Il Calderone di Severus

Ele Snapey - La notte dei misteri, Tipologia: one-shot - Rating: per tutti - Genere: introspettivo - Personaggi: Severus Piton, Minerva McGranitt - Pairing: nessuno - Epoca: 6° anno - Avvertimenti: nessuno

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view post Posted on 23/9/2022, 01:32
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Titolo: La notte dei misteri
Autore/data: Ele Snapey - Settembre 2022
Beta reader: Arwen68
Tipologia: one-shot
Rating: per tutti
Genere: Introspettivo
Personaggi: Severus, Minerva McGranitt
Pairing: nessuno
Epoca: 6° anno
Avvertimenti: nessuno

Riassunto: Severus non poteva immaginare che ritrovare il vecchio Avversaspecchio là, dove era stato dimenticato, avrebbe comportato il susseguirsi di molte stranezze...

Nota: Storia scritta per la Sfida di Settembre, nell’ambito della “15 anni con Severus”.

Portatore delle Insegne della Scuola di Beauxbatons

Caratteri: 27.024 escluse le note

Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. I personaggi originali, i luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.





LA NOTTE DEI MISTERI




- Non è messo così male, Severus. Un peccato lasciarlo qui ad accumulare polvere tra tutte queste cianfrusaglie, non trovi? Ti andrebbe di prenderlo e sistemarlo?
- Come ha fatto a finire in mezzo a roba vecchia centinaia di anni?
- Non so dirtelo. So solo che tu potresti fargli riacquistare la sua originale funzione. La qual cosa sarebbe molto apprezzabile, senza contare il fatto che potrebbe tornarti utile.
- Va bene, Albus, proverò a vedere di rimetterlo in sesto…




