Il Calderone di Severus

Sfida FF n. 14: Sette giorni per un Sorriso

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view post Posted on 7/8/2013, 18:48
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I ♥ Severus


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Da un dolce sogno d'amore!

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CITAZIONE (chiara53 @ 7/8/2013, 18:30) 
Dimissioni di Ida

Scherzi a parte, la prima parte mi ha fatto sorridere, povero Ippocrate (poi con un nome così...)

La Rowling pesca nei richiami culturali, ma sa essere tremenda con i nomi! E Severus è il primo a saperlo!

CITAZIONE
Ida ci racconta di un primo sorriso alle spalle del Guaritore, è un sorriso motivato dall'abbraccio con Elyn, dalla gioia per la ritrovata libertà, ma, secondo me, qualcosa del vecchio Piton ci deve ancora essere e io ci ho visto anche un sorriso di trionfo con una punta di sarcasmo, Severus ha vinto e peggio per Ippocrate, ben gli sta!

Qualcosa? Ooh, in quel sorriso c'è proprio TUTTO il vecchio Piton, con il suo sarcasmo e la voglia di rivincita... e questa è la sua prima, limpida e meravilgiosa vittoria!

CITAZIONE
Un capitolo collocato temporalmente in modo perfetto, agosto, caldo, vacanze e Severus , cosa si può desiderare di più?
Grazie Ida!

Prego, non c'è di chè. Al resto rispondo più avanti, andando con ordine con tutti gli altri commenti.


Edited by Ida59 - 15/7/2015, 15:13
 
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view post Posted on 8/8/2013, 13:38
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Autore/data: Alaide – 17 - 19 giugno 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One-shot
Rating: per tutti
Genere: Drammatico, Introspettivo
Personaggi: Severus Piton, Personaggio originale
Pairing: nessuno
Epoca: Post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: C’era preoccupazione nelle parole della giovani, nel suo sorriso tesi, nei suoi occhi.
La stessa preoccupazione che albergava in lui.
Nota: La storia è il continuo di Corrispondenza estiva
Parole: 1047

Sinfonie.
7. Sinfonia in do minore op 2, n°2.
Terzo movimento. Preoccupazione


24 agosto 2000
Caro signor Piton,
sono così felice di aver ricevuto la sua lettera. Ieri notte l’ho riletta più volte e gli incubi sono andati via.
Sempre. Ogni volta.
Sono così felice che lei sta bene in Francia.
Con affetto,
Judith

Aveva ricevuto quella lettera un mese prima, eppure quel giorno l’aveva riletta, per quanto non ne comprendesse il motivo. O non volesse ammetterlo con se stesso.
C’era un affetto enorme in Judith, un affetto che Severus non riusciva più ad ignorare, per quanto si sforzasse, per quanto sapesse che non c’era posto per la speranza, né per l’affetto nella sua vita, perché Judith sarebbe giunta ad odiarlo, quando avrebbe compreso quello che aveva fatto.
«C’è una visita.» disse, con una decisa nota di disapprovazione, la guardia carceraria, conducendolo nella stanza dove avrebbe provato la signorina Fairchild.
La giovane aveva continuato ad andare in quel luogo di dolore e colpa, quel luogo dove egli doveva scontare una pena giusta, dove lo raggiungevano lettere colme dei sorrisi affettuosi di Judith.
Quei sorrisi che alle volte spandevano un lieve lucore colmo di speranza, a cui non voleva e non doveva aggrapparsi.
Quando giunse nella stanza, la signorina Fairchild era già seduta ed appariva decisamente preoccupata, al punto che non lo accolse con il consueto sorriso.
«Signor Piton,» esordì Melusine, fissando l’uomo con occhi che parevano essere ancora più colmi di preoccupazione del volto. «Judith le ha parlato della scuola?»
«Ha solo scritto di una nuova maestra.» rispose l’uomo, chiedendosi se fosse accaduto qualcosa che coinvolgeva gli altri bambini dell’orfanotrofio.
«È arrivato un nuovo direttore, durante l’estate.» spiegò la giovane con un sorriso nervoso ed uno sguardo che lasciava intendere benissimo che quel direttore non le piaceva affatto. «Non abbiamo più una maestra che viene all’orfanotrofio. Alcuni mecenati non apprezzavano la cosa e il direttore ha seguito il loro pensiero per non perdere fondi importanti. Quello che mi preoccupa è Judith.» Melusine fece una pausa, durante la quale si sistemò nervosamente una ciocca di capelli che era sfuggita dalla treccia. «È terrorizzata ed ho paura che gli altri bambini possano farle involontariamente del male.»
Severus poteva quasi vedere la bambina in una classe colma di bambini senza volto, sedere sola, rigida e tesa, con il viso colmo di terrore, le lacrime ed il sorriso disperato che le aveva visto sul volto la notte in cui erano morti i suoi genitori. E quel pensiero lo colpì come una stilettata colma di preoccupazione.
«Forse il direttore dell’orfanotrofio può fare un’eccezione.» commentò l’uomo, per quanto non credesse realistica quell’ipotesi.
«Ho già provato, ma ha rifiutato. Sostiene che è meglio se Judith si abitua a stare con bambini che non sono orfani come lei, ma la bambina ha già problemi a relazionarsi con gli altri orfani. Non parla con loro, né si unisce ai loro giochi. Non parla nemmeno con i miei colleghi. Mormorava qualcosa alla maestra. La prima persona con cui ha parlato liberamente, senza rispondere ad una domanda che non poteva evitare, è stato lei, signor Piton. Di quest’ultimo particolare non ho ovviamente detto nulla, ma il direttore non ha ascoltato nemmeno le mie parole, quando gli ho spiegato che per la bambina sarebbe stato traumatico ritrovarsi improvvisamente in mezzo a bambini sconosciuti.
«C’è unicamente un momento in cui Judith riesce a stare tranquilla in mezzo agli altri.» aggiunse la giovane con voce più calma, rispetto a pochi istanti prima. «Ed è quando i bambini cantano in coro, ma non gioca mai con loro perché ha paura di non essere accanto alla porta per vedere…» Melusine si interruppe, umettandosi leggermente le labbra. «Pensa che così potrà nascondersi, se dovessero…»
«Ha paura che entri un assassino.» la interruppe Severus.
Un sentimento che la bambina provava unicamente a causa sua perché non era riuscito a salvare i suoi genitori, né aveva trovato il modo per far sì che la bambina non sentisse le loro grida.
E la colpa lo sommerse nuovamente, come un’onda durante un uragano che sbatacchiava senza pietà un piccolo naviglio.
«Judith ha bisogno di lei, signor Piton. Delle sue lettere, ora più che mai.» affermò Melusine, un sorriso tirato sulle labbra. «Sono certa che presto si confiderà con lei perché di lei ha fiducia totale, perché sa che non le farà mai del male.»
«Signorina Fairchild sa perfettamente anche lei che questa è un’illusione che si infrangerà.» mormorò l’uomo, mettendo a tacere il dolore che gli lacerava la gola.
«So, piuttosto, che Judith fa bene a fidarsi di lei, signor Piton.» disse la giovane con convinzione, sorridendogli appena, preoccupata per Judith che stava soffrendo e per lui che non voleva ammettere la verità. «Forse le sto chiedendo troppo, ma credo che sarebbe utile per Judith se lei potesse chiederle della scuola, fin dalla sua prossima lettera. Alle volte temo che il terrore di Judith derivi da qualche compagno di classe. So che si confiderà con lei, ne sono certa, ma forse una sua domanda potrebbe aiutarla a farlo prima.»
C’era preoccupazione nelle parole della giovane, nel suo sorriso tesi, nei suoi occhi.
La stessa preoccupazione che albergava in lui.
I bambini potevano essere crudeli, lo sapeva perfettamente, anche quando si proveniva tutti dalla parte più disagiata della stessa cittadina. E la loro crudeltà aumentava quando crescevano. Forse Judith avrebbe trovato un amico, come lui aveva trovato Lily. Forse non avrebbe trovato nessuno. Forse non sarebbe accaduto nulla.
Eppure non riusciva a stare tranquillo.
Vedeva davanti ai suoi occhi il sorriso affettuoso di Judith. L’innocenza della bambina, quell’innocenza che andava preservata, ed egli poteva, forse, per una volta, aiutarla a tenere a bada le sue paure, mentre si trovava a scuola, perché presto o tardi qualcuno l’avrebbe beffeggiata per il suo terrore.
Vedeva davanti a sé il sorriso riconoscente di Judith.
La rivide bagnata fradicia, come l’ultima volta che l’aveva vista e, per un attimo, gli sembrò di sentirla sulle ginocchia, mentre abbracciava lui che non meritava alcun abbraccio.
E per quanto fosse lontano da lei – per quanto tra il carcere e l’orfanotrofio non vi fossero che poco meno di un miglio – avrebbe fatto quanto era in suo potere per proteggerla, per evitare che soffrisse ancora, perché troppo aveva sofferto.
A causa sua.
«Lo farò.»
La signorina Fairchild gli sorrise riconoscente e in quel sorriso vide anche il sorriso di Judith.
 
