Il Calderone di Severus

Sfida FF n. 14: Sette giorni per un Sorriso

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view post Posted on 5/10/2013, 10:29
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CITAZIONE (Ele Snapey @ 4/10/2013, 23:32) 
Il primo buco libero che c'è mi ci infilo io! ;)

Ele ti riferisci ovviamente ad "un anno di sorrisi", ora vedo e ti iscrivo.
Fatto il 15 ottobre è tutto tuo! :D .
 
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view post Posted on 5/10/2013, 18:42
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CITAZIONE (chiara53 @ 5/10/2013, 11:29) 
Ele ti riferisci ovviamente ad "un anno di sorrisi", ora vedo e ti iscrivo.
Fatto il 15 ottobre è tutto tuo! :D .

Sì Chiara, intendevo quello: ho visto e mi sono segnata la data, grazie mille! ;) :D
 
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kijoka
view post Posted on 5/10/2013, 20:37




Nr. 39

Autore/data: Kijoka – 30 settembre 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One shot
Rating: per tutti
Genere: introspettivo
Personaggi: Severus Piton
Pairing: nessuno
Epoca: Post HP7
Avvertimenti: AU
Riassunto: La fine prima del nuovo inizio
Parole/pagine: 1.338/3.



Fine

La luce verde si è spenta solo poco fa.
Giro su me stesso per capire. Dove sono?
Tutto è buio e sembra che non ci siano né pareti, né soffitto.
Avrei giurato non ci fosse nemmeno il pavimento, ma percepisco i piedi poggiare su qualcosa...
Il piano è incorporeo, ma la sensazione è quella di essere dentro un tunnel buio.
Volto la testa in tutte le direzioni, frugando le tenebre con gli occhi, ma nulla è in grado di darmi una sensazione di spazio definito, una qualche impressione tattile o una luce, che mi guidi.
Prima del ragionamento il cuore comprende e prende a battere più forte, sempre più forte!
Lo so, ora lo so.
Quella luce, era la luce della vita.
Si è spenta...
Si è spenta poco fa.
D'istinto alzo la mano e mi tocco il collo, che trovo integro e asciutto.
Eppure... eppure ricordo!
Il morso... il serpente... io, io mi stavo dissanguando...
Perché non provo dolore? Dov'è il sangue? La Stamberga?
Dove sono?
Il buio sembra sempre più fitto, anche se non so come questa sensazione possa essere reale...
Il fiato corto mi costringe ad ansimare, quasi fossi chiuso in una scatola che mi porta via ogni attimo sempre più ossigeno.
La mente sembra funzionare nel modo cui sono abituato perché continuo a dare spiegazioni a me stesso.
Ora, senza preavviso, mi tornano alla mente attimi di vita, momenti mai dimenticati e secondi mai vissuti.
Tutto vortica davanti ai miei occhi, ma è l'immaginazione che porta via gli ultimi spazzi di logica. Tutto è creato dalla mia mente!
Trattengo il fiato. Gli occhi lacrimano. Lo stomaco si stringe in un nodo serrato e comincio a tremare, senza volerlo, mentre i ricordi si mischiano ai rimpianti e ai rimorsi.
Sentimenti noti e temuti m'inondano il cuore facendomi tornare negli incubi conosciuti che immancabilmente arrivano ogni notte.
Questa è la notte della mia ragione, questa è la notte della mia morte.
Il peso sul torace si intensifica sempre più e sembra voglia portarmi via. Trascinarmi a fondo, in una palude nera.
D'un tratto ho l'impressione che il pavimento invisibile, sul quale sono poggiato, si stia inclinando, lentamente ma inesorabilmente.
Me ne accorgo appena, perché il movimento è impercettibile o forse ero solo concentrato ad analizzare ciò che il mio intelletto mi sta proponendo e ciò che il mio corpo mi trasmette.
Sono confuso.
Non capisco, non riesco a spiegare... ma com'è possibile farlo?
Il corpo continua ad inviarmi convulsi segnali d'allarme disperati e realizzo, in un attimo, che tutto si sta invece svolgendo in modo frenetico.
Il pavimento inesistente si inclina sempre di più e tra poco cadrò.
Il respiro si blocca e l'ansia mi attanaglia. Istintivamente cerco un appiglio.
Ma cosa posso trovare al buio? Come posso salvarmi, come?
Cadrò, sì, cadrò, ma dove?
Non vedo nulla e la mia immaginazione mi costruisce sotto i piedi un gorgo senza fine.
Il cuore batte furiosamente in gola e io cerco di calmarmi.
E' dunque questa la morte?
Non riesco subito a riconoscere il sentimento che mi scoppia dentro: paura, terrore, panico.
Sono sentimenti che non avevo mai accolto in maniera così totale: in qualche modo conoscevo ciò che affrontavo e lo facevo con sicurezza, certo che il peggio fosse al di là.
Ora sono qui e, contro ogni mia previsione, devo fronteggiare una situazione cui non sono preparato.
Ho sempre pensato che la morte fosse più semplice: una volta che mi avesse raggiunto, semplicemente non ci sarei più stato.
Ma questo... questo è qualcosa di diverso!
Dove sono?
Di colpo il pavimento non esiste più e io precipito.
Continuo a cadere, giù, sempre più giù.
I capelli si muovono convulsamente al vento della caduta e mi frustano con violenza il viso.
Continuo a precipitare, sembra non ci sia mai fine...
Il cuore mi batte in gola e il mio corpo, con il suo istinto di sopravvivenza, cerca disperatamente di aggrapparsi a qualcosa. Qualcosa che non esiste.
Incredibilmente la ragione continua a macinare ragionamenti.
Questa sarà la mia pena eterna? Precipitare all'infinito, provando angoscia e panico, per l'eternità?
Il sudore freddo che mi inonda il corpo viene asciugato immediatamente dal vento della discesa.
Il mio castigo per ogni dolore causato, ogni morte non evitata, ogni parola non detta, ogni aiuto non elargito?
I piedi non incontrano nulla e io continuo a precipitare.
La mia condanna per le morti causate e per gli errori commessi?
Le immagini nella mia testa riprendono, mentre la speranza di atterrare da qualche parte si affievolisce, pian piano, mentre il panico sta per impossessarsi completamente di me.
Non riesco a dominarmi, non riesco a controllarmi.
Dunque è questo, questo mi libererà dai rimorsi e dai rimpianti! Deve farlo!
E allora è così: con questa sofferenza dell'anima senza termine ho raggiunto il mio scopo e cioè ho pagato la vita con la vita!
Ne ho solo una da perdere, ma questo supplizio infinito mi porterà a pagare i miei errori.
La mia vita è dietro di me e con essa i miei errori!
Di colpo un raggio di luce buca l'oscurità, come un raggio di sole tra le nubi di tempesta.
Non so come la mia mano si aggrappa ad esso.
Lo strappo è violento, ma la presa blocca la caduta.
Resto qui: appeso ad un piolo di luce, con sotto i piedi l'abisso.
Come è possibile?
Cosa ha fatto nascere questo appiglio di fortuna?
Può essere già terminata la mia punizione? Quelli che a me sono sembrati attimi è stato l'infinito tempo?
Il cuore rallenta la sua corsa e le immagini nella mia testa cambiano.
Con questo ho già espiato ogni mia colpa?
Una strana sensazione di riscatto mi riempie il cuore. E comincio a sognare, senza logica alcuna, immagini di un'esistenza tranquilla, piena d'amore e di felicità.
Lo spiraglio di luce si fa sempre più intensa...
Ora il raggio è quasi grande come il mio braccio. Continuo a tenermi aggrappato con tutte le mie forze a questo appiglio impalpabile.
Se riesco a fare forza sul braccio riuscirò ad arrivare a guardare dentro il fascio di luce per vedere come posso superare questo momento.
Non può essere la fine: dovevo fare ancora così tante cose!
Dovevo spiegare a Minerva ogni cosa.
Il bagliore è più forte e intenso ora, forse riesco a aggrapparmi al suo bordo inferiore anche con l'altra mano.
Dovevo cercare di far capire a Potter che non era mia intenzione sacrificarlo, volevo solo aiutarlo... spero si sia salvato, spero che la profezia non fosse esatta.
Riesco a far forza con entrambe le braccia, tremano forte, ma ancora non avverto alcun tipo di dolore. Sono spossato e debole, non mi riconosco più...
Con un ultimo sforzo mi porto con gli occhi all'altezza del raggio.
Vorrei riprendere a sperare, ricominciare ad amare ciò che volevo perdere...
La mia morte ha lavato via ogni impegno preso con me stesso. Forse ho pagato, ho riscattato la mia vita con la mia morte.
Il raggio è cresciuto di nuovo d'intensità. Ora forse riesco addirittura a passarci e a lasciare questo posto buio e senza speranza.
Raccolgo le ultime energie e mi isso verso l'alto fino ad essere completamente inondato dalla luce.
All'improvviso è come fare una capriola dentro il nulla, attirato e fagocitato dalla luce.
Una stanza grande e chiara, la luce mi acceca e non vedo nulla, solo una luce abbagliante.
Poi una voce, lieve e dolcissima, mi accarezza:
- Bentornato... ho temuto che non volessi farlo, ma alla fine hai combattuto per la tua vita. Ora tutto è compiuto. Seguimi e torneremo a vivere, insieme. Ti farò da guida e potrai ritrovare ciò che hai fatto, per te e per gli altri. E anche l'ultimo scalino sarà superato.
Un tocco gentile sembra dare sollievo all'atroce dolore che mi arde la gola. Il mio corpo si rilassa e sento dentro di me un'infinita pace.
Prima di cadere nell'incoscienza odo un sorriso nella voce che sussurra:
- Sapevo che l'avresti fatto, Severus Piton, tu sei sempre stato un guerriero. Ora continua, combatti l'ultima battaglia per te stesso!

