Il Calderone di Severus

Sfida FF n. 14: Sette giorni per un Sorriso

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view post Posted on 15/7/2013, 15:09
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Pozionista sofisticato

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Ciò che solo il vento conosce di Monica

Severus al centro dell'emozione che rapisce e tragicamente strazia il lettore.
Non una parola di troppo, non una parola di meno.
Ho desiderato leggere di questa scena, così come tu l'hai scritta, dolore e lacrime quelle che la coscienza non riesce a trattenere.
La disperazione è descritta alla perfezione. Cosa succederà poi non importa, tutto è fermo in quell'attimo, in quelle due parole "qualsiasi cosa" pur di salvarla, pur di vederla libera e viva ed alla fine il trionfo del rimorso:
CITAZIONE
- Lily... io ti amo... ti prego, perdonami!

Brava Monica, commovente e perfetta, tanti possono raccontare lo stesso momento, ma uno solo è il modo giusto: in questo caso è il tuo. :wub:
 
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I ♥ Severus


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Da un dolce sogno d'amore!

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N. 28

Titolo: La visita
Autore/data: Ida59 – 19-21 aprile 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One-shot
Rating: per tutti
Genere: drammatico, introspettivo
Personaggi: Severus, Personaggio originale, Minerva
Pairing: Severus/ Personaggio originale
Epoca: Post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: Timori che s’infrangono alla ricerca del perdono. E l’affetto emerge, prepotente, finalmente libero d’essere rivelato . È il seguito di “L’attesa”.
Parole/pagine: 979/3.


La visita




Minerva McGranitt entrò nella stanza del San Mungo in cui, dopo tre mesi dalla notte in cui non era morto, trascorreva la sua convalescenza Severus Piton.
In un riflesso inconscio di profondo rispetto, il mago si alzò dalla poltrona:
- Minerva… - sussurrò commosso.
- No, non alzarti per me, ragazzo caro, - disse sollecita andandogli incontro, - Elyn mi ha detto che sei ancora molto debole.
- I Guaritori sono sempre esagerati. – rispose secco, imbarazzato dalla sollecitudine della vecchia maga e da quelle parole d’affetto che sembravano essere sfuggite alle sue labbra.
Avanzò sforzandosi di assumere il portamento più disinvolto e sicuro che poteva: Minerva lo conosceva bene e si sarebbe accorta di ogni minima differenza nella sua camminata.
Le loro mani s’incontrarono ancora prima degli sguardi, troppo timorosi d’incrociarsi; si cercarono, si strinsero, e si riconobbero come vecchie amiche.
- Come sei dimagrito! – esclamò Minerva fissandolo infine negli occhi, il cuore di madre che si stringeva al pensiero di quanto vicino alla morte Severus si fosse trovato, di quanto avesse realmente rischiato di perderlo senza potergli più parlare, senza poter cercare di cancellare le sue ultime parole, quell’orribile accusa di codardia che gli aveva lanciato addosso
- Impossibile, con tutto quel che Elyn mi obbliga a mangiare! – rispose serio e pallido il mago, negando l’evidenza di lunghe settimane passate tra la vita e la morte.
Proprio come tu avresti sempre voluto, Minerva…
Rimasero a fissarsi in silenzio, gli occhi verdi che lentamente si inumidivano e quelli neri che s’addolcivano illuminandosi.
No, non c’era più alcuna scintilla d’odio nello sguardo della maga: solo un enorme dispiacere per ciò che era stato, per tutta la sofferenza di Severus che non era mai riuscita a vedere nei suoi occhi per un intero, interminabile, tremendo anno.
Quei profondi occhi neri che ora scintillavano, liberi da ogni ombra, nel volto sempre pallido incorniciato dai capelli corvini che le sembravano ancora più lunghi.
Merlino, com’era magro! Faceva quasi fatica a reggersi in piedi!
- Siediti, Severus, per favore! – esclamò, un’evidente vena di materna preoccupazione nella voce.
Il lampo di un sorriso illuminò all’improvviso il volto del mago che le strinse le mani che ancora tratteneva tra le proprie:
- Dopo di te, Minerva. Sei tu la fragile anziana, qui dentro! – la punzecchiò, indicandole la poltroncina con un morbido cenno del capo, i consueti gesti rapidi e secchi impediti dalla ferita che ancora gli bloccava in parte il collo e lo obbligava alla cautela.
- Da quando insegnano la buona educazione, al San Mungo, Severus? – ribatté pronta Minerva stringendo le labbra, acconsentendo però a lasciarsi guidare a sedersi. – Solo perché così ti siederai anche tu che ne hai più bisogno di me dato che non ti reggi in piedi! – sbuffò con un sorriso vittorioso sul viso, mentre anche il mago si lasciava cadere sulla poltrona con un sospiro di sollievo.
Per anni si erano divertiti a stuzzicarsi a vicenda, è vero. Ma non era più il momento di continuare la sciocca recita che aveva permesso per tanto tempo di mascherare l’affetto che poco per volta era nato tra loro.
Non era certo per punzecchiarlo che aveva tanto insistito per rivederlo!
Minerva trasse un lungo sospiro esitante:
- Tu sai perché sono qui, Severus?
Anche il mago sospirò: rimase in silenzio e rivolse per un istante lo sguardo ad Elyn, al suo confortante sorriso. Poi tornò a fissare la sua vecchia insegnante, l’amica dal volto rugoso colmo di addolorato rammarico, rivolgendole un imbarazzato cenno di assenso.
- Mi dispiace, mi dispiace tanto, - mormorò a fatica Minerva, la voce roca, - non ho capito nulla: tutta la tua straziante sofferenza, la tua tremenda solitudine. - la voce s’incrinò di pianto. – Sono stata una stupida: accecata dal mio dolore non visto il tuo e non ho compreso la verità che era davanti ai miei insensibili occhi.
Severus deglutì amaro: vedere scendere quella lacrima sul volto di Minerva era quasi peggio della luce di disprezzo nello sguardo inflessibile col quale l’aveva squadrato per quasi un anno.
- Ti ho gettato addosso tutto l’odio della mia disperazione… e ti ho fatto soffrire ancora di più!
La voce della maga tremò e altre lacrime brillarono nei suoi occhi, pronte a scendere silenziose seguendo la prima che era sfuggita al suo controllo:
- Non ho avuto fiducia in te, Severus, eppure ti conoscevo bene, sapevo chi eri…
La voce le mancò del tutto: avrebbe dovuto stargli vicino, dargli il suo affetto materno ed essere la sua ancora di salvezza dopo la morte di Albus; invece lo aveva solo affossato nel baratro di disperazione in cui Severus si era trovato per aver compiuto il suo dovere con immenso coraggio.
- Minerva…
Il mago avrebbe solo voluto alzarsi ed abbracciarla, dirle che le voleva bene, che il passato non importava più, ma la ferita ancora rallentava i suoi movimenti…
Così fu l’anziana maga che si alzò di scatto dalla poltroncina e fece atto di inginocchiarsi davanti a lui.
No, non poteva permetterlo.
Con penoso sforzo si alzò rapido per intercettarla: fu così che se la trovò tra le braccia, il viso rigato dalle lacrime a pochi centimetri dal suo.
- Ti prego, Severus, perdonami! – lo implorò.
Il mago tremò e non poté fare altro che ciò che realmente desiderava da tanti anni ma che la recita di sgradevole impassibilità che si era imposto gli aveva sempre impedito di fare: la strinse a sé, con affetto filiale, in un silenzioso abbraccio che valeva mille parole.
Dietro l’abbraccio di quel figlio che aveva ritrovato la madre, Elyn sorrideva: la nuova vita di Severus sarebbe stata felice, finalmente, piena di amore e di affetto come meritava.
Come anche il mago, ora, sapeva d’essere degno.
Glielo diceva il sorriso che, lieve, aleggiava sulle labbra sottili di Severus mentre, ad occhi chiusi, assaporava l’abbraccio che non aveva mai avuto il coraggio di concedersi di dare a Minerva.