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view post Posted on 8/8/2013, 16:59
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Preoccupazione di Leonora

Ecco, sei riuscita a commuovermi, tanto che alla fine avevo gli occhi lucidi.
La speranza e la paterna preoccupazione di Severus mi emozionano più dei suoi rimorsi e del dolore.
L'apertura iniziale con lui che rilegge la lettera è bellissima, perfette le emozioni, autentici i pensieri.
Ora la paura è tutta per la bambina, Severus ripensa a quanto possono essere cattivi i coetanei con chi è diverso o si comporta in modo un po' speciale e lui ne sa qualcosa.
Per tutto il brano ho provato una grande pena per tutti gli attori di questa storia, ma più di tutti per Severus che non può agire, non può proteggere e questo è il colmo del dolore e della pena per lui.
La chiusa con quello splendido "lo farò" mi ha ricordato il profondo senso del dovere che anima Piton e che lo porta ad agire anche contro il suo bene in favore degli altri. In questo caso gli altri sono Judith, la sua Judith.
Cara Leonora, un capitolo bellissimo, non cadrà la neve ad Agosto, ma un po' più fresco deve pur farlo! ;)
 
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view post Posted on 8/8/2013, 17:37
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CITAZIONE (chiara53 @ 8/8/2013, 17:59) 
Preoccupazione di Leonora

Ecco, sei riuscita a commuovermi, tanto che alla fine avevo gli occhi lucidi.
La speranza e la paterna preoccupazione di Severus mi emozionano più dei suoi rimorsi e del dolore.

Pian piano il centro di spostrà dai rimorsi alla " partenità" di Severus, ovviamente per quel che riguarda il nostro.

CITAZIONE
L'apertura iniziale con lui che rilegge la lettera è bellissima, perfette le emozioni, autentici i pensieri.
Ora la paura è tutta per la bambina, Severus ripensa a quanto possono essere cattivi i coetanei con chi è diverso o si comporta in modo un po' speciale e lui ne sa qualcosa.
Per tutto il brano ho provato una grande pena per tutti gli attori di questa storia, ma più di tutti per Severus che non può agire, non può proteggere e questo è il colmo del dolore e della pena per lui.

Felice che l'incipit ti sia piaciuto! Come perfetta è la tua disamina di severus e di quel che prova in questo momento.

CITAZIONE
La chiusa con quello splendido "lo farò" mi ha ricordato il profondo senso del dovere che anima Piton e che lo porta ad agire anche contro il suo bene in favore degli altri. In questo caso gli altri sono Judith, la sua Judith.
Cara Leonora, un capitolo bellissimo, non cadrà la neve ad Agosto, ma un po' più fresco deve pur farlo! ;)

Spero verament che un po' più fresco possa farlo! Qi si è messo a tirare un po' di vento.
Grazie mille, Chiara! :wub:
 
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view post Posted on 9/8/2013, 09:27

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Sorriso di ellyson n. 19.

Titolo: Nuove paure
Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: One Shot
Rating: Per tutti
Genere: Romantico
Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton
Pairing: Hermione / Severus
Epoca: Post 7 libro – epilogo altenativo
Avvertimenti: AU
Riassunto:
Perché la vita ti riserva sempre delle sorprese.
Parole: 1323