Edited by Ida59 - 17/7/2015, 19:16
 
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view post Posted on 6/10/2013, 13:33
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Fine di Monica.

Deve essere così quando si torna indietro dal coma o dalla morte. Così spietatamente doloroso e catartico.
Sì, deve proprio essere questo, poi un raggio di luce e la voglia di vivere sempre e comunque potente emergono e salvano.
Non si muore se non lo si vuole proprio.
Splendido brano e capitolo da ricordare.

Edited by chiara53 - 7/10/2013, 19:18
 
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view post Posted on 7/10/2013, 13:55
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CITAZIONE (Ele Snapey @ 3/10/2013, 17:37) 
Applauso

Wow, la scena che appartiene da sempre ai nostri sogni, finalmente descritta in maniera perfetta. L'arrivo in sala di Severus, il clima di attesa per le parole del nuovo preside, la sua emozione palpabile che si fonde con quella degli studenti in attesa di ascoltare ciò che dirà loro, e che è di conseguenza anche la nostra. Un quadro di estrema bellezza per come l'hai reso in modo vivido e appassionato, che fa venire il batticuore e cattura l'attenzione ad ogni parola, fino all'ultimo, fino a quel boato di gioia e benvenuto che riaccoglie tra le braccia di Hogwarts colui che fino a quel momento era stato ingiustamente respinto. E' il trionfo finale, finalmente, giusto e meritato! Trascinante! :woot:

Hihihi… sempre entusiastici i tuoi commenti, Ele.
Sono felice che tu abbia trovato in questa storia il giusto trionfo per il tuo eroico Severus. Ed è una bellissima immagine quella che hai evocato con le tue parole, quell’abbraccio che di nuovo accoglie a Hogwarts l’uomo che era stato ingiustamente cacciato.
Se… non è detto che lo faccia, ma se volessi aggiungere una frase nel finale della storia che richiami questo abbraccio che finalmente accoglie, posso farlo, ovviamente inserendo in nota come è nata l’ispirazione?




CITAZIONE (chiara53 @ 3/10/2013, 18:39) 
Applauso di Ida

Vorrei che tutto quello che hai scritto in questa storia fosse vero, fosse accaduto anche nei libri, quelli ufficiali. Ma chi se ne importa, noi sappiamo che è successo, abbiamo sentito gli applausi, abbiamo letto nei pensieri di Severus.

Dall’inizio alla fine mi ha inseguito un applauso scrosciante e sincero, grida di giubilo e ho intravisto anche qualche lacrima di gioia sul viso di Minerva e su quello di Elyn. Non c’erano? No, non è possibile. Io li ho visti i loro occhi, mentre Severus osannato sorrideva.

Un sogno sentir parlare Severus con il cuore, lui sempre costretto a misurare parole e accenti è finalmente libero, finalmente impreparato e preso dall’emozione. Lo abbraccerei stretto, stretto, ma per quello c’è Elyn, lo so.