Edited by Ida59 - 13/7/2015, 14:04
 
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view post Posted on 17/7/2013, 14:30
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Come di consueto riporto anche qui la breve recensione già postata nell'altra discussione alla fic di Ida.

Ida, dì la verità: tu e Kià vi siete messe d'accordo per continuare a farmi piangere? :soppracciglio: Pronti, via e già dalla seconda riga mi sono venuti gli occhi lucidi, ma ho cercato di mantenere l'aplomb.
Poi nel proseguire la lettura ho trovato naturalmente altri passaggi troppo toccanti, e allora... addio aplomb! :cry:
Momenti struggenti come quel cercare l'uno le mani dell'altro, che si riconoscono come vecchie amiche; lo sguardo umido di Minerva, di madre affranta e preoccupata, e il suo rimpianto straziante per l'errore commesso nell'averlo lasciato solo, e quell'ultimo tentativo di inginocchiarsi di fronte a lui per chiedergli perdono, un gesto estremo che racchiude tutto il dolore e il pentimento di chi non ha voluto credere nell'innocenza di un uomo che ha compiuto qualcosa di grandioso.
Un gesto che quantifica perfettamente il riconoscimento dell'enorme valore di quelle azioni. E' tutto perfetto così!
 
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view post Posted on 17/7/2013, 17:27
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La visita di Ida

Con delicata e sapiente maestria Ida guida questo incontro. Non è l'incontro di due colleghi, ma l'incontro di due anime, di una madre e di suo figlio.
Minerva è uno dei miei personaggi preferiti, è la donna forte esteriormente e debole e dolcissima dentro.
Minerva condivide spesso con Severus l'atteggiamento rigido e scherma la sua anima con un volto impenetrabile, ma Minerva è soprattutto madre e di fronte a questa realtà tutte le regole autoimposte saltano.
Ho apprezzato la delicatezza di Severus che orgoglioso e dignitoso non accetta ancora di mostrare la sua fragilità fino a quando Minerva cerca di inginocchiarsi e chiedere perdono , no, questo non può essere accettato da Severus che, finalmente, si arrende a se stesso.
CITAZIONE
Il mago tremò e non poté fare altro che ciò che realmente desiderava da tanti anni ma che la recita di sgradevole impassibilità che si era imposto gli aveva sempre impedito di fare: la strinse a sé, con affetto filiale, in un silenzioso abbraccio che valeva mille parole.

Due grandi personaggi che possono infine vivere le emozioni apertamente e commuoverci.
 
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view post Posted on 17/7/2013, 22:58
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Avendo un po' di tempo prima di immergermi di nuovo a scrivere, inizio la serie di sorrisi di Ida, pian piano, senza fretta, quando posso.

#1 - Per lui

CITAZIONE
Il tocco delicato e tremante di una carezza in punta di dita sfiorò appena la sua guancia ispida di barba, mentre una lacrima scendeva piano sul volto pallido della giovane ad incontrare il sorriso che ancora rifulgeva sulle sue labbra.

C'è sempre qualcosa di così poeticamente bello in una lacrima che scende sulle labbra che sorridono, qualcosa che mi fa tremare ogni volta, non lo so, forse perchè sembrano due cose così in antitesi tra loro, da sembrare quasi "fuori luogo" insieme, invece sono di una potenza e di una liricità strabiliante ed è una cosa che mi fa sempre fermare a rifletterci.
Tralascio la barba perchè non è il momento per approfondirla (XD) e passo oltre, al sorriso, al meraviglioso sorriso che le regala questa donna che si prende cura di lui, quel bagno a tergergli la fronte, quei tocchi delicati, meraviglioso.
No, non è Lily, ma che ti frega di Lily, non ti ha nemmeno voluto e ti ha pure cacciato! :truce:
Vai, ragazza, che i passi sono lunghi, ma la meta sarà bellissima.

#2 - Come il suo nome

CITAZIONE
Mille vittime in processione, nei suoi opprimenti rimorsi, a stringergli la gola ardente con scheletriche mani lorde di sangue.

Questa immagine è veramente bellissima.

Un sorriso dolce come il suo nome, stupendo, così delicato da cancellare ogni dolore, ed è bello che Severus lo veda come un premio, l'agognato premio dopo tutta quella sofferenza portata da quella caduta negli incubi.
Sono brevi, ma sanno andare al punto.
E anche se la meta è ancora lontana, il considerare un sorriso tutto per sé come un premio (e dolce come il suo nome su quelle labbra, che meraviglia! *-*) è già un grosso passo avanti per uno come Severus.

#3 - Sempre

CITAZIONE
Per abbeverarsi da quella fonte di freschezza che gli ricordava l’innocenza che un tempo lontano anche lui aveva avuto, prima di calpestarla crudele, di macchiarla di sangue, di perderla per sempre.

Che crudele verità :( però si è rialzato, ha combattuto, e anche se l'innocenza ormai era persa per sempre, aveva acquistato altre virtù meravigliose e "così dure" che lo facevano andare avanti giorno dopo giorno, nonostante quel muro che si ostinava a costruirsi intorno :(

CITAZIONE
Sentiva il sorriso entrare in sé, piano piano, giorno per giorno, in lenta progressione, a dargli forza, a lenire il dolore, a promettere la sua continua presenza.
Sempre.

Il sorriso sembra una cosa così semplice che spesso ci dimentichiamo tutto il suo valore, basta sorridere e le nuvole grigie spariscono per lasciar risplendere il sole, basta sorridere per sciogliere quelle catene che ci soffocano l'anima, basta un sorriso per sentirsi di nuovo felici.
Ed è bello che quel semplice gesto riesca ad infondere così tanta forza in lui, a fargli scemare quel dolore così radicato, poi il valore di quel "sempre" è qualcosa di magico e poetico, perché sappiamo quanto quella parola valga per lui.
E sono pensieri bellissimi.

#4 - Stanco

CITAZIONE
Quanti sorrisi aveva mai visto in vita sua, quanti rubati per caso e quanti dedicati a lui, per poter sapere che quel sorriso era dolce e bello?

Altra crudele verità :( eppure non posso non credere che Albus e Minerva non gli avessero donato quei sorrisi dolci e belli, certo colmi d'amore sono tutt'altra cosa, ma credo che li avesse ricevuti, soltanto che lui era troppo cieco del mondo per potersene accorgerne, in fondo pensava di non meritare nulla :(

CITAZIONE
Che strano pensiero! Lui, proprio lui, rincuorare qualcuno. Sì, qualcosa non funzionava nella sua mente.

Che tenerello! :D :P
Certo che qualcosa non funzionava nella sua mente, ma da tempo, avanti, sarcastico di un adorabile pipistrello, muova quelle labbra e rincuori quel sorriso stanco! :angry:
Dov'è il dottor House quando serve? :woot:
Tornando seri, quanto può essere carino Severus in questa storia?! *-*
Adorabile, veramente adorabile *-*

#5 - Brivido

CITAZIONE
Per il sorriso in se stesso.
Perché Severus Piton non sorrideva.
Mai.