Nuove paure

La Sala Grande era gremita di studenti per l'ultima colazione prima delle vacanze natalizie.
Il Preside sedeva al centro del tavolo dei professori come di consueto. Beveva caffè nero amaro e nel piatto aveva un paio di piccole salsicce toccate appena.
La sedia alla sua destra era vuota.
Vide Minerva entrare nella Sala Grande e passare accanto al tavolo della sua Casa salutando qualche studente in partenza.
La sala era stata già addobbata con gli alberi grandi quasi come Hagrid e ghirlande di agrifoglio; nel pomeriggio Vitius e Pomona avrebbero completato gli addobbi con le fatine e le luci incantate.
Il Natale non era mai stato una delle sue feste preferite. Troppa finta bontà che aleggiava in aria, troppe canzoni zuccherate e troppo cibo.
No, decisamente non era la sua festa preferita.
Ma, da qualche anno, aveva imparato ad apprezzarla nonostante i colori sgargianti, il troppo cibo e le canzoni idiote.
Aveva iniziato ad apprezzare molte più cose da quando era sopravvissuto al morso di Nagini.
Amava la vita, la sua vita.
Lui. Il mago che aveva fatto del sacrificio e della constante rinuncia il suo mantra di sopravvivenza. Lui che era sempre sopravvissuto nell'ombra di una vita gestita da altri. Lui che aveva le mani macchiate di sangue e una cicatrice sull'avambraccio sinistro dove un tempo c'era un teschio che sputava un serpente.
Ora era tutto diverso, aveva in mano le redini della sua esistenza. Non aveva più promesse o giuramenti a cui tenere fede. Viveva alla luce del sole.
Certo molte cose non erano cambiate, apprezzava il suo laboratorio nei sotterranei piuttosto della stanza al terzo piano dove era stato costretto a trasferirsi. Toglieva a punti alle case e tifava per Serpeverde durante le partite di Quidditch. Amava i libri della Sezione Proibita e bere due bicchieri di troppo la notte dell'anniversario della morte di Silente.
A volte si chiudeva in se stesso.
Ma, nonostante tutto, si sentiva un Severus diverso. Era un Severus diverso.
Aveva una vita piena. Felice.
Era innamorato.
E la sua donna era la strega più cocciuta, ma brillante, della terra. E l'ultima persona con la quale si sarebbe visto sposato un giorno.
Tagliò una delle due salsicce e cercò di ingoiarne un pezzetto. Non aveva molta fame a dire il vero. Era preoccupato, da qualche giorno.
Minerva prese posto alla sua sinistra.
- Hermione sta ancora male? - domandò lanciando un'occhiata alla sedia vuota.
Il mago annuì silenziosamente masticando svogliatamente un boccone.
La Vicepreside sospirò e si versò una generosa dose di succo di zucca.
- Non doveva fare da baby sitter quando sia James che Albus avevano l'influenza.
Severus fece una smorfia disgustata al ricordo di quei due mocciosi Potter febbricitanti e gocciolanti da naso e bocca che piagnucolavano nella loro stanza alla ricerca di attenzioni e cure.
Maledì di nuovo Ginevra Potter e la facilità con cui restava incinta anche solo fissandola più del necessario e maledì anche Molly per aver deciso di prendersi una vacanza proprio in quei giorni lasciando il compito di accudire quei due piccoli untori in erba ad Hermione.
Ma ricordava con un sorriso innamorato Hermione che li cullava cantando una dolce ninna nanna. Così dolce e protettiva.
Mangiò in silenzio sperando di vedere sua moglie entrare dalla porta. Le aveva fatto recapitare un vassoio di cibo nella loro stanza e sperò che avesse mangiato qualcosa.
Si costrinse a mangiare almeno un'intera salsiccia, finì il suo caffè e si alzò.
Augurò una buona giornata ai suoi colleghi e uscì dalla Sala Grande.
Voleva controllare che Hermione stesse bene prima di iniziare una frenetica giornata lavorativa. Nonostante le vacanze, il lavoro del Preside non finiva mai.
Prima di salire al terzo piano scese nei sotterranei ed entrò nel suo laboratorio privato.
Si era alzato molto presto quella mattina, Hermione stava ancora dormendo e, per fortuna, sembrava avesse ripreso un po’ di colore in volto.
Entrò nello studio dove, prima di recarsi in Sala Grande, aveva messo a bollire una semplice pozione. La girò un paio di volte con il mestolo in legno e ne constatò la consistenza. Quando fu soddisfatto del risultato ne versò una generosa quantità in un calice e coprì il resto con un coperchio. Gli sarebbe servita ancora.
Non usò le scale per arrivare alla loro camera, afferrò un pugnetto di metropolvere e la lanciò nel camino acceso.
Quando riapparve nella camera da letto subito capì tre cose: Hermione si era alzata, ed era un buon segno; aveva mangiato qualcosa dal vassoio che aveva fatto recapitare, altro buon segno, ma ora stava vomitando in bagno.
Sospirando e mormorando qualcosa che assomigliava ad un piccolo moccioso appoggiò la pozione sul tavolo accanto al vassoio di cibo e si sedette sulla sedia ancora tiepida. Hermione non voleva che entrasse quando stava male, odiava farsi vedere ammalata, la capiva e rispettava. In fondo anche lui era così.
Aspettò per svariati minuti sentendola rimettere tutto quello che aveva mangiato e poi lavarsi.
Quando la vide uscire dal bagno era pallida e tremava leggermente, indossava solo l’intimo. Sussultò quando lo vide seduto.
- Non ti ho sentito entrare. – disse debolmente andando verso l’armadio – Perché sei uscito presto questa mattina?
- Ti ho preparato una pozione.
- Non mi serve. – ribatté prontamente lei aprendo le ante per scegliere i vestiti – Non ho più la febbre e stamattina mi sento meglio. Sono state quelle stupide uova…
Severus sorrise alle sue spalle mentre la fissava chinarsi per prendere un paio di scarpe. Era bella sua moglie con addosso solo quell’intimo delicato.
Era sempre bella, anche quando tornava dal lavoro la sera distrutta e con i capelli più cespugliosi del solito e le occhiaie. Era bella quando dormiva infagottata in un pigiama di lana di due taglie più grande. Era bella quando voleva stuzzicarlo per fare l’amore.
Era bella e basta.
E lo sarebbe stata sempre, anche con le rughe e i capelli bianchi.
- Hermione…
- E’ solo un po’ di influenza, Severus. – continuò lei imperterrita cercando di tranquillizzarlo, indossando un completo babbano blu scuro – Deve fare il suo corso. Non ho bisogno di nessuna pozione. Ti posso garantire che tra qualche giorno non avrò più nulla.
- E’ per le nausee mattutine.
Allargò il sorriso quando la vide bloccarsi, vestita solo a metà. Lei sgranò gli occhi e sollevò lo sguardo.
- Da quanto lo sai?
- Probabilmente da quando lo sai tu. – le rispose alzandosi.
- Mi dispiace. – fece Hermione – Io… io… non sapevo come dirtelo. Non è stato programmato.
La accarezzò il volto e la costrinse a guardarlo negli occhi.
- Neppure tu eri in programma, eppure sei la cosa migliore che mi sia mai capitata.
Hermione sorrise e gli allacciò le braccia al collo. Aveva ancora la camicetta aperta e lui non si lasciò sfuggire l'occasione accarezzandole le pelle morbida.
- Chi sei tu? E dov'é mio marito? Non è da te essere così romantico.
- Sarà colpa del Natale.
La strega si allungò per sfiorargli le labbra con un delicato bacio.
- Ho paura, Severus. – sussurrò sulla sua bocca.
Severus chiuse gli occhi la strinse a sè, avvolto nel suo profumo dolce, stringendo quel corpo che nei prossimi mesi sarebbe cambiato per accogliere suo figlio.
Suo figlio.
- Anch'io.- le sussurrò nell'orecchio. Ed era vero. Non aveva figure paterne di riferimento. Non sapeva cosa faceva un padre normale.
E lui non sarebbe mai stato un padre come gli altri. Aveva una storia alle spalle, un passato difficile da gestire, una serie di scelte da spiegare.
Ma, al momento, non era lui quello da rassicurare, era Hermione. La sua piccola, saccente, irritante Hermione che stava tremando tra le sue braccia. Doveva essere la sua roccia, come lo era stata lei all’inizio della loro relazione quando gli incubi erano così intensi e spaventosi da svegliarlo nel cuore della notte in preda al terrore, a volte anche urlando.
- Andrà tutto bene, Hermione. – le sussurrò con amore baciandole i capelli.
- Lo so, Severus.
 
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view post Posted on 10/8/2013, 11:17
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Nuove paure di Elly

Grande Elly, aspettavo la tua storia e come sempre non deludi!
Il tuo preside Piton che gioca con il cibo è leggendario e mi fa tenerezza. Lui, così rigido e austero, ma con i pensieri scocciati di qualsiasi mortale. Forse è questo che mi piace nelle tue storie quel tocco di normalità che non toglie niente al romanticismo e all'amore, amore che scorre potente nella vita di questa coppia.
Lei che cerca di fare la dura, ma si arrende all'uomo che ama e consegna a lui senza riserve le ansie nascoste a chiunque altro. Severus fa la stessa cosa con lei: per questo sono credibili come coppia vivono l'uno nell'altro pur mantenendo integre le peculiarità di ciascuno.
E in fondo è questa la quadratura del cerchio per un'unione di lunga durata.
Bella storia, tenera come l'annuncio di Hermione e la pozione di Severus.
Un abbraccio.
 
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kijoka
view post Posted on 11/8/2013, 22:12




Risposta ai commenti di Chiara53 alla mia "Per il bene superiore"

Grazie Chiara dei tuoi, ennesimi, splendidi commenti.
D'ora in poi cercherò di essere puntuale almeno nelle risposte ai commenti che mi vengono inseriti.[/color]

CITAZIONE
...stai compiendo un esame puntuale e introspettivo delle ragioni e dei sentimenti dei vari personaggi...