Quanto possono essere diverse le espressioni delle quattro case in questa circostanza?
Tu le hai descritte con amore, dedicando a tutte un pensiero e uno sguardo , il pensiero e lo sguardo di Severus , ma tra le quattro – manco a dirlo - quella che mi è piaciuta di più è stata questa:
CITAZIONE
I Tassorosso, invece, gli sorridevano ringraziandolo e regalandogli l’incredibile fiducia di chi vuole credere nella bontà del prossimo: in fondo, quella fiducia Severus sapeva d’essersela guadagnata con tutta la sua sofferenza, con il suo lungo cammino di redenzione, con la sua vita ogni giorno buttata nell’arena ed offerta in espiazione di colpe commesse tanti anni prima. Così il mago si ritrovò a ricambiare quel sorriso franco, generosamente offerto e allo stesso tempo conquistato con tanto fatica e sofferenza.

Bellissimo brano che mi porto nel cuore stasera e che dovrà bastarmi fino alla prossima settimana.
p.s. Due lacrime di gioia non ho potuto evitarle, ma ho sempre i kleenex pronti. :wub:

Eeeh… sì, sarebbe stato bello, bello davvero leggere questa scena nei libri… Però dobbiamo accontentarci e arrangiarci da soli…
Sì, c’erano le lacrime di gioia, ma non sulle guance: erono negli occhi, arenderli ancora più belli e luminosi affinché anche Severus li vedesse e ne fosse felice.
Puoi abbracciarlo anche tu, Elyn non è gelosa!
Severus non ricorda cosa ha detto (una volta tanto ho voluto che ognuno di voi immaginasse quello che preferiva) però sa bene di averlo fatto con il cuore perché, sì, è cambiato, molto cambiato!
Tra le 4 Case, la reazione che ho trovato più facile e spontanea da descrivere è stata proprio quella dei Tassorosso, ed è anche quella che mi piace di più. La più difficile è stata quella di Serpeverde, che un po’ gli lascia l’amaro in bocca. Ma sono certa che Severus saprà riconquistarsi la fiducia e l’apprezzamento dei suoi ragazzi e, soprattutto, saprà riportarli sulla strada giusta.


Edited by Ida59 - 17/7/2015, 19:17
 
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CITAZIONE (Ida59 @ 7/10/2013, 14:55) 

Se… non è detto che lo faccia, ma se volessi aggiungere una frase nel finale della storia che richiami questo abbraccio che finalmente accoglie, posso farlo, ovviamente inserendo in nota come è nata l’ispirazione?

Ma certo che sì, lo sai che mi farebbe molto piacere ;) :P

Edited by Ida59 - 17/7/2015, 19:17
 
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Fine, di Kijoka

Una serie di pensieri ed emozioni intense ed assillanti, che tolgono il respiro mettendo ansia, a cominciare dalla terribile constatazione che si è spenta la luce (verde) della sua vita ed è cosi arrivato alla notte della sua ragione, quindi alla sua morte (hai scritto una frase davvero stupenda!). È davvero tremendo questo pensiero di Severus!
Poi inizia tutta quella serie infinita di sensazioni terrificanti, ove ogni riferimento con la realtà della vita è perduto e vi è solo quel precipitare nel nulla, senza possibilità di fare nulla…
Terribile che pensi che quella situazione terrificante di impotente terrore possa essere il castigo eterno quale condanna per le sue colpe. Davvero terribile, povero amore mio! E quante volte l’ho scritto a margine della storia, con quale intenso e doloroso coinvolgimento! Quante volte nella mia mente ho gridato no, no, non è possibile… finchè la gola mi ha fatto male in quell’urlo muto, che neanche trovava sfogo nelle parole da annotare a margine, le mie dita figurativamente tese verso Severus per dargli un appiglio, per fermare quella implacabile caduta…

Poi… il raggio di luce! Finalmente, ormai non riuscivo neppure più a respirare mentre precipitavo con lui in quel nulla eterno di disperazione.
La sua mano che si aggrappa al raggio di luce: quale fantastica immagine. È impossibile, fisicamente, eppure non posso fare altro che vederle, le dita che si stringono forte, i muscoli che si tendono. Sì, è tutto lì, vero e reale, davanti ai miei occhi.
È lei, vero che è lei? Non può essere altro…

La morte come nascita a nuova vita, una vita in cui le colpe sono state lavate via dalla morte sacrificale. Già, forse è proprio questo che spiega la “differenza” del Severus di questa storia, di cui ho sempre percepito forte il desiderio di vivere.
Infine la capriola nel nulla verso la luce. Ecco direi che questo potrebbe essere il suo primo “risveglio” di coscienza, il suo riaffacciarsi alla vita.
Le parole della donna danno infine una prima, vaga spiegazione dell’incanto che li unisce. Ma quante cose ancora sono da scoprire!

Severus sente la pace in sé, anche se ancora è immerso in un atroce dolore. Bella la sensazione di pace, ma, povero amore mio, ancora e sempre soffre!
Lei, però, lo sprona a combattere…

Ecco, è come se la storia, realmente, stesse iniziando qui, in questo suo riaffacciarsi alla coscienza dopo aver combattuto con la morte. Parte di qui e va a ritroso nella sua vita, in tutti i capitoli che abbiamo letto in precedenza. Così, dopo aver percorso con Severus, spesso anche tramite gli occhi di lei, il suo passato, finalmente è tempo di presente… per costruire il futuro!


Edited by Ida59 - 17/7/2015, 19:18
 
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Autore/data: Alaide – 12 - 16 agosto 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One-shot
Rating: per tutti
Genere: Drammatico, Introspettivo
Personaggi: Severus Piton, Personaggio originale
Pairing: nessuno
Epoca: Post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: Aveva scacciato Judith.
Il suo sorriso carico di perdono.
Quel perdono che gli offriva anche la signorina Fairchild durante le sue visite, quando gli sorrideva, ogni volta, con immutata gentilezza e fiducia.
Nota: La storia è il continuo di Voci.
Parole: 1646

Sinfonie.
16. Sinfonia in fa minore op. 2 n°4
Quarto movimento. Lontananza



10 ottobre 2002
Caro Severus,
sono stata terribilmente cattiva oggi. Per causa mia Brian si è fatto male ed è caduto, mentre ci arrampicavamo su un albero nel giardino dell’orfanotrofio.
Ed è colpa mia perché ho avuto io l’idea.
So che non avrei dovuto farlo, ma sembrava divertente.
Credi che Brian vorrà ancora essere mio amico?
Con affetto,
Judith


Lione 14 ottobre 2002
Cara Judith,
sono certo che non hai obbligato il tuo amico ad arrampicarsi su quell’albero.
Non è stata un’idea brillante, ma sono convinto che tu abbia imparato da quest’errore.
Sono anche sicuro che Brian continuerà ad essere tuo amico. Per quanto l’idea sia stata tua, il tuo amico avrebbe potuto dirti che non era d’accordo con te, che non voleva arrampicarsi su quell’albero.
Severus

Judith strinse forte a sé la lettera.
Le parole di Severus erano simili a quelle che le aveva detto Melusine.
Ed anche Brian.
Sorrise sollevata.
Aveva temuto con tutta se stessa che Severus potesse essere deluso da lei, che la rimproverasse. Invece l’aveva rincuorata e confortata.
Era così bello che la lettera fosse arrivata così presto, anche se era qualcosa di strano. Doveva attendere, di solito, molti giorni prima di avere una risposta da Severus.
Ma forse esistevano diversi tipi di posta. Lo avrebbe chiesto a Melusine.


