Ecco qui la mia raccolta.
Sono 16 sorrisi/capitolo e vi avviso subito che il sorriso felice c'é alla fine.
Si ricollega al sorriso "Porcospino" anche se l'epilogo vero e proprio si svolge dopo quel sorriso.
Fate attenzione alle date indicate nel testo, più avanti faccio salti temporali di svariati anni, passato e futuro si intrecciano tra di loro.
E' stata una faticata, lo ammetto percgé la trama é più complessa di quello di sembra, spero che vi piaccia! Io lo rendo felice Severus, ma in un modo tutto mio!
Visto che sono tanti, ho deciso che vado a blocchi di 2 per post.
EDIT: mi sta unendo i post.
. Ora mi fermo a 4. Quando vedo che qualcun altro ha postato, ne metto altri 4.
n. 26
Titolo raccolta: Eligis tuum iter (scegli ciò che desideri)
Titolo di questo sorriso: Limbo di cartoneAutore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: one shot
Rating: Per tutti
Genere: Triste, introspettivo, Malinconico,
Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton
Pairing generale della raccolta: Severus / Hermione, accenno a Severus / Lily
Pairing di questo sorriso: nessuno
Epoca: post battaglia finale
Avvertimenti: AU
Riassunto:
L'incantesimo aveva funzionato.
Ora era in quel limbo e doveva solo dargli una possibilità.
Parole: 1.013
Limbo di cartone Maggio 1998
Luogo sconosciuto
La collina era silenziosa, deserta, quasi spettrale.
La strega si guardava attorno stupita, curiosa e spaventata allo stesso tempo.
Conosceva quel posto, l'aveva visto nel pensatoio appartenuto a Silente solo qualche minuto prima. O forse erano passate ore, era difficile scandire il tempo in quel luogo lontano dalla vita, ma anche dalla morte.
Fece qualche passo sulla strana erba verde priva di ogni profumo, non era morbida e fresca come si poteva immaginare. Sembrava dura, come se quel posto fosse stato disegnato; un bel disegno, ma irreale.
Il sole stava tramontando, avvolgendo tutto con la sua luce arancione; una luce spenta, fredda nonostante il colore, quasi malinconica. Le ricordò le foto ingiallite della sua bisnonna.
Non era esattamente questo quello che si era immaginata.
Non c'erano luci calde accecanti. Niente coro angelico. Niente volti sorridenti.
Non era esattamente l'inferno, ma neppure il paradiso.
La donna percorse il piccolo viale di terra battuta che conduceva al parco giochi nascosto dietro gli alberi dalle statiche chiome di un verde spento. Si bloccò a metà strada vedendo una figura vestita di nero seduta su una delle piccole altalene.
Le si mozzò il respiro in gola.
Era
lui. L'aveva trovato.
Camminò più veloce, raggiungendolo in pochi passi.
Il mago che era andata a cercare, in quel limbo tra il paradiso e l'inferno, sedeva con lo sguardo basso, i lunghi capelli neri a coprirgli il volto come una maschera.
Deglutì rumorosamente, non sapendo bene cosa aspettarsi o cosa dirgli.
- Professore... - lo chiamò timidamente facendo un passo avanti.
Nessuna risposta dall’uomo, neppure un cenno. Era come se non l’avesse né vista né sentita.
- Professore... - alzò la voce e fece un ulteriore passo – professore, mi sente?
L'altro rimase fermo nella sua posizione, dava l'impressione di essere una bambola di pezza abbandonata su quell'altalena da qualche incauta bambina.
- Professor Piton... - la strega strinse i pugni, non si sarebbe arresa così facilmente, era arrivata fin lì, doveva tentare per tutto il tempo che le restava in quel mondo tra i mondi, deglutì di nuovo –
Severus... Al suono del suo nome il mago alzò la testa di scatto.
La strega aprì la bocca per dire qualcosa, ma di fronte a quello sguardo speranzoso rimase senza parole.
- Lily...
Le si strinse il cuore nel sentire quell'unico nome sibilato con passione e disperazione.
Aspettava la madre di Harry.
Era logico in fin dei conti.
- No... professore non sono Lily. Mi dispiace.
E c’era vero dispiacere in quelle parole, avrebbe voluto essere
lei. Dargli quella gioia, perché
lui lo meritava. Aveva attraversato l’inferno per
lei. Ed ora era lì. Disperato su quell’altalena, in un mondo immobile tra la vita e la morte. In un mondo finto avvolto da una tenue, fredda luce.
