Il Calderone di Severus

Sfida FF n. 14: Sette giorni per un Sorriso

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view post Posted on 9/11/2013, 22:54
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Dalla luna...

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n. 43

Titolo: Qual'è la tua magia?

Autore: ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: One Shot
Rating: Per tutti
Genere: Introspettivo, romantico
Personaggi: Severus Piton, Hermione Granger
Pairing: Severus/ Hermione
Epoca: Post settimo anno
Avvertimenti: AU
Riassunto:
- Qual'é la tua magia?
E' una domanda che le poni sempre quando ti fermi a contemplarla, quando lei riesce con pochi e semplici gesti ad allontanare il tuo passato, ogni ombra e ogni cattivo pensiero. E' il tuo patronus contro i brutti ricordi.
Il tuo luminoso, riccioluto Patronus.

Parole: 1.417

Qual'è la tua magia?

E' una giornata calda, con un sole splendente e un leggero venticello che porta frescura e quiete.
Ti sei alzato presto questa mattina di Giugno inoltrato.
Ti sei alzato e ti sei preparato con calma. E' una giornata importante, speciale e vuoi essere perfetto, impeccabile, degno della tua compagna.
Hai fatto un lungo bagno ristoratore che ha rinfrescato le tue membra ancora intorpidite dal sonno e dalla notte di passione appena trascorsa.
La tua compagna si è svegliata prima ed è andata a prepararsi con sua madre nel suo vecchio appartamento vicino a Diagon Alley. Svegliarti con il letto vuoto non ti piace, nonostante tu abbia passato anni in un letto freddo, ma l'hai lasciata fare: questa giornata è speciale anche per lei. Soprattutto per lei.
Quando sei uscito dalla vasca ti sei guardato allo specchio, ti sei rasato e pettinato fermando i capelli con un nastro di seta nero che si mimetizza perfettamente con la tua chioma.
Finalmente, dopo anni di doppi giochi, spionaggi degni di un libro giallo e due guerre, dimostri gli anni che hai realmente. Non sembri più un vecchio pipistrello.
Il tuo corpo porterà per sempre i segni della guerra, ma non hai più quelle brutte occhiaie che sottolineavano le tue notti trascorse sveglio, ossessionato dalle tue colpe.
Hai lasciato i vestiti sulla poltrona ai piedi del letto per evitare che si sgualcissero, odi sembrare sciatto, specialmente quando devi stare in mezzo alla gente.
Ti vesti velocemente, ogni tanto lanci veloci occhiate al letto sfatto e le immagini di voi due che vi amate con passione ti tornano alla mente facendoti sorridere.
Un sorriso innamorato.
Apri l'anta dell'armadio e cerchi di sistemare il cravattino guardandoti nell’alto specchio.
Un tempo la tua immagine ti avrebbe suscitato un senso di repulsione. Hai sempre odiato il tuo riflesso, quello che rappresentava, quello che eri diventato per un errore di gioventù.
Hai sempre rivisto i visi di chi avevi ucciso in quello specchio, e dopo la tua miracolosa sopravvivenza al morso di Nagini avevi odiato ancora di più la tua sporca immagine di eroe sopravvissuto.
Per mesi, anni, avevi pensato che era ingiusta la tua sopravvivenza. Tu che avevi portato morte e dolore. Tu, che non eri stato in grado di salvare delle vite, eri sopravvissuto mentre altri più meritevoli di essere salvati erano morti in modi orribili.
Ti fissi allo specchio e quel passato torna a tormentarti con le sue urla di dolore e i suoi volti sofferenti. E lei ti é sempre accanto, sente il tuo dolore, lo condivide, lo sopporta con te, per te. E' bellissimo che qualcuno ti ami così intensamente da dividere l'eterno dolore della tua anima.
E mentre ti fissi allo specchio con il cravattino ancora in mano, mentre il passato fa capolino nel tua vita ora felice lei, entra nella stanza.
Passato e presente si fondono sulla superficie dello specchio.
E' bellissima, avvolta da quel vestito bianco e nero, con i capelli sciolti sulle spalle nude, sistemati in morbidi boccoli che le incorniciano il viso truccato, le labbra rosso fuoco che attirano immediatamente la tua attenzione.
Vi fissate attraverso lo specchio. Le sorridi debolmente come a dirle che quei fantasmi hanno deciso di farti una visita proprio questo giorno in cui sei sereno. Lei non dice nulla, appoggia la minuscola borsetta sul comò e si avvicina. I tacchi risuonano nella stanza silenziosa.
Ti fa voltare e ti sorride prendendo il cravattino dalle tue mani.
Ti ordina con un lieve cenno di sollevare il mento e tu le ubbidisci, sorridendole, senza dire nulla.
- Guarda solo me, Severus. - sussurra dolcemente, sollevandoti il colletto della camicia bianca come il suo vestito.
Lasci che ti sistemi il cravattino così come ha sistemato e messo ordine nella tua vita. Unendo i lembi strappati della tua anima, usando le parole che spesso tu hai dovuto trattenere per le ferite alla gola che ti hanno reso muto per parecchi mesi.
Ancora ricordi il giorno che te la sei ritrovata in camera subito dopo il tuo risveglio al San Mungo. Era seduta su una poltrona accanto al letto, stava leggendo un romanzo babbano di cui hai dimenticato il titolo. Il libro le era caduto di mano quando si era accorta che ti eri svegliato ed era corsa fuori urlando cercando aiuto.
Muto e impotente ti eri limitato a fissarla con astio, domandandole silenziosamente cosa stesse facendo nella tua camera. E lei parlava... parlava... parlava... senza sosta, senza tregua, ignorando ogni tua occhiataccia. Hai desiderato che tacesse per settimane, spesso fingendo di dormire per evitare di sentire i suoi sproloqui.
Ti sei anche dovuto sorbire l'ultimo litigio con l'ex fidanzato rosso che l'accusava di tenere più a te, odiato professore bastardo di un tempo, che a lui, neo fidanzatino che aveva appena perso un fratello.
Sempre dormendo hai sentito le sue lacrime, le sue scuse e la porta che Weasley aveva sbattuto alle sue spalle troncando la loro relazione. Lei si era appoggiata al letto e aveva continuato a piangere fino a quando non aveva avvertito la tua mano tra i suoi riccioli indomabili in un muto sostegno.
Conoscevi fin troppo bene il dolore di un cuore spezzato.
Nonostante tutto aveva continuato a parlare e ogni giornata era accompagnata da un sorriso. E presto quei sorrisi sono diventati quasi indispensabili per te.
- Stai zitta. - le avevi detto quanto avevi ripreso l'uso della parola, libero dal veleno di Nagini – Ora lascia parlare me petulante, irritate SoTutto.
Ma non le hai detto più nulla, ti sei limitato solo a baciarla.
Da quel giorno sono passati tre anni.
Sempre insieme, sempre uniti, innamorati, felici.
Ed ora sei vestito con uno smoking nero, pronto per presenziare al rinnovo delle promesse nuziali dei suoi genitori come suo fidanzato.
Il tocco delicato delle sue dita contro la pelle del collo ti desta dal passato, da quella vita che non ti sembra più tua. La osservi ed ogni giorno ti sembra più bella, più desiderabile e tu ti senti sempre più fortunato.
A volte pensi che non sia possibile che ad un uomo come te sia stata donata una seconda possibilità tanto dolce e sensuale.
Mentre lei ti sfiora il collo con gli occhi fissi sul cravattino, concentrata su quel semplice lavoro, appoggi delicato le mani sui suoi fianchi morbidi e lasci che le tue dita giochino un po’ con la stoffa leggera del vestito.
La vedi sorridere mentre le sue esperte dita intrecciano il tessuto del cravattino, così come ha intrecciato i vostri cammini.
- Mi distrai, professore. - sussurra divertita iniziando a fare il nodo.
Le sorridi continuando le tue lente carezze attraverso la stoffa, la sua pelle è calda e il suo profumo annebbia i tuoi sensi come una dolce droga.
- Qual'è la tua magia?
E' una domanda che le poni sempre quando ti fermi a contemplarla, quando lei riesce con pochi e semplici gesti ad allontanare il tuo passato, ogni ombra e ogni cattivo pensiero. E' il tuo patronus contro i brutti ricordi.
Il tuo luminoso, riccioluto Patronus.
Lei sistema il fiocco del papillon e solleva lo sguardo su di te.
- Qual'è la tua magia? - le chiedi di nuovo le tue mani salgono sulle sue guance accarezzandola piano, come se fosse di porcellana.
- Amarti... - ti sussurra accarezzando il collo della giacca.
Sempre la stessa domanda. Sempre la stessa risposta. Sempre le stesse intense emozioni.
- Quel rossetto è una terribile tentazione. - le dici osservandole improvvisamente le labbra rosse – Passerò tutta la giornata a bramare le tue labbra rosse ed invitanti.
Lei sorride maliziosa ti allaccia le braccia al collo.
- Lo so.
Ti chini sul suo viso, ti vedi riflesso nei suoi occhi e quell'immagine non ti fa ribrezzo o paura, i fantasmi del passato, per oggi, sono andati via.
- Piccola serpe. - sussurri divertito con un filo di voce prima di baciarla.
Un bacio lento, profondo, carico di passione e già senti il tuo corpo rispondere, vorresti avere un po' più di tempo per amarla come la notte appena trascorsa.
Vi separate lentamente, lei sorride; ha gli occhi luminosi, pieni d'amore, pieni di vita e le sue labbra sono sempre rosse, luminose, piene.
Hai imparato ad apprezzare molte cose da quando è nella tua vita, compreso il rossetto magico.
- Puoi baciarmi anche davanti ai miei genitori.
Con riluttanza vi separate, lei prende la sua minuscola borsetta e tu chiudi l'anta dell'armadio con un tocco di bacchetta.
- Non come vorrei io.- le sussurri all'orecchio facendola arrossire.
Ti piace quando arrossisce in quel modo.
- E' meglio se andiamo. - le dici posandole una mano sulla schiena – O i tuoi genitori si ritroveranno senza testimoni.
Lei ridacchia e si sbriga ad uscire con un sorriso malizioso sulle labbra e negli occhi nocciola.
 