30 novembre 2002
Caro Severus,
spero che in Francia tutto vada bene.
Sono convinta che presto o tardi potrò venire a farti visita. Ho chiesto a Melusine, ma non sa se questo sia possibile.
Sto continuando a scrivere la fiaba di cui ti ho parlato.
La maestra ci fa lavorare alla storia una volta a settimana. Dopo aver presentato il personaggio principale, abbiamo fatto un disegno. E poi abbiamo descritto gli altri personaggi.
Oggi abbiamo iniziato a scrivere la storia vera e propria. Quando l’avrò finita, te ne manderò una copia. Melusine ha detto che se ne occuperà lei.
Per il momento ti mando un disegno che ho fatto due giorni fa.
Ti voglio tanto bene,
Judith
L’uomo lasciò cadere la lettera sul tavolo. Il sorriso di Judith era, come sempre, colmo d’affetto e di speranza.
Una speranza che portava con sé quel perdono in cui non osava credere. Quel perdono di cui parlava, spesso, la signorina Fairchild quando gli andava a fare visita, quella parola che dopo quegli incontri gli rimbombava nella mente.
Severus si sentiva come se la sua anima si stesse lacerando.
Da una parte negava qualsiasi possibilità di speranza, dall’altra avrebbe voluto abbracciarla. Non sapeva più cosa voleva.
Eppure tre anni prima si era sentito così sicuro, così certo che l’unica soluzione possibile fosse denunciarsi.
In quel momento, di fronte a quella lettera, non ne era più così sicuro. Non lo era più da diverso tempo, da quando aveva sentito la voce di Judith in ottobre.
Ed avrebbe voluto udire ancora la voce della bambina, mentre gli raccontava la sua storia. Avrebbe voluto vedere il sorriso colmo di affetto.
Allungò una mano ed afferrò il disegno.
Judith aveva raffigurato se stessa e Severus in un luogo sereno, inondato dalla luce della speranza e dal sorriso della bambina.
Una lacrima, che non si era nemmeno reso di star versando, bagnò un angolo del foglio.
Aveva privato la bambina della possibilità che quel disegno potesse diventare realtà.
Con la sua smania di punirsi, non aveva fatto altro che gettare al vento l’unica possibilità di iniziare una nuova vita al fianco della bambina. Aveva distrutto la possibilità di essere, se non felice, per lo meno in pace.
Aveva scacciato Judith.
Il suo sorriso carico di perdono.
Quel perdono che gli offriva anche la signorina Fairchild durante le sue visite, quando gli sorrideva, ogni volta, con immutata gentilezza e fiducia.
Eppure sapeva che non poteva più sperare di poter abbracciare Judith, come in quel disegno, perché nulla poteva mutare la scelta compiuta nel tardo autunno del 1999.
Invocare una revisione del processo era fuori questione. Avrebbe costretto Judith a rivivere quella notte di agosto, ad essere interrogata.
Ed era qualcosa che non poteva permettere.
Avrebbe unicamente fatto soffrire Judith.


Lione, 15 dicembre 2002
Judith,
ho apprezzato il tuo disegno, che conservo con la massima cura.
Credo, però, che non potrai venire a trovarmi in Francia. L’ospedale non ammette visitatori minorenni.
Severus.


9 gennaio 2003
Caro Severus,
spero che tu non ti sia sentito troppo solo a Natale. L’ospedale in cui ti trovi deve essere veramente triste.
Quando sarò maggiorenne verrò a trovarti, sempre che tu non sia guarito per allora.
Ti mando un piccolo brano della fiaba, come regalo di Natale.
“C’era una volta un uomo molto coraggioso. Il suo nome era Severus. Non era un cavaliere o un re. Viveva in una piccola città, vicino ad un bosco magico.
Tutti sapevano che era coraggioso perché aveva salvato sua figlia.
Una notte due uomini avevano tentato di fare del male alla bambina, ma non erano risuciti nel loro intento. Severus aveva nascosto la figlia e l’aveva tenuta al sicuro. Poi aveva consegnato i due uomini alle guardie del re.
Ed allora Severus e sua figlia vivevano felici nella casa vicino al bosco. Ma un giorno giunse in visita nella piccola città un uomo importante.”
Spero che ti piaccia.
Con affetto,
Judith

Le parole di quella storia si stagliavano dalla lettera della bambina.
V’era affetto in loro.
V’era il sorriso affettuoso della bambina.
V’era la narrazione di quella notte d’agosto del 1997, quando aveva salvato la vita a Judith.
Severus avrebbe voluto che il nuovo antidolorifico non fosse così efficace, avrebbe voluto sentire tutto il terribile dolore di prima.
Era stato uno stolto.
Si rese conto di ciò che aveva tentato di negare con tutte le sue forze, quella verità che sapeva esistere, ma che era stato bravo a celare persino a se stesso.
Quella notte d’agosto aveva salvato la vita di Judith.
E la bambina gli era riconoscente perché lei non aveva travisato la realtà, non si era lasciata annebbiare la mente dal peso della colpa, non aveva voluto annegare il proprio buon sento.
Come aveva fatto lui.
Aveva volutamente travisato la realtà. Aveva volutamente scacciato Judith, la sua piccola Judith che gli continuava a voler bene, nonostante la lontananza.
Aveva tentato di scacciare anche la signorina Fairchild che, nonostante tutto, continuava a venire a trovarlo in carcere, fedele alla sua promessa.
Un sorriso amaro si disegnò sulle sue labbra.
Il sorriso dell’amara consapevolezza di aver sbagliato irrimediabilmente ancora una volta.


Lione, 30 gennaio 2003
Cara Judith,
la tua storia è preziosa e sono certo che continuerà nel migliore dei modi.
Mi dispiace di non essere lì con te.
Ma sappi che, qualsiasi cosa accada, sarò sempre al tuo fianco, seppur da lontano.
Con affetto,
Severus

Un sorriso felice si disegnò sulle labbra di Judith. Severus le diceva che le voleva bene e nient’altro importava. Sperò unicamente che quel sorriso felice arrivasse fino a lui e gli dicesse che lei sapeva perfettamente che lui sarebbe sempre stato al suo fianco.
Così come lei gli avrebbe sempre voluto bene.