Mi piacerebbe riuscire a dare voce a un pochino tutti i personaggi, in questo mia storia.
Non credo riuscirò a farcela per due motivi:
1) Trovo estremamente difficile immedesimarmi in qualcuno che non sia Severus e ho sempre timore di uscire dal seminato quando scrivo cercando di esplorare i pensieri di qualcun altro, soprattutto se non ne ho approfondito molto la psicologia.
2) Ho sempre più la tendenza a scrivere di lui, tralasciando tutto il resto anche perché, tra una cosa e l'altra, è quasi un anno che non scrivo più solo di lui.
Non so se mi sono spiegata, ma spero di sì! :)

CITAZIONE
...Silente si guarda dentro, e, per una volta si confronta anche con i suoi di fantasmi...

Esattamente. Era proprio questo che volevo facesse, senza però che si lasciasse trasportare troppo dai suoi sentimenti, ma che ritrovasse subito il suo motivo vero, quello base, il fondamentale.

CITAZIONE
...Attraverso i pensieri di Silente ho visto lo strazio dell'anima di un giovane Severus...

Non potevo tralasciare questo momento della vita di Severus (la morte di Lily e la "scomparsa" di Voldemort), ma farlo scrivendone in prima persona mi sarebbe stato impossibile. Senza contare che dovevo tirare fuori un sorriso dalla vicenda... Praticamente impossibile!
Ho pensato che farlo con i pensieri di Silente sarebbe stato più accettabile anche dal punto di vista del lettore, anche se sicuramente meno coinvolgente.

Pochi sorrisi, è vero. Ma d'altra parte la strada che mi sono scelta mi dà poche soluzioni alternative.
Vedrò di rifarmi più avanti... mi impegno, spero che ci riuscirò!

Grazie ancora!
Ki

Edited by Ida59 - 15/7/2015, 15:14
 
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kijoka
view post Posted on 11/8/2013, 22:35




Nr. 30

Autore/data: Kijoka – 11 agosto 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One shot
Rating: per tutti
Genere: introspettivo
Personaggi: Personaggio originale, Severus Piton
Pairing: nessuno
Epoca: Post HP7
Avvertimenti: AU
Riassunto: Non riesco a trattenere il sorriso, perché so che anche per lui è arrivato il momento di guardare avanti, di passare oltre, di dimenticare.
Parole/pagine: 2.161/4.




Aspettando la notte

("I'm waiting for the night to fall
When everything is bearable
And there in the still
All that you feel
Is tranquillity"
da
Waiting for the night
Depeche mode - Violator - 1990)