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view post Posted on 13/11/2013, 11:36
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Autore/data: Alaide – 22 - 30 settembre 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One-shot
Rating: per tutti
Genere: Drammatico, Introspettivo
Personaggi: Severus Piton, Personaggio originale
Pairing: peut-être Personaggio originale/Severus
Epoca: Post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: Cercò un sorriso rassicurante sul volto della signorina Fairchild, qualcosa che gli dicesse che non aveva distrutto in maniera così completa e totale la vita della bambina che aveva imparato a considerare come una figlia, della bambina che l’avrebbe forse potuto perdonare per le menzogne che le aveva raccontato.
Invece il sorriso sul volto di Melusine era teso e preoccupato.
Nota: E’ il seguito di Lettere
Parole: 2012

Sinfonie.
21. Sinfonia in si min. op. 2 n°6
Primo movimento. Inquietudine


Severus accartocciò il foglio di carta, facendolo poi cadere sul tavolo.
Era l’ennesima volta che tentava di iniziare la lettera in cui avrebbe detto la verità a Judith. Ogni volta gli sembrava che le parole non fossero le migliori, ogni volta era certo che la lettera risultasse troppo dura per la ragazzina.
Riprese in mano la missiva di Judith, dicendosi che forse lì avrebbe trovato uno spunto per riuscire a scrivere la sua risposta e sapeva perfettamente che non era la prima volta che formulava quel pensiero.
La bambina l’aveva chiamato padre nella sua ultima lettera ed egli stava per ferire sua figlia, perché, anche se Judith lo avesse perdonato, egli sapeva che avrebbe finito con il ferirla, che l’avrebbe fatta soffrire.
L’uomo prese in mano la penna, ma non riuscì a scrivere nemmeno una parola, perché udì lo sferragliare della porta che si apriva.
Non si attendeva una visita da parte della signorina Fairchild, che giungeva con una certa regolarità, né del medico del carcere che l’aveva visitato ieri, dicendosi soddisfatto dell’azione dell’antidolorifico e preoccupato per la debolezza che gli impediva quasi di stare in piedi privo di un ausilio.
Quando portò lo sguardo verso la porta, incontrò il volto pallido della signorina Fairchild. Gli parve che la donna fosse incredibilmente agitata, al punto che non gli sorrise com’era solita fare, né si diresse immediatamente verso la sedia di fronte alla sua.
«È successo qualcosa a Judith?» disse, prima ancora di rendersi conto di aver formulato il pensiero.
«No… o meglio…» la donna scosse appena il capo, contrariata con la sua incapacità di spiegare con calma la situazione. Forse non era stata una grande idea precipitarsi in carcere per parlare con Severus, ma quello che le aveva detto il direttore dell’orfanotrofio l’aveva spaventata. «Non è accaduto nulla di grave, se lo si analizza da un punto di vista esterno, se a parlare adesso fosse qualcuno che non conosce Judith.»
Melusine si interruppe nuovamente. Il suo discorso era tutto tranne che chiaro, si disse, mentre si sedeva ed osservava per un istante l’uomo. Solo allora notò che davanti a Severus stava una lettera di Judith e che il tavolo era puntellato di fogli accartocciati. Forse fu quello a darle la calma per parlare oppure fu il volto dell’uomo, il suo sguardo.
«Oggi il direttore dell’orfanotrofio mi ha chiesto di parlarmi. Ho temuto, per un attimo, che avesse scoperto le lettere che Judith le invia, che volesse dirmi che non era affatto accettabile che una bambina scrivesse ad un carcerato. Sapevo che non avrei potuto dirgli nulla, se non che Judith è sinceramente affezionata a lei, Severus, e sperare che il direttore capisse.» la donna trasse un sospiro. Tutto nel suo modo di star seduta, nel lieve tremore delle mani, faceva comprendere all’uomo quanto la signorina Fairchild fosse agitata e nervosa. Impaurita forse. «Invece voleva parlarmi di qualcos’altro, di qualcosa che egli ha definito come assolutamente positivo. Judith potrebbe essere adottata presto. Una famiglia ha chiesto di poterla adottare, dopo aver incontrato il direttore dell’orfanotrofio.»
«E lei cos’ha detto a quell’uomo?» domandò Severus, la voce mortalmente calma.
Qualcun altro avrebbe chiamato Judith figlia e la bambina avrebbe chiamato uno sconosciuto padre. Non c’era alcuna via d’uscita a quella situazione. Avrebbe voluto evadere dal carcere – in fondo non gli sarebbe stato affatto difficile –, andare a prendere la bambina, portarla via con sé, ma sapeva che era un’idea assurda, perché avrebbe condannato Judith ad una vita da fuggiasca, ad una vita terribile e, quando qualcuno li avrebbe trovati, per lui ci sarebbe stato un nuovo processo, Azkaban con ogni probabilità, considerando che sarebbe stato coinvolto il Ministero della Magia, e per la bambina un nuovo orfanotrofio.
Avrebbe voluto dirsi che era meglio così, che Judith meritava un uomo ed una donna innocenti, come egli non era mai stato. Ma non vi riuscì.
Sapeva che la bambina avrebbe sofferto. Gli aveva detto tante di quelle volte nelle sue lettere che non nutriva alcun desiderio di essere adottata, perché aveva lui, perché aveva l’affetto di un uomo che l’aveva lasciata sola.
Cercò un sorriso rassicurante sul volto della signorina Fairchild, qualcosa che gli dicesse che non aveva distrutto in maniera così completa e totale la vita della bambina che aveva imparato a considerare come una figlia, della bambina che l’avrebbe forse potuto perdonare per le menzogne che le aveva raccontato.
Invece il sorriso di Melusine era teso e preoccupato.
«Gli ho chiesto di dare la priorità ad altri bambini, ma mi ha risposto che quella famiglia aveva chiesto espressamente di Judith, dopo aver letto i fascicoli relativi ai bambini che il giudice dei minori aveva detto che potevano adottare, in base all’età. L’ho supplicato di esagerare la difficoltà che adottare una bambina come Judith potrebbe comportare, fino a quando gli ho detto che Judith ha già i suoi affetti, ha degli amici a scuola, ha persone che si prendono cura di lei e che andare in un’altra città, con degli sconosciuti non le avrebbe fatto alcun bene.
«Il direttore ha pensato che mi stessi riferendo a me stessa.» disse Melusine, dopo una breve pausa, durante la quale il sorriso si era fatto se possibile più teso e preoccupato. «Gliel’ho lasciato credere. Mi ha detto che forse esisteva una soluzione affinché potessi adottare io Judith, che avrebbe cercato di prendere tempo con la famiglia, che avrebbe potuto indirizzarla verso un altro bambino, arrivato da poco.»
A Severus sembrò che la giovane si facesse se possibile ancora più tesa ed inquieta. Sicuramente teso ed inquieto era il suo sorriso.
In quel momento la sua mente era a tal punto fissa sul fatto che Judith potesse diventare la figlia di qualcun altro, sul fatto che ancora una volta avrebbe sofferto a causa sua, che non riuscì a formulare alcuna ipotesi circa quanto il direttore dell’orfanotrofio potesse aver detto alla signorina Fairchild.