Lione, 1 marzo 2003
Cara Judith,
ho letto con attenzione come stai sviluppando la tua storia.
La tua storia è preziosa.
Buon compleanno, se la lettera ti arriverà il nove.
Severus
«Come ha fatto a sapere che sono nata oggi, Melusine?» domandò la bambina, con un sorriso sulle labbra, un sorriso per Severus.
«Ti ho già detto che anch’io gli scrivo.» mormorò la giovane.
Quando aveva fornito l’informazione all’uomo non aveva nemmeno immaginato che potesse palesare, in quel modo, il suo affetto per Judith.
Quell’affetto che aveva sempre fatto capolino tra le righe, delle lettere che Judith le aveva fatto leggere.
«Melusine, come mai le sue lettere mi arrivano sempre senza busta?» domandò improvvisamente Judith, mentre rileggeva le poche parole.
Melusine aveva temuto quella domanda. Aveva preso l’incarico di ritirare la posta da quando era iniziata quella corrispondenza, in modo tale da distruggere le buste con sopra il timbro del carcere.
«È la prassi dell’orfanotrofio. Non chiedermi perché, ma è così.» riuscì a dire, per quanto sapesse che quella menzogna non sarebbe durata a lungo.


15 giugno 2003
Caro Severus,
io e Brian suoniamo spesso insieme. Ci basta trovare un violinista e poi faremo un trio. O almeno così dice Melusine.
E quando saremo famosi, verremo a Lione e ci faranno entrare nell’ospedale dove la musica che suoneremo ti piacerà tantissimo.
Però, può essere che tu tornerai prima.
Comunque sia, ti vorrò sempre tanto bene,
Judith

L’affetto di quella lettere stordì Severus, quasi.
Era un affetto che non meritava affatto perché con il suo egoismo aveva allontano da sé Judith.
L’unica possibilità di perdono che aveva.
Aveva allontanato il suo sorriso riconoscente.
Quel sorriso che fin da subito avrebbe dovuto dirgli che egli le aveva effettivamente salvato la vita, quella notte d’agosto.
Invece aveva posto la sua attenzione unicamente sul senso di colpa.
Aveva allontanato il suo sorriso affettuoso.
Quel sorriso che lo chiamava padre, quella paternità che aveva disconosciuto in nome dell’espiazione. Quel sorriso in cui avrebbe potuto trovare la pace.
Una pace che era stata così vicina e che lui aveva gettato al vento.
Aprì il cassetto ed estrasse il disegno di Judith e lo stese davanti a sé, sul tavolo.
Quello era l’unico modo in cui poteva ancora vedere la bambina.
Erano servite decine di lettere per comprendere il suo errore nell’autodenunciarsi, un errore a cui, come gli altri che avevano costellato la sua vita, non poteva porre rimedio.
C’erano volute le parole che la signorina Fairchild gli ripeteva ogni volta, quelle parole sul bisogno che Judith aveva di lui, quelle parole che contenevano sempre una promessa di perdono, per fargli comprendere quel nuovo errore.
Ma non poteva porvi rimedio.
Non poteva annunciare al magistrato che aveva mentito al processo perché questo sarebbe equivalso a torturare Judith.
Poteva solo sperare che quel sorriso non si spegnesse mai.
E che la bambina potesse perdonarlo, un giorno, quando avrebbe saputo che l’aveva abbandonata.
 
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view post Posted on 10/10/2013, 09:40
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CITAZIONE (Ele Snapey @ 7/10/2013, 19:11) 
CITAZIONE (Ida59 @ 7/10/2013, 14:55) 

Se… non è detto che lo faccia, ma se volessi aggiungere una frase nel finale della storia che richiami questo abbraccio che finalmente accoglie, posso farlo, ovviamente inserendo in nota come è nata l’ispirazione?

Ma certo che sì, lo sai che mi farebbe molto piacere ;) :P

Ecco fatto: ho inserito una frasetta nella fic, QUI, con nota a piè di pagina.
Grazie. :)


Edited by Ida59 - 17/7/2015, 19:19
 
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N. 40

Titolo: Sfilata di sorrisi
Autore/data: Ida59 – 12/20 luglio 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One-shot
Rating: Per tutti
Genere: introspettivo, drammatico
Personaggi: Severus, professori vari
Pairing: Severus/ Personaggio originale
Epoca: Post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: La galleria degli imbarazzati sorrisi dispiaciuti dei suoi colleghi, con i quali nel pomeriggio aveva parlato a lungo in presidenza, cominciò a sfilare davanti ai suoi occhi. È il seguito di “Applauso”.
Parole/pagine: 1694/4