Ci sono stati giorni in cui ho faticato a crederci io stessa, altri in cui ero talmente sicura che avrei potuto continuare all'infinito.
Ci sono stati giorni in cui ho disperato, altri in cui ho solo avuto fiducia.
Ora sono i giorni del credo totale e della speranza.
Spesso sola in questa stanza ripercorro la strada che mi ha condotto qui, per valutare, per capire a che punto mi trovo.
Spesso ragiono su quanto ho imparato e quanto ho dato, senza rimorso alcuno.
Sempre il ragionamento mi riporta alla certezza.
Stasera sembra tutto quieto e faccio correre lo sguardo sul dolce panorama che osservo fuori dalla finestra spalancata per il caldo estivo.
Sorrido piano.
Il paesaggio di verdi e morbide colline che si rincorrono fino all'orizzonte mi ispira ad ogni sguardo tranquillità ed armonia.
Quanto è ancora più dolce sperare che tra non molto tempo lui stesso potrà ammirare questo spicchio di mondo!
Eppure oggi si agita in me un intermittente nervosismo.
Ne conosco il motivo: sento dentro che lui ha bisogno di me, ma loro sono là.
Non posso entrare in quella stanza fino a che non mi convocheranno.
Pena l'esclusione senza appello.
Per il momento resto in attesa, seduta all'estremità della poltrona, unico strappo alla regola concessami in questa rigorosissima stanza ospedaliera.
Pronta.
Ho passato ore angoscianti qui dentro, riflettendo sul passato, su ciò che ho visto e imparato, facendo congetture sulle possibili ragioni, sulle eventualità.
Nei miei pensieri ho rivissuto più volte ciò che mi ha sempre fatto paura e ho fronteggiato tensioni non mie.
Ne sono sempre uscita vincitrice.
Devo coltivare la mia forza perché possa continuare ad aiutarlo a ritrovare la sua.
Io ormai credo.
Soprattutto so.
So che Severus Piton non è mai stato un Mangiamorte.
Nonostante tutto ciò che ha fatto, visto e pensato, è riuscito a mantenere integra la sua anima più profonda.
Io amo pensarla perfino innocente, perché l'ho vista.
L'ho scoperta, l'ho guardata e ho pianto con essa.
Tutti i ricordi, frammenti o totalità, che abbiamo condiviso hanno spianato la strada verso la verità.
Insieme ci siamo insudiciati nell'abisso nero e insieme ne siamo usciti.
E' giunto il momento di superare anche questa fase.
Ho visto, ho sentito, specialmente con il cuore, tutte le traversie che ha dovuto sperimentare.
Non l'ho abbandonato, neanche quando ho scoperto i suoi errori. Anche in quei momenti ero là con lui e gli tenevo la mano.
L'incantesimo mi permette di stargli vicino, accanto, dentro di lui, anche quando sono lontana.
Lui che anche mentre soffriva senza avere voce per raccontarmelo, anche allora non ha mai smesso di cercare la verità.
Quel primo attimo di esitazione e tutti gli altri che l'hanno seguito mi hanno fatto comprendere ogni cosa.
Il bloccarsi a riflettere davanti alla vita mi ha fatto scoprire il rispetto che Severus Piton ne ha sempre avuto, nonostante tutto.
Non so esattamente cosa l'abbia indotto a quella lontana scelta: resterà forse un suo segreto e, in verità, è suo pieno diritto che lo sia.
Eppure sono quasi sicura di conoscere cosa l'ha portato a riconsiderare le decisioni prese.
Per poter ritrovare se stesso doveva passare in rassegna la fase più difficile della sua vita.
Ho voluto essere vicino a lui per supportarlo nel dolore di rivedere i propri errori, ma solo per poterne trarre la giusta prospettiva.
Doveva farlo, era l'unica strada da percorrere.
Per comprendere quanto abbia già compiuto e scelto, quanto si sia già punito per crudeli, quanto lontani, errori.
Solo così potrà ricominciare a vedere il futuro davanti a sé.
Il mio compito non è ancora terminato, anche se non conosco il momento esatto in cui lo sarà.
Forse solo quanto il suo corpo riuscirà a reagire da solo al veleno e non ci sarà più bisogno di me.
Temo quel momento eppure lo attendo con ansia.
Allora cosa succederà di me, di noi?
La realtà è che fino ad allora continueremo a condividere tutto.
Da subito ho intuito il mio dovere, ma non ero preparata. Non sapevo a cosa mi avrebbe portato il mio desiderio di salvare una vita.
Ora sono solo felice di averlo fatto e di essere qui, anche se non è stato affatto facile.
Fino a che ne avrà bisogno io resterò e farò del mio meglio per volgere ogni rimorso e dolore in speranza e gioia, fino a che me lo lascerà fare, finché ne sarò in grado.
- Vance!
Il cuore ha un sobbalzo e abbandono repentinamente il filo dei pensieri.
Mi volto di scatto, strappando lo sguardo dalla visione serena delle colline immerse nel brillante splendore degli ultimi raggi dorati.
In un attimo mi scordo della dolce brezza profumata che mi ha portato con la memoria a poche settimane fa, quando ho dovuto fare i conti con me stessa.
Sulla porta uno dei medici mi fissa, come sempre, con freddezza:
- Vieni. Ha bisogno di te.
La voce è imperiosa, anche se senza fiducia alcuna.
Mi alzo e lo seguo nella stanza in fondo al corridoio.
Loro non capiscono e mi rifiutano.
Io sola posso arrivare là, dove loro non sanno raggiungermi. Questo fa di me una nemica: nessuno potrà prendersi il merito di aver salvato Severus Piton.
Io non lo voglio, quel merito. In fondo nemmeno mi appartiene.
Io voglio lui e lui solo.
Una volta che tutto si compirà non inseguirò certo gli allori. Anche dovessero arrivare, lascerò volentieri la fama e l'onore a qualcun'altro.
Il mio unico premio sarà la sua guarigione, la sua salvezza.
Raggiungo velocemente la stanza in fondo al lungo corridoio.
Entro e subito noto che il corpo, steso nel letto accanto alla finestra, si sta muovendo convulsamente.
Erano giorni che non succedeva.
Mi avvicino, dopo aver chiuso la porta alle mie spalle.
Affianco il letto e mi accorgo che la ferita ha ricominciato a sanguinare, copiosamente.
Non mi serve pensare, non ho bisogno di altro. Pronuncio le parole a memoria, a mezza voce.
Contemporaneamente avvicino le mani alle bende e chiudo gli occhi per concentrare la mia magia, fondendola con quella incredibilmente più forte che proviene da lui.
L'emorragia si arresta e il corpo si rilassa. Come ogni volta le labbra aperte in un muto grido, si chiudono lentamente con un lieve sospiro.
Cerco di mantenere la concentrazione per qualche minuto ancora, per essere sicura che tutto rientri nella normalità.
Ci vuole ancora qualche istante e, quando sento le dita diventare di ghiaccio, riapro gli occhi e interrompo il flusso di magia.
L'incantesimo ha sortito il suo effetto: il sangue si è fermato e non ricorderà il dolore.
Ogni volta che tentano di far progredire la situazione più velocemente gli causano solo un'ulteriore ricaduta. Da quando hanno tagliato fuori l’anziano, disponibile e tollerante Milton, tutto è diventato una corsa per un premio ambito.
La rabbia si impossessa di me, all'improvviso.
Esco velocemente dalla stanza e fronteggio il gruppo di Medimaghi fermi di fronte ai battenti chiusi.
- Non m’interessa cosa pensiate di sapere: il suo corpo sta espellendo il veleno, ma ci vuole tempo! Da questo momento non uscirò più da qui. Solo con la forza potrete farmi allontanare da lui, ora basta! Ora si fa solo come dico io! E non m’interessa la fretta del Ministero o di chi per esso! E non m’interessa che voi possiate pensare che io sia all'altezza del compito o no!
Rientro nella stanza e chiudo a chiave la porta.
Ecco, l'ho fatto.
Torno di fianco al letto.
Il viso è ora sereno.
Avvicino la sedia poco lontana e mi appoggio appena. E' scomoda, essendo molto più bassa del letto, ma ho bisogno di appoggiarmi a qualcosa.
Con mani tremanti incomincio a cambiare la medicazione.
La temperatura del corpo si sta abbassando, la pelle torna fresca e i tratti del viso si distendono, lentamente.
Resto seduta a guardarlo, mentre cala la sera.
Sfioro con le dita la sua mano e poi, senza pensarci, la prendo tra le mie.
Non mi rendo subito conto di dar voce ai miei pensieri, anche se sommessamente:
- E' tutto finito. Stai tranquillo, ora è tutto a posto. Non succederà più. Te lo prometto, sono qui e il dolore non tornerà...
Mi ritrovo a stringere la mano tra le mie, carezzando lievemente l'avambraccio abbandonato sul letto.
I grilli cantano qui fuori e la fresca brezza notturna arriva fino a noi.
Il volto ha ripreso un poco di colore e le palpebre vibrano appena, ma restano chiuse.
So che gli piace la notte.
La notte che ha suoni tenui e profumi soffusi, la notte fresca e quieta che avvolge ogni cosa di un manto di mistero, la notte che nasconde e protegge.
So che non mi può sentire, ma non riesco a smettere di parlargli:
- Il tratto più aspro del camino è ormai alle tue spalle. Attingi alla tua forza: il veleno sta abbandonando il tuo corpo, presto ti sentirai meglio.
So che sto cercando di farmi perdonare per averlo portato, contro la sua volontà forse, a ripercorrere un feroce passato.
Non riesco a trattenere il sorriso, perché so che anche per lui è arrivato il momento di guardare avanti, di passare oltre, di dimenticare.
I miei occhi continuano a fissare il viso pallido.
Ecco qui, davanti a me, la persona che dovrebbe sommare in sé tutte le nefandezze del mondo.
Solo ed esanime, in un letto sconosciuto.
- Starò qui. Sì, ti resterò vicino.
Senza pensare mi ritrovo a stringere più forte la mano tiepida tra le mie.
- Resterò qui, ti aiuterò e farò qualsiasi cosa possa essere in mio potere per farti riprendere la tua vita. Anche se tu non vuoi, anche se non è questo che volevi per te...
Lui ha ogni diritto di vivere.
I pensieri corrono veloci nella mente, senza ostacolo alcuno.
Lui che ha dato la sua vita per proteggere suo figlio.
Che differenza c’è tra il morire e l’arrivare quasi a morire?
In entrambi i casi non si è espiata comunque la propria colpa davanti al mondo?
La rabbia mi fa fremere.
Si muore e si rinasce di nuovo, come la Fenice, lasciandosi alle spalle la vecchia vita e ricominciando con la nuova, con la volontà di imparare dal passato senza lasciarsi fagocitare da esso.
Severus è in grado di farlo perché tutto ciò che ha fatto di sbagliato lo ha già pagato mille volte, perché era morto ancor prima di smettere di respirare.
Adesso è ora, adesso può lasciare che la sua vita corra libera in lui.
Lo deve fare e lo farà: lo deve a se stesso.
Da qualche tempo ho una strana sensazione ogni volta che incappo in antichi ricordi legati a lei.
Percepisco una particolare sensazione di tempo lontano e fresca nostalgia.
Sembra un’inconsapevole nuova consapevolezza, forse la presa di coscienza che quel sentimento antico era qualcosa di troppo cristallizzato e immobile per essere totalmente reale.
Negli ultimi giorni è come se una parte lui fosse più lontana.
Forse qualcosa è cambiato...
I suoi pensieri sono più leggeri e il ricordo della donna che ha amato per così tanti anni è diventato più dolce, velato di rimpianto e malinconia.
Questo significa che è comunque cosciente e che magari mi sente, si accorge della mia presenza?
Cosa gli sto dimostrando?
Le mie preoccupazioni sono senza fondamento.
So ciò che ho fatto e ne vado fiera!
So di attendere solo che il suo cuore possa tornare ad essere libero. Deve succedere.
Il passato è passato, inevitabilmente. Come il giorno lascia il posto alla notte.
Questa nuova notte, così chiara e così pulita, potrebbe portare anche a me una nuova possibilità.
Anche con questa speranza resto qui, al suo fianco. Attendo che la notte di Severus trascorra serena, lontana dagli affanni della sua vecchia vita, presto seguita dal suo nuovo giorno.
Quello nel quale lui si sveglierà e si renderà conto che ha perdonato, che ha trovato la vera chiave di lettura, che ha capito quale sia davvero il suo posto nel mondo e il reale significato di un amore mai vissuto.
Forse allora mi cercherà, con il desiderio di esplorare una nuova vita.
Quella che desidero donargli. Forse più tranquilla e noiosa, ma certamente più serena.
Gli occhi bruciano e il corpo reagisce lentamente.
Sono stanca, in fondo è la seconda notte che passo qui, più o meno accanto a lui, quasi senza dormire.
Questa volta è stato più faticoso: è ricaduto nell’incoscenza quasi subito e da troppe notti non dormo.
La testa mi scoppia...
Cerco riposo nell'incavo del mio braccio, poggiato sul letto, sempre tenendo la sua mano nella mia.
Chiudo gli occhi solo per un momento, mentre il sole è scomparso da parecchio tempo dietro le colline. Vedo ora, dalla finestra, il lucore brillante delle stelle nel vellutato manto nero del cielo scuro.
La notte è calata mentre seguivo i miei pensieri. Voglio vegliare ancora per far sì che la tranquillità possa essere la sua unica compagna.
Nel silenzio solo il frinire dei grilli accompagnerà il suo riposo.
E che la Luna resti a guardare...