Giusto, è quello che dico pure io, invece c'ha sbugiardate entrambe, ecco, ben ci sta! :lol:
Sì, è veramente adorabile anche qui, non c'è che dire, e poco importa se mi Crucerebbe per tale affermazione, ma tanto la colpa è tua, l'hai scritto tu, mica io, se la prendesse con te, ecco :P
E lei è... meravigliosa! Sì, la strada da percorrere diventa sempre meno lunga, ovvio, non meno difficile, ma le miglia si assottigliano.
C'è qualcosa in questi sorrisi che mi piace particolarmente, non lo so, forse è l'aria che si respira, questa dolcezza e questo amore (non ancora nel senso che intendo io) che sono due parole che sembrano così distanti da Severus e invece qui sono così vicine, ma non sembrano assolutamente fuori luogo.
È un lungo percorso difficile, ma è un percorso che si necessita nella vita di Severus, indispensabile, che non stona e non toglie, ma arricchisce.
Non lo so, non so come spiegarmi meglio, quindi per ora chiudo qui e torno appena ho un po' di tempo.
Riuscirò a mettermi in pari! :woot:
 
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view post Posted on 18/7/2013, 13:42
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Autore/data: Alaide – 27-30 maggio 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One-shot
Rating: per tutti
Genere: Drammatico, Introspettivo
Personaggi: Severus Piton, Personaggio originale
Pairing: nessuno
Epoca: Post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: Quel pensiero la fece sorridere.
Un sorriso dolce ed affettuoso.
Il sorriso che avrebbe rivolto all’uomo se lo avesse avuto davanti in quel momento.
Nota: La storia è il continuo di Una visita
Parole: 1113

Sinfonie.
4. Sinfonia in sol minore op.2 n.1
Un lieve lucore



Il sole di metà maggio illuminava la scatola di latta che giaceva aperta sul letto.
Judith stava rileggendo tutte le lettere che il signor Piton le aveva scritto. Erano tutte brevi come la prima che aveva ricevuto, ma la facevano sentire sempre al sicuro.
Di notte, quando gli incubi la tormentavano, quando sentiva le grida di mamma e papà, leggeva una di quelle lettere e si sentiva subito più tranquilla, perché sapeva che il signor Piton vegliava su di lei, seppur da lontano.
Immaginò, mentre prendeva in mano una delle lettere, che l’uomo la venisse improvvisamente a trovare ed allora lei gli sarebbe corsa incontro e lo avrebbe abbracciato. Ed il signor Piton l’avrebbe portata via dall’orfanotrofio e le avrebbe permesso di stare sempre con lui, così gli incubi sarebbero finiti e lei si sarebbe sentita al sicuro.
Protetta.
Quel pensiero la fece sorridere.
Un sorriso dolce ed affettuoso.
Il sorriso che avrebbe rivolto all’uomo se lo avesse avuto davanti in quel momento.
Prese in mano un’altra lettera e la lesse. Era la prima che l’uomo le aveva mandato, la prima che l’aveva fatta sentire, come era avvenuto con tutte le altre, felice e riconoscente, perché il signor Piton aveva trovato il tempo per risponderle, nonostante fosse in Francia per guarire.
«E’ arrivata una lettera.» annunciò Melusine, entrando nella stanzetta della bambina.
Judith si alzò e corse a prendere il pezzo di carta. Riconobbe subito la grafia del signor Piton ed il sorriso si fece ancora più evidente.
Melusine osservava la bambina intenta a leggere e rileggere le parole dell’uomo. Ogni volta che arrivava una lettera del signor Piton, sentiva la gratitudine invaderla.
Era grata all’uomo per quelle lettere.
Sapeva che, nonostante tutto, il signor Piton teneva a Judith. Altrimenti non le avrebbe scritto.
Eppure quel pensiero disegnava sul volto della giovane un sorriso triste.
Il signor Piton avrebbe potuto essere ancora all’ospedale se non avesse compiuto quella scelta terribile che lo portava a scontare una colpa che non aveva commesso.
Era certa che se l’uomo si fosse trovato ancora all’ospedale, la cappa di solitudine che lo circondava avrebbe potuto dissiparsi un poco, per lo meno. Durante le sue visite in carcere aveva notato che quel muro sembrava levarsi sempre più compatto.
Avrebbe voluto riuscire ad infrangerlo, ma non v’era nulla che lei potesse fare. In fin dei conti, l’unico legame che univa lei ed il signor Piton era Judith. V’erano momenti in cui sperava che le lettere della bambina potessero scardinare quella solitudine e quella sofferenza.
Invece le era parso, l’ultima volta che era stata in prigione, circa un mese prima, che il dolore fisico fosse aumentato e, di fronte a quel dolore e a quella solitudine, si sentiva unicamente impotente.
«Melusine, credi che sia orgoglioso di me?» domandò improvvisamente Judith, porgendo la lettera alla giovane.
Lione, 12 maggio 2000
Nessun errore. Lavoro accettabile.

«Sono certa di sì.» mormorò Melusine, sorridendo incoraggiante alla bambina, dopo aver letto la lettera.
Erano poche parole che, se espresse da qualcun altro avrebbe giudicato brusche e sgarbate, ma credeva piuttosto che facessero emergere l’affetto dell’uomo per Judith, un affetto che avrebbe potuto essere la chiave per spezzare la solitudine ed il dolore in cui il signor Piton si costringeva.
Forse ci voleva solo tempo.
E se lo augurava con tutta se stessa.
Avrebbe dato qualsiasi cosa per vedere Severus fuori da quella cella.
Per vederlo se non felice, per lo meno in pace con se stesso.
Forse v’era ancora speranza, si disse, con un lieve sorriso.
E, per quanto potesse sembrare folle, Melusine voleva sperare, anche se la sua razionalità le diceva che non v’era alcuna speranza.
Non poteva far altro che sperare, che sognare che un giorno sarebbe andata a trovare l’uomo in carcere e avrebbe notato una piccola crepa nel muro di solitudine e sofferenza che lo circondava.


Era notte, una notte oscura in cui la luna era coperta da una fitto banco di nubi.
La lampadina della cella spandeva un lucore biancastro che dava alle quattro pareti un aspetto inquietante, ma l’uomo non vi badava. In mano aveva le lettere della bambina che, fino a quel giorno di maggio, aveva gettato scompostamente in un cassetto del piccolo tavolo che la cella conteneva.
Quel pomeriggio, quando aveva ricevuto l’ultima lettera di Judith, aveva deciso di mettere ordine tra quelle carte, forse per assaporare per un istante il sorriso affettuoso che emergeva dalle parole della bambina, forse per far emergere maggiormente le colpe che aveva commesso, quelle colpe che non gli davano un solo attimo di requie.
Eppure dalle lettere della bambina emergevano affetto e riconoscenza, i sorrisi che Judith gli aveva rivolto tante volte all’ospedale, quei sorrisi che egli sapeva di non meritare.
Aveva riletto ogni lettera dalla prima all’ultima ed ogni volta aveva sentito di non essere degno, con le sue mani imbrattate di sangue, dei sorrisi che ne emergevano.
Il marciume della sua anima non avrebbe dovuto nemmeno sfiorare l’innocenza dell’animo di Judith.
Invece la bambina gli sorrideva da quelle lettere.
29 aprile 2000
Caro signor Piton,
oggi la maestra mi ha fatto i complimenti perché non ho fatto errori nel dettato.
So di aver potuto fare tutto giusto perché voglio scrivere lettere senza errori.
Ho fatto errori in questa lettera?
Spero di no.
Un abbraccio,
Judith.
Il sorriso innocente di una bambina alla quale troppo era stato tolto.
Il sorriso dell’innocenza rivolto al colpevole.
A lui che le aveva ucciso i genitori.
22 maggio 2000
Caro signor Piton,
sono così felice di leggere la sua lettera. Spero di non fare più neanche un errore.
Così sarà ancora una volta orgoglioso di me.
In Francia va tutto bene?
Quando tornerà?
Mi manca tanto poter parlare con lei.
Judith.
Affetto.
Un affetto sconfinato era tutto quello che emergeva da quelle parole.
L’affetto di una figlia per il proprio padre, di una figlia che voleva che il padre fosse orgoglioso dei suoi progressi.
Ma egli non era il padre di Judith.
Era colui che ne aveva ucciso i genitori.
Colui a cui Judith non avrebbe dovuto mai sorridere.
Colui che meritava il suo odio e non il suo affetto.
Eppure da quelle lettere emergeva un lieve raggio di speranza che gli faceva per un istante assaporare il calore nel gelo della sua solitudine, un lieve raggio di luce nell’oscurità delle sue colpe.
Erano momenti brevi, rapidi come il battito d’ali di una farfalla, momenti che si spegnevano in un attimo.
Ed allora ripiombava nel gelo della solitudine e nell’oscurità che meritava.
Ma, in quel momento, con le lettere della bambina davanti a sé, gli pareva, per la prima volta da un tempo che non riusciva nemmeno a computare, che sperare non era forse vano.
 