Solo. Come sempre.
Per tutto questo tempo, Severus?
Sempre. Le parole di Silente avevano preso tutto un altro senso.
Il mago la fissò intensamente, ma sembrò non riconoscerla.
- No, non sei Lily. - era come un pensiero detto ad alta voce, si mise le mani tra i capelli e chinò il capo tristemente – Non verrà... ha scelto...
di nuovo... e io che la sto aspettando da
così tanto... La strega avrebbe voluto piangere, sentiva la disperazione nella sua voce, aveva visto la delusione spegnere la fiamma della speranza nei suoi occhi neri, sentiva il suo dolore. Più era forte, più il mondo attorno a loro sembrava morire e spegnersi.
La donna sentì l'erba sotto i piedi sgretolarsi come se fosse di cenere.
- … così tanto... - singhiozzò Piton sull'altalena scuotendo il capo.
La fioca luce fredda del finto sole sembrò diventare ancora più informe.
- Professor Piton, la prego, deve ascoltarmi.
Il mago sollevò di nuovo la testa, lo sguardo velato dalla disperazione della consapevolezza di essere abbandonato nella morte, come nella vita.
- Professore?
- Lei é il Preside di Hogwarts. Se lo ricorda?
- Io... - si afferrò di nuovo la testa con le mani come se avesse una forte emicrania, ma non era certa che in quel luogo si potesse provare dolore. Non fisico almeno.
- Sa chi sono io? - insistette cercando di attirare la sua completa attenzione.
Il mago sollevò lo sguardo incrociando quello della strega.
- No. - disse con un soffio.
- Mi chiamo Hermione, Signore. – rispose portandosi una mano sul cuore - Hermione Granger.
Severus sembrò valutare le parole.
- Hermione... Granger... - ripeté lentamente.
Continuò a fissarla mentre lei si avvicinava fino a quando non gli fu davanti; le sottili labbra del mago continuavano a sillabare il suo nome, come se cercasse di afferrare un ricordo lontano.
Si chinò leggermente.
- Se preferisce
insopportabile SoTutto, Signore.
Il mago sgranò gli occhi.
Hermione sorrise vedendo la scintilla della consapevolezza illuminare i suoi occhi di ossidiana.
Per un secondo pensò che erano
belli. Che non erano per nulla simili a quelli che ricordava.
- Granger! – gridò, scattando in piedi e costringendola a fare un passo indietro. L'altalena dondolò alle sue spalle. Si guardò attorno disorientato. Lo vide passarsi una mano sulla gola e poi la guardò di nuovo – Sono morto.
Non era una domanda, ma un semplice dato di fatto.
Hermione fu stupita dal tono di voce del mago, non c’era stupore, non c’era disperazione, ma solo la triste consapevolezza della realtà.
Era morto.
- Sì - confermò – lei è morto.
Severus Piton sollevò un sopracciglio fine, aveva la stessa espressione anche in classe quando le risposte degli studenti non erano complete o approfondite nel modo giusto. O nel modo che
lui riteneva giusto.
- Io
no. - continuò lei sostenendo il suo sguardo.
Fu solo allora che l’attenzione del mago fu totalmente su di lei.
Hermione, per la prima volta da quando aveva messo in pratica il suo
folle piano, arrossì. Mai nessuno l’aveva guardata con così tanta intensità.
- Che cosa hai fatto, Hermione?
Anche il suo nome, detto con quella voce, lo trovò
bello. Lei che aveva sempre trovato il suo nome troppo complicato.
La strega sorrise di nuovo e si avvicinò a lui.
- Sono qui per darle una scelta.
n. 27Titolo raccolta: Eligis tuum iter (scegli ciò che desideri)
Titolo di questo sorriso: Che cos'hai fatto, Hermione? Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: one shot
Rating: Per tutti
Genere: Triste, introspettivo, Malinconico,
Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton, Minerva McGranitt
Pairing generale della raccolta: Severus / Hermione, accenno a Severus / Lily
Pairing di questo sorriso: nessuno
Epoca: post battaglia finale
Avvertimenti: AU
Riassunto:
L'aria attorno a loro vibrava di magia oscura. Uno spettatore esterno avrebbe potuto scambiare quella scena per una donna che piange sul corpo senza vita del proprio uomo. Parole: 1.444
Che cosa hai fatto, Hermione?Maggio 1998
Hogwarts, Sala Grande
Minerva McGranitt era esausta.