«Ha detto che potrei adottare Judith. In questo modo potrebbe dire alla famiglia che c’è già un altro candidato – o qualcosa del genere – per la bambina e che egli l’ha ritenuto più idoneo. L’adozione che ha imposto è che l’adozione avvenga veramente e che gli dimostri che mi sposerò entro la fine dell’anno. Ho riflettuto a lungo.» proseguì spedita, forse per non dare tempo all’uomo di intervenire, forse per pronunciare velocemente le parole a cui aveva pensato, mentre camminava dall’orfanotrofio al carcere. «Non esiste che una soluzione possibile. Judith ha bisogno di te, Severus, più di quanto abbia bisogno di me. Se si arrivasse ad una revisione del processo – e sono certa che Judith la vorrà quando saprà la verità –, saresti sicuramente scarcerato. Ed allora, potremmo adottare Judith.»
«E lei, signorina Fairchild, rovinerebbe la sua vita.» affermò l’uomo, scrutando attentamente il volto della donna, il suo sorriso incerto, ma meno teso ed inquieto rispetto a pochi istanti prima. «Non l’ha detto apertamente, ma è chiaro nei suoi sottintesi. Ha già perso la sua famiglia, non sacrifichi anche la sua vita. Cerchi una brava persona da sposare. Forse esiste anche un uomo che sta unicamente attendendo il momento giusto per dichiararsi. Lo sposi e adottate Judith. Poi, se la bambina mi vorrà ancora nella sua vita, sarò presente come meglio potrò.»
Melusine cercò con lo sguardo i fogli che Severus usava per scrivere, ma erano di fronte all’uomo, irraggiungibili per lei, perché potesse porgergli, perché potesse evitare di parlare.
«Nessuno potrà mai essere accettato da Judith come padre, se non te, Severus.» ribatté, un sorriso dolce sulle labbra, un sorriso totalmente diverso da quello teso ed inquieto con cui era entrata nella cella. «Non esiste altra soluzione, nessun’altra soluzione legale. Non so se con la magia…»
«Sarebbe impensabile.» la interruppe bruscamente l’uomo, osservando la giovane con attenzione. V’era qualcosa di strano nel suo sorriso, qualcosa che non riusciva a cogliere. In quel momento gli pareva un sorriso più simile a quello che gli aveva rivolto quando aveva scoperto di quali orrori era stato capace nella sua vita, un sorriso colmo della promessa del perdono, un sorriso simile a quello di Judith. «Potrei evadere facilmente da questa cella, potrei anche andare all’orfanotrofio e portare con me la bambina, ma non la condannerei mai ad una continua fuga. Il Ministero della Magia è in contatto con il suo Primo Ministro, signorina Fairchild.»
«Allora non esiste nessun’altra soluzione possibile, Severus.» mormorò Melusine. Aveva riflettuto prima di andare in carcere, mentre vi si recava e non aveva visto nessun’altra strada per la felicità di Judith, per la pace dell’uomo, anche se questo significava sposare qualcuno che non avrebbe mai ricambiato il suo sentimento. «Judith non accetterà mai un altro uomo come padre.»
V’era determinazione nello sguardo della donna e nel suo sorriso.
Ma in quel sorriso v’era anche qualcos’altro. La promessa di un futuro finalmente pacificato, una promessa simile a quella contenuta nel sorriso di Judith, quel sorriso che aveva voluto ignorare, quando aveva scelto il carcere. Severus osservò a lungo la signorina Fairchild, quel sorriso carico di perdono, quel sorriso simile, ma in qualche modo diverso, dal sorriso di Judith.
Se avesse accettato la sua proposta, la donna avrebbe legato la sua vita alla sua, per il benessere e la felicità della bambina.
Se avesse accettato, ci sarebbe stata la revisione del processo e questo avrebbe significato far soffrire Judith, ma, forse, sarebbe stata una sofferenza inferiore a quella che avrebbe provato nel momento in cui sarebbe stata allontanata dai suoi affetti.
Dal suo migliore amico, dalla signorina Fairchild.
Da lui.
Ed era certo che la nuova famiglia di Judith non le avrebbe mai permesso di mandare lettere ad un carcerato.
Melusine continuava a sorridergli, si accorse, ed il sorriso era sempre colmo di determinazione e della promessa di pace e perdono.
Sapeva che quella situazione era nata unicamente perché lui era stato stolidamente cieco di fronte al sorriso di Judith, anni prima. Aveva gettato al vento un futuro pacificato ed, ora, se voleva riuscire a tenere la bambina accanto a sé, a non perdere per sempre una qualsiasi speranza di futuro, doveva scegliere di sacrificare il futuro di quella donna dall’animo gentile.
Eppure, la signorina Fairchild aveva ragione.
Non esisteva nessun’altra soluzione possibile.
«Ci sarà la revisione del processo, unicamente se Judith vorrà.» affermò infine.
Sapeva che se la bambina non avesse voluto, a quel punto sarebbe stata adottata da quella famiglia. D’altronde se Judith avesse rifiutato, avrebbe significato che non l’aveva perdonato, che ne aveva perso l’affetto ed il sorriso. Ed allora, la soluzione escogitata dalla signorina Fairchild sarebbe stata completamente inutile.
La donna gli sorrise nuovamente, nell’udire quelle parole. Era un sorriso dolce, quasi sollevato e colmo di riconoscenza.
Non rimaneva molto, dell’ora di visita della signorina Fairchild. Presero rapidamente accordi circa quello che lei avrebbe dovuto dire al direttore dell’orfanotrofio, circa il modo in cui procedere, nel caso in cui Judith avesse voluto la revisione del processo.
Durante quel tempo, Severus non soffermò mai il pensiero su ciò che avrebbe comportato il loro accordo. Non aveva mai pensato di sposarsi, non dopo aver perso l’amicizia di Lily. Con ogni probabilità non sarebbe mai accaduto, se non fosse stato per Judith. Nella sua ultima lettera la bambina lo chiamava padre, nella sua ultima lettera gli offriva affetto e perdono.
Judith meritava di essere felice.
Judith l’aveva chiamato padre, si ripeté Severus, mentre definiva gli ultimi particolari con la signorina Fairchild.
E per quanto assurdo potesse essere, la bambina aveva sempre voluto lui, l’uomo che non era riuscito a salvare i suoi genitori, l’uomo che l’aveva lasciata sola.
Judith aveva sempre detto che non voleva essere adottata e l’unico modo per evitarlo, sempre che i giudici lo giudicassero realmente innocente, era adottarla a sua volta, darle una famiglia, accettare che la signorina Fairchild sacrificasse il proprio futuro perché egli aveva commesso l’ennesimo errore imperdonabile.
Quando la guardia carceraria arrivò ad annunciare la fine dell’ora di visita, la donna gli sorrise.
Un sorriso colmo della promessa di un futuro pacificato.
Un sorriso colmo di perdono.
Un sorriso simile a quello di Judith.
Un sorriso colmo di un affetto, che Severus non seppe leggere, come non seppe leggere l’amore nello sguardo di Melusine.
 
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view post Posted on 13/11/2013, 13:29
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Meravigliosa Leonora: per Natale, sole e caldo! Me lo sento.
 