Sfilata di sorrisi




Dopo la prima cena in Sala Grande e il grande applauso che incredibilmente lo aveva accolto quasi con affetto, di nuovo preside a Hogwarts, Severus si era sottratto a tutti, anche ad Elyn: in preda ad intensa commozione era scomparso veloce dietro la porta alle spalle del tavolo dei professori.
Adesso era nei suoi sotterranei, finalmente, tra le tenebre fredde e silenziose, vecchie amiche che avevano accompagnato la solitudine della sua vita.
Trasse un profondo sospiro e continuò a camminare silenzioso per il corridoio immergendosi nell’oscurità che ammantava la pietra nell’intervallo tra una torcia e l’altra. Pochi passi nel buio, poi di nuovo la sua figura elegante emergeva nella luce ondeggiante delle fiamme che illuminava i suoi passi, la sua ombra che alle spalle si confondeva nei lenti volteggi del mantello nero.
No, la sua vita non assomigliava per niente a quel corridoio rischiarato a sprazzi. La sua esistenza si era trascinata in un lungo tunnel tenebroso che lo aveva condotto dritto all’inferno a bruciare tra le spire crudeli dell’Oscuro Signore; poi solo un altro scomodo e stretto cunicolo disseminato di spuntoni aguzzi che gli laceravano cuore ed anima, da percorrere faticosamente in salita ma senza alcuna reale speranza di giungere fuori, alla luce, accompagnato solo da tormentosi rimorsi ed amari rimpianti.
Severus si fermò nel punto più buio, appena prima di girare l’angolo, ormai lontano dall’ultima torcia che riverberava il calore della fiamma alle sue spalle e senza poter ancora vedere quella che brillava nel corridoio in cui avrebbe dovuto immettersi. Si appoggiò con la schiena alle ruvide pietre della parete e lascò che le immagini della giornata appena trascorsa si sovrapponessero in successione, con rapidi lampi, ai ricordi del suo ultimo anno al castello.
Lo aveva trascorso come odiato preside dei Mangiamorte, quando invece, al meglio delle sue possibilità, cercava di proteggere gli studenti; non solo per mantenere la promessa fatta ad Albus, ma perché era ciò che davvero voleva: nonostante le apparenze e ciò che aveva voluto far credere, ci teneva a tutti i suoi studenti, non solo ai Serpeverde! E mentre proteggeva ragazzi e professori, facendosi profondamente odiarsi da loro, era tormentato dalla preoccupazione per ciò che poteva intanto accadere al figlio di Lily sul quale, invece, non poteva più vigilare come aveva fatto per tanti anni.
La galleria degli imbarazzati sorrisi dispiaciuti dei suoi colleghi, con i quali nel pomeriggio aveva parlato a lungo in presidenza, cominciò a sfilare davanti ai suoi occhi, il piccolo Vitious che guardava davanti a sé evitando di alzare lo sguardo, mentre Hagrid teneva il volto barbuto mestamente basso, il fazzolettone a quadri che ogni tanto usciva dalla tasca a compiere il suo dovere soffocando in sonore soffiate un principio di commozione.
Quel pomeriggio gli sorrideva mortificato, Filius, ma l’anno precedente i suoi piccoli occhietti vispi l’avevano più volte sfidato apertamente, urlandogli la silenziosa ed infamante accusa d’essere l’orrido assassino di un caro amico comune; e lo stesso avevano fatto i suoi capaci incantesimi, posti dichiaratamente al servizio della ribellione contro l’odiato preside, che avevano spesso costretto Severus ad intervenire di persona per eliminarne le conseguenze a causa all’irritante incapacità magica dei fratelli Carrow e degli altri Mangiamorte che imperversavano con ferocia nella scuola.
Di Rubeus, l’anno prima ricordava soprattutto il rabbioso sguardo colmo di dolore per la morte di Silente e, al tempo stesso, la testarda incredulità che proprio lui ne fosse il barbaro assassino, il mago in cui Albus riponeva illimitata fiducia e al quale aveva dato una seconda opportunità, proprio come a Hagrid stesso. Ora, invece, nei grandi occhi neri e luminosi del mezzo gigante brillava la felice commozione di chi ha ritrovato una completa fiducia che non avrebbe mai voluto davvero abbandonare. Era stato fin troppo facile leggere le intenzioni nella mente del guardiacaccia, così Severus sapeva bene che Rubeus aveva accarezzato il pensiero di fargli male, molto male - se solo ci fosse riuscito - per vendicare Silente; ora vedeva quei rimuginati pensieri di vendetta sciogliersi nelle calde lacrime celate nel fazzolettone a quadri, sempre più umido e stropicciato.
C’era la Sprite che lo guardava mogia dall’angolo di destra, vicino alla finestra che dalla presidenza dava sulla serra. Il suo sorriso avvilito gli chiedeva scusa per tutte le volte in cui gli aveva negato, con discutibili pretesti che il mago non aveva mai voluto mettere in discussione, le erbe che gli servivano per le sue pozioni, spesso costringendolo a raccoglierle da solo nella serra - con un irrispettoso atto di forza che non avrebbe mai voluto dover compiere - mentre la strega lo squadrava a braccia conserte, l’odio che le sfavillava negli occhi. Oppure gliele aveva gettate sul tavolo con sdegnata compiacenza, scegliendole tra quelle di più infima qualità, augurandosi di rovinargli la pozione che intendeva prepararsi: un lieve sonnifero, giusto per le poche ore di sonno che si concedeva dopo le ronde notturne per accertarsi che nessun studente potesse finire tra le grinfie dei Mangiamorte che controllavano la scuola; brevi sprazzi di riposo liberi dagli incubi in cui il ritratto di Silente grondava sangue e, al posto di Albus, appariva la Torre di Astronomia illuminata dalla verde luce dell’Avada freddamente pronunciata dalle sue labbra di assassino.
Madama Pince si trastullava imbarazzata con la catenella dei pince-nez con i quali cercava di nascondere il disagio del suo rinsecchito sorriso. Il mago ricordava bene i piccoli dispetti di cui la bibliotecaria lo aveva fatto oggetto l’anno precedente, nascondendo i libri che gli interessavano e costringendolo a lunghe e noiose ricerche solitarie, oppure proprio negandoglieli con ostentata indifferenza, affermando che altri li avevano prelevati giusto pochi minuti prima. Severus aveva sempre letto con chiarezza la menzogna dietro le piccoli lenti poggiate con forzata disinvoltura sul naso, ma ogni volta non aveva detto nulla, reprimendo un sospiro e andandosene senza libro oppure cercando un sostituto in un amaro silenzio rassegnato.
Madama Chips, tra tutto il personale della scuola, sembrava avere il sorriso più triste e dispiaciuto. Forse perché, in un certo senso, avevano imparato a stimarsi nei lunghi anni in cui il mago aveva distillato con certosina pazienza le migliori pozioni curative per l’infermeria della scuola, ottenendo dall’infermiera mille lodi per la maestria della preparazione e ringraziamenti – ovviamente mai accettati a parole dal mago - per la sua generosa disponibilità. Certo, Piton manteneva la sua solita apparenza scontrosa, spesso accompagnata da sarcastiche parole all’indirizzo del malcapitato di turno, ma in realtà la sua collaborazione era sempre pronta e completa, perfino in piena notte quando qualche alunno ne aveva impellente bisogno. Eppure, a sprazzi, nel sorriso pieno di rammarico di Poppy, Severus rivedeva l’apprezzamento per i suoi filtri, innegabilmente migliori di ogni altro sul mercato, misto alla vergogna di chi, l’anno prima, li aveva invece sempre recisamente rifiutati borbottando fra i denti che non voleva correre il rischio che i suoi studenti finissero avvelenati. Sì, decisamente Madama Chips avrebbe voluto mangiarsi la lingua per quelle accuse infamanti che ora, con tutta evidenza, risuonavano in tutta la loro stridente falsità nei reciproci ricordi.
Perfino la Cooman - che l’anno prima quando lo incontrava la sera nei corridoi lo fronteggiava insolente con la bottiglia di sherry in mano, senza neppure cercare di nasconderla ma, anzi, ostentandola con aria di sfida - ora gli sorrideva avvilita, e del tutto sobria, ancora incredula che le stelle non le avessero rivelato l’arcano segreto del preside. Se solo Sibilla avesse saputo quante dolorose Cruciatus Severus aveva dovuto subire anni prima per salvaguardare la sua vita e la sua mente! Solo con strenua fatica e molta sofferenza il mago era riuscito a convincere Voldemort a lasciar perdere la veggente, a non frugare nella sua mente - con oscuri sortilegi che l’avrebbero irreparabilmente danneggiata - per trovare il resto della profezia che in tempi lontani il mago gli aveva rivelato solo in parte; Severus aveva spudoratamente mentito, affermando che i fumi dell’alcol avevano devastato la memoria della strega: aveva giurato, sul proprio intenso dolore e mentre gli occhi sanguigni dell’Oscuro Signore irrompevano con crudele ferocia nella sua mente, che quei lontani ricordi dell’indovina erano ormai del tutto irrecuperabili.
Lumacorno, invece, gli sorrideva leggero nella sua larga mole, arricciandosi soddisfatto i baffi; era contento che il suo allievo migliore – sì, proprio così aveva appena avuto l’ardire di definirlo, strizzandogli l’occhio e ricevendo in cambio solo una delle sue agghiaccianti occhiatacce – fosse stato non solo scagionato dalle tremende accuse che gli erano state mosse, ma fosse uscito da quella brutta storia famoso e potente più di prima. Tanto che non aveva resistito ad invitarlo subito, naturalmente accompagnato dalla Guaritrice dal delizioso sorriso, alla sua prossima festa esclusiva, quelle dalle quali l’anno prima l’aveva invece escluso, perfino stupendolo per il coraggio così dimostrato.
Il sorriso, però, che tra tutti più aveva addolorato il mago, era quello di Minerva, che ancora non sembrava sicura d’essere stata davvero perdonata, nonostante tutte le parole che c’erano state tra loro e quel lungo abbraccio in cui s’erano riconosciuti come vecchi amici, figlio che cerca una madre che vuole essere trovata. [1]
Severus sospirò profondamente, ancora incredulo che tutte quelle persone fossero lì, davanti a lui, solo cercando il perdono per averlo accusato di un assassinio che, in effetti, aveva davvero compiuto, non importa se era stato solo per obbedire all’ultimo ordine del suo unico amico.
Il mago scosse il capo, commosso: non erano stati solo i suoi colleghi professori a sorridergli, quella sera, ma tutta la scuola, con quel caloroso applauso che ancora gli rimbombava nelle orecchie e che con il suo festante scrosciare sovrastava, fino ad annullarlo, il suono amaro delle ingiurie con cui quelle stesse persone - per le quali ogni giorno aveva per anni rischiato la vita - l’anno precedente lo avevano più volte apostrofato. Sì, per Severus anche l’eco dell’addolorata accusa di codardia svaniva in quel crescente battimano, e così aveva sorriso, aveva sorriso a Minerva e aveva sorriso a tutti nella sala, professori e studenti.
E aveva sorriso anche a se stesso, infine riuscendo a fatica a perdonarsi mentre con sollievo assolveva tutti loro, perdendosi infine nel sorriso di Elyn che, felice, gli stringeva di nascosto la mano dietro il lungo mantello nero.