Mentre aiutava Poppy a medicare i feriti e impartiva ordini a Gazza oltre che ad ogni mago non troppo ferito in grado di dare un mano, avrebbe voluto mettersi in un angolo e piangere per chi non ce l'aveva fatta, ma prima aveva molte cose da sistemare.
Prima il dovere e poi... poi tutto il resto. In quel momento piangere per la morte di amici e conoscenti era un lusso che non poteva permettersi.
Fece apparire delle bende che avvolsero il braccio di uno studente dell'ultimo anno di Tassorosso. Senza dire una parola si avvicinò al ferito successivo, mentre si chinava per vedere meglio la ferita notò, con la coda dell'occhio, un movimento strano all'entrata della Sala Grande. Ancora con i nervi a fior di pelle scattò dritta in piedi con la bacchetta pronta in mano.
Sgranò gli occhi quando vide Hermione entrare, il volto e i vestiti erano sporchi di sangue. E quello che sembrava fluttuare davanti a lei era il corpo di Piton.
Corse verso la strega sollevando la gonna strappata della veste.
- Hermione! - la chiamò quando la vide così pallida.
Quando il corpo di Severus fu posato con delicatezza a terra, la giovane strega cadde in ginocchio a terra, la bacchetta le scivolò di mano.
- Io... io... sto... bene... - sussurrò lei accasciandosi – sono... solo... molto... stanca... Occupatevi del professor Piton...
- Cara, Severus è morto. - le disse la strega mettendole una mano sulla forte e trovandola stranamente ghiacciata – Hermione tu stai male.
- No... - rantolò l'altra – lui... vivo... io...
Hermione svenne tra le braccia della donna.
Minerva si voltò verso colui che fino a qualche ora prima aveva creduto il più viscido dei traditori e un gemito sorpreso le sfuggì dalle labbra sottili.
Severus Piton stava respirando.
Debolmente, ma stava veramente respirando.
E si rese conto che, nonostante il sangue che lo sporcava, che sporcava entrambi, non aveva ferite evidenti sul suo corpo, eppure era certa che Potter le avesse detto che era stato azzannato da Nagini sul collo.
Sentì alle sue spalle Harry e Ron gridare il nome dell'amica. La vecchia strega osservò ancora la giovane e poi il mago che tutti credevano morto.
- Che cosa hai fatto, Hermione?
* * * *
Maggio 1998
Stamberga Strillante
qualche ora prima
Nella Stamberga la puzza di sangue era quasi nauseante.
La strega entrò ansimando, sporca di terriccio. Aveva il volto graffiato dalle radici del Platano Picchiatore che scendevano dal cubicolo che portava alla vecchia casa, i pantaloni erano stracciati all'altezza delle ginocchia e aveva un livido sulla guancia sinistra dove un Mangiamorte l'aveva colpita con un pugno dopo che lei l'aveva disarmato.
Aveva corso per tutto il parco, inciampando nei resti delle statue distrutte dei Troll, scivolando sul terreno umido con il cuore che batteva all'impazzata nel petto.
Non stava ragionando lucidamente.
Quando era entrata nella Sala Grande, dopo aver visto i ricordi di Piton, l'unica cosa che era riuscita a pensare era che quella guerra aveva portato via troppe vite senza motivo. Che tutta quella morte non aveva senso e che non si poteva evitare.
Qualcosa si era rotto quando aveva formulato quell’ultimo pensiero.
Qualcosa
lei poteva fare.
Nella sua borsetta aveva i libri oscuri appartenuti a Silente; nessuno oltre a lei li aveva letti. Non c'era solo il modo per creare gli Horcrux, c'era la magia più oscura che avvese mai voluto consocere. C'erano formule e incantesimi che avrebbero fatto orrore a Lord Voldemort in persona. Li aveva letti per essere preparata, si ripeteva ogni volta che apriva quei libri di nascosto nella tenda mentre Harry e Ron dormivano o mentre faceva il turno di guardia, ma in realtà li leggeva perché
voleva conoscerli. Non per usarli, ma perché la sua sete di conoscenza non aveva limiti.