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view post Posted on 13/11/2013, 15:12
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CITAZIONE (chiara53 @ 13/11/2013, 13:29) 
Meravigliosa Leonora: per Natale, sole e caldo! Me lo sento.

Chissà! :)
Grazie mille, Chiara!
 
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view post Posted on 14/11/2013, 17:38
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I ♥ Severus


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Da un dolce sogno d'amore!

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N. 45

Titolo: La Foresta Proibita
Autore/data: Ida59 – 19-26 settembre 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One-shot
Rating: Per tutti
Genere: drammatico, romantico
Personaggi: Severus, Personaggio originale
Pairing: Severus/ Personaggio originale
Epoca: Post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: Sembrava solo un semplice giro nella Foresta Proibita alla tranquilla ricerca di erbe… È il seguito di “Un sorriso nel vento”.
Parole/pagine: 937/3




La Foresta Proibita



La falce di luna, coperta in parte dalle nubi nel cielo nero, irradiava un cupo alone verdastro sulla Foresta Proibita, quasi il Marchio Nero ancora incombesse sulle due figure appena materializzatesi.
Severus si guardò alle spalle con tesa circospezione, la bacchetta ancora stretta con ferma determinazione nel pugno: la foresta sembrava finalmente tranquilla e silenziosa. Lanciò rapido un sortilegio scudo, quindi ripose la bacchetta nel mantello e strinse finalmente a sé con protettivo amore Elyn che si accasciò tra le sue braccia: dai lungi capelli castani, un rivolo di sangue le scendeva lungo la tempia e sulla guancia graffiata e sporca di terra. Si rese subito conto che tremava ancora in modo visibile e che non sarebbe più riuscita a muovere neppure un passo, così la sollevò delicatamente tra le braccia cercando di tranquillizzarla:
- È finita, amore mio! - sussurrò con dolcezza sfiorandole piano con le labbra la fronte coperta da un gelido sudore. - Ormai siamo vicini al castello, nessuno ti farà più del male.
No, non l'avrebbe mai permesso, nessuno le avrebbe fatto del male, a costo della sua stessa esistenza. Non poteva perderla: Elyn era la sua unica e vera ragione di vita da quando le lacrime di Fanny gli avevano regalato quella seconda opportunità! L'avrebbe difesa, l'avrebbe protetta, sempre! Elyn, la donna che amava, la donna che aveva saputo conoscere tutte le sue colpe e le aveva perdonate, la donna che gli aveva insegnato di nuovo a sorridere e gli aveva regalato la speranza di un futuro felice!
Poteva ancora scorgere l'ombra del terrore offuscare le chiare iridi nocciola: era solo colpa sua se i vecchi compagni d'un tempo avevano teso quell'insidiosa trappola al traditore che per tanti anni era riuscito ad ingannare il loro Signore. Era solo colpa sua se la donna che amava si era trovata in pericolo, era stata ferita ed aveva rischiato di morire; ed ora tremava tra le sue braccia, sfinita e terrorizzata.
Orribili immagini, emerse dalle profondità del suo passato, si sovrapposero a quelle appena vissute, con Elyn quale nuova vittima di quelle bestie crudeli e lui ad osservare impotente, senza poter fare nulla per salvarla. Rivide le dita adunche e sporche di Mulciber afferrarla per un braccio e strapparle le vesti con violenza. Sentì la risata ululante di Greyback graffiare l’aria della notte mentre il lupo fiutava eccitato l’odore del sangue. I gemiti soffocati di Elyn gli trapassarono il cuore mentre la bocca di Avery profanava le labbra che gli avevano donato il sorriso di perdono dal quale era nata la sua nuova vita.
Si senti agghiacciare il sangue nelle vene a quell’intollerabile ricordo e la strinse più forte a sé, in un abbraccio protettivo ma soffocante, quasi disperato, urlando forte il suo nome:
- Elyn! Elyn!
- Severus, no, lasciami! - esclamò la maga cercando di divincolarsi dal quella stretta colma d’angoscia. - Mi fai male se mi stringi così!
Il mago spalancò gli occhi di colpo sbattendo le palpebre, le iridi nere dilatate ancora affacciate sull'orrore dell’incubo. Eppure, in un impulso protettivo che non poté respingere né controllare, strinse ancor più forte a sé la sua donna quasi le immagini del sogno ancora avessero pieno effetto su di lui:
- Elyn... - mormorò piano, la voce soffocata tra i lunghi capelli castani, - amore mio...
Riluttante la sciolse lentamente dall'abbraccio, gli occhi neri ancora colmi dell'oscurità dei ricordi.
La maga gli sorrise con tenerezza, le dita a sfiorargli piano le fronte quasi a voler scacciare i brutti pensieri:
- Ancora incubi? - sussurrò piano. - Ancora il tuo passato?
Severus si morse piano un labbro: erano ormai trascorsi quasi sei mesi dalla notte in cui le lacrime di Fanny lo avevano sottratto alla morte e la sua vita era cambiata, riempiendosi dell'amore e del perdono di Elyn, eppure i tremendi ricordi del suo passato riuscivano ancora a tormentarlo.
La maga gli sorrise:
- Nessuno mi farà del male...
Severus deglutì a fatica, l’inebriante profumo dell’olio da massaggio che aveva distillato per la sua donna che ancora aleggiava nella stanza dalla sera prima, riportando alla mente i recenti ricordi di appassionate carezze ed ardenti baci. Invece era bastato un semplice giro nella Foresta Proibita con Elyn, quel pomeriggio, alla tranquilla ricerca di erbe, per riportare in vita il passato: il ripercorrere sentieri tante volte battuti tornando dalle sue missioni di spia per Silente aveva rotto l’incanto permettendo al passato di irrompere nella sua mente addormentata soffocandolo di nuovo con l'orrore di immagini che non riusciva a dimenticare. La sua donna si stava stringendo a lui, tranquilla nel loro letto, ma il mago l'aveva vista ormai perduta, ennesima vittima innocente che non riusciva a salvare.
Aveva la bocca secca e la gola, dove Nagini l’aveva squarciata, gli bruciava terribilmente, graffiata dall’urlo disperato di poco prima.
- Elyn… - mormorò ancora, incapace di dire altro, di nuovo stringendola a sé, delicato, adesso, perdendosi negli occhi nocciola che gli sorridevano.
- Nessuno mi farà mai del male, - sussurrò la maga, - perché ci sei tu a proteggermi, Severus.
Il mago tremò appena, cercando di ricacciare in fondo alla mente il ricordo di tutti coloro che non aveva saputo proteggere. L’Oscuro Signore era stato sconfitto, la guerra era finita e il Marchio Nero non pulsava più nella sua carne, ma l’orrore del suo passato era impossibile da dimenticare.
Elyn, però, gli sorrideva fiduciosa.
Con amore.
Severus trasse un lungo sospiro e si aggrappò a quel sorriso, a quell’amore che aveva cambiato la sua vita regalandogli il perdono e la speranza d’un futuro felice.
- Elyn… - sussurrò ancora, le labbra a carezzare piano il suo dolce sorriso.

Edited by Ida59 - 17/7/2015, 21:21
 
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La Foresta Proibita di Ida

Protagonista assoluto il Severus dei tempi passati, ho letto le prime righe chiedendomi: cosa mi sono persa? Mentre speravo, tra me, che si trattasse di un sogno, ma le vivide sensazioni e le immagini che formula la mente di Severus mi hanno trasportato nel suo sogno così reale.
Quanta sofferenza e dolore nell'abbraccio disperato ad Elyn e non c'è sollievo per lui neanche al momento del risveglio.
Troppo radicate nel cuore colpe e ricordi terribili, quando osservava impotente lo strazio delle vittime dei Mangiamorte, senza poter far nulla.
Bruciaancora il passato e basta una innocua gita nella foresta per ridestarlo, non c'è profumo, non c'è sorriso, c'è solo l'amore a cui Severus si aggrappa come un naufrago all'ultimo legno.
Grande Ida, questo brano mi ha riportato indietro e l'ho gustato con tutta la comprensione e l'affetto che hai saputo suscitare in me per Severus. Un grande Severus.
 
