedra di Pozioni.
- La cosa non mi stupisce: era un asso in Pozioni. E a proposito di insegnanti, zia Minerva come sta?
- Sta benissimo, per fortuna. - rispose Albus ridacchiando amabile: sua nipote anche ora, che ormai era adulta, non aveva perso l’abitudine di usare quell’appellativo affettuoso riferito alla professoressa McGranitt. Proprio come quando, da piccolina, era abituata a salire sulle sue ginocchia e a chiederle sempre di fare “la magia del coniglio che diventa una torta alla panna”.
- E il professor Vitious, la professoressa Sprite… il professor Ruf? - continuò la ragazza, accendendosi al ricordo di coloro che erano stati suoi insegnanti.
- Tutti bene. Il professor Ruf più in spirito che in carne ormai ma, sempre al suo posto di combattimento per Storia della Magia.
Il preside fu interrotto da una risata stridula e irriverente. Qualcosa in volo sfiorò velocissima le loro teste, obbligandoli ad abbassarsi rapidamente.
- Pix! – strillò divertita Lavinia, seguendo con lo sguardo il poltergeist che li aveva superati in tutta fretta, diretto verso l’ala nord del castello.
- E’ proprio tutto come una volta. Come sono felice di essere di nuovo qui! - esclamò, guardando Silente con affetto, e il vecchio mago si accorse che gli occhi azzurri della nipote stavano brillando di emozione.
- Per me tutto ciò significa ritrovare i luoghi che mi hanno vista davvero felice per sette lunghi anni. Vuol dire riassaporare ricordi bellissimi, sentirmi di nuovo a casa. – sospirò, afferrando le mani dello zio con un sorriso luminoso a cui Albus rispose con il proprio, sereno e compiaciuto.
In quel momento, vedendo Lavinia così contenta di ritrovarsi lì, si sentì sollevato, e sperò che sua nipote potesse apprezzare davvero la nuova occasione che gli stava offrendo, con la proposta di un lavoro sicuro a Hogwarts.
Quella benedetta ragazza aveva grosse potenzialità come strega ma, purtroppo, aveva anche un carattere molto particolare ed irrequieto.
Perciò fino a quel momento non era riuscita a tenersi un posto di lavoro per più di qualche mese. Aveva perfino provato a cercarlo all’estero, vagando negli ultimi anni per mezza Europa alla ricerca di qualcosa che si confacesse alle sue caratteristiche. Si era adattata addirittura a lavorare tra i babbani, ma senza alcun risultato.
Lavina aveva sempre cambiato attività con la stessa frequenza con cui si serviva dei fazzoletti di carta. Lo stesso trattamento che riservava più o meno ai ragazzi che iniziava a frequentare, con tanto di seri propositi, ma dei quali però finiva sempre con l’annoiarsi rapidamente.
La ragazza era abilissima nel trovare mille scuse diverse per giustificare i repentini cali di entusiasmo che la portavano a cambiare continuamente luogo, interesse o attività. Responsabilità che in genere imputava sempre a fattori esterni.
Silente si augurò che quella, però, fosse la volta buona, e che sua nipote potesse arrivare a capire che la colpa dei ripetuti fallimenti era addossabile solo ad una sua insoddisfazione profonda, a qualcosa che non andava dentro di lei e che ancora le mancava.
A comprendere insomma che la causa era da ricercare in sé stessa!
Per questo le aveva offerto la possibilità di tornare a Hogwarts, nell’ambiente familiare in cui aveva trascorso momenti sereni e indimenticabili come studentessa.
Le aveva proposto di tornarvi in veste di insegnante, offrendole la possibilità di tenere un corso speciale che avrebbe preso il via ad ottobre, con termine a maggio.
Le lezioni avrebbero riguardato la Levitazione e lo Spostamento degli Oggetti con la sola Forza della Mente, e sarebbero state rivolte a tutti gli studenti dal primo al settimo anno.
E questa, per Lavinia, poteva davvero essere l’occasione giusta per decidere di cambiare vita…



SABATO, 22 SETTEMBRE, ORE 19:30


Lavinia ricontrollò allo specchio il leggero trucco sul viso. Stava per scendere a cena in Sala Grande e desiderava che tutto di lei fosse perfettamente in ordine.
Aveva trascorso le ore precedenti a sistemare le proprie cose nell’ampia e confortevole camera che zio Albus le aveva assegnato. L’alloggio si trovava vicino a quello di Tassorosso, nell’ala est del castello.
Lo zio le aveva lasciato in dotazione anche un’utile piantina della scuola, dal momento che non era facile per nessuno orientarsi le prime volte tra la selva di corridoi e le scale che si spostavano in continuazione, ed era trascorso troppo tempo dall’ultima volta in cui lei li aveva percorsi.
Era perfino riuscita a concedersi una buona ora di sonno dopo aver fatto un lungo bagno ristoratore e, verso le cinque, era passata a salutarla la professoressa McGranitt.
La visita le aveva fatto immenso piacere; zia Minerva era sempre uguale, con i suoi occhialini rettangolari sul naso, il cappello a punta e il suo aspetto all’apparenza rigoroso dietro al quale, però, si celava tanta materna dolcezza.
Avevano chiacchierato per più di un’ora, quindi la professoressa se ne era andata, congedandosi da lei con un lungo abbraccio per lasciarla libera di prepararsi in vista della serata.
La ragazza, allora, aveva estratto il suo personale Specchio delle Brame da una delle due piccole valige a più scomparti magici, e lo aveva appeso alla parete accanto al letto, perché potesse consigliarla sull'abbigliamento da indossare.
- Credo sia meglio che tu metta qualcosa di sobrio e di discretamente elegante… - iniziò a suggerire lo Specchio, parlando con la voce di Alan Rickman, l’attore babbano preferito di Lavinia. La voce era programmabile, come in genere quella di tutti gli Specchi delle Brame, e il proprietario poteva scegliere personalmente quale assegnare loro.
- Questo potrebbe andare? - domandò lei, guardando la sua immagine riflessa mentre indossava giacca e pantaloni color grigio perla, sopra cui avrebbe portato un leggero mantello dello stesso colore.
- Uhm… sì, direi di sì… non troppo formale e allo stesso tempo adatto all’occasione. - approvò lui.
La ragazza diede un rapido sguardo alla camera che per il momento appariva ancora in ordine, chiedendosi in quanto tempo sarebbe riuscita a trasformarla in un campo di battaglia.
Quindi salutò Andrew, il gufo appisolato sul trespolo, controllò che la catena della mountain bike fosse ben assicurata dal lucchetto (le era già capitato che la bici decidesse di inserire le marce da sola per mettersi a gironzolare lontano dal posto in cui l’aveva lasciata parcheggiata) e uscì dalla stanza.
Si trovò su un lungo corridoio secondario che studiò per qualche secondo, poi chiuse accuratamente la porta di legno alle sue spalle, e si incamminò velocemente, piantina alla mano.
Poco più avanti incontrò alcuni studenti di Tassorosso che, usciti dal loro dormitorio, si stavano evidentemente dirigendo a cena. Decise di accodarsi a loro, mentre iniziavano a tornarle alla memoria i percorsi.
Aveva appena svoltato un angolo che immetteva su uno degli androni principali, quando intravide tra la folla di studenti la figura di un uomo alto che procedeva tranquillo con andatura leggermente dinoccolata, e la stava precedendo, dandole le spalle.
L’uomo attirò la sua attenzione: le sembrava di conoscerlo. Erano una figura e un’andatura davvero molto familiari… Ma quello era… Sì era proprio…
- Remus!- esclamò, accelerando il passo.
Il mago si voltò di scatto con un’espressione attonita dipinta sul viso, che si trasformò presto in stupore e infine in incredulità quando finalmente l’ebbe riconosciuta.
Corse allora incontro alla giovane donna con un sorriso larghissimo.
- Lavinia! Tu qui?! Non posso credere ai miei poveri occhi!
Lo raggiunse e gli buttò letteralmente le braccia al collo, mentre lui la sollevava in un abbraccio strettissimo facendola volteggiare un paio di volte.
- Remus, che sorpresa meravigliosa incontrarti! Ma perché zio Albus non me ne ha parlato? Come stai, e che cosa ci fai ad Hogwarts?
Le domande uscivano a raffica dalla bocca di Lavinia che non riusciva a staccare gli occhi dal viso pallido e un po’ emaciato del vecchio amico.
- Ora sto bene, grazie. Tuo zio ha fatto in modo che quest’anno mi venisse assegnata la cattedra di Difesa contro le Arti Oscure e, per merito suo, lavoro di nuovo. Sai, con tutti i problemi che ho avuto ultimamente non è stato facile vivere e mantenermi, anche se per fortuna ho avuto spesso il conforto di amici che, quando è stato loro possibile, mi hanno aiutato molto.
- Mi dispiace, Remus, tanto. Sempre i soliti problemi, vero?
- Già, sempre il solito problema! Ma non fa nulla… - replicò dolcemente il giovane. – Le difficoltà fanno parte della vita. Raccontami di te piuttosto.
- Beh anch’io sono qui grazie a zio Albus. Terrò un corso speciale da ottobre a maggio, sulla Levitazione e lo Spostamento degli Oggetti con la sola Forza della Mente.
Il professor Lupin sorrise: conosceva bene la sua particolare abilità nel riuscire a sollevare e far muovere le cose, di qualsiasi natura o peso fossero, solo con la forza del pensiero.
Ricordò anche come questa propensione si manifestasse in maniera eclatante soprattutto durante gli accessi d’ira dell’amica, o quando era in preda a forti emozioni.
In quei momenti Lavinia poteva arrivare addirittura a sollevare e scagliare a distanza anche un armadio a sei ante.
- Fantastico… - commentò Remus, stringendola affettuosamente a sé. – Quanti anni sono che non ci vediamo?
- Credo siano trascorsi una decina, ormai, o anche di più, dall’ultima volta che abbiamo lavorato assieme in quella comunità per il recupero e la rieducazione psico cinetica di Maghi e Streghe colpiti dalla Maledizione Imperius. Io poi sono anche stata all’estero e ho perso i contatti che avevo con parecchia gente, purtroppo. Sono però riuscita in un modo o nell’altro a rimanere sempre al corrente di quanto succedeva, nel frattempo. Soprattutto di quanto è successo ultimamente. - rispose Lavinia, senza rendersi conto di come il tono della sua voce si fosse ridotto a un sussurro.
- Avrai saputo allora della fuga di Sirius da Azkaban, avvenuta il mese scorso. - disse Lupin, a bassa voce, in tono doloroso.
- Sì, ho letto le notizie riportate dalla Gazzetta del Profeta. E’ pazzesco. E… di lui nessuno sa più nulla? Nemmeno tu, suo inseparabile amico?
- Nulla. Da che Sirius fu rinchiuso là dentro nessuno ebbe più sue notizie; anch’io tutto quello che so ora è solo che i Dissennatori di Azkaban pattugliano i confini del castello, perché le ultime voci di corridoio, o meglio, di Ministero, dicono che sia stato avvistato mentre si aggirava proprio nei pressi di Hogwarts! – concluse, abbassando a sua volta gli occhi.
Li rialzò subito dopo fissandoli intensamente in quelli della ragazza, ancora sconvolta dalle ultime dichiarazioni dell’amico.
- Saprai anche che il figlio di James e Lily è qui, e frequenta la scuola.
- Sì, lo zio mi ha detto che Harry è qui e io non vedo l’ora di abbracciarlo. Se penso che quando lo vidi l’ultima volta era mentre lo cullavo tra le braccia, ed era ancora solo un fagottino morbido che sapeva di latte. - rispose lei, sorridendo teneramente al ricordo.
Nel frattempo erano giunti presso l’ampio atrio in cima allo scalone che precedeva la Sala Grande.
Un fitto vociare proveniva dall’interno, segno che i ragazzi erano già quasi tutti radunati presso i loro tavoli in attesa di cenare.
Lavinia e Remus si guardarono con aria complice prima di fare il loro ingresso in sala. Tra loro si era instaurato già dai tempi della scuola un rapporto di amicizia molto stretto e, adesso che si erano rivisti, allo stesso sentimento erano bastati solo pochi istanti per ritornare prepotentemente a galla.
Remus era stato per Lavinia al pari di un fratello maggiore. Al suo fianco lei si era sempre sentita sicura mentre lui la considerava come una sorellina da proteggere e coccolare.
Ricordava ancora bene quella ragazzina che, con grande testardaggine, si impuntava ogni volta per seguirli a tutti i costi nelle scorribande, e la responsabilità di stare attento che non le capitasse nulla di grave, anche per un tacito accordo fra i Malandrini, se l’era sempre accollata lui.
Lavinia gli aveva spesso confidato i propri segreti e, naturalmente, Remus era al corrente della cotta che aveva preso per Sirius, di cui si era accorto forse ancor prima che se ne rendesse conto lei. Aveva sempre cercato di aiutarla e consigliarla, e questo non aveva fatto altro che rafforzare l’affetto e l’amicizia che si erano stabiliti tra loro.
Avevano continuato in un certo senso a frequentarsi ancora per molti anni, anche dopo che, al termine del loro percorso scolastico, le strade avevano preso inevitabilmente direzioni diverse.
Questo fino a quando fu affidato a entrambi il compito di seguire la riabilitazione di casi difficili all’interno di un distaccamento del san Mungo, opportunità che aveva permesso loro di tornare a lavorare di nuovo assieme. Ed erano stati bei tempi anche quelli.
In seguito Lavinia, abbandonata quella particolare attività, era sparita gradualmente dalla vita di Remus e degli altri, anche se non mancava di partecipare, non appena le era possibile, agli eventi importanti della vita degli amici; proprio come fu, ad esempio, la nascita di Harry.
Momenti speciali che davano saltuariamente la possibilità agli ex-Malandrini di incontrarsi ancora come in passato.
Poi, all’improvviso, era accaduto ciò che aveva segnato l’inizio degli anni peggiori per tutti.
- Mi credi se ti dico che sento battere forte il cuore, al pensiero di rientrare in quella sala?
La voce di Lavinia riportò la mente del professor Lupin a quel preciso istante. Lui le afferrò la mano, sorridendo, e la condusse nella sala illuminata.
Lavinia si sentì pervadere da una strana sensazione di pace quando, percorrendo con Remus la strada che conduceva al tavolo riservato agli insegnanti, in fondo al salone, posò lo sguardo sulle lunghe file di tavoli occupati dai ragazzi, sulle candele che brillavano sospese a mezz’aria e, quand’ebbe alzato gli occhi, sulla splendida volta celeste che, al posto del soffitto, stava iniziando a punteggiarsi di stelle.
Inspirò profondamente e guardò i volti degli studenti che la stavano osservando passare, incuriositi.
Quando incontrò gli occhi limpidi di un ragazzino di circa tredici anni, con un paio di occhiali rotondi sfiorati da una bruna frangetta ribelle, strinse forte la mano dell’amico e gli bisbigliò, sorridendo.
- E’ lui… è Harry, vero?
- Tale e quale a James, non trovi? – confermò il professore, strizzandole l’occhio.
- Già, impossibile non riconoscerlo.
Intanto erano giunti al tavolo degli insegnanti.
Lavinia notò subito infastidita che Severus Piton, nero, imponente e silenzioso, aveva già occupato il suo posto e stava tamburellando, con fare annoiato, le lunghe dita diafane e sottili sul bordo del bicchiere.
Vedendola arrivare con Lupin, Piton le piantò brevemente in faccia gli occhi neri e gelidi, ma non accennò a nessun cambiamento di espressione. Quando distolse lo sguardo, riportandolo su un punto lontano, il suo volto era ancora immobile.
Lavinia provò un senso di disagio e passò oltre, evitando di salutarlo, ma sentì alle proprie spalle che Remus augurava gentilmente al collega una buona serata senza, ovviamente, ottenere risposta.
“Maleducato.” pensò all’istante di quell’individuo decisamente irritante; poi si distrasse presto da quella riflessione vedendo il professor Vitious venirle incontro per salutarla, seguito dalla professoressa Sprite.
Rivederli la riempì di gioia, così come quando un’enorme figura le si erse davanti facendo pericolosamente traballare il tavolo e tintinnare piatti e posate.
- Lavinia, piccola Lavinia! - tuonò il mezzo gigante, abbassandosi a schioccare due sonori baci sulla guancia della ragazza.
- Hagrid!- esclamò lei, ridendo a squarciagola, perché con la sua barba incolta le aveva fatto il solletico.
- Ma guarda che bella signorina che ti sei fatta! – gridò lui sollevandola da terra, mentre l’attenzione di tutta la sala convergeva su di loro.
Remus, dopo alcuni tentativi falliti, riuscì finalmente a sottrarla all’esuberante affetto del guardiacaccia e, dopo quella serie di piacevoli interruzioni di percorso, raggiunsero i loro posti lungo il lato breve del tavolo.
La giovane strega si sedette, ancora fremente di entusiasmo, e iniziò a guardarsi attorno, deliziata.
Incrociò lo sguardo bonario di zio Albus che le indirizzò un cenno di saluto con il capo, poi spostò l’attenzione sulla professoressa McGranitt seduta accanto al preside che la ricambiò amabilmente con un sorriso.
Subito dopo veniva la professoressa Sprite, intenta a controllare la brillantezza delle posate, poi Hagrid, poi il professor Vitious, poi… Piton!
“Oh no, maledizione, no…” Si accorse con disappunto di come il Potion Master si trovasse proprio di fronte a lei, in direzione diagonale.
Fu tentata fortemente di chiedere a Remus se era disponibile ad uno scambio di posto. Tuttavia, chissà perché, all’improvviso si sentì presa anche dall’irresistibile tentazione di osservarlo di nascosto.
”Essere detestabile.” Lo apostrofò tra sé, scrutandolo senza dar nell'occhio.
E forse fu proprio l’esigenza di comprendere meglio cosa fosse ciò che più la urtava in quell’individuo insopportabile, che la costrinse più volte a posare furtivamente lo sguardo su di lui, sperando di coglierlo nell’atto di pulirsi la bocca nella tovaglia o di stuzzicarsi i denti con l’unghia del dito mignolo.
Proseguiva intanto nella sua mente un soliloquio incessante.
“Toh, guarda, adesso ha degnato di attenzione il professor Vitious e gli sta perfino parlando. Vuoi vedere che si è dimenticato, per un attimo, di come dovrebbe comportarsi un vero scortese d.o.c.? ”
Si disse poi che, probabilmente, era davvero per coglierlo in flagrante reato di maleducazione che continuava a sbirciarlo. Lo fece ostentando comunque massima indifferenza; anche per evitare che qualcuno, se non addirittura il nemico stesso, potesse accorgersi delle sue manovre.
“Santo cielo, è veramente di un’antipatia spaziale con quell’aria supponente sempre stampata in faccia.” Rifletteva, e intanto la sua attenzione veniva calamitata dalle mani forti, allo stesso tempo raffinate, e dalle lunghe dita che stavano elegantemente sfiorando gli oggetti davanti a sé, mentre un’espressione vagamente malinconica aleggiava sul viso rivolto a Vitious.
- Allora, Lavinia, che cosa ti sembra l’essere di nuovo qui? - la voce di Lupin, che si era voltato improvvisamente verso di lei, e aveva accostato il viso a pochi centimetri dal suo per farsi udire sopra il frastuono, la fece sobbalzare. La ragazza riportò l’attenzione sull’amico e gli fece cenno che andava tutto benissimo.
Il preside, che intanto aveva ristabilito un certo silenzio facendo tintinnare la punta del coltello sul bicchiere di cristallo, diede il via alla cena.
In sala si udì solo il brusio di chiacchiere smorzate, accompagnato dal rumore di posate al lavoro, mentre anche i fantasmi avevano fatto il loro ingresso in sala e stavano intrattenendosi tra i tavoli con gli studenti.
- Remus, chi è quella donna buffissima con un paio di occhiali a triplo fondo di bottiglia alla sinistra di mio zio? - chiese Lavinia servendosi delle patate
- Ah, è la professoressa Sibilla Cooman, insegna Divinazione, ed è una vera piaga d’Egitto, poveretta. Una bravissima donna, per carità, ma cerca di starle alla larga, soprattutto se insisterà per leggerti la mano o i fondi del tè. - le rispose Lupin con un’espressione così comica da farla scoppiare a ridere.
- Credi che sarò in grado di diventare anch’io una buona insegnante? - continuò la ragazza, pensierosa.
- Oh si, mia cara…- la rassicurò lui con il consueto tono, ragionevole e pacato, che la faceva sentire così al sicuro. – Sarai un’insegnante fantastica, non ti preoccupare: i ragazzi ti adoreranno. L’importante è che tu faccia semplicemente quello che sai fare, con la passione che riesci a mettere in tutte le cose. E poi, per qualsiasi problema, ci sono qui io, no?
Caro, adorabile Remus. Lavinia lo considerò con grande affetto e pensò a che bella persona fosse.
Poi tornò a concentrarsi sul suo piatto e decise come, complice forse la fame, tutto fosse decisamente molto gustoso quella sera del suo primo giorno a Hogwarts, e non valesse certo più la pena dedicare altra attenzione al professor Piton.



LUNEDI’, 24 SETTEMBRE, ore 16:30



Il preside entrò per primo in sala professori, precedendo Minerva McGranitt. Dietro di lei veniva il restante corpo docente.
Raggiunse lo scranno situato a capo del lungo tavolo riunioni su cui sedette con un piccolo sospiro, aggiustandosi il mantello e la lunga barba, poi alzò lo sguardo sui professori che via via stavano occupando i propri posti.
Silente ammiccò all’indirizzo della nipote, e le accennò di sedersi di fianco a lui.
Il vecchio mago mal sopportava le riunioni di Collegio Docenti, ma purtroppo il codice scolastico gli imponeva questo supplizio almeno una volta al mese. Cosa che lo costringeva a dover fare da moderatore ad un incontro fra insegnanti che finiva spesso per assomigliare a una di quelle rissose assemblee di condominio babbane, di cui aveva sempre sentito parlare.
Attese che tutti fossero sistemati. La vicepreside professoressa McGranitt, alla sua destra, era armata di piuma d’oca e pergamena, addetta al compito di mettere per iscritto tutto quello che sarebbe stato discusso e deciso quel giorno.
Alla sua sinistra invece c’era Lavinia che doveva essere presentata ufficialmente al collegio docenti.
Si curvò proprio verso quest’ultima.
- Ti pregherei, mia cara, di lasciarmi il tempo di introdurre te e la tua materia all’attenzione dei nuovi colleghi. Poi potrai prendere la parola. E ricorda di non rivolgerti alla professoressa McGranitt, appellandola zia Minerva. - le sussurrò, dandole un affettuoso buffetto sulla mano.
- Allora, vediamo. - riprese, rialzando la voce. Scartabellò per qualche secondo tra le pergamene sul tavolo poi schiarì la gola con un colpetto di tosse.
- Oggi, in data 24 settembre, dichiaro aperto questo Collegio Docenti. I temi da discutere all’ordine del giorno sono parecchi, ma permettetemi di presentarvi prima di tutto mia nipote, miss Lavinia Morgana O’Connor, alla quale ho affidato l’incarico di tenere un corso speciale che prenderà il via dal primo ottobre, e che durerà fino alla fine di maggio. Il corso sarà rivolto agli studenti di ogni classe e tratterà della Levitazione e dello Spostamento degli Oggetti con la sola Forza della Mente. Bene, Lavinia, ora hai la possibilità di parlare brevemente di te ai tuoi colleghi e di illustrare il tuo corso. A te la parola. - concluse amabilmente, rivolto alla nipote.
Lavinia fece scorrere lo sguardo sulle persone riunite attorno al tavolo, arrossendo leggermente. Deglutì per cercare di superare il primo momento di imbarazzo; poi cercò il volto di Remus, che ricambiò il suo sguardo con un’occhiata di incoraggiamento.
Di fianco a Lupin sonnecchiava il fantasma del professor Ruf, mentre la professoressa Cooman, seduta subito dopo, la stava fissando con occhi resi enormi dalle spesse lenti degli occhiali. Cosa che non contribuì certo a metterla a proprio agio.
Rendendosi però subito conto che tutti stavano solo aspettando che lei decidesse di aprire bocca, tirò un grosso respiro e si accinse ad iniziare il discorsetto che si era preparata.
Quando, all’improvviso, un rumore secco la bloccò e richiamò la sua attenzione verso il lato del tavolo a sinistra, là dove era seduta Madama Bumb.
L’insegnante di Volo, alla quale era caduta per terra la scatola di latta in cui riponeva le piume d’oca, si scusò subito per il disturbo.
Ma il problema che stava procurando una sorta di paralisi labiale alla giovane insegnante non era quello, bensì il fatto che tra la Bumb e Hagrid ci fosse il professor Piton.
A quel punto non le riuscì più di ignorare la figura nera dell’uomo.
Il mago sedeva compostamente, con entrambe le mani appoggiate sul tavolo; le pergamene che gli servivano per prendere appunti erano accuratamente impilate davanti a lui, accanto alla penna d’oca. E la scrutava.
La stava osservando, o forse sarebbe stato meglio dire che la stava analizzando minuziosamente in attesa che lei prendesse parola, con il volto immobile e imperscrutabile incorniciato dai lunghi capelli corvini.
La bocca sottile era leggermente socchiusa e gli occhi, fondi e fermi come le acque di un lago di notte, inquietanti, perchè sembravano neri laser pronti a scandagliarle i recessi dell'animo.
In mezzo alla fronte nivea spiccava, implacabile, una ruga verticale che gli conferiva quell’aria eternamente arcigna e severa.
Merlino! E adesso come faccio?” pensò Lavinia, presa dal panico, mentre distoglieva rapidamente gli occhi dalla terribile visione.
Si costrinse a guardare di nuovo il volto rassicurante di Remus Lupin, quindi, obbligandosi a un tremendo sforzo di concentrazione, cercò di imbastire in qualche modo una presentazione che fosse almeno decente, attenta a non incespicare nelle parole.
Tuttavia, dovendosi educatamente rivolgere a tutti, ogni tanto le capitava di incontrare anche lo sguardo del Maestro di Pozioni, giusto per scoprire come la sua espressione non si fosse spostata di un millimetro.
Era allora che perdeva il filo e si interrompeva, suo malgrado, con disappunto feroce.
Nello stesso preciso istante avveniva che, mentre tossicchiando e ridacchiando cercava di ripigliarsi dal vuoto mentale, nella sua testa prendeva forma l’immagine di se stessa impegnata a versare nella tazza di tè del Maestro di Pozioni una dose di veleno letale.
Si decise infine a fissare solo le facce di Remus e zia Minerva, riuscendo così a giungere al termine del sofferto monologo.
Un mormorio contenuto di approvazione corse tra gli insegnanti, che avevano avvertito ma anche compreso il suo disagio da debuttante.
Tutti avevano apprezzato la sua presentazione, tranne Piton, che spostò appena il corpo dalla rigida postura iniziale, appoggiandosi allo schienale della sedia senza aprire bocca, mentre dirigeva sui presenti uno sguardo quasi sprezzante.
L'insegnante di Pozioni aveva un solo interrogativo in testa. Si stava chiedendo come diavolo una persona così superficiale, disordinata, insicura e impreparata potesse affrontare un impegno serio e difficile come l’insegnamento di una materia precisa e complessa come quella.
Chiaramente, il fatto che la mocciosa fosse nipotina di Albus Silente giocava un ruolo fondamentale nella faccenda.
Il problema era che, qualora quel vecchio pazzo del preside avesse deciso di assecondare tutte le sue simpatie, o i legami di parentela nell’assegnazione delle cattedre, da lì a poco avrebbero tranquillamente potuto chiudere la scuola.
Quell’anno poi gli era già toccato di ritrovarsi tra i piedi, come collega, quel cialtrone di Lupin.
Per di più assegnato alla cattedra che lui desiderava da una vita.
Motivo che gli era bastato e avanzato a guastargli l’umore per i vent’anni a venire.
Lanciò ancora un sguardo seccato alla ragazza.
Era proprio tutta suo zio, con quell’eterno sorrisino stampato sulla bocca e la simpatica disponibilità con cui si rivolgeva sempre a tutti, ma che secondo lui era falsa e frutto di sapiente, allenata abilità recitativa.
Per non parlare poi di quel tono vivace, diretto e amichevole che lui trovava così stucchevole e invadente. Inoltre quegli occhi color del cielo che, quando se li sentiva sgranati in faccia, gli provocavano uno strano fastidio: lo disturbavano proprio a livello epidermico.
- Bene, miei cari insegnanti.
Severus udì appena la voce del preside riportare l’attenzione dei presenti sulle questioni riguardanti la scuola ancora da discutere.
- Prima di tutto affronteremo il problema delle piante carnivore che la professoressa Sprite ha ordinato dalla Foresta Amazzonica settentrionale, e che non ci sono ancora state consegnate. Pare che non siano arrivate proprio a causa di un disguido da parte del Magic Express.
- Permette, preside? Vorrei ricordarle che, forse, c’è una questione più urgente delle piante carnivore. - lo interruppe il Maestro di Pozioni, scattando sulla sedia.
- Ehm, sì Severus, non ho affatto dimenticato quello che mi hai detto due giorni fa. - cercò di rabbonirlo Albus, alzando impercettibilmente gli occhi al cielo.
- E allora credo sia il doveroso caso di aprire, adesso, una discussione sui problemi di sicurezza creati da Paciock durante le mie lezioni. Non credo che i vegetali della professoressa Sprite, in gita per il mondo, se ne avranno a male, se tralasciamo di prenderli in considerazione ancora per qualche minuto. - continuò Piton, abbassando il tono di voce e dirigendo lo sguardo ridotto a due fessure nere sulla povera insegnante di Erbologia, che stiracchiò nervosamente le labbra nel tentativo di rivolgergli un sorrisetto.
Lavinia trasecolò, non riuscendo a credere ai propri occhi e alle proprie orecchie.
Come si permetteva quell’essere spregevole di contestare l’ordine del giorno deciso dal preside?
E con quel tono intimidatorio, per giunta!
Non riuscì ad impedirsi di piantargli bellicosamente gli occhi addosso.
- La scorsa settimana, quel decerebrato di Neville Paciock, cari colleghi, ha fatto esplodere in classe l’ennesimo paiolo… - proseguì il mago in tono aspro, ignorando completamente l’occhiata furibonda di Lavinia. - Ha sbagliato, per l’ennesima volta, la miscela della sua pozione. Per l’ennesima volta ha alzato troppo la fiamma sotto il suo pentolone e, per l’ennesima volta, ha aggiunto l’ingrediente sbagliato con il quale ha potuto regalarci, di nuovo, uno spettacolo pirotecnico di rara bellezza, contribuendo a distruggere metà della classe. Cosa che, solo per puro miracolo, non ha coinvolto seriamente i suoi compagni che stavolta hanno rimediato semplicemente qualche bruciatura. Ma sarà solo questione di tempo, abbiate fiducia; vedrete come prima o poi Neville Paciock riuscirà a completare la sua devastante opera di distruzione con danni assai più rilevanti. E allora, ditemi: se costui non è da reputare un problema urgentissimo da risolvere, che cosa dovrebbe accadere di ancora più grave perché finalmente ci si decida a prendere qualche mirato provvedimento, almeno per impedirgli di riuscire a far saltare in aria l’intera scuola?
- Severus, forse, se tu lo incoraggiassi a seguire con un altro spirito la tua materia… E’ che, ecco, vedi, a me sembra che sia sempre un po’ terrorizzato alla prospettiva di affrontare le tue ore. - intervenne Remus con la solita pacatezza.
- Incoraggiare?! Ti rendi conto di quello che stai dicendo e di chi stai parlando, Lupin? - sibilò l’altro, fulminando con lo sguardo il collega.
Lavinia stava già provando una pena infinita per quel Paciock più volte nominato con disprezzo da Piton. Neanche sapeva chi fosse ma, da quell’istante, se lo immaginò piccolo, impaurito e indifeso, in balìa delle ire di quel mostro di insensibilità., e decise che avrebbe potuto eternamente contare sulla sua solidarietà.
- Paciock è irrecuperabile sotto tutti i punti di vista. E’ un elemento privo di neuroni. Un tentativo di studente venuto male, totalmente sprovvisto di qualsiasi possibilità di recupero e assolutamente negato per la Magia. Nemmeno se frequentasse altri cento anni questa scuola potrebbe diventare un mago e, soprattutto, è un pericolo pubblico che deve essere fermato, annientato, cancellato!
Il Potion Master si fermò per riprendere fiato, mentre tutti gli altri attorno a lui lo trattenevano.
- Perciò chiedo, anzi, esigo che venga espulso definitivamente da Hogwarts!
Piton concluse la sua filippica con occhi che brillavano di micidiale determinazione.
Nel silenzio generale che seguì, Lavinia, stanca di sentire l’uomo infierire sullo studente, decise che era venuto il momento di intervenire dando retta al prepotente impulso di prendere le difese del ragazzo.
- Mi scusi, professore. Non conosco ancora questo tal Neville Paciock, anche se lei lo ha descritto così bene che ho potuto farmene un’idea abbastanza precisa. Stando a quanto ho sentito, immagino costui come una una sorta di catastrofe umana, probabilmente creata e programmata per distruggere il pianeta. Ma se anche così fosse, e non ne siamo del tutto sicuri, credo che lei, in modo molto prevenuto, abbia ormai sviluppato un atteggiamento troppo duro e inflessibile nei suoi confronti.
Severus aveva voltato di scatto la testa verso la giovane donna e la stava osservando come un cobra pronto a colpire.
- Tanto che immagino come, a questo punto, il poveretto possa davvero trovarsi in grande difficoltà a recuperare terreno nella sua materia perché solo e semplicemente terrorizzato dall’idea di sbagliare.
Tacque, ma notò come Hagrid avesse incassato la testa nelle spalle, mentre la Sprite la guardava come se fosse diventata verde e le fossero spuntate un paio di antenne in testa.
Le sembrò anche di avvertire il pensiero di tutti gli altri insegnanti che si stavano domandando se fosse completamente pazza, o forse solo troppo incosciente, o dannatamente coraggiosa per aver osato sfidare apertamente Severus Piton.
- Miss O’Connor… - sillabò piano costui, con voce pericolosamente piatta. – Purtroppo mi devo ripetere, e imparerà presto che io non amo ripetermi, che stiamo parlando di Neville Paciock.
Uno studente che, oltretutto, lei, come ha precedentemente sottolineato, non ha ancora il piacere di conoscere. Quindi…- sibilò in modo inquietante, trafiggendola con occhi che parevano essersi incendiati di furia contenuta.
Lavinia, per un attimo, provò davvero una sensazione di sgomento e un pizzico di paura.
Ma, in barba all’istinto di conservazione che le suggeriva fosse molto meglio cucirsi bene la bocca, udì la sua voce proseguire nell’arringa difensiva quasi contro la propria volontà.
- So benissimo di chi stiamo parlando, professore, e riconosco di non poter dare un giudizio più mirato circa il signor Paciock. Ma so anche che lei non dovrebbe essere così duro e inflessibile con lui. Ricordi che ogni volta che lo si è con qualcuno, lo si è prima di tutto con sé stessi, e ciò non ci fa bene. - concluse con voce resa sempre più flebile dall’espressione insostenibile di Piton.
Rimase, tremebonda e consapevole di essersi spinta troppo in là con le parole, in attesa di qualcosa che non sapeva nemmeno bene lei cosa avrebbe potuto essere, forse l’apocalisse, che sicuramente si sarebbe scatenata da lì a pochi secondi.
“Così imparo a non tacere quando invece dovrei!”. Si biasimò, avvertendo la bocca asciutta.
Invece, a dispetto di qualsiasi previsione, l’ira terribile dell’uomo rimase inesplosa.
Si limitò ad impallidire, serrando con forza le labbra mentre gli occhi continuavano a fissarla con un’espressione indefinibile. Lavinia fu sicura di avervi scorto, per un attimo, anche un breve lampo di dolore, ma non riuscì a capire se così fosse meglio o peggio.
Poi tornarono subito ad essere cupi e impenetrabili, come sempre.
Il mago, serrandosi il mantello addosso, si accomodò sulla sedia tornando ad ignorare completamente coloro che gli stavano attorno e chiarendo così, con il suo atteggiamento, che non avrebbe più aggiunto altro. Fu allora che il preside decise di intervenire.
- Prenderemo senz’altro dei provvedimenti per questa faccenda che, comunque, a ragion veduta si mostra abbastanza delicata. Ed è perciò che ora chiederei ad ognuno di voi di dare la propria valutazione al problema, dopo gli abbondanti chiarimenti che ci ha offerto il professor Piton e, di conseguenza, un parere su quale potrebbe essere la soluzione migliore per evitare che si ripetano i disastri già elencati, senza tuttavia essere costretti a misure così drastiche come l’allontanamento definitivo dell’allievo dalla scuola, che potrebbe ripercuotersi negativamente sulla sua personalità ancora in via di formazione. - concluse, saggiamente.
Gli insegnanti elaborarono ognuno una propria teoria e alla fine fu trovata la soluzione più idonea al caso. Neville Paciock non sarebbe stato espulso ma, siccome aveva chiaramente bisogno di aiuto, venne deciso che al ragazzo sarebbe stato affiancato un insegnante di sostegno durante le ore di Pozioni.
Il consiglio durò ancora un altro paio d’ore in cui vennero sviscerati problemi più o meno gravi, che andavano dalla perdita nei gabinetti dei ragazzi a cui si doveva velocemente provvedere per evitare che nei sotterranei si allargassero le macchie di umidità causate dalle infiltrazioni, alle lamentele continue di Gazza che da una settimana a quella parte aveva trovato i banchi di alcune aule particolarmente sporchi, soprattutto dopo le lezioni della professoressa McGranitt e del professor Vitious.
Lavinia però seguì distrattamente l’intero svolgimento della riunione, perché continuò a rimuginare sull’episodio accaduto prima.
Ripensando allo scontro appena avuto con Severus Piton, l’immagine vivida dei suoi occhi neri attraversati da un lampo evidente di sofferenza seguitava a riproporsi con ostinazione.
Era troppo sicura di averlo intercettato.
Possibile, dunque, che anche in quell’individuo ostico albergassero dei sentimenti umani?
Eppure lo aveva sentito con le sue stesse orecchie scagliarsi, senza un briciolo di comprensione e con cattiveria, contro quel povero ragazzo, la cui sola colpa a quanto pare era quella di non riuscire a comprendere la sua materia.
Questo era il pensiero che le suggeriva la ragione, tuttavia - poteva anche sbagliarsi - continuava ad avere la strana sensazione che quell’uomo nascondesse dietro ad una cortina impenetrabile di freddezza e sgradevolezza, il segreto di un animo molto più ricco e complesso.
Perché, quindi, aveva scelto di rimanere impantanato e soffocato nelle sabbie mobili del suo lato peggiore? E per quale motivo? E da che cosa si stava difendendo?
Lavinia si obbligò a distrarre la mente da quei pensieri, quando prese coscienza del fatto che stava elucubrando sulla vita personale dell'insegnante di Pozioni, vale a dire l’essere più insopportabile che le fosse mai capitato di incontrare.
- E quindi, cari signori, dopo la risoluzione di quest’ultimo dibattito dichiaro chiuso il Collegio Docenti di oggi 24 settembre. Vi ricordo che il prossimo collegio cadrà sempre di lunedì, alla stessa ora, in data 22 ottobre e il tema principale che verrà discusso sarà quello che riguarda i preparativi per la Festa di Halloween. Ora vi lascio liberi di tornare ai vostri alloggi e vi aspetto come di consueto in Sala Grande, per cena, attorno alle diciannove e trenta. Grazie per la vostra presenza e a più tardi. - stava dicendo Silente, nell’atto di congedare i professori, quando Lavinia riemerse dalle proprie riflessioni.
Remus svegliò il professor Ruf, assopito accanto a lui, e si affrettò a raggiungere l'amica.
- Ehi, sei ancora tra noi? - le chiese subito, dopo aver notato il suo sguardo perso nel nulla per buona parte della riunione.
- Eccome. E’ che come mio primo Collegio Docenti non mi aspettavo proprio di dover subito sostenere una discussione con l’insegnante più ostico della terra. E’ stata dura sai, mio caro! - esclamò lei in tono scherzoso.
- Ti capisco perfettamente. Avere a che fare con Severus non è sicuramente facile, ma sei stata grande e ora avrai capito anche le ragioni del povero Neville.
- Descrivimi la povera vittima.
- Oh, Paciock è solo un ragazzino timido e impacciato, molto sensibile, con una memoria che farebbe concorrenza ad un colabrodo e abbastanza incapace di difendersi. E’ ciò che gli causa grossi problemi con quei compagni poco sensibili, che si divertono a metterlo sempre in difficoltà. Ma la complicazione più grossa è, appunto, costituita dalla materia di Severus, del quale ha sacro terrore.
- Caspita, non l’avrei mai detto. E per quale motivo, suvvia? – ironizzò lei. – Qualcosa mi dice che un po’ tutti i ragazzi, qui dentro, abbiamo il sacro terrore di Piton!
Lupin ridacchiò, assentendo e, come in risposta, il docente di Pozioni passò accanto a loro senza degnarli di un’occhiata.
Lavinia lo seguì con lo sguardo mentre si allontanava verso i sotterranei con il suo lungo passo morbido e il mantello ondeggiante.
- Come volevasi dimostrare…- commentò, accennando all’uomo di cui ormai intravedeva solo lo sventolio della cappa nera. - E’incredibile quanto non gli interessi anche solo provare a stabilire un rapporto civile con gli altri.
- Severus è sempre stato un solitario. Ma non è così cattivo, a dispetto di quello che vuole apparire. E’ lui che mi prepara la pozione che assumo per evitare la trasformazione, sai? Ed è sempre stato lui a studiarla e a metterla a punto, ed è lui che si preoccupa che io mi ricordi di berla. - le rivelò l’amico, lasciandola di stucco.
La giovane donna lo salutò pensierosa, e si avviò verso l’ala est per raggiungere la propria stanza, con addosso una curiosa quanto prepotente voglia di stendersi sul letto e di perdersi ancora un po’ in riflessioni, prima di prepararsi per la cena.



LUNEDI’, 24 SETTEMBRE, ore 20:00

Lavinia si servì ancora del pasticcio di carne.
Pensò che con quell’appetito avrebbe potuto mangiarsi un arrosto di tacchino intero, quella sera a cena, ma che di quel passo sarebbe anche arrivata a pesare un centinaio di chili prima della fine dell’anno scolastico.
Evidentemente l’aria di Hogwarts le stava facendo bene.
Alzò gli occhi verso il settore opposto e si accorse che Piton stava prendendo posto a tavola proprio in quel momento ma, stranamente, in ritardo.
Si soffermò un attimo ad osservarlo, costretta suo malgrado ad ammettere che aveva un modo di muoversi, controllato ed elegante, che riusciva sempre a calamitare la sua attenzione.
L’uomo rivolse qualche breve occhiata distratta a ciò che lo circondava, poi, improvvisamente, indirizzò lo sguardo verso di lei che, colta alla sprovvista, si affrettò a spostare il proprio sulla prima cosa che capitò a tiro, cioè il contenuto del piatto di Remus.
Quindi il professore abbassò leggermente il capo, si servì delle pietanze ed iniziò a mangiare lentamente, in silenzio, mantenendo l’aria assorta per tutta la durata della cena. Cosa che permise a Lavinia di poterlo sbirciare ogni tanto, di nascosto.
“Stasera Mister Simpatia è più tetro del solito. Chissà su che cosa sta riflettendo.”
Non si nascose che le avrebbe fatto un discreto piacere saperlo intento a ripensare al discorsetto che era riuscita a rivolgergli nel pomeriggio, durante la riunione.
Non si illuse però più di tanto su quella possibilità, anche se avrebbe dato metà del suo pasticcio di carne per scoprire che cosa sembrava turbarlo.
Ad un tratto, verso il termine della serata, Severus estrasse da una tasca interna del mantello qualcosa che a Lavinia sembrò un libricino dalla copertina nera.
Il mago lo fissò per alcuni secondi, con un’espressione talmente intensa e struggente che la giovane donna ne rimase impressionata.
Evidentemente l’uomo si era concesso quel piccolo attimo di debolezza, certo del fatto che nessuno lo stava osservando.
Ma a lei, intenta a tenere gli occhi furtivamente puntati in quella direzione, non era sfuggita una virgola di quanto era passato sul volto del Potion Master, nonostante alcune ciocche di capelli corvini fossero scese a coprirgli parzialmente il viso.
Socchiuse gli occhi per cercare di decifrare meglio l’espressione di Piton (fortunatamente la natura l’aveva dotata della vista di un felino) e si concentrò talmente che, quando Remus le toccò un braccio per chiederle di passargli il piatto con quello che restava della torta di mele, sobbalzò, lasciandosi sfuggire la forchetta di mano.
- Ops, scusa, ti ho spaventata?
- Oh no… no affatto, scusa, stavo solo pensando a… Toh, ecco, tieni la torta – blaterò lei, passando rapidamente il piatto all’amico perché questi non si accorgesse del suo imbarazzo.
Intanto il maestro di pozioni si era alzato e, silenziosamente, così come era arrivato uscì dal retro, imboccando una delle porte che si trovavano dietro al tavolo.
Dal lato opposto Lavinia lo seguì ancora con lo sguardo, sempre più perplessa e incuriosita.

*****



Il professor Piton camminò adagio per i corridoi fiocamente illuminati.
Il suo passo elastico e indolente lasciava dietro di sé una piccola eco, mentre percorreva gli androni con calma, fino a che non arrivò al chiostro principale.
Una meravigliosa mezza luna, ormai alta nel cielo terso e completamente punteggiato di stelle, lo rischiarava debolmente, inondandolo di uno strano riverbero bianco.
Stava ancora tenendo in mano il piccolo quaderno con la copertina nera che aveva ritrovato quella sera per caso, frugando in fondo a un baule contenente vecchi libri.
Cercava un testo di antica pubblicazione sugli Incantesimi Notturni, e aveva invece scovato quel piccolo cimelio.
Lo aveva sfogliato incuriosito, intuendo praticamente da subito di che cosa si trattava.
Era il piccolo diario giornaliero appartenuto a sua madre su cui, tanto tempo prima, la donna aveva annotato diligentemente appuntamenti, cose da ricordare, faccende da sbrigare e piccoli avvenimenti quotidiani. Il tutto con quella scrittura ordinata e precisa tanto simile alla propria.
Il respiro gli si era fermato, il cuore aveva smesso di battere per un istante.
Aveva riposto il libricino nella tasca interna del mantello, considerando di sfogliarlo quando fosse stato in grado di riacquistare un po’ di freddezza; poi era sceso per cenare, senza però riuscire a staccare la mente da quel piccolo tesoro che conservava al petto.
Chiuse gli occhi e rimase immobile, alta e nera figura in mezzo al chiostro su cui pioveva la luce fredda della luna. Come aveva potuto finire lì, dimenticato in mezzo ai suoi volumi, quel piccolo diario?
Li riaprì, sentendoli umidi. Quindi fece scorrere le pagine del libricino, scegliendone una a caso.
<< Mercoledì 17, ore 15:00. Appuntamento con Flora per compere da madama Estelle; ore 18:00 portare Severus dal dentista per controllo. >>
Richiuse il volumetto, avvertendo una terribile sensazione di abbandono che, di norma, aveva imparato ad ignorare, ma che in quel momento era riuscito a sopraffarlo, e si sentì mortalmente solo. Solo e anche un po’ idiota piantato lì in mezzo al cortile come un palo inutile, in quella notte di fine settembre su cui iniziava a scendere l’umidità.
Appoggiò il libricino sul cuore e pensò a tante cose. Pensò alla sua mamma, al suo viso, a come gli mancava. Rammentò l’infanzia trascorsa a difendersi dal dolore e dalla paura, l’adolescenza passata fra i compagni che si divertivano continuamente a tormentarlo. Riandò ancora alle scelte sbagliate, al suo terribile passato e a come il peso dei troppi errori stesse gravando ancora sulla sua anima.
Gli tornarono in mente le parole che la ragazzina insolente gli aveva rivolto appena poche ore prima, alla riunione. Lei non dovrebbe essere così duro e inflessibile con quel ragazzo… perché ogni volta che lo si è con qualcuno lo si è prima di tutto con se stessi… e questo non fa bene…
Lo sapeva benissimo, ma il sentirselo dire da una persona estranea della quale, fino alla settimana prima, neanche ricordava l’esistenza, gli aveva provocato un certo malessere.
Lo aveva obbligato a riflettere e a guardare in faccia alla squallida realtà. Colpito e affondato.
Il suo presente, ora, era solo il risultato di un passato sbagliato che lo aveva fatto precipitare in un abisso di infelicità e solitudine in cui si dibatteva da anni, senza aver più la forza nè la voglia di venirne fuori.
Pensò all’immagine che si era creato giorno per giorno sin dai tempi in cui, troppo fragile e sensibile per reagire al dolore che aveva già vissuto in casa propria, e ferito oltremodo dallo scherno crudele dei compagni, aveva preferito erigere un muro tra lui e gli altri trasformandosi in Severus Piton, il più bravo della scuola ma anche il più scontroso e il più odioso.
Quello che non aveva bisogno di nessuno e non voleva avere a che fare con nessuno.
Colui che sarebbe diventato Mangiamorte prima e terribile, inumano insegnante di Pozioni poi, dopo essere passato attraverso un’esperienza di vita devastante.
Se non poteva essere amato dai suoi simili, che almeno lo temessero!
Era troppo tardi, ormai, per tornare indietro e ricominciare da capo. Troppo tardi per riacquistare la fiducia e la stima degli altri. Troppo tardi per riacquistarla in sé stesso.
Severus si riscosse; da quanto tempo era lì in piedi, fermo, con il diario di sua madre sul cuore, il capo chino e lo sguardo fisso sulla punta delle scarpe?
Fece per rientrare, con l’intenzione di raggiungere i propri alloggi - si sentiva molto stanco – quando, improvvisamente, i suoi sensi acuti gli fecero percepire un piccolo, veloce movimento seguito da un fruscio.
Era come se qualcosa o qualcuno si fosse ritratto in fretta nell’ombra, rifugiandosi silenziosamente dietro l’angolo in fondo al corridoio.
Stette in ascolto, scrutando con attenzione la penombra da cui gli era parso provenisse il lieve rumore.
– Chi è là? – provò a chiedere, in tono basso ma autoritario, avanzando di qualche passo.
Gli risposero solo il silenzio e le ombre che ballavano sul muro prodotte dal fuoco dei bracieri.
“Si sarà trattato di Mrs. Purr…” concluse, infine, e si diresse con passo deciso, avvolto nel mantello, verso le scale che scendevano nei Sotterranei.