Perché voleva sapere cos'era in grado di fare la magia.
Cose orribili c'erano scritte tra quelle pagine, ma più leggeva più voleva sapere, conoscere.
E mentre fissava i volti dei morti che quella guerra aveva preteso, mentre nelle sue orecchie echeggiava il pianto disperato di Molly, la sua mente continuava a ripeterle che
lei qualcosa poteva fare. Non per tutti, ovviamente. Non per chi era stato ucciso con una maledizione, ma
per qualcunosì.
Senza più esitare, sapendo che aveva poco, pochissimo tempo per agire, era corsa fuori dal castello, ignorata da tutti, perfino dal suo neo fidanzato che piangeva sul corpo ancora caldo del fratello.
Era corsa per il parco, inciampando, scivolando e imprecando contro ogni ostacolo. Aveva strisciato lungo il tunnel che portava alla Stamberga, graffiandosi il volto, sporcandosi e facendosi male alle ginocchia, ma non importava. Non importava se poteva salvare almeno una vita.
Era entrata nella vecchia stanza colma di polvere e aveva fatto una smorfia disgustata per l'odore metallico del sangue.
Fece qualche passo e se lo trovò davanti, così come lo avevano lasciato. Steso sul pavimento, con gli occhi fissi sul soffitto tappezzato di ragnatele. La pelle sembrava grigia, se si escludevano le macchie scarlatte di sangue sul corpo e sul pavimento, gli occhi freddi e inespressivi.
Cercò di non guardare i due buchi neri sul collo che la fissavano come occhi maligni. Si inginocchiò sul corpo del mago e allungò una mano tremante posandogliela sulla guancia, sporcandosi con il sangue di lui.
Tirò un sospiro di sollievo al contatto con la sua pelle.
Era ancora
tiepido. Forse non era così in ritardo come credeva.
Velocemente aprì la borsetta ed estrasse un grosso libro dalla copertina di pelle nera. Non c'erano titoli, né simboli incisi sopra. Aveva lasciato dei segnalibri alle pagine che poteva trovare interessanti e quell'incantesimo era l'unico che si era ripromessa di usare solo in caso di
estrema necessità. Era difficile, pericoloso e contro natura.
L'aveva letto molte volte e, durante il lungo viaggio, aveva tradotto ogni runa presente nel testo ricavando una traduzione il più accurata possibile. E, per tutto il tempo, si era sempre ripromessa che l'avrebbe usato solo in caso di
estrema necessità. Beh questo era un caso di
estrema necessità. Aprì il tomo alla pagina esatta e la lesse velocemente a mente cercando di pronunciare ogni runa il più correttamente possibile.
Quando si sentì sicura lanciò un'ultima occhiata al mago disteso a terra.
Sospirò e iniziò a recitare la formula con calma, dandole il giusto ritmo e intonazione.
Arrivata la giusto punto prese l'athame dalla lama d'argento e si tagliò con decisione il palmo della mano. Fece una lieve smorfia quando la lama le tagliò la carne, ma la sua voce non tremò né perse intensità. Avvicinò il palmo sanguinante sulle labbra secche e pallide del mago e lasciò che il suo sangue gli bagnasse le labbra, scendendo nella bocca e scivolando nella gola squarciata.
Poi prese una mano del mago e ne taglio il palmo, unendo la sua ferita sanguinante a quella dell'altro.
Aumentò il volume della voce, chiudendo gli occhi, sentendo il fluido magico uscire da lei ed entrare nel rigido corpo che aveva davanti.
Sentì improvvisamente una mano invisibile trascinarla vero il corpo dell'uomo, mentre le pareti che li circondavano svanivano. Continuò imperterrita, sentendo le forze venirle meno, sentendosi sempre più debole, mentre un gelo innaturale la colpiva, congelandole il corpo. La voce si abbassava di tono, il ritmo diventava sempre più lento.
La terza volta che ricominciò ad evocare la formula la strega si accasciò sul corpo, sopraffatta dalla forza di quella mano che la spingeva verso Piton; ormai vedeva appena i muri della Stamberga. Si ritrovò a piangere mentre un filo di voce le usciva dalle labbra e la nausea saliva rischiando di farle rimettere quel poco che aveva mangiato alla Testa di Porco.
Quando finì nuovamente la formula, svenne sul mago inerme, sempre stringendogli la mano, con le lacrime che le bagnavano il volto e il sangue di lui che la sporcava.