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view post Posted on 15/11/2013, 10:14
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n. 44

Titolo: Baffi d'inchiostro

Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: One Shot
Rating: Per tutti
Genere: Malinconico
Personaggi: Hermione Granger, Ron Weasley, Severus Piton. Lily Evans
Pairing: Hermione / Ron, Severus / Lily
Epoca: 6 anno
Riassunto:
Vide entrambi arrossire e, nonostante tutto, invidiò il ragazzo che riusciva a superare il confine della timidezza. Che la sfiorava nonostante l'imbarazzo e il sentirsi perennemente inadeguato per una come lei.
Parole: 884

Baffi d'inchiostro

Severus Piton entrò nella grande biblioteca della scuola dopo la cena in Sala Grande dove aveva consumato un veloce pasto.
In quel periodo aveva decisamente poco appetito. Alla sua destra Silente con la mano annerita dalla maledizione, davanti a lui Draco sempre più pallido, sempre più isolato.
Prima la collana maledetta, poi il vino avvelenato.
Gli si chiudeva lo stomaco, non sapeva come salvare Albus, e salvare Draco richiedeva un gesto che la sua anima si rifiutava di accettare.
Cercare di riparare i gesti maldestri del ragazzo gli portava via anche quel poco di energie che gli erano rimate.
Appoggiò la forchetta sul piatto, l'arrosto e le patate ad occupare ancora almeno la metà del piatto, e si alzò sotto lo sguardo preoccupato del Preside e della vicepreside.
Mentire a Minerva era la parte più dura del suo lavoro, negli anni aveva imparato a considerarla un'amica e l'idea di farsi odiare da lei era uno spillone in più nel suo cuore martoriato.
Avrebbe sopportato l'odio di tutti, ma non il suo.
Sospirò nella silenziosa biblioteca, era un sospiro di sollievo e calma. A quell'ora non c'era praticamente nessuno e poteva, per qualche minuto, essere un po' più se stesso.
Si incamminò verso uno dei suoi reparti preferiti e iniziò a far vagare lo sguardo alla ricerca di una lettura per la serata, possibilmente leggera. Aveva un disperato bisogno di far vagare la mente altrove, di pensare ad altro almeno per qualche ora. Sapeva che, presto, non avrebbe più potuto concedersi quel lusso.
Passò alla sezione di trasfigurazione avanzata e si bloccò quando vide un lume acceso su uno dei tavoli da studio. Si avvicinò lentamente, era ora di cena, nessuno studente avrebbe messo piede in biblioteca a quell'ora. Se c'era qualcuno stava certamente pensando di infrangere qualche regola.
Restando nell'ombra dello scaffale intravide la sagoma di una studentessa china sui libri. Non stava scrivendo, non stava leggendo, si era addormentata sul tavolo.
Il pozionista fece una smorfia di disappunto per l'utilizzo poco consono dei preziosi libri della biblioteca e si stupì ancora di più quando riconobbe la chioma riccia della studentessa del sesto anno.
Con un ghigno divertito si voltò verso lo scaffale cercando il libro più grosso e pesante da sbattere su quello stesso tavolo.
Quando trovò un libro sui mille utilizzi della trasformazione dei fiammiferi in scarafaggi e bottoni, un libro del tutto inutile troppo voluminoso e decisamente noioso, lo fece scivolare lentamente e silenziosamente nella mano.
- Hermione... - un sussurro appena udibile arrivò dai tavoli.
Severus si voltò trovando Weasley che toccava delicatamente la spalla della compagna.
- Hermione... svegliati... ti stai perdendo la cena.
Con il pesante libro in mano il mago si appoggiò alla libreria con la schiena, quella scena gli era famigliare.
Durante il suo quinto anno, quando l'ansia preesame era forte e lo stress faceva decisamente fare a tutti cose insensate, lui si era ritrovato in più di un'occasione in biblioteca a dover svegliare Lily. Erano gli ultimi ricordi felici che aveva con lei.
Prima che il suo orgoglio ferito avesse il sopravvento.
Si addormentava sui libri di testo e sulle pergamene con la chioma ramata che brillava come rubini sotto la luce fioca del lume.
A volte restava a guardarla qualche minuto, senza osare sfiorarla.

- Lily... Lily sveglia! Questo non è né il momento né il luogo per fare un riposino.


- Oh no! - il piccolo urlo della Granger lo riportò alla realtà – Come ho fatto ad addormentarmi in biblioteca?

- Sev! Perché non mi hai chiamato prima? Ho rovinato tutto il tema!


Il sedicenne ridacchiò e anche le labbra di Severus si incurvarono in lieve sorriso. Non di scherno, non ironico, ma un sorriso malinconico, perché anche quella scena lo riportava indietro nel passato.
- Cos'hai da ridere Ronald Weasley? - domandò evidentemente seccata la strega mentre si affrettava a mettere a posto libri e pergamene.

- Perché stai ridendo, Sev?


Con un sorriso lieve ed innamorato il giovane Weasley accarezzò la guancia della strega.
Vide entrambi arrossire e, nonostante tutto, invidiò il ragazzo che riusciva a superare il confine della timidezza. Che la sfiorava nonostante l'imbarazzo e il sentirsi perennemente inadeguato per una come lei.
Erano sensazioni che Severus conosceva molto bene. Aveva desiderato molte volte accarezzare Lily proprio come stava facendo ora Weasley con la Granger, ma la timidezza, l'imbarazzo e quel sentirsi sempre troppo poco di fronte a lei lo avevano frenato per tutta la vita.
E l'aveva persa per sempre.
- Ti sei addormentata su un tema, Hermione. - spiegò il rosso prendendo un fazzoletto – Hai delle macchie di inchiostro sulla guancia.

- Perché non mi hai detto che ho dei baffi di inchiostro Severus? Sei crudele!


La strega avvampò mentre cercava di pulirsi con il fazzoletto che Ron le aveva prestato.
- Gr... grazie Ron.
Uscirono dalla biblioteca e Severus rimise a posto il grosso tomo.
Si voltò bruscamente quando con la coda dell'occhio vide un ragazzino del secondo anno fissarlo e si rese conto che aveva ancora quel sorriso malinconico sulle labbra. Quel sorriso che gli era naturale quando pensava a lei.
- Cos'hai da guadare Jones? - sbottò irritato, il sorriso scomparso velocemente dalle labbra, rimesso nel cuore dove l'amore di Lily regnava sovrano da vent'anni – Cinque punti in meno a Tassorosso.
 
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view post Posted on 15/11/2013, 16:59
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Baffi d'inchiostro di Elly

Elly, hai descritto un sorriso dolcemente malinconico, l'hai fatto da eccellente autrice, l'hai fatto con uno sguardo al passato felice di Severus, quando ancora tutto gli sembrava possibile.
Mi è piaciuto il parallelo tra i ricordi e la realtà, vivissimi gli uni e l'altra.
Il rimpianto è presente ad ogni immagine, per ogni riga e la piccola cattiveria escogitata da Severus si trasforma e diventa inutile, non attuabile.
Lascia con l'amaro in bocca questo racconto, costruito perfettamente e perfettamente lasciato scorrere nella vita di tutti i giorni, non è che un momento qualsiasi, ma reso bello e triste dalle tue parole.
Ho apprezzato persino Ron...

Povero Tassorosso: ce l'hai proprio con quella casa!
 
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view post Posted on 15/11/2013, 17:46
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Incredibile, Chiara, non perdi un colpo e commenti volta per volta! Io sono di nuovo mostruosamente indietro, non solo con i commenti ma anche con la lettura!!

Edited by Ida59 - 17/7/2015, 21:21
 
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Invece me ne mancano tante, ma faccio quello che mi va e mi piace, come sempre :D
 
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!!!