*****



Lavinia si girò e rigirò ancora nel letto, senza riuscire a prendere sonno.
Aprì gli occhi e cercò di individuare nel buio le ombre appartenenti agli oggetti sparpagliati sulle sedie e sopra cassettone, di fianco al letto.
Sentì un soffice fruscio provenire dalla gabbia appesa vicino alla finestra, dove Andrew si stava scrollando le piume. Udì il sottile rumore della sabbia che scorreva nella clessidra-sveglia. Avvertì in lontananza il richiamo di una civetta al quale rispose quello di qualche strana creatura notturna. Poi tornò a rigirarsi.
Non riusciva a togliersi dalla testa l’espressione sul volto di Piton, seduto a tavola con in mano il piccolo quaderno nero.
Quando poi, passando davanti al chiostro principale per raggiungere la propria stanza l’aveva visto ritto lì, al centro, immobile come in trance (e le era sembrato perfino di sentirlo bisbigliare sommessamente) non aveva potuto fare a meno di fermarsi, un po’ preoccupata.
Lui sicuramente non si era accorto della sua presenza celata dall’ombra del colonnato, mentre lei era rimasta lì per diversi minuti ad osservarlo, incerta se intervenire o meno.
Fino a che, dopo qualche lungo istante, all’improvviso l’uomo si era mosso.
Allora aveva raggiunto, silenziosa come un gatto, il fondo del corridoio e si era acquattata velocemente dietro l’angolo, tornando a spiarlo da lì.
Il suo cuore aveva perso un colpo quando gli aveva sentito intimare il chi è là.
Era stata sul punto di uscire dall’ombra per rivelare la propria presenza, ma l’idea di quanto sgradevole avrebbe potuto essere la sua reazione l’aveva fatta desistere.
Per fortuna il mago si era avviato quasi subito verso i Sotterranei, risparmiandole con tutta probabilità un brutto quarto d’ora.
Tuttavia quanto accaduto quella sera iniziava a disegnare i contorni di un vero mistero.
Chi era, veramente, e cosa celava Severus Piton, dietro quell’apparenza scostante?
Era il freddo, scorbutico, dispotico insegnante di Pozioni che si divertiva a terrorizzare gli studenti, oppure un uomo in cui albergavano anche sentimenti umani ed emozioni che occultava gelosamente per qualche recondito motivo, sconosciuto ai più?
Ripensò a ciò che le aveva svelato Remus, nel pomeriggio, e meditò sul fatto che fosse proprio Piton a preoccuparsi della pozione anti-licantropia che doveva assumere regolarmente.
Ricordò perfino le parole che zio Albus le aveva detto qualche giorno prima e a cui lei aveva prestato scarsa attenzione.
“… Non puoi giudicare le persone senza conoscere il loro vissuto… Non puoi sapere quello che è accaduto nel frattempo… L’infanzia di Severus non è stata così facile…”
L’infanzia di Severus non è stata così facile…
Non è stata così facile…

Le parole si moltiplicarono all’infinito, trasformandosi in una dolce ninna nanna.
Gli occhi si chiusero piano piano e scivolò finalmente in un sonno profondo, popolato da oggetti che fluttuavano nell’aria e lunghi corridoi in fondo ai quali c’erano sempre due occhi neri come il carbone che la osservavano, prima glaciali, poi pieni di infinita tristezza.



GIOVEDI’, 27 SETTEMBRE, ore 15:30

- E’ permesso? – Lavinia sbirciò nello studio circolare del preside in cui era appena entrata.
- Posso? – ribadì, non avendo ottenuto risposta,
- Zio Albus sono io. Avevi bisogno di parlarmi? - intanto si era spostata di qualche passo verso il centro dello studio circolare, da dove si guardò attorno, incuriosita.
Montagne di carte e di libri troneggiavano sugli scaffali, assieme a strani oggetti semoventi che ne completavano il bizzarro arredamento.
La scrivania del preside era sommersa da pergamene, documenti e schedari mentre, su un ripiano a fianco, in alto, era appisolato il consunto cappello a punta che veniva usato durante la cerimonia di smistamento. Ma di zio Albus nessuna traccia.
Sbuffò un po’ contrariata, poi vide dietro la scrivania il trespolo su cui era appollaiata una splendida Fenice.
La giovane donna si avvicinò al treppiede, sorridendo con entusiasmo.
- Fanny! Ciao bellissima, sei sempre in gran forma. - le sussurrò, tendendo una mano per accarezzarla.
Il grosso pennuto dal piumaggio rosso e oro emise un lieve pigolio di piacere, lasciandosi vezzeggiare dalla ragazza che, continuando a lisciare delicatamente il suo petto dorato, ripensò a quanto tempo da bambina aveva trascorso con lei; era affascinata dalla sua bellezza straordinaria, e si intratteneva sempre a lungo nello studio dello zio.
Le tornò in mente di come si fosse spaventata la prima volta che l’aveva vista prendere fuoco, all’improvviso.
Per zio Albus non era stato facile consolarla, nonostante gli svariati tentativi di spiegarle che Fanny sarebbe presto risorta dalle proprie ceneri, come un morbido e tenero pulcinotto.
Ricordò anche di come mamma, in quell’occasione, si fosse arrabbiata molto con il fratello.
A suo dire – e molto probabilmente a ragione - prima di lasciare che la bambina giocasse assieme a un’Araba Fenice, Albus avrebbe dovuto pensare di metterla in guardia su quanto poteva accadere.
Fece ancora qualche complimento all’animale, poi andò a sedersi su una delle poltrone davanti alla scrivania.
Evidentemente lo zio si era dimenticato di aver fissato un incontro con lei quel pomeriggio.
Nulla di straordinario: zio Albus era sempre stato piuttosto distratto, adesso poi, con l’età…
Decise di aspettare ancora qualche minuto, ripensando a quello che aveva fatto negli ultimi giorni.
Con l’aiuto del solito, gentilissimo Remus, che aveva sacrificato per lei alcune ore buche tra una lezione e l’altra, si era accuratamente preparata il programma che avrebbe svolto durante l’anno.
Poi era andata a trovare Hagrid, perché aveva voglia di stare in compagnia di persone buone, semplici e rassicuranti. Rubeus era proprio una di quelle.
Anche lei amava enormemente gli animali, così Hagrid aveva approfittato della loro comune passione per presentarle con orgoglio i magnifici ippogrifi che accudiva, e che sarebbero stati proprio il tema di una delle sue prossime lezioni.
Quindi aveva addirittura fatto amicizia con Fierobecco, quello per cui Hagrid nutriva un debole. Notando come la simpatia fra i due fosse reciproca, l’omone aveva insistito perché provasse anche a cavalcarlo per un giro panoramico sopra il castello; cosa che lei, abituata fino a quel momento solo al sellino della mountain bike, aveva rifiutato con decisione.
Inoltre, in quei giorni, zio Albus ne aveva approfittato per presentarla a tutte le classi.
I ragazzi del primo anno l’avevano decisamente intenerita, con i loro visetti ancora infantili e gli occhi spalancati per la curiosità verso tutto ciò che per loro quell’anno era totalmente nuovo.
Viceversa gli studenti del settimo anno, che la superavano abbondantemente in altezza, l’avevano un po’ preoccupata, e si era domandata come sarebbe riuscita a tenere la disciplina in quelle classi composte da persone ormai adulte.
Aveva incontrato anche gli studenti del terzo anno e conosciuto Harry, al quale aveva rivelato subito di essere stata grande amica dei suoi genitori.
Il ragazzo si era illuminato a quella dichiarazione, quindi aveva voluto presentarle i suoi più cari amici, Ron Weasley ed Hermione Granger, che le era apparsa subito come una ragazzina molto sveglia. Non aveva avuto alcun dubbio sull’identità di Neville Paciock, per come glielo aveva descritto Remus.
Tirando le somme, se non fosse stato per il fastidio a livello epidermico che provava tutte le volte che il suo cammino incrociava quello del professor Piton, avrebbe potuto tranquillamente affermare che la settimana precedente al suo debutto ufficiale come insegnante stava scorrendo molto tranquillamente.
Il Potion Master si mostrava sempre e comunque apertamente ostile nei suoi confronti.
Lo aveva fatto anche l’ultima volta in cui Lavinia era quasi andata a sbattergli contro, vicino all’aula di Incantesimi.
E poi aveva quel vizio insopportabile di guardarla dall’alto in basso, con freddo distacco, che la metteva regolarmente in estrema difficoltà.
- Stia un po’ attenta, miss O’Connor… - l’aveva apostrofata, stizzito, con voce profonda e tono affettato. - Camminando con la testa bassa potrebbe finire anche con l’andare a rompersela contro qualcosa di più duro del sottoscritto. - aveva concluso con quel suo fastidioso accento sardonico e il sopracciglio alzato.
“Povero illuso: assolutamente impossibile trovare qualcosa di più duro di te contro cui sbattere.” Aveva pensato la ragazza rivolgendogli un sorrisetto di circostanza.
Quindi, dopo essersi lanciati un breve sguardo di sfida, ognuno aveva ripreso la propria strada per i corridoi.
C’era poi stata una seconda volta in cui Piton, costretto a interrompere la lezione con le classi del secondo anno per permettere al preside di presentarla agli studenti, non aveva minimamente tentato di nascondere un’antipatica espressione scocciata.
Lavinia ricordò di aver pensato, in quell’occasione, a come le sarebbe piaciuto poter stringere le proprie mani attorno al suo collo, per vedergliela cancellata dal volto.
Eppure non riusciva a fare a meno di chiedersi il perché di tanta avversione nei suoi confronti, costretta ad ammettere come la cosa le desse molto fastidio.
Le dispiaceva comunque che qualcuno le dimostrasse antipatia in modo così evidente, senza che lei avesse fatto nulla per meritarlo.
Quell’atteggiamento la inibiva, impedendole di rivolgersi a lui per per tentare di instaurare almeno un rapporto educato.
Il giorno prima, rientrando in camera, si era seduta stancamente sul letto con una tale aria pensierosa che se ne era accorto perfino il suo Specchio delle Brame.
- Qualcosa non va, ragazza mia? - le aveva chiesto, con voce sensualissima.
- Oh nulla… stavo solo riflettendo su come…
- Avanti, sputa il rospo. Ti si legge in faccia lontano un miglio che qualcosa ti rode dentro.
- Ma no, niente… è che mi piacerebbe andare d’accordo con tutti, avere la stima dei miei colleghi, e invece…- aveva cincischiato lei, prendendola alla larga.
- E invece c’è qualcuno che ti impedisce la realizzazione di questo desiderio, non è vero?
Forse il bisogno di sfogarsi con qualcuno, o forse la voce di Alan Rickman, fatto sta che a Lavinia era venuta la gran voglia di parlare. Gli aveva confidato il tormento che la assillava, raccontandogli anche di come avesse il sospetto che in quell’uomo, tuttavia, albergassero dei larghi sprazzi di umanità.
- Mia cara, non pensi che lui ti tenga a debita distanza proprio perché ha capito che potresti tentare di mettere a nudo ciò che sta tenendo nascosto, e che vorrebbe continuare a tenere gelosamente per sé? - le aveva suggerito lo specchio.
- Sì, l’ho pensato, ma quello che non capisco è perché si compiaccia di rimanere invischiato in una condizione del genere. Come può accettare una situazione così psicologicamente pesante da sostenere, isolato, temuto e mal sopportato da tutti? Come fa a vivere senza il bisogno di sentirsi amato? – e, alzandosi dal letto, si era piazzata davanti al suo speciale interlocutore, così da vederci riflesso dentro il proprio viso accigliato.
- Può darsi che a lui stia benissimo così. Mica tutti si chiamano Lavinia O’Connor. Sei tu che pensi che una situazione del genere possa essere psicologicamente pesante da sostenere, perché la vedi dalla tua ottica! Ma se a lui non interessano affatto l’accettazione e la benevolenza degli altri, qual è il problema? E, se anche ci fosse, perché te ne vuoi fare carico tu?
Lavinia aveva guardato a lungo la sua immagine rispecchiata.
Già, perché le stava tanto a cuore questa situazione?
In fin dei conti per quale motivo avrebbe dovuto interessarle che Severus Piton avesse scelto di vivere relegato in un sotterraneo, immusonito, scorbutico e lontano dal mondo dei vivi?
Era ancora immersa nel suo fiume di pensieri e ricordi, quando la porta dell’ufficio si aprì e le voci dello zio e della professoressa McGranitt, in discussione, si avvicinarono alla poltrona dove era seduta. Un trillo felice di Fanny diede il benvenuto ai nuovi arrivati.
- Oh eccoti, bambina mia, scusami se ti ho fatto attendere. E’ molto che sei qui? – esclamò Albus, accorgendosi finalmente della presenza della nipote.
- Ciao, zietto. No, sono qui da poco, non ti preoccupare. Ciao, zia Minerva! - replicò la giovane, sorridendo loro.
- Ciao, cara. Tuo zio ha avuto un’idea e te ne voleva parlare…- disse la vicepreside, ricambiando il sorriso, e sedette di fianco alla ragazza. Poi volse lo sguardo verso il vecchio mago che, nel frattempo, aveva preso posto dietro la scrivania.
- Si tratta della questione riguardante l’insegnante di sostegno per il nostro Neville Paciock: chi affiancare al ragazzo. Ti ricordi che ne abbiamo discusso in Consiglio? Albus preferisci andare avanti tu?
Lavinia scoccò un’occhiata sospettosa ai suoi due interlocutori, ma aspettò che il preside proseguisse.
- Dunque, cara, devi sapere che io e Minerva ci siamo subito rivolti al Ministero della Magia per chiedere che ci venisse assegnato, come di diritto, un insegnante di sostegno per Paciock. Purtroppo però ci è stato risposto che quest’anno, mancando di fondi, il Ministero non ha potuto procedere all’assunzione e alla formazione di nuovo personale addetto a tale scopo. Perciò quei pochi insegnanti di sostegno in forza sono già stati assegnati agli istituti che ne avevano fatto richiesta in anticipo. - il preside si interruppe brevemente per schiarirsi la voce, e la nipote ne approfittò per inserirsi.
- Quindi? - mormorò, iniziando ad avvertire una certa inquietudine.
- Quindi ci hanno suggerito di scegliere un membro interno alla scuola, e nominarlo insegnante di sostegno, così da poterlo affiancare a Paciock durante le ore di Pozioni.
- Perciò? – sbottò Lavinia sempre più preoccupata.
- Perciò, andando a controllare le ore coperte da ognuno dei nostri docenti, io e Minerva abbiamo scoperto che… - proseguì con cautela il preside.
- Che? - lo interruppe la giovane insegnante, inorridita, sentendo che il suo sospetto andava fondandosi.
- Che… beh… ecco, l’unica ad avere ore libere, contemporaneamente a quelle in cui si tiene lezione di Pozioni del terzo anno di Grifondoro, saresti tu. E allora, mia cara, che ne diresti di cogliere questa magnifica opportunità per diventare l’insegnante di sostegno di Neville Paciock? Io e Minerva siamo inoltre certi che tu possa essere la persona più adatta per rivestire questo ruolo. - concluse allegramente Silente, guardando la professoressa McGranitt alla ricerca della sua approvazione.
- Oh no! No, no, no, no zio, non credo proprio! - Lavinia reagì come un petardo.
- Ma perché no, bambina mia, non capisco. Tu sei giovane, dinamica, comunicativa, hai talento e anche una buona infarinatura in materia. Hai tutto quanto servirebbe per poter aiutare il povero Neville a recuperare. – la interruppe bonariamente lo zio, scrutandola da dietro gli occhialini a mezzaluna.
- E’ escluso zio, io non sono affatto la persona più indicata. Io… ehm… non mi sento in grado di prendere una responsabilità del genere, non ho alcuna esperienza, non saprei nemmeno da che parte iniziare, e poi… E poi…
E poi avrebbe potuto fare uno strappo e accettare la proposta di fare sostegno durante le ore di qualsiasi altra materia, ma non a Pozioni, porca miseria!
Nessuno sarebbe riuscito a convincerla, neanche sotto la minaccia di Avada Kedavra, ad entrare nell’antro dell’orco con la missione impossibile di recuperare un caso semi disperato, sotto lo sguardo omicida di Severus Piton.
Per chiunque l’impresa sarebbe equivalsa al buttarsi a testa in giù dalla Torre Astronomica del castello, figuriamoci per lei che aveva tutti quei problemi a relazionarsi con lui.
- Lavinia, rifletti…- la McGranitt stava cercando di farla ragionare, quando due secchi colpetti bussati alla porta la interruppero.
- Avanti. - invitò Albus, e la porta si aprì abbastanza impetuosamente, lasciando apparire l’alta figura nera del Potion Master.
Piton si bloccò sulla soglia, mentre il suo sguardo correva veloce da Silente alla McGranitt per poi andarsi a posare su Lavinia che, girata in mezza torsione verso la porta, spalancò gli occhi su di lui sentendo all’improvviso lo stomaco stretto in una morsa.
“Oh no! E adesso cosa ci fa qui, questo?”
“Oh no! E adesso cosa ci fa qui, questa?”

Pensarono all’unisono, la prima con sconforto, il secondo con irritazione.
- Severus! Vieni, vieni avanti figliolo. – cinguettò Albus, placidamente.
- Minerva… Preside… - salutò lui, asciutto, omettendo di rivolgersi alla ragazza anche se aveva continuato a fissarla con sguardo penetrante e pungente.
Lavinia deglutì, tentando di mantenere fermo il proprio e di non abbassarlo.
“Sono perduta… Zio, questa me la paghi cara.” Pensò, intanto.
Piton avanzò con passo cauto da coguaro e andò a sedersi nella poltrona rimasta libera, accanto a lei.
“Sono sistemato… Preside, questa me la paga cara.” Pensò, nel frattempo.
- Bene ragazzi, eccovi qui. Grazie, Severus, per aver sacrificato la tua ora buca; volevo che anche tu fossi messo subito al corrente della decisione che ho appena preso di affiancare Lavinia, come sostegno a Paciock, durante le tue ore! – spiegò, serafico, il vecchio.
I due giovani lo fulminarono all’unisono con lo sguardo. Poi lei assunse un’aria supplicante, mentre il mago spalancava gli occhi per l’incredulità. Infine, come a voler sottolineare la follia contenuta nella dichiarazione appena espressa dallo zio, la donna non trovò niente di meglio da fare che lasciarsi andare a una risatina isterica.
Dopo un minuto buono di silenzio attonito, l’insegnante di Pozioni tirò un sospiro e parlò.
- Preside, mi scusi, ma trovo che miss O’Connor non abbia né la preparazione necessaria, né la dimestichezza sufficiente in materia per poter sostenere uno studente, oltretutto inetto, come Paciock!
- Il professore ha perfettamente ragione, zietto. E’ proprio quello che stavo tentando di spiegarti io due minuti fa. – In un altro momento avrebbe preso volentieri a sberle quel presuntuoso che le aveva apertamente dato dell’incapace, ma, al momento, Lavinia valutò come fosse più saggio approfittare dell’occasione per ribadire il suo rifiuto all’incarico suicida.
- Si dà però il caso che io e Minerva abbiamo già ampiamente valutato come questa sia l’unica soluzione possibile. Via, Severus, il ragazzo in fin dei conti ha solo bisogno di sentire di fianco a sé una presenza rassicurante; sono certo che in questo modo riacquisterà un po’ di fiducia senza quasi rendersi conto, e riuscirà a rimettersi in carreggiata con le proprie forze. E’ solo una questione psicologica. In quanto a te, mia cara, non devi sottovalutarti così. Hai degli ottimi requisiti, sei una strega in gamba e completa, inoltre non te la sei mai cavata male in Pozioni, anzi. Se ricordo bene hai sempre avuto buoni voti.
- Ti faccio presente, zio, come ai tempi fosse più molto più facile prendere buoni voti in Pozioni, dal momento che non era lui l’insegnante! - replicò la nipote, indicando Piton, che la incenerì con un’occhiata.
- Suvvia figlioli, credo non ci sia proprio più niente da discutere. Dalla settimana prossima, mia cara, sarai l’insegnante di sostegno di Paciock, per cui ricordati di segnarti bene tutti gli orari delle lezioni a cui dovrai presenziare. – sentenziò Silente, soddisfatto.
Nell’ufficio calò una strana quiete carica di tensione che la professoressa McGranitt cercò di spezzare chiedendo ai presenti se avrebbero gradito una tazza di the.
Piton rifiutò secco, borbottò qualcosa riguardo una lezione che doveva preparare per il giorno dopo e, biascicando delle scuse, si precipitò fuori evidentemente alterato.
Lavinia attese di sentire sbattere la porta, poi a sua volta si alzò, guardando Minerva e Albus con aria abbattuta.
- Zio, permettimi di ribadire come questa non sia proprio un’idea brillantissima… e te ne accorgerai presto. Ma se è l’unica soluzione, non posso fare altro che accettare.
Salutandoli si avviò verso la porta, con la faccia di chi è stato appena condannato al patibolo.
Quando anche la ragazza fu uscita, Silente e la McGranitt si guardarono in faccia per un lungo momento.
- So quello a cui stai pensando, Minerva. - ridacchiò il vecchio mago.
- Che forse abbiamo esagerato un po’ con la povera Lavinia, vero? – rispose la McGranitt sorridendogli di rimando.
- Beh, sono sicuro che non avrà vita facile con Severus, ma spero che questo possa tornarle utile per limare finalmente certi difetti. Quei limiti personali in cui finora non è ancora riuscita a migliorarsi, e che le hanno impedito di maturare; ma se conosco bene mia nipote sono certo che nemmeno per lui sarà rose e fiori. L’importante è che finalmente imparino a rispettarsi a vicenda, di conseguenza a rispettare le regole della convivenza civile fra persone. Chissà che non riescano ad arrivare perfino ad una forma di dialogo e di comprensione reciproca. Bah, forse così è pretendere un po’ troppo, tuttavia sono sempre del parere che in questa scuola l’accordo fra insegnanti sia indispensabile per una collaborazione proficua, quindi, per l’ottenimento di risultati eccellenti. Ed è una cosa questa a cui tengo molto, lo sai mia cara…
- Lo so, Albus, anche se, in questo caso, ho la vaga impressione che ci vorrà molto tempo prima che quei due possano riuscire a stabilire una forma di comunicazione vagamente accettabile.
- So perfettamente che non sarà così semplice. Quei due sono esattamente uno l’opposto dell’altro. Se Lavinia è il bianco, Severus è il nero; se lei è il giorno, lui è la notte. Lavinia è piena di voglia di vivere e lo comunica con spontaneità - in certi casi anche con troppa esuberanza - Severus non comunica e ha dentro di sé un blocco; cova un dolore così grande da impedirsi di vivere. Lavinia è troppo impulsiva, irrequieta e per questo troppe volte malcontenta, mentre Severus è molto, troppo metodico, duro, intransigente ed è questo che lo fa tanto soffrire. Così spero sinceramente che, per l’arcana e misteriosa legge che regola l’universo e che vuole a volte che gli opposti si attraggano, quei due benedetti ragazzi possano donarsi reciprocamente un po’ di quanto serve all’altro, e che riescano a raggiungere un equilibrio che li renda più sereni. Questo anche a costo di correre qualche serio rischio, lo so bene! - concluse meditabondo il preside, accarezzandosi la lunga barba e lasciando che la McGranitt riflettesse perplessa sull’ultima parte del discorso.

*****



Entrò in camera sbattendo la porta e vi si appoggiò contro con le spalle, facendo girare lo sguardo color ghiaccio su quanto la circondava.
Ogni cosa su cui ebbe posati gli occhi dapprima sussultò, quindi si librò a mezz’aria e iniziò a ballonzolare, per poi schizzare attraverso la stanza e andare a terminare fragorosamente la sua corsa contro le pareti.
Si infransero, nell’ordine, una scatola porta oggetti di legno decorato, un vasetto di porcellana e la clessidra-sveglia, che sparse ovunque il suo contenuto sabbioso.
- Lavinia, pietà di me! Calmati e dimmi che ti è successo! - implorò lo specchio, terrorizzato dalla prospettiva di finire a sua volta in mille pezzi.
La strega trasse un profondo respiro.
“Devo calmarmi, devo calmarmi, devo calmarmi, devo…”
- Allora mi vuoi dire che cosa è successo, prima che tu finisca di distruggere la camera e ti tocchi poi di raccogliermi con ramazza e paletta?
Senza rispondere marciò diritta verso la mountain bike, con gli occhi lampeggianti di furore che continuavano a virare su molteplici tonalità del grigio e del violetto, e la liberò dalla catena. Spingendola a mano si apprestò ad uscire, ma prima si voltò verso lo specchio.
- Tranquillo, caro, adesso vado a farmi una bella pedalata all’aria aperta e sbollisco. Ci vediamo dopo, forse…

*****



Severus si piazzò al centro dell’aula deserta con le braccia incrociate al petto, le gambe leggermente divaricate e il viso accigliato. Continuava a mordicchiarsi il labbro e, intanto, gli occhi neri ribollivano di indignazione come magma di un vulcano. La rabbia era tale da impedirgli di formulare un pensiero connesso.
“Vecchio pazzo. Ma cosa diavolo gli sta succedendo in quella testa? Dove vuole arrivare? Assurdo, ridicolo, grottesco. Un ragazzino completamente idiota sostenuto da una mocciosa incompetente. E tutto ciò durante le mie lezioni! Una soluzione davvero geniale, il vecchio si deve essere definitivamente bevuto il cervello. Questa è la considerazione in cui è tenuta la mia materia. E’ tutto così paradossale che non può essere vero!” E più ci pensava, più provava l’irresistibile impulso di tornare dal preside per presentargli le dimissioni. Era troppo, dopo tutto quello che aveva fatto per lui e per quella stramaledetta scuola.
Si girò di scatto decidendo che, prima di licenziarsi, avrebbe provato a camminare un po’ all’aria aperta per calmarsi.
Ecco, sì, avrebbe camminato molto a lungo, fino a stordirsi per la stanchezza, e poi sarebbe andato da Silente a comunicargli che lasciava il suo posto libero a favore di qualcuno disposto a farsi prendere in giro.
Aprì la porta con violenza, uscì dall’aula e se la richiuse alle spalle con tale e tanta forza che anche al piano di sopra, nella classe in cui si stava svolgendo la solita noiosissima lezione di Storia della Magia, gli alunni assopiti si svegliarono di botto.

Edited by Ele Snapey - 9/9/2017, 16:32
 
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GIOVEDI’, 27 SETTEMBRE, ORE 18:00


Lavinia inforcò la bici e inserì la marcia, iniziando a pedalare con vigore.
Il veicolo si alzò in volo e ricevette una salutare sferzata di aria fresca in faccia che la fece sentire subito meglio.
Era una giornata meravigliosa, il sole brillava ancora alto nel cielo.
La ragazza sorvolò la serra, poi i prati e arrivò sopra la capanna di Hagrid scorgendo nel recinto degli ippogrifi Fierobecco legato a un paletto.
Compì un paio di evoluzioni sopra il tetto dell’abitazione poi si alzò, cambiando rapporto di marcia, verso l’azzurro del cielo. Ridiscese in leggera picchiata, quindi sfiorò le sommità degli alberi della Foresta Proibita, puntando decisamente verso il lago.
Continuò a pedalare con ritmo regolare, spingendo forte la bicicletta per acquistare sempre più velocità; correre le piaceva, la inebriava sentire l’aria sempre più violenta premerle sul viso e scompigliare i suoi capelli.
Si abbassò repentinamente e arrivò a sfiorare la superficie del lago, lasciandosi andare a gridolini di eccitazione quando sentì le goccioline, che si alzavano al suo passaggio sul pelo dell’acqua, spruzzarle il viso. Fece tutto il percorso attorno al lago, zigzagando tra gli alberi, infine si lanciò verso il castello con l’intenzione di rimirarlo dall’alto.
Quando però fu in prossimità delle guglie si accorse che qualcosa non funzionava nella levetta del rapporto che stava tentando di cambiare. I pedali girarono a vuoto e allora, accortasi di essere esattamente sopra al cortile della scuola, decise di tentare un atterraggio di emergenza.
In un primo momento si attaccò ai freni per rallentare la discesa, ma questi saltarono con un rumore secco e la mountain bike, a pochi metri dal suolo, riacquistò velocità.
Perfetto: ora il danno era completo. I pedali continuavano a girare a vuoto e i freni si erano rotti!
Lavinia strinse i denti e, vedendo il terreno avvicinarsi sempre più rapidamente, allungò una gamba per attutire la caduta, preparandosi all’impatto.
La bici piombò sullo spiazzo erboso, inclinandosi, e la ragazza tentò in qualche modo, con il piede a terra, di mantenerla in equilibrio; ma schizzarono entrambe come un proiettile verso il colonnato, strisciando per parecchi metri sul terreno tra terriccio e sassi che partivano come schegge impazzite in tutte le direzioni, per poi terminare la corsa in un cespuglio a ridosso del muretto che cingeva i corridoi.
Lavinia, dolorante, ci mise un po’ a riemergere dal cespuglio, cercando di districarsi tra il fogliame e i raggi delle ruote.
Seduta per terra si massaggiò la testa. Tastò il gomito e la gamba che avevano ricevuto i danni maggiori e guardò sconsolata i pantaloni che si erano completamente aperti dal ginocchio in giù. Sentiva sul viso anche qualche fastidioso bruciore qua è là per le leggere escoriazioni che aveva riportato durante la caduta. Si trascinò verso la colonna più vicina e vi si appoggiò con le spalle.
- Accidenti, accidenti e accidenti, che disastro! – sospirò, sconsolata.
Fu allora che, con la coda dell’occhio, si accorse di un paio di stivali neri da cui partivano un paio di pantaloni dello stesso colore, interrotti dall’estremità dei lembi di una lunga giacca nera da dove, più in su, prendeva il via una fila verticale e ordinatissima di bottoncini neri.
Alzando lo sguardo seguì la fila interminabile di bottoncini neri, fino a che non apparve un sottile lembo di camicia bianca affiorante da un colletto nero e poi, sopra il colletto… la faccia impassibile di Severus Piton, su cui era leggermente scolpita un’espressione tra il perplesso e il divertito.
- E’ ancora tutta intera, miss O’Connor? - le si rivolse in tono leggermente ironico, tendendole la mano per aiutarla a rialzarsi.
Lavinia dopo qualche titubanza la afferrò e si rimise in piedi, sentendosi terribilmente in imbarazzo sotto lo sguardo penetrante dell’uomo, fisso su di lei, in attenta valutazione dei danni.
- Sì, sì tutto bene… ergh… sono riuscita comunque ad atterrare bene direi, e ad ammortizzare la caduta. Niente di rotto, non si preoccupi, anzi… ehm… direi tutto ok. Sono abituata a questo genere di inconvenienti, mi è già capitato altre volte e ormai… ehm… so perfettamente cosa fare in questi casi…- sentì il viso avvampare, lentamente ma inesorabilmente, mentre tentava di biascicare qualcosa per giustificare la sua debacle, e non gli riusciva di guardarlo per più di mezzo secondo negli occhi. - L’unica cosa è che dovrò purtroppo far sistemare quella…
“Quella stramaledettissima, stupida, inutile mountain bike che proprio oggi doveva rompersi e proprio qui, ai piedi del mostro doveva sfracellarsi, costringendomi a questa figura immonda!” concluse fra sé la ragazza, furibonda, nonostante il dolore che le stavano provocando le ammaccature.
- Certo, certo. Adesso sono più tranquillo riguardo le sue condizioni, miss O’Connor. E tutto ciò, naturalmente, perché… è sempre meglio avere un sellino sotto le chiappe, piuttosto che uno scomodo manico di scopa, come mi ha saggiamente fatto osservare alcuni giorni fa.
Severus si stava divertendo un mondo a pungolarla con lo stesso sarcastico tono di prima, mentre continuava ancora ad osservarla con attenzione.
- Beh, non succede spesso che quell’aggeggio abbia dei problemi. D’altronde queste sono cose che credo possano capitare anche a chi cavalca la scopa abitualmente, se incappa nella “giornata no”. Ma sono pronta a scommettere che a lei, naturalmente, che rasenta sempre la perfezione in tutto quello che fa, non sia mai successo nulla di simile, né mai potrà capitare. - lo provocò lei, per tutta risposta, e dalle labbra di Severus sparì per un istante l’insopportabile sorrisino divertito.
- Io mi limito a fare ciò che sono sicuro di far bene, e su questo non ha torto: ecco perché in genere mi è estremamente difficile commettere clamorosi errori. – ribadì prontamente il mago, freddandola con uno sguardo polare.
“Presuntuoso.” pensò la ragazza, ma si guardò bene dall’esprimerlo ad alta voce. In quel momento si sarebbe presa a schiaffi per come si stava sentendo piccola e idiota davanti a lui.
- Bando alle sciocchezze… – riprese l’uomo, torreggiando su di lei. – Mi sembra che la cosa più urgente a cui pensare, ora, sia quella di sistemare le sue ammaccature. Mi segua! – le intimò in tono perentorio.
- Dove? – esclamò lei, con un accento preoccupato nella voce che non sfuggì al mago.
- E dove vuole che la porti? Non si preoccupi, non ho intenzione di trascinarla e segregarla nei sotterranei per costringerla a ingurgitare intrugli terribili. La porto in infermeria, dove lei si farà dare un’occhiata da Madama Chips.
- Ma non ne ho bisogno, sto benissimo; ora vado in camera, mi do una sistemata, e poi…
- Ho detto che lei mi seguirà in infermeria, ragazzina testarda e incosciente! - sibilò di scatto lui, interrompendola bruscamente. Il tono, che non ammetteva repliche, era pericolosamente smorzato. Fece un passo, la raggiunse e le agguantò il braccio, strappandole un piccolo gemito di dolore misto a sorpresa.
La donna, un po’ impaurita, sgranò per qualche secondo gli occhi azzurri in quelli scuri e remoti dell’uomo, sentendosi risucchiare all’improvviso dallo sguardo tanto simile a un buco nero.
Poi si liberò dalla stretta e decise di guardare fisso davanti a sé, incontrando a pochi centimetri dal naso la lunga fila di bottoncini che attraversavano verticalmente il petto di Piton. Sentì la solita morsa allo stomaco e temette, per un terribile attimo, di venir meno. Ma resistette eroicamente alla tentazione di accasciarsi.
Dopo qualche istante udì la voce impaziente di Severus (che era in attesa che lei smettesse di concentrarsi sui suoi bottoni) piovere dall’alto, sulla sua testa, come una doccia gelata.
- Allora?
- D’accordo, verrò da Madama Chips. Prima però deve promettermi che qualcuno recupererà la mia bici. – mormorò, continuando a tenere cocciutamente gli occhi fissi sui bottoncini.
- Va bene anche se, dipendesse da me, quell’arnese potrebbe rimanere incastrato lì sotto ad arrugginire; così non correrebbe il rischio di farsi venire un’altra volta la voglia di salirci sopra. – sentenziò, gelido, storcendo la bocca in una piccola smorfia di compatimento, quindi si incamminò verso l’androne.
Lavinia attese che si fosse allontanato di qualche passo, osservando imbronciata le ampie spalle su cui fluttuava il mantello nero; poi, prima di raggiungerlo, non poté trattenersi dal dedicargli una linguaccia, illudendosi così di essersi presa una piccola, segreta rivincita sul mago più insopportabile del pianeta.


*****




Severus Piton lanciò ancora un’occhiata verso il lato opposto della tavolata a cui era seduto, dove Lavinia stava chiacchierando animatamente con Remus, e gesticolava con la forchetta stretta in mano. E intanto che la osservava con discrezione – pensando a quanto fosse buffa, tutto sommato, quella piccola donna - nella sua testa prendevano via via forma una serie di altre considerazioni.
“Chi si assomiglia si piglia. Eccoli lì, come sempre, in intima conversazione: un lupo mannaro senza arte né parte e una giovane strega scervellata con la pretesa di fare l’insegnante di sostegno, quando di sostegno è lei che ne avrebbe più bisogno. Nemmeno buona a stare in sella ad una bicicletta. Che coppia! Dovrebbero sposarsi, dal momento che vanno così d’accordo; sarebbero un abbinamento di squinternati veramente azzeccata.”
Il Potion Master osservò di nuovo, brevemente, la ragazza che, con tutta probabilità, non si era ancora accorta di brandire la forchetta, presa com’era dalla discussione con l’amico. Gli scappò un mezzo sorriso furtivo, che si affrettò a nascondere abbassando il capo sul piatto.
“Chissà che cosa gli sta raccontando? Probabilmente gli sta descrivendo minuziosamente l’accaduto di poco fa, e di come l’antipatico, odioso professor Piton l’abbia trascinata con la forza in infermeria. E il tutto sottolineato da quella sua aria sempre così scostante e truce.”
Ridacchiò tra sé, rimestando con cura la zuppa di legumi bollente che mandava un invitante profumo.
Per fortuna la ragazza non aveva riportato danni troppo gravi, e non c’era nulla di rotto.
Poppy, dunque, si era limitata a passare un unguento medicante sulle varie sbucciature e sulle escoriazioni del volto, e a dedicarle perfino una piccola ramanzina.
Era stato un vero miracolo, anche a sentire l’infermiera, che non si fosse fatta male molto più seriamente; quindi le aveva dato l’autorizzazione per poter scendere in Sala Grande per cena, raccomandandole però di fare parecchia attenzione la prossima volta che avesse deciso di compiere un'altra piccola trasvolata in bicicletta.
Stava ancora mentalmente plaudendo alla Chips, quando il pensiero in atto ad un certo punto prese un altro corso. L’uomo allora si adombrò, sentendo passare la fame.
“Però oggi le hai fatto davvero paura. Glielo hai letto chiaramente negli occhi. L’hai proprio spaventata con il tuo solito modo di fare e il tuo tono intimidatorio; sei solo capace di fare paura alla gente, tu. Avresti potuto aiutarla in mille modi, chiederle scusa di essere stato così aggressivo e spiegarle che lo eri perché in fin dei conti ti sei spaventato anche tu, quando l’hai vista precipitare a quella velocità dal cielo, e ormai pensavi di doverla raccogliere con un cucchiaio… Invece non l’hai fatto. Non l’hai fatto perché il tuo orgoglio smisurato ti ha impedito ancora una volta di comportarti come avresti voluto e dovuto fare in realtà. Come avrebbe fatto chiunque altro al tuo posto. Un altro uomo si sarebbe precipitato a soccorrerla, l’avrebbe aiutata premurosamente a rialzarsi assicurandosi che non ci fosse nulla di rotto e avrebbe cercato di calmarla con parole rassicuranti, vedendola così scossa… Invece, tu… Tu non hai trovato niente di meglio da fare che prenderla in giro per l’accaduto, arrabbiandoti perfino quando non ti ha seguito subito in infermeria. Sembrava un uccellino spaventato, e tu non hai saputo far altro che sgridarla e umiliarla. Avrebbe dovuto esserci Remus, oggi, al tuo posto. Invece c’eri tu, uomo tutto d’un pezzo dall’animo duro e inattaccabile. Tu che non sei mai riuscito nemmeno a farti scalfire dagli sguardi e dalle urla disperate dei condannati a morte dall’Oscuro Signore…”
Concluse l’amaro soliloquio giocherellando con il cibo nel piatto, e avvertì la solita fitta dolorosa alle tempie. Capì che si trattava del consueto inizio di una fastidiosa emicrania.
Gli capitava spesso, ultimamente, tutte le volte che ritornava sugli stessi, cupi pensieri.
Volse per l’ultima volta lo sguardo verso la ragazza, poi decise di terminare alla svelta la cena per ritirarsi presto in camera. Aveva ancora una pila di compiti, assegnati quella mattina per punizione, che lo attendeva sulla scrivania. Perciò era meglio che si sbrigasse.
E dal momento che era in una particolare fase di predisposizione ad auto infliggersi il tormento, si disse che, se non avesse avuto il dannato vizio di appioppare compiti punitivi in continuazione, si sarebbe pure risparmiato l’incombenza frequente e seccante di doverli correggere.
Si alzò dal proprio posto, lasciando la cena a metà, e si diresse con passo fluido e silenzioso verso l’uscita di servizio da cui prediligeva defilarsi, senza rendersi conto di come, alle sue spalle, due occhi azzurri avessero seguito con una certa attenzione le sue ultime mosse.



MERCOLEDI’, 3 OTTOBRE, ore 11:30


Argus Gazza aprì la porta, sbirciò dentro la stanza e vide una piccola folla di studenti, radunata al centro dell’aula, intenta ad osservare con interesse qualcosa.
- Ragazzi che succede? Come mai siete senza insegnante? – chiese, sospettoso, facendo qualche passo all’interno della classe seguito da Mrs. Purr.
- Ehm… no, Gazza, non sono soli: ci sono io! - esclamò una voce femminile proveniente dal nucleo del gruppetto.
- Eccomi qui, è tutto sotto controllo. – lo rassicurò Lavinia, facendosi largo tra gli studenti del sesto anno ai quali stava dando una dimostrazione di Levitazione di alcuni oggetti di peso diverso.
- Che c’è Argus, ha bisogno di qualcosa? – domandò l’insegnante, gentilmente.
- Oh mi scusi professoressa O’Connor, non l’avevo proprio riconosciuta in mezzo ai ragazzi.
- Voglio prenderlo come un complimento. – replicò, sorridendo, la ragazza.
- Volevo solo comunicarle che il professor Piton le ricorda la presenza alla lezione di Pozioni, per il sostegno a Paciock. Inoltre le raccomanda di essere puntuale… – Gazza, sapientemente istruito da Piton, non mancò di sottolineare bene l’ultima parola. - Meglio ancora, in anticipo sull’orario di inizio, se le fosse possibile.
- Sì lo so che la lezione inizia alle 15,00 di questo pomeriggio. – replicò Lavinia, in tono leggermente seccato, sentendosi abbandonare in modo repentino dal buon umore.
Chiuse gli occhi, riuscendo con fatica a trattenersi dallo sbuffare davanti a Gazza e agli studenti.
Aveva trascorso la giornata precedente a immaginare con angoscia quelle maledette prime due ore come insegnante di sostegno, e l’ansia le era aumentata in modo esponenziale con il trascorrere del tempo.
Prima di coricarsi aveva perfino deciso di bere la tisana calmante che le aveva consigliato zia Minerva. Ma quella mattina si era sentita assalire di nuovo dall’agitazione, e il piacere della lezione con il secondo anno di Tassorosso e Corvonero era andato a farsi benedire.
Ora che finalmente era riuscita in qualche modo a distrarsi dal pensiero, Gazza aveva carinamente provveduto a riportarla alla dura realtà.
- Va bene, Argus, riferisca pure al professor Piton che cercherò in ogni modo di essere lì per tempo e aggiunga, comunque, che ricordavo perfettamente l’impegno. Non sono poi così ritardata, anche se lui ne è fermamente convinto! – rispose con una certa irritazione, e Gazza, con una curiosa espressione di diffidenza, uscì dall’aula.
“Merlino, ma perché devo subire questa… punizione divina? Che cosa ho fatto per meritarmi ciò?” Considerò, sconsolata, tornando mestamente ai ragazzi che l’aspettavano al centro dell’aula per terminare la lezione.
Era soddisfatta, trovava che formassero una classe preparata e attenta. Con loro aveva stabilito una buona sintonia, così come con altri studenti, e questo la consolò parzialmente distraendola per un attimo dal pensiero fisso di ciò che l’attendeva quel pomeriggio.
Ma quando la lezione terminò, e si ritrovò a camminare da sola per i corridoi guardando alla giornata grigia e piovosa che si intravedeva al di là del colonnato, il suo umore precipitò di nuovo.
A pranzo sbocconcellò distrattamente solo un po’ di arrosto.
- Preoccupata per qualcosa, Lavinia? - le chiese infine Lupin, cogliendo la sua espressione assente.
- E me lo domandi? Non ricordi che cosa succede oggi?
- Perdonami ma non mi…
- Oggi sono da Piton a sostenere Neville Paciock, e il dramma è che nessuno sosterrà me, cavoli!
- Su Lavinia, non farla tanto drammatica. Che io sappia Severus non ha mai mangiato nessuno fino ad ora... – replicò l’insegnante di DADA, cercando di trattenere il sorriso che gli stava scappando davanti all’espressione comicamente affranta dell’amica. - Vedrai che non avrà voglia di assaggiare nemmeno te. – dichiarò, dandole un pizzicotto sul braccio. - Avanti, non fare la bambina: stai tranquilla e andrà tutto bene.
La giovane lo guardò, riconoscente. Remus sapeva sempre come farla stare meglio.
Riprese in mano la forchetta e si decise a mangiare di gusto le patate al forno che languivano nel piatto.