L’eco dei rintocchi proveniente dalla Torre dell’Orologio aleggiava ancora nel cuore della notte.
Da qualche minuto Severus fissava la superficie del vecchio specchio, su cui brillava il riflesso delle braci morenti.
E intanto gli tornavano alla memoria le parole che Silente gli aveva rivolto un paio di giorni prima.
Il vecchio gli aveva proposto di accompagnarlo a fare un piccolo sopralluogo nella Stanza delle Necessità, anche se non si era pronunciato fino in fondo sul motivo preciso di quella richiesta.
Aveva espresso soltanto qualche vago riferimento riguardo al fatto che, da tempo immemore, nessuno si era più preoccupato di andare a prestare un’occhiata lì dentro.
E così lui lo aveva accontentato.
Seguendolo durante il suo incedere lento e curioso lungo le corsie fiancheggiate da montagne di anticaglia e ciarpame di varia natura e dimensione, lo aveva osservato mentre, di tanto in tanto, si soffermava con le mani allacciate dietro la schiena ad esaminare qualche oggetto in particolare.
E ogni volta il proprio sguardo disincantato cadeva lì, su quella mano nera e avvizzita sostenuta dall’altra, sana, e inconsapevole di come il veleno si stesse propagando senza alcuna possibilità di essere fermato.
Albus però sembrava non curarsene: era quasi come se l’arto in suppurazione avesse fatto parte da sempre del proprio corpo, tollerato con grande naturalezza.
Severus invece aveva iniziato a provare una sorta di risentimento cupo nei confronti del preside; una deleteria mescolanza di irritazione e apprensione che andava a sommarsi al profondo disagio e alle difficoltà con cui doveva fare i conti ormai quotidianamente.
A un certo punto, in mezzo a una pila di arredi antichi, avevano rinvenuto l’Avversaspecchio. Impolverato e scheggiato giaceva di traverso tra alcuni banchi che sembravano risalire all’epoca dei quattro Fondatori.
Nella mente di Severus erano partite in automatico le immagini di quella tragica sera; quella di due anni prima in cui lui, Minerva e Albus si erano introdotti di forza nello studio del falso Moody e lo avevano smascherato.
Nello stesso istante Silente lo aveva distratto dai ricordi proponendogli di portare via lo specchio per ripararlo, ed eventualmente tenerselo: era evidente come, ormai, fosse stato dimenticato e necessitasse di un nuovo proprietario.
Così l’Avversaspecchio aveva trovato collocazione sul muro più spazioso del suo alloggio. E ora, pulito e riparato, aveva ripreso ad essere il gran bell’oggetto che era stato in origine.
Tuttavia le sagome indistinte che si muovevano al suo interno richiamavano troppo spesso l’attenzione; erano sì lontane e confuse, ma non lo lasciavano tranquillo.
Aveva trascorso gran parte della serata sprofondato nella comoda poltrona che conservava memoria della sua forma, in compagnia di ottimo vino elfico, di letture interessanti e di un piacevole fuoco acceso nel camino, nel tentativo di conferire alla serata una parvenza di normalità; ma i suoi occhi, con cadenza regolare, si erano distratti spesso dalle parole stampate sulle pagine del libro per andare a cercare la superficie riflettente dello specchio, quasi con timore.
Udì il nuovo rintocco dell’orologio e si rese conto che, pur essendo molto tardi, non sentiva alcuna esigenza di spogliarsi e coricarsi.
Si alzò quindi dalla poltrona, deciso ad affrontare una volta per tutte le proprie inquietudini. Si posizionò davanti all’Avversaspecchio, e guardò dentro.
Colse solo tracce di movimento su un piano molto lontano: era lì che diverse figure sembravano sfumare l’una nell’altra, dando vita a una sorta di formicolio indistinto sullo sfondo.
Trasse un piccolo sospiro di sollievo: dunque, al momento, nessun pericolo imminente sembrava approssimarsi.
Stava per tornare alle proprie letture, quando dal piccolo ammasso brulicante emerse una figura un po’ più definita rispetto alle altre.
Sebbene fosse impossibile da identificare fu certo di averla vista muovere qualche passo verso di lui, staccandosi con grazia dall’amalgama di forme che si agitava in lontananza.
Inclinò lievemente il capo e socchiuse gli occhi.
– Per tutti i Gargoyle. E tu… chi saresti? – Bofonchiò, rivolto al minuscolo profilo sconosciuto che insisteva nel rimanere avulso dal minuscolo caos in atto alle sue spalle.
Attese con un filo di nervosismo che la figura si decidesse ad avanzare, o che dal mucchio se ne staccassero altre. Ma nessuno dei suoi timori si realizzò.
Poi rammentò di essere chiuso nella propria camera, collocata nei Sotterranei di Hogwarts, e si diede dello sciocco: era nel luogo più protetto della Scozia, anzi, probabilmente dell’intero mondo magico, perciò chi avrebbe potuto raggiungerlo lì?
Eppure uno spiacevole senso di insicurezza iniziò a sfiorargli la nuca, per poi lambire le spalle e scendere lungo la spina dorsale.
Si allontanò dallo specchio, continuando a tenerlo d’occhio: la sua superficie era tornata ad essere fredda, opaca e inoffensiva, ma decise che, molto probabilmente, lo avrebbe riportato là dove lo avevano trovato.
E dal momento che il sonno non si decideva a venire, optò per uscire dalla stanza e andare a rinforzare il turno di ronda.
Imboccò il lungo corridoio. Ogni piccolo soffio o scricchiolio veniva amplificato dall’incredibile silenzio che regnava, e i suoi passi morbidi echeggiarono, confortanti, fino a che non raggiunse le scale.
Tutto gli era familiare e lo tranquillizzava nei Sotterranei, perfino il passaggio del Barone Sanguinario che a quell’ora vagava per le Segrete attraversando i muri.
Salì diversi piani senza incontrare nessuno. Adorava muoversi per il castello a notte fonda. Era l’ora in cui gli androni, appena illuminati dai bracieri e avvolti in una quiete profonda, fredda e misteriosa, ricreavano quel senso di smisurata solitudine che aveva nell’animo e che cercava in continuazione.