Edited by Ida59 - 17/7/2015, 21:22
 
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CITAZIONE (chiara53 @ 15/11/2013, 16:59) 
Baffi d'inchiostro di Elly

Elly, hai descritto un sorriso dolcemente malinconico, l'hai fatto da eccellente autrice, l'hai fatto con uno sguardo al passato felice di Severus, quando ancora tutto gli sembrava possibile.
Mi è piaciuto il parallelo tra i ricordi e la realtà, vivissimi gli uni e l'altra.
Il rimpianto è presente ad ogni immagine, per ogni riga e la piccola cattiveria escogitata da Severus si trasforma e diventa inutile, non attuabile.
Lascia con l'amaro in bocca questo racconto, costruito perfettamente e perfettamente lasciato scorrere nella vita di tutti i giorni, non è che un momento qualsiasi, ma reso bello e triste dalle tue parole.
Ho apprezzato persino Ron...

Grazie Chiara! :wub:
Mi piace entrare nel quotidiano di Severus e reputo in certi contesti la storia di Hermione e Ron come quella di Severus e Lily. Solo che Ron é riuscito a farsi avanti... beh forse é meglio dire che alla fine Hermione si é fatta avanti, ma sono dettagli.
Sia chiaro non paragono Ron e Piton, sono come il giorno e la notte, ma entrambi sono innamorati della propria migliore amica ed entrambi pensano che lei sia troppo per lui.
E sì lascia con l'amaro in bocca questo sorriso nostalgico perché sappiamo che Lily é una stronza. :lol:
E, per una volta, pure io ho apprezzato Ron.


CITAZIONE
Povero Tassorosso: ce l'hai proprio con quella casa!

No... non é vero... :rolleyes:
 
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kijoka
view post Posted on 16/11/2013, 16:14




Nr. 45

Autore/data: Kijoka – 05 novembre 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia:
​One shot
Rating: per tutti
Genere: introspettivo
Personaggi: ​Severus Piton - Fanny
Pairing: nessuno
Epoca: P ​ost HP7
Avvertimenti: AU
Riassunto: Aveva semplicemente deciso di vivere.
Parole/pagine: ​ 1.790​/ ​3​.


Rinascita

I raggi di sole scaldavano dolcemente le spalle, inondando il corpo di un tepore avvolgente.
Dopo tanto tempo trascorso sdraiato in quel letto, era piacevole assaporare la ruvida resistenza solida della panchina sulla quale era seduto.
Ad occhi chiusi si lasciava trasportare dai profumi che, di volta in volta, gli solleticavano le narici.
Erba.
Verde, morbida, carezzata dalla lieve brezza, appena bagnata dalla rugiada mattutina.
Terra.
Calda e umida. Acre odore della polvere della strada d'ingresso, e il dolce profumo madido delle aiuole innaffiate di fresco.
Ogni alito di vento gli portava odori e sensazioni.
Li assaporava con calma, prendendosi tutto il tempo, godendo di ogni singolo attimo che la vita gli stava donando.
Sensazione nuova ed appagante che aveva scoperto solo pochi giorni prima quando, dopo molti tentativi, era finalmente riuscito a raggiungere quel posto privilegiato sul grande terrazzo sotto il pergolato.
Restava ore da solo. Aveva bisogno di pensare e tutti rispettavano quella sua richiesta inespressa, ma chiaramente dimostrata dal suo atteggiamento.
In quei momenti solitari cercava di parlare, ma la voce non andava per nulla bene. Il suono che percepiva era sempre e solo ruvido, sgraziato, oltre a questo, il parlare gli provocava comunque ancora dolore. Aveva sperato che, col tempo, la situazione sarebbe migliorata, ma forse era stato fin troppo ottimista...
Riaprì gli occhi.
Le colline erano sempre lì. Morbide e ricoperte di fitta erba verdissima che, muovendosi sotto la carezza del lieve vento, sembrava velluto cangiante. Il sole le lambiva e ne scaldava i contorni, rendendo le più vicine più scure e le lontane più chiare, quasi confuse con il termine dell'orizzonte stesso.
La foresta, poco lontana, mandava i suoi selvaggi richiami, mentre le fronde verdeggianti cantavano la canzone delle cicale.
Il cuore del mago era completamente libero. Batteva nel petto, ma era come fosse perso tra i rami nel bosco, tra i fili d'erba appena nata e inseguendo i voli delle farfalle.
Non ricordava quando era stato così in sintonia con il mondo che lo circondava, forse mai nella sua vita.
Il silenzio, interrotto solo dai rumori della Natura che lo circondava, dava sollievo alla sua anima come il sole riusciva a darlo alla sua salute, in veloce ripresa.
Si sentiva ogni giorno più forte e ogni volta riusciva a percorrere una distanza più lunga. Presto avrebbe potuto farlo in modo anche più spedito e sicuro.
Senza controllo la mano poggiò sul legno liscio dello schienale della seduta, e la mente volò via.
Gli ultimi giorni erano stati una rivoluzione completa.
Con convinzione aveva fatto cadere ogni sua resistenza e aveva vissuto.
Aveva dormito, mangiato, osservato. Ogni cosa sembrava nuova e mai sperimentata prima.
C'era stato un tempo in cui tutto questo non aveva alcuna importanza. Era riuscito a ritrovare se stesso. Quel bimbo prima, e poi quel ragazzo che si era perso.
Era riuscito a guardarsi allo specchio e a non vedere solo un assassino.
Era riuscito ad abbassare lo sguardo sulle sue mani e a non trovarle rosse del sangue delle vittime che aveva mietuto.
Era riuscito a pensare a Lily e a provare una dolce nostalgia per i giorni lontani dell'adolescenza.
Non aveva dimenticato.
Ogni situazione, ogni ricordo, ogni emozione dimoravano ancora profondamente in lui.
Non li avrebbe mai rinnegati. Non avrebbe mai dimenticato.
Aveva semplicemente deciso di vivere.
La realtà era che Joy l'aveva cambiato.
La vicinanza con l'affidabile serenità della donna l'aveva in qualche modo pacificato.
Le era sempre vicina, senza essergli accanto.
Non aveva bisogno di saperla al suo fianco per essere sicuro che lo fosse.
La sensazione sconosciuta che gli era nata nel cuore aveva preso corpo e poi ne aveva preso completo possesso.
Non avevano modo di comunicare direttamente, fino a che la sua voce non fosse tornata, ma Joy sembrava comprendere un momento prima di lui i suoi stessi desideri.
Non sarebbe mai riuscito a spiegarle quanto fosse importante ed insostituibile!
Per tutta la vita non aveva mai chiesto nulla per sé, pensava di non saperlo più fare e di non poterlo più nemmeno imparare. Lei gli aveva mostrato un'altra via.
Ora era in grado di dare un nome a ciò che lei non definiva mai: amore.
Se qualcuno glielo avesse chiesto non avrebbe saputo dire come e quando il vero senso di questa parola era entrato a far parte del suo linguaggio, ma ora c'era e vi dimorava comodamente, senza alcun contrasto con tutto ciò che Severus era stato in tutta la sua vita.
Questo lei gli aveva insegnato: il suo passato non gli avrebbe impedito di vivere.
Non avrebbe mai saputo chiedere a qualcun'altro ciò che sapeva di necessitare, ma lei sembrava riuscire ad intuire i suoi bisogni primari. Non voleva pensare ad altro, in quella fase.
Doveva rimettersi in forze, capire quale strada percorrere, fare ancora delle scelte e poi avrebbe potuto comprendere cosa davvero desiderasse da quel rapporto appena nato.
Ora non voleva illudere nessuno, né lei e nemmeno se stesso.
Doveva aspettare, doveva fare ciò che non aveva mai fatto: darsi tempo.
Parte del suo cuore aveva effettuato quella scelta nel momento in cui aveva visto spegnersi la luce, con gli occhi verdi di Potter fissi nei suoi.
Parte della sua anima aveva reagito combattendo strenuamente la morte.
La realtà era che, al termine di tutto, essere lì, su quella panchina, al sole estivo, lo riconciliava con il ricordo di Albus.
Aveva dato la vita per vederlo vivere e con quale altra cosa avrebbe potuto ripagare quel sacrificio se non portando a compimento la sua stessa vita?
Ogni respiro, in quei giorni, era dedicato ad Albus e ora, quando pensava a quella notte sulla Torre, il dolore graffiante si affievoliva.
C'erano alcuni giorni nei quali la rabbia che, aveva sempre covato in lui, si tramutava in composta commozione. C'erano ore in cui riusciva persino a vedere il volto del perduto amico illuminato da un ampio sorriso felice.
Ma più di ogni altra cosa ora riusciva a ripensare al vecchio mago senza tristezza, solo in un alone di smorzata gioia.
Immaginazione?
Di certo sapeva che l'essere andato così vicino alla morte gli aveva dato la forza per continuare a vivere!
Questo aveva reso ancora più semplice comprendere le frasi che sempre Silente gli aveva indirizzato. Ora sarebbe stato in grado di rispondere al vecchio amico che aveva capito e che lo ringraziava per l’opportunità che gli aveva dato.
Non lo avrebbe mai dimenticato.
Seppur consapevole del fatto che Albus Silente era stato un gran orditore di trame, era anche in grado di comprendere quali importanti opportunità gli avesse regalato.
Non avrebbe mai scordato.
Ora gli era più grato che mai. Adesso che la sua vita stava prendendo una piega importante, colma di significato.
Un lieve frullo d’ali interruppe la quiete e le riflessioni.
Fu quasi un lampo dorato screziato di scarlatto e l’uccello si posò sullo schienale della panchina con un'ampia ed elegante voluta.
Severus restò senza fiato.
Era sempre stato crudelmente convinto che non avrebbe mai più visto quella creatura in tutta la sua vita!
Non riuscì ad impedirsi di pronunciarne il nome, nonostante non avesse l’ausilio della voce.
Sussurrò, senza emettere alcun suono, ma col viso chiaramente atteggiato ad un’espressione di accorato stupore:
- Fanny?
Poteva essere davvero la fenice fedele ad Albus?
Possibile che fosse davvero tornata?
Perché? Perché adesso, perché qui?
Gli occhi scuri e brillanti dell’animale lo osservavano, mentre il capino si muoveva a scatti, studiandolo.
Quasi rispondendo alle sue domande l’animale si mosse e, con leggiadra leggerezza, gli si avvicinò.
Emise un sommesso e soave verso tremulo.
Severus restò immobile a guardarla.
Le piume di colore brillante sembravano gemme preziose alla luce radente del sole pomeridiano.
Forse erano stati i suoi pensieri rivolti ad Albus per giorni a farla tornare?
Nel suo cuore si riaccese la tristezza per non poterlo chiedere a lui, per non poter essere aiutato dalla voce amichevole a comprendere i veri motivi di quell’insperato ritorno. Solo Albus conosceva così bene Fanny!
L'anziano mago gli mancava davvero moltissimo! Aveva nostalgia delle sue battute pungenti ed improvvise, degli occhi azzurri e ironici che facevano capolino dagli occhiali a mezzaluna…
Sentiva la mancanza del suo comprenderlo all’istante, quasi gli avesse letto nella mente e nel cuore.
La nostalgia portò con sé di nuovo il rimorso. Ne fu invaso in un attimo. Gli sembrava che l’anima, dopo tanti giorni, avesse ricominciato a sanguinare.
Fanny emise un suono attutito, accostandoglisi ancora di più.
Gli intelligenti occhietti scuri lo scrutavano, sembravano cercare la verità.
Il mago si lasciò attraversare da quello sguardo e Fanny prese a cantare, sommessamente, solo per lui.
Severus si sentì trasportato di nuovo in una nuova vita, lontano dai rimorsi e lontano dal dolore.
Che la fenice volesse esattamente questo?
Voleva esprimere la domanda, ma non ne aveva la possibilità. Senza parole non era sicuro che l’animale potesse comprenderlo.
Poi tornò a ragionare.
Fanny era una creatura magica. Forse aveva già compreso ogni cosa. Forse era tornata proprio per manifestargli la vicinanza. Severus sapeva di essere stato fedele a Silente fino in fondo, fino a morirne…
La fenice si avvicinò ancora. Lentamente abbassò il capo verso il viso del mago.
Erano così vicini che Severus poté specchiarsi nel nero degli occhi vispi.
D’improvviso piccole lacrime sgorgarono dagli occhi di Fanny, scivolarono sulle guance del mago e raggiunsero la cicatrice sul collo, là dove il serpente aveva maggiormente infierito.
Una vampata di calore gli arse la gola in un momento.
Severus si portò le mani al collo con il timore di sentire la pelle aprirsi sotto le sue dita, ma non trovò nulla. Né sangue, né dolore e neanche la cicatrice che era abituato a sentire come una frastagliata riga in rilievo sotto le dita.
Senza pensare si ritrasse di scatto, ma la fenice restò immobile a guardarlo emettendo un altro armonioso suono sommesso.
- Fanny, cosa…
Aveva parlato!
La voce profonda e vibrante cui era abituato aveva espresso i suoi sentimenti.
Restò stupito e incredulo.
La fenice gli aveva regalato la normalità, la possibilità di tornare a vivere, questa volta davvero come se stesso.
Allungò la mano e carezzò il dorso dell’animale, morbido, caldo e liscio.
Sul volto piano si fece strada un vero sorriso, spontaneo, aperto e colmo di gratitudine:
- Grazie! – Poteva tornare a modulare i toni e il volume, poteva padroneggiare la dolcezza, era tornato a poter esprimere ciò che aveva nel cuore. – Grazie Fanny!
L’animale si allontanò appena, arruffando le piume, quasi rispondendo al ringraziamento che proveniva dall'anima stessa del mago.
Lo fissò ancora per qualche momento. Poi chinò il capino e lo nascose sotto l’ala, quasi volesse dormire, ormai pacificata con se stessa.
Severus voltò lo sguardo verso l’orizzonte.
Il sole stava rapidamente calando e le bianche e rade nuvole estive riflessero il colore delle piume della fenice.