*****


- Signor Weasley! Quante volte dovrò ripeterti ancora, prima che la tua testa foderata di segatura si decida a prenderne atto, che il fegato di vedova nera deve essere ridotto in polvere prima di andare aggiunto nel pentolone, assieme agli altri ingredienti!
Lavinia sobbalzò - e con lei il resto della classe - all’improvvisa sfuriata di Piton che fino a quel momento si era aggirato silenzioso e tetro tra i paioli colmi di liquido ribollente.
Stava dando le spalle a quanto accadeva fra il malcapitato e il professore, poté quindi permettersi di alzare gli occhi al cielo, cercando di ricacciare il cuore al proprio posto dopo che le era letteralmente schizzato in gola.
Ron Weasley, invece, aveva spalancato gli occhi e la bocca, rimanendo così per parecchi secondi, come pietrificato.
Era dall’inizio della lezione che in aula gravava un’opprimente atmosfera di sottile inquietudine. Lavinia se ne era accorta subito, soprattutto non appena vi aveva fatto ingresso il docente di Pozioni.
Nessuno aveva osato fiatare durante la stesura dell’elenco di ingredienti che l’insegnante aveva scritto alla lavagna, e che sarebbero serviti alla preparazione della Pozione di Invisibilità.
E tantomeno a nessuno era passato per l’anticamera del cervello di farlo, subito dopo che questi aveva ordinato di iniziare il lavoro.
Lavinia notò come gli unici a potersi permettere di aprire bocca per fare qualche commento, senza incorrere in un severo provvedimento, fossero Draco Malfoy e la Parkinson, o comunque chiunque appartenesse alla casa di Serpeverde.
A quanto pare godevano sfacciatamente della predilezione del Potion Master, che si limitava ogni tanto a richiamarli in modo blando. Fatto che, naturalmente, la rese ancor più furiosa e mal disposta nei confronti dell’uomo.
Harry Potter era qualche pentolone più in là e, a parte un breve cenno di saluto e il sorriso che le aveva rivolto poco prima, non si concesse mai di alzare la testa dal proprio lavoro.
A Lavinia sembrò addirittura che Severus, ogni volta che passava vicino al ragazzo, non perdesse occasione per scoccare a lui e al contenuto del suo calderone un’occhiata malevola.
O forse, la sua, era solo un’impressione dettata dal pregiudizio.
Si era posizionata dall’inizio della lezione vicino a Paciock, cercando, nel massimo silenzio, di farsi ancora più piccola e di sparire. Era rimasta in attesa che lui tirasse fuori tutti gli ingredienti occorrenti e li disponesse ordinatamente sul banco ma, parte quello, al ragazzo si leggeva apertamente in faccia che aveva ben poche idee su che cosa avrebbe dovuto farsene di tutta quella roba.
Per questo si era subito rimboccata le maniche e messa al lavoro, rivolgendo a Neville grandi sorrisi di incoraggiamento mentre il poveretto la cercava, con sguardo ansioso, e tentava di seguirla nei movimenti con attenzione.
Giunta a metà della preparazione si permise perfino di pensare a come, tutto sommato, la lezione fosse trascorsa fino a quel momento senza grossi intoppi. Grazie indubbiamente anche a Hermione Granger che, dalla postazione vicina, si era prodigata di nascosto per dar loro una mano.
Lavinia aiutò Paciock a tagliuzzare, sminuzzare, frantumare e polverizzare tutti gli ingredienti che servivano per più di un’ora, mentre Piton, silenzioso come un serpente, era vigile e attentissimo a tutto quello che stava accadendo nell’aula.
China sul tagliere e sul pentolone, per controllare che cosa stesse facendo Paciock, aveva sentito spesso la presenza dell’insegnante alle loro spalle, avvertendo lo spostamento d’aria procurato dal mantello che sfiorava il banco; e ogni volta che capitava, sentiva brividi gelidi scendere lungo la spina dorsale.
Che non avesse ancora espresso nessun commento, circa quello che stavano combinando lei e Paciock, le era però sembrato un buon segno, anche se ciò non bastava a farla sentire completamente tranquilla. Nell’aria la tensione continuava ad essere palpabile in modo insopportabile.
“Che incubo queste due ore, per la miseria. Non si può lavorare così, sfido che Neville fa esplodere i pentoloni!” considerò ad un certo punto, impegnata a pulire velocemente le radici di mandragola. “Se poi penso che questa materia mi ha fatto sempre schifo…”
Continuò a lavorare con frenesia perché si era accorta di come fossero in ritardo rispetto al resto della classe e mancassero solo dieci minuti al termine della lezione; ed era talmente concentrata nei propri pensieri e in quello che stava facendo, che non si accorse di aver abbandonato Paciock a sé stesso per un lasso di tempo un po’ troppo abbondante.
Se ne avvide però Severus Piton che, avvicinatosi veloce come un fulmine, si abbassò sul preparato che bolliva e lo annusò attentamente. Sul viso dell’insegnante si dipinse subito un’espressione che non lasciava presagire nulla di buono e Neville, istintivamente, fece un passo indietro.
- Miss O’Connor, lei, oggi, non avrebbe dovuto essere l’angelo custode del signor Paciock? – al sentirsi chiamata in causa Lavinia trasalì e, colta alla sprovvista, mollò di colpo il bisturi con cui stava riducendo a sottili striscioline le radici.
- Prego, professor Piton? – balbettò, mentre un silenzio innaturale era calato tra i presenti.
- Guardi un po’ qui, miss O’Connor. Lei si è distratta, e il nostro campione ne ha approfittato per compiere l’ennesimo misfatto. – sibilò, in tono basso e pericoloso.
- Non capisco a che cosa si stia riferendo…
- Ah, non capisce, miss O’Connor…- il timbro di voce dell’uomo si era ridotto quasi ad un sussurro, e le stava ricordando molto il soffio sinistro del cobra. - Lo sa che tra le mansioni dell’insegnante di sostegno è prevista anche quella di controllo costante sullo studente in questione, perché questi non si prenda la libertà di iniziative personali?
E detto ciò il Maestro di Pozioni le si avvicinò con incedere flemmatico.
La giovane insegnante di sostegno si sentì avvampare, mentre Paciock non riusciva a staccare gli occhi terrorizzati dal professore.
- Continuo a non capire. Fino a questo momento la preparazione della pozione è stata seguita alla lettera, seguendo l’elenco degli ingredienti e le modalità richieste da lei! – replicò, sostenuta, facendo appello a tutto il suo coraggio.
- E’ grave come lei continui a non capire che, anziché sostituirsi a Paciock nella preparazione della pozione, come ha fatto per tutta la durata della lezione, avrebbe dovuto stargli con il fiato sul collo per controllare cosa stesse combinando nel frattempo. Così avrebbe sicuramente notato come questo campione di ignoranza sia riuscito ancora una volta a renderla inutilizzabile, versandoci dentro del sangue di ramarro anziché dell’estratto di Ortica Gigante del Nepal.
- Oh no, Neville: hai fatto questo? – esclamò Lavinia, incredula, fissando il faccione paonazzo dello studente.
- Ma me l’ha indicato lei, professoressa. Mi ha detto che non appena il liquido nel paiolo fosse diventato arancio brillante avrei dovuto aggiungervi il contenuto rosso dell’ampollina verde…
- Ti ho detto il contenuto verde dell’ampollina rossa, Neville, per la barba di Merlino, e tu hai fatto il contrario! – gemette, sconsolata, iniziando a sospettare che Piton un po’ di ragione ce l’avesse.
Un risolino sommesso provenne dai banchi di Serpeverde mentre il Potion Master si ergeva in tutta la statura. Quindi, con uno sguardo impietoso, annientò le due minuscole creature al suo cospetto.
- Adesso che mi dice, miss O’Connor. Deciderà finalmente di comprendere le mie accuse circa l’incapacità totale di questo inetto o, sentiamo, avrà ancora voglia di giustificarlo?
- Non usi mai più questo tono con me, professor Piton! – ribattè lei con veemenza, stanca di subire.
Severus la incenerì con un’altra occhiata terribile: come osava quella ragazza indisponente rispondergli a quel modo, per di più davanti alla classe?
- Miss O’Connor, prego, vuole farmi la cortesia di uscire dall’aula e attendermi in corridoio? Continueremo questo deprecabile scambio di opinioni fuori di qui. – le intimò, con accento letale. Chiunque altro si sarebbe trasformato in topo tremebondo e sarebbe subito corso a rintanarsi nel primo buco del muro; lei, invece, cercò fieramente di non distogliere il proprio sguardo da quello nero e micidiale del professore mentre indietreggiava per guadagnare l’uscita.
La manovra le riuscì solo in parte, perché, quando si voltò di scatto per coprire in fretta l’ultimo tratto che la separava dalla porta, inciampò rovinosamente in uno sgabello.
Per non cadere tese le braccia avanti e si aggrappò alla prima cosa a portata di mano, cioè il calderone di Calì Patil, che si rovesciò rovinosamente spargendo il proprio viscido contenuto ovunque. Seguì un momento di panico totale.
Il pentolone iniziò a rotolare fragorosamente per la classe colpendo banchi, sgabelli e studenti che, per evitarlo, presero a saltellare freneticamente andando a urtare anche quei banchi già resi invisibili dalla pozione e ciò provocò a catena il rovesciamento di un altro paio di pentoloni. Ben presto fu il caos totale.
Piton cercò di riportare la calma, provando a sovrastare con voce stentorea la confusione che si era creata, ma Lavanda Brown riuscì a urlare più forte di lui quando vide, inorridita, il vuoto che si era creato là dove c’erano state le sue gambe prima di essere colpite da un getto di pozione.
Tavoli, sedie, suppellettili e una sezione sempre più ampia di pavimento scomparvero rapidamente mentre la pozione si allargava a macchia d’olio.
Finalmente il professore riuscì a farsi largo tra gli studenti impazziti, ad afferrare la bacchetta magica posata sulla cattedra e a formulare un Petrificus Parzialis, con cui ottenne di bloccare persone, oggetti e pozione dilagante.
Corse in fondo all’aula, spalancò l’armadio in cui erano custoditi tutti gli antidoti alle pozioni più comuni, afferrò ciò che gli occorreva e si preoccupò per prima cosa di far tornare visibili i banchi, gli sgabelli, il pavimento e la parte inferiore del corpo di Lavanda Brown.
Poi, con un altro fluido tocco di bacchetta, ordinò la ripresa dello scorrere del tempo e delle azioni. Agli studenti ancora un po’ provati dall’accaduto intimò subito di uscire dall’aula: la lezione per quel pomeriggio era più che terminata.
Non appena fu solo nel locale vuoto si guardò attorno con aria desolata.
Si sedette al banco più vicino, afferrandosi la testa fra le mani, e stette così per qualche secondo nel tentativo di capire da che parte avrebbe dovuto iniziare a sistemare l’ennesima devastazione.
Poi, però, come fulminato da un’idea improvvisa rialzò la testa di scatto. Si era ricordato di avere ancora qualcosa in sospeso con la fonte di quel disastro, che pareva essersi volatilizzata.
Ecco, era da lì che avrebbe cominciato: dov’era finita la ragazza?
Si alzò bruscamente e si precipitò verso la porta aprendola con violenza; si scaraventò fuori dall’aula guardando entrambi i lati del corridoio con le mani sui fianchi. Infine la individuò.
Era vicino ad un braciere, illuminata appena dal fuoco che andava spegnendosi.
Stava tenendo le spalle al muro e aveva le braccia serrate sullo stomaco, come a proteggersi; gli occhi che lo fissavano erano divenuti grigio acciaio, brillanti nella penombra dei sotterranei.
Gli parve di notare che stava tremando e, nonostante tentasse di mantenere un’aria bellicosa, sembrava solo un gattino con il pelo ritto, messo all’angolo da un grosso cane, pronto a soffiare e a tirare fuori le unghie per difendersi.
Piton avanzò lentamente, mantenendo le mani sui fianchi; il mantello nero, che dondolava al ritmo dei suoi passi, sembrava la nuvola nera di un temporale. Lavinia si appiattì contro il muro.
“Però, ha del fegato la ragazzina. Avrei scommesso che se la sarebbe data a gambe, approfittando della confusione. Invece si è fermata ad aspettarmi, come le avevo ordinato.” Pensò l’uomo e chissà perché, mentre si avvicinava a lei, si sentì pervadere da una strana sensazione.
Era come se avvertisse sempre più forte il bisogno di proteggerla, e come se quella astrusa percezione si stesse sostituendo in modo inesorabile alla rabbia lo aveva accecato fino a due minuti prima.
Osservandola, minuta, indifesa, schiacciata contro la parete dell’angolo in cui aveva cercato riparo, si accorse con disappunto di come la voglia di metterle le mani attorno al collo per quello che aveva combinato gli fosse quasi passata del tutto.
Ma si rese anche conto che non poteva certo compromettere la propria immagine facendogliela passare liscia.
- Ah, è qui miss O’Connor…- esordì in tono glaciale. Ora poteva toccare la sua paura, e questo gli diede una piacevole sensazione di potere.
- La smetta di chiamarmi miss O’Connor. E soprattutto la smetta di farlo con quel tono. Lei sta riuscendo a farmi odiare anche il mio cognome! Mi chiamo Lavinia, e che le piaccia o meno siamo colleghi. Perciò da ora in poi cerchi di usare il mio nome quando sarà costretto a rivolgersi a me! – lo interruppe, spiazzandolo, con piglio che voleva essere aggressivo. Ma la voce fu spezzata da un singhiozzo e la combattività tradita da due grosse lacrime.
“Adesso mi fa a pezzi, sicuro. Merlino, che idiota che sono, ma perché non riesco a controllarmi? E’ come se mi stesse leggendo tutto quello che mi passa per la testa.”
Lavinia avvertì altre lacrime bruciare negli occhi. Non ricordava di essersi mai sentita così prima d’ora e sentì che stava perdendo ancora una volta il controllo delle emozioni.
Infatti un grosso blocco di granito appoggiato vicino al braciere, nell’angolo opposto, si sollevò per una frazione di secondo, compì mezzo giro su se stesso e andò a sbattere violentemente contro il muro, per poi piombare con fragore a terra, poco distante da loro.
Severus sobbalzò e, sempre più perplesso, fissò preoccupato il grosso pezzo che si era spostato da solo. Lavinia finalmente ritrovò un po’ di forza per reagire; si asciugò le lacrime, abbandonando il proprio rifugio.
- Non si preoccupi, professore. Il blocco non si è spostato da solo, sono stata io a farlo. Mi succede sempre quando sono molto agitata, o arrabbiata. Lo so, dovrò fare qualcosa per risolvere questo problema.
- E credo che lo debba fare anche in fretta prima che questa pericolosa abitudine possa arrecare danno a qualcuno. - commentò Piton, acido, avvicinandosi.
Ora era lì, di fronte a lei, torreggiante, con quello sguardo impossibile da sostenere.
Si limitava a guardarla severamente mentre lei, come una sciocca studentessa del primo anno presa con le mani nel sacco, non sapeva far altro che cincischiarsi stupidamente le maniche del vestito, fissandogli ancora una volta i bottoncini della giacca nera. Era come un copione che si ripeteva.
- Avanti mi dica quello che deve: sto aspettandomi di tutto, dovrebbe saperlo. Che cosa vuole che faccia per riparare completamente al disastro? Vuole che mi prostri davanti a lei da qui all’eternità per chiederle umilmente perdono? – sbottò, all’improvviso, esasperata dal silenzio del mago.
- La smetta di fare l’isterica e di dire sciocchezze, miss O’Co… ergh… Lavinia… – la interruppe, seccamente. - Spero solo che quanto successo oggi sia servito a farle capire come non ci si possa improvvisare insegnanti. Tanto meno insegnanti di sostegno in materie di cui non si possiedono solide basi, competenze e verso le quali non si prova interesse e passione. Non ho intenzione di punirla, dal momento che credo e spero vivamente non sia stato voluto quello che le è riuscito di combinare poco fa, ma penso sia meglio andare subito dal preside a spiegargli il perché può iniziare a cercarsi un altro insegnante di sostegno per Neville Paciock. - concluse con voce calma e profonda.
Lavinia, che stava aspettandosi il peggio, alzò la testa un po’ più sollevata e lo guardò di sottecchi, rilassandosi. Piton aveva ragione, ma non glielo avrebbe mai confessato. Nemmeno sotto tortura.
Continuando a sbirciarlo, mentre quest’ultimo aveva incrociato le braccia al petto, fu costretta ad ammettere che, nonostante il suo pessimo modo di porsi agli altri, quell’uomo ci sapeva fare dannatamente bene come insegnante. E lo aveva dimostrato anche in quel frangente quando, per colpa della sua sbadataggine, si era venuta a creare una situazione davvero difficile da gestire.
Lui però era riuscito a risolverla brillantemente, doveva proprio riconoscerlo.
Lavinia poteva sentire la forza sottile ma indiscutibile che irradiava dalla sua persona, e si sorprese a pensare come questa fosse la prima sensazione gradevole che provava in sua presenza da che era arrivata a Hogwarts.
- Ehm…lo so, l’ho combinata davvero grossa. Però può dire che qualcosa di buono c’è stato. mormorò Lavinia accennando ad un timido sorriso.
Severus la guardò perplesso.
- Sappiamo che i ragazzi sono riusciti ad ultimare una pozione perfettamente funzionante.
Piton alzò il sopracciglio e cercò di contenere un sorrisetto obliquo.
- Le faccio i miei più sinceri complimenti per l’impegno che ha profuso oggi. Credo che la sua impresa riuscirà a rimanere negli annali della scuola, così da poter essere tramandata ai posteri, proprio come lo saranno quelle di Paciock.
- Non è un bel complimento ne deduco. - le scappava da ridere ma decise di trattenersi.
- Decisamente no… Lavinia. – replicò lui, sottolineando volutamente il nome della ragazza. Questa volta gli angoli della bocca si alzarono a disegnare un brevissimo sorriso che gli illuminò il volto.
Lavinia, con somma sorpresa, lo trovò piacevole. Ancora più rinfrancata fissò lo sguardo azzurro e limpido in quello nero e profondo dell’uomo.
- E così, professore, è riuscito a centrare subito il suo obiettivo, quello cioè di liquidarmi dall’incarico dopo la prima lezione. – disse, guardandolo da sotto in su.
- Mi sembra piuttosto che sia stata lei a creare gli abbondanti presupposti che hanno portato a questa inevitabile, triste soluzione. Come le ho già detto è riuscita a battere perfino Paciock in materia di disastri!
- Oh sì, certo, triste soluzione. Immagino quanto sarà afflitto di non poter godere più in futuro della mia presenza, durante le sue ore! – lo rimbeccò, in tono scherzoso. Non riuscì proprio più a reprimere una risata al ricordo di quello che era accaduto pochi minuti prima e, incredibile ma vero, anche il Potion Master si lasciò contagiare da quella piccola esplosione di allegria.
Ridacchiando apertamente, incrociò le mani dietro la schiena e raddrizzò le spalle.
La giovane donna si ricompose.
- Mi scusi, mi scusi tanto, oggi… io… – tentò di giustificarsi.
- Lei è solo una pasticciona, l’avevo capito subito. Non possiede una mente precisa e analitica e non è ordinata come in realtà dovrebbe essere un buon pozionista. Senza contare, poi, come non abbia la minima passione per questa materia.
- E’ vero, non l’ho mai sopportata.
- Per forza. Lei è decisamente creativa, mentre per arrivare ad eccellere in Pozioni c’è bisogno di tanto rigore, di precisione e concentrazione. Non capisco come suo zio, che dovrebbe conoscerla meglio di chiunque altro, abbia potuto pensare che sarebbe stata in grado di svolgere un compito così delicato.
- In realtà io, purtroppo, ho veramente poche doti pratiche e magiche. Io, ecco, sono un po’ disordinata e maldestra in tutto e…
- Non è affatto vero. Io ho semplicemente detto che non possiede quelle necessarie per diventare un bravo pozionista; ma per il resto credo che in lei ci siano tante di quelle capacità inespresse che, una volta messe a frutto, la renderebbero un’ottima strega! – asserì in tono sicuro e convinto. Sembrava calato a perfezione nella parte del professore che vuole spronare l’allievo a credere in sé stesso per migliorarsi e Lavinia stentò a credere alle proprie orecchie: Piton che usava un tono conciliante e le stava dando dei consigli?!
Sospettò di avere davanti un clone del mago, oppure che i fumi scaturiti dalla pozione propagatasi per tutta la classe gli avessero saturato le sinapsi.
Lo guardò incuriosita e lui ricambiò tranquillamente lo sguardo, ma fu solo questione di un attimo perché Severus riacquistò velocemente l’abituale impenetrabilità
- Credo sia stato detto tutto quello che c’era da chiarire riguardo a questa faccenda. Ora, se vuole perdonarmi, io qui sotto ne avrò ancora per un po’. Devo rimettere in sesto un’intera classe. No, non si disturbi, non voglio che si fermi, preferisco fare da solo… – disse, stroncando sul nascere il tentativo della ragazza di offrirsi per aiutarlo. – E’ meglio… molto meglio invece che lei vada a darsi una sistemata prima di cena. – concluse scoccando un’occhiata affilata come la lama di un coltello agli abiti della donna che, dopo quel pomeriggio movimentato, avevano decisamente bisogno di una ripulita.
- Ehm… d’accordo, professore, se proprio non ha bisogno di una mano allora io andrei. E grazie per… per…
- Intende forse dire per la mia… clemenza?- l’uomo terminò la frase in tono beffardo. Poi proseguì, esibendo un sorrisetto obliquo piuttosto irritante. – Oh, non si sforzi con me di essere gentile e complimentosa a tutti i costi. Diciamo piuttosto che oggi le è andata molto bene.
Fece per girarsi, quando sembrò essere colpito da un pensiero improvviso e tornò a rivolgersi alla sua interlocutrice sempre più sorpresa.
- A proposito, già che ci siamo eliminiamo anche un altro piccolo controsenso: prima mi assale perché vuole assolutamente che io mi rivolga a lei chiamandola per nome, e poi si ostina a etichettarmi con il titolo di professore. Beh, le parrà strano, ma anch’io ho un nome di battesimo. Anche se non è il massimo dello splendore è pur sempre il mio nome, perciò la autorizzo a farne uso.
-Va bene, allora… ci vediamo più tardi a cena profes… ehm… Severus. – tentennò lei, voltandogli le spalle per evitare che intercettasse l’espressione sempre più attonita e l’enorme sorriso che stavano lampeggiando sul suo viso.
Infilò in fretta le scale salendole quasi di corsa, e il sorriso rimase stampato sulla sua bocca fino a che non giunse in camera propria.



GIOVEDI’, 4 OTTOBRE, ore 11:30

La lezione era finita; Lavinia raccolse dalla cattedra le pergamene con gli appunti che le erano serviti mentre i ragazzi uscivano, rumoreggiando, dall’aula.
Aveva appena terminato di svolgere la prima ora di lezione con il terzo anno di Corvonero e Grifondoro, mostrando, come primo approccio alla materia, una tecnica di concentrazione abbastanza semplice che avrebbe dovuto permettere loro di iniziare a spostare oggetti molto leggeri da un ripiano all’altro.
Era soddisfatta dei risultati ottenuti: alcuni come, inutile dirlo, Hermione Granger, erano già riusciti a muovere di qualche centimetro anche dei libri. La ragazzina era riuscita perfino a spostare il calamaio dal suo banco a quello accanto.
Neville Paciock invece, nel tentativo di concentrarsi al massimo per riuscire a far almeno rotolare la propria penna d’oca sul banco, era solo riuscito a ribaltare sé stesso dallo sgabello, scatenando l’ilarità dei compagni.
Lavinia aveva fatto estrema fatica a riportare l’ordine in classe, perché anche lei era riuscita a stento a trattenersi dallo scoppiare a ridere.
Stava ancora ripensando a quell’episodio con il sorriso quando, alzato lo sguardo, vide i quattro volti di Harry, Ron, Hermione e Neville che l’avevano attorniata.
Sulle loro facce protese era chiaramente stampata l’espressione di chi deve chiedere qualcosa.
Li guardò, assumendo un’aria disponibile, e Granger esordì con fare puntiglioso.
- Professoressa, siamo un po’ preoccupati di sapere come fosse poi andata a finire ieri pomeriggio con il professor Piton.
- Beh, credetemi ragazzi, molto ma molto meno peggio di quanto mi aspettassi! – rispose lei, ridacchiando.
- Meno male. Credo che un ciclone sarebbe stato meno terribile di quanto era impresso ieri sulla faccia del professor Piton quando vi abbiamo lasciati soli nei Sotterranei. – commentò sollevato Ron.
- Siete stati davvero tutto questo tempo preoccupati per me? Che carini!
- Con Piton non si può mai essere certi della fine a cui si sarà destinati, professoressa. L’unica cosa sicura è che avverrà sempre qualcosa di molto spiacevole. – sentenziò Harry, ricordando le innumerevoli punizioni scontate nei sotterranei.
- Non mi sono mai sentito così in colpa pensando a come, per la mia solita sbadataggine, sia riuscito a metterla nei guai. – balbettò tutto rosso Paciock, scrollando il testone.
- Non preoccuparti Neville, non è poi stata colpa tua. In fin dei conti sono stata io a rovesciare il calderone di Calì Patil e a procurare il danno. Comunque mi dispiace che vi siate impensieriti in questo modo. Vi confiderò, ed è un segreto che non dovrete mai farvi sfuggire, come il professor Piton tutto sommato si sia rivelato molto più conciliante di quanto non voglia sembrare in realtà. – concluse, assumendo scherzosamente un tono cospiratorio.
I quattro ragazzi si guardarono in faccia un po’ incerti: sentir parlare di Piton conciliante era come ammettere di aver visto con i propri occhi Babbo Natale scendere dal camino per depositare i regali sotto l’albero.
- A proposito, Neville, mi dispiace ma non potrò più seguirti come insegnante di sostegno.
- E perché? – sul viso del ragazzo si dipinse una delusione profonda.
- Beh, perché tu possa essere seguito e aiutato al meglio bisognerà trovare un insegnante più adatto allo scopo, con una conoscenza della materia sicuramente più specifica rispetto alla mia. – gli spiegò gentilmente la giovane, allungando una mano a scompigliargli affettuosamente i capelli mentre lui assumeva una tinta che tendeva al violaceo.
- Ma non ti preoccupare. Il preside troverà presto una persona speciale da affiancarti. Diventerai così bravo in pozioni che il professor Piton dovrà rimangiarsi tutto quello che ha detto finora su di te. – concluse Lavinia e i quattro sorrisero soddisfatti a quella prospettiva.
- E ora filate che siete già in ritardo per la prossima lezione!
Harry e i suoi amici si affrettarono a lasciare la classe per raggiungere la serra n°4, sfrecciando davanti a Silente che stazionava sulla porta e stava cercando di attirare l’attenzione di Lavinia già da qualche minuto.
Accortasi finalmente della sua presenza si affrettò a raggiungerlo uscendo con lui dall’aula.
- Ciao zio, devi dirmi qualcosa? – gli chiese dandogli un bacio sulla guancia.
- Ho visto Severus poco fa e mi ha raccontato quanto è successo ieri pomeriggio. – sospirò il vecchio mago, incamminandosi per il corridoio affiancato dalla nipote.
- Ah già, avevo intenzione di parlartene più tardi ma vedo che lui mi ha preceduto; allora ti avrà anche comunicato che c’è bisogno di un altro insegnante di sostegno per Neville.
- Ma, Lavinia, mi spieghi esattamente come hai potuto...
- Oh insomma, zio, io ho provato l’altro giorno a spiegartelo che non ci azzecco assolutamente con quella materia ma tu hai voluto a tutti i costi che accettassi l’incarico e, come hai potuto vedere, il risultato è stato il disastro totale! - lo interruppe, stizzita, guardando imbronciata verso il chiostro da dove si poteva intravedere scrosciare ancora la pioggia.
- Ho il sospetto, bambina mia, che tu non ti sia impegnata affatto in questo compito, perché sei partita troppo prevenuta nei confronti della materia e del suo insegnante. Ecco qual è la vera ragione di quello che hai definito un disastro totale.
- Zio Albus, ti prego, perfino Severus si è accorto che ero la persona meno adatta a un incarico del genere e tu… Tu che dovresti conoscermi bene hai insistito per cacciarmi in una situazione che ieri, ad un certo punto, ha assunto contorni imbarazzanti.
- Va bene, va bene smettiamola di rinfacciarci a vicenda la colpa di quello che è accaduto. Vorrà dire che ci rivolgeremo di nuovo al Ministero per chiedere urgentemente un insegnante di sostegno; questa volta Cornelius Caramell dovrà darsi da fare sul serio per venire incontro alle nostre esigenze.
- Ecco, appunto. E non capisco perché tu non ci abbia pensato prima ad insistere con Caramell! Adesso però ti devo salutare zietto… – Lavinia fece una pausa guardando con affetto Albus.
– Su, dai, non fare quella faccia. Mi spiace tanto per quello che è successo, sai? Ma forse è meglio che sia andata così. Non sarei stata affatto in grado di reggere tutto l’anno a uno stress del genere. Potrai mai perdonarmi? - gli chiese, prendendolo sottobraccio e stampandogli di nuovo un altro bacio sulla guancia. Quando la nipote faceva così, Silente non era più in grado nemmeno di fingere di essere arrabbiato con lei.
- Ma sì, non è successo nulla di irreparabile in fin dei conti. Ah dimenticavo: la tua mountain bike è stata sistemata dagli elfi domestici e ora è fuori dalla stanza che ti aspetta. Mastro Gazza, nel riportartela, l’ha lasciata appoggiata al muro, perché credo ignori l’esistenza del cavalletto.
- Wow, benissimo: grazie, grazie, grazie zio! – esclamò lei, iniziando ad accelerare per raggiungere al più presto la propria stanza.
- Prego. Stai più attenta quando la usi la prossima volta. Cerca di essere prudente…- Silente aveva alzato la voce di due toni per farsi udire. – E non correre per i corridoi!
Fu una raccomandazione inutile perché la ragazza aveva già voltato l’angolo in fondo e non lo sentiva più.


*****



Controllò attentamente la mountain bike. Gli elfi domestici avevano fatto un lavoro davvero ottimo rendendole la bicicletta praticamente nuova. Freni e marce ora sembravano funzionare alla perfezione ed era stata addirittura riverniciata di un magnifico rosso fiammante.
Soddisfatta stava per aprire la porta del suo alloggio quando, con la coda dell’occhio, intravide più avanti nel corridoio qualcosa per terra. Era vicino al muro, seminascosto dal braciere.
Incuriosita si avvicinò all’oggetto e vide che si trattava di un piccolo quaderno con la copertina nera.
Quando lo raccolse, e se lo rigirò tra le mani studiandoselo per qualche secondo, sentì un piccolo tuffo al cuore: quello era il libricino che Severus aveva estratto dalla tasca del mantello qualche sera prima, durante la cena!
Gettò un’occhiata guardinga alle spalle: il corridoio in cui si trovava era fra quelli di minor passaggio e in quel momento era deserto e silenzioso.
Quindi, sicura che la sua manovra non fosse stata scorta da alcuno, con il quadernetto stretto a sé si affrettò ad entrare in camera, seguita dalla mountain bike.
“E’ proprio il libretto con la copertina nera di Severus. Gli deve essere scivolato fuori dalla tasca senza che se ne accorgesse, quando è passato di qui per raggiungere i sotterranei.”
Lavinia, pensierosa, si sedette sul letto con il quaderno tra le mani e fissò la copertina, divorata dalla curiosità.
“So che non dovrei leggerne il contenuto. So che non si fa, ma… un’occasione così quando mi ricapita?” elucubrò, pensando a come quell’opuscolo misterioso avesse attirato la sua attenzione sin dal primo momento. Continuava ad essere convinta che racchiudesse un importante segreto sulla vita di quell’uomo indecifrabile.
- Lavinia, cos’hai di bello in mano? – la voce dello specchio delle brame la sviò all’improvviso dai pensieri.
- Oh, niente di importante, un diario probabilmente perso da qualche studente. – rispose, fingendo noncuranza, e si spostò al di fuori della visuale dello specchio.
“Che faccio? Comunque glielo devo riportare”.

- Lavinia non è carino che tu ficchi il nasino tra le pagine di quel diario che conterrà certamente cose personali. – proseguì la voce suadente di Alan Rickman, proveniente dallo specchio, e la donna alzò gli occhi al cielo.
“Ma dovevo proprio appendermi in camera uno specchio moralista e impiccione?” pensò, contrariata, poi replicò cercando di mantenere un tono indifferente.
- Ehm, ma no che dici, stavo solo cercando di capire a chi potesse appartenere per poterlo riconsegnare al proprietario. Dunque, vediamo…- Sfogliò le prime pagine del libricino.
- Lavinia, quello non è per caso il quadernetto che avevi visto in mano a Piton la settimana scorsa durante la cena? – azzardò di nuovo l’altro. Lei però non lo stava più ascoltando, completamente persa nella lettura delle pagine contenenti appunti scritti con una calligrafia minuta, precisa e regolare.
<< Martedì 23 ore 15:00 Passare da Camilla Brown per prova vestito: credo che le farò aggiungere i bottoni dorati anche sui polsini. Il vestito mi sta molto bene, il colore verde mi dona, come mi ha assicurato anche Camilla…>>
<< martedì 23 ore 17:30 Appuntamento thè con Ethel (fare presto, il bambino mi aspetta a casa ed è solo). >>
Continuando a non capire lesse altre righe.
<< Mercoledì 24…Sono felice! Oggi ho incontrato F. a Diagon Alley, mentre accompagnavo il bambino a comprare i libri che mancano per l’inizio della scuola, la settimana prossima. >>
Il bambino? La scuola?
“Ma…vuoi vedere che?” Lavinia, imperterrita, affondò ulteriormente il naso tra le pagine.
<< Giovedì 25 ore 16:00 Riunione per vendita prodotti di Nonna Acetonella a casa di Sophie (avvertire Ethel). >>
<< giovedì 25 ore 17:00 Passare a ritirare la divisa di scuola pronta per Severus… Non riesco ancora a credere che fra pochi giorni il mio bambino inizierà a frequentare Hogwarts!>>

Lavinia si bloccò con la bocca aperta, in stile Ron Weasley.
- Ma, questo… è il diario appartenuto alla mamma di… – esclamò ad alta voce.
- Prego? – fece lo specchio che moriva di curiosità quanto lei.
- Dicevo che questo è il piccolo diario su cui quotidianamente la madre del professor Piton annotava gli impegni e gli avvenimenti della giornata! – chiarì a voce alta, senza rendersene conto, quella che voleva essere una riflessione.
- Come!? Lavinia! Devi restituirglielo, immediatamente!
- Ehi, lo so, tranquillo, lo farò sicuramente.
- Non capisci che quell’oggetto deve essere un ricordo carissimo, e deve avere per lui un valore inestimabile?
- Sì, credo proprio che sia così. Non so che fine abbia fatto ora la sua mamma, ma l’espressione che gli ho letto in faccia quella sera, mentre teneva tra le mani e guardava questo diario, era eloquente. Ora capisco…- sussurrò Lavinia, intenerita, sentendosi un po’ in colpa perché le sembrava di aver violato il segreto intimo di una persona che, forse, aveva giudicato superficialmente con troppa fretta.
Però si consolò pensando alla perspicacia con cui aveva intuito come, sotto quell’aria perennemente scontrosa, acida e arrogante, Piton nascondesse qualcosa di profondamente diverso.
Adesso ne aveva perfino le prove grazie a quel piccolo tesoro che lui si era ostinato a conservare gelosamente, in ricordo di sua madre.
A quel pensiero si diresse impulsivamente verso la porta, stringendo il quadernetto in mano, decisa a restituirlo senza perdere un minuto di più. Lui a quel punto poteva già essersi accorto di averlo perso ed essere addirittura in preda allo sconforto.
Doveva raggiungere subito i Sotterranei.
Scese spedita le scale e scelse di cercarlo come prima opzione nell’aula di Pozioni ma, sbirciandovi dentro, la trovò deserta.
“Dove potrebbe essere adesso? In sala professori… in biblioteca… in camera?”
Decise di partire dai suoi alloggi, il luogo più vicino a dove si trovava lei in quel momento. La stanza del Potion Master era infatti a una cinquantina di metri dalla classe.
Quando fu di fronte alla porta bussò con delicatezza e scoprì come fosse solo accostata.
Il battente si aprì leggermente, rivelando una parte dell’interno illuminato appena dalla luce tremolante di alcune candele.
- E’ permesso? C’è nessuno? Severus, sono Lavinia…
Non ottenendo risposta decise di entrare lo stesso. Un po’ titubante spinse la porta.
Fece qualche passo verso l’interno della stanza e si guardò attorno. Nell’ambiente si avvertiva un vago profumo di incenso. Osservò come l’arredamento fosse molto sobrio, seppur di valore.
Proprio di fronte a lei troneggiava una larga scrivania di legno scuro e massiccio su cui giacevano scrupolosamente impilate alcune pergamene e un paio di calamai con tre penne d’oca ritte nel loro porta-penne. Sulla sinistra invece un capiente armadio, anch’esso di legno scuro e finemente decorato, occupava quasi tutta la parete.
Una cassapanca splendidamente intarsiata, un letto a baldacchino dall’aria comoda e un paio di sedie dall’alto schienale completavano l’arredamento. Per terra un grande tappeto antico e semi consunto copriva metà del pavimento, partendo da sotto la scrivania.
Ma ciò che colpì maggiormente Lavinia furono il numero impressionante di scaffali traboccanti di libri disposti con cura quasi maniacale e l’ordine che regnava nella stanza. Non c’era oggetto che non fosse al suo posto. Tutto era sistemato con una precisione che per lei rasentava la follia.
Si avvicinò alla libreria e lesse interessata alcuni dei titoli sulla costa dei libri che trattavano dei più svariati argomenti. Dall’Aritmanzia alla Erbe Magiche usate dai Celti, dall’Astrologia Medioevale alla Magia Bianca, dalle Arti Oscure ai Trattati di Incantesimi di Medicina preventiva e infine perfino saggi di Parapsicologia.
Si domandò se lui avesse avuto modo di leggerli tutti e non poté fare a meno di pensare a come quell’ambiente parlasse di un uomo molto puntiglioso, preciso, ma anche di buon gusto, di grande cultura e intelligenza.
Improvvisamente un rumore alle spalle la fece sobbalzare.
Si girò di scatto, con il cuore in gola.
- Bene, bene, Lavinia, che sorpresa. Ha per caso bisogno di me?
- Mi scusi se mi sono permessa di entrare nella sua stanza, ma… Ma la porta era aperta quando ho bussato e… ehm… lei non c’era, così…- farfugliò la ragazza, sentendosi come di consueto regredire al solito stadio di bambina scema colta con le mani sul barattolo della marmellata.
Piton era immobile sulla porta con le mani incrociate davanti al petto, in una posa che gli era abituale. La stava guardando freddamente con il sopracciglio inarcato e il capo inclinato leggermente di lato.
- Ero in aula. Se solo fosse venuta prima a cercarmi lì. – sussurrò, sillabando lentamente le parole.
- Ehm… Oh… m-m-ma io sono passata prima dalla classe e ho guardato dentro e… ecco, ma che strano… io… insomma, non c’era nessuno, quindi…
- E quindi ero in fondo alla classe. Stavo cercando degli antidoti nell’armadio a muro. Se lei avesse dato un’occhiata meno superficiale si sarebbe accorta che le ante dell’armadio erano aperte, avrebbe intravisto i miei piedi che spuntavano, da sotto, pertanto avrebbe dedotto che dietro ci stavo io. O sbaglio? – continuò il mago con accento sardonico, avanzando verso di lei in modo inquietante.
Lavinia sentì l’abituale morsa allo stomaco e tutti i buoni propositi andarono in frantumi.
Pochi minuti prima stava pensando che avrebbe voluto complimentarsi con lui per la splendida biblioteca, magari chiedendogli consiglio su testi particolari, per poi provare ad azzardarsi perfino a prenderlo in giro riguardo la sua mania per l’ordine così opposta alla propria vocazione per il disordine. Insomma avrebbe voluto conversare ancora un po’ con lui, in tutta tranquillità.
Ma ora lo percepiva nuovamente lontano, chiuso, diffidente, e aveva la stessa aria gelida di sempre dipinta sul volto. Aveva rialzato il solito muro di freddezza che usava per tenerla a debita distanza.
- Beh, ero venuta a cercarla solo per restituirle questo. – mormorò, scoraggiata, e gli tese il quadernetto facendo l’atto di avviarsi alla porta.
- Dove l’ha trovato? E come fa a sapere che è mio?
Il mago le bloccò il passaggio, trapassandola con uno sguardo di fuoco.
- Ecco, io…
- Ha letto quello che c’è scritto all’interno, naturalmente. Certo, una persona che si permette di ficcare il naso nelle camere altrui non può che trovare normalissimo andare a ficcarlo anche nel contenuto di un’agenda privata. – sibilò il professore, contenendo a stento la rabbia.
- Io non ho ficcato il naso proprio in niente che… - scattò Lavinia, turbata dalla sua reazione.
- In niente che? Ora lei mi dice che cosa ha letto di questo diario. – ringhiò, continuando ad avanzare con il quadernetto dalla copertina nera teso davanti a sé.
Lavinia ne ebbe paura, tanto che indietreggiò rapidamente fino a che non trovò la scrivania a impedirle l’ulteriore ripiegamento.
- Ho letto solo le prime pagine, giusto per poter risalire al proprietario. Così ho intuito come il diario appartenesse a sua madre. Ma non ho proseguito oltre, lo giuro. Mi dispiace, non era di sicuro mia intenzione curiosare nelle sue faccende private o, peggio ancora, offenderla! - balbettò, guardandolo spaventata.
Solo allora l’uomo si rese conto di averla impaurita, ancora una volta; ma ciò che continuava a non sopportare era l’idea che quell’unico ricordo di sua madre fosse finito fra le mani di un’estranea, per giunta incapace di realizzare il valore affettivo che aveva per lui.
Era come se quella ragazzina viziata avesse tentato di violare la sua intimità, intrufolandosi allegramente nel suo privato per prendersi, con il fare disinvolto e superficiale che la caratterizzava, un pezzo troppo importante e delicato della sua vita.
- Credo di intuire quello che ha considerato poco fa… – riprese lei, inaspettatamente, catturando la sua attenzione. – Lei pensa che io non sia abbastanza sensibile da poter capire quale valore abbia quell’oggetto. Ma io non sono la persona che crede, superficiale e disattenta a quello che mi succede attorno e agli altri.
Piton la osservò con attenzione, socchiudendo gli occhi: stavolta sembrava fosse stata lei a leggergli nel pensiero.
- Io ho capito subito cosa significasse per lei quel piccolo quaderno…- Ora si sentiva più sicura di quanto stava dicendo. – Perciò non mi sono assolutamente permessa di continuare a leggerne il contenuto. Temevo solo che, una volta accortosi di non averlo più con sè, avesse potuto sentirsi perso, quindi mi sono affrettata a riportarglielo; ma se vuole continuare a pensare che io sia entrata qui dentro con l’intenzione di spiare tra le sue cose, faccia pure. Il problema è suo. E adesso, se permette, vorrei andarmene. – concluse senza staccare i suoi occhi divenuti color ghiaccio da quelli di ossidiana. Quindi gli passò davanti con tutta la dignità che era riuscita a rimettere insieme e si diresse alla porta.
- Lavinia.
La ragazza si voltò. Sul volto dell’insegnante di Pozioni era disegnata un’espressione perfettamente indecifrabile e aveva lo sguardo corrucciato.
- Mi spiace, ma io non posso essere diverso da come sono. – disse, scandendo lentamente le parole.
- Che cosa significa, scusi? E perché si ostina a trattare le persone come se tutto il mondo ce l’avesse con lei? Perché ha voluto leggere dietro ad un semplice gesto di cortesia un’intenzione cattiva? Che cosa le ho fatto? Che cosa le hanno fatto tutti?
Si interruppe per dare modo al nodo che stava salendole in gola di allentarsi e al cuore di rallentare i battiti; ma lui non ne approfittò per intervenire, anzi, seguitò a scrutarla senza muovere un muscolo. Così che lei si sentì autorizzata a proseguire.
- Guardi, è a me che spiace molto per lei, dal momento che si ostina a trascorrere l’esistenza come se fosse in lotta perenne contro l'intero pianeta. Sa che cosa le dico? Auguri, e mi avverta quando si sarà stancato di vivere in questo modo!
Il mago continuò a rimanere immobile, la bocca serrata in una linea sottile, sul volto nessuna emozione. Lavinia allora uscì velocemente dalla stanza, prima che lacrime di rabbia iniziassero a scorrere sulle guance.
 
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view post Posted on 22/8/2017, 08:54
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DOMENICA, 7 OTTOBRE, ore 16:00

Dopo ciò che era avvenuto il pomeriggio di tre giorni prima, Lavinia decise di evitare accuratamente ogni possibilità di incontrare Piton.
Non aveva nessuna voglia di dover subire ancora il suo sguardo sostenuto e la sua indifferenza.
A cena e a pranzo si era trattenuta stoicamente dal dirigere lo sguardo verso la sua parte anche solo di sfuggita; durante il giorno invece percorreva prevalentemente i corridoi dove era certa di non correre il rischio di incrociarlo, a costo di raddoppiare le distanze.
Nonostante tutte le precauzioni, però, le capitò lo stesso di imbattersi in lui, casualmente, un paio di volte. La prima in sala professori, la seconda sulla soglia della Sala Grande mentre giungevano contemporaneamente per cena.
In entrambi i casi si erano limitati a salutarsi con un breve cenno di capo, per poi continuare a ignorarsi completamente.
Infine dovette ammettere come la cosa le stesse dando un fastidio assurdo.
Nemmeno lei riusciva a capire quale motivo la spingesse a rimuginare di continuo sull’atteggiamento avverso che Severus le aveva riservato di nuovo.
In più la innervosiva il fatto che, a parte durante le ore di lezione in cui si imponeva di mantenere un atteggiamento rilassato con i ragazzi, quegli stessi pensieri tornassero insistentemente a frullare nel cervello come corvi neri, mettendola suo malgrado di cattivo umore.
In definitiva erano tre giorni che, senza quasi rendersene conto, si aggirava immusonita per il castello.
Ovviamente in molti si erano accorti del cambio di registro del suo umore, primo fra tutti lo Specchio, che aveva iniziato ad assillarla per cercare di capire quale fosse il problema che la tormentava.
Dal momento che non aveva proprio voglia di dare spiegazioni a nessuno - tanto meno a una superficie riflettente appesa al muro - decise di trascorrere il pomeriggio lontana dal castello, seduta sulla panchina che stava di fronte al campo da Quidditch, con la sola compagnia di un libro e di un albero secolare.
Ma la pace durò poco, perché avvertì il sopraggiungere di qualcuno alle spalle.
La ragazza posò il libro e si voltò, leggermente infastidita, per poi rilassarsi alla vista del professor Lupin che stava avvicinandosi con calma alla panchina. Remus era sicuramente la seconda persona in ordine di tempo ad aver intuito che c’era qualcosa che non andava, e Lavinia capì come la sua comparsa non fosse del tutto casuale.
- Ciao vecchio mio, qual buon vento? - sospirò, rassegnata a dover affrontare un terzo grado.
- Oh, nulla di particolare. Ero solo soletto nella mia stanza e mi sono domandato dove ti fossi cacciata in questa giornata umida e uggiosa. Mi ero scocciato di correggere compiti e così ti ho cercata per tutta la scuola perché avevo voglia di fare quattro chiacchiere. E a furia di cercarti ti ho trovata. - chiarì il giovane, sedendosi accanto a lei.
- Io invece avevo voglia di leggermi in santa pace un buon libro e di respirare un po’ d’aria fresca. Anch’io oggi non sopportavo di stare rinchiusa, così… Dimmi se questo non è un posto perfetto per stare un po’ tranquilli. – sospirò lei, stiracchiandosi pigramente.
- Se però vi disturbo perché volete stare un po’ da sola, non avete che da dirlo, milady…
- Oh no affatto milord, voi non disturbate mai… al contrario di qualcuno… – replicò la donna, senza riuscire ad impedirsi di aggiungere quella piccola postilla.
- Ecco, appunto. Vuoi raccontarmi chi o che cosa ti ha disturbato da tre giorni a questa parte, o preferisci continuare per l’eternità a vagare per i corridoi del castello con quell’aria tetra che tanto ti fa assomigliare al nostro Maestro di Pozioni?
- Ma proprio lui dovevi menzionare?
- Intendi dire Severus?
- Sì, mio caro, giusto quell’incrocio fra un iceberg e un orso selvatico…
- Uhm, sì… è lui, decisamente: direi proprio che la descrizione corrisponde. Ma allora la cosa è davvero grave. – ironizzò l’amico, scompigliandole i capelli.
- C’è poco da scherzare, anzi, se sei venuto qui per sfottere puoi cambiare aria! – sbottò acida, facendo l’atto di spingerlo via dalla panchina. – Avanti professor Lupin, lo so che muori dalla voglia di saperne di più, e questo perché sei un rompiscatole curioso anche tu, tale e quale a quello specchio impiccione che mi ritrovo in camera. Dovrò sostituirlo prima o poi con uno in stile “maggiordomo inglese”.
- Bè, allora, ti va di parlarne almeno con me?
Lavinia, dapprima titubante, si decise infine a raccontare all’amico tutto quello che era accaduto tra lei e Piton qualche giorno prima. E quando giunse al termine dello sfogo dovette ammettere di sentirsi meglio.
- Sai una cosa? Mi stupisce il fatto che tu non abbia ancora imparato a conoscere Severus anche solo un minimo, nonostante quel paio di…ehm… scambi di opinione, se così vogliamo chiamarli, che hai avuto con lui.
- Ma secondo te come potrei cercare di capire e conoscere una persona che si limita a rivolgersi a me con frasi scortesi, atteggiamenti arroganti e occhiate inceneritrici? O meglio, che idea potrei farmi di uno così? Di certo non positiva!
- Hai ragione: Severus non è una persona facile…
- Diciamo pure che è una persona impossibile!
- Dicevo… che non sia una persona facile con cui relazionarsi è lampante e sotto gli occhi di tutti. Ma fermarsi a considerare di lui solo l’apparenza è sbagliato, te l’assicuro.
- Senti, sono io che ti assicuro di aver cercato di andare anche oltre l’apparenza. Ma è stato tutto inutile, e il mio giudizio rimane inappellabile: quell’uomo è im-pos-si-bi-le, e credo sia umanamente impossibile riuscire ad andare d’accordo con lui, anche con tutta la buona volontà.
- Buona volontà che forse non hai messo pienamente a frutto. Ma poi, allora, dimmi perché la cosa ti dà così fastidio se sei convinta sia talmente impossibile riuscire ad andare d’accordo con lui.
Lavinia guardò l’amico nei profondi occhi grigi e scosse la testa tristemente.
- Ecco una domanda a cui non so rispondere. Ti confesso che il motivo non lo so nemmeno io. Ed è questo che mi fa andare in bestia, cioè il fatto che io debba sentirmi così fuori fase ogni volta che avviene una discussione fra noi. Ti giuro che giovedì, quando mi sono trovata in camera sua, avrei voluto scambiare di nuovo qualche parola con lui; ho ripensato a come fosse stato piacevole l’averlo potuto fare il giorno prima, in modo disteso e simpatico, e ho provato il desiderio di replicare quegli istanti. Ma lui me lo ha impedito con una violenza tale da farmi star male. Il suo rifiuto mi ha ferito profondamente, accidenti, e non so perché… - concluse, appoggiando la testa sulla spalla dell’amico.
Remus non disse nulla, limitandosi a passarle un braccio attorno alle spalle e ad accarezzarle dolcemente i capelli.
Stettero così per un po’, godendo della pace e del silenzio interrotto solo dal delizioso cinguettio degli uccellini.
Poi, dal momento che l’aria iniziava a rinfrescarsi, l’uomo si riscosse.
- Ci conviene rientrare, che ne dici? Io devo ancora terminare di correggere qualche compito e preparare le lezioni. Domani ho il terzo anno di Grifondoro e Serpeverde e volevo iniziare a spiegare loro qualcosa sui Mollicci.
- Oh, interessante! Io invece ho quelli del quinto anno di Corvonero e Tassorosso che non hanno ancora capito come rimettere a terra gli oggetti più fragili senza romperli. Domani sarà dura e, soprattutto, ho paura che Gazza avrà da spazzare via ancora parecchi cocci.
Lupin ridacchiando si rimise in piedi e offrì la mano all’amica per aiutarla a rialzarsi. Quindi, chiacchierando tranquillamente, i due insegnanti ripresero la strada per tornare al castello.