[1] Vedi le precedenti storie di questa raccolta: “La visita” e “Affetto”.

Edited by Ida59 - 17/7/2015, 19:19
 
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Sfilata di sorrisi di Ida

Una carrellata di volti e di espressioni che vale quasi una storia ciascuno. Si potrebbe scriverla e tu l'hai fatto con pochi tratti indovinati, mescolando passato e presente, senza risparmiare nessuno. A ciascuno un pezzetto di vergogna e un rimorso per tutto quello che non hanno capito.
Parli di altri, ma è lui, Severus, al centro delle emozioni che ogni personaggio trasmette e suggerisce.
Grande la descrizione di Hagrid, non è buffa, al contrario ne fai un personaggio finalmente caratterizzato e indipendente, nel dolore e nell'odio. Snoccioli situazioni e gesti di ciascuno come i grani di un rosario, una colpa dopo l'altra, un'azione cattiva dopo l'altra.
Quanta tristezza nel vedere Severus al centro degli sgarbi e dell'odio ed io lì a consolarmi pensando all'applauso.
Con due parole tratteggi una superba Minerva, madre per sempre e da sempre.
Un capitolo da bere in un sorso per riassaporarlo poi con calma, un inizio da brividi: Severus era lì appoggiato alla parete, davanti a me; bello quanto la conclusione, l'ultima frase, dove sorride finalmente a se stesso, è stupenda. Quella sì che è una cosa difficile da fargli fare, ma tu ci sei riuscita, alla grandissima.
 
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CITAZIONE (chiara53 @ 10/10/2013, 18:46) 
Sfilata di sorrisi di Ida

Una carrellata di volti e di espressioni che vale quasi una storia ciascuno. Si potrebbe scriverla e tu l'hai fatto con pochi tratti indovinati, mescolando passato e presente, senza risparmiare nessuno. A ciascuno un pezzetto di vergogna e un rimorso per tutto quello che non hanno capito.
Parli di altri, ma è lui, Severus, al centro delle emozioni che ogni personaggio trasmette e suggerisce.
Grande la descrizione di Hagrid, non è buffa, al contrario ne fai un personaggio finalmente caratterizzato e indipendente, nel dolore e nell'odio. Snoccioli situazioni e gesti di ciascuno come i grani di un rosario, una colpa dopo l'altra, un'azione cattiva dopo l'altra.
Quanta tristezza nel vedere Severus al centro degli sgarbi e dell'odio ed io lì a consolarmi pensando all'applauso.
Con due parole tratteggi una superba Minerva, madre per sempre e da sempre.
Un capitolo da bere in un sorso per riassaporarlo poi con calma, un inizio da brividi: Severus era lì appoggiato alla parete, davanti a me; bello quanto la conclusione, l'ultima frase, dove sorride finalmente a se stesso, è stupenda. Quella sì che è una cosa difficile da fargli fare, ma tu ci sei riuscita, alla grandissima.

Grazie mille per i complimenti ed il sentito commento, Chiara.
Sì, ho voluto riservare una parola per ogni professore, immaginando come poteva essere stato il loro comportamento con Severus l’anno prima.
“Un pezzetto di vergogna” è davvero bella come espressione e, sì, anche un po’ di rimorso: ne ha così tanti Severus, di rimorsi, che se anche gli altri ne provano un pochino verso di lui la bilancia continua a pendere sempre dalla stessa parte.
Sono felice che tu abbia trovato ben caratterizzati i personaggi dei professori: avevo solo poche parole da dedicare loro e ho cercato di centrare l’obiettivo. Le loro, però, in fondo nonsono da considerare negative: per loro il preside era un Mangiamorte e quello che hanno fatto era anche giusto… peccato che Severus non fosse affatto un Mangiamorte traditore e assassino! Ora che l’hanno scoperto è ovvio che la reazione non si fa tardare.
All’inizio, quando questa storia era un tutt’uno con quella precedente e la successiva, questo pezzo veniva prima dell’applauso, perché avevo seguito l’ordine cronologico degli avvenimenti; però era tutto molto più triste e Severus non poteva ancora avere la consolazione di quel bell’applauso, così poi ho deciso di alterare l’ordine di narrazione degli avvenimenti: mi sono incasinata un po’ con i verbi ed i riferimenti temporali, però così mi piace di più.


