Capitolo II
Lavandula latifolia[1]
La storia che stai scrivendo è ricca di fascino e atmosfere sospese.
Mi è piaciuta da subito, come ti dissi a suo tempo nel primo commento.
I personaggi che hai inserito sono in fieri, Riwal e Margaid e la loro madre, custode di un dolore, quasi un trascurato languore che la rende dolcemente evanescente.
Il giardino è al centro del racconto ed anche i fiori che hai disseminato persino raccolti in un mazzo nel vaso, in ospedale.
La visione e le considerazioni che hai espresso non sono affatto lontane dal mio modo di giudicare Silente: il grande vecchio manovratore. Anche il rapporto con Minerva è molto realistico, senza escludere nulla, non eccede in affetto e amicizia da parte di Severus e ci può stare.
Il
tuo Severus è impossibile non riconoscerlo: pervaso di amarezza, strappato alla morte quasi contro la sua volontà e, soprattutto, il peggior nemico di se stesso: non merita né perdono, né comprensione e ne è razionalmente e profondamente convinto.
Ma la casa in Bretagna, la pace che spera di trovarvi e il silenzio, quelli traspaiono da ogni parola scritta, da ogni introspezione. Aleggia un’atmosfera decadente e silenziosa intorno a Severus ancora costretto in ospedale; lui anela al silenzio, alla riflessione, in fuga dal mondo che conosce fin troppo bene e che troppo bene Lo conosce.
Bello, Leonora, il tuo stile perfetto e scorrevole è un marchio inconfondibile: spero che tu continui presto e che non trascuri questo bel racconto a cui mi sono sinceramente affezionata.
Brava davvero!