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view post Posted on 18/7/2013, 17:10
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Un lieve lucore di Leonora

Wow, e ancora wow. Leonora, ho letto due volte il tuo capitolo. Bello, bellissimo, commovente e velato di tristezza, tuttavia... hai scritto la parola speranza, davvero.
Speranza per Melusine, protezione e sorrisi per Judith e speranza anche per Severus.

CITAZIONE
Ma, in quel momento, con le lettere della bambina davanti a sé, gli pareva, per la prima volta da un tempo che non riusciva nemmeno a computare, che sperare non era forse vano.

E' splendida questa immagine dell'uomo solo, disperato e dolorante che finalmente intravede, lontana e fragile la speranza.
Ti voglio bene Leonora! :D :wub:
 
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view post Posted on 19/7/2013, 09:14
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CITAZIONE (chiara53 @ 18/7/2013, 18:10) 
Un lieve lucore di Leonora

Wow, e ancora wow. Leonora, ho letto due volte il tuo capitolo. Bello, bellissimo, commovente e velato di tristezza, tuttavia... hai scritto la parola speranza, davvero.
Speranza per Melusine, protezione e sorrisi per Judith e speranza anche per Severus.

La speranza prima o poi doveva far capolino nella storia, ma potrebbero esserci ancora delle ricadute nell'assenza di speranza (come dice Turandot Sì, la speranza che delude sempre... qui magari non proprio sempre, anzi il sempre puoi toglierlo). La speranza ha però portato il suo lieve lucore.

CITAZIONE
E' splendida questa immagine dell'uomo solo, disperato e dolorante che finalmente intravede, lontana e fragile la speranza.
Ti voglio bene Leonora!

Il problema, adesso, è se Severus, ora che l'ha intravista, voglia anche abbracciare la speranza.
Ti ringrazio tantissimo, Chiara :wub:
 
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kijoka
view post Posted on 22/7/2013, 22:12




Nr. 28

Autore/data: Kijoka – 22 luglio 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One shot
Rating: per tutti
Genere: introspettivo
Personaggi: Severus Piton
Pairing: nessuno
Epoca: Post Malandrini
Avvertimenti: Missing moment
Riassunto: L'inizio di una nuova vita?
Parole/pagine: 978/2.



Il professore di Pozioni

Il freddo dell'ambiente non lo respinse.
Per contro inaspettatamente lo accolse in un abbraccio quasi fraterno.
Differente eppure sempre uguale.
Quante volte era entrato là dentro... e da quanto tempo non lo faceva più!
Tutto sembrava identico, come nei ricordi, così nella realtà, eppure profondamente diverso.
Tavoli possenti e mensole disordinate, appena illuminati da fioche torce.
Una patina di polvere rendeva opachi, e quasi finti, i barattoli appoggiati alla rinfusa sugli scaffali.
Era riuscito a scendere nei sotterranei solo a notte fonda.
Voleva essere solo e lasciarsi andare ai ricordi senza testimoni più o meno ingombranti.
Il silenzio era quasi irreale.
Gli sembrò che anche solo il suo respiro potesse generare un eco senza fine.
Le labbra si stirarono appena, in un lievissimo e quasi impercettibile sorriso.
Pace.
Niente urli, nessun fruscio sospetto, nessun sussurro cospiratore.
Forse qui i muri potevano non avere orecchie...
Il pensiero gli provocò una tensione profonda e la bacchetta volò quasi da sola tra le sue dita, mentre le parole gli eruppero dalla gola senza controllo.
In pochi momenti la stanza fu davvero sicura.
Sospirò appena, senza capire davvero quale sentimento avesse preso il sopravvento tra tutti quelli che gli si agitavano nel cuore quella notte.
Ora quella sarebbe diventata la sua casa.
Il pensiero nato improvvisamente gli procurò una pungente tristezza.
Un tradimento gli aveva aperto le porte per l'assoluzione.
Scosse piano la testa mentre aiutò l'anima a tornare di pietra.
Non c'era tempo per i sentimentalismi.
Aveva sbagliato e doveva rimediare, al più presto, con ogni mezzo, velocemente e con tempestività.
Lasciarsi andare non avrebbe aiutato nessuno e avrebbe potuto aumentare il pericolo.
Era arrivato fino a questo punto e d'ora in poi sarebbe stato sempre più difficile seguire la strada che si era lui stesso assegnata.
Spiare Hogwarts per restare ad Hogwarts, riferire al Signore Oscuro ciò che Silente desiderava sapesse.
In tutto questo trovare il modo di salvare la persona che era tutto il suo mondo, senza morire nel tentativo.
O almeno non prima di esserci riuscito.
Un calpestio nel corridoio.
I lunghi capelli scuri fendettero l'aria mentre si girava di scatto verso la porta, impugnando con forza la bacchetta.
Un rumore improvviso riusciva sempre a tendere i suoi nervi allo stremo e le reazioni erano guidate solo dall'istinto.
Silenzio.
Nessuno.
Forse solo un inserviente a pattugliare i corridoi a quell'ora di notte...
Si rilassò quel tanto che permetteva ai suoi muscoli di smettere di dolere.
Senza perdere di vista la porta fece due passi più in là, poggiando la mano sulla superficie scabra del freddo muro di pietra.
La stoffa liscia della giacca gli carezzò la fronte, mentre piegava il viso posandolo sul braccio.
Trattenne il fiato e cercò di calmarsi.
Lì era al sicuro.
Il vecchio mago lo aveva infine preso sotto la sua ala protettrice.
Silente era forte e il Signore Oscuro lo temeva, lo sapeva per certo.
Cercò di immaginare il suo prossimo futuro, affondando gli occhi nell'incavo del braccio fino a che il dolore non lo fermò.
Doppio gioco.
Questo era il termine esatto per ciò che si apprestava a fare.
Il suo Padrone di poco tempo prima l'aveva premiato esonerandolo dalla pura manovalanza e l'aveva promosso a spia presso il suo peggior nemico.
Un regalo cercato, ma ora profondamente disprezzato per come l'aveva avuto!
Tornò in posizione eretta con una smorfia di disgusto dipinta sul volto affilato.
Il suo nuovo padrone invece aveva in fondo deciso per lui e gli aveva assegnato questo nuovo compito.
Il sorriso ironico che gli spuntò sul viso la diceva lunga su quanto si prendeva sul serio.
Professore di pozioni.
Lui, proprio lui che aveva sempre pensato che non sarebbe mai più tornato ad Hogwarts!
Proprio lui che a scuola tutti prendevano in giro e cui non attribuivano nemmeno un grammo di affidabilità!
Ironia della sorte: forse proprio qui avrebbe potuto dimostrare il suo vero valore.
Che fosse davvero questa, originariamente, la sua strada?
Silente lo aveva informato che avrebbe potuto essere una magnifica copertura: la sua innata abilità avrebbe potuto aiutarlo.
La realtà era che sarebbe diventato uno dei più giovani professori che la scuola di Magia avesse mai avuto!
Ma a che prezzo?
Gli occhi scuri lampeggiarono tutto attorno.
C'era così tanto lavoro da fare, ma non ne aveva il tempo.
C'erano piani da studiare, difese da predisporre, cospirazioni da anticipare.
Osservò lentamente la solitaria scrivania e il massiccio tavolo da lavoro, colmo di ogni tipo e forma di recipienti.
Più lontano il vecchio armadio semi aperto, che mostrava scaffali straripanti dei più vari ingredienti.
Il magro dito chiaro sfiorò il piccolo contenitore di vetro trasparente.
Un gesto semplice che, con un brivido, fece volare i pensieri.
Tensione, ansia, profonde aspettative e speranza.
Quanto assomigliava la sua vita a quella fragile provetta?
Pronta a essere colmata di significato, fosse esso una pozione per la caduta dei capelli, un intruglio per una pozione d'amore o una mortale soluzione ai problemi altrui...
Eppure così fragile da essere spezzata con solo un piccolo movimento inconsulto.
Aveva perso il suo contenuto, la sua anima, vendendo chi amava al suo padrone...
Il contenitore sarebbe rimasto per sempre vuoto, fragile e preda del nero destino che lo attendeva.
Deglutì con amara consapevolezza le lacrime che gli pungevano le palpebre.
La stanza confinava coi suoi nuovi alloggi.
Pericoloso lasciare che l'ingresso fosse visibile.
Con veloci falcate raggiunse l'altra stanza. Sigillò l'ingresso con tutti gli incantesimi che conosceva.
Dimenticare le speranze e pianificare tattiche.
Niente altro avrebbe dovuto essere ora al centro dei suoi pensieri.
Doveva essere pronto.
Il ricatto non era ancora stato progettato e lui sapeva che quel momento sarebbe arrivato.
Si guardò intorno e spense il fuoco, che crepitava allegro nel camino.
Il freddo avrebbe di nuovo smorzato i sentimenti e gli avrebbe permesso di temprare la mente fino a renderla affilata come un pugnale.
Un nuovo Severus era appena nato.