All’improvviso, al termine del suo primo giro di perlustrazione, colse un movimento furtivo in fondo all’andito che stava percorrendo.
Allungò il passo e raggiunse la fine del corridoio, da dove si accedeva alla Torre di Astronomia, se non per constatare come non ci fosse anima viva.
Convinto di aver preso un abbaglio si voltò per tornare indietro. Ma un leggero spostamento nell’ombra attirò la sua attenzione verso le scale che portavano all’osservatorio astronomico.
- Lumos! – Sussurrò, puntando la bacchetta contro l’oscurità che nascondeva gli ultimi gradini in alto: un paio di grandi occhi gialli lo fissarono, attenti.
- Mrs Purr… che ci fai qui? – Sbottò, trasalendo.
Per tutta risposta la gatta si mosse, rapida e flessuosa, e scese agilmente gli scalini producendo un grazioso miagolio.
Severus si guardò attorno, ma di Gazza nessuna traccia: gli sembrò strano, anche se non era così raro che la micia si avventurasse per il castello, impegnata in solitarie esplorazioni notturne.
Intanto la bestiola si era portata a tiro delle sue caviglie, contro le quali prese a strusciarsi con entusiasmo.
L’uomo si abbassò e le concesse un paio di buffetti sulla testolina: gli piaceva quella creaturina dal pelo color polvere, l’aspetto un po’ bizzarro e lo sguardo indecifrabile, che non mancava mai di fargli capire quanto gradisse la sua presenza.
– Da quanto tempo sei a zonzo, ragazzaccia? Chissà Argus come ti starà cercando. Fila a casa. – Le intimò, amabilmente, indicandole la strada.
La gatta si staccò da lui, raggiungendo di nuovo la postazione sopra la quale, poco prima, l’aveva trovata accovacciata; sedette compostamente sul gradino e tornò a fissarlo con espressione enigmatica.
Severus la osservò, perplesso e colpito dall’intensità degli occhi su cui risaltavano in modo netto e quasi misterioso le nere fessure delle pupille, unica tonalità a spiccare sulla piccola sagoma quasi interamente inghiottita dalla penombra. Sembrava la miniatura di una divinità egizia.
Nello stesso istante iniziò ad affiorare quell’emozione che avvertiva ogni qual volta si trovava a passare di lì. Si trattava di un’inspiegabile, arcana attrazione per ciò che si trovava in cima alla scala a chiocciola che a quell'ora andava a perdersi nel buio.
Quasi senza rendersene conto prese a salire gli scalini, guidato dalla luce della bacchetta, fino a che un paio di torce poste ai lati della porta che dava accesso ai bastioni merlati illuminarono debolmente l’ultimo tratto.
Si accorse che Mrs Purr lo aveva preceduto solo quando la vide, tutta impettita, di fronte al battente, come a volergli impedire di proseguire.
Allungò la mano per afferrare l’anello di ferro al centro dell’uscio, e la gatta iniziò a soffiare.
Arretrò di uno scalino, sorpreso dall’atteggiamento della bestiola.
– Ehi, che ti prende? Sono sempre io, non mi riconosci più? – Sussurrò, in tono pacato ma un po’ risentito.
Quando la micia sembrò tranquillizzarsi provò a spingere di nuovo il battente. Ma non appena si azzardò a farlo lei tornò a soffiare, fendendo l’aria con una zampata.
Severus la squadrò, accigliato. Poi stabilì che non si sarebbe certo fatto intimidire da quell’esserino peloso che gli arrivava alle caviglie: la scavalcò con decisione e aprì la porta.
E, una volta all’aperto, si sentì subito avvinto dalla grandiosità della volta stellata.
Il cuore prese a battere velocemente e un’intensa sensazione di piacere gli regalò quanto gli bastava per sentirsi padrone dell’universo.
Era sempre stato così quando saliva sulla Torre di Astronomia, nelle notti serene. Ci andava per osservare le costellazioni, e finiva regolarmente per rimanere soggiogato dalla magnificenza del cielo trafitto da miriadi di punti luminosi: così vivo, palpitante e presente tutto attorno a lui che gli pareva di esservi immerso.
Con gli occhi rivolti al firmamento a volte dimenticava perfino di andare a munirsi di un telescopio; poteva finalmente non tener più conto del trascorrere del tempo, del passato, delle scelte fatte e di quelle lasciate in sospeso, di ciò che aveva perso, con immenso dolore, della sofferenza che avrebbe dovuto ancora affrontare.
Lassù poteva finalmente essere quello che era, per lasciarsi avvolgere dalla pace sconfinata che gli rimandava l’infinito in quegli istanti di profondo, beato isolamento.
Tuttavia, quasi da subito, percepì che quella notte sarebbe stata diversa dalle altre. Sentì che qualcosa non andava non appena diresse lo sguardo verso il baratro che si spalancava oltre la merlatura.
Iniziò con l’udire che il sibilo del vento, incuneandosi tra le fessure, si era trasformato in una specie di mormorio sconnesso.
Il bisbiglio divenne sempre più definito: cominciò a percepire qualcosa di simile a un accavallarsi confuso di voci e, ad un tratto, gli parve perfino di distinguere alcune parole.
Guardandosi attorno, spaventato, mosse qualche passo. I bastioni erano deserti, ma il borbottio continuava come se stesse scaturendo dai muri.
Provò a turarsi le orecchie con le mani, tuttavia lo strano fenomeno proseguì nella sua testa; infine iniziarono ad arrivargli ciò che sembravano i frammenti di un discorso.
- Non gli resta molto da vivere comunque… *
La voce, lontana e soffocata, era ridotta a poco più che un sussurro spettrale; pareva sgorgare da uno dei recessi dell’osservatorio, però quando diresse di scatto lo sguardo verso l’angolo in cui erano radunati i telescopi non vide nulla.
– Guardatelo… che cosa ti è successo, Silly? *
Il mago ruotò su se stesso, convinto di avere qualcuno alle spalle, solo per rendersi conto ancora di come oltre a lui non ci fosse nessun altro.
- Hanno bloccato le scale… Reducto! REDU…*
- Ora Draco. Prestoooo… *
- Abbiamo un problema… Il ragazzo non sembra in grado… sembra in grado… grado…*

