Oooooh dopo la storia di Ida sembra fatto di proposito!
n. 13
Titolo: Il sorriso di Severus Piton Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: One shot
Rating: Per tutti
Genere: nessuno in particolare
Personaggi: Ron, Luna
Pairing: Hermione / Severus
Epoca: post 7 anno, epilogo alternativo
Avvertimenti: AU
Riassunto:
Ron non capiva.
Ce la stava mettendo tutta.
Ma non capiva.Parole: 836
Il sorriso di Severus Piton Ron non capiva.
Ce la stava mettendo tutta.
Ma non capiva.
Seduto ai margini della pista da ballo osservava le coppie che ballavano sul luccicante pavimento argentato che suo padre aveva fatto comparire dopo la cerimonia che aveva unito Ginny e Harry in matrimonio.
Aveva capito la rottura del fidanzamento con Hermione. Aveva sempre saputo che lei era
veramente troppo per un tipo ordinario come lui. Aveva capito la scelta di Hermione di cercare la sua strada altrove iniziando a lavorare al San Mungo come medimaga. Aveva capito, perfino, l'inizio di quella strana amicizia nata proprio all'ospedale dove lui era stato ricoverato per quasi un anno.
Aveva capito tutto questo.
Eppure questa sua scelta proprio non riusciva a capirla.
E più la guardava ballare al centro della pista con il suo compagno meno la capiva.
Il mago inclinò la testa di lato per analizzarlo meglio.
Per prima cosa era
vecchio. Non serviva un'analisi accurata per capirlo.
Era più grande di lei di svariati – troppi - anni. Poteva essere suo padre.
Non era un bell'uomo, ma quando si parlava di Hermione Jane Grager la bellezza esteriore non contava poi molto. Insomma neppure Krum era bello! E lui non sarebbe mai entrato nella classifica dei maghi più belli del Settimanale delle Streghe.
Ma Severus Piton non aveva proprio nulla di bello.
Insomma aveva i soliti capelli lunghi e che molto probabilmente con gli anni erano ancora più unticci. Il naso troppo grande, la pelle era meno olivastra poiché non viveva più nei sotterranei, ma era comunque pallido come il fantasma che viveva nella soffitta della Tana. Vestiva sempre di nero...
Com'era quella favola Babbana? Ah sì, la Bella e la Bestia.
Come poteva Hermione vivere nella stessa casa con quell'uomo?
Socchiuse gli occhi.
Piton non era cambiato dopo la guerra, neppure dopo la sua miracolosa guarigione. Era sempre scorbutico e non aveva smesso di terrorizzare gli studenti a Hogwarts. Non aveva smesso di preferire i Serpeverde. E, nonostante fosse Preside, se poteva togliere punti a Grifondoro non se lo faceva ripetere due volte.
Hermione non aveva mai cercato di spiegare quella strana relazione.
Un pomeriggio assolato aveva lanciato la notizia bomba lasciando tutti di stucco alla Tana.
Anche il fantasma della soffitta.
Alla fine, vedendo che tra di loro le cose andavano bene, tutti avevano capito ed accettato la novità.
Lui, invece, non riusciva proprio a capire.
- Stai cercando di vedere i Nargilli? - domandò Luna sedendosi accanto a lui.
- Cosa? - sussultò guardandosi attorno improvvisamente distolto dai suoi pensieri – I Nargilli?
- Oh sì. - continuò Luna con i suoi occhioni sgranati e l'aria sognante – Amano i fiori dai colori accesi. Ho detto a Ginny che i fiori rossi non erano l'ideale per il matrimonio, ma non ha voluto ascoltarmi.
- No... stavo solo guardando...
- Oh... - fece Luna intercettando il suo sguardo – stai guardando
loro. Credo che sia normale, tu e Hermione siete stati fidanzati per tanto tempo. Anche se ho sempre pensato che lei fosse troppo intelligente per te.
- Grazie, Luna – rispose il rosso non sapendo se sentirsi offeso o meno.
- Prego, non c'è di che. - fece lei prendendo una tortina al rabarbaro – Credo che lei e Piton abbiano molto in comune.
- Tu dici? - le domandò il mago.
- Guardali, sembrano così felici.
Ron tornò a guardare la pista da ballo.
Sua madre e suo padre ballavano stretti, sorridevano entrambi.
Anche Bill e Fleur stavano ballando, lui le accarezzava il pancione, sorridevano entrambi.
Harry e Ginny fecero un giro di pista, i loro sorrisi avrebbero potuto illuminare tutto il giardino della Tana.
Hermione e Piton non sorridevano.
O meglio.
Hermione sorrideva, mentre Piton si limitava a fissarla.