Edited by Ida59 - 13/7/2015, 14:05
 
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Monica, se vuoi nel gioco annuale è libero anche sabato 27 luglio, se vuoi inserite la tua n. 28, e poi hai come il solito la domenica per la n. 29.
Facci sapere.


Edited by Ida59 - 13/7/2015, 14:06
 
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Autore/data: Alaide – 1- 6 giugno 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One-shot
Rating: per tutti
Genere: Drammatico, Introspettivo
Personaggi: Severus Piton, Personaggio originale
Pairing: nessuno
Epoca: Post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: Eppure, nonostante il lieve senso di nausea che le dava la disillusione, sorrise all’uomo, un sorriso dolce, gentile.
Nota: La storia è il continuo di Un lieve lucore
Parole: 1270

Sinfonie.
5. Sinfonia in do minore op 2, n°2.
Primo movimento. Disillusione



La sagoma del carcere appariva soffocante agli occhi di Melusine, quando vi giunse in un’assolata giornata di giugno. Da quella prima visita in gennaio, era riuscita ad entrare senza troppe difficoltà, ma, in fin dei conti, era la figlia minore del giudice Fairchild, a sua volta figlio del giudice Fairchild e sorella del futuro giudice Fairchild.
Trasse un sospiro prima d’entrare e sottoporsi all’ormai abituale procedura. Lasciò la borsetta ad una guardia carceraria e ne seguì un’altra.
Quella volta il signor Piton era già presente. Le parve che la coltre di solitudine e sofferenza si fosse come inspessita. In quel momento le parvero quanto mai sciocchi i pensieri colmi di speranza che aveva nutrito il mese precedente.
Sperare che le lettere di Judith potessero aiutare l’uomo le appariva in quel momento unicamente un’illusione che non poteva far altro che infrangersi.
Con ogni probabilità non esisteva nessuna speranza ed era quello un pensiero che le strinse dolorosamente il cuore.
Eppure, nonostante il lieve senso di nausea che le dava la disillusione, sorrise all’uomo, un sorriso dolce, gentile.
«Non è necessario che perda il suo tempo.» disse l’uomo, senza darle tempo di aprir bocca, dopo che si fu seduta.
Severus desiderava che la signorina Fairchild se ne andasse, che lo lasciasse nell’oscura solitudine che meritava, in quella solitudine dove sarebbe stato giustamente preda del dolore, delle sue terribili colpe e della punizione che meritava.
Non meritava di certo quel lieve lucore pieno di speranza che era presente nelle lettere di Judith. Era stato uno stolto ad aggrapparvisi quella notte del mese precedente.
Non importava quanta speranza emergesse da quelle lettere, quanti sorrisi affettuosi trapelassero da ogni parola, il suo giusto futuro era fatto di odio, solitudine e dolore.
«Non sto perdendo il mio tempo, signor Piton.» ribatté Melusine, sorridendogli nuovamente, un sorriso dolce e discreto. «Desidero farle visita.»
«Ma forse io non desidero che lei lo faccia.» la sferzò Severus, tenendo a bada il dolore che parlare gli procurava.
Melusine strinse le mani in grembo, mentre quelle parole la colpivano con un’intensità che, per un istante, la spaventò. Trasse un sospiro, calmandosi.
Non riusciva nemmeno a comprendere se quelle parole rappresentavano ciò che l’uomo voleva veramente oppure un modo per condannarsi alla solitudine perpetua, rinunciando ad ogni contatto umano, che non fosse quello delle guardie carcerarie.
Quell’ultima ipotesi le fece provare un’immensa e profonda tristezza, una tristezza simile ad una ferita dolorosa. Quello che temeva, seguendo il suo ragionamento, era che Severus potesse giungere ad allontanare da sé anche Judith, che giungesse a respingere le lettere della bambina ed era qualcosa che non poteva permettere.
«Signor Piton,» iniziò poco dopo, senza riuscire a controllare la tristezza che emergeva dalla sua voce, che emergeva dal suo sorriso tremante. «ho sempre creduto che nessuno meriti di essere privato di qualsiasi contatto umano. E lei meno di tutti. Sta già pagando troppo duramente.»
«Pensavo, signorina Fairchild, che lei fosse dotata di abbastanza intelligenza da capire che la mia pena non è abbastanza dura, se considera ciò che ho fatto.» ribatté l’uomo, osservando con attenzione la giovane ed il suo sorriso triste, una tristezza che ne offuscava il volto.
In quel momento le parve che la signorina Fairchild fosse invecchiata considerevolmente nel tempo in cui l’aveva conosciuta. Aveva distrutto la pace di quella giovane innocente, si disse. Un’altra colpa da assommare al cumulo di colpe che giaceva trionfante sulle macerie della sua vita.
«Le mie parole si basano esattamente su ciò che lei ha fatto, signor Piton, e sapendolo non posso non volere venire a farle visite.» affermò Melusine, con una convinzione di cui forse non si credeva capace, ma il sorriso rimaneva triste ed il volto continuava ad essere offuscato di tristezza.
«Perché vuole continuare ad illudersi in proposito? Posso comprendere le ragioni della bambina, ma lei è un’adulta, signorina Fairchild, e la sua razionalità dovrebbe dirle con forza che io sono un assassino.»
Severus fissò la giovane, con il suo sorrise triste, un sorriso rivolto a qualcuno che non meritava sorrisi, né speranza, né l’affetto di Judith.
Ciò che meritava era il dolore che affliggeva il suo corpo, era la pena che gli avevano comminato i giudici. Meritava l’odio che un giorno Judith avrebbe provato, scoprendo la verità sul suo conto.
Ma non meritava quel sorriso triste, né che quella giovane perdesse il suo tempo venendo in un luogo dove unicamente i colpevoli dovevano stare.
«So che lei era presente quella notte e so cosa ha fatto. Judith non l’amerebbe in questo modo se lei avesse commesso ciò di cui si accusa.» rispose Melusine, continuando a fissare l’uomo negli occhi, occhi in cui avrebbe voluto veder comparire per un istante un barlume di speranza, ma che rimanevano specchio della solitudine e della sofferenza che parevano circondare l’uomo come una muraglia in cui era impossibile fare breccia. «Ed è a causa di ciò che è accaduto che non ritengo di star sprecando tempo venendo a trovarla. Sono ore di riposo che mi spettano di diritto e che voglio spendere in questa stanza.»
Il sorriso della giovane da triste si era fatto più deciso, come la sua voce.