Edited by Ida59 - 17/7/2015, 19:20
 
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view post Posted on 11/10/2013, 11:22
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Sfildata di sorrisi di Ida

Ho veramente apprezzato - e non mi stancherò mai di dirlo - l'incipit. Ci sta magnificamente un'aria che possa racchiudere i pensieri di Severus - anche il luogo prescelto, oltre ad avere un significato profondo per la vita del nostro eroe che tu riesci a rendere in maniera incredibile, quella maniera che è drammaturgicamente perfetta (rimango a disposizione come scenografa-regista) al punto dal far vedere e toccare con mano la situazione psicologica e "visiva", è adatto ad un'opera - e questa volta ho in mente il pezzo, che, appena lo trovo, metterò nell'apposita discussione su Severus e l'opera.
Poi la lunga carrellata di sorrisi, una carrellata che potrebbe portare ad un piccolo brano per ogni personaggio (ma qui non ho idee in proposito, solo qualche suggestione che non riesco ad incasellare benissimo). Ogni personaggio si staglia con la sua psicologia, con la sua diversa reazione presente e passata ed è per questo che ho immaginato un accompagnamento musicale diverso per ogni personaggio, per ogni passaggio, perché ogni personalità arriva al lettore con poche precise pennellate. Ogni professore (non ne citerò nessuno, perché ogni "ritratto" - non riesco a trovare un termine migliore - mi è piaciuto al punto da non poter dire quale ho preferito) sfila davanti agli occhi del lettore (questa scena sarebbe veramente bellissimo da mettere su un palcoscenico), con la sua personalità, con il suo modo di reagire alla situazione presente - e con il suo modo di reagire nella situazione passata - in una successione che risulta mai noiosa o banale, proprio perché i sentimenti emergono nella loro verità, con i gesti che accompagnano tali sentimenti, lo sguardo, il lievi movimenti. Veramente un bellissimo momento!
 
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view post Posted on 11/10/2013, 15:38
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Sfilata di sorrisi

Esattamente così come avrei potuto immaginarlo io, eccolo il giorno in cui il corpo docente di Hogwarts, umilmente, fa ammenda dei propri, madornali errori! Poveretti, fanno quasi tenerezza e un po' di compassione, schiacciati dalla consapevolezza di aver isolato, condannato e fatto soffrire un uomo a cui avrebbero dovuto solo e semplicemente erigere un monumento! :lol: Comprensibile il loro comportamento, per carità, perchè anch'io, probabilmente, al posto della Sprite, di Vitious, di Minerva tenuti all'oscuro dell'inimmaginabile patto stipulato tra Silente e Severus, avrei avuto la stessa reazione: ma oggi è ancora il giorno del grande riscatto, della riabilitazione di un uomo immenso capace di portare un peso enorme sulle spalle senza lasciar trapelare nulla fino al sacrificio estremo, e quindi lasciatemelo godere fino in fondo alla faccia anche di una Minerva, splendida e materna quanto si vuole, ma assai poco lungimirante.
Le reazioni cariche di sensi di colpa e quasi imbarazzate degli insegnanti di fronte a una così grande dimostrazione di abnegazione ed eroismo sono perfettamente adeguate alla circostanza e descritte in modo delizioso: ho troppo goduto ^_^ grande Ida!
 
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view post Posted on 12/10/2013, 15:00
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CITAZIONE (Alaide @ 11/10/2013, 12:22) 
Sfildata di sorrisi di Ida

Ho veramente apprezzato - e non mi stancherò mai di dirlo - l'incipit. Ci sta magnificamente un'aria che possa racchiudere i pensieri di Severus - anche il luogo prescelto, oltre ad avere un significato profondo per la vita del nostro eroe che tu riesci a rendere in maniera incredibile, quella maniera che è drammaturgicamente perfetta (rimango a disposizione come scenografa-regista) al punto dal far vedere e toccare con mano la situazione psicologica e "visiva", è adatto ad un'opera - e questa volta ho in mente il pezzo, che, appena lo trovo, metterò nell'apposita discussione su Severus e l'opera.
Poi la lunga carrellata di sorrisi, una carrellata che potrebbe portare ad un piccolo brano per ogni personaggio (ma qui non ho idee in proposito, solo qualche suggestione che non riesco ad incasellare benissimo). Ogni personaggio si staglia con la sua psicologia, con la sua diversa reazione presente e passata ed è per questo che ho immaginato un accompagnamento musicale diverso per ogni personaggio, per ogni passaggio, perché ogni personalità arriva al lettore con poche precise pennellate. Ogni professore (non ne citerò nessuno, perché ogni "ritratto" - non riesco a trovare un termine migliore - mi è piaciuto al punto da non poter dire quale ho preferito) sfila davanti agli occhi del lettore (questa scena sarebbe veramente bellissimo da mettere su un palcoscenico), con la sua personalità, con il suo modo di reagire alla situazione presente - e con il suo modo di reagire nella situazione passata - in una successione che risulta mai noiosa o banale, proprio perché i sentimenti emergono nella loro verità, con i gesti che accompagnano tali sentimenti, lo sguardo, il lievi movimenti. Veramente un bellissimo momento!

Come sempre grazie per i tuoi “musicali” commenti! 
E grazie per aver apprezzato la (faticosa) localizzazione fisica e psicologica di Severus tra la luce e l’ombra.
Sì, in effetti, per me è molto importante che i lettori “vedano” bene la scena dove l’azione si svolge affinché anche loro possano trovarsi là, di fianco a Severus, a vivere da vicino le sue emozioni.
Almeno, lo spero.
Sono felice che tu possa immaginare, per ogni personaggio, un assolo, perché è proprio così che io l’ho drammaturgicamente immaginato, come se la luce si spegnesse sul palco e il faro illuminasse solo quel dato personaggio, come se fosse l’unico, in quell’istante, ad essere presente. Con i suoi pensieri, le sue emozione, i suoi gesti ed atteggiamenti, di oggi in contrapposizione ad ieri.
Grazie!


Edited by Ida59 - 17/7/2015, 19:20
 
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