Edited by Ida59 - 15/7/2015, 15:14
 
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view post Posted on 12/8/2013, 11:16
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Aspettando la notte di Kijoka

Difficile, è molto difficile trovare le parole per commentare emozioni forti come quelle che provo. Ho riletto più volte questo brano e non potrei immaginare di togliere una parola o un pensiero: è perfetto. La perfezione nasce anche dalla logica consequenzialità: ogni riflessione porta verso la successiva.
Tutte sono scritte con l'anima e il cuore e le parole diventano quasi un peso accessorio.
Vola il pensiero, vola lo sguardo e il lettore si ritrova tra le colline, nel momento in cui la notte scende e l'anima respira calma e serenità.
Non sono brava a recensire, Monica, ma so che le tue pagine restano dentro, non si dimenticano e tutto l'insieme diventa lacrime, ogni volta che rileggo. Questa è la grande abilità che hai di trasmettere il tuo sentire, affinchè altri lo partecipino. Questo fa un bravo scrittore, secondo me.
Severus non parla in prima persona, ma la sua interprete parla per lui.
Il paragone con la Fenice è stupendo, folgorante per esprimere il cambiamento e il passaggio da una vita all'altra , per merito tuo l'ho vista alzarsi per volare nel cielo notturno e con lei l'anima di Severus.
Complimenti, sai restare nel cuore di chi ti legge.

Edited by chiara53 - 15/8/2013, 19:24
 
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Autore/data: Alaide – 20 - 22 giugno 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One-shot
Rating: per tutti
Genere: Drammatico, Introspettivo
Personaggi: Severus Piton, Personaggio originale
Pairing: nessuno
Epoca: Post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: Una smorfia, simile ad un sorriso angoscioso, si disegnò per un istante sulle sue labbra.
Quel dolore, il dolore e la paura della bambina ricadevano sulle sue spalle.
Nota: La storia è il continuo di Preoccupazione
Parole: 1009

Sinfonie
8. Sinfonia in do minore op 2, n°2.
Quarto movimento. Paura



Judith sedeva nella sua cameretta, avvolta strettamente nel vecchio plaid. La scuola era finita anche quel giorno e, come ogni volta, appena rientrata all’orfanotrofio, era corsa nella stanza e si era stretta nella coperta, immaginando che ad avvolgerla fosse il signor Piton.
Avrebbe voluto fuggire dall’orfanotrofio e andare in Francia, ma era troppo piccola per poterlo fare.
«Judith.» la voce di Melusine la fece sobbalzare, ma era felice che ad entrare fosse la giovane. Di lei si fidava ed era certa che anche a Melusine mancasse il signor Piton.
«È arrivata una lettera per me?» domandò con una nota ansiosa nella voce, anche se sapeva che era troppo presto perché la posta fosse già arrivata dalla Francia.
«Hai spedito la tua lettera soltanto due giorni fa. Ci vuole tempo perché arrivi fino a Lione. E altrettanto tempo perché arrivi la sua risposta.» mormorò la giovane, chiedendosi, mentre si sedeva sul letto, poco distante dalla bambina, fino a quando avrebbe retto quella menzogna.
L’uomo si trovava ben più vicino a Judith di quanto la bambina potesse immaginare e, allo stesso tempo, era irraggiungibile. Se fosse stato veramente in Francia, avrebbe potuto cercare di convincere il direttore dell’orfanotrofio a permettere a Judith una visita all’uomo, ma il signor Piton era in carcere, con la sola compagnia di se stesso e delle lettere della bambina.
Un sorriso triste le si disegnò per un istante sulle labbra. In quel momento si sentiva unicamente invadere dal timore, forse sciocco, ma che non poteva fare a meno di provare, che l’uomo potesse non sopravvivere ai trent’anni di prigione. Sapeva che le sue condizioni fisiche stavano peggiorando o, almeno, così le era parso nel corso delle sue visite.
E si sentiva totalmente impotente.
Cercò di scacciare il pensiero, ma riuscì unicamente ad accentuare la tristezza del sorriso, una tristezza resa più profonda dalla consapevolezza che Severus stava scontando una pena che non meritava, per quanto egli credesse fermamente il contrario, una pena che le pareva mitigata unicamente dalle lettere di Judith, dalla presenza della bambina e dall’affetto che l’uomo provava per lei.
«Quando tornerà? Lo sai, Melusine?»
La domanda di Judith accentuò il senso di malessere della giovane. Severus non sarebbe mai tornato perché aveva scelto la prigione. Deglutì a vuoto, prima di parlare, con voce più calma di quanto non si credesse capace.
«Purtroppo no. Nemmeno lui lo sa. Alle volte scrive anche a me, parlandomi di particolari medici e non ha mai accennato ad una possibile data.»
«Però io… mi manca così tanto, Melusine.» mormorò Judith, facendosi più vicina alla giovane. «So che risponderà sempre alle mie lettere. Me l’ha detto. Mi ha promesso che non lo perderò. Ed io so che è vero. Ma vorrei non metterci così tanto per avere i suoi consigli. Credi che quando sarò grande, potrò andare a trovarlo?»
Per un istante il volto della bambina fu illuminato da un sorriso colmo di speranza.
Un sorriso così innocente, così fiducioso che Melusine seppe che non era rivolto a lei, ma al signor Piton, a quell’uomo buono che si ostinava a definirsi un assassino.
«Dipende da cosa diranno i medici.» decise di rispondere.
Sapeva che Judith avrebbe scoperto la verità. Su quel particolare era in accordo con l’uomo, ma era certa che nulla sarebbe cambiato, che la bambina avrebbe continuato ad amare l’uomo che le aveva salvato la vita, l’uomo che continuava a starle accanto anche da lontano, l’unico che poteva aiutarla a combattere le sue paure.