Le parole si sovrapponevano, si mescolavano, andavano e venivano; riuscì a captarne comunque una buona parte e le ascoltò senza avere la minima idea di quale fosse il loro significato e di chi le stesse pronunciando.
Fino a che, di botto, sparirono. Un silenzio grave tornò ad incombere sui bastioni. Sembrava tornato tutto alla normalità, ma non osò comunque muoversi.
Fece girare lo sguardo attorno a sé, con estrema cautela. Il vento aveva ripreso a insinuarsi dolcemente tra le fessure, e quel suono rassicurante ebbe il potere di rinfrancarlo un po’.
Si chiese se nel vino bevuto poche ore prima, seduto comodamente in poltrona davanti al camino, fosse contenuto qualcosa che poteva aver contribuito al suo stato.
La cosa gli sembrò alquanto improbabile: Lumacorno stesso gli aveva regalato la bottiglia. Oltretutto di marca piuttosto pregiata.
Passò la mano sul viso; percepì infastidito il contrasto tra la pelle asciutta del palmo e quella fredda e umida del volto.
Tirò un grosso respiro e si incamminò deciso verso l’uscita, ansioso di imboccare le scale che gli avrebbero consentito di lasciare velocemente quel luogo divenutogli tutto ad un tratto ostile.
Ma non fece in tempo a raggiungere la porta che i sussurri ricominciarono.
Severus si bloccò, mentre l’agghiacciante mormorio cresceva d’intensità; fino a che prevalsero solo poche, distinte parole pronunciate da una voce che, emergendo in modo più deciso dal brusio, gli parve riconoscere.
Si volse, lentamente, scrutando le sagome nere dei merli stagliate contro il cielo luminoso di stelle: era da lì che sembrava provenisse il suono.
Rimase in attesa, le orecchie tese, il cuore in tumulto.
- Severus… ti prego… *
Il lamento riaffiorò dall’oscurità, flebile ma chiarissimo, e a Severus si gelò il sangue. Non si era sbagliato: quella era la voce di Silente!
Arretrò, incapace di staccare gli occhi dalle merlature, senza comprendere perché quelle parole e il tono con cui erano state pronunciate lo atterrissero a tal punto.
Improvvisamente gli sembrò addirittura di scorgere nell’ombra le sembianze imprecise di una persona riversa contro la murata.
D’istinto afferrò la bacchetta, e irrazionalmente la puntò contro quello che sperava fosse solo uno scherzo atroce della sua fantasia.
- Severus… ti… prego…
- No… No! – Cercò invano di soffocare il grido, mentre la visione baluginava ancora come una lugubre apparizione, fino a che si dissolse assieme alle parole che aveva udito.
Il fenomeno durò ancora qualche istante, infine risuonò solo un timido eco che via via si disperse nel soffio del vento. Quindi la notte tornò a mostrarsi benevola.
Ma lui non riusciva a smettere di rabbrividire; sentì che doveva immediatamente andarsene da lì.
Imboccò le scale e iniziò a scenderle di corsa, desiderando soltanto che anni luce lo separassero dalla Torre di Astronomia.