L'aria attorno a loro vibrava di magia oscura. Uno spettatore esterno avrebbe potuto scambiare quella scena per una donna che piange sul corpo senza vita del proprio uomo.
La strega aprì gli occhi di scatto respirando affannosamente come se avesse corso o avesse trattenuto il respiro per parecchi minuti.
Si sentiva completamente prosciugata di ogni forza e un freddo innaturale che le faceva battere i denti.
Le lacrime ritornarono copiose a bagnarle il volto.
Non aveva funzionato.
Il corpo del mago era ancora disteso a terra, rigido, immobile, grigio.
- Voleva proprio morire, vero? - mormorò con un filo di voce continuando a versare silenziose lacrime, incapace di fermarsi.
Improvvisamente avvertì un rantolo e il petto del mago sotto di lei si sollevò in un debole respiro.
La strega sorrise e chiuse gli occhi sfinita.
n. 28
Titolo raccolta: Eligis tuum iter (scegli ciò che desideri)
Titolo di questo sorriso: Il primo risveglioAutore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: one shot
Rating: Per tutti
Genere: Triste, introspettivo, Malinconico,
Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton, Minerva McGranitt
Pairing generale della raccolta: Severus / Hermione, accenno a Severus / Lily
poca: post battaglia finale
Avvertimenti: AU
Riassunto:
Minerva fece un lieve sorriso e osservò il volto dell'uomo come se si aspettasse una risposta acida da un momento all'altro.
Si alzò e lisciò la gonna della veste. Parole: 1.426
Il primo risveglioGiugno 1998
Londra, San Mungo
Quando aprì gli occhi le ci volle qualche minuto prima di capire dove si trovasse.
Decisamente non era l'infermeria di Hogwarts, attorno a lei regnava il silenzio più assoluto e l'odore che avvertiva era quello delle pozioni medicamentose e del disinfettante.
Poi capì: San Mungo.
Una fitta alla testa la costrinse a chiudere gli occhi. Non sapeva da quanto fosse in quella stanza, l'ultima cosa che ricordava nitidamente era il primo respiro di Piton sotto di lei e la fatica per sollevarsi dal quel pavimento sporco, raccogliere le ultime forze e sollevare il Preside con la magia.
Non ricordava il tragitto tra la Stamberga e il castello, aveva camminato per inerzia, ripetendosi che mancava poco, che poi qualcun altro si sarebbe preso cura di lui e di lei.
Sapeva che era entrata ad Hogwarts e che non aveva trovato nessuno fino alla Sala Grande. Ricordava la McGranitt, ma non quello che si erano dette.
Poi più nulla.
Aprì di nuovo gli occhi cercando di resistere al mal di testa e provò a muovere il corpo. Un gemito di dolore uscì dalle sue labbra quando provò a sollevare un braccio. Non c’era muscolo che non le facesse male o bruciasse. Si sentiva come se fosse stata pestata dal Platano Picchiatore per giorni interi.
L’incantesimo doveva averle tolto molta più energia di quanto avesse immaginato.
Cercò di parlare, di emettere un suono abbastanza forte in modo da farsi sentire, ma la stanza iniziò a girare vorticosamente e perse di nuovo i sensi.
* * * *
Giugno 1998
Londra, San Mungo
qualche giorno dopo
Quando aprì nuovamente gli occhi la luce attorno a lei era cambiata. Se erano passate ore oppure giorni non avrebbe saputo dirlo. Il mal di testa era più sopportabile e anche il dolore ai muscoli.
Forse aveva dormito per giorni.
Cercò di mettersi a sedere ma riuscì solamente ad alzarsi appena per poi sprofondare nel cuscino con un gemito frustrato.
Un urlo la fece sussultare dolorosamente.
- Si é svegliata! Si é svegliata!
Hermione sentì che la voce si stava allontanando, quando aveva alzato la testa aveva intravisto la cornice di un quadro sulla parete opposta al letto. Probabilmente il personaggio del dipinto era corso a chiamare qualcuno.
Non si stupì quando, pochi minuti dopo, un medimago entrò di corsa, seguito dalla professoressa McGranitt trafelata.
- Hermione! - fece la strega prendendole una mano – Come ti senti?
- Non lo so. - ammise la giovane strega continuando a fissare il soffitto – Da quanto sono qui?