10 ottobre 2000
Caro Severus,
la scuola mi fa paura. Nell’aula sono seduta lontana dalla porta e non c’è un armadio dove nascondersi. Non mi piace. Siamo tanti e c’è poco spazio.
Gli altri bambini non capiscono che non va bene giocare con le spalle alla porta. Perché non lo capiscono? È perché hanno ancora la mamma ed il papà?
Perché quegli uomini cattivi hanno ucciso i miei genitori?
Ho tanta paura a scuola. Desidero che tu sia qui con me, magari al posto della maestra. Sono certa che tutto sarebbe meglio con lei come maestro.
Ho paura che accade qualcosa di brutto. Ho paura degli altri bambini. Alcuni mi guardano strano. Anche la bambina che è mia vicina di banco.
Però vado bene a scuola. In inglese sono più avanti degli altri.
Vorrei tanto averla qui.
Ti voglio bene,
Judith

Le mani di Severus tremarono leggermente quando giunse alla fine della lettera. La situazione della bambina era più grave di quanto avesse immaginato.
Da quelle parole traspariva un sorriso spaventato e disperato.
Il sorriso di una bambina che aveva perso tutto per motivazioni che non avrebbe mai compreso, motivazione che egli avrebbe potuto esporre con chiarezza.
I suoi genitori avevano fatto amicizia con due anziani coniugi che erano andati ad abitare da poco vicino a loro. Quello che non sapevano e che li aveva condotti alla morte, in quella notte d’agosto, era il fatto che i due nuovi vicini fossero maghi. Tanto era bastato per condannarli.
Era la loro unica colpa. Essere dei Babbani amici di una famiglia di Babbanofili.
I maghi erano stati i primi a morire, quella notte, poi era venuto il turno della famiglia di Judith ed era stata una fortuna che gli altri due Mangiamorte non avessero saputo da quante persone fosse composta la famiglia Babbana, che non si fossero nemmeno accorti della foto che la madre teneva sul comodino.
Ed ora, per quello che egli aveva fatto, la bambina soffriva e chiedeva consiglio a lui che aveva le mani ricoperte del sangue dei suoi genitori.
Una smorfia, simile ad un sorriso angoscioso, si disegnò per un istante sulle sue labbra.
Quel dolore, il dolore e la paura della bambina ricadevano sulle sue spalle.
Ed egli doveva trovare il modo di preservare l’innocenza di Judith, di mitigare quella paura.
Lo doveva a quell’affetto malriposto.
A quel sorriso affettuoso che, nonostante tutto, emergeva nelle ultime righe della lettera.
Alla luce che quelle lettere spandevano per brevi attimi nell’oscurità della sua vita.
Sarebbe giunto il giorno in cui quell’affetto si sarebbe tramuto in odio.
Nell’odio che desiderava.
Nell’odio che temeva.
 
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view post Posted on 15/8/2013, 09:41
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Paure di Leonora


La prima parte di questo capitolo è molto tenera e triste, è tutta giocata sul non detto o il non dicibile. Ci sono le bugie raccontate a fin di bene che strappano a Melusine un sorriso triste, sempre più triste, mentre segue i suoi pensieri e le sue riflessioni, mentre continua a raccontare false verità alla piccina.
La bambina che si avvolge nella coperta fa stringere il cuore, perchè quel gesto simula l'abbraccio che vorrebbe ricevere, l'amore che avrebbe da dare
CITAZIONE
a quell’uomo buono che si ostinava a definirsi un assassino.

Parole dure da digerire per una come me che ama tanto Severus.
Qui addirittura nasce il timore che non potrà arrivare mai a scontare la pena, ma morirà e, conoscendoti, ho provato un fremito...
La lettera racconta tutto il mondo di paure e esperienze negative di Judith e il tremito di Severus è più che giustificato. Sei molto brava nello scrivere queste missive infantili, ma piene di sentimenti e parole che si possono leggere facilmente tra le righe. Parole che Severus comprende e che lo preoccupano.
Paure che sente di aver provocato, che sente ricadere sulla sua anima, ma poi, all'improvviso, ho visto nelle frasi che hai scritto, aprirsi uno spiraglio, alla fine, nell'ultima frase. Quanto amore potrebbe dare a Judith Severus? Quanta sicurezza? Ormai la luce risplende e per l'uomo piegato dalla sofferenza, per l'assassino che voleva per sè solo odio, nasce la paura di riceverlo davvero.
Complimenti Leonora, l'ultima parte mi ha veramente commossa.
 
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kijoka
view post Posted on 15/8/2013, 16:17




Rispondo ai commenti di Chiara53 alla mia storia "Aspettando la notte"

Ti ringrazio per il bellissimo commento, Chiara.
Tu dici spesso di non saper recensire, ma, per me, ogni volta trovi il modo di far trapelare le tue emozioni che, come autrice, trovo magnifiche. E sai anche esprimerle in modo totalmente disarmante, tanto che mi fai ogni volta sentire come fossi una grande scrittrice...
Cosa che non sono, naturalmente, o riuscirei a guadagnarmi il pane con questo mio strano hobby... e quanto mi piacerebbe farlo!
Nella mia storia volevo far trapelare qualcosa in più del personaggio originale, ma non devo dimenticare mai che il vero protagonista di tutto questo è Severus, per cui comunque lui c'è sempre, anche se non partecipa attivamente al racconto.
Non voglio svelare tutto in fretta, spero però di aver dato qualche indizio sulla mia "lei".
Sono davvero contentissima che ti sia piaciuta questa storia. Avevo una paura pazzesca che fosse troppo lunga! D'altra parte volevo dire delle cose e non avevo modo di farlo in modo più veloce!
Sai che mi piace molto sapere che riesco a far provare emozioni agli altri, mi piace quando riesco a coinvolgere chi legge e farlo entrare nel mio "strano mondo".
Per cui non smetterò mai di ringraziarti perché mi regali ogni volta il tuo sentire, che è, per me, veramente importante.
Ki

Edited by Ida59 - 15/7/2015, 15:14
 
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I ♥ Severus


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Titolo: La casa sulla scogliera
Autore/data: Ida59 – 13/15 maggio 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One-shot
Rating: per tutti
Genere: introspettivo, romantico, drammatico.
Personaggi: Severus, Personaggio originale
Pairing: Severus/ Personaggio originale
Epoca: Post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: Una casa arrampicata sulla scogliera, incuneata nella roccia: uno scrigno prezioso per proteggere e nutrire un amore appena nato. È il seguito di “Dimissioni”.
Nota: per chi ha letto “Trasparenza e purezza del Cristallo” sarà facile ritrovare una casa simile a quella descritta a partire dalla fine del capitolo 20 di quella long-fic.
Parole/pagine: 1091/3