******




Minerva McGranitt percorse l’ultimo tratto di corridoio con una certa fretta. Si sentiva piuttosto stanca, e non vedeva l’ora di potersi rifugiare nella propria stanza.
Per lei le ronde erano divenute un’incombenza abbastanza pesante da sostenere: era una donna ancora forte, temprata, tuttavia aveva un’età e, molto probabilmente, era arrivato il momento di cedere qualche turno a chi fosse più giovane e motivato… Uno come Severus, ad esempio.
Persa in questa e altre riflessioni attraversò il punto in cui la corsia da cui proveniva intersecava quella riconducente alla Torre di Astronomia.
Stava per tirare dritto quando, con la coda dell’occhio, le parve di veder muovere qualcosa alla luce traballante delle torce.
Si fermò, puntando lo sguardo incuriosito sulla creatura che, con incedere morbido e aggraziato, le veniva incontro dal lato opposto.
- Mrs Purr?! – Esclamò, meravigliata, mentre la gatta si piazzava di fronte a lei come una piccola Sfinge, producendo una serie di miagolii insistenti.
- Perché non sei con Argus? – Ma ciò che colpì la professoressa fu il fatto che la micia sembrava volesse comunicarle qualcosa. In effetti, quando riprese la strada da dove era venuta continuando a miagolare, Minerva comprese che stava invitandola ad andare con lei.
- Che cosa vuoi mostrarmi? – Domandò, come se la creatura, che intanto l’aveva portata là dove le scale a chiocciola salivano all’osservatorio astronomico, avesse potuto rispondere.
- Purrrr… - La gatta emise un soffice, prolungato brontolio; si accovacciò accanto alla donna e la fissò in modo espressivo: i grandi occhi gialli sembravano in attesa di ciò che sarebbe seguito.
Infatti non trascorse mezzo secondo, e Minerva udì provenire dall’alto rumore di passi veloci.
Sussultò, alzando di scatto lo sguardo verso la serie di gradini immersi nell’oscurità.
Pochi attimi dopo una luce flebile iniziò a brillare nel buio, seguito dal trambusto provocato da colui che stava scendendo gli scalini di fretta.
La luce, proveniente dalla punta di una bacchetta, si fece più intensa. Dietro il riverbero Minerva intravide una sagoma scura che faticò a identificare: riconobbe il professor Piton solo quando se lo trovò davanti, pallido e ansante, al termine della scalinata.
- Severus, che succede? – Proruppe, con accento preoccupato.
Sul volto dell’uomo passò un velo di sorpresa e fastidio al tempo stesso: era chiaro come non si aspettasse di trovare la Vicepreside ad aspettarlo.
Guardò prima Mrs Purr che, imperturbabile, era tornata a studiarlo con aria criptica. Poi recuperò l’abituale compostezza, raddrizzò le spalle e abbozzò un breve sorrisetto obliquo.
– Nulla, Minerva. Ho voluto dare un’occhiata anche ai bastioni. E’ tutto a posto, stai tranquilla.
La McGranitt scoccò un’occhiata poco persuasa. Lo conosceva abbastanza per comprendere come ci fosse qualcosa che non andava.
– Non era il tuo turno di ronda, stanotte. – Gli fece notare, guardandolo dritto negli occhi.
– Non riuscivo a dormire. Ho preferito camminare per il castello piuttosto che rigirarmi nel letto.
L’anziana strega sostenne con un sospiro lo sguardo leggermente imbarazzato del giovane mago.
- Si direbbe quasi che tu abbia visto un fantasma. – Insinuò, seria.
- Cosa molto probabile, dal momento che, come anche tu avrai avuto modo di notare, a Hogwarts ne girano parecchi. – Replicò lui, sarcastico.
- Sai che cosa intendo dire…
Severus distolse bruscamente gli occhi da quelli di Minerva e strinse le labbra. Difficile fronteggiarla quando si poneva davanti a lui con quell’atteggiamento.
Odiava doverlo ammettere, ma, dopo Albus, lei era forse l’unica persona ad avere un’enorme, pericolosa influenza su di lui; Minerva era deleteria, in quel senso, come forse nemmeno sua madre lo era mai stata.
- Che cosa è successo, là sopra, Severus? Sei venuto giù da quelle scale come se qualcuno ti stesse inseguendo... – Insistette, come se in lui stesse rivedendo lo studente gracile, bisognoso di sostegno di un tempo ma anche il figlio che avrebbe voluto e che non era mai arrivato: – Avevi un’espressione stravolta.
Tornò a considerarla attraverso lo sguardo dietro il quale era solito schermarsi. Di una sola cosa aveva certezza, e cioè che la preoccupazione della donna era sincera; tuttavia sentì che non avrebbe dovuto e potuto raccontarle nulla, nonostante ne avvertisse la necessità.
– Ti assicuro che non c’è niente per cui ti debba impensierire. Smettila, anzi, di fare quella faccia. Va tutto bene, Minerva. – Replicò, asciutto, lasciando trapelare una punta di fastidio.
La bocca sottile della McGranitt si ridusse a un taglio, negli occhi brillò la determinazione.
– Bene. Allora non ti dispiacerà se ti chiedo di accompagnarmi sui bastioni… - Stabilì, dirigendosi verso le scale: - E’ un pezzo che non salgo lassù, a fare un giro di ispezione, e credo che questa sia l’occasione giusta.