Vide la donna lanciare un'occhiata al medimago che annuì impercettibilmente.
- Tre settimane. - rispose la professoressa.
Aveva dormito per
parecchi giorni.
Restarono in silenzio per tutto il tempo in cui il medimago la visitò, Hermione notò subito che non la fissava negl'occhi.
- Lo sa! Sa cos'ho fatto per portare indietro l'anima di Piton. - pensò – In quanti hanno capito cos'ho fatto in quella casa? Ron e Harry cosa penseranno?
Il medimago le fece bere una pozione ricostituente dal gradevole sapore di menta piperita e le disse di riposare il più possibile.
Quando l’uomo uscì, la professoressa l'aiutò a sedersi sul letto, aggiustandole i cuscini dietro la schiena. La McGranitt si sedette su una sedia accanto al letto e tirò un sospiro di sollievo.
- Non sapevamo se ti saresti svegliata. Sei quasi morta.
Annuì solamente, sapeva che avrebbe dovuto spiegare a tutti quello che aveva fatto il perché del suo gesto, anche se non sapeva spiegarlo neppure a se stessa.
Minerva estrasse la bacchetta e fece apparire il tomo dalla copertina nera sul letto.
- L'ho trovato nella Stamberga. - spiegò la donna con calma – Non é stata una scelta saggia lasciarlo là.
- Non stavo ragionando lucidamente. - spiegò lei – Probabilmente deliravo.
Restarono in silenzio alcuni minuti. Hermione accarezzava distrattamente la copertina rigida del libro.
Per un attimo le venne in mente un altro sguardo nero. Brillante, intenso e pieno di vita.
Sorrise dolcemente, senza nemmeno rendersene conto.
Aveva mille domande che le bruciavano dentro, ma non sapeva da che parte iniziare.
- Per tutto il mondo magico, - disse la strega cogliendo al volo i suoi pensieri – Severus Piton è stato salvato da Fanny. – Hermione sollevò di scatto la testa ignorando il capogiro improvviso e fissando la vecchia strega – Tuttavia, - la professoressa fece un altro sospiro - ho dovuto spiegare cos’hai fatto al medimago che ti ha in cura, al signor Potter e alla famiglia Weasley.
Hermione abbassò il capo e annuì.
- Devo chiederti come hai avuto quel libro, Hermione.
Lentamente, lottando contro la stanchezza e il mal di testa, raccontò le ore dopo il funerale di Silente, il suo tentativo di appellare qualche libro che parlasse degli Horcrux e la sua sorpresa di vederli entrare dalla finestra come se nulla fosse. Le raccontò le notti passate a leggerli di nascosto, il suo orrore per gli incantesimi più raccapriccianti che avesse mai letto in vita sua e la fissazione per quella particolare formula.
- A quanto pare Albus voleva che li tenessi tu. - le disse quando ebbe finito – Forse credeva che fossero più al sicuro con te. O che avresti scoraggiato chiunque a provarli.
- Ero pronta a fare lo stesso con Harry se ce ne fosse stato bisogno. - disse risoluta continuando a fissare il libro ed ad accarezzare distrattamente la copertina rigida.
La professoressa restò in silenzio osservandola attentamente.
- E' inutile che ti dica che quello che hai fatto è stato...
- Stupido. - finì l'altra chiudendo gli occhi – Pericoloso, impulsivo e contro natura.
Sentì la mano fresca della donna sulla sua. Non aprì gli occhi per paura di vedere uno sguardo di rimprovero.
- Stavo per dire
coraggioso. Hermione aprì gli occhi di scatto incontrando il sorriso gentile di Minerva. Due grosse lacrime le solcarono le guance pallide.
- Devi riposare. - disse dolcemente la donna aiutandola a sdraiarsi di nuovo – Per oggi basta così.
La giovane donna fece un tirato sorriso abbandonando la testa pesante sul cuscino candido.
- Professoressa, - la chiamò sulla soglia –
lui... - Non si è ancora svegliato. - spiegò l'altra – Fisicamente è vivo, l'incantesimo ha cicatrizzato anche le ferite sul collo. Ma non sappiamo quando si sveglierà. Se si sveglierà.
Prima di chiudere la porta Hermione notò uno stanco sorriso sul volto della donna.
* * * *
Ormai le sue giornate le passava tra la scuola e il San Mungo.