Edited by Ida59 - 17/7/2015, 21:22
 
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Rinascita di Monica

Che meraviglia! Scusami, sarò ovvia, ma questo capitolo me lo sono "bevuto" fino ad arrivare alla sorpresa delle ultime righe.
Darsi tempo... che cosa bellissima da fare, Severus finalmente è in pace, ma non una pace indotta, ma raggiunta in punta di piedi con tranquillità e sostegno, ma soprattutto con tanta voglia di vivere.
Immagini di alberi e erba scossi dal vento, profumi, colori si sovrappongono nel quadro che hai saputo dipingere.
La descrizione dell'ambiente è sempre magistralmente condotta in tutte le tue storie e mi affascina, perchè è realistica e sognante insieme. Descrive luoghi dove il cuore vorrebbe posarsi per sempre, con Severus su una panchina ombreggiata.
Ho provato le suggestioni che hai suggerito a Severus e ne ho tratto serenità.
Che idea stupenda hai avuto! L'ultimo regalo di un amico ad un altro amico: Fanny è la mia fenice del cuore, tutte le storie in cui compare mi rasserenano, è come se anch'io potessi udire il suo canto.
Splendido capitolo, come sempre!
 
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view post Posted on 16/11/2013, 20:07
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:blink: Incredibile. Sono in pari con i sorrisi per un paio di giorni. :blink:


n. 45

Titolo: Sorridere per entrambi

Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: One Shot
Rating: Per tutti
Genere: introspettivo
Personaggi: Albus Silente e Severus Piton.
Pairing: nessuno
Epoca: l'anno dopo la fine della I guerra
Riassunto:
Gli sfiori il braccio, lui si volta a guardati, probabilmente sei l'unico a cui è concessa la possibilità di vedere così in profondità nell'animo di questo giovane professore.
Gli sorridi. Gli offri quello spiraglio di luce che deve bucare le sue tenebre.

Parole: 1.403

Sorridere per entrambi

Che rumore fa un cuore che si spezza?


Questa domanda te l'ha posta Ariana in uno dei suoi ultimi momenti di lucidità.
Non le hai risposto, ti sei limitato a sorriderle e ad accarezzarle la testa in attesa che i suoi occhi si appannassero e tornasse nel suo mondo.
Non avevi aspettato poi molto.
Ma quella domanda ti torna in mente ogni volta che vedi un'amicizia rompersi o una giovane coppia litigare e in una scuola piena di adolescenti queste cose sono all’ordine del giorno. La voce di Ariana ti rimbomba nelle orecchie ogni volta causandoti una fitta di dolore, malinconia e rimorso.

Che rumore fa un cuore che si spezza?