Lo guardò con un pizzico di sfida nell’espressione volitiva incisa sul volto; Severus chiuse gli occhi, lasciò andare un breve sospiro, quindi la seguì, senza replicare.
Salirono in silenzio, alla luce della bacchetta della Vicepreside.
Severus notò come Mrs Purr, che li aveva seguiti, non fece una piega quando la McGranitt allungò la mano per aprire la porta.
Ma nell’attimo in cui si ritrovò a dover affrontare il luogo da cui si era appena allontanato, un velo di sudore gli imperlò la fronte.
Si tenne prudentemente vicino all’uscita, trasse qualche respiro profondo, e l’aria frizzante cominciò ad agire come un balsamo: ora sui bastioni regnava un’incredibile quiete, tanto che si chiese se quello che aveva appena vissuto non fosse stato davvero solo un sogno.
Accompagnò con lo sguardo l’anziana strega, che nel frattempo si era avvicinata alle merlature per ammirare i rilievi stagliati contro un orizzonte che iniziava ad accogliere i primi timidi bagliori dell’alba.
– Non è meraviglioso, quassù? – Constatò lei, sottovoce, quasi timorosa di violare la sacralità del luogo immerso in una pace quasi soprannaturale. Fece ancora due passi, e fu a ridosso dei merli.
Ad un tratto Severus la raggiunse, la afferrò per le braccia e la staccò bruscamente dal parapetto.
- Santo cielo… ma… che cosa ti prende? - Sbottò Minerva, mentre il mago la trascinava via dalla balconata.
La professoressa si liberò dalla morsa delle sue mani e si voltò a fronteggiarlo: i suoi occhi scintillanti di rigore agganciarono quelli impenetrabili del giovane e, dietro l’inaccessibilità di quello sguardo, Minerva fu certa di scorgere l’ombra di un’incertezza cupa e dolorosa.
- Severus… vuoi dirmi che cosa ti succede? - Mormorò, addolcendo il tono, mentre il volto segnato da rughe sottili si ammorbidiva.
L’uomo scosse con ostinazione la testa.
– Nulla… Eri un po’ troppo vicina allo strapiombo. – Chiarì, con accento blando, privo di emozione.
– Non è solo questo. C'è dell'altro. - Insistette lei.
– Che cosa te lo fa pensare?
La McGranitt sospirò, con una punta di esasperazione.
– Insomma, ragazzo mio: non puoi proprio mettere da parte per una volta orgoglio e caparbietà, per provare a fidarti almeno di chi ti vuole bene? Scopriresti quanto ti farebbe stare meglio.
L’uomo alzò lo sguardo incupito e lo indirizzò verso il vuoto. Rimase per qualche istante chiuso in un mutismo tenace, poi tornò ad abbassare gli occhi sulla donna, ed erano talmente duri e taglienti da costringerla d'istinto ad arretrare di mezzo passo.
– Peccato che io invece abbia imparato quanto sia molto meglio non fidarsi. - Replicò, beffardo.
La strega annuì, piano, tentando di ignorare il sentimento di profonda amarezza che stava affiorando. Nel suo sguardo adombrato era sceso un velo di tristezza e rassegnazione, e Severus comprese di averla ferita.
- Mi dispiace… Cerca di capire... - Mormorò allora, in tono gentile, sfiorandole il viso con la punta delle dita.
Lei rialzò la testa e appoggiò con delicatezza il palmo della mano sul petto del giovane, avvertendo il battito leggermente accelerato del suo cuore.
– Ora so che non riuscirò mai a sapere veramente quello che ti ostini a custodire qui dentro, e me ne duole. Voglio però che tu sappia che per te ci sarò sempre, in ogni momento, e per qualsiasi cosa.
Assestò un paio di buffetti al risvolto di raso nero del mantello, quindi si diresse verso la porta, pensierosa.
Prima di oltrepassare la soglia si girò a guardarlo con un sorriso comprensivo.
– Posso almeno offrirti un tè nero alla cannella, forte e corroborante, caro? Che dici: dopo una nottata abbastanza impegnativa credo che possiamo meritarcelo.
Il mago annuì, e la osservò mentre affrontava con cautela la prima rampa, sollevando con grazia meticolosa il bordo del vestito.
Era consapevole del profondo affetto che provava nei suoi confronti, ma all'improvviso lo sentì offuscato da un’inspiegabile, spiacevole presentimento. Come se una nuvola fosse passata davanti al sole e un refolo più deciso di vento gli avesse sussurrato all’orecchio che Minerva non avrebbe adempiuto alla promessa.
Perché ne fosse così sicuro non sarebbe stato in grado di spiegarlo.
Tuttavia avvertì che lei, a un certo punto della sua vita, non ci sarebbe stata…
Accettò senza porsi altre domande l’ennesima stranezza di quella che avrebbe senz’altro ricordato come una notte insolita: la notte dei misteri, se proprio avesse dovuto affibbiarle un appellativo.
Infine si accinse a lasciare l’osservatorio.
– Forza, Mrs Purr. E’ ora di tornare.
Attese che la gatta infilasse a sua volta le scale, poi chiuse la porta lasciandosi tutto alle spalle, almeno per il momento.