L’uomo si rese conto che la signorina Fairchild era fermamente convinta di quello che diceva e lo sarebbe stata fino a quando su di lei non fossero crollate le rovine dell’illusione che aveva costruito. Eppure v’era qualcosa in quell’insistenza, in quella convinzione, che giunse a sfiorare la corazza della sua solitudine, della sua volontà di ignorare qualsiasi barlume di speranza. E fu forse per quel lieve lucore che voleva soffocare, per poter scontare pienamente la sua pena, che prese una decisione.
E non era la decisione giusta.
«Se ha del tempo da perdere, signorina Fairchild…»
Il volto della giovane si riempì di improvviso sollievo, un sollievo che raggiunse il sorriso e ne illuminò gli occhi. Un sollievo assurdo, si disse l’uomo, come assurdo era l’affetto della bambina. La signorina Fairchild e Judith erano colme di illusione, si illudevano che lui fosse una brava persona, quando egli era soltanto un assassino.
E presto o tardi sarebbe arrivata la disillusione, quando avrebbero compreso quante macchiate di sangue fossero le sue mani.
«Judith ha la varicella e non è ancora riuscita a scriverle.» disse Melusine, senza replicare, se non con un sorriso grato, che però aveva ritrovato parte della tristezza che le riempiva l’anima di fronte alla solitudine a cui voleva costringersi l’uomo. «Ne è terribilmente dispiaciuta, ma vuole scriverle nel migliore dei modi.»
Severus notò il sorriso grato e triste della giovane, un sorriso che non aveva ragione d’essere.
La signorina Fairchild era grata perché non l’aveva costretta a non visitarlo più, triste perché percepiva, forse, l’assenza di speranza.
Una tristezza che non aveva ragione d’essere.
Così come non aveva ragione d’essere il dispiacere di Judith perché non era riuscita a scriverle. I pensieri della bambina avrebbe dovuto essere ben diversi. Avrebbe dovuto pensare a guarire dalla varicella, lamentarsi perché sentiva prurito ovunque, senza nemmeno avere a disposizione una pozione che potesse farle sentire un notevole sollievo, di certo più efficace di qualsiasi medicina Babbana le avessero somministrato.
Invece pensava a lui, al fatto che non riusciva a scrivergli nel migliore dei modi.
Aveva notato in ogni lettera che aveva ricevuto i miglioramenti della bambina e, alle volte, aveva sentito una punta d’orgoglio per quei progressi.
Quasi Judith fosse sua figlia.
Un pensiero orribile.
Tragicamente ironico.
Un pensiero che non avrebbe nemmeno dovuto formulare.
Egli aveva ucciso i genitori della bambina.
Era un carnefice.
Non importava quanto Judith o la signorina Fairchild gli sorridessero.
Quella verità non sarebbe mai cambiata.
E qualsiasi barlume di speranza non era altro che un’illusione.
 
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N. 29

Titolo: Affetto
Autore/data: Ida59 – 21 aprile 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One-shot
Rating: per tutti
Genere: drammatico, introspettivo, romantico
Personaggi: Severus, Personaggio originale, Minerva
Pairing: Severus/ Personaggio originale
Epoca: Post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: Ricordi, pensieri, parole ed abbracci. E sorrisi. Per una nuova vita. È il seguito di “La visita”.
Parole/pagine: 1625/4.



Affetto



Lentamente Severus sciolse Minerva dall’abbraccio e la fissò, il sorriso ancora sulle labbra sottili mentre con pudica delicatezza le asciugava le guance.
Era strano: aveva sempre creduto che si sarebbe vergognato di quel gesto d’affetto, che Minerva stessa non glielo avrebbe mai permesso; invece anche sulle fragili labbra della vecchia maga aleggiava un tremulo sorriso, ancora incerto ma bellissimo. E il mago era immensamente felice di essere infine riuscito a dimostrarle il suo affetto filiale.
Vi era stupore negli occhi verdi, ancora lucidi di lacrime, per quel gesto inatteso, insperato, ma tanto desiderato. In passato c’erano stati dei momenti in cui Minerva avrebbe tanto voluto abbracciarlo: quando lo vedeva sempre solo ed infelice, quando non mangiava abbastanza, quando si allontanava dal castello per rischiare la vita nelle sue pericolose missioni di spia.
Aspettava sempre sveglia il suo ritorno, in quelle lunghe notti colme d’ansia, proprio come le madri apprensive dei suoi alunni che sempre aveva preso in giro; restava nascosta dietro i pesanti tendoni di velluto della sua stanza osservando il punto della Foresta Proibita dove sapeva che lui sarebbe comparso, dove ogni volta pregava che ricomparisse.
Si ricordava di una notte in particolare: Severus si trascinava a fatica, al limitare della foresta e per ben due volte era caduto in ginocchio. Era stremato, probabilmente ferito. Non poteva restare lì a guardare senza fare nulla. Al diavolo se lui avesse capito che ogni volta spiava il suo ritorno col cuore che le tremava: il suo ragazzo aveva bisogno di lei!

Volò fuori dalla stanza, così com’era, in vestaglia, senza neppure pensare di afferrare il mantello, i lunghi capelli sciolti dalla solita stretta crocchia. In un attimo fu dal lui, col cuore in gola e il respiro mozzato per la corsa. Non aveva importanza: intanto non aveva nulla da dire e Severus non avrebbe voluto che dicesse nulla. Doveva solo sorreggerlo e aiutarlo a tornare nel suo sotterraneo. In rispettoso silenzio, evitando perfino di guardarlo negli occhi per non metterlo in imbarazzo.
Severus lo avrebbe apprezzato. Molto. Non voleva la compassione di nessuno,
il suo coraggioso ragazzo.
Non l’avrebbe mai ringraziata, e non avrebbe neppure mai ammesso di aver bisogno di aiuto. Ma
il suo orgoglioso ragazzo ne aveva bisogno eccome! Il suo corpo magro era scosso da lunghi e profondi tremiti, quasi continui: non era difficile capire che era stato sottoposto a una spietata Cruciatus. Non era neppure la prima volta, né sarebbe stata l’ultima, purtroppo. Ma quella volta doveva essere stata tremenda per aver lasciato quegli evidenti postumi. Minerva ringraziò la sua ordinata previdenza: aveva in tasca una boccetta di Pozione Corroborante, quella speciale, che Severus stesso aveva distillato. Le mani del suo ragazzo, però, tremavano troppo e non ce l’avrebbe mai fatta ad aprirla: svitò il tappo e gliela fece stringere tra le dita.
Non indugiò oltre: Severus non le avrebbe mai permesso di aiutarlo a trangugiarla. Il suo compito era finito, per quella notte.
E l’indomani Albus avrebbe avuto a che fare con lei!