Passava la mattina tra le carte burocratiche del ministero e la ricostruzione del maniero. Il pomeriggio era divisa tra la stanza di Hermione e quella di Severus.
Nelle settimane precedenti nessuno dei due aveva dato segno di voleri svegliare.
Almeno Hermione aveva aperto gli occhi, era un passo avanti.
Minerva entrò nella camera in penombra di Piton. Severus non si era mosso, era sdraiato nel letto, coperto dal lenzuolo. La sua carnagione aveva assunto un colorito più acceso da quando era stato ricoverato, ma non c'erano stati altri miglioramenti.
Si avvicinò al letto e, come faceva ogni volta, lanciò una rapida occhiata al petto dell'uomo che si alzava con un ritmo lento e regolare. Come se si aspettasse di non vederlo muoversi da un momento all'altro.
Quando aveva trovato quel libro nella Stamberga era rimasta allibita, si era infuriata per la stoltezza della Granger, un incantesimo oscuro potente e pericoloso, probabilmente sconosciuto. I primi giorni l'aveva rimproverata mentre lei era incosciente. Aveva gridato nella speranza di svegliarla a suon di urla.
Aveva pianto. Per lei e per Severus.
Si sedette sulla sedia accanto al letto, come aveva fatto nella stanza di Hermione.
- Hermione si è svegliata, Severus. - gli disse poggiando una mano sul letto, avrebbe voluto prendergli una mano, ma non lo fece – E' debole, ma sta bene. - sospirò di fronte all'immobilità del mago – Potter mi ha chiesto ancora se può venirti a trovare. Visto che sei incosciente credo che gli darò il permesso, sia mai che ti ci voglia la voce di Harry per farti svegliare. Posso anche accettare che tu tolga punti a Grinfondoro.
Minerva fece un lieve sorriso e osservò il volto dell'uomo come se si aspettasse una risposta acida da un momento all'altro.
Si alzò e lisciò la gonna della veste.
- Devi perdonare la mia breve visita di oggi, ma devo informare molte persone sul risveglio di Hermione. - prima di chiudersi la porta alle spalle la strega si voltò ancora verso il mago e gli fece un sorriso, si era ripromessa che Severus non l’avrebbe mai più vista arrabbiata con lui – Ci vediamo domani.
n. 29
Titolo raccolta: Eligis tuum iter (scegli ciò che desideri)
Titolo di questo sorriso: PromesseAutore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: one shot
Rating: Per tutti
Genere: Triste, introspettivo, Malinconico
Personaggi: Hermione Granger, Harry Potter
Pairing generale della raccolta: Severus / Hermione, accenno a Severus / Lily
poca: post battaglia finale
Avvertimenti: AU
Riassunto:
Si sentì improvvisamente di troppo, avrebbe voluto distogliere lo sguardo per non invadere quello che sembrava il loro spazio privato, ma non riusciva a distogliere gli occhi.
La vide sollevarsi e fissarlo in volto come se anche lui potesse vederla.
Si domandò, per l'ennesima volta, cosa fosse successo in quella casa. Parole: 864
Promesse Fine Giugno 1998
Londra, San Mungo
Erano passate due settimane dal suo risveglio e, finalmente, l'odioso medimago che l'aveva in cura, e che ancora non osava guadarla dritto negli occhi, le aveva dato il permesso di uscire dalla stanza e camminare un po'. Era solo da qualche giorno che riusciva a fare due passi da sola senza crollare a terra esausta, il suo corpo risentiva ancora degli effetti dell'incantesimo oscuro.
Nella sua stanza si alternavano la professoressa McGranitt, Harry e a turno un membro della famiglia Wealsey.
Raramente era sola per un lungo periodo e la cosa le andava più che bene. Restare sola voleva dire pensare a quello che aveva fatto.
Quella mattina toccava ad Harry.
Quando era entrato nella camera l'aveva aggiornata come sempre su quello che succedeva nel mondo fuori da quelle mura; a volte chiedeva il suo consiglio su cose più o meno importanti, ma spesso facezie. Le portava sempre un mazzo di fiori freschi, anche se la camera ne era ormai invasa.
Quella mattina era lei che doveva chiedergli un favore e sapeva che Harry era l'unico che l'avrebbe aiutata senza fare domande. O, comunque, senza fargliene troppe.