******



Severus rientrò nei propri alloggi due ore circa prima di cena: sentiva il bisogno di prendersi un momento di pausa, e poi sarebbe sceso in Sala Grande.
Abbandonò sulla poltrona il mantello, lanciando la solita occhiata diffidente all’Avversaspecchio, che non si era ancora deciso a levare dalla parete.
La sua superficie, livida e immota, gli ricordò quella del Lago Nero. Non si era più avvicinato all’oggetto dalla notte in cui aveva vissuto l’inquietante esperienza sulla Torre di Astronomia, e anche in quell’istante avvertì una sorta di repulsione.
Doveva assolutamente rimuoverlo da lì.
Tuttavia decise altresì che era venuto il momento di andare oltre quell’atteggiamento sciocco e irrazionale.
Andò allo specchio, determinato a superare le proprie paure, e guardò di nuovo dentro.
Sullo sfondo c’era lo stesso andirivieni di figure indefinite, però con una distinzione: la sagoma che alcuni giorni prima aveva visto staccarsi dalla piccola folla senza volto era ancora lì, ma ora i suoi contorni apparivano decisamente più nitidi.
Socchiuse gli occhi e la osservò con attenzione: la fisionomia era tuttora vaga, eppure ebbe l’impressione che, gradualmente, stesse diventando sempre più precisa…
Anzi, si rese conto che diventava più definita perché, pian piano, si stava avvicinando!
Quando i particolari si fecero netti e l’individuo che gli stava venendo incontro dall’Avversaspecchio divenne quasi del tutto riconoscibile, rimase paralizzato dallo sconcerto.
Albus?! – Mormorò, con un filo di voce, mentre il vecchio volto incorniciato dalla fluente barba bianca occupava interamente la superficie dello specchio.
Silente frugò con uno sguardo grave l’interno della stanza; quindi piantò le iridi azzurre, pungenti come spilli, negli occhi del giovane.
Durò un attimo, ma tanto bastò perchè Severus avvertisse una morsa gelida allo stomaco.
E in quel preciso istante, il tocco gentile di qualcuno che bussava alla porta lo distolse da quanto non riusciva ancora a credere di aver visto.
In un attimo fu all’uscio, lo aprì con una certa veemenza e, nonostante sapesse già chi avrebbe trovato oltre il battente, il cuore perse un colpo.
– Ciao, Severus. Ti disturbo? – Il Silente sulla soglia aveva la stessa espressione di quello nello specchio.
Si limitò a scuotere il capo e, pur non volendo, il suo sguardo sfiorò la mano colpita dalla maledizione: sembrava peggiorata. Anche Albus sembrava peggiorato, e mostrava segni evidenti di stanchezza.
Si fissarono per qualche secondo senza proferire parola. Poi il preside accennò un sorriso forse un po’ troppo forzato, e spezzò il silenzio.
-Avrei bisogno di parlarti; però volevo proporti una passeggiata nel parco. Credo che l’aria fresca e il profumo del sottobosco mi renderà più facile chiarire quello che sto per dirti…