*****




Stette a guardarli per diversi minuti.
Lei aveva la testa appoggiata sulla spalla di lui, che gli accarezzava i capelli.
Li osservava e non capiva il perché quella scenetta romantica e melensa stesse procurandogli un fastidioso senso di irritazione.
Ma, allora, se li trovava così seccanti perché insisteva nel rimanere lì, in piedi, a fissarli come un palo piantato in mezzo al prato?
Quel pomeriggio umido e grigio di domenica aveva deciso di trascorrerlo come al solito chiuso nei sotterranei a sistemare alcune cose, approfittandone per scrivere anche un paio di pergamene di appunti per la lezione del giorno dopo.
Poi, sentendo di doversi sgranchire un po’, si era deciso ad uscire per fare due passi nel parco.
Camminare gli piaceva: lo aiutava a pensare. Quando camminava il suo cervello lavorava ad un ritmo ancora più serrato e non importava la direzione che seguivano sia le gambe che la testa. L’importante era che i pensieri pian piano prendessero il loro corso e trovassero la via di uscita per i problemi che elaborava di volta in volta.
In quel caso i suoi passi lo avevano portato diritto fino al campo di Quidditch.
Si soffermò ad ammirarne la struttura e gli tornarono in mente le antiche, mirabolanti sfide tra Serpeverde e Grifondoro.
Ripensò a quando lui era lassù che volteggiava sul suo manico di scopa, tra i migliori della propria squadra. Era allora che, finalmente, ritrovava sé stesso, la sua autostima e sentiva di essere anche lui davvero speciale perché sugli spalti c’era della folla a tifare per lui, a farlo sentire grande, forte e invincibile.
Si incamminò, ancora perso nei ricordi, verso la collinetta che stava alle spalle del campo ma si bloccò vedendo da lontano che sulla panchina, situata accanto al vecchio albero secolare, erano sedute due persone.
Le riconobbe all’istante: la ragazza invadente e il suo amico Lupo Mannaro!
Pensò ad un rapido dietro front per evitare il rischio che uno dei due potesse scorgerlo da lontano e magari avere la malaugurata idea di invitarlo ad unirsi alle loro stupide chiacchiere.
Cosa che sarebbe stata comunque molto improbabile, dato il rapporto che ormai si era instaurato tra lui e la nipotina di Silente.
Stava per allontanarsi quando ad un tratto la scorse piegare la testa per accoccolarsi sulla spalla di Lupin, e si bloccò a fissare la scena senza capirne il reale motivo.
I due rimasero così per almeno dieci minuti, e lui ad osservarli con addosso una strana sensazione impossibile da classificare, uno sgradevole miscuglio fatto di stizza, sdegno e disagio.
“Disgustosi!”
Fu la parola che prese a lampeggiargli in testa. Per quale motivo poi, non riusciva a capirlo.
Non aveva forse considerato, proprio alcuni giorni prima osservandoli a tavola, che sarebbero stati una coppia davvero indovinata? A quanto pare gli avevano letto nel pensiero e stavano meditando seriamente di far evolvere il loro rapporto di amicizia in qualcosa di più serio.
“Scommetto che adesso si baceranno… per tutti i Gargoyle, che scena stucchevole!”
E il nervosismo accrebbe, fomentato ancor più dal fatto che si rendeva perfettamente conto di stare facendo la figura dell’idiota, fisso lì in piedi come un guardone.
Per un folle attimo fu quasi tentato di arrivare silenziosamente alle loro spalle per coglierli in flagrante, così come faceva di solito con le coppie di ragazzini che si infrattavano tra i cespugli della scuola per baciarsi di nascosto. Ma i ragazzini erano giustificati dall’età, mentre quei due…
Poi per fortuna tornò in sé e rinunciò all’insano proposito, anche perché Remus e Lavinia non si baciarono, ma si alzarono all’improvviso dalla panchina costringendolo a una precipitosa ritirata per evitare che si accorgessero di lui intento a spiarli.
Ripercorse a lunghe falcate il tragitto fino al castello, rientrando molto prima dei due colleghi, e si rintanò in camera.
Si sedette alla scrivania stringendosi addosso il mantello con fare stizzito ed espressione imbronciata. La sottile linea verticale in mezzo agli occhi si accentuò pericolosamente mentre si mordicchiava l’interno del labbro e ripensava alle parole che gli aveva rivolto Lavinia il giovedì appena trascorso, proprio in quella stanza:
“Perché si ostina a trattare le persone come se tutto il mondo ce l’avesse con lei? Perché deve leggere dietro ad un semplice gesto di cortesia un’intenzione cattiva?... Severus Piton contro l’intero pianeta... Mi avverta quando se ne sarà stancato!”
Possibile che quella piccola piantagrane riuscisse sempre a costringerlo a riflettere, trovando il coraggio di sbattergli in faccia cose che mai nessuno fino a quel momento si era mai permesso di dire?
Allungò le mani sulla scrivania e incrociò le lunghe dita, lasciando vagare lo sguardo su un punto lontano; si sentì infinitamente stanco, proprio come se avesse davvero combattuto contro l’intero pianeta.



MARTEDI’, 9 OTTOBRE, ore 10:00


Lavinia sorrise e fece circolare lo sguardo luminoso sui volti degli studenti.
- Bene, ragazzi, che cosa ne pensate del risultato che abbiamo raggiunto oggi? – si rivolse amabilmente alla classe.
Il quarto anno di Grifondoro e Tassorosso proruppe in un applauso che sottolineò a pieno la soddisfazione di essere riusciti a far levitare e galleggiare in aria, per ben più di cinque minuti, il sussidiario di Magia Pratica.
Il libro non pesava molto ma l’obiettivo che si erano prefissati quel giorno era stato centrato e superato brillantemente, anche se dopo vari tentativi.
Molti di loro confessarono di percepire un fastidioso cerchio alla testa.
La giovane insegnante annuì, accingendosi a spiegarne il motivo.
- Beh, le prime volte può succedere. Lo sforzo a cui avete sottoposto la vostra mente oggi per sollevare il sussidiario è stato abbastanza rilevante, ma non vi preoccupate: è solo questione di allenamento e, poco per volta, l’esercizio vi riuscirà in modo naturale. Vedrete così che gli oggetti si muoveranno spontaneamente, senza problemi e, soprattutto, senza procurarvi alcun mal di testa!
- Professoressa quanto tempo ci metteremo per riuscire a sollevare qualcosa di molto più pesante, come ad esempio la cattedra o anche solo un banco?
- Ehi, quanta fretta! Non dobbiamo precorrere assolutamente i tempi. Vedete ragazzi, l’arte della levitazione mentale è talmente particolare, difficile e delicata da affrontare che la fretta di imparare a usare la nostra mente può far incorrere nel rischio di procurarci danni fisici seri, a volte anche permanenti. Per cui andateci piano con gli esercizi e, quando doveste appunto avvertire un cerchio alla testa, interpretatelo come il segnale che è arrivato il momento di sospendere la pratica, perché la vostra mente è stanca e vi chiede di farlo. – continuò, passeggiando tra i banchi.
- Professoressa ha sentito della lezione di Difesa Contro le Arti Oscure che ha tenuto ieri il professor Lupin con il terzo anno di Grifondoro e Serpeverde? - chiese, cambiando improvvisamente argomento, qualcuno tra gli studenti.
Lavinia, un po’ sorpresa ma anche incuriosita, fissò il ragazzotto robusto con i capelli biondi che le aveva appena rivolto la domanda e scosse la testa, riprendendo a percorrere il corridoio tra i banchi.
- A che cosa si riferisce, signor Cauldwell? Alla lezione sui Mollicci? – precisò, giunta in fondo alla classe, quindi si voltò per ripercorrere il tragitto inverso, con gli occhi degli studenti puntati su di lei in attesa di una reazione.
- Già, professoressa. Le hanno raccontato che cosa è uscito dall’armadio, durante l’esercitazione di Paciock, e in che cosa si è trasformato? – intervenne Sybil Stubley di Tassorosso, nascondendo con la mano il risolino che le era affiorato sulle labbra.
- Sì, qualcosa ho sentito. Pare che non si parli d’altro a scuola. – ammise, cercando di mantenere ancora un contegno. Ma allo stesso tempo capì di essere sull’orlo di una risata incontrollabile, al solo immaginare il Molliccio con le sembianze del professor Piton che si trasformava nella nonna di Neville. Perciò, incapace di trattenersi oltre, decise poco saggiamente di esprimere il proprio parere alla scolaresca che non aspettava altro.
- Vi confesso ragazzi che avrei voluto essere nell’aula di Difesa Contro le Arti Oscure, ieri, per constatare con i miei occhi quanto abbia potuto donare il look di Augusta Paciock al professor Piton. – commentò, e non riuscì più a contenere uno sghignazzo assai poco professionale; nel medesimo istante accadde qualcosa di imprevisto e letale.
- Può sempre constatarmi adesso…
Una voce gelida e terribilmente familiare rimbombò cupa in fondo alla classe, inchiodando Lavinia sul posto.
- Peccato però che oggi non sia in grado di deliziarla con un altro simpatico e divertente travestimento, dal momento che ho ripreso le mie solite banali sembianze.
Lavinia riuscì a ruotare a malapena su sé stessa, semi paralizzata dall’orrore: da quanto tempo era lì nascosto nella stramaledetta penombra che gravitava vicino all’ingresso, senza che lei se ne accorgesse?
Il Potion Master emerse spaventoso dall’oscurità, avanzando verso di lei con lentezza inesorabile.
“Ma perché quest’uomo non si muove come tutte le persone normali, producendo rumore?” pensò, sconsolata, mentre tutti gli occhi dei presenti erano puntati su di loro e nessuno osava respirare.
Lo fissò allibita, ragionando freneticamente su una giustificazione plausibile da potergli offrire, ma davanti all’inquietante apparizione paludata di nero da cui trapelava distintamente una sorta di furore contenuto, nella sua testa prese forma solo il vuoto cosmico.
- Ma no professore, che dice, noi… ehm… cioè, io… stavamo… ecco, volevamo… i ragazzi mi stavano…- iniziò a balbettare in modo sconnesso, conscia del fatto che non sarebbe stata così spacciata nemmeno davanti a un gruppo di folletti inferociti.
- Non c’è bisogno che aggiunga altro, professoressa O’Connor. Ero venuto a controllare che cosa stesse succedendo qui dentro, attirato dalla confusione culminata in un applauso che avevo sentito provenire dall’aula. Ma ora che ho appurato che tutto ciò fa solo parte delle lezioni da lei svolte con metodo alquanto discutibile, la lascio proseguire con il resoconto che stava facendo su ciò che è accaduto ieri durante la lezione del professor Lupin… - Si voltò di scatto facendo roteare il mantello e si diresse deciso verso la porta da cui era entrato, accompagnato solo da un leggerissimo brusio.
Prima di uscire, però, si girò di nuovo dedicando un ultimo, gelido sguardo alla collega. – Sia ben chiaro che, comunque, questa faccenda non finisce qui!
Solo allora Lavinia riemerse dallo stato di trance, decidendo in qualche modo di cercare una soluzione alla colossale gaffe.
- Non muovetevi, torno subito, la lezione non è ancora finita! – ebbe appena il tempo di dire ai ragazzi che la videro gettarsi rapidamente per il corridoio all’inseguimento di Piton.
Cercò di annullare di corsa il distacco tra lei e l’uomo che percorreva irritato a lunghi passi l’androne, evitando gli studenti che lo stavano affollando.
- Severus… ehm… mi scusi, professor Piton, aspetti, non è così come crede. Io non stavo… cioè non pensavo… - ansimò, una volta che l’ebbe raggiunto.
- Ho capito benissimo: non pensava che fossi lì ad ascoltare. Peccato, le è andata male anche stavolta!
- Ma no, voglio dire… beh, certo, si stava parlando di quello che è successo ieri ma non era mia intenzione prendermi gioco di lei. - provò a giustificarsi sempre con il fiatone causato dallo sforzo di tenergli il passo.
- Sa una cosa? Lei è sempre piena di buone intenzioni: non era mia intenzione entrare in camera sua… non era mia intenzione offenderla… non era mia intenzione prenderla in giro. Peccato però che i fatti sembrino proprio dimostrare ancora una volta il contrario!
- Ma è la verità, mi creda… – implorò, andando quasi a sbattere contro due ragazze del secondo anno che Piton aveva scartato all’ultimo momento. – Oh, ma è possibile che io e lei non si riesca mai ad avere uno scambio di battute civile? – gemette, alzando gli occhi al cielo.
- Evidentemente è qualcosa a cui non teniamo in modo particolare. – ribatté lui, seccamente.
- Evidentemente non ci siamo ancora impegnati per provare a farlo davvero! - replicò lei con foga quando, con la coda dell’occhio, vide con sgomento che Paciock stava correndo verso di loro, chiaramente intenzionato a fermarla. Il ragazzino proveniva da uno dei corridoi adiacenti a quello che stavano percorrendo e sventolava una pergamena al suo indirizzo.
- Professoressa! Professoressa Lavinia! Ha due minuti? Le dovrei parlare di quel…
- Non ora Neville, non ora…- gli rispose alzando la voce e senza rallentare per cercare di mantenere il passo di carica del Potion Master, che, all’improvviso, si fermò bruscamente e la squadrò dall’alto con cipiglio infastidito e mani appoggiate sui fianchi.
- Apra bene le orecchie e ricordi quanto le sto per dire: finora ho vissuto perfettamente senza ciò che lei definisce “scambio di battute civili”, quindi credo proprio che sarò in grado di sopravvivere ancora a lungo e in tutta serenità a questa mancanza.
- Mi spiace ma non accetto questo tipo di atteggiamento disfattista da parte sua. – rispose con ostinazione Lavinia, maledicendosi nello stesso istante per il modo stupido con cui stava cercando di recuperare la situazione
- Oh, al diavolo, è inutile cercare di farla ragionare. Mi lasci in pace e torni alla classe che ha lasciato incustodita. Non mi sembrano questi né il momento né il luogo adatti per discutere dei nostri rapporti interpersonali; anzi, se proprio vuole che glielo dica, non perda tempo a cercarne altri, perché le assicuro che non ce ne saranno!
Detto questo Piton girò sui tacchi e andò verso la porta in fondo al corridoio, la aprì con violenza, oltrepassandola, e la richiuse sbattendola in malo modo.
Lavinia sobbalzò, nonostante si aspettasse il tonfo della porta dietro cui era sparito, e fissò il battente per qualche secondo con aria depressa. Adesso poteva proprio affermare di essersi malamente e definitivamente giocata tutte le carte per sperare in una qualsiasi possibilità di armistizio.
Sospirò pensando a come quel mostro, tra le altre cose, non possedesse nemmeno un briciolo di senso dell’umorismo e ritornò mesta sui propri passi.
A metà corridoio incontrò di nuovo Paciock che l’aveva aspettata. Le venne incontro con la pergamena tesa davanti a lui.
- Professoressa Lavinia, adesso posso parlarle due minuti? Dovrei chiederle quella cosa…
- Non ora Neville, non ora. – lo respinse ancora, pensierosa, lasciandolo in mezzo al corridoio deluso e perplesso.
Rientrò in aula dove tutti la guardarono incuriositi, aspettandosi che si giustificasse con loro per quella uscita di classe fuori dagli schemi. Ma lei si limitò semplicemente a fissare la clessidra che stava scandendo il tempo e a congedarli cinque minuti prima della fine dell’ora.
In quel momento aveva solo voglia di starsene seduta lì, da sola, a riflettere un po’ prima della lezione con il secondo anno di Serpeverde e Corvonero.



MARTEDI’, 9 OTTOBRE, ore 19:00


- Allora, ti sbrighi? Sei pronto?
- Uffa, ragazza mia, come sei impaziente oggi.
La voce di Remus Lupin proveniente dal bagno privato raggiunse Lavinia che, seduta sul letto, stava tamburellando le dita sulla vaschetta piena d’acqua sul cui fondo si agitava un cucciolo di Avvincino.
- E lascialo stare. Lo sai che facendo così lo stuzzichi, poi si irrita e c’è il rischio che si arrampichi fuori dalla vaschetta! - la riprese l’amico mentre si asciugava le mani uscendo dal bagno.
– Ma sono solo le 19:00 e manca almeno un’ora alla cena! Si può sapere perché tutta questa fretta?
- Perché mi sto annoiando e ho fame. – rispose lei, imbronciata, mettendosi a giocherellare con la bacchetta magica del mago dopo aver lasciato perdere l’Avvincino.
- Da qualche giorno a questa parte sei deliziosamente insopportabile, lasciatelo dire.
- Va bene, va bene se vuoi esco di qui e ti aspetto in Sala Grande. Del resto sei stato tu a chiedermi di passare a prenderti prima di scendere per cena. – ribattè la ragazza, piccata.
- Sì è vero e ti ringrazio, ma non con due ore di anticipo e con la pretesa che fossi già pronto! Insomma, mi spieghi che cosa non va, oltre a quello che mi hai raccontato domenica e credevo ormai risolto?
Lavinia sopra pensiero puntò la bacchetta in direzione dell’attaccapanni all’angolo della stanza, facendola roteare svogliatamente.
- Non ho niente, non ti preoccupare. Forse è un momento un po’ così, sai che a me a volte capita. rispose con noncuranza, mentre dalla bacchetta si sprigionava una sottilissima lamina color ambra che andò a colpire l’appendiabiti. L’oggetto si afflosciò subito su se stesso e si sciolse, spalmandosi sulla giacca e il mantello di Remus che erano appesi.
- Scusa, scusa, scusa mi dispiace non volevo farlo, mi è partito un colpo!
Sbuffando il mago strappò dalle mani di Lavinia la bacchetta e andò a raccogliere la giacca e il mantello che sembravano cosparsi di bava di lumaca.
- Guarda qui che schifo. Lavinia, quante volte ti ho anche detto di non giocare con la bacchetta! Se tu sei abituata a non usarla praticamente mai, perché per qualche strano e recondito motivo che nessuno ha ancora capito ti rifiuti di farlo, all’occorrenza può diventare un’arma impropria nelle tue mani.
- Insomma ti ho chiesto scusa. E il motivo per cui non uso la bacchetta non è né strano, né recondito, né incomprensibile e tu lo conosci benissimo perché te l’avrò già spiegato cento volte. La bacchetta mi impiccia e ciò che tu fai con lei, o almeno la maggior parte di ciò che fai, io lo posso benissimo fare con la mente. - rispose la ragazza in tono scocciato.
- Me l’avrai anche spiegato cento volte, ma io continuerò a cercare di farti entrare in quella testolina dura che la mente non può sostituire una bacchetta magica. Comunque, adesso, non è questo il punto. Non è quanto successo ora, ma il tuo atteggiamento che non va, e che francamente non riesco a comprendere. Ti rendi conto come, ultimamente, tu sia indisponente e ombrosa? Perfino la professoressa McGranitt oggi pomeriggio mi ha chiesto se per caso ero al corrente del motivo del tuo malumore.
- E perché zia Minerva non è venuta direttamente a chiedermelo? – sbottò risentita.
- Perché è una donna discreta. E poi probabilmente perché il tuo muso lungo l’ha indotta a tenersi a debita distanza. - replicò secco Remus che, con un rapido colpo di bacchetta, ripulì gli abiti dalla sostanza gelatinosa e fece riacquistare all’attaccapanni l’originaria natura.
- Insomma mi vuoi dire che cosa ti succede, sì o no? Altrimenti ti avverto, non venire a cercarmi quando avrai bisogno di una spalla su cui piangere! – continuò in tono più leggero, lanciando la sua giacca pulita in faccia all’amica. Lavinia si liberò lentamente dall’indumento e si sistemò i capelli che le si erano scompigliati.
- Stamattina ho avuto ancora uno scontro con il professor Piton… - borbottò, lasciando vagare lo sguardo ovunque tranne che dirigerlo verso quello dell’amico.
- Ancora?! Ma è assurdo che tu sia tuttora di malumore per una cosa che rientra nella più assoluta normalità! Lavinia, guardami in faccia: ti ho già spiegato che Severus non ce l’ha con te. Lui è semplicemente fatto così. Lo è con tutti e lo è da sempre. Ma che cosa ti aspettavi? Che facesse uno strappo alla regola, trasformandosi in una creatura tenera, premurosa e desiderosa di compiacerti?
- Beh, certo che no ma… Ma stamattina temo di avere dato un colpo di grazia definitivo ad ogni speranza di poter avere almeno un civile rapporto tra colleghi. - e la ragazza lo delucidò su quanto successo quella mattina.
- Certo che anche tu, pare che te le vada a cercare! Ma che cosa ti è saltato in mente di dare corda a quella pettegola di Sybil Stubley su quello che era successo durante la mia lezione? – sospirò costernato l’amico.
- E a te che cosa è saltato in mente di chiamare fuori Neville perché trasformasse il Molliccio di Piton in sua nonna? - scattò l’altra in tono aggressivo.
- Ehi, ti rendi conto di quello che stai dicendo?! Che ti prende? – reagì lui, fissandola con gli occhi sgranati.
- Oh no, è vero, sto blaterando una montagna di sciocchezze, scusami... – ammise la ragazza, alzandosi dalla sponda del letto. – Perdonami e andiamo a mangiare, Remus. Evidentemente la fame mi sta facendo farneticare. Non farci caso, non so nemmeno io che cosa mi stia succedendo ma, hai ragione, farò in modo di recuperare la ragione e il buonumore. E’ inutile rimuginare su un problema che in realtà non esiste.
Detto questo si avviò alla porta, cincischiando con aria perplessa i bottoni del golfino che indossava, seguita dallo sguardo poco convinto e preoccupato del professor Lupin.



GIOVEDI’, 11 OTTOBRE, ore 11:15


Ricontò di nuovo le mani alzate.
- Due, tre, quattro, cinque…sei… sette. Bene, allora, correggetemi se sbaglio. Gli allievi del terzo anno di Grifondoro che hanno scelto di partecipare alla nostra piccola spedizione alle Grotte Fatate sono sette e, precisamente, le signorine Calì Patil, Lavanda Brown, Hermione Granger e i signori Harry Potter, Ron Weasley, Neville Paciock e Seamus Finnigan.
I ragazzi confermarono.
- Ricordo che a noi si uniranno anche alcuni studenti di Serpeverde, mentre per le classi del terzo anno di Tassorosso e di Corvonero l’escursione si svolgerà venerdì prossimo. – concluse Lavinia, provocando in risposta alla notizia che ci sarebbero stati anche esponenti Serpeverde un sordo brontolio di disapprovazione da parte dei sette Grifondoro.
Quel venerdì Lavinia aveva deciso di portare i ragazzi del terzo anno, una volta terminato l’orario delle lezioni, alle Grotte Fatate che si trovavano vicino al castello, proprio al confine con la Foresta Proibita.
Una volta lì avrebbero raccolto l’acqua del Lago Bianco che si si trovava all’interno delle Grotte.
Le sue acque opache avevano particolari proprietà atte a mantenere la mente forte, lucida e concentrata. Un piccolo sorso dell’acqua di lago bastava a corroborare di nuovo la mente e a rendere forte e imbattibile qualsiasi pensiero o volontà.
Aveva già informato zio Albus dell’intenzione di attuare l’esplorazione e lui, a dire la verità, aveva espresso qualche riserva, suggerendole caldamente che avrebbe fatto meglio a farsi almeno accompagnare da Hagrid.
Lei però lo aveva rassicurato sul fatto che sarebbe riuscita benissimo a gestirsi da sola all’interno delle grotte senza obbligare nessuno a scortarli. In fin dei conti gli studenti erano già abbastanza grandi e autonomi.
L’insegnante ricordò ai sette escursionisti di munirsi di un’ampollina per raccogliere una quantità sufficiente di acqua, consigliò di coprirsi bene perché all’interno delle Grotte avrebbe fatto freddo e raccomandò di essere puntuali all’appuntamento davanti all’ingresso del castello, da cui sarebbero partiti a piedi per raggiungere la meta.
Una volta congedati gli studenti Lavinia si accinse a raggiungere la sala professori. Aveva deciso di trascorrere l’ora che la separava dal pranzo correggendo compiti.
Entrò e si sedette, constatando con soddisfazione come l’ambiente fosse assolutamente deserto; proprio ciò che ci voleva per riuscire a concentrare l’attenzione sul lavoro che doveva svolgere.
Ma la pace durò pochissimo, infatti la porta si spalancò ed entrò la professoressa McGranitt seguita da una giovane sconosciuta.
Lavinia puntò lo sguardo sulla donna alta, dai lunghi capelli color castano dorato che incorniciavano un bellissimo viso dall’espressione eterea sul quale spiccavano due grandi occhi languidi, anch’essi dorati e ombreggiati da lunghe ciglia. Completava il tutto una bocca rosea e perfetta.
- Ed ecco la nostra sala insegnanti che come può vedere… Oh scusami, cara, non pensavo di trovarti qui, ti ho disturbata? – esclamò la vice preside, sorpresa dalla vista di Lavinia.
- No, affatto, nessun problema. Ho ora buca. - rispose l’interpellata, squadrando dalla testa ai piedi la nuova venuta con espressione sospettosa e infastidita, che si sforzò di mascherare.
“E questa da dove diavolo salta fuori?”
- Stavo accompagnando a fare un rapido giro del castello miss Melissa Fairchild. Devi sapere che lei è la risposta del Ministero alla nostra richiesta di sostegno a Neville! Miss Fairchild è laureata in Psicomagia e ha conseguito anche il brevetto di primo grado in Pozioni e Filtri magici. Dalla settimana prossima inizierà a collaborare con noi. – spiegò la professoressa McGranitt con un sorriso soddisfatto.
- Ah, bene. – fu tutto quello che riuscì ad articolare Lavinia.
- Miss Fairchild le presento Lavinia O’Connor, insegnante di Levitazione e Spostamento degli Oggetti con la Sola Forza della Mente, nonché nipote del professor Silente. - cinguettò Minerva.
- Molto lieta di fare la tua conoscenza, Lavinia. Possiamo darci del tu, vero? – sussurrò con voce flautata la nuova insegnante di sostegno, avvicinandosi alla collega con mano tesa, incedere elegante e sorriso bianchissimo.
- Ma certamente. – Lavinia cercò a sua volta di imbastire un sorriso di circostanza, avvertendo però la gran voglia di fare come Piton quando, la prima volta che si erano incontrati, si era cacciato in tasca le mani.
- Melissa sarà presente solo durante le ore di Pozioni. Quelle, ovviamente, in cui Paciock avrà bisogno del suo sostegno. - precisò Minerva ammiccando alle ragazze da dietro gli occhialini rettangolari.
- Ovviamente. - bofonchiò Lavinia, con il sorrisetto di circostanza sempre stampato in faccia.
- Ma mi piacerebbe che possiate diventare amiche, dal momento che siete coetanee, così che non si senta troppo sola in questo ambiente nuovo e possa rivolgersi a qualcuno in caso di necessità.
- Contaci. - mormorò tra i denti Lavinia, prefigurandosi la faccia di Remus quando avrebbe visto quella bambolona formato calendario spedita dal Ministero.
“E non solo Remus. Scommetto che anche qualcun altro sentirà un impellente bisogno di andare contro ogni suo principio, per contemplare l’eventualità di aprire un canale di dialogo…”
Considerò, e all’istante sentì montare dentro una rabbia inspiegabile.
- Perfetto, mie care, ora che vi siete conosciute, e che lei Melissa ha visto anche la sala insegnanti, possiamo andare a cercare il professor Piton. E’ l’insegnante di Pozioni con cui dovrà relazionarsi e che voglio presentarle subito. La devo avvertire, mia cara, come Severus non abbia un carattere facile. Perciò non si lasci impressionare dai suoi modi bruschi e scostanti perché, nonostante ciò, è un insegnante straordinario e un mago di grande valore e avrà modo di apprezzarne presto le doti.
- Non ho dubbi professoressa McGranitt, e sono proprio curiosa di conoscerlo. Allora, a presto Lavinia. – tubò la Fairchild, voltandosi a farle ciao ciao con la manina mentre seguiva sinuosamente Minerva alla volta dei Sotterranei.
- A presto. – rispose lei, asciutta, scoccando un’occhiata acida alla porta che si era richiusa alle spalle delle due donne.
Si sedette di nuovo, e scoprì come le fosse passata la voglia di correggere i compiti.
Ma siccome doveva proprio farlo trascorse l’ora prima di pranzo a scartabellare nervosamente fra le pergamene, appioppando impietosamente, e contro ogni consuetudine, anche voti molto bassi.
 
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view post Posted on 22/8/2017, 09:18
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VENERDI’, 12 OTTOBRE, ore 16:30


- Allora, dovremmo esserci tutti. Faccio un breve appello, così, per sicurezza. Hermione Granger.
- Presente!
- Ron Weasley, Harry Potter, Seamus Finnigan…
- Ci siamo.
- Calì Patil, Lavanda Brown.
- Eccoci!
- Neville Paciock.
- Sì, ci sono!
- E poi Draco Malfoy e Pansy Parkinson… Davvero una folta rappresentanza della vostra Casa. – concluse Lavinia, assicurandosi che anche gli unici due esponenti di Serpeverde fossero presenti.
- Avrebbero dovuto esserci pure Tiger e Goyle, professoressa, ma sono in infermeria per problemi dovuti all’ingestione di una quantità esagerata di dolci che hanno fatto oggi a merenda. – puntualizzò il ragazzino biondo, con una smorfia schifata, pensando ai due idioti messi fuori combattimento dalla zuppa inglese.
- Benissimo, possiamo partire per le Grotte Fatate. Avete con voi tutta l’attrezzatura necessaria? – si informò l’insegnante, ringraziando mentalmente la zuppa inglese per aver provocato la provvidenziale assenza dei due stupidissimi tirapiedi di Malfoy.
- Sì, professoressa… – intervenne puntigliosamente Hermione – Doppio maglione pesante sotto la divisa, scarponcini da trekking e ampollina per raccogliere l’acqua del lago sotterraneo.
- Perfetto, andiamo allora. – decretò la giovane, e il piccolo drappello si mise in marcia tagliando per il parco.
Quando, una ventina di minuti dopo, giunsero all’ingresso della Grotta Maggiore il sole stava sbucando finalmente da dietro la cortina di nuvole che aveva coperto il cielo fino a quel momento.
I prati circostanti completamente rivestiti dalle goccioline di umidità furono illuminati dai raggi del tardo pomeriggio e scintillarono come cosparsi di piccoli diamanti, così come l’ingresso della caverna che risplendette di diverse tonalità.
- Ora entreremo e sarete costretti a stare sempre dietro di me, in fila indiana, perché inizialmente i percorsi sono molto stretti. - spiegò loro Lavinia, muovendo i primi passi all’interno della cavità rocciosa. - State bene attenti a dove metterete i piedi.
Appena furono tutti dentro la prima sensazione fu di piacevole benessere, anche se si resero conto che la temperatura si era abbassata parecchio.
Si accorsero inoltre che non c’era bisogno di alcuna fonte di luce per illuminare il cammino, perché più si addentravano e più l’ambiente appariva come rischiarato da invisibili torce.
La roccia sembrava fatta di oro puro ed emetteva una luce soffusa, calda, dorata e irreale; dentro vi erano incastonati brillanti e gemme preziose.
I ragazzi iniziarono a guardarsi attorno meravigliati, accarezzando le pareti; presero quindi atto con stupore di come, quello che inizialmente era solo sembrato, fosse invece davvero oro.
Camminarono dieci minuti buoni in un cunicolo stretto ma sufficientemente alto.
Stavano scambiandosi ancora commenti ammirati sulla bellezza delle Grotte quando arrivarono ad uno spiazzo enorme, ampio e alto quasi quanto la Sala Grande, dal cui soffitto pendevano imponenti stalattiti dorate e luccicanti.
Il vasto spiazzo era illuminato quasi a giorno dalla stessa luce che avevano trovato nel tunnel appena percorso, ma molto più diffusa e potente.
L’ambiente splendido e maestoso strappò degli “oh” prolungati di meraviglia; si fermarono estasiati con i nasi all’insù a contemplare le enormi stalattiti che incombevano minacciose su di loro e sembravano di cristallo.
L’ampia volta del soffitto, che si perdeva nella penombra, era anch’essa tempestata di gemme e diamanti.
- Visto che splendore assoluto? – commentò Lavinia, mentre l’eco della sua voce rimbalzava sulle pareti. - Se guardate meglio potrete anche scorgere, nascoste dietro le stalattiti, le Fatine delle Grotte, le creature magiche che le abitano. Sono creature benefiche ma troppo timide per riuscire a vincere la paura di qualunque estraneo invada, seppur momentaneamente, il loro habitat.
- Dove sono? Io non le vedo. – sbottò in tono annoiato Malfoy.
- Eccole, eccole là, dietro a quel grosso stalattite! – esclamò Lavanda Brown provocando una ridda di echi.
In effetti, quando tutti volsero lo sguardo verso il punto indicato da Lavanda, scorsero minuscole creature alate con antennine vibranti ed occhi enormi che rilucevano nel buio.
Vestite con piccole tuniche fluorescenti di vivaci colori diversi, erano luminose come lucciole, e preoccupate di riuscire a nascondersi alla loro vista ma, allo stesso tempo, anche desiderose di spiarli.
- Vedete quanto sono graziose? Si dice poi che, se qualcuno riuscisse anche a vincere la loro diffidenza e ad avvicinarle conquistando la loro completa fiducia, potrebbe perfino sperare di uscire dalle Grotte ricchissimo! Pare infatti che le Fatine siano molto generose con chi è loro gradito e ricambino con i brillanti, l’oro e le gemme di cui sono ricche le pareti che vedete. In caso contrario nessuno sarebbe assolutamente in grado di portar fuori di qui anche solo un lapislazzulo, poiché tutte le pietre preziose sono incastonate magicamente nella roccia, e quindi impossibili da estrarre. Diciamo un espediente davvero a prova di ladro.
- Dice sul serio, professoressa? Forza ragazzi, allora, diamoci da fare! – esclamò Ron entusiasta all’idea di poter uscire da lì con le mani colme di oro e gemme.
Per tutta risposta dalle sue spalle partì un sasso scagliato in direzione delle Fatine che li stavano ancora osservando. La pietra andò a colpire con un rumore sordo la stalattite dietro cui cercavano di nascondersi. Le creaturine magiche, spaventate, si sparpagliarono in un batter d’occhio e sparirono alla loro vista, mentre Lavinia si voltava furibonda verso l’autore della bravata.
- Complimenti, Draco: sei proprio un individuo senza cervello! Meriteresti che ti lasciassimo qui dentro, solo, senza il minimo riferimento per come trovare l’uscita! Per questa tua lodevole alzata d’ingegno trenta punti in meno a Serpeverde! – sibilò, arrabbiatissima, frenando a stento la voglia di prenderlo a schiaffi di fronte allo sguardo insolente.
- Forza, ragazzi, non siamo qui per l’oro e i diamanti ma per trovare il Lago Bianco e per raccogliere un po’ della sua acqua. Proseguiremo oltre quella specie di spaccatura nella roccia che è il passaggio per raggiungere la nostra meta. – mormorò, ancora irritata, e si avviò seguita da tutti mentre Malfoy si teneva leggermente indietro rispetto al gruppo tenendo un atteggiamento offeso.
Erano quasi giunti al passaggio quando Neville Paciock - attirato dal brillio di un cumulo di detriti - si staccò brevemente dal drappello per avvicinarsi a una nicchia situata sul lato destro rispetto a dove si trovavano.
Non appena fu sufficientemente vicino si accorse che si trattava di un piccolo rilievo composto da pepite d’oro.
- Neville, vieni qui, non allontanarti troppo. – lo richiamò Lavinia accortasi come si fosse separato dal gruppo.
Lo studente fece per obbedire ma, esattamente nello stesso istante, la terra sotto i loro piedi prese a tremare violentemente.
Frammenti di roccia, detriti, e terriccio assieme a diamanti, lapislazzuli, rubini e gemme iniziarono a precipitare su di loro costringendoli a buttarsi per terra e a ripararsi la testa con le braccia.
- Il terremoto! Aiuto! – strepitò per primo Draco, in preda al panico, dando il via a una catena inarrestabile di urla.
- Presto, addossatevi alle pareti! – gridò a sua volta Lavinia cercando di sovrastare il frastuono provocato dalla terra che continuava a sussultare e le grida di terrore dei ragazzi.
Afferrò Ron per un braccio, che in quel momento era colui che si trovava più vicino a lei, e lo costrinse a rialzarsi, trascinandolo verso la parete. Gli altri fortunatamente riuscirono subito a reagire e a seguire il suo esempio. Harry spinse Hermione e Lavanda contro la roccia, mentre Seamus e Calì fecero lo stesso con Malfoy e la Parkinson.
La terra continuò a ruggire e a ballare in modo pauroso per qualche eterno secondo, mentre polvere e calcinacci piombavano incessantemente sulle loro teste.
Schiacciata contro la parete la giovane insegnante osservò con orrore come, al centro della sala in cui si trovavano, si stesse aprendo un’enorme crepa, proprio nel punto esatto in cui erano passati pochi attimi prima.
La fessura si allargò sempre più e, serpeggiando, procedette rapidamente sul terreno dividendo in due parti uguali la grotta.
I ragazzi, ammutoliti come lei dalla paura e stretti tra loro, non riuscivano a staccare gli occhi dalla profonda fenditura prodotta dalle scosse di terremoto che si stava estendendo velocemente a pochi metri da loro, sperando terrorizzati che non arrivasse a inghiottirli.
Cercarono di appiattirsi il più possibile contro le fredde pareti rocciose, rendendosi conto all’improvviso, con orrore, come queste si stessero spostando al pari di tutto il resto.
Lavinia sentì provenire dall’alto anche una sorta di rumore sordo e cupo, simile al brontolio di un enorme animale e, alzando lo sguardo atterrito, vide le stalattiti ritrarsi nel soffitto che si stava modificando.
Ma cosa diamine stava succedendo, lì dentro, per tutti i Gargoyle?
- Professoressa! Professoressa Lavinia!
Hermione accanto a lei stava cercando di gridare più forte del terribile rumore che li sovrastava.
- Ora ricordo di aver letto qualcosa sulle Grotte Fatate e sulla loro particolarità! Diceva che una delle loro caratteristiche, oltre a quella di custodire inestimabili tesori al loro interno, è anche di essere Metamorfiche! E quindi sono periodicamente soggette a mutamenti della loro struttura morfologica!
- Vale a dire che qui dentro ogni tanto rocce, stalattiti e pavimento si spostano da soli cambiando di posizione? – le urlò di rimando la professoressa.
- Esattamente! E’ quello che probabilmente sta succedendo ora!
- Ma che fortuna: proprio oggi che abbiamo deciso di fare una bella gita dovevano scegliere di cambiare struttura morfologica… accidenti!
- Il libro raccomandava anche, in casi come il nostro, di cercare riparo accanto alle pareti proprio come abbiamo fatto e di non muoversi assolutamente fino alla fine dell’evento naturale!
- E chi si muove più… - balbettò, afferrando le mani di Hermione e di Harry che le erano accanto, e pregò che quel cataclisma terminasse in fretta.
Finalmente, così come improvvisamente si era manifestato, il terremoto si placò.
Impolverati e tremanti si guardarono sconcertati per quanto era successo, grati del fatto di essere ancora tutti interi. Poi gettarono occhiate sgomente attorno a loro, spazzolando gli abiti dalla polvere e dal terriccio.
Notarono, sbigottiti, come in effetti la struttura della grotta fosse completamente cambiata, mentre le pietre preziose e l’oro che erano precipitati ai loro piedi durante le scosse si stavano dissolvendo al pari di un miraggio nel deserto.
Lavinia si assicurò subito che i ragazzi stessero bene e non ci fossero feriti. Per fortuna, a parte il grande spavento, erano tutti a posto fisicamente; quindi si guardò intorno e osservò impressionata l’enorme crepaccio che si era creato e che tagliava la grotta per tutta la lunghezza.
Nuove stalattiti avevano preso il posto di quelle vecchie, se possibile ancora più brillanti e cristalline, mentre anche le pareti sembravano essersi rigenerate e sfavillavano di luce ancora più potente.
La giovane volse di nuovo lo sguardo ai ragazzi, accorgendosi però con un improvviso tuffo al cuore come il conto non tornasse: all’appello ne mancava uno!
- Neville… – ansimò, folle di paura.
- Neville! – gridò, angosciata, e l’eco rimbombò sinistro tra le stalattiti, tornando da lei come a volerla sbeffeggiare. L’immagine del ragazzo che precipitava inghiottito dall’enorme spaccatura al centro della sala la assalì, facendole provare un senso di vertigine.
Si guardò attorno come una forsennata continuando a chiamare disperatamente il suo nome, fino a che una vocina spaurita proveniente dall’altra parte, al di là della fenditura, le rispose flebile.
- Sono qui, professoressa.
- Neville! Grazie al cielo sei vivo, che spavento terribile mi hai fatto prendere! – strillò, quasi a volerlo rimproverare per la paura che le aveva procurato. - Ma come fai ad essere di là, se noi siamo tutti al di qua del crepaccio? – domandò, una volta ritrovato un briciolo di lucidità, e constatando allo stesso tempo come non solo Paciock fosse rimasto diviso dal resto del gruppo, ma anche che erano circondati da un baratro impossibile da superare e frapposto tra loro e il tunnel che portava all’uscita.
Nel giro di pochi secondi anche gli altri si accorsero di essere rimasti isolati su una specie di piattaforma attorno a cui correva la voragine, troppo ampia per essere saltata e troppo profonda per potersi calare dentro e risalire dall’altra parte.
- Non so come ho fatto a rimanere da questa parte, professoressa: io stavo solo guardando la montagnetta d’oro che c’era nella nicchia. All’improvviso si è messo a tremare tutto…
- Ok, Neville, tranquillo. Va tutto bene adesso. – lo rassicurò lei, ma si rese conto che non andava per niente bene.
- Miseriaccia, siamo bloccati! – esclamò Ron, resosi infine conto della situazione critica in cui si trovavano.
- Parrebbe proprio di sì…- commentò la giovane, sentendo di nuovo l’ansia salire in gola.
Cercò comunque di assumere un atteggiamento più rilassato, per non impaurire ulteriormente i ragazzi.
- Ad ogni buon conto cerchiamo di mantenere la calma: sono certa che troveremo una soluzione. A tutto c’è una soluzione…
Peccato, però, che in quel momento non gliene venisse in mente nessuna; si maledisse per essere stata così stupida da non seguire il consiglio dello zio di portarsi dietro Hagrid.
- Ragazzi, qualcuno di voi ha la bacchetta magica con sé? – chiese, pensando fosse meglio iniziare da lì. Harry, Hermione, Seamus e Pansy estrassero le loro prontamente.
- Benissimo, quindi un modo per uscire di qui potrebbe essere quello di fare un Incantesimo di Appello, ad esempio, richiamando un po’ di scope dal castello. – azzardò, come prima ipotesi. Poi guardò Neville che, tutto solo, li stava osservando con aria avvilita dall’altra parte del crepaccio e pensò a come quella fosse un’idea abbastanza improponibile. Ma, simultaneamente, le brillò in testa una soluzione più logica.
- Neville, tu dovrai fare una cosa per noi, invece, e il più rapidamente possibile.
- Che cosa, professoressa?
- Dato che sei rimasto dalla parte in cui inizia l’imboccatura del tunnel che abbiamo percorso per arrivare fin qui, adesso, da bravo ragazzo coraggioso e dal momento che sei l’unico in grado di poterlo fare, lo ripercorrerai fino all’uscita.
- Oh no professoressa, non può chiedermi questo, io… io p-potrei perdermi e nessuno mi-mi ritroverebbe mai più… - balbettò lui, arrossendo.
- Non dire sciocchezze Neville: ti basterà seguirlo fino in fondo, il tunnel è diritto e non ci sono biforcazioni. Tu uscirai da qui e correrai con tutto il fiato che hai nei polmoni fino al castello.
- Oh no, no…- continuò a piagnucolare lo studente.
- Insomma, Neville, basta fare storie! Corri al castello, dista da qui solo una ventina di minuti a piedi, se corri ce ne impiegherai dieci. Vai a cercare qualcuno, corri a chiamare il professor Lupin, o Hagrid, o chiunque incontri. Basta che tu porti qualcuno qui.
- Ma…
- Ho detto vola a chiamare il professor Lupin, spiegagli quanto è successo e portalo qui! – tagliò corto in un tono che non ammetteva repliche. Paciock obbedì, infilandosi velocemente nel tunnel che conduceva all’uscita.
E nell’attimo in cui lo videro sparire, tutti sperarono in cuor loro che, per una volta nella vita, Neville riuscisse a portare a termine qualcosa con successo.
Nonostante l’ansia non desse tregua Lavinia usò un tono leggero per rivolgersi ai giovani compagni di disavventura, sforzandosi di apparire tranquilla.
- Bene, ragazzi. A quanto pare ci toccherà stare qui ancora per un po’, magari pensando a qualcosa di piacevole in attesa che Neville torni con i soccorsi. - osservò, cercando di simulare una certa disinvoltura.
- Potremmo provare a far apparire un ponticello che colleghi le due sponde! – propose Harry, illuminandosi.
- Giusto. – approvarono i compagni.
- Bleah! Potter ha tirato fuori il coniglio dal cilindro… – sbottò Draco Malfoy in tono indolente. – E chi se la sentirebbe tra noi di far apparire un ponte sopra quella voragine, per poi avere il coraggio di attraversarlo: tu, Potter? Io non farei alcun affidamento a passarci sopra.
Lavinia gli scoccò un’occhiataccia.
- Beh, posso tentarci io. Sui due primi volumi di Teoria e Pratica dell’Architettura Magica sono riportati gli incantesimi per ogni tipo di costruzione: dalle strutture più semplici come un muro a quelle che richiedono un progetto più complesso. Tutto corredato da relative tecniche di Consolidamento e spiegazioni sui vari tipi di incantesimi da usare di volta in volta per proteggerle o per cambiarne struttura e natura.
- Interessante, Granger. - la scimmiottò Malfoy, mentre Pansy Parkinson ridacchiava alle sue spalle. – Sappi, comunque, che io non attraverserò mai il tuo ponte. Conto più sul fatto che Paciock possa arrivare a scuola e trovare aiuto, piuttosto che fidarmi delle tue conoscenze sulla Teoria e Pratica dell’Architettura Magica.
- Per me puoi anche aspettare qui tutta la vita che Neville torni! - rispose Hermione piccata, ottenendo il consenso dei compagni.
- Basta così, non mi sembra il momento di bisticciare…- intervenne Lavinia, severamente, troncando ogni velleità. – L’idea non sarebbe male, ma non vorrei rischiare inutilmente. Nessuno di noi ha un’esperienza tale in Architettura Magica per provare a sperimentare un incantesimo così avanzato.
Alzò lo sguardo al soffitto e vide che le Fatine delle Grotte erano riapparse e stavano volteggiando sopra di loro, osservandoli con curiosità.
“Chissà se quelle creaturine potrebbero darci una mano…” pensò, con un filo di speranza, ma decise che sarebbe stato più saggio sedersi ad aspettare e sperare che qualcuno tornasse a prenderli accompagnato da Neville. Meglio non azzardare alcun altro esperimento: la loro situazione già poco felice avrebbe potuto anche complicarsi...