Si era affezionata a quel ragazzo difficile, all’uomo tormentato dai rimorsi, al mago coraggioso che aveva saputo tener testa anche a Voldemort. No, non sapeva del suo amore per Lily: Albus aveva sempre mantenuto il silenzio promesso. Però l’aveva sempre sospettato, da piccoli indizi, pur senza mai averne la certezza; fino alle parole di Harry, fino a quando avevo visto i suoi strazianti ricordi.
Non ricordava di aver mai pianto in modo così disperato come nel momento in cui aveva capito, fino in fondo, chi fosse realmente Severus Piton. Un tragico eroe coraggioso e solitario cui nell’ultimo anno passato aveva rovesciato addosso tutto il suo addolorato odio, tutto il gelido disprezzo della sua delusione quando si era sentita tradita dal ragazzo cui aveva imparato a volere bene come al figlio che non aveva mai avuto.
Era da quel momento che aveva sentito l’improrogabile bisogno di chiedergli perdono: dopo mille insistenze era riuscita a visitarlo al san Mungo, e vederlo disteso su quel letto a lottare contro una terribile morte era stato straziante. Quando la Guaritrice se n’era andata, era crollata, proprio come una donnetta qualunque: gli aveva accarezzato piano il viso rovente di febbre e tra le lacrime aveva cominciato ad implorare il suo perdono.
Perdono per non aver capito nulla, proprio lei che si vantava di saper comprendere gli altri. L’aveva odiato e disprezzato, povero ragazzo, l’aveva lasciato in balia della crudele sofferenza che provava per aver dovuto uccidere Albus. Sì, perché se entrambi soffrivano per la perdita di Albus, il dolore di Severus era sicuramente molto più forte del suo: mille volte si era chiesta come ci fosse riuscito, quanto tremendo coraggio gli fosse costato pronunciare quelle orribili parole di morte, quali lancinanti lacerazioni avesse dovuto infliggere alla propria anima per obbedire al vecchio amico.
Così aveva pianto, a lungo, disperata, pregando che si salvasse, non solo per potergli chiedere perdono, ma anche per dirgli quanto gli voleva bene.
E adesso che finalmente era lì, davanti al suo caro ragazzo, ora che lui l’aveva perfino abbracciata, non riusciva a dirgli nulla, neppure una parola!
Severus, però, la fissava con intensità, le mani ancora delicatamente posate sulle sue spalle, come a proteggerla: gli occhi neri scintillavano e sulle sue labbra sottili era adagiato un sorriso bellissimo, che l’anziana maga non gli aveva mai visto e che faceva risplendere il pallore del suo volto.
- Le parole non servono, Minerva, - sussurrò piano, profondamente commosso, sorridendole con dolce affetto, - le tue lacrime hanno già parlato per te…
E i tuoi pensieri mi hanno rivelato tutto il resto; ma non c’era bisogno che lei lo sapesse, anche se probabilmente lo avrebbe presto intuito.
- Severus…
Il mago rispose solo con il suo silenzioso sorriso.
- Tu e Albus dovevate dirmi di quel vostro folle accordo! – esclamò all’improvviso Minerva con voce carica di dolore. – Non saresti stato così tremendamente solo nella tua sofferenza!
- Dovevi odiarmi, Minerva, come tutti gli altri. – rispose con voce sommessa, scotendo piano il capo. – Anzi, tu più di chiunque altro.
- Benedetto ragazzo… - disse in un soffio sofferto la maga. – Sapessi in questi tre mesi quante volte ho discusso con Albus... con il suo quadro, - un lungo sospiro la interruppe, - e mi ha detto esattamente le stesse cose… - concluse abbassando lo sguardo e scrollando desolata il capo.
Severus osservò il dolore sul vecchio viso che non voleva rassegnarsi all’ineluttabilità di quanto era accaduto.
- Avrei saputo fingere! – esclamò infine la maga, battagliera, rialzando il mento con aria di sfida.
- Avresti veramente saputo farlo, davanti a tutti? Ai Mangiamorte ed agli amici? – chiese Severus, il sorriso che si faceva triste sul suo volto pallido.
Minerva non rispose.
- L’Occlumanzia di alto livello è una disciplina incredibilmente complessa, difficile da imparare e padroneggiare. – spiegò pacato Severus. – È stato Albus il mio maestro: mi impose un lungo allenamento ogni sera, e poi io mi esercitavo fino a tarda notte, sperando così di tenere lontani gli spettri che popolavano gli incubi del mio passato. – aggiunse sospirando. – È solo grazie alla mia rara capacità nell’Occlumanzia se sono rimasto vivo dopo il ritorno dell’Oscuro Signore. – concluse con orgoglio.
Minerva rimase ancora in silenzio ad osservare quel nuovo Severus che con fierezza si svelava ai suoi occhi stupiti.
- Ma più dell’odio che leggevo nel tuo duro sguardo, Minerva, era il tuo dolore che m’addolorava.
La voce del mago si era fatta roca, ma non era la ferita infertagli da Nagini, l’unica causa.
- Vedevo quel dolore nei tuoi occhi, velato dall’odio. Ma c’era. – aggiunse sospirando, il sorriso ormai svanito dalle labbra sottili. – Il dolore d’una madre che crede d’aver perso il figlio. Lo strazio d’una madre che crede che il figlio abbia ucciso il padre…
A quelle parole, Minerva crollò del tutto: Severus aveva capito ogni suo sentimento ed emozione, da sempre. Lei non aveva capito nulla, mentre lui…
Questa volta seguì l’impulso del cuore e lo abbracciò in un gesto istintivo e imprevisto per il mago che si ritrovò stretto tra le braccia di una Minerva sconosciuta, che tra singulti trattenuti a fatica mormorava:
- Severus, ragazzo mio, caro ragazzo
- Vederti soffrire e non poter fare nulla per lenire il tuo dolore, sapendo che solo io potevo realmente farlo, è stato atroce. – mormorò a fatica il mago, la voce soffocata. – Lasciarti soffrire, mentre spudoratamente mentivo davanti al tuo dolore, facendoti soffrire ancora di più, - il mago s’interruppe per un istante, sciogliendosi dall’abbraccio mentre la pena del ricordo dilagava sul suo volto pallido e tirato, – è stata la cosa più difficile, – un nuovo, lungo sospiro colmo di strazio ad interromperlo, - quasi come sulla torre di Astronomia, quella notte…
La voce di Severus divenne un sussurro sottile, pregno d’angoscia. Non riuscì a terminare la frase.
Minerva lo abbracciò di nuovo, lo strinse forte al suo cuore di madre:
- Povero, caro ragazzo mio, - mormorò a fatica, la voce incrinata di pianto, - quanto coraggio, quanto strazio, quanta disperata solitudine nella tua vita…
Severus si sciolse con dolcezza dallo stringente abbraccio e sorridendo di nuovo indicò Elyn: la Guaritrice era sempre rimasta in silenzio ad osservare quel lungo incontro tra due persone che, timorose di mostrare le proprie emozioni, non avevano mai avuto il coraggio di rivelarsi il reciproco, profondo affetto e solo in quel momento erano riuscite ad abbattere la barriera che li aveva tenuti divisi per tanti anni, lasciando che finalmente i sentimenti dilagassero rompendo l’argine.
- Ora sono felice, Minerva. Immensamente felice. - Sussurrò, un raggiante sorriso ad illuminargli il viso, gli occhi neri che scintillavano d’amore. – Ho Elyn al mio fianco. Ho il suo amore, e il suo perdono.
La Guaritrice sorrise: Severus era davvero guarito.
- E il suo meraviglioso sorriso. – terminò Severus in un ardente sussurro innamorato.