Non sembrava arrabbiato, ma neppure felice.
Indossava una fredda maschera di indifferenza.
- A me non sembrano felici. - dichiarò – Piton ha una faccia da funerale.
- Uh... - mormorò Luna ingoiando l'ultimo boccone di pasticcino – credevo che volessi fare l'Auror.
- Io sto facendo l'addestramento da Auror!
- Allora dovresti osservare meglio le persone. Oh... uno gnomo da giardino.
Ron la osservò allontanarsi con il suo solito passo saltellante. Il modo schietto di parlare di Luna era in grado di pietrificarlo, anche Harry restava senza parole con lei. Perfino Hermione faceva fatica a risponderle a volte e lasciare Hermione senza parole era difficile.
Tornò a guardare la pista da ballo.
La musica stava per finire. Si ritrovò ad osservarli di nuovo, soffermandosi sul Preside.
Effettivamente i lineamenti di Piton sembravano meno duri quel pomeriggio, perfino le sue labbra non erano piegate nel solito beffardo sorriso. La profonda ruga che gli solcava la fronte era appena accennata.
E poi lo vide.
Il suo sguardo.
Quegl'occhi neri e profondi, che gli avevano sempre ricordato gli occhi freddi ed inespressivi della bambola di pezza di Ginny, erano illuminati da una luce nuova. Sembravano vivi, intensi e fissi sulla sua compagna.
Severus Piton non stava sorridendo apertamente ad Hermione. Eppure le stava sorridendo a modo suo.
Ron sgranò gli occhi incredulo.
Ora capiva.
n. 14
Titolo: L’angelo nero che andò a prenderla Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: One shot
Rating: Per tutti
Genere: Triste
Personaggi: Minerva, Severus
Pairing: nessuno
Epoca: post 7 anno
Avvertimenti: missing moment
Riassunto:
Sembrava che stesse dormendo e, dal sorriso che aveva, sembrava che stesse facendo un bel sogno. Parole: 1104
Note: Se la vostra è stata una giornata di cacca non leggetela. Per dirla alla Silente: vi prego…L’angelo nero che andò a prenderla Minerva McGranitt si considerava una donna fortunata.
Era una strega in gamba, sopravvissuta a due guerre magiche.
Era stata innamorata ed era stata amata.
Aveva conosciuto maghi di eccezionale valore.
La sua vita era stata piena, intensa sia con momenti brutti che con momenti belli.
Decisamente non poteva lamentarsi.
C’erano stati maghi che non avevano avuto altrettanta fortuna.
La strega appoggiò sulle gambe, coperte dal plaid di tessuto scozzese, il lavoro a maglia che aveva iniziato per la nuova pronipotina in arrivo e guardò fuori dalla finestra.
Il cottage che aveva acquistato dopo anni di sacrifici si affacciava sul mare.
In primavera ed in estate il rumore delle onde che si infrangevano sugli scogli e l’odore di salsedine erano i suoi compagni della giornata.
In autunno ed inverno il vento cullava la casa come farebbe una madre col proprio figlio.
Era un bel posto dopo passare il resto della vita o quello che ne restava.
Dall’ultima battaglia erano passati anni, molti, molti anni. Era vecchia anche per il mondo magico.
Sapeva che se si guardava allo specchio avrebbe visto una donna anziana, con i capelli candidi, leggermente ingobbita dal tempo, il volto attraversato dalle rughe.
Era stanca.
Guardò il lavoro a maglia appena iniziato.
Il lavoro coi ferri l'aiutava a perdersi nei suoi ricordi e a tenere a bada il tremore alla mano che sovente l'accompagnava impedendole anche di reggere la bacchetta.
Non era certa che l'avrebbe finito. Era sempre così quando iniziava un nuovo lavoro, ed ogni volta lo finiva prima del tempo.
Ma questa volta c'era qualcosa di diverso... forse il suo vecchio cuore aveva deciso di abbandonarla.
Allungò la mano e prese la tazza di the appoggiata al tavolino accanto alla sedia.
La mano tremò, la strega fece un profondo respiro cercando di tenerla il più ferma possibile, poi la portò alle labbra.
Bevve un sorso e la riappoggiò con un lieve sospiro. Il vento ululava fuori dalla finestra e il mare in burrasca di scontrava con forza sugli scogli.
Riprese a lavorare mentre ripercorreva gli anni della sua gioventù e quelli di donna adulta troppo impegnata nel lavoro per pensare all'amore. Ripensò ai brevi anni passati con Elphinstone, alle risate che quel mago riusciva a strapparle la sera davanti al camino acceso. Al suo amore incondizionato, a quanto l'aveva resa felice anche se per poco, pochissimo, tempo.