* Tratto da HP e il Principe Mezzosangue - Capitolo 27
 
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view post Posted on 25/9/2022, 16:31
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Bellissimo, straziante, commovente: il tuo, Ele, è il racconto del dolore e dell’amore rinchiusi nel cuore di Severus che Minerva accarezza consapevole dell’esistenza dei tanti segreti che custodisce. L’anziana strega nel rivolgersi al giovane collega è guidata dall’istinto, ma questa capacità intuitiva, che le viene per temperamento e affetto, è destinata, purtroppo, a dissolversi al vento come le voci dal futuro che Piton ascolta sulla Torre. E Severus sa, nel silenzio di irritazione e apprensione in cui naviga il suo cuore, lui sa che presto gli amici diverranno nemici; l’Avversaspecchio gli conferma l’atrocità del presentimento: il tradimento più grande verrà dalla persona che il mago stima più di qualsiasi altra al mondo, e forse mai si sarebbe aspettato la folle richiesta che verrà dal vecchio.
Severus è cresciuto nell’arida mancanza d’affetto dei genitori naturali; ora anche le figure genitoriali alle quali è legato da un sincero sentimento di attaccamento e stima, stanno per tradirlo ancora.
CITAZIONE
Peccato che io invece abbia imparato quanto sia molto meglio non fidarsi.

Tutta la vita di Severus ruota intorno al perno della fiducia: chi non riesce o non può fidarsi è condannato alla solitudine e ha imparato, sulla sua pelle, che le promesse fatte per non essere mantenute, sono solo le futili sciocchezze proferite da chi cammina col cuore sul bavero.
 
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view post Posted on 26/9/2022, 16:17
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Come sempre, cara Cate, le tue recensioni così attente e dettate dalla profonda sensibilità che ti appartiene non possono fare altro che lusingarmi.
Anche in questo caso, come hai colto perfettamente, a prevalere sulla coscienza del nostro adorato sono un gran senso di solitudine e l'amara, terribile certezza di non poter contare proprio su nessuno.
Grazie di cuore, leggere le splendide parole che dedichi ogni volta alle mie storie mi rende invariabilmente una donnina felice. :lol: :]
 
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view post Posted on 31/10/2022, 13:11
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Una sorta di premonizione!
La storia è molto carina in sé, ma... Ammetto di non aver capito bene cosa sia successo. Cioè, non ho una risposta alla domanda sul "come? Perché? Come è magicamente possibile una situazione simile?" che mi ha un po' inficiato la lettura.
 
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view post Posted on 1/11/2022, 15:56
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CITAZIONE (Mitsuki91 @ 31/10/2022, 13:11) 
Una sorta di premonizione!
La storia è molto carina in sé, ma... Ammetto di non aver capito bene cosa sia successo. Cioè, non ho una risposta alla domanda sul "come? Perché? Come è magicamente possibile una situazione simile?" che mi ha un po' inficiato la lettura.

Peccato, Sara, mi spiace che la lettura non ti abbia soddisfatto a pieno :( anche perchè hai detto giusto quando definisci l'accaduto una sorta premonizione!
Grazie comunque per aver dedicato del tempo alla storia e per aver lasciato il tuo pensiero :*: :*:
 
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view post Posted on 14/11/2022, 14:28
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Una buona storia, ma non mi ha entusiasmata. Troppo mistero con parverza horror.
La presenza della gatta non è essenziale, più sottile e intelligente l'uso dell'avversaspecchio.
 
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view post Posted on 15/11/2022, 11:32
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CITAZIONE (Ida59 @ 14/11/2022, 14:28) 
Una buona storia, ma non mi ha entusiasmata. Troppo mistero con parverza horror.

Eh, lo so che non è il tuo genere preferito, mi spiace non essere riuscita a coinvolgerti nonostante ciò :|

CITAZIONE (Ida59 @ 14/11/2022, 14:28) 
La presenza della gatta non è essenziale, più sottile e intelligente l'uso dell'avversaspecchio.

Mi fa piacere però che l'Avversaspecchio abbia incontrato la tua approvazione :b: :*:
 
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6 replies since 23/9/2022, 01:32   170 views
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