Cammini per il giardino del castello, ti piace passeggiare, ti aiuta a pensare più lucidamente.
La vecchiaia avanza inesorabile, non sei più il mago di una volta e le tue passeggiate diventano sempre più lunghe e i tuoi pensieri sempre più aggrovigliati.
Il mondo sta vivendo un periodo di pace e speri che le cose restino così, ma non sei più il giovane illuso di un tempo.
Sai che questa pace è solo provvisoria, effimera come il fumo di una candela.
Percorri il sentiero lungo le sponde del lago nero, fa abbastanza freddo da far desistere gli studenti a bighellonare sotto gli alberi e per questo giorno pieno del ricordo di Ariana ti va bene così. Ti piace la solitudine dell'inverno.
Ti blocchi non appena vedi una figura nera seduta sotto un albero spoglio, i neri rami gelati sembrano dita annerite di una mano morente.
Resti fermo ad osservare il giovane professore di pozioni mentre legge un libro, uno dei tanti della biblioteca. Qualcosa ti dice che prima o poi li leggerà tutti.
La guerra appena conclusa ha lasciato cicatrici molto profonde nell'animo di tutti, ma quel giovane mago ha pagato i suoi errori nel modo più doloroso che possa esistere.

Che rumore fa un cuore che si spezza?


Ti avvicini lentamente, non vorresti distrarlo dalla sua lettura, ma senti che se non darai uno spiraglio di luce a quell'anima tormentata, quel giovane mago resterà sempre solo con il suo immenso dolore. E la vita non è fatta solo di dolore e sofferenza.
Tu lo sai bene.
Lui non ti ha notato o ha fatto finta di non notarti, non importa, sai che è solo in questo mondo che non ha considerazione del suo immenso lavoro svolto durante l'ultimo anno di battaglia. Sai che sulla pelle ha ancora segni della guerra, inevitabili marchi che si poterà per tutta la vita, così come le dicerie sul suo conto.
Sorridi, vuoi che lui veda il tuo sorriso, che sappia che non è solo. Che tu, che l'hai così ingiustamente giudicato su quella collina in una ventosa notte, gli starai sempre vicino. Che l'oscurità del suo sguardo non deve arrivare al suo cuore. E se mai ci arriverà il tuo sorriso sarà la lamina di luce per uscire delle tenebre.
Se tu fossi ancora il giovane mago di un tempo, il giovane rampollo che voleva portare il mondo al Bene Superiore, forse, ti saresti innamorato di lui. Dei suoi occhi di tenebra e del suo animo tormentato.
Il fascino del cattivo ragazzo ti sussurra irriverente la voce del giovane Gellert. Ma ora sei solo un vecchio mago che ha visto troppo nella sua vita, ma che sa che il peggio, probabilmente, deve ancora venire.
E nel vedere quel giovane mago che legge in solitudine sotto quell'albero morto ti si stringe il cuore.
E' solo un ragazzo, uno dei tanti che ha preso una decisione e che ha pagato un prezzo troppo alto.
Ormai sei a pochi passi da lui.
- Lettura interessante? - gli domandi.
- Dipende dai punti di vista. - risponde il professore.
Lo vedi mettere un segnalibro tra le pagine. Per un istante pensi che sia troppo femminile come segnalibro per un tipo come lui, ma accantoni quel pensiero.
Il giovane si alza e si spazzola i pantaloni neri.
- Voleva vedermi Preside?
- Oh no, Seveurs. Stavo solo passeggiando e ti ho visto leggere. Non volevo disturbarti, ma ormai alla mia età si tende ad essere più impiccioni del solito.
Severus fa una leggera smorfia, infastidita probabilmente.
- Non importa. - sussurra estraendo la bacchetta e facendo evanescere il tomo – Iniziavo a sentire freddo.
- Allora cammina con me, ragazzo. - continui a sorridere e gli indichi il percorso che costeggia il lago – Non c'é niente di meglio di una passeggiata per riscaldarsi e pensare lucidamente.
- Fuggo dai miei pensieri, Preside. - sussurra lui avvicinandosi, fingi non di sentire quello che ha detto – Cammino volentieri con lei.
- Ti ho già detto di chiamarmi Albus, Severus. Altrimenti mi fai sentire più vecchio di quello che già sono.
Lui non ti risponde. Camminate in silenzio, vedi i suoi lineamenti tirati, é solo un giovane ragazzo, eppure sembra più vecchio.
- Com'é iniziato questo nuovo anno? - gli domandi con un sorriso divertito, tentando di distrarlo dai suoi pensieri che lo turbano così profondamente – Ho sentito che hai preparato un discorso interessante per gli studenti del primo anno. Spero che tu non li abbia spaventati troppo.
- Voglio che siano preparati.
- A cosa?
- A tutto.
Gli metti una mano sulla spalla, un gesto di affetto che Severus ha raramente ricevuto nella sua giovane vita. Tu lo conosci meglio di quanto vuoi ammettere, forse perché ti rispecchi in alcuni suoi atteggiamenti o in alcune sue scelte. In fondo anche tu sei stato soggiogato dal potere e hai perso le persone che amavi. Sei rimasto solo con tanti rimorsi, con la solitudine di una mente brillante e un cuore spezzato.

Che rumore fa un cuore che si spezza?


E Ariana torna con la sua dolce voce a porti quella stessa domanda a cui non sai dare risposta.
Sei riuscito in qualche modo ad andare avanti, ma non sai se per Severus sarà così facile.
Tu sei riuscito a sorridere dopo le urla di dolore e le lacrime amare.
Temi che per il tuo giovane professore di Pozioni non sarà così.
E decidi di sorridere tu per entrambi, tu sorriderai e cercherai di farlo sorridere, perché merita di avere una vita felice e non solo una vita vissuta negli obblighi e nei rimorsi. Perché Severus sa amare come pochi ne sono capaci e non merita di stare solo.
Tornate indietro, passando dalle serre e dal capanno di Hagrid dove delle zucche grandi quanto Thor stanno maturando per Halloween.
Mentre vi avvicinate all'entrata sentite due giovani studenti litigare.
- Ti ho detto che mi dispiace! - esclama un ragazzo di Tassorosso, probabilmente del quinto anno.
Vedi Severus accanto a te irrigidirsi.
- E' troppo tardi, Igor. - risponde la ragazza piccata – Ormai è tardi. Dovevi pensarci prima. E’ finita.
La studentessa torna dentro trattenendo le lacrime, il ragazzo sospira mettendosi le mani in tasca e si volta nella direzione opposta. Nessuno dei due vi ha visto.
- Che rumore fa un cuore che si spezza? - sussurri quella domanda senza neppure rendertene conto, anticipando il ricordo di Ariana e il suo dolore.
- Non fa rumore. - risponde Severus accanto a te – Fa solo male.
Ti volti verso di lui, Severus sta ancora fissando il punto in cui i due ragazzi hanno litigato. Ha lo sguardo cupo, scuro come solo in altre rare occasioni avevi visto.
Ha quello sguardo quando pensa a Lily.
Gli sfiori il braccio, lui si volta a guardati, probabilmente sei l'unico a cui è concessa la possibilità di vedere così in profondità nell'animo di questo giovane professore.
Gli sorridi. Gli offri quello spiraglio di luce che deve bucare le sue tenebre.
- Sai giocare a scacchi, Severus?
La domanda lo coglie di sorpresa, lo vedi nel suo sguardo. Annuisce solamente.
- Bene. – continui a sorridere – Io sono bravo ma non come Minerva, ho bisogno di nuovi sfidanti che non mi battano ogni volta.
Entrate nel castello, l’aria è più calda e il rumore degli studenti ti fa rimpiangere il silenzio del parco.
- Verrò a patto che la smetta di sorridermi, Preside.
- Ti ho detto di chiamarmi Albus. E io continuerò a sorriderti fino a quando non vedrò un sorriso su quelle labbra tirate, ragazzo mio. Sei troppo giovane per quell’aria sempre imbronciata.
- Allora potrebbe volerci una vita intera, Albus.
- Non ti preoccupare. Io sono un uomo paziente, Severus.

Edited by ellyson - 4/12/2013, 18:19
 
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