Gli mancava.
Così come gli mancava Albus.
Il suo amico che aveva sempre un consiglio da darle, lui che l'aveva consolata in sala professori quando aveva saputo del matrimonio di Dougal.
Le mani quasi lavoravano da sole mentre ripercorreva ogni anno della sua lunga vita. Ogni punto era una persona amata.
Ogni punto era un'azione che aveva compiuto.
Ogni punto era un parola che non era riuscita a dire.
Ogni punto era una parola che avrebbe voluto rimangiarsi.
- Buonasera, Minerva.
Le mani si fermarono bruscamente e, dopo un attimo di stupore, le labbra si incurvarono in un sorriso.
Sollevò lo sguardo dal lavoro a maglia.
Davanti a lei c'era un uomo che non era invecchiato con il tempo.
Forse perché dove stava lui il tempo non aveva importanza.
Indossava gli stessi abiti con cui era stato sepolto, li riconosceva, li aveva scelti lei.
Un gesto insignificante, ma le sembrava il modo migliore per chiedere scusa. Era stata un'idea sciocca, il senso di colpa per come si era comportata l'aveva schiacciata per anni.
Appoggiò il lavoro a maglia sulle gambe.
- Sei venuto per vendicati?
Il mago sollevò un sopracciglio fine.
- Vendicarmi?
- Ti ho ostacolato in ogni modo in cui mi era stato possibile.
Il mago sorrise appena.
- Era giusto così.
- Ti ho lasciato solo.
- Io non ero mai solo.
- Avevi bisogno di un'amica.
- No, avevo bisogno di qualcuno che proteggesse gli studenti. – fece un sospiro e a Minerva sembrò si sentire il suo respiro sul volto. Ma i morti non respirano. - Anche da me.
- Ti ho chiamato
codardo...Una lacrima solcò la guancia della vecchia strega, la lasciò scendere lungo la mascella per poi perdersi nel plaid che le copriva la gambe.
- Non ho avuto fiducia in Albus e neppure in te, Severus. – continuò mentre un’altra lacrime percorreva lo stesso sentiero della prima.
- Nessuno poteva avere fiducia in un assassino.
- Tu non sei un assassino! - gridò, per quanto il suo vecchio corpo stanco glielo permettesse.
Per un attimo si sentì di nuovo la professoressa che sgridava uno studente scoperto nei corridoi dopo il coprifuoco.
Il mago vestito di nero davanti a lei sorrise ancora.
- Mi dispiace, Severus. - disse Minerva – Mi dispiace tanto.
- Lo so. - rispose l'altro – Ho visto... ho sentito... ma tu non devi scusarti. Non devi farlo mai più, Minerva.
- Ma... Severus io...
- Mi sei stata vicina per anni. Sei stata mia amica a volte anche una madre. Io ero quello da odiare. Quello era il mio compito. Dovevi focalizzare le tue forze su di me, su quello che rappresentavo. Ti ha permesso di non lasciarti andare, Minerva. Sei stata forte, hai combattuto.
- Ho combattuto contro di te.
- Era giusto così. - disse di nuovo la presenza.
Minerva sospirò e chiuse gli occhi un istante.
- Perché sei qui?
- Perché, ora, ho un altro compito.
- Sei venuto a prendermi?
- Sì.
La strega aprì gli occhi.
Severus le stava porgendo una mano invitandola ad alzarsi.
Abbassò lo sguardo sul lavoro a maglia che non avrebbe finito.
- Me lo sentivo questa volta…- sorrise allungando poi una vecchia mano.
Si era quasi convinta che la sua mano avrebbe trapassato quella di Severus. Era certa di afferrare l’aria. Invece la stretta del mago fu salda, forte e un brivido le attraversò il corpo.
Sentiva di nuovo le forze di un tempo, era quasi certa che se si fosse guardata allo specchio avrebbe visto la giovane Minerva di un tempo. Forte e in salute, con ancora il mondo e la vita davanti a sé.
Ma non era più la vita che stava guardando ora.
Severus le sorrideva, come non aveva mai fatto da vivo. Sembrava in pace, sereno. E si sentì serena e in pace anche lei.
Le strinse la mano.
- Dobbiamo andare, - le disse – ci stanno aspettando.
- Sì.
Il giorno dopo quando il nipote la andò a trovare, la trovò ancora seduta sulla sedia a dondolo.
Il capo reclinato con grazia di lato, il lavoro a maglia appoggiato sulle ginocchia.
Le mani abbandonate di lato.
Sembrava che stesse dormendo e, dal sorriso che aveva, sembrava che stesse facendo un bel sogno.