Reggendosi a lui percorse la breve distanza che separava la sua stanza a quella di Piton.
Entrò con un groppo alla gola, sentendo le lacrime pizzicarle gli occhi e un pesante macigno sul petto.
Staccandosi dall'amico fece pochi, incerti passi fino al letto. Si sedette sulla sedia accanto al mago e chiuse gli occhi, riprendendo le forze.
In quelle due settimane si era ricordata tutto quello che era successo in quel limbo dov'era precipitata quando aveva pronunciato l'incantesimo. I ricordi la colpivano ad ondate più o meno forti. A volte erano solo sensazioni, altre volte erano solo lievi sguardi o fugaci sorrisi che la facevano arrossire, altre ancora erano veri e propri dialoghi. Alla fine era riuscita a ricordare ogni parola, ogni sensazione, ogni immagine di quel luogo che si distruggeva mano a mano che la disperazione del mago aumentava.
E poi arrivava l'odio. L'odio per quell'orrida donna che l'aveva lasciato solo in vita e anche nella morte.
Non ne aveva parlato con nessuno, era una questione tra lei e Piton.
Quando le facevano domande, spesso cercando di coglierla impreparata e lanciandogliele a bruciapelo, diceva che il suo ultimo ricordo lucido era lei che iniziava a recitare la formula in quella casa.
Poi solo una serie di immagini senza senso e frasi dette solo a metà.
- Puoi prestarmi la tua bacchetta, Harry? - domandò con un di filo di voce.
- Il medimago ti proibisce
ancora di fare magie? - fece l'altro passandogliela.
- Dice che potrebbe stancarmi troppo. - spiegò la strega con una smorfia – Ma credo che il suo più grande timore sia che possa andare in giro per l'ospedale a lanciare incantesimi oscuri come petardi babbani a Capodanno.
Sentì Harry ridacchiare alle sue spalle, prese la bacchetta e la fissò per qualche istante. Erano settimane che non stringeva una bacchetta magica, quella che aveva usato in battaglia le era stata tolta, era ancora quella di Ballatrix e non se ne dispiacque poi molto. La mano tremò appena quando fece apparire un vaso di vetro e un mazzo di fiori.
- Ci vuole un po' di colore in questa stanza.
- E' probabile che
lui lo consideri uno spreco di spazio.
Sorrise e, con un altro colpo di bacchetta, tirò le tende della finestra lasciando che entrasse la luce del sole.
- L'oscurità l'ha avvolta abbastanza, professor Piton. - disse – E' ora di rinascere nella luce.
Si alzò a fatica dalla poltrona, Harry le offrì la mano, ma lei la rifiutò; voleva farsi vedere forte.
Gli mise una mano sulla guancia e si chinò sul suo volto. Alle sue spalle Harry pensò che stesse per baciarlo, invece lei si avvicinò al suo orecchio e gli sussurrò qualcosa.
Si sentì improvvisamente di troppo, avrebbe voluto distogliere lo sguardo per non invadere quello che sembrava il loro spazio privato, ma non riusciva a distogliere gli occhi.
La vide sollevarsi e fissarlo in volto come se anche lui potesse vederla.
Si domandò, per l'ennesima volta, cosa fosse successo in quella casa.
Hermione sorrise al volto immobile del professore, gli sistemò con dolcezza una ciocca ci capelli, poi allungò una mano nella direzione dell'amico per farsi aiutare.
Ritornati in camera l'aiutò a sdraiarsi, effettivamente quei pochi passi e quelle due semplici magie l'avevano stancata, ma lei non voleva farlo vedere.
Invidiava il suo coraggio e la sua forza. Lui aveva sconfitto Lord Vodemort, ma era stata fortuna, la maggior parte delle volte non sapeva cosa fare, come muoversi. Aveva solo seguito il suo intuito.
Hermione invece...
La vide chiudere gli occhi stremata, aveva anche iniziato a tremare per il freddo nonostante fosse piena estate.
- Posso farti una domanda, Hermione? - le chiese mentre la copriva con una coperta pesante.
Lei annuì affossando la testa nel cuscino.
- Cos'hai detto prima a Piton?
- Gli ho detto che mantengo sempre le mie promesse. - biascicò lei, poi sollevò gli angoli della bocca in un sorriso divertito – E che come
Bello addormentato non convince nessuno. - finì prima di addormentarsi di colpo.