*****




Neville intravide l’uscita e accelerò il passo.
Ce l’aveva fatta. Aveva percorso il tunnel più velocemente possibile, graffiandosi contro le pareti di roccia. Ma ormai era quasi in vista dello spiazzo erboso davanti alle Grotte.
Quando fu all’aperto si accorse che il sole stava tramontando in uno spettacolare trionfo di rosso e violetto, mentre le prime ombre si allungavano rapidamente sul prato e la Foresta Proibita assumeva un aspetto inquietante.
Si fermò solo un attimo per respirare il profumo della serata incombente e poi si lanciò con tutta la velocità di cui era capace verso le luci di Hogwarts che iniziavano ad accendersi sulla collina.
Corse, corse e corse ancora, disperatamente, sentendo il cuore scoppiargli nel petto.
Ma il pensiero dei compagni e della professoressa bloccati nelle grotte che, molto probabilmente, in quel momento si stavano augurando avesse trovato l’uscita e fosse già quasi arrivato al castello, gli fece raddoppiare gli sforzi. Vide con un certo sollievo come le sagome delle torri, che si stagliavano nere contro il cielo blu cobalto, apparissero sempre più vicine.
Tutto dipendeva da lui dunque. E lui non avrebbe deluso la professoressa Lavinia, non questa volta. Giunto nel prato antistante il portone d’ingresso lo oltrepassò come un fulmine, senza fermarsi, e sfrecciò davanti a Gazza uscito per andare a buttare nel vicino fossato una scatola intera di Caccabombe appena requisite.
Piombò nei corridoi semideserti e silenziosi, animandoli improvvisamente con il suono dei suoi passi concitati, seguito dagli sguardi incuriositi di un paio di studenti diretti in biblioteca.
Si catapultò verso la camera del professor Lupin: ormai non aveva più un briciolo di fiato e si domandò come e in quanto tempo sarebbe riuscito a recuperarlo per spiegare al professore quello che era successo.
Ma, quando svoltò l’ultima curva del corridoio principale per raggiungere le scale che portavano agli alloggi di Lupin, davanti a lui si materializzò all’improvviso la figura di Severus Piton.
L’uomo lo afferrò saldamente per le braccia, impedendo che andasse a sbattergli contro violentemente.
- Signor Paciock! Che cosa diavolo… lo sai bene che non si corre per i corridoi! – esclamò, sorpreso quanto il ragazzo di trovarselo di fronte.
- Allora? Che ti è successo? Perché non riesci a respirare? Parla!
- Le Grotte Fa-Fatate…t-terremoto… professoressa Lavinia… sono là, bisogna a-andarli a prendere…- farfugliò incoerentemente per metà senza fiato e per metà in stato di soggezione.
- Ma che ti prende? Respira e spiegati. – sibilò il Potion Master, scuotendo il povero ragazzo che stava ancora saldamente trattenendo per le braccia.
Neville, in apnea, tentò a gesti di fargli capire che aveva corso fino a lì e doveva riprendere fiato. Ma l’insegnante non gli diede tregua.
- Voglio sapere che cosa è successo e perché sei ridotto in questo stato! – incalzò, impaziente, trafiggendolo con lo sguardo duro e notando come gli abiti del ragazzo fossero strappati in alcuni punti, pieni di polvere e frammenti di roccia d’oro.
- A-arrivo dalle Grotte Fatate… La professoressa Lavinia… ci ha portato a fare una gita scolastica lì, in cerca del Lago Bianco…- riuscì a balbettare lo studente, ansimando.
– Eravamo dentro da un po’… quando… quando è scoppiato il finimondo… il terremoto… ha spaccato in due la sala dove stavamo, e io sono rimasto dalla parte del tunnel di uscita e… e gli altri sono bloccati perché n-non possono passare… c’è tutto attorno il crepaccio, hanno bisogno che… qualcuno vada laggiù a tirarli fuori…
- Cosa? Signor Paciock cerca di essere più chiaro, per Salazar. La professoressa O’Connor e chi altro è rimasto bloccato nelle Grotte Fatate? – ordinò Piton sempre più irritato dal farfugliare di Neville che, intimorito dall’insegnante di Pozioni, stava seriamente faticando a mettere insieme un pensiero connesso.
- Noi eravamo in sei, più Malfoy e Parkinson. I-io sono riuscito a tornare per cercare aiuto… come mi ha chiesto la professoressa!
Piton infine decise che non c’era più tempo da perdere. Scattò in avanti strattonando per un braccio Paciock, e se lo trascinò per il corridoio obbligandolo ancora a corrergli dietro.
- Tu adesso vieni con me e mi mostrerai dove sono bloccati quella scriteriata con i tuoi compagni. Andare in gita alle Grotte Fatate proprio nel periodo in cui c’è maggior rischio di Mutazioni Morfologiche… Solo a lei poteva venire in mente una cosa del genere. - continuò a brontolare nervosamente percorrendo a lunghe falcate il percorso che lo separava dalla palestra di Madama Bumb, con dietro il povero Neville trainato come un aquilone.
- Aspetta qui. – Mollò la presa al braccio del ragazzo ed entrò di corsa in palestra dove, in una specie di deposito interno, riposavano le scope impiegate durante le lezioni di Volo.
Ne afferrò una abbastanza robusta e veloce, uscì sul corridoio, riprese per la manica della giacca Paciock e si diresse con passo fermo e mantello fluttuante verso il prato antistante l’entrata di Hogwarts.
- Adesso sali dietro di me e tieniti forte. – intimò allo studente inforcando il manico di scopa, e partì come un sasso scagliato da una fionda mentre Paciock, con un grido strozzato, riusciva a malapena ad aggrapparsi a lui. Destinazione Grotte Fatate, quando ormai era calata l’oscurità.



VENERDI’, 12 OTTOBRE, ore 18:30


Lavinia e i ragazzi erano seduti con le spalle appoggiate alla parete umida, mentre il tempo scorreva lentamente.
- Chissà se Neville…- mormorò Calì Patil, concretizzando il pensiero di tutti.
- Beh, sicuramente ormai dovrebbe essere già abbondantemente arrivato al castello e aver trovato il professor Lupin. O quanto meno qualcuno a cui avrà riferito l’accaduto. Vedrete che a minuti sarà qui con i rinforzi. – cercò di rassicurarli Lavinia, calcolando mentalmente il tempo che ci sarebbe voluto per coprire l’intero tratto a passo sostenuto.
“Sempre che non abbia preso un’altra direzione, finendo nella Foresta Proibita. Destino ingrato, fa che non sia successo…” elucubrò subito dopo, rivolgendo però ai ragazzi l’ennesimo sorriso incoraggiante perché non si facessero prendere seriamente dallo sconforto.
“Comunque, nella peggiore delle ipotesi, all’ora di cena si accorgeranno della nostra assenza e ci verranno a cercare. Zio Albus e Remus sapevano che saremmo venuti qui”.
Iniziava a far davvero molto freddo, adesso; piccole pattuglie di Fatine continuavano a sfrecciare irrequiete sopra le loro teste mentre a Lavinia pareva, da qualche minuto, che le loro espressioni fossero meno amichevoli di prima.
All’improvviso il fragore di qualcosa di enorme che sembrava essere rotolato nella caverna attigua, al di là della parete, concentrò l’attenzione di tutti sulla grossa fenditura che conduceva al lago sotterraneo.
Si strinsero istintivamente l’uno addosso all’altro, chiedendosi impauriti che cosa avesse prodotto quel rumore cupo. Ma solo un silenzio inquietante gravò in risposta.
- Ha sentito, professoressa? Cosa sarà stato? – domandò infine con voce tremula Seamus Finnigan.
- Non ne ho idea… - mormorò preoccupata la giovane donna, ragionando su una risposta tranquillizzante da fornire ai ragazzi. – Penso sia stata un’altra botta di assestamento del terreno nella grotta accanto. – concluse, cercando di infondere sicurezza al tono di voce, nonostante sentisse montare dentro, pian piano ma inesorabilmente, una sottile, profonda paura.
- Professoressa, è come se… ci fosse qualcuno che si muove, là dentro. - mormorò Harry, strizzando gli occhi per vedere meglio.
- Saranno le Fatine delle Grotte che stanno lavorando. - L’insegnante azzardò a una risposta ragionevole, ma sentì i battiti del cuore accelerare.
- Non sarà mica qualche animale feroce, invece…- balbettò Ron, spalancando gli occhi, e le sue parole diedero forma ai timori più reconditi di ognuno.
Si misero di nuovo all’ascolto, trattenendo il fiato; ma a quel punto l’unico rumore che sentirono fu un concitato rumore di passi proveniente dal tunnel che aveva infilato Paciock quasi un’ora prima.
- Ditemi che Neville ce l’ha fatta e sta arrivando con i soccorsi! – reagì subito Lavinia, sollevata, balzando in piedi. Proprio in quell’istante il professor Piton piombava nella grotta, seguito a breve distanza dal ragazzo che reggeva la scopa.
La giovane, alla vista dell’insegnante di Pozioni, sgranò gli occhi.
Ma perché accidenti Neville si era portato dietro lui, anziché Lupin? Aprì e richiuse un paio di volte la bocca, evitando però accuratamente di tradurre il pensiero in parole.
Nero e cupo come un corvo, senza pronunciare sillaba, l’uomo mosse alcuni passi verso il baratro che li divideva valutandone larghezza e profondità, e non rivolse alcuno sguardo alla collega.
I ragazzi erano rimasti immobili in attesa che uno dei due insegnanti si decidesse a rompere per primo il silenzio. Le espressioni di Harry e Ron erano decisamente tetre, mentre gli unici a mostrare soddisfazione alla vista del direttore della loro casa erano naturalmente Draco e Pansy.
- Dunque, professoressa…- attaccò il Potion Master con gelida calma infarcita di sarcasmo tagliente. - Mi spiega che ci fate, lei e otto ragazzi, sopra quella specie di piattaforma di roccia, circondati da un crepaccio profondo qualche decina di metri?
Lavinia sentì il sangue andare al cervello, ma decise di ribattere con lo stesso tono.
- Le dirò… era un pomeriggio decisamente noioso e, siccome non avevamo niente di meglio da fare a scuola, abbiamo preferito trascorrerlo in modo alternativo, come può ben vedere.
Hermione la guardò trasecolata.
- Mi compiaccio con lei per la scelta, ancora una volta indovinata, dell’attività alternativa in cui ha deciso di coinvolgere nove studenti… Deduco come, naturalmente, non fosse al corrente della natura Metamorfica di queste grotte, e del fatto che nel periodo autunnale si rinnovano molto spesso. – ribattè il mago, accigliandosi.
- No, mi spiace, nessuno ha provveduto ad informarmi di questo particolare. – rispose lei, sostenuta, sperando solo che Hermione non se ne venisse fuori a raccontare la storia del libro che aveva letto.
- Probabilmente se avesse speso un briciolo del suo tempo a raccogliere notizie più precise riguardo a questo luogo, ora non si troverebbe lì, su quello spuntone precario dove mi piacerebbe lasciarla per un bel po’ a meditare sulla leggerezza con cui fa le cose!
- Ha intenzione di proseguire su questo tono ancora per molto? Se vuole lasciarci me, qui sopra, faccia pure, ma quantomeno si porti via i ragazzi in fretta. Non so in che modo ma si sbrighi ad aiutarli, poi sarà libero di fare il polemico. – sbottò la giovane donna, lanciandogli un’occhiata di fuoco: come avrebbe ficcato volentieri le unghie in quegli occhi neri.
Piton inarcò un sopracciglio, considerandola in modo molto simile a come avrebbe fatto con Gilderoy Allock. Poi, scandendo bene le parole, si rivolse con tono fermo e autoritario ai presenti.
- Ora, ascoltatemi bene: verrò di là, a prendere ognuno di voi con la scopa e, uno alla volta, vi riporterò al di qua del crepaccio. Raccomando a tutti di salire a cavalcioni dietro e di tenersi saldamente a me, evitando assolutamente movimenti bruschi. Inizierò a prelevare voi, signorine. Signor Paciock, passami la scopa. – ordinò asciutto al ragazzo che si affrettò a tendergliela con solerzia.
Inforcò il manico e dopo un breve volo atterrò dall’altra parte.
Fece salire per prima Lavanda Brown che si avvinghiò a lui e, ripartendo, raggiunse il lato opposto depositandola sana e salva a terra.
Lavinia solo allora sentì sciogliersi l’angoscia che l’aveva paralizzata fino a quel momento: la brutta avventura poteva dirsi conclusa, e che fosse stato Severus con i suoi modi insopportabili a raggiungerli poco contava, ora. L’importante era che potessero tornare tutti sani e salvi al castello. Sentì nascere perfino un timido sentimento di riconoscenza verso quell’uomo che era corso fin lì a cercarli, e adesso li stava tirando fuori da un pasticcio increscioso.
Piton atterrò ancora dolcemente dalla loro parte e caricò Hermione, rifacendo il percorso fino all’altra sponda dove la lasciò in compagnia di Lavanda e Neville.
Poi prese con sé Pansy Parkinson e dopo di lei fu il turno di Calì Patil.
Ma quando venne a trovarsi sopra il vuoto Calì guardò giù e, spaventata, si mosse, sbilanciandosi.
Cacciò un grido acuto e si aggrappò al mantello nero del suo insegnante, rischiando così di far capovolgere la scopa e trascinare con sé anche Piton. L’uomo fece scattare fulmineo il braccio libero dietro di sé e riuscì ad afferrare la ragazza, evitando di un soffio che scivolasse dal manico e precipitasse nella voragine.
I ragazzi strillarono spaventati, mentre Lavinia tratteneva il respiro dopo aver portato una mano alla bocca; rimase in apnea fissando le complicate evoluzioni compiute dal mago per rimettere in rotta la scopa, e allo stesso tempo sostenere la studentessa per metà disarcionata dal manico, per diversi secondi.
Gli occhi di tutti rimasero inchiodati sui due fino a che l’uomo non riuscì a puntare il manico verso la sponda, al di là del burrone, per poi approdarvi dolcemente.
Lavinia si ricordò finalmente di respirare e perfino nello sguardo di Harry lesse stupore e approvazione per quello che Piton aveva appena compiuto.
- Tutto bene, ragazzina? – domandò brusco all’allieva, osservandola attentamente non appena questa scese dalla scopa ancora tremante. Lei annuì più volte guardandolo con gratitudine e si unì alle compagne, mentre l’insegnante ripartiva per andare a prendere uno dei restanti sull’isolotto.
Lavinia lo osservò caricare Seamus dietro di sé, sorprendendosi ad ammirare la serietà e il grande senso di responsabilità visibili negli occhi neri e profondi, mentre sulle labbra sottili era disegnata una piccola, deliziosa smorfia di concentrazione.
Cercò di scacciare l’ultima riflessione ma, quando tornò a prendere Draco Malfoy, non potè fare a meno di considerare come pochi istanti prima fosse stato dannatamente bravo, pronto di riflessi e coraggioso nel salvare Calì e se stesso da un terribile volo nel vuoto.
“Faresti meglio a non permettere alla tua testa di prendere il largo…”

Ma intanto un altro assurdo, irragionevole impulso si fece largo tra i suoi pensieri.
Una fantasia malata che andava contro ogni logica attraversò la sua mente, e con un certo turbamento si ritrovò per qualche secondo a fantasticare su come sarebbe stato se lui l’avesse stretta tra le braccia.
“Con tutta probabilità sto impazzendo. Ma cosa mi salta in mente? Tra le braccia di quel… quell’essere indefinibile?!”
Intanto Piton aveva portato dall’altra parte Ron e tornava a prelevare Harry.
Prima di caricarlo sulla scopa, però, si avvicinò a Lavinia e la guardò dall’alto in basso con un’espressione indecifrabile.
- Tocca a te, il prossimo giro…- Si rivolse a lei in tono molto basso, tanto impercettibile che gli altri non lo udirono nemmeno. Quindi inclinò leggermente la testa e continuò a fissarla con la bocca sfiorata da un lieve sorrisetto ironico.
Lavinia trasalì e lo stomaco si chiuse in una morsa: aveva sentito bene o anche l’udito, oltre che la testa, stava iniziando a giocarle brutti scherzi? Le aveva davvero dato del tu?
- Beh, certo che toccherebbe a me… – farfugliò con lo sguardo ancora una volta ostinatamente puntato sui bottoni neri della sua giacca. - A meno che… tu… non sia deciso a lasciarmi davvero qui. – concluse, azzardando lo stesso tono confidenziale. Quindi si impose di sollevare gli occhi fino ad incontrare quelli dell’uomo, e accennò ad uno sguardo di sfida.
Il sorrisetto del mago si fece ancora più obliquo.
- Sei sicura di riuscire a salire su questa scopa priva di un pratico sellino sotto le chiappe?
Lavinia si trattenne a fatica dallo scoppiare a ridere: non voleva farlo davanti a lui e ai ragazzi ma, al di là di tutto, dovette ammettere che quell’uomo era davvero sorprendente.
- Potrò dirtelo ovviamente solo una volta che avrò provato. – gli rispose con un piccolo sorriso divertito, controllando a stento l’impulso di allungare una mano per toccare con la punta delle dita i bottoncini, mentre i battiti del cuore acceleravano in modo esponenziale.
Ma che cosa diavolo le stava succedendo?
Severus scosse la testa e si voltò di scatto facendo un rapido cenno a Harry perché si sbrigasse a salire dietro di lui. Entrambi decollarono e sorvolarono senza problemi il crepaccio.
Una volta che con lui tutti i ragazzi furono al sicuro, Piton si accinse a rifare di nuovo il percorso per andare a prendere Lavinia.
- Non sai quanto mi piacerebbe lasciarti là sul serio. Adesso che ti guardo meglio, penso che potresti benissimo rientrare a far parte della fauna del luogo! – Era evidente come si stesse divertendo un sacco a prenderla in giro. E Lavinia si rese conto che ciò non le dispiaceva affatto.
Da che si era convinta di non avere più alcuna possibilità di attenzione da parte del collega, un insidioso quanto inspiegabile disagio psicologico si era impadronito di lei, privandola del naturale entusiasmo che la caratterizzava. Perciò in quel momento le sembrò di aver conseguito una vittoria storica, e si sentì rivitalizzata.
Decise di stare al gioco e, incrociando le braccia, assunse un’espressione fintamente sostenuta.
- Avanti, professor Piton, le sembra il momento di scherzare questo? Forza, si sbrighi a venirmi a prendere. Anche perché mi piacerebbe sapere che cosa avrebbe il coraggio di raccontare a mio zio, una volta tornato al castello, a giustificazione della mia assenza. - concluse ridacchiando.
Ma la replica del professore non giunse perché, improvvisamente, nell’altra sala si udì ancora lo stesso inquietante, cupo rumore che avevano percepito poco prima. Stavolta però l’impressione fu che il tonfo fosse più forte e molto più vicino.
Insegnanti e studenti sobbalzarono, voltando contemporaneamente la testa verso il passaggio che collegava la grotta in cui si trovavano con quella successiva. Il rumore adesso era prossimo, e sembrava qualcosa di simile a passi molto pesanti; era come se un’enormità munita di piedoni si stesse avvicinando facendo quasi tremare il terreno.
I due professori si lanciarono un’occhiata allarmata e l’uomo, senza perdere tempo, inforcò velocemente la scopa deciso a volare subito al di là della voragine per recuperare la collega.
Ma non fece in tempo a spiccare il volo, perché una sagoma gigantesca si stagliò nel passaggio, occupandolo completamente con la propria mole.
- Un Troooooll! – urlarono i ragazzi all’unisono, scatenando una ridda infernale di rimbombi.
Hermione, Lavanda e Calì si strinsero a Piton strillando come ossesse e i compagni si acquattarono come topi spaventati contro la parete, avvinghiandosi tra loro.
Il professore, senza distogliere lo sguardo dall’essere gigantesco che avanzava lentamente e pesantemente verso di loro, indietreggiò con cautela, costringendo le tre ragazzine a ripararsi dietro di lui.
Quindi si portò a ridosso della parete, senza perdere di vista le mosse del troll che doveva essere più o meno alto quattro metri, e stringeva nella manona destra una pesante clava. Li stava guardando con espressione ottusa, grandemente stupito di trovarseli davanti.
Piton continuò ad arretrare piano, mantenendo i ragazzi tra sé e e la roccia.
Quindi infilò la mano nel mantello a cui erano sempre avvinghiate Hermione, Lavanda e Calì ed estrasse la bacchetta magica. La mostruosa creatura continuava a fissarli con aria stupida, senza dare alcun segno di volerli aggredire ma, conoscendone bene la natura, il mago sapeva bene che avrebbe potuto attaccare all’improvviso e senza alcuna ragione.
Lavinia, intanto, dopo aver gridato con tutto il fiato che aveva nei polmoni seguì con il sangue che sembrava essersi ghiacciato nelle vene l’avanzata del troll verso il Potion Master e i ragazzi.
Guardò allibita il mostro approssimarsi a Piton che faceva da scudo ai ragazzi e provò un orribile sensazione, come se il cervello si fosse completamente staccato da lei. Lui appariva così minuscolo e indifeso davanti a quella massa di carne immensa, armata di clava, e lei si sentiva talmente impotente!
Con entrambe le mani ancora premute sulla bocca per impedirsi di urlare non riuscì a far altro che pregare tutti gli dei dell’olimpo dei maghi perché il bestione rinunciasse a ogni insano proposito e tornasse da dove era venuto.
Il troll, intanto, era giunto a pochi passi da Piton e dai ragazzi, torreggiando minaccioso sopra di loro; Lavinia, sopraffatta dalla tensione, chiuse gli occhi e temette di svenire.
Il tempo si fermò e uno strano, inquietante silenzio calò sulla scena fino a quando l’enorme creatura, all’improvviso, sollevò la clava e caricò con un lungo, spaventoso ringhio, avventandosi sul gruppo di esserucoli tremebondi ai suoi piedi.
La giovane insegnante urlò, correndo istintivamente fin sull’orlo del precipizio con le braccia tese in avanti, mentre i ragazzi si ritraevano impauriti contro la roccia.
Piton puntò la bacchetta verso il mostro giusto in tempo per creare una specie di scudo protettivo invisibile appena prima che la clava calasse micidiale su di loro.
Il colpo fu molto violento e provocò un rumore cupo e metallico, come quello di una mazza di ferro su un’incudine: lo scudo aveva resistito ma il troll, dopo un primo attimo di smarrimento, rialzò l’arma e l’abbassò di nuovo con furia mentre il professore, sotto i colpi, cercava di resistere con la bacchetta puntata verso l’alto, nel tentativo disperato di mantenere l’invisibile protezione.
Al quarto colpo di clava, però, il sottile legno magico volò dalle mani del mago e lo scudo protettivo andò in mille pezzi.
Piton cadde in ginocchio, piegato dal forte contraccolpo, e si afferrò con una profonda smorfia di dolore il braccio che aveva sorretto fino a quel momento la bacchetta.
L’enorme creatura ne approfittò subito per allungare una mano e afferrarlo, desiderosa di sbarazzarsi al più presto di quello scarafaggio coriaceo. Altre urla di terrore si accavallarono nella grotta mentre Hermione e Calì tentavano invano di aggrapparsi al loro insegnante.
Il troll scrollò via le due ragazzine e sollevò il piccolo essere all’altezza del volto mostruoso.
Lavinia fu certa che il cuore le sarebbe scoppiato in petto mentre fissava con orrore crescente il mostro che stava esaminando attentamente il piccolo uomo stretto in pugno, indeciso se assaggiarlo o meno.
Di conseguenza le gambe cedettero, ma fu ciò che servì a scuoterla dallo stato di paralisi in cui versava da troppi minuti.
Si guardò attorno alla ansiosa ricerca di qualcosa di molto grosso e pesante. Individuò quindi un macigno adagiato a pochi passi dall’imbocco del passaggio e che, a occhio, avrebbe potuto proprio fare al caso suo.
Si concentrò freneticamente sul macigno, ma l’ansia le impedì in un primo momento di riuscire a spostarlo.
Diede ancora un’occhiata al troll, che intanto aveva deciso di provare a vedere cosa sarebbe successo a quello strano animaletto nero se avesse preso a sbatterlo un po’ di volte contro la roccia.
La donna tornò a concentrarsi con disperata determinazione sul blocco di roccia, ordinandogli di alzarsi: e questa volta il grosso masso obbedì, sollevandosi da terra accompagnato da uno sbuffo di polvere.
Poi, roteando su se stesso un paio di volte, schizzò veloce verso la mastodontica testa del mostro proprio nell’attimo in cui questi aveva alzato la mano in cui stringeva Piton.
Il macigno piombò sul cranio sproporzionato con un sonoro crack, e l’espressione ottusa e cattiva del troll si trasformò in dolente stupore.
Lasciò cadere la clava e si liberò del piccolo uomo scagliandolo contro la parete di roccia.
Quindi, furioso, menò un paio di colpi a vuoto con gli enormi pugni che sferzavano l’aria, come a voler colpire quel nemico senza volto né corpo. Infine portò le manone alla testa e iniziò a barcollare verso l’orlo del baratro ruggendo di dolore.
Le sue grida rimbalzarono terribili tra le volte della grotta fino a che, dopo aver fatto ancora qualche passo, trovò il vuoto del crepaccio e vi precipitò con un lunghissimo, ultimo, raccapricciante ululato che si spense via via che il suo grosso corpo piombava sempre più in fondo alla voragine. Seguì un silenzio innaturale.
Lavinia, stremata dalla paura e dalla fatica, guardò i ragazzi ancora stretti fra loro.
Richiamò a sé la scopa che il Potion Master aveva abbandonato per terra all’apparizione della creatura, e solo quando l’ebbe afferrata riuscì a parlare, anche se con voce malferma:
- Arrivo, sono subito da voi… intanto… fate presto… controllate in che condizioni è il professor Piton!
Quando guardò verso l’insegnante di Pozioni, ancora disteso per terra e che non dava segni di vita, si sentì attanagliare da un’angoscia spaventosa.
Inforcò il manico e si diede una veloce spinta per alzarsi. Sorvolò velocemente il crepaccio e atterrò dall’altra parte mentre i ragazzi si erano già radunati attorno al corpo esamine dell’insegnante.
Si fece largo tra loro cercando di racimolare un po’ di lucidità e freddezza, ma quando sentì Calì e Hermione che, inginocchiate vicino al corpo riverso a terra dell’uomo, singhiozzavano sommessamente, avvertì uno strappo violento allo stomaco.
- Oh no… Severus… no! – mormorò in un soffio, assalita da un fastidioso senso di nausea.
L’uomo appariva ancora più pallido, un sottile filo di sangue usciva dalla bocca e sembrava impossibile capire se stesse respirando o meno.
- E’… è morto… - balbettò Pansy Parkinson, torcendosi le mani.
Lavinia evitò di rispondere, tuttavia il senso di mancamento si accentuò.
Si costrinse a superarlo con un immenso sforzo di volontà; quindi si inginocchiò accanto al mago, scrutando il suo volto esangue alla ricerca di una traccia di vita.
“No… no… ti prego, adesso smettila di scherzare… dannazione, non puoi farmi questo, Severus!”
Lo implorò mentalmente, avvertendo di nuovo quel terribile senso di impotenza e disperazione.
E quando era ormai arrivata a temere il peggio Piton si mosse leggermente, lasciandosi sfuggire un piccolo gemito. Voltò con enorme fatica la testa verso di lei e aprì di poco gli occhi, guardandola come se la vedesse lontanissima.
- Severus! – esclamò lei d’istinto. Avvertì come se il peso di mille tonnellate di angoscia si fossero sollevate dal petto e ricacciò indietro lacrime di sollievo, continuando a invocarne il nome.
- Professor Piton, professor Piton! - la imitarono i ragazzi, sollevati dal fatto che l’insegnante aveva dato segno di essere ancora tra loro.
- E’ tutto a posto, stiamo tutti bene, ma ora dimmi come ti senti e che cosa devo fare. – disse, affastellando velocemente le parole per l’ansia.
Lui continuava a fissarla con uno sguardo appannato, ma sperò comunque che poco a poco potesse riprendere completamente i sensi; il mago invece richiuse gli occhi, esausto per lo sforzo di concentrazione, e si abbandonò di nuovo allo stato di incoscienza.
Lavinia allora si rivolse in tono deciso agli studenti che, senza rendersi conto, avevano creato attorno a loro una piccola calca preoccupata e soffocante.
- Per favore, allontanatevi… tutti!
I ragazzi obbedirono e indietreggiarono di qualche passo lasciandoli soli.
La giovane insegnante chinò il capo concentrandosi per qualche secondo; quindi tenne le mani appena sopra il corpo di Piton con i palmi rivolti in basso, dai quali si sprigionò un alone di colore blu cobalto sempre più intenso.
Gli studenti guardarono a bocca aperta l’aura avvolgere le due figure, per poi divenire sempre più opaca e meno brillante.
Dal momento in cui l’alone blu l’aveva avviluppata Lavinia aveva sentito un gelo terribile attraversare le ossa e aveva capito come la vitalità dell’uomo si stesse spegnendo rapidamente.
Perciò aveva raddoppiato l’impegno nella concentrazione, ma il freddo che sentiva addosso non accennava a diminuire e, pur tentando con tutte le forze e le sue piccole mani di trattenere l’ultimo briciolo di vita dell’uomo, sentì di essere arrivata quasi allo stremo…
“Resisti… resisti… mi stai scappando…ti sento sempre più lontano… Ti prego resisti!”
Ma lui galleggiava sempre più distante, anzi, sembrava essere già entrato in un’altra dimensione.
Con gli occhi serrati ne poteva vedere l’immagine sfocata, proiettata sullo schermo della propria mente.
Era come se il mago fosse in fondo ad un pozzo profondo centinaia di metri, e stesse precipitando sempre più giù, nonostante il suo disperato sforzo per recuperarlo.
La proiezione di Severus che cadeva verso il fondo del pozzo appariva immobile e la fissava con occhi vacui, senza mostrare alcun cenno di reazione.
Fu allora che nel cervello della donna esplose un grido prolungato e balenò una luce accecante, mentre la testa pareva dovesse scoppiare. Nello stesso istante la figura di Severus smise di precipitare verso l’abisso e, per la prima volta, si mosse allungando una mano.
Lavinia strinse i denti e si protese verso di lui, per cercare di afferrargliela, tendendo spasmodicamente muscoli, tendini, ossa.
Quando riuscì ad agguantarla iniziò con fatica a trascinare l’uomo verso di sé, avvertendo la netta percezione di nuotare in una sorta di liquido denso e grigio.
Quindi la sostanza, da quasi nera, iniziò a cambiare colore e divenne blu cobalto, poi azzurro cielo, infine verde acqua trasparente.
E lei, senza mollare la mano di Severus, nuotando e scalciando in quella specie di liquido amniotico dal colore mutevole, pian piano continuava a risalire verso la luce assieme a lui.
Ora poteva anche sentire, con enorme sollievo, come la temperatura si stesse rialzando mentre la orribile sensazione di gelo l’abbandonava.
Intanto i ragazzi erano rimasti fino a quell’istante in silenzio, a osservare Lavinia che, ancora inginocchiata con gli occhi chiusi e le mani protese sul corpo immobile del mago, era avvolta da un’aura gialla sempre più luminosa.
All’improvviso la donna rialzò la testa, spalancò gli occhi prendendo un lungo respiro e fissò un punto indefinito davanti a sé per qualche secondo, per poi accasciarsi.
L’aura luminosa era sparita; contemporaneamente il professor Piton aveva ripreso a respirare.
Il Potion Master aprì gli occhi e osservò il soffitto della grotta come se lo vedesse per la prima volta.
- Che… che cosa… dove sono… - mormorò a fatica.
- Severus…- farfugliò Lavinia con una mano premuta sulla fronte: la testa doleva come se si stesse aprendo in due e si sentiva sfinita, ma il sollievo di risentire la sua voce la consolò ampiamente. L’uomo intanto si era rizzato a sedere e guardava i volti ansiosi dei ragazzi che si stringevano attorno a lui. Si sentiva ancora molto confuso, ma ad un tratto riuscì a focalizzare l’immagine di Lavinia che gli tendeva la mano per afferrare la sua. Infine ricordò con lucidità come lo avesse strappato ad un vortice tremendo che lo stava risucchiando sempre più giù.
Quando finalmente ottenne di rimettere insieme tutti i pezzi di ciò che era appena successo, cercò subito con lo sguardo la ragazza.
- Lavinia... – la vide distesa poco più in là, con la mano alzata a proteggere gli occhi. Notò subito che era pallida e provata e capì all’istante come lo avesse appena riportato fra i vivi usando il proprio Fluido di Guarigione, sprigionatosi grazie alla forza del pensiero.
La raggiunse con una certa fatica, muovendosi a carponi. Quindi la prese con delicatezza per le spalle e la sollevò, costringendola a guardarlo.
- Lavinia…- sussurrò in tono molto basso - Va tutto bene?
La ragazza socchiuse gli occhi, sorridendo debolmente.
- Si, se non tengo conto dell’esercito di folletti che mi sta demolendo le pareti del cervello; per il resto direi che va bene…- sospirò, appoggiando la fronte dolorante sulla spalla dell’uomo.
- Che spavento mi hai fatto prendere. – mormorò poi, esausta, con gli occhi ancora chiusi, rendendosi conto di che sollievo fosse stare lì, appoggiata a lui.
L’uomo si irrigidì. Sentiva d’istinto che avrebbe voluto stringerla forte a sé, cullarla e tenercela per tutto il tempo necessario a che si riprendesse, ma sapeva anche di non poterlo fare per mille buoni motivi. Si limitò quindi a elargirle un buffetto comprensivo sulla testolina ancora abbandonata sulla propria spalla e a schiarire la voce.
- Su, su… ehm… è tutto passato adesso. Grazie per quello che hai fatto. Sei stata… beh, ehm… te la sei cavata egregiamente. Però ora dobbiamo rimetterci subito in marcia per raggiungere il castello: abbiamo bisogno tutti di quattro solide, sicure mura attorno a noi, di un pasto caldo, e tu di farti dare un’occhiata da Madama Chips! – le mormorò all’orecchio con voce profonda.
- Sarà forse meglio che l’occhiata da Madama Chips te la faccia dare tu, dopo quello che hai passato e… ci hai fatto passare! - lo rimbeccò lei prontamente, alzando di scatto la testa.
- Andiamo… io sto benissimo – rispose Severus approfittandone per rialzarsi. Tuttavia non era del tutto a posto e venne assalito da un lieve capogiro.
Si impose comunque di non dare peso al malessere e tese la mano a Lavinia per aiutarla a rimettersi in piedi; poi si spazzolò con cura gli abiti.
Lavinia trattenne in mezzo sorriso, osservando la meticolosità con cui compiva l’operazione.
Ma non potè fare a meno di considerare come, se le cose fossero andate diversamente, in quel momento lui non avrebbe più potuto essere lì, e una brutta sensazione di gelo la paralizzò per qualche secondo.
- Bè, che fate lì impalati? Avanti, tutti dietro a me: signor Paciock raccogli la scopa. Dobbiamo sbrigarci, abbiamo almeno venti minuti di cammino che ci attendono per rientrare al castello! – ordinò il Potion Master, riacquistando il solito tono autorevole. – Mi domando solo come abbia fatto un troll a trovarsi all’interno delle Grotte, con il rischio di essere attaccato pericolosamente dalle Fatine…- borbottò, ragionando fra sé, mentre riprendeva il comando della fila.
Lavinia si accodò al drappello, con gli occhi puntati sulla nuca e sulle spalle dell’uomo, e si lasciò di nuovo scappare un sorriso: eccolo tornato il solito Severus, che per un terribile attimo aveva temuto di perdere.
Ma se quel pensiero l’aveva angosciata in tal modo, doveva davvero iniziare a preoccuparsi?

*****



Albus Silente osservò accigliato il viso della nipote. Poi si voltò verso la professoressa McGranitt.
- Che ne pensi, Minerva?
- Che avete avuto una fortuna sfacciata a cavarvela così a buon mercato! – esclamò la vice preside in tono vibrante e cipiglio severo, rivolgendosi direttamente a Lavinia. La giovane insegnante non ebbe il coraggio di ribattere nulla.
Si trovava nello studio del preside e aveva appena concluso di esporre a entrambi i fatti accaduti quel pomeriggio.
Silente, dopo che Piton lo aveva informato brevemente a cena di quello che era successo poco prima, giustificando così il loro ritardo in Sala Grande, aveva preteso che Lavinia si recasse subito da lui dopo cena. Voleva assolutamente che la nipote gli raccontasse per filo e per segno tutto ciò che era avvenuto alle Grotte Fatate.
- Bambina mia… che cosa posso aggiungere ancora a quanto ha detto Minerva? - sospirò il preside, guardandola con aria inflessibile da sopra gli occhialini a mezzaluna.
- Ma, zio…
- Silenzio, fammi finire! Perché devi sempre fare di testa tua, senza ascoltare alcun consiglio?
- Veramente io…
- Non ti avevo forse raccomandato di farti accompagnare da Hagrid?
- Sì certo ma io pensavo…
- Ci sarà stato un valido motivo per cui tuo zio aveva ritenuto opportuno suggerirti la presenza di Rubeus, non credi? - intervenne Minerva, lanciandole uno sguardo arcigno e tirando le labbra sottili in una smorfia di disappunto.
- Ma, zia…
- Ti rendi conto di aver messo seriamente a repentaglio, oltre che la tua incolumità, anche quella di nove studenti sotto la nostra diretta responsabilità, nonché la vita di un insegnante? – la interruppe in tono grave la professoressa.
Lavinia abbassò la testa. Rammentò il volto pallido e immoto di Severus risentendo la fitta di angoscia che aveva provato poche ore prima, quando aveva temuto fosse morto, e gli occhi tornarono a inumidirsi mentre fissava accigliata un punto lontano alle spalle dello zio. Fanny emise un dolcissimo pigolio, piegando leggermente il capino per osservarla.
- Che c’è ora, figliola? – domandò Silente vedendo il suo turbamento.
- Nulla, zio… C’è solo che… tu e zia Minerva avete perfettamente ragione: sono stata una stupida, come al solito.
- No, mia cara, solo un po’ avventata e incosciente. – sospirò il preside in tono paziente.
- Non è vero, zio. Mi rendo perfettamente conto che Severus avrebbe potuto morire. E’ stato costretto a venire a riprenderci là dentro, perché sono stata così idiota e presuntuosa da pensare di poter fare tutto da sola, e solo per puro miracolo quel troll non lo ha… non lo ha… - Lavinia sentì salire un nodo alla gola e la sua voce iniziò a tremare.
- Calmati, adesso. Grazie al cielo tutto si è concluso per il meglio e siete ritornati al castello sani e salvi! – cercò di consolarla Albus.
- Ma Se… Se… Severus ora non ci sarebbe più se non fossi riuscita, non so come… con il Fluido di Guarigione… capisci? Sarebbe morto… morto… e per colpa mia! – gridò, scoppiando in lacrime
- Su, su bambina mia. Non pensare a quello che avrebbe potuto succedere: è andato tutto per il meglio. Ricorda solo di fare tesoro di quello che è successo oggi, perché ti serva da lezione! – precisò il preside, scambiando un’occhiata significativa con la McGranitt che intanto si era avvicinata alla ragazza con l’intento di consolarla.
Quindi fissò a lungo la nipote con un’espressione enigmatica e vagamente preoccupata.
- Stai sfogando tutta la tensione che hai accumulato. E sei stanchissima. Adesso filerai dritto a letto, dopo aver bevuto una bella tisana rilassante. Una buona dormita cancellerà la brutta esperienza di oggi e domani tutto ti apparirà diverso. – mormorò la McGranitt, abbracciando delicatamente la ragazza scossa ancora da forti singhiozzi.
Quando la giovane finalmente si calmò, Minerva le offrì un infuso di camomilla e valeriana che aveva fatto apparire, calda e fumante.
Infine i due insegnanti la congedarono, raccomandandole ancora di mettersi subito a letto.
Lei augurò loro la buonanotte e uscì con aria pensierosa dallo studio.
Silente e la McGranitt, dopo che ebbe varcato la porta, si guardarono in silenzio.
- Credo stia iniziando a verificarsi ciò che temevo. - si decise a parlare per primo Albus, accarezzando la barba.
- Continuo a trovare un po’ sibilline queste tue affermazioni Albus ma, forse, ho intuito a cosa ti riferisci. - rispose Minerva, socchiudendo gli occhi.
- Suvvia, mi aspetto che una donna intelligente come te, partendo da una semplice intuizione possa arrivare ad una conclusione un po’ più certa!
- Pensi forse che … Lavinia e Severus?
- Gli opposti si attraggono quasi sempre, prima o poi, mia cara. E loro, senza ancora rendersene conto, si sono attratti fin dal primo momento.
- Ti dirò che la cosa non mi dispiacerebbe affatto e non capisco perché a te preoccupi tanto. Che cosa hai da temere?
- Purtroppo non è tutto così semplice. Severus non può cancellare il suo passato, che continua a pesargli in modo indicibile, e che ha condizionato e condiziona tuttora le sue scelte e il suo modo di essere. Non può nemmeno modificare il presente che, attualmente, lo espone a rischi grandissimi, come sappiamo perfettamente entrambi…
Minerva annuì con un sospiro, mentre Albus continuava:
- Tu hai visto come Lavinia ha reagito stasera al solo pensiero che lui avesse corso il rischio di morire. – Il preside incrociò le mani sopra la lunga barba, scoccando alla McGranitt un’occhiata eloquente.
La professoressa abbassò gli occhi e fissò il pavimento riflettendo per un attimo sulle parole del vecchio mago.
- Ho capito, Albus. Hai paura che Lavinia, accanto a lui, possa soffrire.
- Vedi, Minerva, amo Lavinia come una figlia e, conoscendola bene, ho tanta paura che in futuro, se mai davvero quei due ragazzi decidessero di … beh… ehm… diciamo così, approfondire seriamente il loro rapporto, possa morire di dolore nel caso dovesse succedere qualcosa a Severus.
- Ma che dici, Albus? Che cosa dovrebbe succedere? Non voglio nemmeno pensarlo! E poi forse stiamo precorrendo un po’ i tempi con la fantasia, non trovi?
- Hai ragione mia cara, mi sono lasciato trascinare un po’ dall’entusiasmo. So solo che per mia nipote non potrei desiderare nulla di meglio, ovviamente, perché un uomo come Severus non potrebbe che aiutarla a crescere e maturare. Lei stessa inoltre avrebbe l’effetto di un balsamo benefico per quel benedetto ragazzo, e lo costringerebbe di sicuro a uscire da un isolamento che dura da troppo tempo. – esclamò Albus, sospirando soddisfatto all’idea di quella prospettiva.
- Tisana anche per noi, stasera, signor preside? – gli chiese la professoressa tornata di buon umore e fece apparire due tazze ricolme della bevanda fumante.
- Volentieri, grazie, professoressa McGranitt e poi… che ne direbbe di una partitina a scacchi, prima di andare a dormire? – propose il vecchio mago con occhi azzurri che brillavano sornioni, e si accinse a sorseggiare con sommo piacere l’infuso, il cui aroma aveva gradevolmente profumato lo studio.
 
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view post Posted on 22/8/2017, 10:12
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LUNEDI’, 15 OTTOBRE, ore 12:30

- Hai visto che schianto di insegnante di sostegno hanno spedito dal Ministero per sostenere Paciock? – stava esclamando con entusiasmo Ron Weasley rivolto a Seamus Finnigan, seduto accanto a lui, mentre Lavinia passava tra i tavoli proprio alle loro spalle.
La donna non potè fare a meno di scoccare un’occhiata feroce alla testa rossa di Ron di cui si accorse solo Hermione, seduta dirimpetto a lui, che la fissò un po’ interdetta.
Dopo l’avventura di venerdì la giovane insegnante aveva trascorso un week end molto tranquillo in cui si era rilassata, divertendosi a fare qualche giro in mountain bike e a leggere un trattato di Magia Post Avanguardistica.
Tutto ciò le aveva fatto completamente rimuovere la presenza di quella insopportabile gatta morta della Fairchild a Hogwarts; cosa che Ron, però, le aveva ricordato impietosamente.
Innervosita si diresse al suo posto, accanto a Lupin, che stava già servendosi di pasticcio di rognone.
- Ah, sei qui. - la apostrofò, vedendola arrivare.
- Ho dovuto terminare di correggere alcuni compiti. – rispose lei, sbrigativa, domandandosi perché avesse sentito il bisogno di giustificare il leggero ritardo. Quindi, in automatico, alzò gli occhi verso la parte di tavolo dove prendeva posto il professor Piton, notandone l’assenza.
- Ebbene sì. Anche qualcun altro è in ritardo. - Nel tono di voce di Remus le parve di cogliere una nota vagamente allusiva.
Si voltò di scatto e lo pescò a osservarla con una strana espressione sul viso.
- Mmmmm… che c’è oggi per pranzo? – chiese, scrutandolo con diffidenza.
- Zuppa di funghi, patate arrosto, pasticcio di rognone…- attaccò Remus, elencando il menù con ostentata indifferenza.
- Bè, si può sapere che ti prende? Dove vuoi arrivare con quell’aria innocente e che cosa significa il tono con cui hai detto la prima frase? - lo aggredì blandamente Lavinia con un mezzo sorriso. Remus stava per controbattere ma si bloccò, guardando oltre le spalle dell’amica.
Lei si voltò, seguendo la direzione in cui andava il suo sguardo, e si irrigidì all’istante nel vedere avanzare, proprio al centro del corridoio e diretto al tavolo degli insegnanti, Severus Piton intento a discutere con Melissa Fairchild.
- Wow! E bravo Severus! Ecco il motivo del ritardo. – ridacchiò Remus, dedicandogli un piccolo applauso solitario.
Lavinia, che a quel commento avrebbe volentieri rovesciato il contenuto del piatto in testa all’amico, cercò di mantenere l’espressione del volto più impassibile che mai. Ma mentre seguiva con lo sguardo i due che, saliti i gradini del soppalco, si avviavano chiacchierando verso i loro posti a sedere, sentì lo stomaco annodarsi.
Osservò come Severus si accomodava al tavolo con fare morbido e sinuoso. Anche la donna fece altrettanto, sedendosi con grazia al posto che le era stato riservato accanto a lui.
Lavinia serrò la bocca e il sangue ribollì nelle vene.
- Non mangi, mia cara? - incalzò Remus, osservandola con la coda dell’occhio.
- Non ho molta fame… oggi - rispose secca lei.
- Che ti prende? Di solito hai un appetito da farmi invidia.
- Non so. Oggi va così, non mi sento in forma. – borbottò, vaga, tenendo gli occhi sempre fissi su Piton e la Fairchild che si passavano le portate. Cercò di spiluccare qualcosa ma lo stomaco respingeva invariabilmente il cibo. Capì che non sarebbe riuscita a ingoiare nemmeno un chicco di riso. L’unica cosa che avrebbe fatto in quel momento era quella di alzarsi, giungere silenziosamente alle spalle della gatta morta, afferrarle la testa e tuffarle quella faccia perfetta e odiosa nella zuppa di funghi.
- Molto carina la nuova insegnante di sostegno, che ne dici? Ed è anche intelligente e simpatica. Oggi ho avuto modo di scambiare quattro chiacchiere con lei e mi ha detto che si fermerà a scuola per questi primi giorni; il tempo sufficiente per ambientarsi e decidere con Severus la linea di condotta migliore da seguire per il recupero di Neville. - mentre Remus proseguiva beatamente il suo monologo, Lavinia pensò che se l’amico non l’avesse piantata ci avrebbe pensato lei a interromperlo, ficcandogli il tovagliolo in bocca.
Lo fissò con occhi che avevano cambiato colore ed erano diventati grigi, freddi e taglienti come il diamante. Remus si bloccò, con la forchetta a mezz’aria: se lo sguardo di Lavinia avesse potuto incenerirlo, ora di lui ci sarebbe stato sicuramente solo un mucchietto di polvere sparso sulla sedia.
- Credo che non mangerò, oggi. Anzi, credo che andrò in camera mia a terminare di correggere i compiti…- ringhiò lei e, sbattendo il tovagliolo sul tavolo, lo abbandonò con espressione infastidita.
- Lavinia! – cercò di richiamarla Remus ma lei era già scesa dalla pedana che ospitava il tavolo degli insegnanti e si dirigeva con passo fermo verso l’uscita in fondo alla sala.
Remus guardò verso il preside che aveva osservato la scena dal suo scranno e lo stava interrogando da lontano con lo sguardo, ma non potè fare altro che stringersi nelle spalle e scuotere la testa.
Sospirò, poi si alzò, guardando sconsolato il pasticcio di rognone che gli ammiccava invitante dal piatto, e si affrettò a inseguire Lavinia.


Severus Piton sbirciò ancora, con molta accortezza, verso quella parte del tavolo dove la giovane insegnante di Levitazione stava con tutta probabilità avendo una discussione con il docente di DADA. E gli sembrò anche in modo abbastanza alterato.
Quindi, intanto che Melissa Fairchild continuava imperterrita ad elencargli le strategie di insegnamento e sostegno che avrebbe adottato nei confronti di Paciock, notò con la coda dell’occhio che la ragazza, dopo aver sbattuto il tovagliolo sul tavolo, si era alzata per andarsene. Per tutti i Gargoyle! Pareva proprio che non avesse toccato nemmeno cibo, e che dunque tirasse aria di burrasca tra i due.
Si sorprese a godere malignamente della cosa. Tentò di seguire l’evolversi della vicenda ostentando indifferenza, mentre annuiva distrattamente alla Fairchild fingendo interesse e, allo stesso tempo, si dedicava alle patate nel piatto.
Vide Remus decidere di seguire la ragazza dopo qualche attimo di tentennamento.
“Bene, bene la coppia è un po’ ai ferri corti oggi. Ecco, bravo, corrile appresso, Lupin. Adesso ti sei accorto, vero, di come non sia tanto facile stare dietro a quel piccolo concentrato di polvere da sparo!” pensò soddisfatto.
Quando anche Remus fu uscito dalla Sala Grande, cercò di concentrarsi sulla Fairchild che, atteggiando la boccuccia da bambola in una smorfia leziosa, aveva attaccato a raccontargli come si fosse diplomata a pieni voti anche in Metodologia dell’Insegnamento di Filtri Magici.
Guardandola con aria assente pensò a come la noia che gli provocava fosse decisamente pari alla sua bellezza. Tentò di seguirla educatamente per un paio di minuti, giusto solo per compiacere alla richiesta supplichevole che gli aveva fatto qualche giorno prima la professoressa McGranitt di essere cortese e socievole nei confronti della nuova insegnante. Poi, sfinito dalle sue chiacchiere, scelse di tornare a dedicarsi completamente alle patate.