Edited by Ida59 - 13/7/2015, 14:06
 
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Con l'occasione preciso una cosa: il commento alle coraggiose dei sorrisi settimanali li propongo qui. Invece per tutti gli altri sorrisi occasionali il commento lo lascio di là.(spero vada bene)

Affetto di Ida

Quando si tratta il personaggio Minerva per me è festa grande. In questo brano in particolare nulla del percorso della sua anima viene dimenticato.
Severus e Minerva sono indubbiamente nel mio immaginario la madre e il figlio; anche durante la lettura dei libri ho immaginato un affetto materno sotteso alle battute sarcastiche e agli scherzi ironici che i due si scambiano.
Qui tutto è finalmente alla luce del sole, illuminato dalla speranza e dalla certezza di un futuro possibile.
Grande Minerva che rimprovera ancora adesso Albus e Severus per averla tenuta allo scuro delle loro trame e averle permesso di far soffrire il suo ragazzo.
Ida ha scelto il silenzio ed è ammirevole il fatto che nei momenti topici della vita a poco valgono le parole, basta un abbraccio, qualche lacrima e un sorriso:perchè quando si ama non serve molto di più.
Bravissima :lovelove:

Edited by Ida59 - 3/4/2021, 10:30
 
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view post Posted on 27/7/2013, 16:01
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CITAZIONE (chiara53 @ 27/7/2013, 16:36) 
Con l'occasione preciso una cosa: il commento alle coraggiose dei sorrisi settimanali li propongo qui. Invece per tutti gli altri sorrisi occasionali il commento lo lascio di là.(spero vada bene)

Direi di sì: nella discussione del Gioco c'è già molta carne al fuoco e se li lasci qui alleggerisci un po' l'affollamento di messaggi di là.

Edited by Ida59 - 13/7/2015, 14:07
 
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Continuo con i sorrisi di Ida.

#6 - Inconcepibili

CITAZIONE
Chi mai avrebbe potuto amare un uomo come lui?

*scorre la lista, ma non riesce ad arrivare alla fine*
È una domanda che un "uomo come lui" non può non farsi, lui che non ritiene di meritare nulla, soltanto la morte per essere finalmente libero e per rendere libera la terra dal mostro che si ritiene di essere, come può non farsi una domanda simile.
Amore, perdono, sono veramente parole inconcepibili per lui, non sono mai state per lui perchè non crede di meritarsele, ma soprattutto perchè non ne conosce a fondo il significato, non è mai stato amato di quell'amore vero che ti scalda l'anima, per questo non può comprendere a pieno quei termini, non è solo il non credere che si possano accostare a lui, non puoi pensare che qualcuno possa perdonare qualcun altro che non è mai stato amato.
E quelle parole inconcebili diverranno "realtà" non appena scoprirà il loro vero significato, non appena capirà che anche lui può essere amato nonostante tutto.
Perché c'è chi è pronta ad amare un uomo come lui.
Mi piace molto la dolcezza di cui è intrisa la storia, giocata perfettamente in quel meraviglioso, splendido nome e nelle labbra che lo pronunciano.

#7 - Non voglio morire

CITAZIONE
Non voglio morire.
Non ora che mi hai insegnato a sorridere.

Penso che in queste due frasi ci sia tutto, ma proprio tutto, e quelle parole che prima erano inconcepibili adesso stanno diventando reali, parole per lui, sussurri per lui, lacrime per lui, sorrisi per lui.
E no, non vuole morire, quando finalmente si comprende tutto questo, quella speranza, flebile o forte che sia, ci fa rimanere ancorati a quella vita, combattendo per andare avanti.
E Severus ora sa sorridere, pienamente e caldamente (brutta parola ma al momento non mi viene in mente nulla di meglio, si sposa bene con la temperatura XD).
Mi è piaciuto molto come hai reso quella tacita (ovviamente non poteva essere altrimenti) richiesta d'aiuto e di vita, mostrata negli occhi e nella mente, e non c'è niente di più bello dei suoi occhi *-*

#8 - Comprensione

CITAZIONE
- Dopo tutto questo tempo?
- Sempre. [1]

E basta! Bello tutto, bell'amore, tutto bello, però adesso basta, diamine!
Una bella pietrina sopra?! (Ok, pessima frase, lo so XD)
Lily non ti amava, punto. Elyn sì, punto e a capo.
Quindi l'equazione è piuttosto semplice su -_-
Meravigliosa, dolce e forte Elyn che sta lì, al suo fianco, a sussurrargli il suo nome, al suo fianco in quella battaglia e quanto è bella la parola "comprensione", così potente per essere una parola soltanto, perchè in quelle lettere c'è tutto.
Quando esiste la comprensione tutto il resto verrà da sé, o non verrà, ma è pur sempre una reazione a qualcosa che si conosce e non ha un velo di finzioni e di verità nascoste dietro un muro.
E che bello quel "Solo ora Severus l’aveva capito" *-*

#9 - Il calderone della mente

Meraviglioso Severus, e meraviglioso è stato entrare nella sua mente che elaborava la Pozione, era come vederlo all'opera nonostante fosse fermo su un letto e tutte quelle immagini scorrevano nella sua testa e in quella di Elyn poi, donnina fortunella, entrare nei pensieri del mago deve essere qualcosa di speciale, unico, inimitabile ed emozionante *-*
Insomma, pure io! :woot:
Bello come hai descritto il tutto, la gioia incontenibile della strega (come non capirla) che sfocia in quelle due parole assolutamente stupende, da brividi... "amore mio", beh, che altro c'è da dire?
Nulla, nulla, soltanto bellissimi sorrisi d'amore.

#10 - Pensieri come parole

CITAZIONE
Sapeva anche che amava Lily… però di un amore sbagliato, un amore malato, un amore senza speranza, fatto solo di sofferenza, di sogni perduti, di rimpianti e rimorsi. Un amore che era solo la punizione che si era inflitto tanti anni prima, per impedirsi di vivere, per pagare le sue imperdonabili colpe.

Ecco, brava, diglielo che è ora che chiude in un cassetto con 600 mandate circa quell'"amore" e ne vive uno tutto suo, dove possibilmente è ricambiato.
Tò, guarda caso, sta proprio lì davanti... dai, dai, dai, suuuu...

CITAZIONE
Ma non poteva più amare una donna morta da diciassette anni, anche se era stato lui la causa prima della morte che aveva distrutto tutti suoi sogni: aveva finalmente capito che non aveva alcun senso continuare ad amare una donna che non lo aveva mai amato, che aveva liberamente scelto di amare un altro ed avere un figlio da lui.

Oooohhhh, sia lode all'eroe trionfatore!!! :woot: :esulto:
Dove sta Elyn che le vado a dare un bell'abbraccio.
Era ora, e poi adesso si è aperto completamente a lei, quindi... :wub:

Il romanticismo in questa calura estiva ci sta a cecio :woot: scioglie ancora di più, ma vedere Severus finalmente consapevole che basta con Lily, beh, non ha prezzo *-*

Mo mi fermo, io vado 5 a 5, sperando tu non vada 50 a 50 altrimenti campa cavallo! :woot: :soppracciglio:
 
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