La casa sulla scogliera




Elyn tornò poco dopo nella stanza del San Mungo, con il suo sorriso, una valigia miniaturizzata e una capace borsa contenente libri in cui, con ripetuti tocchi di bacchetta, fece entrare anche tutti quelli che aveva portato a Severus da leggere durante la sua lunga convalescenza.
Il mago rimase ad osservarla in silenzio, un lieve sorriso compiaciuto sulle labbra sottili appena dischiuse: la Guaritrice sembrava tranquilla e sicura di sé ma, allo stesso tempo, era eccitata come una studentessa del terzo anno alle soglie della prima uscita per Hogsmeade.
I loro sguardi si incrociarono ed i sorrisi si fusero mentre Elyn si avvicinava, i libri che in una lunga fila disciplinata entravano nella sacca progressivamente rimpicciolendosi.
Severus deglutì a fatica, ma la colpa non era della ferita alla gola: com’era bella! Un brivido di desiderio gli corse lungo la spina dorsale: presto sarebbe stata finalmente sua!
Ma dove sarebbero andati? Non conosceva altri luoghi oltre a Hogwarts e a Spinner’s End, entrambi già scartati per motivi diversi.
Lo sguardo del mago si fece interrogativo ed Elyn sorrise enigmatica, ben sicura di sé:
- Ho già provveduto io, tranquillo…
La maga da parecchio tempo non entrava nei suoi pensieri: non aveva più motivo di farlo, per riuscire a comprenderlo, ora che la ferita gli permetteva di nuovo di parlare; eppure aveva perfettamente compreso ogni sua preoccupazione e timore.
Severus si rese conto che Elyn lo conosceva ormai così bene da riuscire a prevedere le sue reazioni intuendo, con la sua sviluppata sensibilità, i suoi pensieri. Del resto, nei primi giorni del suo ricovero al San Mungo, la Guaritrice aveva conosciuto a fondo tutto il suo passato: la sua vita, con tutta la lacerante sofferenza, i pensieri, emozioni, sentimenti, colpe, rimorsi e rimpianti. Tutto, senza alcuna pietosa esclusione. L’aveva involontariamente letto nei suoi occhi, attratta in modo irresistibile da quei neri abissi colmi di dolore, spalancati nel delirio febbrile indotto dal morso avvelenato di Nagini.
Elyn aveva conosciuto tutto del mago, in quei neri laghi colmi di pena infinita, e si era innamorata perdutamente dell’uomo che, soffrendo nel corpo e nell’anima, voleva solo morire. Ma la Guaritrice aveva lottato ostinata, all’inizio da sola al posto suo, con il suo sorriso colmo d’amore e di perdono, e poi con la pozione che lentamente bruciava il veleno nel suo sangue, dissolvendolo giorno dopo giorno, lentamente.
Severus rispose con un silenzioso accenno di sorriso: per la maga era come un libro aperto, ma lui ancora doveva scoprire chi realmente fosse la donna che, non solo era riuscita a fargli desiderare di nuovo di vivere, ma gli stava regalando un futuro pieno d’amore.
Elyn sorrise annuendo, quasi avesse compreso anche gli ultimi pensieri del mago:
- Stringimi forte a te, Severus, e baciami: la tua nuova vita comincia ora!

*



Il mago camminava lento sulla sabbia chiara, a piedi nudi; le lunghe onde con ripetuta dolcezza accarezzavano piano le sue orme, passato di colpe e sofferenza che alle sue spalle si dissolveva in un sorriso di perdono.
Un’onda impertinente bagnò l’orlo degli attillati pantaloni neri e la candida camicia svolazzò nella tiepida brezza marina del lungo tramonto, scoprendo del tutto il petto magro e pallido del mago, i lembi come bianche ali leggere a portare nuova innocenza all’angelo nero un tempo caduto nell’abisso dell’oscurità.
Severus guardava lontano, di là del mare che riluceva nel pigro inizio del calare del sole. L’acqua sembrava quasi risplendere di luce propria, come se i raggi nascessero dalle scure profondità del mare stesso: era vero, allora, come Elyn affermava, che nella sua anima la luce c’era sempre stata ed aveva combattuto contro l’oscurità? Erano le stesse parole che anche Albus gli diceva sempre: le aveva ripetute anche prima di esigere il rispetto del tremendo ordine che l’aveva ricacciato nel baratro di quell’oscurità da cui un tempo a fatica era risalito.
In fondo, verso l’orizzonte, l’acqua del mare scintillava assumendo una tonalità particolare che gli ricordava il nocciola ambrato delle iridi di Elyn, screziato dall’oro del suo prezioso sorriso.
Guardava lontano, Severus, gli occhi fissi a un passato che non poteva dimenticare, a colpe e rimorsi di cui però non era più prigioniero. Il Marchio non incatenava più il suo braccio tra le spire dell’Oscurità e la volontà era libera, senza più tremendi doveri cui sottostare, con tutto il loro carico di sofferenza; libera come il suo cuore finalmente sciolto da vincoli d’amore che s’erano mutati in interminabile tormento.
Guardava lontano, Severus, al suo futuro.
E sorrideva, i capelli corvini liberi nel vento e gli occhi neri scintillanti nel sole che lento scendeva a baciare il mare.
Alle spalle del mago c’era la piccola casa che Elyn aveva scelto per le loro vacanze, in quell’isoletta sperduta nell’oceano, dove si erano materializzati neppure un’ora prima.
Severus era certo che la maga avesse modificato con la magia non solo la casa ma anche la sua posizione in quel luogo così particolare: solo stretti gradini intagliati nella roccia permettevano di salire senza l’uso della scopa od altri mezzi magici, mentre la stanza era molto grande e ammobiliata con cura.
Era arrampicata sulla scogliera, incuneata nella roccia come uno scrigno prezioso che avrebbe protetto e nutrito il loro amore: tre pareti erano di vetro e il lato più lungo si affacciava a sud cosicché il sole l’illuminasse in qualsiasi ora del giorno.
Proprio per quel motivo Elyn l’aveva scelta.
Per la luce.
Non voleva più ombre, oscurità e sofferenze per il mago: aveva vissuto per troppo tempo in un gelido e buio sotterraneo, prigione della sua anima, dove aveva messo ai ceppi anche il suo povero cuore. Elyn voleva che fosse libero, adesso, completamente libero da ogni vincolo… e dalla sofferenza del suo tragico passato.
La casa, così, dava sull’immensità del mare, dove la vista poteva spaziare all’infinito, verso un futuro luminoso e felice.
Il mago sapeva che Elyn era là, sulla terrazza ariosa illuminata dai raggi obliqui del sole. Ne percepiva lo sguardo intenso sulle spalle, poteva persino cogliere il dolce fruscio delle belle labbra che sorridevano, accarezzate dal vento che sapeva di mare.
Severus si volse piano, il respiro dell’oceano che lento lo avvolgeva nel suo profumo: Elyn era là, la leggera veste bianca che ondeggiava sinuosa nel vento tiepido, i lunghi e morbidi riccioli castani baciati dal sole.
Nell’oro del tramonto che le illuminava gli occhi, Elyn sorrideva tendendogli le mani dall’alto della terrazza; il mago con un lieve balzo si levò in volo e sorrise al sorriso di Elyn, sorrise al futuro e all’amore.
Quella notte sarebbe stata lunga, meravigliosamente e piacevolmente lunga.

Edited by Ida59 - 15/7/2015, 15:15
 
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view post Posted on 16/8/2013, 07:25
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La casa sulla scogliera di Ida

Questo capitolo è un lungo liberatorio respiro di sollievo. Quando ho terminato la lettura ho provato una sensazione di leggerezza e serenità.
Ho riletto e riletto ancora le righe in cui hai descritto la passeggiata sulla spiaggia di Severus, sono frasi colme di una sensualità vivida, più emozionanti di una scena erotica.
Hai saputo farmi immaginare i piedi nudi accarezzati dalle onde (beate loro!) e quella camicia che il vento allontana dal corpo facendone ali candide per Severus e scoprendo la nudità del corpo del mago che risplende di purezza e luce, ma anche di intensa sensualità con i neri capelli liberi e scomposti dal soffio del la brezza del tramonto.
Ida, hai la capacità di rendere eccitante ogni gesto della figura del mago, tutto il brano è nello stesso tempo descrittivo, introspettivo, ma attraversato dal filo rosso dei sensi e della fisicità che attende e merita Severus insieme con Elyn.
Complimenti è uno dei brani che preferisco tra quelli scritti fino ad ora, perché tu ci metti il cuore, sempre e comunque, ma qui ci hai messo qualcosa di più e io l’ho sentito.
 
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view post Posted on 16/8/2013, 12:25
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Ooooh... mi sa che devo rileggere il brano e cercare il filo della sensualità che tu hai trovato così facilmente ma che io non ricordavo di aver messo...

Edited by Ida59 - 15/7/2015, 15:15
 
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