- Lavinia apri! Apri, ti dico. O devo buttare giù la porta? – Remus Lupin stava bussando insistentemente alla camera della ragazza da qualche secondo, senza ottenere risposta.
Dopo un altro paio di tentativi, quando stava ormai per rinunciare, sentì lo scatto della serratura e la porta si aprì dolcemente.
L’uomo entrò domandando permesso e si guardò attorno. Lo scenario che si presentò ai suoi occhi era desolante.
Numerosi oggetti e cocci di ciò che erano stati oggetti interi giacevano sparsi sul pavimento. Lo specchio delle brame pareva intatto ma molto scosso, la bicicletta era appoggiata di sghimbescio a una parete vicino al letto, e il disordine regnava incontrastato.
La donna, seduta allo scrittoio con una pila di compiti corretti davanti a lei, stava giocherellando con una penna d’oca e fissava, assorta, un punto indefinito tra le pergamene e il calamaio.
- Non dire niente, lasciami indovinare: hai fatto tutto tu, qui dentro, con la tua testolina, vero? – esordì il mago, scegliendo di dare alla sua voce un’inflessione leggera.
Lavinia non rispose e continuò a giocherellare con la penna d’oca.
- Cara la mia ragazza, credo proprio che tu ti sia cacciata in una situazione alquanto delicata. continuò Remus, in tono molto cauto, andando a sedersi sul letto.
- Ma cosa diavolo vuoi insinuare? Non ti capisco. – reagì a quel punto lei, stizzita.
- Mia cara, sei strana, intrattabile, il tuo umore non è mai stato così ballerino e collerico e stasera a cena hai dato il meglio (o forse sarebbe meglio dire, il peggio) di te, confermando definitivamente i miei sospetti.
La giovane donna fulminò l’amico con uno sguardo color della tempesta, ma lui non si fece impressionare e proseguì, imperturbabile.
- Ti sei lasciata prendere da una crisi di gelosia bella e buona che, credo, abbia intuito perfino tuo zio seduto dieci posti più in là rispetto a noi!
- Remus ma che cosa stai…
- Lavinia, ammettilo, è così evidente: ti sei presa una bella, sana cotta per Severus!
- Ma…ma… ma che… Oh, ma senti questa! Io? Io… io… di quel… quel…
Lavinia si alzò di scatto e prese a passeggiare nervosamente per la stanza, incapace di trovare le parole che esprimessero l’indignazione alle illazioni assurde dell’amico.
- Senti, non c’è bisogno di essere dei geni per capire quello che cosa ti sta passando per la testa. Sei un libro aperto e fra noi non ci sono mai stati segreti. Forse non vorrai ammetterlo a te stessa, ma le tue reazioni negli ultimi giorni sono a mio avviso prove innegabili.
- Ma ti ha dato di volta il cervello? Ma se non ho fatto altro che parlarti di Piton in termini negativi, se ben ricordi. E adesso mi tiri fuori questa teoria pazzesca?
- E allora spiegami perché soffri la sua indifferenza, sei delusa quando ti respinge, ti arrabbi quando litigate, il tuo sguardo a tavola va solo in un’unica direzione. E stasera, se avessi potuto strangolare quella poveretta…
- Ah, e la poveretta sarebbe quella tal Mel“A”ssa “miss perfettina” Fairchild, per caso? – sibilò Lavinia in tono velenoso.
- Ecco, lo vedi? – la rimbeccò Remus, serafico, guardandola in tralice con espressione inquisitoria.
- E allora perché ti da così fastidio la presenza di quella bella ragazza? Forse perché per ragioni di lavoro sarà costretta a stare sempre alle calcagna di Severus, e temi che lui possa esserne… attratto?
Lavinia trattenne il respiro. Remus purtroppo aveva colpito nel segno, per quanto lei stesse tentando di cacciare dalla testa tutte quelle strane idee e sensazioni che da un po’ di giorni vi si affastellavano, tormentandola.
L’amico fraterno aveva ragione ma, nonostante l’avesse ancora una volta compresa alla perfezione e messa alle corde, preferiva negare ancora a tutti i costi l’evidenza.
Il fatto era che non voleva ammettere che proprio a lei fosse capitata una cosa del genere! Ultimamente continuava a ripetersi che, con ogni probabilità, ciò che sentiva maturare dentro era solo un capriccio passeggero, che le sarebbe bastato concentrarsi con un po’ di buona volontà e di raziocinio per tornare ad essere padrona dei propri sentimenti.
Ma tutto ciò sembrava non funzionare e si sentiva sempre più spiazzata e soprattutto preoccupata dal fatto che, proprio quelle emozioni che si era convinta di poter gestire in scioltezza, avessero preso una direzione sbagliata. Innamorarsi di Severus Piton sarebbe equivalso ad un tentativo di suicidio, e questo lo sapeva benissimo.
Fissò con aria desolata l’amico, senza sapere bene cosa dire. Lui si alzò e le si avvicinò, prendendole le mani in modo delicato e affettuoso.
- Lascia che le cose si evolvano da sole, Lavinia – mormorò con tenerezza. – Non opporti ai tuoi sentimenti: accettali, vivili e stai serena. Smettila di lambiccarti e tormentarti. Non domandarti che cosa potrebbe succedere. Sì, hai capito bene: non cercare di soffocare quello che provi per lui, ma aspetta di vedere quello che accadrà; e ricordati che Severus non è quel mostro che vuole apparire! Non temere, quando tu dovessi aver bisogno, ci sarò qui io.
Lavinia sentì riproporsi il solito fastidioso nodo alla gola che da qualche tempo a quella parte si presentava un po’ troppo spesso e abbracciò l’amico con gratitudine.
Appoggiò la testa sul suo petto lasciandosi andare a un lungo sospiro, a cui lui rispose con una risatina garbata.
Infine si domandò perché accidentaccio, se proprio doveva succedere una cosa del genere, non le fosse più semplicemente capitato di innamorarsi di Remus.



MARTEDI’, 16 OTTOBRE, ore 21:30


I corridoi che conducevano alla sua stanza quella sera parevano più bui e minacciosi, nonostante fossero rischiarati come sempre dal fuoco che ardeva nei bracieri.
Lavinia affrettò il passo, sentendone risuonare sulla pietra del pavimento l’eco breve e sinistra.
Non poté fare a meno di voltarsi più volte a controllare che non ci fosse nessuno dietro a lei.
Non capiva che cosa le stesse capitando. Era a Hogwarts, al sicuro, e non in mezzo ad una strada nebbiosa di Londra, in piena notte!
Eppure una strana sensazione di inquietudine l’aveva assalita non appena, augurata la buonanotte a Remus e alla professoressa Sprite con i quali si era dilungata a fare quattro chiacchiere dopo cena in Sala Grande, aveva svoltato l’angolo del corridoio principale da cui si diramavano altre percorrenze.
Ad un certo punto, imboccando l’ultimo lungo corridoio deserto che fiancheggiava il chiostro, le parve di percepire un lieve rumore là dove, appena dietro un braciere, si apriva una nicchia profonda nella parete.
Deglutì, rallentando il passo. Pensò che non avrebbe potuto sfilare davanti alla nicchia seminascosta nella penombra, senza impedirsi di immaginare che ci fosse nascosto qualcuno. Iniziò ad aver paura sul serio.
Avanzò piano, dandosi della sciocca, e scrutò la curva a gomito in fondo al corridoio, quasi completamente immersa nel buio: avrebbe dovuto raggiungerla per imboccare proprio l’ultimo tratto prima di arrivare in camera, ma avvertì anche come l’angoscia stesse crescendo.
Sentì il respiro divenire sempre più rapido e il cuore aumentare i battiti; tuttavia decise di farsi coraggio e di proseguire proprio per quella direzione, senza cambiare strada.
Procedette ancora di qualche passo quando, all’improvviso, avvertì la temperatura abbassarsi con rapidità e iniziò ad avere forti brividi di freddo.
Ancora più stupita per quello strano e irrazionale fenomeno si strinse nel mantello color pervinca che aveva addosso quella sera. Notò come dalla bocca avesse preso ad uscirle uno sbuffo di condensa, cosa che generalmente caratterizzava le giornate più fredde d’inverno. Incominciò a preoccuparsi seriamente.
Accelerò decisa a chiudersi il più presto possibile in camera. Ma che stava succedendo quella sera?
Un terribile senso di angoscia seguì, immediata, alla sensazione di gelo ancora più crescente. Pensieri orribili e di profonda infelicità presero ad attanagliarle il cervello, soffocando ogni tentativo di ragione.
Lavinia emise un grido strozzato sempre più avviluppata nel suo mantello; tentò di scappare ma, con la coda dell’occhio, notò qualcosa di molto simile ad un fantasma che stava scendendo dolcemente sul prato del chiostro.
Osservò paralizzata dal terrore lo strano essere che stava dirigendosi verso di lei scivolando sul terreno. Tendeva davanti a sé le mani lunghe e scheletriche più simili ad artigli, il volto, quasi sicuramente impossibile da sostenere alla vista, era nascosto da un cappuccio ed esalava un respiro putrescente.
In un attimo che sembrò un’eternità Lavinia rimase paralizzata in mezzo al corridoio, lo sguardo vitreo fisso sulla creatura da incubo che stava approssimandosi a lei.
Fu allora che si sentì afferrare per un braccio da una mano decisa, e strattonare all’interno della nicchia nascosta dietro il braciere.
Perse l’equilibrio, ma la stessa mano la sostenne con fermezza e si ritrovò, senza quasi rendersene conto, schiacciata in uno spazio angusto assieme ad un’altra persona.
- Non fiatare e guarda di là, verso il muro. – le sussurrò all’orecchio la voce autoritaria del Potion Master.
La donna si riprese dallo stato catatonico che l’aveva attanagliata fino a qualche attimo prima e guardò in su, cercando il volto dell’uomo nella penombra.
Incontrò i suoi occhi neri e scintillanti alla luce delle fiamme del braciere. Poi si rese conto di come il proprio corpo aderisse completamente al suo, tanto da non permettere quasi di effettuare un movimento. Imbarazzata cercò di frapporre tra loro una debole barriera e appoggiò - anche se con qualche titubanza - le mani sul petto dell’uomo. E quando i palmi ne registrarono la morbidezza e il calore arrossì, nonostante il momento non fosse di quelli più indicati.
- Ti ho detto di voltare la faccia verso il muro, svelta, e non respirare: i Dissennatori non vedono, ma possono udire il respiro di un essere vivente anche a parecchia distanza! – le ordinò Piton in un soffio, e sembrò non essersi accorto del gesto istintivo della ragazza.
Lavinia obbedì, voltò il viso verso la parete della nicchia e lo nascose contro il petto dell’uomo che, con un rapido movimento, la strinse a sé avvolgendola completamente nel suo mantello nero.
Quindi chinò il capo su di lei, lasciando così che i lunghi capelli corvini scendessero a coprirle interamente il volto.
Ora erano perfettamente mimetizzati nel buio della nicchia, un’unica macchia nera fusa con l’ombra.
La ragazza chiuse gli occhi, trattenne il fiato e tese le orecchie, tenendo la guancia premuta sul petto dell’uomo. Avvertì la soffice piacevolezza del suo torace sotto la stoffa leggermente ruvida della giacca, e percepì il lieve aroma di erbe, misto al delicato profumo personale, di cui era impregnata. Sentì la presenza della fila di bottoncini subito dietro la nuca, e ascoltò il rassicurante battito appena più veloce del suo cuore, rimanendo alquanto stupita del fatto che anche lui ne possedesse uno.
Poi ebbe la chiara percezione che il Dissennatore stesse passando lentamente davanti all’entrata della nicchia.
Udì distintamente il suo respiro terribile, simile ad un risucchio, e ancora la sensazione di gelo associata a un tremendo senso di vuoto e infelicità.
Temette che la creatura da incubo avesse intuito la loro presenza nella nicchia, e il tempo parve fermarsi. Aprì gli occhi per un istante ma non vide altro che buio, allora li serrò di nuovo.
Le braccia di Piton aumentarono la pressione attorno alle sue spalle; si strinse maggiormente a lui ed ebbe l’immediata percezione di poter resistere al terribile richiamo di morte.
Non seppe quantificare il tempo in cui rimasero in quella posizione aspettando che il Dissennatore si allontanasse, definitivamente convinto che in quel corridoio non ci fosse anima.
Ad un certo punto, però, udì il mago accennare qualcosa al fatto che il pericolo probabilmente era passato e lo sentì sciogliere delicatamente l’abbraccio.
- Pare che stavolta se ne sia andato davvero. - sussurrò il professore.
- Ma… ehm… ne siamo proprio sicuri? - farfugliò lei, senza accennare a sollevare la testa dal petto dell’uomo.
- Ne sono ragionevolmente sicuro, non avverto più la sua presenza. Quello che non concepisco è come abbia potuto scendere fino ai corridoi. E’ qualcosa di inaudito! Domani Caramell ci sentirà: l’accordo con il Ministero era che i Dissennatori potessero pattugliare i confini più esterni del castello alla ricerca di Black, ma con l’obbligo tassativo di stare lontani dalla scuola! – sbottò il Potion Master, tetro, e diede un’occhiata a Lavinia in attesa che questa si decidesse a staccarsi da lui.
- Vogliamo per sicurezza aspettare ancora un momentino, così… tanto per essere proprio sicuri che al Dissennatore non sia per caso venuto in mente di ritornare a dare un’ulteriore controllatina? - rimarcò la ragazza, continuando a stargli incollata.
- Per… cortesia… ehm… possiamo uscire da questo… spazio angusto, prima che mi venga un attacco di claustrofobia? Ti assicuro che è tutto a posto, adesso - mormorò imbarazzato lui, cercando timidamente di disincastrarsi.
- Sì, certamente, scusa… Scusa tanto e grazie per… avermi salvato da quella cosa immonda. - blaterò lei, staccandosi dal collega.
Abbandonò la nicchia e, una volta sul corridoio, si riaggiustò nervosamente mantello e capelli, maledicendo il cuore che aveva ripreso a tambureggiare.
- Non devi ringraziarmi. Anch’io ti devo… insomma, sì… l’altro giorno, alle Grotte…- mormorò l’uomo, ed era chiaro come fosse un po’ a disagio.
La giovane insegnante cercò di guardarlo negli occhi, ma riuscì a farlo solo di sfuggita. Quel tanto che le bastò, comunque, per rendersi conto di come anche lui fosse in difficoltà a incrociare il suo sguardo.
- Per fortuna c’eri tu stasera per i corridoi, oltre… oltre, sì insomma… a quella roba…- tentò di buttarla sul ridere, sentendosi allo stesso tempo abbastanza imbecille.
- Beh, sì. Immagino sia stata una fortuna. Stavo rientrando nei Sotterranei e tu eri subito dietro di me, probabilmente, quando ho avvertito per primo la presenza del Dissennatore. Così mi sono nascosto nella nicchia e ho sentito arrivare te e lui quasi nello stesso momento.
Nessuno dei due parlò più, e per qualche attimo si creò un silenzio imbarazzato.
Infine i loro sguardi si attrassero, come se una potente forza calamitante avesse costretto i penetranti occhi neri del mago e quelli azzurri e limpidi della giovane strega a cercarsi e incontrarsi.
Confusa e turbata la ragazza sentì una schiera di farfalle svolazzare impazzite nello stomaco; dovette fare un enorme sforzo per trattenersi dall’avvicinarsi a lui e allungare le mani per toccarlo, anche se avrebbe potuto farlo benissimo. Severus era lì, davanti a lei, nero, imponente, immobile.
Aveva il controllo totale di ogni muscolo del volto e del corpo, ma non solo, perchè - e ora la giovane se ne rendeva conto – era come se in quell’istante lui stesse esercitando un controllo totale anche su di lei e sulle sue emozioni.
Solo gli occhi color della notte, che parevano tizzoni ardenti, stavano forse tradendo in parte quello che aveva dentro.
Lavinia era però troppo impegnata a cercare di capire che cosa le stava accadendo a livello profondo, per rendersene conto.
Le venne solo da pensare a come, qualche giorno prima, le fosse scaturito all’improvviso il desiderio di provare a stare tra le sue braccia. E, dopo averlo immaginato con tanta e tale intensità, sembrava quasi che quanto era appena accaduto fosse la risposta alle sue strampalate fantasie.
Fino a qualche istante prima si era trovata stretta a lui e, doveva ammetterlo, l’esperienza era stata decisamente piacevole.
Si era sentita molto bene, come mai avrebbe pensato: sicura, al caldo, protetta e inattaccabile.
Tanto che ora non stava desiderando altro che tornarci, tra quelle braccia, dannazione!
Respirò a fondo, obbligandosi a recuperare un briciolo di lucidità.
Nello stesso istante anche gli occhi dell’uomo tornarono ad essere impenetrabili.
- Io… credo di aver bisogno di una bella dormita…- confessò la ragazza, con un filo di voce.
- Sì, certo, ti accompagno davanti alla porta della camera. – rispose lui, in tono profondo e pacato, e a Lavinia, in quell’istante, sembrò che la sua voce assomigliasse in modo sorprendente a quella bassa, intima e suadente del suo Specchio. Altro colpo basso!
Si riscosse e incrociò le braccia come a volersi difendere. Guardò il mago darle le spalle e avviarsi verso il fondo del corridoio con la sua morbida falcata.
- Coraggio miss O’Connor, si sbrighi. E’tardi e io devo ancora passare nello studio di suo zio per informarlo di ciò che è capitato stasera! – la spronò a seguirlo, con accento sottilmente ironico.
- Sì subito, la ringrazio tanto, professore. – cinguettò lei, rispondendo a tono.
Era sempre in difficoltà quando si trattava di stargli al passo, e se ne ricordò nel momento in cui iniziò a trotterellargli dietro senza più aprir bocca, fino a che giunsero davanti alla sua camera.
Severus attese che aprisse la porta; poi la guardò ancora, aspettando che entrasse.
E lei, per un attimo, rimase impalata sull’entrata, credendo e sperando che volesse abbassarsi a sfiorare lievemente le sue labbra con le proprie, per augurarle la buonanotte.
Ma quando lui, per farle finalmente decidere di varcare la soglia, la aiutò, sospingendola delicatamente oltre, si sentì solo ancora più idiota.
Mormorando un “ciao, buonanotte” secco, afferrò la maniglia della porta e la tirò a sé velocemente, ponendo quindi bruscamente fine a qualsiasi fantasia.
La giovane rimase in piedi dietro al battente chiuso, ancora un po’ stralunata, ascoltando i passi dell’uomo che si allontanavano nel corridoio.
- Che ti è successo, piccola? – la apostrofò lo Specchio, notandola vicino alla porta chiusa nell’atto di fissarla. - Ti ha fatto bere una pozione paralizzante?
Lavinia si riscosse, si voltò verso di lui levandosi il mantello e glielo lanciò addosso.
L’indumento si impigliò nella cornice, calando davanti alla superficie riflettente in modo tale da impedirgli la visuale.
- Zitto! A nanna adesso. Ti racconterò tutto, forse, se ne avrò voglia, domani!
E detto questo afferrò spazzolino e dentifricio, avviandosi con aria pensierosa e svagata verso il bagno.


*****



Il Potion Master rifece in senso inverso il percorso, diretto verso lo studio del preside.
Si guardò attorno, circospetto: non c’era più presenza di alcun Dissennatore adesso, ma quanto successo pochi istanti prima, a suo avviso, era da considerarsi davvero preoccupante.
Per quale motivo anche solo uno di loro aveva deciso di effettuare una sortita all’interno della scuola? Ma, soprattutto, come ci era riuscito, eludendo i sistemi di sicurezza di cui Hogwarts era ben provvista?
I suoi passi risuonavano sinistri nei corridoi deserti.
Da ore ormai gli studenti si trovavano nei rispettivi dormitori, ma non osò pensare a ciò che sarebbe successo se la creatura avesse scelto un altro momento per attuare la sua incursione.
Continuava ad arrovellarsi sull’accaduto anche per un altro motivo, di cui si rendeva conto molto bene, e cioè per evitare di ripensare al momento in cui aveva tenuto Lavinia tra le braccia.
Tra un’elucubrazione e l’altra tornava ostinata a riproporsi la sensazione di piacere che aveva provato pochi momenti prima, sentendola stretta contro di sé, così piccola e delicata, così indifesa.
Era consapevole di come il suo cuore, nonostante il disperato tentativo messo in atto per controllarlo, avesse accelerato i battiti.
Aveva solo sperato che lei non se ne accorgesse, ma intuì che non poteva certo confidare troppo su quella aspettativa.
Scordò il Dissennatore e si sentì quasi costretto a lasciar vagare la mente.
Ripensò al profumo delicato e fragrante percepito quando aveva chinato il capo su di lei, al benefico calore del suo corpo, alla voglia intensa di rimanere in quella nicchia e in quella posizione per tanto tempo ancora.
Eppure, invece di approfittarne, aveva fatto di tutto per allontanarla subito da sé, non appena il pericolo era svanito.
Sapeva di non poter permettere ad alcun sentimento di prendere il sopravvento su di lui; sapeva anche che non avrebbe mai coinvolto nessuno al suo fianco, tanto meno colei che era nipote di quel vecchio svitato di Silente. E per di più legata, in qualche modo, a quell’altro elemento di Lupin!
Il problema però sussisteva, ed era grave: non poteva certo negare a se stesso di desiderare quella donna, maledizione!
Si era proprio accorto di desiderarla fisicamente e mentalmente.
Non riusciva ancora bene a capire come avesse potuto succedere a lui, così abile in tutti quegli anni a respingere qualsiasi tentativo di approccio di quel tipo.
Ma, soprattutto, come fosse potuto accadere di provare attrazione proprio per quella calamità naturale formato bonsai!
Eppure, continuando a maledirsi, ripensò a poco prima nel corridoio, a quando avrebbe voluto baciarla accarezzarle il viso impaurito. Avrebbe voluto stringerla ancora a sé e sussurrarle che non aveva nulla da temere finchè ci sarebbe stato lui, lì accanto, a proteggerla.
Per tutti i Gargoyle! Che cosa diavolo gli era successo? Gli era forse andato in pappa il cervello?
Per un attimo temette di essere caduto vittima di un sortilegio ordito dalla ragazza.
Cercò di ricordare se ultimamente qualcuno - certamente assoldato da lei - gli avesse dato da bere qualcosa di particolare.
Gli venne in mente di essere sceso brevemente nel week end a Hogsmeade, ma senza passare dai Tre Manici di Scopa. Quindi non aveva incontrato nessuno e di conseguenza non aveva toccato nemmeno un goccio di burrobirra…
O forse la ragazzina, che aveva dato prova di possedere insospettabili, forti poteri mentali, aveva eluso le sue barriere da occlumante e si era introdotta nei principali circuiti del suo cervello, condizionando i sentimenti?
Ma come era stato possibile fosse avvenuta una cosa del genere, senza che lui se ne accorgesse?
E a che accidenti di conclusioni paranoiche stava arrivando?
Ecco, ora stava impazzendo definitivamente, per la barba di Merlino!
Si fermò, meditabondo, più preoccupato della sua sanità mentale che del fatto che un Dissennatore fosse sceso quella sera nei corridoi.
Si accorse quasi per caso di essere arrivato davanti al Gargoyle che nascondeva l’entrata dello studio di Silente.
Passò stancamente una mano sul viso e pronunciò con chiarezza la parola d’ordine, affinchè il mostro di pietra si spostasse e rivelasse l’apertura oltre cui la scala a chiocciola sempre in movimento conduceva all’ufficio del preside; sospirando si infilò nel passaggio, fermamente deciso a dimenticare il profumo di Lavinia e ad abbandonare, almeno per il momento, ogni fantasia su di lei.



VENERDI’, 19 OTTOBRE, ore 17:00

Hagrid percorse il tragitto tra la sua capanna e la sala professori più velocemente possibile.
Silente quella mattina gli aveva comunicato che il Collegio Docenti era stato anticipato a quel pomeriggio, anziché svolgersi come previsto il lunedì seguente.
Ciò a causa di un evento molto particolare e preoccupante avvenuto un paio di giorni prima; fatto che aveva generato la necessità di dover anticipare la discussione dell’ordine del giorno a cui era stata apportata modifica.
Era in grave ritardo ma aveva dovuto accudire agli Ippogrifi nel recinto, perciò tentò di recuperare il tempo perduto attraversando di corsa il cortile di fronte ai corridoi. Cosa che fece tremare il terreno attorno.
Argus Gazza, intento a inseguire Pix che stava dilettandosi a versare per i corridoi l’intero contenuto di un sacco di farina rubato nelle cucine, fu quasi travolto dal mezzo gigante diretto in sala professori.
Hagrid perse altro tempo profondendosi in scuse verso il povero Gazza che, furibondo, perse invece di vista il poltergeist e dovette rassegnarsi a scopare tutti i corridoi.
Infine l’omone giunse dinnanzi alla porta della sala professori con il fiato corto. Spinse piano la porta ed entrò mentre si stava già tenendo la riunione in un clima abbastanza teso.
Si avvicinò silenziosamente, per quanto gli consentiva la mole, al posto che occupava d’abitudine, cioè quello accanto al professor Piton. Ma si bloccò, interdetto, perché si accorse che la sedia era già impegnata.
Guardò smarrito la bellissima ragazza, vestita con un elegante completo turchino, che vi era seduta; poi rivolse lo sguardo incerto al preside.
- Siediti pure qui, alla destra della professoressa McGranitt, Rubeus. – intervenne Silente, interrompendo per un attimo il discorso che stava rivolgendo agli insegnanti.
- Mi scusi, signor Preside… Scusate il ritardo… ci ho avuto da fare con gli ippogrifi!
- Sì, sì Rubeus, non ti preoccupare. La riunione è appena iniziata, e come avrai notato il tuo posto per oggi è stato assegnato a miss Melissa Fairchild, l’insegnante di sostegno a Paciock. E’ stata lei stessa a richiederlo, in modo tale da poter sedere accanto al professor Piton con cui sta elaborando una strategia di recupero per il nostro Neville. – gli chiarì Silente.
Hagrid annuì con il testone e guardò la splendida miss Fairchild, sorridendo timidamente.
Lei ricambiò con il suo abbagliante sorriso, che per un attimo lo mandò in confusione.
Rivolse quindi un’occhiata al Potion Master, seduto accanto alla donna, e colse una strana smorfia sul suo viso come se si fosse lasciato sfuggire un’impercettibile alzata di occhi al cielo.
Il Guardiacaccia, mentre si accomodava vicino alla vice preside, guardò per caso anche verso Lavinia seduta di fronte a lui, e fu impressionato nel sorprendere brillare nei suoi occhi una sorta di furore contenuto, che lei cercò di camuffare abbassando lo sguardo sulle pergamene.
- Dunque, miei cari colleghi…- la voce del preside che riprendeva il discorso interrotto lo riportò alla riunione. Si accinse ad ascoltarlo, lasciando perdere di riflettere sulla bizzarra espressione di Lavinia.
La ragazza, dal canto suo, proseguì a tamburellare nervosamente sul tavolo con la punta della sua penna d’oca.
Remus, di fronte a lei, la stava tenendo d’occhio.
- Stavo dicendo che la presenza di un Dissennatore per i corridoi della scuola, ad un’ora così insolita, mi ha costretto a prendere alcuni provvedimenti nei confronti del nostro sistema di sicurezza. Ho deciso quindi di apportare delle migliorie.
- Ma ha già segnalato la cosa a Cornelius Caramell, signor Preside? – chiese preoccupata la professoressa Sinistra.
- Naturalmente è quello che ho fatto subito. Ho già contattato il Primo Ministro, prima di ogni altra cosa! –
- E che cosa ha risposto al fatto che uno dei suoi mostruosi cani da guardia abbia avuto la sfrontatezza di scendere fino nel corridoio, mettendo in serio pericolo l’incolumità di due dei nostri professori? - ansimò la Cooman.
Tic…tic…tic-tic-tic…tic…
- Il Ministro si è mostrato del tutto sorpreso per quanto era successo e la sua reazione mi è parsa piuttosto sincera.
- Ma non possiamo correre il rischio che la cosa si ripeta! Quale soluzione ha proposto? - intervenne il professor Vitious di cui si intravedeva solo la faccia, dal naso in su.
Tic…tic-tic-tic…tic…tic…tic
- Bè, a dire la verità, non si è pronunciato su una possibile alternativa ai Dissennatori come elementi di pattugliamento al di fuori delle mura del castello. Mi ha solo ribadito che la cattura di Sirius Black è, e deve restare l’obiettivo primario in questo momento. Per cui, il rischio che possano succedere ancora degli episodi…
Ti-tic…tic…tic-tic…tic-tic-tic
- Insomma, Lavinia, mi faresti la cortesia di smetterla di picchiettare con la punta della penna d’oca sul tavolo?
- Oh… sì, scusa zio… stavo pensando…
- Grazie, cara. Dunque, a quanto pare catturare Sirius Black a ogni costo, secondo Caramell e secondo il Ministero, può valere bene il rischio che qualche Dissennatore si comporti a volte come un cane sciolto.
- Sì, certo, ma… Sento che tutto ciò non è di buon auspicio e potrà portarci ad un ineluttabile, terribile destino fatto di ardue prove da superare! – profetizzò tetra Sibilla Cooman, con aria ispirata, senza dar peso agli sguardi fulminanti dei colleghi.
- Ma che cosa potremmo fare noi insegnanti, in particolare, per garantire l’incolumità dei nostri ragazzi? – si intromise con voce flautata miss Fairchild, appoggiando vezzosamente il gomito al bracciolo della sedia e il delizioso visino alla mano.
Lo stomaco di Lavinia si ritorse. Scoccò un’occhiata feroce dalla sua parte, certa di pescare l’insegnante di Pozioni in muta contemplazione della collega, proprio come stava facendo in quel momento il professor Vitious con aria ebete.
Ciò che vide invece fu un Piton molto tranquillo, intento a scartabellare con espressione seria e concentrata tra le pergamene, senza prestare attenzione a quello che stava dicendo la donna accanto a lui.
- Quello che possiamo fare noi insegnanti è di continuare a tenere gli occhi bene aperti, soprattutto dopo una certa ora, assicurandoci che l’orario di rientro nelle Sale Comuni sia rispettato senza discutere dagli studenti. E poi controllare che i sistemi di sicurezza e protezione della scuola siano sempre tutti attivi! Ora vi illustrerò quali modifiche sono stato costretto ad apportare con la collaborazione della professoressa McGranitt e del professor Piton. Questo perché ogni insegnante della scuola possa, in caso di emergenza, intervenire in qualunque modo e per qualsiasi evenienza anche in mia assenza. Severus passami la tua pergamena con il progetto, per cortesia. – decretò il preside, con aria grave.
Silente si dedicò quindi a una minuziosa spiegazione dell’elaborato sistema magico di protezione, mentre Lavinia ascoltava distrattamente le parole dello zio.
La sua mente tornava ancora con ostinazione a quanto successo negli ultimi due giorni, dopo l’episodio del Dissennatore. Giorni in cui aveva cercato di incontrare Severus da solo, spinta dall’insostenibile esigenza di parlargli. Senza però purtroppo mai riuscirvi.
L’insegnante di Pozioni, quando non spariva misteriosamente, era il più delle volte impegnato anche dopo l’orario di lezione con qualche studente in punizione. O altrimenti era sempre tallonato da Melissa Fairchild e dalle sue strategie di recupero. Lavinia, a proposito di ciò, era sempre più convinta che queste fossero bieche scuse per marcare stretto l’uomo.
Nei confronti di quella smorfiosa nutriva ormai una tale avversione che, potendone avere l’opportunità, l’avrebbe molto volentieri trascinata per i capelli fino in cima alla guferia per poi gettarla di sotto senza alcuna pietà.
Il problema era che si sentiva sempre più infelice, incapace di fare altro che non fosse pensare a lui.
Mentre lui, ovviamente, dopo l’episodio della nicchia non l’aveva più degnata nemmeno di uno sguardo.
E per la legge che impone che le cose che non si possono avere siano quelle più bramate, Lavinia si rendeva conto ormai di essere quasi sull’orlo della pazzia per quanto forte era il desiderio di trascorrere ancora qualche improbabile momento di solitudine con lui.
Sentiva bisogno della sua presenza, di guardarlo, di perdersi nei suoi occhi fondi e neri, di toccarlo. Una specie di ossessione, insomma.
Si era accorta, con grande sgomento, di non aver mai provato una cosa del genere per nessun altro uomo. Il fatto poi che lui ostentasse indifferenza nei suoi confronti, la stava consumando con malefica lentezza.
Ma ciò che risultava più paradossale e assurdo era il fatto che, se qualcuno all’inizio dell’attività scolastica le avesse preannunciato che a un certo punto avrebbe perso la testa per Severus Piton, lei stessa si sarebbe adoperata per farlo internare con urgenza presso il reparto di neuropsichiatria del San Mungo.
Il povero Remus stava cercando di starle vicino e di consigliare la strategia migliore da seguire; ma anche lui era il più delle volte sconcertato dall’atteggiamento dell’amica, impossibile da prevedere.
Lavinia era sempre tesa come una corda di violino, dal momento che la gelosia per la Fairchild la accecava, oltre all’impossibilità di avvicinare l’uomo per chiarire con lui una qualsiasi, dannatissima, piccola cosa.
- E ora che credo di avervi abbondantemente annoiato con il progetto di sicurezza di Hogwarts, miei cari insegnanti, possiamo procedere al vaglio del secondo ordine del giorno, e concederci la possibilità di discutere di cose più piacevoli. – comunicò amabilmente il vecchio preside.
- Passiamo finalmente a parlare delle decorazioni che abbelliranno la Sala Grande in vista di Halloween e della serata speciale che ho in mente di organizzare! – esclamò, mentre gli occhi azzurri brillavano come ad un bambino a cui si è appena presentata l’opportunità di buttarsi su una immensa torta al cioccolato.
L’ora che seguì trascorse velocemente tra le discussioni di chi suggeriva di far ordinare ad Hagrid un centinaio di veri pipistrelli vampiro della Birmania, da appendere tra le volte della sala, e chi invece avrebbe preferito come coreografia la presenza di una enorme zucca illuminata e parlante, da posizionare ai piedi della pedana su cui troneggiava il tavolo dei professori.
Il tutto completato da altre zucche volanti più piccole e da fuochi fatui.
Quando finalmente si misero d’accordo, Silente alzò una mano a decretare che il Collegio Docenti poteva ritenersi concluso.
- Benissimo, cari colleghi: messo agli atti dalla professoressa McGranitt che, quest’anno, la Festa di Halloween prevederà un cenone senza precedenti, allietato da uno spettacolo pirotecnico e dall’intervento di artisti e giocolieri del Circo Magico di Madama Moira, vi lascio liberi di tornare ai vostri alloggi, in attesa di rivedervi in sala Grande per cena fra… esattamente mezzora! A dopo, dunque. – concluse Albus, alzandosi con sveltezza e avviandosi all’uscita.
Lavinia raccolse i pochi, imprecisi appunti che aveva preso durante la riunione e scattò in piedi a sua volta.
Con lo sguardo rivolto al pavimento scivolò in fretta verso la fine del lungo tavolo di quercia, passando alle spalle di Madama Bumb e della professoressa Sinistra; quando però alzò gli occhi, sentì il cuore fare una capriola.
Severus, ancora seduto al proprio posto, mentre raccoglieva gli appunti la stava guardando con un’espressione indefinibile.
Distolse lo sguardo sentendosi avvampare e anche lui fece altrettanto, tornando a concentrarsi sulle pergamene sparse sul tavolo.
Non appena fu sul corridoio aspettò che Remus la raggiungesse.
L’amico arrivò dopo qualche secondo e Lavinia stava per aprire bocca a commento di ciò che si era appena discusso quando, subito dietro di lui, apparve Piton.
L’uomo le scoccò un’altra occhiata penetrante e nel suo stomaco presero a svolazzare impazzite miriadi di farfalle.
Forzando una noncuranza che non sentiva provò ad accennargli un timido sorriso speranzoso: quello era il primo contatto decente che tornava ad avere con lui dopo due giorni di vuoto assoluto!
L’insegnante di Pozioni le rivolse un breve cenno di capo in risposta, degnò Lupin di un’espressione vagamente infastidita, tornò a guardare la collega e poi, raddrizzando le spalle con la solita aria controllata, si incamminò con passo morbido per il corridoio prontamente affiancato dalla Fairchild che si voltò rivolgendo loro un vezzoso saluto a manina spiegata.
E Remus dovette impedire quasi con la forza a Lavinia di inseguirla, decisa a strapparle i capelli.
Recuperato a fatica un certo controllo, la giovane si accasciò sul sedile di pietra del colonnato.
- Remus, sto troppo male. Che devo fare? Che devo fare, aiutami… – mormorò, sull’orlo delle lacrime, fissando come ipnotizzata i due che si allontanavano insieme.
- Non so proprio come, ragazza mia. - le rispose sconsolato l’amico. – Potessi farlo con un colpo di bacchetta magica, credi che non ti avrei già portato Severus su un vassoio d’argento? Purtroppo con i sentimenti, neanche la magia può nulla…
- Forse con un Filtro d’Amore… - azzardò lei.
- Non dire sciocchezze. Lo sai meglio di me che i Filtri e le Pozioni d’Amore sono spazzatura, al pari di una delle migliori performance di preveggenza della Cooman. E poi, che tristezza, abbassarti ad un espediente così meschino…
- Machisseneimporta! Meglio meschina che in queste condizioni. Remus, che faccio? Io sto diventando matta. Non mi è mai capitato di stare così. Guardami, sono in uno stato pietoso, e non ho alternative!
- Merlino… abbi pietà di me… – sospirò il mago, paziente. - Devi solo calmarti, non tenere fisso il pensiero su di lui, credere in te stessa e nelle tue capacità di seduzione, te l’avrò già ripetuto almeno quaranta volte.
- Ma non posso, maledizione: non riesco a non pensare che per lui ho la stessa valenza di un paiolo e che in questo momento è per i corridoi con quella… quella specie di sirena deambulante al cui confronto sembro un’attrazione da Circo. Oh, Remus, non ce la faccio a non sentirmi come completamente passata attraverso un tritacarne! – strillò la ragazza.
- Santo cielo, ma come hai potuto ridurti…
- Non lo so… Secondo me qualcuno mi ha lanciato un incantesimo. O una fattura!
Remus emise un lungo sospiro, alzando gli occhi al cielo.
- Lavinia di questo passo finirai sicuramente in analisi. O ci farai finire me. Ripenso con nostalgia ai bei vecchi tempi, quando mi raccontavi di come detestavi Severus con tutta te stessa.
La ragazza guardò in su, verso l’amico, con occhi talmente acquosi che a Remus venne da ridere, nonostante non fosse il momento più adatto.
- Ok, penseremo a cosa fare. Adesso però sbrighiamoci: ci attende una bella e succulenta cena in Sala Grande e, a volte, non c’è niente di meglio che riempire lo stomaco per vedere le cose sotto un’ottica migliore. - decise di rispondere per cercare di sviare la testa dell’amica da quella fissa.
- Sarà, ma non so come fai a pensare al cibo in un momento come questo…- borbottò Lavinia poco convinta. Quindi seguì docilmente Lupin per il corridoio in cui erano rimasti solo loro due a discutere.

*****



Severus si domandò per quale motivo gli fosse piombata tra capo e collo una maledizione simile. Erano giorni ormai che l’insegnante di sostegno non gli dava tregua e, onestamente, non ne capiva fino in fondo il perchè.
Escludendo a priori che potesse essere interessata a lui come uomo, non riusciva a intravedere altra risposta. Aveva perfino provato a scaricarla a Vitious - il quale, evidentemente, non aspettava altro - ma dopo poco se l’era vista tornare con uno dei suoi sfavillanti sorrisi e con la scusa di dovergli chiedere consigli su una pozione restringente che, a suo dire, non le era mai riuscita in modo soddisfacente.
Anche adesso, mentre cercava di servirsi dei broccoli con le patate, Melissa Fairchild continuava a parlare.
Aveva provato a osservarla attentamente per scoprire se, per caso, era provvista di qualche congegno utile a spegnerla. Ma niente, la ricerca si era rivelata infruttuosa.
In più, oltre a essere in grado di trovare sempre un argomento nuovo su cui dilungarsi in chiacchiere, era stupefacente come fosse capace di materializzarsi al suo fianco in qualsiasi momento non stesse facendo lezione. Sospettò fosse dotata di radar.
Proprio a lui doveva capitare una cosa del genere che, quando aveva retto con qualcuno una conversazione per più di un quarto d’ora, quel qualcuno poteva ritenersi molto fortunato.
Gli argomenti che riusciva a tirare in ballo erano svariati: dal sostegno di Neville era passata ad elencare tutte le pozioni esistenti al mondo, con relativi ingredienti. Poi gli aveva raccontato della sua (per fortuna ancora breve) vita, prima come studentessa modello e, successivamente, come insegnante assunta al Ministero.
Quindi gli aveva rivolto un sacco di domande su Hogwarts, sul corpo docente, su di lui e sulle sue abitudini. Domande che aveva eluso regolarmente.
Inoltre il tono della sua voce era arrivato ad infastidirlo talmente, da convincerlo ormai che a livello di cervello la poveretta potesse vantare ben poco.
Ma c’era qualcosa che, in quei giorni, lo stava disturbando oltremodo.
Qualcosa che non aveva messo in conto e mai avrebbe pensato potesse accadere: il sentimento che stava crescendo sempre più prepotente nei confronti di quella piccola strega dagli occhi color del cielo.
Anche in quell’istante avrebbe dato qualsiasi cosa per averla lì, al posto di quella bambola parlante.
Sbirciò furtivamente verso di lei, seduta dall’altra parte del tavolo.
Erano un paio di giorni che osservandola - stando molto attento a non farsi cogliere nell’atto - la notava pensierosa, imbronciata, svogliata nel mangiare, quasi più pallida.
Probabilmente il litigio in corso con quel Lupo Mannaro idiota le aveva lasciato strascichi negativi sull’umore, e di questo se ne dispiacque.
Lavinia era sì folle, disordinata, qualche volta troppo superficiale e pasticciona, ma era anche piena di vita, amabile, gioiosa e intelligente. Se non fosse stato nella maledetta condizione di dover allontanare ogni possibile tentazione sentimentale, lei sarebbe stata senz’altro la donna giusta per portare luce e calore nella sua vita.
Vederla in quelle condizioni lo rattristava. Ma tanto lui che cosa poteva farci?
Sapeva solo che se in quell’istante ci fosse stata Lavinia seduta accanto, la cena sarebbe stata infinitamente migliore.
Avrebbero scambiato battute ironiche e taglienti, e si sarebbe divertito a prenderla in giro, sicuro di trovare in risposta pane per i suoi denti.
Poi l’avrebbe guardata a lungo, con intensità, in quegli occhi chiari e limpidi in cui più di una volta si era perso e le avrebbe confessato che…
No, no, no… Che pensiero assurdo!
La cosa migliore, l’unica cosa da fare, era quella di smetterla di fantasticarci sopra.
Erano solo sogni a cui doveva dare un taglio definitivo, (anche se ciò non sembrava riuscirgli molto bene) perché, prima di tutto, Lavinia aveva già scelto un altro.
E poi, se anche così non fosse stato, mai e poi mai una persona come lei piacevole, solare e istintiva, si sarebbe potuta innamorare di un uomo triste, noioso, arido e nero come lui.



MARTEDI’, 23 OTTOBRE, ore 16:30

- Allora, sei riuscita a parlargli? – domandò lo Specchio con voce setosa.
- No! Sono tre giorni che mi chiedi la stessa cosa ogni volta che entro in camera. Vuoi capire che con lui non avrò mai più la possibilità di parlare, o di sperare in qualcosa che almeno gli assomigli? - ribatté Lavinia, acida, imbronciandosi.
- Ma per quale motivo ti dai per vinta a priori?
- A priori?! Ascoltami bene, caro: a Severus di me non importa proprio un bel niente, e non è esattamente il tipo che può cambiare idea a riguardo. Per cui ti prego di non tornare più sull’argomento per il prossimo decennio, dal momento che sto facendo una fatica sovrumana a mettermi il cuore in pace.
- Suvvia ragazza mia non posso crederci. O almeno non dopo quello che mi hai raccontato riguardo la sera in cui avete incontrato il Dissennatore…
- Che c’entra il Dissennatore, ora? Cancella tutto. Probabilmente… anzi, no, certamente, mi sono messa in testa idee che hanno trovato spazio solo nel mio cervello. – sospirò la ragazza, voltando le spalle allo specchio mentre fingeva di sistemare alcuni abiti fuori posto.
- Ti trema la voce…
- Ma la vuoi piantare?
- Dai che hai voglia di raccontarmi ancora di come trovi affascinante il suo modo di muoversi, intriganti i suoi occhi, sexy la sua bocca, attraente la sua voce e…- insinuò con voce suadente lo specchio.
- Adesso basta! Guarda che se non la smetti ti rivendo subito al primo rigattiere di Diagon Halley. Sei insopportabile.
- E tu getti le armi con troppa facilità, mia piccola strega. – replicò lo specchio dalla voce morbida e sinuosa.
- Sappi che non ti reggo più. Io tento in tutti i modi togliermelo dalla testa e tu non fai altro che rigirare il dito nella piaga. Maledetto il giorno che mi è venuto in mente di raccontarti tutto. – sbottò esasperata lei, e afferrato il mantello uscì stizzita dalla stanza sbattendo la porta.
- E ricordati che, di norma, è molto difficile che mi sbagli! - le gridò dietro lo specchio. Ma ormai Lavinia era troppo fuori portata per poterlo sentire.


La ragazza vagò senza meta nei corridoi per un buon quarto d’ora, cercando di calmarsi.
I bracieri ardevano già, illuminando gli ambienti quasi immersi nella penombra del tardo pomeriggio.
Tutto ciò rendeva l’idea di come le giornate di fine ottobre si fossero ormai accorciate. Cosa che però contribuì a metterle addosso una malinconia ancora più pesante.
Decise che avrebbe cercato la professoressa McGranitt e le avrebbe chiesto di prendere un buon thè assieme a lei.
Forse era la soluzione migliore: un thè caldo e aromatico con i biscotti di zia Minerva, accompagnati da quattro chiacchiere tranquille, sarebbero stati un toccasana per il suo povero cuoricino in subbuglio.
Aveva bisogno solo di non pensare, di non avere gente o specchi attorno che le chiedessero come stava e le dicessero cosa doveva fare.
Si avviò verso gli alloggi della vice preside, imboccando il corridoio su cui si apriva la porta della biblioteca con lo sguardo pensieroso fisso al terreno.
Ma a metà strada, alzando gli occhi dal pavimento, scorse dalla parte opposta, in lontananza, l’alta e nera figura del Potion Master che stava avanzando verso di lei.
Il cuore perse un colpo e lo stomaco allo stesso tempo si attorcigliò, provocandole un lieve senso di vertigine. Si guardò attorno in cerca di una via di fuga: ora che, finalmente, aveva la possibilità tanto agognata di incontrare l’uomo a tu per tu, e senza nessuno a gravitargli attorno, sentiva che l’agitazione non le avrebbe permesso di formulare una sola frase connessa.
Quindi doveva evitare ad ogni costo di incontrarlo, per evitare di fare una figura meschina con cui si sarebbe giocata ulteriori punti.
Anche Piton, scorgendola, aveva rallentato visibilmente. Tuttavia il corridoio non presentava nessuna diramazione in quel punto, perciò la collisione apparve a entrambi inevitabile.
“L’unica cosa che potrei fare è infilarmi in biblioteca. Se affretto il passo, adesso…” pensò lei, mentre la distanza tra loro continuava a ridursi pericolosamente. Calcolò quanto tempo ci avrebbe messo a raggiungerla, prima di incrociare l’uomo, e l’impresa le parve comunque disperata.
“Potrei sempre imbucarmi in biblioteca, ma dovrei accelerare il passo, adesso…” rifletteva intanto lui, preoccupato, misurando le distanze.
“Non ce la farò mai…”
“No, non riuscirò mai ad arrivarci prima di lei…”
Un altro passo, e un altro passo ancora. Lavinia, nel panico crescente, cercò di mantenere con disinvoltura lo sguardo rivolto a terra, mentre Severus fissava con ostinazione un punto davanti a sé, fingendosi molto concentrato su qualcosa di grande importanza.
Inevitabilmente però, si ritrovarono l’uno di fronte all’altro proprio davanti alla porta della biblioteca. Entrambi, con l’aria molto imbarazzata di chi non sa come attaccare discorso, furono così costretti a guardarsi.
“Digli qualcosa, imbecille! Hai sognato questo momento ogni minuto del giorno e della notte da cinque giorni a questa parte, e adesso…”
“Dille qualcosa, idiota! Avresti pagato oro per averla seduta vicina a tavola e per poterle parlare, e adesso…”

Continuarono a fissarsi come era già successo la sera del Dissennatore, mentre la luce delle fiamme dei bracieri danzava sui volti.
Non c’era nessun altro lì, a parte loro, e si resero finalmente conto della piena solitudine e del silenzio magico da cui erano completamente avvolti.
Severus mosse allora qualche passo verso il porticato; Lavinia fece altrettanto, senza staccare i propri occhi da quelli ardenti dell’uomo, e sentì perfino mancare il respiro da quanto era arrivato a batterle forte cuore.
Giunto infine vicino a una delle colonne il mago sollevò un braccio e ve lo appoggiò, accarezzando quasi la pietra con la mano. Si piegò in avanti penetrandola sempre più a fondo con lo sguardo. La stava desiderando come mai gli era capitato di desiderare qualcosa in tutta la vita.
Lavinia avvertì forti brividi percorrere la pelle, mentre il cuore martellava brutalmente in gola.
Fece un piccolo passo in avanti e protese il proprio volto verso quello dell’uomo, il quale si chinò con estrema lentezza verso di lei, deciso ad andare fino in fondo a costo di perdere faccia e reputazione.
Vide la sua bocca, morbidamente socchiusa, avvicinarsi piano e rimase ipnotizzata per qualche frazione di secondo ad osservare incantata le sue labbra sottili e ben disegnate: quelle labbra che aveva desiderato più di ogni altra cosa.
Credette di svenire, poi si riprese, chiuse gli occhi e si avvicinò di un altro piccolo passo a lui, sollevandosi sulle punte dei piedi.
Lui accennò a portare al viso della ragazza la sua mano e lei allungò le proprie con l’intenzione di appoggiargliele di nuovo sul petto e avere ancora sotto le dita la fila interminabile di bottoncini.
Erano talmente vicini, ormai, così vicini da poter avvertire il proprio respiro fondersi in quello dell’altro…
Quando, all’improvviso, la porta della biblioteca si spalancò e la voce inconfondibile di Neville Paciock lacerò l’aria.
- Professoressa Lavinia!
Il Potion Master staccò velocemente la mano dal viso della ragazza, si ritrasse nell’ombra del colonnato come punto da un serpente a sonagli e tentò di ricomporsi, riaggiustandosi il mantello.
La giovane insegnante invece sobbalzò come se le avessero rovesciato in testa un secchio di acqua gelata e spalancò gli occhi addosso al ragazzo che stava trotterellando verso di lei con il faccione illuminato da un radioso sorriso.
Non ci poteva credere!
- Professoressa, che fortuna incontrarla: avevo proprio bisogno di chiederle una cosa sulla lezione di domani.
Ora era costretta a crederci!
- Neville… - farfugliò, inorridita, cercando con lo sguardo il professor Piton che intanto aveva riacquistato un’espressione impenetrabile.
- Oh… la disturbo professoressa? – si fermò, in un primo momento interdetto, ma poi impaurito quando si accorse della presenza nell’ombra dell’insegnante che temeva più di ogni altra cosa.
- No, Neville, non mi disturbi affatto. – sospirò, rassegnata, e si passò una mano sugli occhi predisponendosi ad ascoltare lo studente.
- Bene, professoressa, la saluto e la lascio alle richieste del suo allievo modello. – mormorò Piton in tono basso, carico di sarcasmo, e lanciò uno sguardo talmente affilato a Paciock che questi fece un passo indietro, spaventato.
- No, aspetta un attimo… ehm… credo che Neville abbia bisogno di pochi minuti per chiedermi quella cosa… non è vero, caro? Se puoi aspettare, un attimo solo. Dovrei parlarti anch’io di una cosa piuttosto urgente e importante. – replicò Lavinia, guardando con aria supplichevole Paciock che annuì vigorosamente con il testone.
- Mi spiace, non posso fermarmi oltre, ho un impegno. E comunque credo sia del tutto inutile. - asserì l’uomo in tono distaccato.
- Che cosa intendi per… del tutto inutile? – mormorò lei, sentendo l’ansia montarle dentro.
- Intendo dire che è del tutto inutile parlarne.
Severus la fissò per un attimo che le parve eterno; un attimo in cui credette di scorgere un guizzo di rimpianto affogare nel nero immobile e assoluto dei suoi occhi.
Poi si piegò di nuovo su di lei, avvicinando la bocca al suo orecchio.
– Non pensiamoci più, Lavinia. Anzi, facciamo che non sia successo nulla. Ti chiedo per favore di dimenticare quello che è avvenuto poco fa, e di non cercarmi più. - le sussurrò, velocemente, in modo tale che il ragazzino non sentisse.
- Ma come… aspetta… io… io… tu non puoi… – balbettò, sbigottita, notando appena il breve cenno che le indirizzava ad indicare Paciock, con cui considerava chiusa la conversazione al cospetto dello studente.
Tacque, sentendosi morire, mentre Piton li superava in silenzio, sfiorandoli con il mantello.
Anche Neville non osò proferire parola, perché, pur non avendo compreso bene che cosa stesse succedendo, aveva capito comunque che qualcosa non andava.
Lavinia seguì per un po’ l’incedere di Severus con sguardo infelice, finché la penombra non lo inghiottì.
- Qualche problema, professoressa? – domandò timidamente il ragazzo.
- No, no… va tutto bene, Neville. Va tutto bene, non ti preoccupare. – rispose, tentando di mantenere ferma la voce. – Ora dimmi di che cosa hai bisogno. – rialzò la testa accennando ad un sorriso forzato per rincuorarlo. Ma si stupì del fatto che non avvertisse il rumore del suo cuore che si stava sgretolando in mille pezzi, con molto fragore.

*****



“Tu sei pazzo, pazzo… Assolutamente pazzo! Lei era lì, stava quasi per baciarti, dannazione, mancava un soffio. E poi avrebbe voluto parlarti, ti aveva appena dimostrato che da parte sua ci poteva essere dell’interesse. Ma tu, piccolo, stupido uomo cerebroleso che cosa hai saputo dirle? Soltanto: - Mi dispiace… facciamo finta che non sia successo niente, né stasera né l’altra sera né mai… Dimentica tutto quanto e buonanotte… Ma, soprattutto, da ora in poi cerca di non starmi più tra i piedi! – Dammi retta: tu devi essere caduto da una grande altezza da piccolo e devi aver battuto molto forte la testa!”

“Seeeee… E Lupin? Chiaro che lei non può provare niente per te, perché è interessata al Lupo Mannaro, non scordartelo. Molto più probabile che stasera abbia deciso di approfittare della situazione per provare a giocare un po’ al gatto con il topo, divertendosi alle tue spalle. Sicuramente adesso starà ridendo di te assieme a lui, raccontandogli di come il serio, scontroso, irreprensibile professor Piton sia stato ad un passo dal cadere nella rete come un allocco! Fai conto che sia stato un po’ come ai vecchi tempi, quando tutti si divertivano a prendere in giro il povero, brutto, solitario Mocciosus.”

“No, no, no… non è possibile… Perché tu sei sicuro di quello che le hai letto dentro per un attimo, vero? Tu hai letto il suo desiderio, e non puoi fare finta di non averglielo visto riflesso anche negli occhi. E’che ormai hai una fottuta, straordinaria paura di lasciarti andare a qualsiasi sentimento. Hai il terrore di rimanerne irrimediabilmente coinvolto e di non sapere bene cosa fare, di come comportarti. Ma soprattutto hai tanta paura di soffrire ancora, come è già successo tante volte nella tua vita, quando hai perso le persone che amavi di più.”

“Non illuderti, lo sai perfettamente che quella piccola strega si sta prendendo gioco di te. Lei è così volubile, non esiterebbe un attimo a manipolarti a suo piacimento per poi buttarti via… Non ti sembra un po’ impossibile che una così possa sentirsi attratta da te? Guardati, Severus: non ti curi del tuo aspetto e dimostri almeno dieci anni in più di quelli che hai. Guardati, avanti… Tu non attrai le persone: tu le respingi! Ma come ti è potuto passare per la testa che lei, così bella e solare, potesse prendere anche solo lontanamente in considerazione l’ipotesi di innamorarsi di te? E poi ricorda che, se anche così fosse, il tuo passato salterebbe fuori comunque. E a lei non potrebbe che fare orrore un uomo come te…”

Severus smise di percorrere a lunghi passi il perimetro della sua stanza e sentì il cervello andargli in fumo.
Si trovava in quelle condizioni ormai da più di un’ora, tanto era il tempo trascorso da quanto era accaduto nel corridoio della biblioteca.
Era quasi ora di salire in Sala Grande per cena e aveva ancora pochi minuti per riprendere in pugno l’abituale controllo sulle emozioni. Pochi istanti per ricomporsi nell’abituale smorfia di perenne, gelida indifferenza che ormai caratterizzava il suo volto da tanti anni a quella parte.
Si sedette sul letto e affondò il viso tra le mani. Con che faccia l’avrebbe guardata quella sera, incrociandola a tavola ma soprattutto lei, con che espressione l’avrebbe guardato?
O forse, dopo ciò che le aveva intimato prima di andarsene, lei non lo avrebbe davvero mai più degnato di uno sguardo. Questo pensiero lo fece stare ancora peggio.
Si riscosse, andò in bagno, fece scorrere l’acqua e si risciacquò il viso.
Poi si erse in tutta la statura, chiuse gli occhi un momento e strinse le labbra prima di aprire la porta per uscire: “Avanti, professor Piton, non sei più un ragazzino e questo comportamento non ti si addice davvero. Sei il temuto insegnante di Pozioni, un uomo rigido, senza cuore e privo di sentimenti. Ora, dunque, non devi far altro che salire per cena e continuare a recitare la tua parte…”
Detto questo si chiuse accuratamente la porta della stanza alle spalle e si avviò, a passo lento e solenne, per i corridoi dei Sotterranei.


*****




- E adesso che ti ho confidato tutto che cosa mi rispondi, zietto? – Lavinia aveva appena terminato di riversare il contenuto di quei giorni così intensi e sofferti sull’unica persona con la quale, forse, avrebbe dovuto parlare da subito.
Zio Albus, con la sua conoscenza profonda della natura umana, la sua saggezza e il suo equilibrio, avrebbe di certo trovato all’istante una soluzione ai suoi tormenti.
Le dedicò uno sguardo sornione, accarezzandosi piano la barba, con un’espressione che era un mix tra il soddisfatto e il divertito. Seduti sull’intervallo di muretto, tra una colonna e l’altra, con le gambe a penzoloni rivolte verso il cortile, rimasero a lungo in silenzio ad osservare le ombre di quella serata tersa che stavano inghiottendo pian piano l’ultima sezione di prato davanti a loro.
- Non mi sembri sorpreso più di tanto. – mormorò la giovane, ad un tratto, sbirciandolo con la coda dell’occhio.
- Non lo sono infatti, mia cara…
- Avevi già intuito tutto, vero?
- Sapevo che avrebbe potuto succedere… - ridacchiò il vecchio preside, mentre l’ultimo bagliore di luce colpiva i suoi occhialini a mezzaluna facendoli brillare. – E la cosa non mi sembra così sconvolgente.
- Ma, zio, ti sto dicendo che non mi sono mai sentita così prima d’ora. – sbottò la nipote, spazientita.
- Certo, ho capito. E io ti ripeto che non mi sembra una cosa così drammatica!
Lavinia lo guardò con aria diffidente, accigliandosi.
- Personalmente trovo che innamorarsi sia una delle cose più belle che possa capitare a una persona. Eh…quando ripenso anch’io alla mia gioventù…
- Sì, zio, sarà anche una delle cose più belle… Probabilmente quando si è ricambiati.
- Perché? Severus non ti ricambia?
- Ma, mi stavi ascoltando mentre parlavo poco fa, o devo scoprire che fino ad ora ho confidato tutte le mie pene alle colonne?
- Ti ho ascoltato perfettamente e non sono ancora sordo. - ribadì Albus, continuando a ridacchiare. - Mi ricordo soprattutto che mi hai raccontato come, un paio d’ore fa, siate perfino stati quasi lì lì per baciarvi, nel corridoio davanti alla biblioteca. E se non fosse intervenuto sul più bello quello sciagurato…- A questo punto il preside non riuscì più a trattenersi dal ridere di tutto cuore.
- Ma… zio, insomma… non vedo che cosa ci sia poi di così divertente! – reagì l’altra, risentita.
- Oh, ehm… sì, scusa bambina mia. E’ solo che ho immaginato la scena e trovo che, se non fosse per il tuo povero cuore spezzato, sarebbe degna di una commedia comica a sfondo sentimentale. Ma adesso ascoltami bene, mia cara. – riprese il preside cercando di riacquistare un piglio professionale.
- Sono proprio sicuro che tu e lui siate fatti l’uno per l’altra, e che il destino vi abbia scelto fin dall’inizio perché vi incontraste proprio qui, a Hogwarts, dandovi appuntamento esattamente in questo lasso spazio temporale.
Lavinia sgranò gli occhi sul viso del vecchio mago, dove brillava maliziosa ancora l’ombra di un sorriso.
- Sì, mi hai sentito bene. Sono convinto che tutto ciò sia opera del destino. Altrimenti, per due persone così diverse, non si sarebbe mai potuta verificare alcuna possibilità di incontro. E io ne sono felice, ragazza mia: per come sei fatta, non avresti potuto innamorarti di uomo migliore! L’unico problema è che lui non sei tu. Questo perchè lui ha tempi e reazioni differenti dai tuoi. Anzi, più che differenti, direi diametralmente opposti.
- Vuoi dire che… – intervenne lei sempre più sorpresa.
- Voglio dire che devi avere tanta pazienza e lasciare che si renda conto del sentimento che sta nascendo in lui, che lo elabori e ne prenda atto. Ti assicuro che non gli sarà facile accettare una cosa del genere.
- E allora?
- E allora cerca di stare serena e di aspettare tranquilla che anche lui maturi la propria consapevolezza. Amare significa saper rispettare i tempi dell’altro, senza forzarlo a fare nulla che vada contro la sua volontà.
- Ma… allora… dici sul serio? Dici che anche lui…- Lavinia, rianimata dalla speranza, afferrò impulsivamente le mani dello zio.
- Dico che gli indizi che abbiamo in mano ci portano a sperare ragionevolmente in una soluzione piuttosto… positiva! – sancì il vecchio preside, assumendo una buffa aria cospiratrice.
- Giuramelo!
- Per la barba di Merlino! E come faccio a giurare su un sentimento altrui?
- Quantifica!
- Che cosa?
- Voglio dire: quanto tempo secondo te dovrò aspettare ancora, prima che Severus…
- Santo cielo, ma che cosa vuoi che ne sappia? Beh, per come lo conosco potrebbe anche succedere che domani si alzi dal letto e decida di dichiararsi. Severus quando stabilisce qualcosa non lascia trascorrere troppo tempo per passare all’azione! Piuttosto vorrei che tu rispondessi sinceramente alla mia domanda: sei sicura al cento per cento di ciò che provi nei suoi confronti? – Albus aveva un’aria seria, adesso.
Lavinia guardò nel buio del cortile, davanti a sé, riflettendo per qualche secondo.
Poi fissò gli occhi in quelli così simili ai suoi, che ammiccavano dietro agli occhialini in bilico sul naso.
- Perché me lo chiedi, zio Albus?
- Perché con Severus non puoi permetterti di giocare, mia cara. Sappi che se hai deciso di amare un uomo del genere, così dovrà essere per tutta la vita. O quanto meno devo assicurarmi che lo sia nelle tue intenzioni. Lui non può servire ad assecondare alcun capriccio. Quel ragazzo ha già sofferto abbastanza e, se solo dovessi intuire che ti stai prendendo gioco dei suoi sentimenti, sarei il primo a intervenire per far sì che nulla di tutto ciò abbia seguito. Anche a costo di mettermi contro di te. Sono stato chiaro?
Albus continuò a scrutarla con uno sguardo penetrante.
- Allora, bambina mia, che cosa mi rispondi? – la sollecitò, serio, e allo stesso tempo colse negli occhi della nipote un lampo di determinazione.
- Ti rispondo che sono sicura al mille per mille di quello che provo. Sono certa di non aver mai amato nessuno prima d’ora, così come sento di amare lui! – gli rispose con un sorriso dolce e radioso. Il preside annuì soddisfatto.
- Benissimo, Lavinia cara… - sospirò beato, dando un paio di colpetti affettuosi alla mano della nipote. – Ora possiamo raggiungere la Sala Grande per cena, non trovi? O hai ancora qualcosa da raccontarmi? – e fece l’atto di alzarsi dal muretto.
- Ti vorrei chiedere solo una cosa ancora…
Silente la guardò, un po’ circospetto.
- Severus nasconde qualcosa di molto grave, lo sento: mi sembra di avvertirne il peso ogni volta che lo guardo negli occhi. Tu ne sei al corrente, vero?
Il vecchio mago rimase immobile, osservando pensieroso il volto pulito di Lavinia che spiccava nella penombra del colonnato.
- In un certo senso… Ma questa sarà una cosa di cui ti parlerà lui, se e quando ne avrà voglia. - ammise, mantenendosi vago, e iniziò ad avviarsi lungo il corridoio.
Lavinia fissò per un attimo la schiena dello zio; quindi si alzò e lo seguì, continuando a rimuginare sulla quell’ultima risposta sfuggente fino a quando non giunsero davanti alla Sala illuminata dal cui interno proveniva già il rumore di posate al lavoro.



MERCOLEDI’, 24 OTTOBRE, ore 11,00

- Professoressa, professoressa!
- Che c’è da strillare, Neville?
- Guardi, presto guardi è fantastico! Ce l’ho fatta, ce l’ho fatta!
Tutti si voltarono a guardare verso il banco di Paciock e Lavinia si affrettò a raggiungerlo staccandosi dal quello di Lavanda Brown e Calì Patil.
Sorpresa guardò con enorme soddisfazione al risultato che finalmente il ragazzo era riuscito ad ottenere, e sorrise felice. Quella mattina i ragazzi si stavano esercitando a far levitare più oggetti insieme, fino a portarli per qualche secondo sopra le loro teste.
Hermione naturalmente era già riuscita al secondo tentativo a sollevare insieme l’astuccio per le piume d’oca, il calamaio e un paio di guanti, che ora galleggiavano sopra i suoi riccioli e che lei si stava divertendo a far ruotare lentamente, come fossero dei piccoli satelliti in orbita attorno al pianeta.
Harry e Ron avevano ancora delle difficoltà nel coordinarsi mentre Neville, concentratissimo, dopo parecchi tentativi andati a vuoto, era infine riuscito a portare gli oggetti sopra la testa in modo miracoloso. Eccitatissimo non osava muovere un capello per paura di deconcentrarsi.
Lavinia contemplò soddisfatta il calamaio, la pergamena e la penna d’oca che fluttuavano, traballanti, sopra il suo capo e gli dedicò un sorriso entusiasta.
- Bravissimo, Neville! Ora, se riesci, rimani così ancora per qualche secondo. La tua è una prova che oggi classificherò con una bella E! - aggiunse Lavinia, felice quanto lui del progresso, così come lo erano i compagni intenti a sostenerlo nell’impresa.
Ma Draco Malfoy agguantò di nascosto la bacchetta magica da sotto la divisa e la puntò furtivamente all’indirizzo di Paciock, sussurrando: - Caduta rovinosa.
La penna d’oca, la pergamena, ma soprattutto il calamaio, piombarono improvvisamente sulla testa del povero ragazzo; l’inchiostro contenuto nella boccetta si rovesciò interamente, provocando l’irrefrenabile scoppio di risa sguaiate da parte di Tiger, Goyle e del resto di Serpeverde.
Lavinia si voltò furibonda verso di loro, in tempo per cogliere Malfoy nell’atto di riporre velocemente la bacchetta sotto la divisa.
Si avvicinò senza parlare allo studente mentre Pansy Parkinson continuava a guidare gli ululati di sfottò dei compagni all’indirizzo del povero Neville che, mortificato, cercava di ripulire se stesso e il banco dall’inchiostro.
- Benissimo. Ora guardami attentamente negli occhi, ragazzino. - sibilò, piantando il proprio sguardo di ghiaccio in quello di Draco che zittì di colpo, intimorito.
– Prima di tutto sono venti punti in meno a Serpeverde e poi…- proseguì in tono soave e pericoloso, continuando a fissarlo.
Le iridi dell’insegnante avevano cambiato colore in modo impressionante, quando ad un tratto Draco alzò le mani contro la propria volontà e prese a schiaffeggiarsi con forza.
Davanti a Malfoy piagnucolante, che non riusciva a smettere di prendersi a sberle da solo, Tiger, Goyle e Pansy Parkinson ammutolirono inorriditi. Fu quindi il turno dell’altra metà della classe, quella costituita da Grifondoro, di mettersi a ridere fragorosamente.
La lezione proseguì ancora per qualche minuto; poi la campanella annunciò il cambio di ora.
Draco uscì dalla classe sempre intento a darsi ceffoni e intimò a Tiger e Goyle, tra uno schiaffo e l’altro, di accompagnarlo subito in infermeria.
Harry, Ron, Hermione e Neville, prima di lasciare a loro volta l’aula, si avvicinarono alla cattedra dove Lavinia stava riordinando alcune pergamene. Avevano larghi sorrisi felici stampati sul volto.
- Miseriaccia: è stata grande, professoressa, parola mia! – esclamò Ron, entusiasta, riferendosi a quello che era successo a Malfoy – Ma come ha fatto?
- Come ho fatto cosa? Io? Io non ho fatto proprio nulla, miei cari. Evidentemente il buon Draco ha capito da solo di aver esagerato e, sempre da solo, ha preso giusti provvedimenti nei suoi confronti. Che ragazzo intelligente! - cinguettò Lavinia con aria innocente.
- Verrà anche lei a Hogsmeade in gita, questo fine settimana? – le chiese speranzoso Harry.
- Sì dai, la prego venga: vedrà come ci si divertirà. – la supplicò Neville, arrossendo.
- Ma certo, farò il possibile. Sapete, ho ancora voglia di fare una visitina al negozio di Zonko, di passare da Mielandia e fare una puntatina ai Tre Manici di Scopa! Ora filate, che come al solito siete già in ritardo per l’ora di Erbologia.
I quattro ragazzi la salutarono e si avviarono svelti verso la porta ma, prima di imboccarla, Hermione che chiudeva il drappello si voltò ancora verso di lei:
- Professoressa, scusi se glielo chiedo, ma ha già deciso se verrà assieme a noi o ci andrà con il professor Piton?
Lavinia, colta alla sprovvista, rimase per qualche istante a fissarla a bocca aperta.
- Di che cosa stai parlando, cara? – farfugliò, subito dopo essersi ripresa dalla sorpresa.
- Oh di nulla, mi scusi e arrivederci! - ribattè un po’ confusa la ragazzina e si affrettò a raggiungere i compagni lasciando Lavinia in piedi, dietro alla cattedra a domandarsi che cosa diavolo avesse voluto intendere la Granger.
 
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view post Posted on 22/8/2017, 10:39
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SABATO, 27 OTTOBRE, ore 9:00

Argus Gazza, lunga pergamena con l’elenco degli studenti in mano, era in piedi al centro del grande cortile interno alla scuola, accanto a Minerva McGranitt. Attorno a loro i ragazzi dal terzo anno in su. Rispondevano all’appello che stava effettuando la vice preside, ognuno in attesa del benestare per potersi recare a Hogsmeade.
Poco più in là il professor Piton, la professoressa Sprite e il professor Vitious attendevano che la spunta degli studenti fosse terminata. In qualità di Direttori delle Case, avrebbero accompagnato i ragazzi in paese.
Lavinia giunse ai margini del cortile affollato di quella mattina brumosa di fine ottobre, dando un’occhiata all’andirivieni che lo animava.
Individuò subito la figura nera di Severus che spiccava sopra le teste dei ragazzi.
Come da copione, nei giorni che avevano fatto seguito all’episodio del bacio mancato, Severus non l’aveva più avvicinata.
Lei, invece, obbedendo alla sua richiesta di non cercarlo e ai consigli di zio Albus, si era macerata nell’attesa che succedesse qualcosa. Sì, ma che cosa?
Sospirò, avvolgendosi nel mantello grigio fumo, e continuò a spiarlo di sottecchi. Non poteva evitare che il cuore accelerasse i battiti mentre ammirava il modo in cui si guardava attorno con fare un po’ altero e annoiato, stanco di aspettare che quel trambusto avesse fine.
- Ehi, ripigliati! – udì la voce di Remus che l’aveva raggiunta, e ora stava facendo sventolare la mano su e giù davanti ai suoi occhi.
- Ma guardalo, Remus… guardalo, quant’è bello… - sospirò Lavinia, languida, senza staccare gli occhi dall’oggetto del desiderio.
Remus la fissò come se fosse diventata improvvisamente verde fluorescente.
- Ok, è ufficiale: ti sei bevuta totalmente il cervello. D’altra parte “l’amore è quella cosa che rende intelligenti le persone stupide e stupide le persone intelligenti”. Non so chi l’abbia detto, ma tu ne sei la prova vivente.
- Giusto. E io, prima, da che parte stavo?
- Uhm… Bella domanda a cui non saprei che rispondere… – Remus incassò il pugno sulla spalla che gli sferrò scherzosamente l’amica, e proseguì in tono ironico. – So solo che al momento la mia preoccupazione principale è come farti recuperare la ragione. Definire “bello” Severus è un sintomo preciso che accerta una grave perdita di senno, te ne rendi conto?
- Oh, Merlino! Ma, sta venendo da questa parte?! – squittì all’improvviso la donna, allarmata.
- Bene, ti mollo e vado a vedere se Minerva ha bisogno di una mano per la chiama.
Lupin si staccò prima ancora che lei potesse fermarlo, e la lasciò ad attendere che Piton la raggiungesse con passo deciso.
La ragazza, vedendolo avanzare, sentì il cuore andare a mille e le gambe liquefare. Avrebbe avuto bisogno urgente di una sedia su cui afflosciarsi, ma nonostante ciò riuscì a imporsi un contegno.
- Buongiorno, Lavinia… – esordì il mago, quando l’ebbe raggiunta. Era chiaro che stava cercando di mantenere un tono distaccato e professionale. – Vorresti spiegarmi che cosa ti è saltato in mente l’altro giorno, mercoledì per la precisione, durante la lezione con il terzo anno di Grifondoro e Serpeverde, di usare la Imperius su uno studente?
- Ti riferisci a quanto è successo a Draco Malfoy? - domandò, delusa e infastidita dal suo atteggiamento. Lasciò vagare quindi lo sguardo su Hagrid che era sopraggiunto in quel momento, evitando così di dover sostenere quello dell’uomo, freddo e inquisitorio.
- Già, mi riferisco proprio a questo. Mi è stato riportato tutto, e in un secondo momento ho parlato anche con Madama Chips. Lei stessa mi ha spiegato come sia stato difficile somministrargli un contro incantesimo.
- Beh, quante storie. Per un paio di schiaffi che non gli avranno potuto fare di certo che bene. - rispose lei, con noncuranza.
- Forse non hai capito bene: ti rendi conto di quello che hai fatto, scagliando una Maledizione Imperius su uno studente?
- Ma quale Maledizione Imperius? La classe mi è testimone che io non avevo in mano nessuna bacchetta, perciò non avrei potuto scagliare alcuna maledizione di sorta! – lo aggredì. Se era tutto lì quello che doveva dirle, poteva tornarsene tranquillamente da dov’era venuto e starci, assieme ai suoi protetti!
- Sei la solita testarda, incosciente…- sibilò il mago, dopo un attimo di silenzio teso. – Lucius Malfoy mi ha già chiesto spiegazioni riguardo all’accaduto. Ho dovuto inventarmi delle scuse improbabili per giustificare il tuo comportamento, non so se mi spiego: e tutto perché sei un’irresponsabile senza un briciolo di buonsenso!
- Sì, sì, ti sei spiegato benissimo e, anzi, scusami se ti ho costretto a discutere con sua signoria Lucius-Malfoy-dio-ce-ne-scampi-e-liberi…- sbuffò la donna, alzando gli occhi al cielo.
- D’altronde, qualora non te ne fossi ancora accorto, se quell’insolente, arrogante, maleducato di suo figlio avesse ricevuto qualche ceffone in più, adesso forse non saremmo qui a discutere della punizione che si è strameritato! E vuoi che ti spieghi anche per quale motivo se l’è meritata? – proseguì con tono di voce crescente.
- Abbassa la voce e cerca di essere ragionevole…- sussurrò gelido Piton, guardandosi attorno per il timore che anche qualcun altro potesse prendere parte al loro vivace scambio di battute.
- Sono ragionevolissima, ma anche molto seccata, e questo è il mio tono di voce. Piuttosto tu dovresti rivedere e correggere certi atteggiamenti troppo permissivi nei confronti di determinata gente. Ragazzini viziati e presuntuosi che ti ostini a giustificare e proteggere, per una tua opinabile questione di orgoglio!
Piton le scoccò un’occhiata che avrebbe polverizzato all’istante qualunque cosa, ma che Lavinia sostenne con aria di sfida, senza lasciarsi intimidire.
Quando però, senza aggiungere altro, l’uomo le voltò le spalle e si allontanò sdegnosamente con il mantello che si apriva a volute, si sentì come un sacco vuoto pronto ad afflosciarsi.
Remus si era riavvicinato da qualche minuto e la stava osservando con aria affettuosa. Le si affiancò di nuovo, appoggiandole una mano sulla spalla.
- Hai sentito tutto, vero? Ho perso un’altra buona occasione per stare zitta. Ma perché i nostri scambi di opinione devono sempre andare a finire così? – mormorò lei, in tono depresso.
- Se può consolarti condivido una buona parte di quanto gli hai detto. Se lui non è uno stupido, ci rifletterà sopra. – mormorò Lupin, seguendo con gli occhi Severus che aveva appena imboccato la strada per Hogsmeade seguito da alcuni studenti della propria casa.
- Vieni, incamminiamoci anche noi. Oggi non ho proprio intenzione di farmi rovinare la gita ad Hogsmeade da una stupida questione su Malfoy! Voglio trascorrere un sabato spensierato e felice. Ma soprattutto non voglio che lui si renda conto di avermi colpita e affondata.
Detto ciò cercò di ignorare il nodo in gola, e sorrise a Ron ed Hermione che stavano già invitandola da qualche minuto ad unirsi a loro.



SABATO, 27 OTTOBRE, ore 18:00


Sdraiata sul letto, vestita ancora di tutto punto, ripensò alla bella giornata appena trascorsa per le strade piene di vita di Hogsmeade.
Era stato piacevole entrare e uscire dai negozi, bere Burrobirra ai Tre Manici di Scopa assieme agli altri, con un Hagrid su di giri che aveva continuato a raccontare barzellette sui Funzionari del Ministero. Aveva fatto anche una lunga sortita da Zonko affiancata dai massimi esperti in fatto di scherzi, Fred e George Weasley. e si erano divertiti molto.
In alcune occasioni si era perfino potuta togliere la grossa soddisfazione di mostrare a Severus quanto poco avesse influito sul suo umore la loro discussione.
Eppure, adesso che era sola, circondata da un silenzio riposante che nemmeno lo specchio finalmente impegnato a schiacciare un sonnellino poteva spezzare, il pensiero corse inevitabilmente a lui.
Si domandò che cosa stesse facendo in quel momento. Ripensò al suo viso e allo sguardo indifferente che si era posato su di lei ogni qualvolta si erano incontrati in qualche angolo del borgo: Hogsmeade non era una metropoli, inevitabile quindi incrociarlo.
Si voltò su un fianco e chiuse gli occhi. Una lacrima rotolò veloce, sfuggendo dall’angolo dell’occhio, e andò ad infrangersi sul copriletto:
“Mi manchi… mi manchi tanto… da morire…e io non so come fare…”



Sdraiato sul letto, dopo essersi liberato solo del mantello, stette ad osservare il soffitto.
Lo fissò talmente a lungo che gli sembrò di essere tornato a quando, tanti anni prima, faceva la stessa cosa chiuso nella sua cameretta e per ingannare il tempo si divertiva ad uccidere le mosche che svolazzavano pigre sopra la sua testa.
Ripensò alla faticosissima giornata appena trascorsa, costretto a fare da balia ad un branco di ragazzini scatenati per le vie di quello stramaledetto villaggio.
Aveva sempre odiato Hogsmeade, sin dai tempi della scuola, quando preferiva stare al castello chiuso in biblioteca piuttosto che andare a bighellonare da Zonko, o a Mielandia.
Inoltre pareva proprio che, ormai, qualsiasi briciola di considerazione Lavinia avesse mai potuto avere per lui, se l’era giocata definitivamente.
Ne aveva avuta conferma puntuale quando, ogni volta che si era imbattuto in lei, l’aveva vista sempre spensierata e divertita. E non lo aveva mai degnato di uno sguardo.
Se avesse saputo che lui, invece, stava impazzendo dalla voglia di chiederle scusa per come le si era rivolto quella mattina.
Ma aveva preferito continuare a mantenere un velo costante di indifferenza mentre, vedendola marcata stretta dall’insopportabile Lupin, non gli era rimasto altro da fare che sperare in una rapidissima conclusione di quella tortura. Come avrebbe voluto piantare subito baracca e burattini per tornare di corsa a rintanarsi nei sotterranei silenziosi!
Sempre disteso incrociò le braccia sul petto, chiuse gli occhi, ripensando ancora al visetto della ragazza illuminato di entusiasmo, e si lasciò sfuggire un lungo sospiro:
“Mi manchi… mi manchi terribilmente… e io non so che farci…”


MERCOLEDI’, 31 OTTOBRE, ore 20:30


- Sei pronta? Su dai, fatti vedere…- la incalzò lo Specchio.
Lavinia comparve un po’ titubante dalla porta del bagno e avanzò per entrare nel suo raggio di visuale.
Indossava un abito lungo di seta, semplice e lineare. Aveva il colore dei suoi occhi, si stringeva leggermente in vita e scendeva fino ai piedi, terminando con un leggero strascico.
L’abito era provvisto di una discreta scollatura e lasciava scoperte le spalle su cui la ragazza aveva appoggiato una stola di chiffon. Un trucco sapiente e leggero, orecchini e girocollo di brillanti completavano il tutto per quella serata di festa che si sarebbe tenuta in Sala Grande, in occasione di Halloween.
Lei non avrebbe voluto vestirsi così, infatti non si sentiva molto a proprio agio.
Ma nel pomeriggio zio Albus, zia Minerva e Remus non avevano fatto altro che raccomandarle di scegliere per quella maledetta serata un abbigliamento consono all’occasione.
- Mi raccomando, bambina mia: fatti bella per stasera e lascia perdere almeno per una volta di indossare pantaloni. – le aveva ribadito lo zio per l’ennesima volta, prima che tornasse in camera a prepararsi.
In più ci si era messo – come era ovvio - pure lo Specchio delle Brame, a cui non era parso vero di sfruttare al massimo l’occasione per impicciarsi una volta di più.
- Bada, ragazza mia, sappi che mi rifiuterò di riflettere la tua immagine se non ti vedrò pronta per uscire da questa stanza assolutamente perfetta! – le aveva assicurato prima di aiutarla a scegliere l’abito che, secondo lui, avrebbe dovuto indossare.
E così Lavinia era stata costretta ad agghindarsi contro la propria volontà, con nessuna voglia di partecipare quella sera alla Grande Festa di Halloween.
Sapeva che avrebbe dovuto far buon viso a cattivo gioco, e l’idea di dover fingere allegria e spensieratezza davanti all’idilliaco quadretto di Severus Piton appiccicato a Melissa Fairchild più meravigliosa che mai, l’aveva demoralizzata su ogni fronte.
- Oh, benissimo mia cara: sei splendida… – esclamò la voce di Alan Rickman dallo specchio, infondendole un po’ di conforto. - E ora vai, sgomina la concorrenza come Cenerentola al ballo e vedi di non tornare, a differenza sua, per mezzanotte: non ci saranno carrozze pronte a ritrasformasi in zucca se tarderai… - continuò, in tono carezzevole e rassicurante, mentre lei afferrava il mantello color pervinca e si preparava a uscire.
Poi aprì la porta, ma prima di varcare la soglia si voltò.
- Sì, davvero: sgominerò la concorrenza della Sprite, della Cooman e della Chips! – commentò, senza entusiasmo, lanciando un’ultima occhiata in tralice allo Specchio.
Quindi percorse quasi di corsa i corridoi dove, come lei, gli ultimi studenti ritardatari si affrettavano a raggiungere la Sala.
Vi arrivò a passo di carica, con il viso leggermente arrossato per lo sforzo, e si fermò per un attimo incantata sulla soglia a contemplare le volte del soffitto: l’ambiente addobbato per la festa era stupefacente, rallegrato dalla gioiosa confusione provocata dai ragazzi eccitati per l’attesa.
Zucche illuminate di ogni dimensione galleggiavano a mezz’aria, ed era stata realizzata anche l’enorme zucca parlante che, posizionata proprio davanti al tavolo degli insegnanti, regalava un tocco acceso di colore impossibile da ignorare.
Era la prima cosa visibile dall’ingresso, e dava il benvenuto a tutti coloro che entravano.
Fiammelle azzurrine danzavano inquietanti sopra i tavoli apparecchiati in maniera sontuosa, abbelliti dai colori sgargianti di dolciumi di ogni tipo. Fantasmi e spettri incatenati fluttuavano tra le volte, dove un cielo plumbeo incombeva illuminato da rari lampi.
I tavoli erano già posizionati in modo tale da lasciare lo spazio centrale per l’esibizione finale degli artisti del Circo Magico di Madama Moira.
Dovette ammettere che l’atmosfera realizzata per la serata era davvero delle più riuscite.
Ancora persa in ammirazione sull’entrata della Sala, si sentì strattonare all’improvviso per un braccio.
Si voltò e incontrò il faccione sorridente di Hagrid. Il mezzo gigante prese a trascinarla verso il tavolo degli insegnanti ignorando le sue proteste divertite.
In prossimità della pedana guardò meccanicamente nella solita direzione, e vide Severus già seduto al proprio posto, le mani appoggiate con compostezza sul piano apparecchiato e il volto imperscrutabile.
Le parve per un attimo che avesse distolto gli occhi proprio nel momento in cui indirizzava lo sguardo verso di lui. Ma un secondo dopo fu come se qualcuno le avesse sferrato un pugno nello stomaco, perché notò, accanto all’uomo, la solita Fairchild che risplendeva come una stella nel suo elegante vestito color perla.
Decise che li avrebbe ignorati per tutta la serata, così almeno non le sarebbe andato di traverso il cibo, e raggiunse in fretta Remus.
- Sei veramente speciale, stasera! – esclamò, sorridendole amabilmente.
- Oh, se è per quello anche tu sei bellissimo! – rispose lei, posandogli un delicato bacio sulla guancia.
Silente attese ancora un po’ che studenti e insegnanti si accomodassero ai loro posti.
Quando fu sicuro che tutti fossero presenti chiese a Gazza di chiudere i battenti del portone e dichiarò aperte le ostilità, dando il via alla “Grande Abbuffata di Halloween”.
- E che non avanzi un briciolo di torta al cioccolato nei vostri piatti! – tuonò giovialmente con un ampio sorriso, mentre i ragazzi non se lo facevano ripetere due volte.



Severus aveva alzato gli occhi verso il portone d’ingresso proprio nel momento in cui entrava Lavinia. Era come se avesse obbedito ad un segnale preciso e il suo cuore aveva subito perso un colpo. Non era più riuscito a staccarle gli occhi di dosso.
Per fortuna lei era rimasta a lungo con il naso all’aria, ad osservare le favolose decorazioni della sala. Era quindi certo non si fosse accorta di come la stava ammirando, bellissima, nel suo vestito azzurro cielo.
Continuò a osservarla, rapito, mentre sorrideva eccitata e spalancava gli occhi alla vista del perfetto allestimento organizzato per la serata. Intanto pensava a quanto fosse piena di luce e desiderabile, mentre lui si sentiva sempre più inadeguato, nero e tetro.
Vide Hagrid prenderla per un braccio e condurla da quella parte. Fece appena in tempo a distogliere lo sguardo prima che lei lo cogliesse nell’atto di fissarla.
Poi la seguì ancora con la coda dell’occhio mentre saliva sulla pedana diretta al proprio posto, accanto a Lupin, al quale scoccò con grazia deliziosa un bacio sulla guancia.
Che fantastico quadretto: dunque, avevano pure fatto la pace!
Udì appena nel frastuono la voce di Silente: “…nemmeno un briciolo di torta al cioccolato nei vostri piatti!”.
Si rassegnò a impugnare le posate e si servì con svogliatezza di due fette d’arrosto, prelevate dal vassoio che la Fairchild gli stava porgendo con un sorrisino civettuolo.
Ecco, la serata aveva appena avuto inizio e lui già non vedeva l’ora che fosse terminata.

*****


I bellissimi fuochi d’artificio illuminarono la volta della Sala Grande in un tripudio di colori. Si aprirono come fiori di rara bellezza nel cielo ancora coperto di nuvole nere, strappando le esclamazioni di meraviglia di tutti i presenti.
Erano ormai le 23:30 e la cena stava volgendo al termine. Gli elfi domestici, per quell’occasione, si erano davvero superati. Tutto si era svolto fino a quel momento in modo perfetto, come testimoniavano anche gli occhi del preside, che brillavano compiaciuti.
Per completare la serata sarebbero entrati in sala anche gli artisti del Circo Magico.
Lavinia ammirò le ultime evoluzioni di uno splendido fuoco d’artificio che inondò per qualche secondo il buio della sala di mille brillanti fucsia, poi abbassò gli occhi in tempo per notare il professor Piton alzarsi silenziosamente dalla sedia e uscire rapido, senza farsi notare, da una delle porte alle spalle della tavolata.
Si domandò dove stesse andando, ma avvertì allo stesso tempo un senso di vuoto. Fu forse questo che, all’improvviso, le fece prendere una decisione che nemmeno lei riuscì a capire da dove poteva essere scaturita. Decise che lo avrebbe seguito!
Coraggiosamente - ma sarebbe stato meglio dire incoscientemente - stabilì di farlo a costo di rimediare una figuraccia, o forse perfino una sberla, determinata a confessargli il proprio sentimento.
Al diavolo tutti quelli che gli avevano consigliato fino a quel momento di temporeggiare: non ce la faceva più a vivere in quell’attesa logorante.
Meglio chiarire una volta per tutte la situazione, e quella le sembrava l’occasione più propizia, proprio mentre tutti erano distratti dallo spettacolo pirotecnico e non avrebbero notato la sua piccola fuga.
Spostò la sedia e fece per alzarsi, quando Remus le posò una mano sul braccio.
- Dove stai andando?
- In bagno.
- Sicura? Stai andando in bagno appresso a Severus? – Anche lui si era accorto della manovra di Piton.
- Uff…e va bene, vieni con me un secondo, ti spiego che cosa ho in mente di fare. – sussurrò all’orecchio dell’amico. Entrambi quindi abbandonarono i loro posti, avviandosi senza farsi notare verso la porta da cui era già uscito l’insegnante di Pozioni.
- Allora, mi vuoi spiegare…- attaccò Lupin, non appena furono fuori dalla sala, appoggiandosi alla porta che aveva richiuso sul frastuono.
Lavinia con aria da cospiratrice lo costrinse a fare qualche passo nel breve corridoio chiuso in cui si trovavano. Poi, risoluta, gli confessò:
- Remus, io ho deciso di andarlo a cercare adesso e di approfittare per parlargli di quello che sento per lui.
- Ci avrei giurato quando ti ho vista alzarti dalla sedia. Tu sei pazza!
- Ma per quale motivo? Io sento che questa può essere l’occasione giusta.
- Bene, se senti anche il bisogno di rovinarti la serata, accomodati pure.
- Santo cielo come sei drastico. Ma cosa vuoi che mi risponda? In fin dei conti non ho mica intenzione di insultarlo!
- Oh sicuro, sono certo che si limiterà a ringhiarti in testa. Solo un pochino, però, stai tranquilla.
- Secondo me invece potrei spiazzarlo con questa mossa. Anzi, adesso ti lascio perché ho perso fin troppo tempo e chissà se riuscirò ancora a beccarlo o se…
Lavinia fu interrotta all’improvviso da un boato proveniente dall’interno della Sala Grande.
I due si guardarono in faccia, allarmati: il rumore era decisamente anomalo rispetto ai botti prodotti dai fuochi. E poi erano le 23:45, ormai in sala avrebbe già dovuto essere iniziato lo spettacolo circense.
Un altro terribile colpo fece il paio con il primo, seguito da urla terrorizzate e sporadici richiami alla calma.
Lavinia udì la voce del preside che intimava di mettersi al riparo sotto ai tavoli, cercando di sovrastare l’incredibile trambusto che sembrava essersi scatenato in sala.
Remus afferrò di istinto Lavinia per le braccia e la trascinò con sé a ridosso del muro.
- Che… ma che cosa sta succedendo là dentro? – mormorò angosciata Lavinia, mentre Remus, che era improvvisamente sbiancato, tendeva le orecchie per cercare di capire che cosa stesse realmente accadendo.
- Non lo so… non lo so… Ma di qualsiasi cosa si tratti dobbiamo vedere che cosa diavolo sia entrato in sala. – rispose il mago, teso in volto, e allungò la mano verso la porta da cui erano entrati alcuni minuti prima. Nello stesso istante un’altra porta in fondo al corridoio si spalancò e apparve Severus. Il mago li raggiunse velocemente, intimando loro di fermarsi.
- Aspettate! Non so cosa diavolo stia succedendo ma so che là fuori è pieno di Dissennatori!
La giovane donna represse un grido premendo una mano sulla bocca, Lupin si lasciò invece sfuggire un gemito.
Il viso di Severus, benché cercasse di mantenere il consueto controllo, tradiva grande preoccupazione.
Dalla sala provennero altre grida e tonfi impressionanti, come se i tavoli fossero stati spostati a forza. Infine i tre percepirono con chiarezza una serie di grugniti spaventosi.
Severus si portò velocemente dietro l’uscio e, piano, aprì il battente di quel tanto che bastava per spiare l’interno della Sala Grande senza essere scorto. Remus si affiancò a lui, e ciò che videro li sconvolse.
Una decina di troll enormi avevano invaso il refettorio, dopo aver sfondato il portone d’ingresso, e si erano portati a ridosso dei tavoli dopo averne sollevati e rovesciati alcuni.
Brandivano clave gigantesche con cui impedivano qualsiasi via di fuga agli studenti che, impazziti dal terrore, stavano cercando di mettersi al riparo dai colpi sotto quei pochi tavoli rimasti integri.
La confusione era ormai ai massimi livelli mentre dall’entrata, rimasta sguarnita di battenti, alcuni Dissennatori facevano il loro ingresso come terribili spettri.
Nel giro di pochi istanti la sala, che fino a pochi momenti prima era illuminata a festa, si era trasformata in una sorta di antro infernale dove si respiravano solo angoscia e disperazione.
La temperatura era precipitata e le zucche illuminate che galleggiavano allegramente sopra i tavoli spazzate via.
Infine, cosa più incredibile, a pochi metri dal punto in cui i professori Piton e Lupin stavano spiando da dietro il battente c’era Melissa Fairchild, in piedi su una panca, che teneva puntata la propria bacchetta magica sul preside e sul corpo insegnante, tagliando così ogni altra possibile via di fuga.
Accanto a lei due troll spaventosi incombevano con le clave alzate sopra i professori.
Evidente come nessuno degli insegnanti avesse fatto in tempo ad afferrare la propria bacchetta per cercare di impedire l’invasione.
Severus e Remus assistettero impotenti a come tutti i presenti in sala furono costretti a sedersi per terra con le mani dietro la nuca.
Lentamente le urla si smorzarono, il pianto terrorizzato di qualche ragazza cessò e in sala calò un silenzio innaturale e opprimente rotto solo da grugniti soddisfatti e dall’orribile respiro dei Dissennatori, che tenevano sotto controllo la situazione dall’alto.
I due uomini si guardarono in faccia, sconcertati; si erano perfettamente resi conto di come gli unici in grado di intervenire per fare qualcosa fossero loro, scampati per pura fortuna a quella cattura di massa. Ma il punto era: come avrebbero dovuto intervenire?
Remus cercò di riassumere a Lavinia - che fino a quel momento era rimasta alle loro spalle e aveva solo potuto intuire qualcosa - quanto stava succedendo all’interno della sala.
Lei si accasciò contro la parete del corridoio; non finì per terra perchè Severus allungò rapidamente le braccia per sostenerla.
La afferrò per le spalle e la obbligò a stare in piedi. Quindi, guardandola con intensità bruciante, la scrollò senza troppi complimenti. Le stava facendo male perché stringeva con forza ma, in quel modo, ottenne di farla reagire.
- No, non ora. Non ti puoi permettere alcuna debolezza: in questo momento abbiamo bisogno anche di te! - mormorò con durezza, costringendola a non perdere il contatto visivo, e la giovane annuì senza quasi rendersene conto.
Nello stesso istante la voce alterata di Melissa Fairchild, resa gelida e sprezzante dalla follia, si levò, acuta, ottenendo di calamitare l’attenzione dei presenti.
- Bene, carissimo signor preside e carissimi colleghi…- il suo splendido viso si era trasformato in un’impressionante maschera crudele: della soave, abbagliante insegnante di sostegno di Paciock non vi era più nemmeno l’ombra. - Vi sarete resi conto come la situazione non vi consenta affatto altra alternativa che non sia quella di starmi a sentire, e obbedire a tutte le richieste che farò! – proseguì, con la bacchetta puntata ora su Silente e gli insegnanti, ora sulla platea terrorizzata degli studenti in ostaggio.
Lavinia si avvicinò alla porta per ascoltare meglio aggrappandosi istintivamente al braccio di Severus.
- Non vi accadrà nulla se mi obbedirete senza fare storie. Vi garantisco che non verrà torto un capello a nessuno degli studenti in sala. Ma, viceversa, se a qualcuno dovesse saltare in mente di fare l’eroe, sappiate che non potrò rispondere della reazione dei miei piccoli amici… - continuò in tono affabilmente minaccioso, accennando con il capo a troll e Dissennatori.
- Benissimo, professoressa Fairchild…- intervenne inaspettatamente Silente, con fare all’apparenza tranquillo. - Direi che si è espressa in modo molto chiaro. A questo punto ci dica quali sono le sue condizioni per il rilascio degli studenti. – aggiunse, guardandola con fermezza negli occhi.
- Sta cercando di intimidirmi, vero, signor Preside? Sta cercando di mettere in atto uno dei suoi trucchetti, magari per riuscire a entrarmi in testa. Ma questa volta, mi spiace, le sarà impossibile farlo. Deve sapere che, per sua sfortuna, anch’io sono un’ottima Occlumante; proprio per questo motivo fino ad ora sono riuscita a muovermi perfettamente all’interno di Hogwarts, senza che nessuno potesse scoprire la mia vera identità e le mie reali intenzioni!
- Ecco perché sentivo che qualcosa non andava! Ma non riuscivo…- sussurrò Severus, illuminandosi, mentre i suoi compagni lo guardavano interdetti.
- Inoltre deve sapere che i tre insegnanti mancanti all’appello, e che sono riusciti a sfuggirmi prima che potessi fare qualcosa per impedirlo, avranno, purtroppo per loro, vita breve là fuori. La scuola è ormai in mano ai Dissennatori, ed è molto probabile che siano già finiti in pasto a loro. Mi spiace davvero tanto per la sua nipotina, Albus. Durante la mia permanenza come insegnante di sostegno, e grazie alle precise indicazioni riguardo il sistema di protezione magico di Hogwarts che ha gentilmente fornito al corpo docente proprio nell’ultimo Collegio Docenti, ho avuto modo di studiarne le proprietà. Di conseguenza ho trovato il sistema per eluderlo! Grazie, professor Silente, per avermi fornito tutto ciò che ha reso molto semplice far penetrare qui dentro il mio piccolo esercito, stasera. – La donna proruppe in una risata da far accapponare la pelle.
- Ora capisco il perché di tutte quelle domande riguardo le abitudini degli insegnanti. E la presenza di quel troll nelle Grotte Fatate e del Dissennatore nel corridoio…- mormorò Severus, ragionando fra sé, mentre tutti i pezzi del puzzle trovavano la loro giusta collocazione.
- Severus, non sappiamo ancora che cosa voglia quella pazza, ma sappiamo però che si è accorta della nostra assenza, maledizione. – bisbigliò con urgenza Remus, interrompendo le sue riflessioni.
- E la scuola è davvero piena di quegli esseri mostruosi! Questo corridoio è uno degli ultimi luoghi in cui non sono ancora arrivati. Ma sarà solo questione di tempo, e presto ci verranno a cercare. – aggiunse Lavinia sempre attaccata al suo braccio.
- Dobbiamo intervenire! - rispose Severus scostandosi dalla porta. - Però dobbiamo farlo ora, di sorpresa, altrimenti corriamo il rischio che i Dissennatori rimanenti si aggiungano a quanti sono già in sala. In tal caso sarebbero in un numero troppo elevato per fronteggiarli: ci annienterebbero senza alcuna pietà. – precisò con fredda logica. Considerò per qualche istante i suoi compagni con uno sguardo affilato e deciso, poi proseguì.
- Ascoltate bene: quella donna pensa che siamo già fuori combattimento, l’avete sentita. Però non ha la minima idea di dove ci troviamo. Se agiamo ora, facendo irruzione da quella porta, possiamo coglierla alle spalle e creare quel momento di scompiglio che dia modo agli insegnanti di reagire e impugnare le loro bacchette. I troll poi sono troppo stupidi, non si renderanno conto subito di quanto sta succedendo. Passeranno come minimo cinque minuti prima che riescano ad attivarsi in qualche modo. E in cinque minuti noi potremmo aver già concluso l’operazione! – congetturò il Potion Master, rapido e sintetico.
- Hai ragione, mi sembra l’unica possibilità, ma…- Remus stava per aggiungere qualcosa quando Melissa Fairchild ricominciò a farneticare, costringendoli a riavvicinarsi alla porta per ascoltare.
- Allora, preside: non è curioso di sapere quello che voglio in cambio della vita di tutti questi ragazzi?
- La ascolto, miss Fairchild: sono tutto orecchi. – Albus stava sforzandosi di mantenere la calma, nonostante dietro di lui un troll emettesse brontolii minacciosi.
- Voglio… Harry Potter! – sentenziò la donna puntando la bacchetta sul ragazzo, che sbiancò.
Si udì serpeggiare un brusio stupito che dalla folla degli studenti in ostaggio salì verso il tavolo degli insegnanti. Hermione, Ron e Neville, che erano accanto a Harry, si strinsero istintivamente a lui per proteggerlo.
- Ci dica almeno per quale motivo! – sbottò angosciata Minerva McGranitt, che fino a quel momento era rimasta in silenzio con le mani strette fra loro.
- Perché me lo chiede il mio Signore e Padrone. Colui-che-non-deve-essere-nominato per voi, insulsi codardi e indegni di pronunciare il suo nome: Lord Voldemort per noi, suoi fedeli seguaci!
Il brusio a quel punto si alzò e assunse i toni di una vero e proprio gemito d’orrore.
Melissa Fairchild era dunque lì per ordine di Lord Voldemort, a capo di uno spaventoso esercito di troll e Dissennatori, con il compito di rapire Harry Potter!?
Albus passò velocemente in rassegna volti inorriditi dei propri insegnanti. Come era potuta accadere una cosa del genere senza che lui e nessun altro, nei giorni precedenti, avesse avuto anche solo un piccolo sospetto sulla vera identità di quella donna e su quello che si preparava a fare?
Guardò la strega in piedi davanti a loro, con la bacchetta tesa a minacciarli e il volto deformato da una smorfia di sadico compiacimento, cercando allo stesso tempo di arrovellarsi in cerca di una soluzione attuabile che potesse cavarli da quella terribile situazione senza mettere a repentaglio la vita di nessuno. Ma più pensava e più non gli veniva in mente niente.

*****


Severus, Remus e Lavinia si guardarono in faccia sgomenti.
L’annuncio che il Signore Oscuro aveva fatto la sua ricomparsa in un modo così eclatante li aveva lasciati completamente inebetiti.
La giovane insegnante fu la prima a ritrovare la parola.
- Ma… non è possibile… Severus ti senti bene? – domandò, con una punta di ansia, dopo aver notato comparire un pallore forte e improvviso sul volto del mago.
- Sì… credo di sì… – la rassicurò lui, blandamente. Si impose di mantenere il controllo, anche se ora aveva capito il perché quella donna gli fosse sempre stata così insistentemente alle calcagna.
Avvertì una morsa allo stomaco e ripensò alle loro conversazioni, cercando affannosamente di ricordare se alle domande anche abbastanza personali che gli aveva rivolto, lui avesse risposto sempre in modo vago. O se qualche volta si fosse lasciato sfuggire qualcosa di compromettente!
Perché ormai era chiaro come Voldemort, tra le altre cose, avesse ordinato alla Fairchild anche di stargli alle costole per assicurarsi che il suo servo fosse rimasto fedele.
La ragazza continuava a fissarlo, preoccupata, così - non volendo e non potendo dare spiegazioni - si affrettò a rimettere sul volto la consueta maschera di impenetrabilità.
- Lupin, bacchetta alla mano, presto. Non possiamo più perdere altro tempo! – sibilò, estraendo da sotto il mantello la propria, e invitò con un’occhiata Lavinia a fare lo stesso.
- Io… ehm… non ho con me la bacchetta…- pigolò lei, imbarazzata.
- Come non…
- Lei non la usa, di solito. – intervenne Remus, sbuffando.
- Già e se anche la usassi, mi dici dove diavolo avrei potuto tenerla, stasera, con addosso questo vestito? – lo rimbeccò l’altra, arrossendo.
- Niente bacchetta?! Non finirai mai di stupirmi…- sbottò Piton, inarcando il sopracciglio, ma allo stesso tempo non potè fare a meno di trovarla ancora una volta attraente con addosso quel vestito del colore dei suoi occhi.
- Allora, ascoltatemi bene. Dovremo agire con molta rapidità: avremo pochissimi secondi per entrare e colpire. Lupin, tu ti occuperai della Fairchild, mentre io metterò fuori combattimento i due troll che si trovano appena dietro al tavolo degli insegnanti. Ricordate che dobbiamo prendere viva quella donna perché ci possa raccontare un sacco di cose interessanti. Lavinia, invece…- Severus le dedicò uno sguardo penetrante. - Ho bisogno che tu ripeta ciò che hai fatto con il troll nelle Grotte Fatate.
- Intendi quando l’ho colpito alla testa?
- Esatto: credi di essere ancora in grado di calare sulla zuccaccia vuota di quei bestioni qualche tavolo, tenendoli a bada intanto che io, Remus e tuo zio ci occupiamo dei Dissennatori? – le chiese con voce profonda.
- Io…io… immagino di sì. Ma ho paura…- sussurrò lei, cercando rifugio nei suoi occhi.
- Non puoi permettertelo in questo momento, lo sai. Sei una donna coraggiosa e me lo hai già dimostrato altre volte. Concentrati sulle tue capacità, non temere: ci sarò io…ehm…ci saremo io e Lupin, accanto a te.
- Ok, sono pronta. – mormorò e sorrise timidamente, sentendo che con quell’uomo al fianco sarebbe stata in grado di affrontare perfino un esercito di Giganti.
Si appostarono di nuovo dietro alla porta, tendendo le orecchie.
Albus Silente stava ancora parlando in tono pacato per cercare di indurre alla ragione la Fairchild. Cercava probabilmente di temporeggiare, forse proprio nella speranza che prima o poi gli unici che potevano salvarli ricomparissero all’improvviso, come nei film babbani nel momento in cui “arrivano i nostri”.
Severus guardò risoluto i suoi compagni e fece loro un cenno con il capo.
- Uno… due… tre… Adesso!

*****



- Ma tutto ciò è assurdo! – gemette la professoressa McGranitt.
- Miss Fairchild, lei non crederà che cederemo alla sua richiesta! - tuonò Silente.
- Questo è un suo problema, caro preside. La decisione se sacrificare o meno molte vite in cambio di una sola, spetta solo a lei. Se vuole posso darle ancora qualche minuto per riflettere. Ma se entro… diciamo così… dieci minuti a partire da ora, non sarò lontano da qui con il ragazzo, ordinerò ai troll di condurre fuori da questa sala cinque studenti e di consegnarli ai Dissennatori che sono per i corridoi in attesa. Lascio a voi immaginare il seguito. Poi farò passare ancora cinque minuti e sarà la volta di altri cinque studenti. – dichiarò con aria trionfante la Fairchild.
Il vecchio preside chiuse gli occhi, tentando ancora una volta di intravedere una soluzione.
Severus, Remus, Lavinia: ma dove diavolo erano in quel momento?
Sperò solo, ardentemente, che fossero vicini. Così vicini da aver ascoltato tutto quanto si era svolto fino a quell’istante.
La temperatura nella sala ormai era calata talmente tanto da ghiacciarli tutti; la presenza dei Dissennatori, che volteggiavano come condor sinistri sulle loro teste, aveva provocato una cappa di angoscia e terrore tali da non permettere nemmeno a lui di riflettere con lucidità sull’incresciosa situazione in cui si trovavano.
- Allora, professor Silente. Sono già trascorsi due minuti e non mi pare che lei…- attaccò di nuovo l’ex insegnante di sostegno, con occhi lampeggianti di follia.
Improvvisamente la porta che aveva alle spalle si spalancò con violenza, e fece giusto solo in tempo a sgranare gli occhi su Lupin che le stava puntando la bacchetta contro.
- Stupeficium!
La donna gridò e si trovò sbalzata con forza dalla panca. Dopo un breve volo rimbalzò dolorosamente sul pavimento mentre la sua bacchetta volava dall’altra parte del tavolo, dove venne afferrata con prontezza da Hagrid.
Severus irruppe in sala subito dietro Remus, puntando la bacchetta sui due troll più vicini,
Questi si stavano ancora voltando verso gli omuncoli piombati alle loro spalle, quando si trovarono completamente avvolti da strettissime e robustissime gomene evocate dall’Impedimenta del Potion Master.
- Via, via, via! - urlò all’istante Remus, all’indirizzo dei professori, che nel frattempo avevano impugnato le loro bacchette. Si era accorto che i due troll, legati come immensi insaccati, stavano perdendo l’equilibrio ed erano pronti a precipitare sopra il tavolo insegnanti.
Urla di terrore tornarono ad accavallarsi mentre i professori si lanciavano giù dalla pedana, appena in tempo per evitare di rimanere coinvolti nella rovinosa caduta delle due enormi creature.
Severus afferrò per mano Lavinia e la trascinò lontano, prima che uno dei corpi enormi si abbattesse, con fragore, proprio lì dove lei si trovava pochi istanti prima.
La ragazza con un grido si aggrappò al mago per non finire a terra e per un attimo si sentì mancare.
Ma l’uomo la sostenne con il braccio che non impugnava la bacchetta, fino a che riuscì a rimettersi in piedi e si staccò da lui, recuperando rapidamente la concentrazione necessaria.
Quindi riprese a sollevare e far roteare veloci in aria i tavoli, per poi scagliarli con violenza sui testoni dei troll rimasti in sala.
Storditi dai colpi le enormi creature venivano privati delle grosse clave dagli Expelliarmus dei ragazzi degli anni superiori, Harry Ron ed Hermione in testa. Infine la professoressa McGranitt e il professor Vitious completavano l’opera, trasfigurandoli in enormi statue di sale.
Un paio di tavoli mulinarono in aria perfino più in su, verso i Dissennatori che stavano portandosi rapidamente a ridosso della folla e ne colpirono alcuni, mandandoli a sbattere violentemente contro le pareti.
La confusione divenne indescrivibile.
Grida, urla disumane dei troll, stridio acuto dei Dissennatori colpiti che cercavano di chiamare a rinforzo gli altri rimasti a presidiare i corridoi si intersecarono come in una ridda infernale, mentre schiantesimi e incantesimi volavano nell’aria satura di elettricità.
Coloro che fino a quel momento erano rimasti fuori captarono la richiesta di soccorso dei compagni in difficoltà, e iniziarono ad entrare dall’ingresso privo di battenti.
- Severus, guarda là! – urlò Remus con l’indice puntato verso i Dissennatori che stavano invadendo a frotte la sala, cercando di farsi sentire al di sopra del tremendo trambusto.
- Salazar! E’ciò che temevo. Mi auguravo solo ci mettessero un po’ di più a rispondere alla richiesta di soccorso dei loro compagnucci! – gridò di rimando Piton, affiancandolo.
- Ragazzi, che aspettate? Andiamo con i Patronus! – All’improvviso giunse alle loro spalle la voce tonante di Albus, che li aveva raggiunti. Gli occhi dietro gli occhialini brillavano eccitati.
Il preside puntò senza indugio la bacchetta contro gli invasori e fece partire il suo Patronus, una splendida ed enorme fenice d’argento che si parò subito davanti ai Dissennatori obbligandoli a ritrarsi.
Contemporaneamente anche i Patronus di Lupin, Piton e McGranitt scaturirono argentei dalla punta delle loro bacchette, andando ad affiancare la fenice di Silente e costringendoli finalmente alla ritirata.
E in tutto ciò, nonostante terribile marasma che si era venuto a creare, la voce stentorea dell’enorme zucca illuminata rimasta miracolosamente intera, sempre saldamente posizionata sulla pedana, si levava ancora per dare il benvenuto ai partecipanti alla Festa di Halloween.
Quasi tutti i Dissennatori erano stati cacciati fuori quando Melissa Fairchild, che fino a quel momento era rimasta svenuta in un angolo dopo aver ricevuto in piena faccia lo schiantesimo di Remus, si rianimò. In mezzo al trambusto era stata totalmente ignorata; si rimise a sedere, e cercò di capire dove si trovava e che cosa diavolo le fosse successo.
Quando rientrò in sé si rese conto di come il suo folle piano stesse fallendo.
Vide i troll trasformati in statue di sale e i Dissennatori sconfitti in fuga, e inorridì.
Si accorse di aver perso la bacchetta magica e, guardandosi disperatamente attorno, la notò in mano a quell’energumeno di Hagrid che la stava usando per lanciare schiantesimi contro i Dissennatori in ritirata.
Decise che non poteva andare a finire così. Doveva procurarsi assolutamente un’altra bacchetta.
Approfittando del fatto che tutti erano concentrati sui Dissennatori, la donna si avvicinò furtivamente alle spalle di Madama Bumb e la colse di sorpresa, immobilizzandola.
Le strappò di mano la bacchetta e gliela puntò addosso. La professoressa non fece neanche in tempo a gridare, quando Melissa Fairchild la schiantò.
Lavinia, a pochi passi da lei, fece però in tempo a scorgere le manovre della donna.
La vide che, con un lampo omicida negli occhi, stava dirigendo la bacchetta sull’insegnante di Pozioni impegnato a combattere gli ultimi Dissennatori qualche metro più distante.
E comprese all’istante le sue intenzioni.
- Attento, Severus! Attentoooooo… - urlò con tutto il fiato che aveva in corpo all’indirizzo dell’uomo. Ma lui la sentì troppo tardi e si voltò proprio nell’istante in cui la donna, con una smorfia diabolica, gridava:
- Il primo ad andarsene sarai tu, maledetto traditore. Addio, professor Piton. Avada Kedavra!
Lavinia fece levitare una delle panche accatastate nel mucchio di suppellettili distrutte, e la scaraventò velocemente addosso alla Fairchild.
Ma il fascio di luce rossa scaturì comunque dalla bacchetta e partì, inesorabile, verso Piton che venne colpito nell’attimo in cui la sedia scagliata dalla giovane piombava sulla folle.
Il mago barcollò, mentre sul viso affiorava un’espressione stupita. Quindi indietreggiò di un paio di passi e crollò a terra prima che Remus, che lo aveva raggiunto in due falcate, potesse afferrarlo.
Lavinia, sconvolta, fissò inebetita il corpo immobile dell’uomo che Remus, inginocchiato accanto a lui, cercava di sollevare tra le braccia con aria frastornata. Poi liberò un lancinante, terribile grido di disperazione.
– Nooooooo…
Continuò a gridare mentre, con il volto stravolto, si precipitava verso l’amico che stava ancora tentando di rianimare quella specie di fantoccio inanimato che aveva tra le braccia. Corse inciampando in qualsiasi cosa le capitasse tra i piedi, singhiozzando come una bambina. Corse come una forsennata, e quando raggiunse i due uomini si gettò sul corpo inerme del mago, prendendo in modo convulso tra le mani il suo viso.
- Severus… Severus… - gemette con voce tremante, e le lacrime presero a scorrere, inarrestabili.
Non si era nemmeno resa conto che attorno a loro aveva iniziato a radunarsi una piccola folla, e percepì solo in lontananza la voce stanca e incrinata di Remus che diceva:
- E’ inutile, Lavinia. Non c’è più niente da fare…
Udì invece la propria, soffocata dal pianto, che quasi come in un sogno supplicava l’amico di intervenire per aiutarla.
Era come se si sentisse in preda a una febbre violenta e foriera di allucinazioni, e quando guardò Remus si domandò perché diavolo fosse lì, inginocchiato accanto a lei, e continuasse a scuotere il capo con una mano sugli occhi ostinandosi a non volerla aiutare.
Anzi, adesso lei avrebbe stretto forte a sé Severus, così non se ne sarebbe andato via. Quella era l’unica cosa da fare!
- Bambina mia…- Qualcuno aveva avvertito il vecchio preside che non si era accorto di ciò che era avvenuto mentre stava dando ancora la caccia agli ultimi Dissennatori, dall’altra parte della sala.
- Zio… ti prego… aiutami tu… Aiutalo tu!
Silente si sentì straziare davanti al corpo inerme di Piton e al viso inondato di lacrime della nipote che lo supplicava disperata. Avvertì un senso di impotenza doloroso e fissò la scena con occhi cupi e grigi come il cielo che sopra le loro teste continuava ad essere solcato da nuvole cariche di temporale.
Ecco, dunque, che quanto aveva più temuto pareva essersi puntualmente realizzato!
- Bambina mia, non posso fare nulla. Lo so, è terribile, ma nessuno può più fare nulla…- mormorò, profondamente abbattuto.
Con gli occhi lucidi si accovacciò accanto alla nipote, sfiorando dolcemente il volto di Severus, mentre attorno a loro si era venuto a creare un enorme capannello di gente sgomenta e incredula, che osservava la scena in un silenzio religioso.
Minerva intanto si era avvicinata al corpo del Potion Master. Lo guardò a lungo, con infinita tenerezza, lasciando scorrere le lacrime sul volto segnato e portò una mano alla bocca cercando di reprimere un singhiozzo, ma senza successo.
Albus lasciò trascorrere ancora qualche attimo, quindi posò lieve le mani sulle spalle di Lavinia per convincerla a rialzarsi.
- Su, bambina. Adesso è il momento di tornare ad occuparci delle cose dei vivi…- sussurrò con tutta la dolcezza e la comprensione possibili.
Ma lei rimase inginocchiata con ostinazione accanto al corpo di Severus.
Allora provò ad intervenire la McGranitt, che si chinò sulla ragazza accarezzandole la testa.
– Vieni con me, cara… – le disse, sottovoce, rivolgendo un cenno d’intesa alla Chips. – Hai bisogno di assumere qualcosa di forte e di dormire. A te penseremo io e Poppy. – cercò di dare un tono efficiente alla voce, ma suonò ancora debole e arrocchita dal pianto.
Lavinia scosse il capo, in modo caparbio, e non si mosse. Si sentiva esausta, svuotata, con un senso di nausea addosso. Però non voleva e non poteva staccare gli occhi dal suo viso, incapace di credere che quanto stava accadendo fosse reale.
Così come non poteva essere vero che i suoi occhi si fossero mossi in modo impercettibile!
Forse che il grande dolore le stesse facendo perdere il lume della ragione?
Eppure…
Lavinia si avvicinò ancora un po’ al volto dell’uomo e lo fissò, trattenendo il respiro.
Vide le sue palpebre fremere, per un istante; si ritrasse, quasi spaventata.
Poi le vide schiudersi con lentezza quasi indolente e occhi neri come la notte più fonda tornarono a scrutarla, vigili.
- Purtroppo per voi, nemmeno un Avada Kedavra è riuscito a eliminarmi… - mormorò l’uomo, debolmente, guardandola con un fiacco accenno del suo solito sorriso obliquo. – Tu, invece, avevi deciso di provare a farlo affogandomi con le lacrime?
- Severus! – strillò Lavinia, sentendo il cuore schizzare fuori dal petto, e dovette sostenersi a Remus per non cadere all’indietro.
La sua esclamazione fu seguita da un nuovo momento di caos gioioso, mentre le grida di esultanza di tutti coloro che si erano affollati attorno rimbalzavano verso le file più arretrate.
Piton si guardò in giro, portandosi una mano alla testa; tentò di mettersi a sedere aiutato da Lupin e da Lavinia, mentre Silente scoppiava in un’incontenibile risata gioiosa e Hagrid applaudiva molto rumorosamente.
- Severus… è un miracolo! – esclamò, illuminandosi, Minerva.
- Bè, si, credo sia stato proprio un miracolo… - infilò una mano nel mantello e pescò dal suo interno un libricino dalla copertina nera dall’aria consunta, un po’ stropicciato e bruciacchiato. - Per cui devo ringraziare questo piccolo, prezioso talismano!
Lavinia spalancò la bocca e sgranò gli occhi fissando il diario tra le mani di Severus.
- Lo riconosci, vero? – la provocò Piton, osservandola divertito. - E non fare quella espressione che sembri Weasley! – proseguì, ironico, mentre Lavinia scoppiava a ridere al colmo della felicità e l’intera popolazione presente in sala puntava lo sguardo su Ron, sghignazzando.
- Certo che lo riconosco. Ma, vuoi forse dire che questo piccolo, meraviglioso oggetto ti ha protetto? – mormorò Lavinia, stupita.
- E’ molto probabile, mia cara! - intervenne Silente. - Dovrebbe essere il famoso libricino nero di cui mi avevi parlato. Se mi permetti, Severus. – continuò, prendendolo in mano con delicatezza, e strizzò discretamente l’occhio alla nipote.
Ne sfogliò qualche pagina. Annuì più volte, serio. Quindi sorrise.
- Molto interessante. Questo diario è un prezioso ricordo per te, Severus; ma è soprattutto appartenuto alla persona cui sei stato più legato finora. E’ stato lui, senza dubbio, ad assorbire tutta l’energia negativa della Maledizione senza Perdono che quella donna ti ha scagliato contro. E ti ha sorprendentemente salvato la vita. Cosa che non deve comunque stupire, dal momento che noi tutti conosciamo il potere immenso dell’amore e come ciò possa contrastare efficacemente ogni forma di odio, di male e di violenza! – spiegò, restituendo con un sorriso amabile il piccolo tesoro a Severus, e guardò Harry Potter.
- Ha fatto da scudo. E’ incredibile! – esclamò Lavinia, estasiata.
- Trovo più incredibile il fatto che lo portasse con sé. Una vera fortuna, direi. – commentò Albus.
- L’ho sempre avuto con me dal giorno in cui me lo restituisti. Forse per evitare di perderlo di nuovo. O forse chissà per quale altro motivo… – chiarì Severus, guardando la ragazza.
Fu a quel punto che lei cedette all’impulso di circondargli il collo con le braccia.
“O adesso, o mai più!” si impose.
Chiuse gli occhi, fece un respiro profondo e avvicinò le labbra all’orecchio dell’uomo.
- Professor Piton, per te sarà incredibile anche quanto sto per dirti… ma sappi che ti amo come non ho mai amato nessuno nella vita! - gli sussurrò, sentendo l’agitazione crescere in modo esponenziale. Imbarazzata si ritrasse, sentendo il viso avvampare; tuttavia riuscì a conservare un briciolo di coraggio e tornò a guardarlo timidamente da sotto in su.
Sul volto di Severus apparve un’espressione profondamente stupita.
Poi l’uomo la fissò, serio e pensieroso, per un tempo che parve eterno. Infine l’espressione si alleggerì, e un’ombra di sorriso sfiorò la sua bocca.
Sentì un’improvvisa vampata di felicità scaldargli il cuore. Lavinia aveva i capelli arruffati, gli occhi ancora gonfi e arrossati di pianto, il trucco sfatto e le guance sporche e segnate dalle lacrime, ma lui provò ugualmente una voglia incontenibile di baciarla. E stavolta l’avrebbe fatto, alla faccia di Paciock, se solo non ci fosse stata anche tutta Hogwarts presente.
- Professor Piton, lo sa, vero, che adesso dovrà seguirmi in infermeria dove rimarrà per un buon paio di giorni sotto controllo? – la voce dal tono professionale di Madama Chips, che tradiva una chiara nota affettuosa, lo riportò bruscamente alla realtà.
- Che significa, in infermeria? Mi spiace deluderla, Poppy: io sto benissimo, non ho affatto bisogno…- tentò di protestare l’insegnante di Pozioni.
- Non voglio sentire scuse. Beccarsi un Avada Kedavra e sopravvivere per poterlo raccontare non è proprio cosa da tutti i giorni. Dopo quanto ha passato, trascorrere qualche giorno in infermeria sarà il male minore, mi creda, professore. – il tono di Madama Chips adesso era un po’ meno professionale e un po’ più perentorio.
- Ma io ho lezione nei prossimi giorni. Io non posso…
- Lei può benissimo farsi sostituire. Esistono apposta i supplenti per questo, lo sa? Un po’ di riposo non le farà certo male e i suoi studenti se la caveranno egregiamente!
Un applauso fragoroso partì spontaneo all’indirizzo di Madama Chips: proveniva dalle classi che avrebbero avuto Pozioni nei giorni a seguire.
Lavinia e Remus si guardarono, trattenendo a fatica una risata. Aiutarono Piton ad alzarsi e si preoccuparono di scortarlo fino in infermeria.
Hagrid nel frattempo aveva provveduto a legare strettamente Melissa Fairchild, ancora tramortita, con l’aiuto del professor Vitious e della professoressa Sinistra. Anche Madama Bumb, che si era riavuta, fu accompagnata in infermeria.
I prefetti si affrettarono a scortare gli studenti, provati dagli eventi emozionanti di quella sera, nei rispettivi alloggi. Silente e la professoressa McGranitt, cercarono di rimettere in sesto a colpi di bacchetta la Sala Grande devastata, coadiuvati da un Gazza irritato ma volenteroso, e armato di ramazza.
- Credo che in cucina apprezzeranno molto questo enorme quantitativo inaspettato di sale! – commentò la vice preside, indicando le enormi statue che un tempo erano stati troll.
- Hai ragione, Minerva: avremo una bella scorta bastante per i prossimi vent’anni. – ridacchiò Silente.
- Tutto è bene quel che finisce bene, Albus. Non dicono forse così i babbani? – sospirò esausta lei, intenta a riattaccare le gambe ad una sedia.
- Stasera è andata bene, mia cara, ma quanto successo è un campanello d’allarme preoccupante. Domani provvederò ad interrogare la Fairchild e poi mi metterò in contatto subito con Cornelius Caramell, per cercare di capire come abbia potuto accadere che una donna proclamatasi al servizio di Voldemort, si sia potuta infiltrare con tanta disinvoltura presso il Ministero. Ma, soprattutto come abbia potuto godere di tanta credibilità e referenze per riuscire a convincerli di essere in grado di ricoprire un ruolo di insegnante nella nostra scuola. – mormorò pensieroso il preside, e rimise in piedi un tavolo facendo roteare elegantemente la bacchetta.
- Oh sì, è senz’altro la prima cosa da fare. – approvò la McGranitt, facendo sparire avanzi di pudding spiaccicati per terra.
- Tuttavia, qualcosa di positivo è avvenuto stasera… - osservò il mago subito dopo.
Minerva lo guardò, sorridendo, perché aveva già intuito a che cosa si stesse riferendo Albus.
- Lavinia e Severus, vero?
- Eh già… Hai notato anche tu come finalmente sembra che i ragazzi si siano…diciamo così… sintonizzati sulla stessa lunghezza d’onda? - concluse, sorridendo compiaciuto.
- Certo che ho notato i loro sguardi e ne sono felice. Oh santo cielo!
- Che c’è, Minerva?
- Gli artisti del Circo Magico! Sono ancora chiusi nella palestra di volo al piano di sopra, in attesa che qualcuno di noi li vada ad avvertire che possono scendere in Sala Grande per iniziare il loro numero. Me ne sono completamente scordata, con tutto quello che è successo, poveretti! Oh Albus, ti spiace se lascio a te l’incombenza di sistemare questo disastro da solo? Devo correre subito a liberarli.
Detto ciò la professoressa McGranitt si affrettò verso la palestra mentre Silente provvedeva, con un altro sapiente colpo di bacchetta, a ripristinarne i pesanti battenti dopo che la donna ebbe varcato la soglia.



SABATO, 3 NOVEMBRE, ore 15:00


Quel pomeriggio novembrino grigio e freddo stava mettendole addosso una malinconia sottile, fastidiosa e persistente. Una mestizia leggera ma percepibile, tale e quale ad un mal di denti appena accennato.
Non aveva alcuna voglia di stare in camera a correggere compiti; sentiva il bisogno di riflettere ancora sugli avvenimenti degli ultimi giorni, tanto che si decise ad uscire dal castello, rigorosamente da sola, per passeggiare nel parco.
Si coprì bene, prese un libro - se mai le fosse venuta voglia di leggere un po’- e si avviò per i corridoi tranquilli, quasi totalmente sgombri dalla presenza degli studenti.
S’incamminò alla volta della panchina situata sotto il grande albero centenario, quella che di solito privilegiava per le chiacchierate con Remus.
Era un posticino tranquillo, subito dietro il campo da Quidditch; di lì era possibile godere della bella visuale di una porzione di parco e di una parte della scuola.
Si sedette osservando i prati silenziosi ricoperti da una leggera brina. Quindi lasciò correre la mente.
Dalla sera di quel terribile mercoledì quando, tra le altre cose, aveva trovato anche il coraggio di confessargli il suo amore, non era più successo niente di particolare.
Melissa Fairchild era finita ad Azkaban; Caramell aveva assicurato a Silente che avrebbe avviato delle indagini approfondite per chiarire quello che sembrava apparentemente il gesto isolato di una pazza fuori di testa.
Così come pareva che l’invasione dei Dissennatori fosse solo opera di un manipolo di sbandati.
Quello su cui il Ministero era sicuro al cento per cento, era che Voldemort non potesse essere stato assolutamente il mandante di quell’azione terroristica, data la scomparsa accertata
parecchi anni prima.
Il professor Piton, invece, continuava ad essere trattenuto in infermeria da Madama Chips.
Le volte in cui lei era riuscita a fare una scappata a trovarlo - di cui un paio senza Remus - Severus l’aveva accolta abbastanza innervosito per il fatto di doversene stare ancora bloccato lì dentro.
Non le aveva però fatto intendere nulla. Niente che assomigliasse anche solo a un accenno di risposta alla sua dichiarazione, o mostrato particolare emozione nel vederla.
Lavinia sospirò di nuovo. Forse, adesso si sarebbe decisa una volta per tutte a smetterla di nutrire illusioni.
“Meglio così… almeno ora so che cosa prova davvero per me, o meglio, che cosa non prova. Posso già reputarmi fortunata di essere riuscita a conquistare un po’ della sua amicizia.” rimuginò per l’ennesima volta, aprendo il libro nel tentativo di distrarsi da quei pensieri. Ma non riusciva a concentrarsi.
Rialzò lo sguardo dalle pagine, lasciandolo vagare verso il castello. E all’istante un gran tuffo al cuore e quel familiare sfarfallio nello stomaco si manifestarono violenti e in perfetta sincronia.
Una figura alta e nera, accompagnata dal regolare sventolio del mantello, si stava dirigendo a lunghi passi verso la panchina, esattamente dove lei sedeva in preda a un forte rimescolamento interiore.
- Arreco disturbo alla sua pausa meditativa, professoressa O’Connor? – esordì, fermandosi a pochi passi. Le dedicò uno sguardo pungente, con la testa un po’ inclinata. Nella voce spiccava un sottile accento ironico.
- Affatto, professor Piton. Stavo tentando di iniziare a leggere questo tediosissimo trattato sulla Numerologia Magica, senza averne alcuna voglia… - rispose lei, cercando di dominare il tremore della voce. - Piuttosto, vedo con piacere che, finalmente, è riuscito a sfuggire alle amorevoli cure di Madama Chips. – lo stuzzicò, ritrovando un pizzico di autocontrollo.
Il mago non rispose ma si avvicinò con un piccolo ghigno beffardo sulle labbra e si sedette accanto a lei. Prese a fissarla con occhi tanto assorti, che tutti i tentativi di mostrarsi disinvolta e spigliata andarono a farsi benedire.
Inutile, non ce la faceva proprio ad evitare di sentirsi maledettamente piccola e stupida al suo cospetto. Nella mente agitata si formò il vuoto e non trovò nulla di meglio da fare che fissare ancora una volta i bottoncini della casacca, con aria ebete, in attesa che riprendesse il discorso.
- La vuoi smettere di perderti sui miei bottoncini, per favore, e ripetere quello che mi hai sussurrato l’ultima volta all’orecchio? In quel momento ero decisamente fuori forma, e credo di non aver afferrato bene il concetto… - lo udì mormorare, all’improvviso, con voce calda e avvolgente.
Sussultò e rialzò lo sguardo di scatto, il cuore fuori controllo.
- Ecco… l’ultima volta… ti ho detto… - provò a balbettare, ma la voce si spense: la stava studiando con occhi talmente penetranti che fu sicura le sarebbe venuto un infarto in quell’istante, e proprio nel momento più importante e fondamentale della sua vita. Che beffa!
- Ho detto… che… ti amo come non ho mai amato nessuno nella vita. – buttò fuori tutto d’un fiato, arrossendo.
- Ed è la verità? - sussurrò lui, in tono ancora più intimo, chinandosi piano verso il suo viso.
- E’ la pura… verità… professore…- fissò ipnotizzata le labbra dell’uomo che si avvicinavano mentre sentiva il respiro accelerare in modo esponenziale.
- Da mercoledì sera non faccio che ripensare a questo… – bisbigliò lui, sempre più prossimo. E
Lavinia, sopraffatta dall’emozione, chiuse gli occhi lasciandosi finalmente andare al sapore delle sue labbra.
Allungò le mani e le posò sulle sue larghe spalle per poi farle scendere piano sul petto.
Con i palmi percorse e sondò accuratamente ogni centimetro di stoffa nera, indugiando sulle curve morbide del torace e sui tanto sospirati, deliziosi bottoncini.
Si lasciò travolgere dalla forza di un piacere intenso e mai provato quando lui passò le sue mani delicate ma decise tra i suoi capelli, sul viso, sul collo, e poi le fece scivolare con estrema e sensuale lentezza più giù, fino ad accarezzarle la schiena.
Allora si strinse a lui ancora più forte, persa completamente nell’estasi di quel bacio interminabile e appassionato. Quel bacio che aveva tanto fantasticato. Il sogno che aveva desiderato si realizzasse più di ogni altra cosa al mondo.
Quanto tempo passò, mentre loro continuavano a baciarsi e le loro mani a esplorarsi, instancabili, fu difficilmente quantificabile.
Quando le loro bocche si staccarono per lasciare che fossero i loro occhi colmi di desiderio a rimanere ancora incollati, le prime ombre della sera stavano iniziando a calare.
Lavinia e Severus, incuranti del buio e insensibili al freddo che si stava facendo pungente, rimasero ancora abbracciati su quella panchina.
Lei si era rannicchiata contro di lui e aveva appoggiato la testa al suo petto; non riusciva a far altro che pensare a come fosse tutto perfetto in quel momento, compresa la temperatura delle sue braccia.
Lui, stupito di come avesse potuto capitargli tanta felicità, l’aveva stretta ancora più forte a sé proteggendola con il mantello. Mentre la cullava, accarezzandole piano i capelli, pensava a come non avrebbe mai più voluto muoversi da lì, e per tutta la vita.
Attorno a loro regnava il silenzio più bello, dolce e intimo che la natura avesse potuto allestire.
Passò altro tempo prima che Lavinia, per prima, si decidesse a parlare.
- Sapessi quanto ho desiderato tutto questo… L’ho desiderato fino a stare male. E intanto pensavo di esserti indifferente… - gli confidò con un sospiro di beatitudine, nascondendo il viso sul petto, e respirò di nuovo il gradevole aroma di erbe di cui era intrisa la giacca, per poi tornare ad ascoltare intenerita il suo respiro e il battito del cuore.
- Io invece ero geloso di Lupin, convinto che fra voi due fosse nato l’amore. – confessò lui, avvolgendola nel proprio abbraccio, e affondò il viso tra i suoi capelli per posarle un tenero bacio sulla testa.
- Io e Remus!? Ma quando mai… - rise di gusto, divertita a quell’idea. - Piuttosto devi sapere che sono stata sul punto di uccidere quella gattamorta della Fairchild, perché ti stava sempre appiccicata. Se avessi saputo quello che aveva in testa, l’avrei fatta fuori sul serio e con enorme soddisfazione! – continuò, giocherellando con i bottoncini.
- Per carità, quella! A parte che non è mai stata il mio tipo, e poi… era impossibile da reggere con tutte quelle noiosissime chiacchiere. Non potevo più sopportarla, ormai.
La puntualizzazione di Severus procurò un’irrefrenabile, intima gioia a Lavinia.
- Mi chiedo solo come ho potuto innamorarmi di te, dopo quello che era successo la mattina del mio arrivo. Avessi visto la tua espressione. Ti odiai subito, dal primo istante. – ricordò, divertita.
- Ah davvero, miss O’Connor? – Severus si riappropriò, per gioco, dell’inflessione gelida e supponente. - Beh, tu quella mattina eri terribile. E avevi le dita sporche di grasso unto e disgustoso. Che cosa pretendevi, che ti stringessi davvero la mano? - Risero sommessamente a quel ricordo. Poi si guardarono e non poterono fare a meno di scambiarsi un altro bacio profondo a cui fece seguito un momento di silenzio carico di emozione.
- Ma che ora sarà? – domandò Lavinia, rendendosi improvvisamente conto del buio fitto che era precipitato sulla loro piccola isola felice.
- Credi che al castello si stiano domandando che fine abbiamo fatto?
- E tu credi che sia il caso di avviarci, prima che qualcuno ci venga a cercare e ci peschi con le mani nel sacco, come gli studenti nascosti nei cespugli a pomiciare che ti diverti tanto a tormentare?
- Non ho molta voglia di muovermi da qui, in tutta sincerità – brontolò il mago, stringendola a sé.
- Sapessi quanta ne ho io. Starei qui tutta la vita ad ascoltare il tuo cuore…- sussurrò lei.
Sospirando si costrinse a sollevare la testa dal suo petto e lo guardò con espressione innamorata.
- D’ora in poi, però, professor Piton, mi devi giurare che il nostro futuro sarà costellato solo da innumerevoli e interminabili momenti come questi, tutti per noi… – mormorò, seria, posandogli un bacio sulle labbra. - Zio Albus dice che è stato il destino a far sì che noi ci scegliessimo. Io questo non lo so… Ma so di certo che ti amo da morire, e che così sarà per sempre.
Severus rimase qualche secondo in silenzio scrutando con attenzione i suoi occhi color del cielo. Quindi prese il suo visetto luminoso di passione tra le mani.
- Dovrai avere molta pazienza con me, piccolina. Sento anch’io per te qualcosa di molto profondo; sensazioni che non ho mai provato prima d’ora. Ma non riesco ancora a dire ti amo. Non ne sono mai stato abituato, non l’ho mai fatto. E vorrei tanto che tu potessi comprendere… - l’espressione di Lavinia si era leggermente rabbuiata, mentre lui continuava. - Posso dire però di essere ragionevolmente sicuro di provare nei tuoi confronti lo stesso, identico sentimento che provi tu nei miei. E’ che io sono un uomo di poche parole, lo sai. Anche adesso non credo di essermi spiegato con sufficiente chiarezza. – si affrettò a sottolineare, lasciandosi andare ad uno di quei rari, quasi timidi ma bellissimi sorrisi in cui Lavinia amava perdersi.
- Tutto molto chiaro. Ma devi stare tranquillo. Vorrà dire che provvederò io a ripetertelo talmente tante volte da fare anche la tua parte.
- Senti un po’, questa: e chi vorresti arrivare a sfinire per primo, tra me e te?
- Attento: non mi conosci ancora abbastanza. Potrei essere capace di qualsiasi cosa. Vedrai che sarai tu ad implorarmi di smetterla, perché io non mi stancherò mai e poi mai di dirti che ti amo, ti amo, ti amo, ti amo…
- Salazar, tu non sei normale. Aiuto, salvatemi da questa pazza a ciclo continuo! – implorò il mago rivolto al castello, e lei gli assestò un pizzicotto sul braccio. Tornò a stringerla tra le braccia, ridendo, e la baciò di nuovo per un tempo che sembrò interminabile.
Poi, sciogliendosi malvolentieri dall’abbraccio, dichiarò con un filo di rimpianto:
- Ti assicuro che rimarrei qui tutta la notte, nonostante la temperatura, e questa credo sia una bella prova d’amore da parte mia, non trovi? Ma adesso dobbiamo davvero rientrare, o tuo zio mi farà arrestare per tentativo di sequestro. – si alzò in piedi, e tese la mano alla donna.
Lavinia, controvoglia, la strinse e lasciò a sua volta la panchina.
Si avviarono teneramente allacciati lungo il sentiero che conduceva all’edificio di cui si vedevano ormai tutte le finestre illuminate, sfiorando il campo da Quidditch immerso nel buio e nella quiete.
Giunsero al castello tenendosi per mano e si accorsero che era quasi ora di cena.
Percorsero il corridoio fino al punto in cui le loro strade avrebbero dovuto separarsi, vicino alle scale che scendevano nei Sotterranei.
- Passo prima in camera: devo terminare di sistemare alcune cose. Oggi avrei dovuto correggere una noiosa pila di compiti… ma ho avuto molto meglio da fare. Ci vediamo fra poco a cena. – mormorò Severus, prendendola ancora delicatamente fra le braccia.
- Idem. A fra poco. E ricordati che ti amo! – rispose lei, passandogli le braccia attorno alla vita. Si alzò sulla punta dei piedi e, prima di dividersi, si scambiarono un altro bacio profondo.
Quindi, canticchiando tra sé per la prima volta dopo tanti giorni, Lavinia si incamminò verso i propri alloggi.
Si sentiva travolta dalla felicità, e arrivò davanti alla porta della camera senza quasi accorgersene: forse aveva camminato ad una spanna dal pavimento.
Quando entrò non fece nemmeno in tempo a levarsi il mantello che la voce dello specchio, regolatasi sulle ben note tonalità impiccione, la pietrificò:
- Allora? Dove sei stata fino ad ora? E dove credi di andare, se prima non mi racconti tuttoooooo!


*****



- Allora, adesso ci credete o no a quello che vi avevo raccontato di aver visto quella sera davanti alla biblioteca? – affermò Paciock con un tono di voce un po’ troppo alto, mentre Ron cercava di tappargli la bocca.
- Sssssttttt… - sibilò Hermione, allungando il collo da dietro una delle colonne.
Lei, Harry, Ron e Neville, nascosti dietro al peristilio che si trovava un po’ più in là rispetto alla coppia che si stava baciando in mezzo al corridoio, rimasero in attonito silenzio fino a che i due non si separarono per raggiungere le rispettive camere.
Il corridoio era scarsamente illuminato dal fuoco dell’unico braciere. Ma, nonostante la luce fioca, non potevano esserci dubbi sull’identità di coloro che avevano visto arrivare dal parco, mano nella mano.
Il terribile, inumano, freddo professor Piton – molto probabilmente incapace di qualsiasi sentimento - e la bella, solare, allegra professoressa O’Connor!
Quando furono sicuri che i due insegnanti si fossero allontanati, i quattro ragazzi si portarono al centro del corridoio, nel punto esatto in cui fino a qualche secondo prima stava la coppia, abbracciata. Fissarono le quadrotte di pietra del pavimento come se la scena a cui avevano appena assistito potesse riavvolgersi e ripartire in replay.
- Ve l’avevo detto o no che, anche quella sera, mi era sembrato che si stessero baciando? E voi mi avete dato del visionario! – continuava a ribadire Paciock, in tono quasi offeso.
- Non è possibile. Come diavolo può una donna come la professoressa Lavinia baciare uno come Piton… Puah… valli a capire gli adulti. - aggiunse Ron, con aria disgustata.
- Se non fossimo stati qui tutti e quattro insieme a vederli, probabilmente anch’io inizierei a pensare di avere le allucinazioni. – disse Harry, grattandosi la testa.
- Io invece l’ho sempre sospettato… – sentenziò Hermione, in tono petulante. - Già da quando eravamo alle Grotte Fatate. – concluse, con fare saccente.
- Ragazzi è ora di andare a mangiare. Sarà meglio che ci avviamo verso la Sala Grande… – tagliò corto Harry per evitare qualsiasi dibattito aperto su una faccenda che in fin dei conti non doveva riguardarli. - E… acqua in bocca su quello che abbiamo visto stasera. Lo dobbiamo alla professoressa Lavinia! - si raccomandò agli altri.
Annuirono solennemente e si avviarono con lui per il corridoio, con il pensiero già rivolto a quello che si sarebbero gustati per cena.
 
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view post Posted on 14/10/2017, 18:21
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I ♥ Severus


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view post Posted on 23/1/2019, 20:38

Sfascia-calderoni

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Ciao... eccomi di nuovo qui a commentare un altra tua storia... penso di averle lette tutte con protagonisti Severus e Lavinia, anche se sono partita dall’ultima fino ad arrivare a questa 😅... ora finalmente ho il quadro completo 😜... anche questa mi è piaciuta tantissimo... anche se quando tutti pensano che Severus sia morto mi hai fatto prendere un bel colpo 😁... sei veramente bravissima a scrivere... hai la capacità di descrivere tutto nei minimi particolari che sembra di vivere la storia in prima persona ☺️... spero di poter leggere ancora altre tue storie 😘
 
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view post Posted on 26/1/2019, 00:13
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CITAZIONE (Ladyhawke25 @ 23/1/2019, 20:38) 
Ciao... eccomi di nuovo qui a commentare un altra tua storia... penso di averle lette tutte con protagonisti Severus e Lavinia, anche se sono partita dall’ultima fino ad arrivare a questa 😅... ora finalmente ho il quadro completo 😜... anche questa mi è piaciuta tantissimo... anche se quando tutti pensano che Severus sia morto mi hai fatto prendere un bel colpo 😁... sei veramente bravissima a scrivere... hai la capacità di descrivere tutto nei minimi particolari che sembra di vivere la storia in prima persona ☺️... spero di poter leggere ancora altre tue storie 😘

Rosalba devo proprio dire che sei incredibile, la lettrice che tutti vorrebbero avere, un'appassionata, straordinaria divoratrice di storie :D E che dirti ancora se non grazie infinite per la dedizione con cui hai letto e commentato in pochi giorni tante long fic, e che ha iniziato a farmi frullare davvero qualche "pensierino" in testa sulla possibilità di tornare a scrivere un sequel... Grazie ancora per la tua graditissima recensione e un abbraccio :wub:
 
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8 replies since 22/8/2017, 01:05   276 views
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