Il Calderone di Severus

Sfida FF n. 14: Sette giorni per un Sorriso

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view post Posted on 19/3/2013, 22:07
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I ♥ Severus


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Sereno tramonto, di Kijoka.

Me sei che sei furbetta veramente assai? :P
Sei riuscita a “fregarmi” per quasi metà storia, facendomi credere una cosa per un’altra ed io ci sono cascata in pieno! Sì, lo so, lo so benissimo che gongolando a questa mia ammissione, maledetta!
All’inizio c’era qualcosa che non mi quadrava, ma poi ho voluto credere ad un incubo straziante che accendeva i ricordi mentre la realtà, ormai, li aveva superati. La prima parte l’ho trovata quindi molto angosciante

CITAZIONE
Il colore del dolore, il colore della vita.

Bella, e tremendamente vera, questa considerazione.

Bellissime tutto il brano sul tempo che fugge via “senza chiedere il permesso”, con il chiudersi del giorno in un “inno” che è poi il tramonto del titolo. Una descrizione assolutamente stupenda che, come sempre le tue ha il potere di portarmi immediatamente dentro la scena, a vedere e sentire in prima persona.

Poi, finalmente, seppur con molto ritardo ho compreso di chi sono i pensieri. Avevo avuto il dubbio all’inizio, ma ora ne ho la certezza: sei stata molto brava ad ingannarmi con tutto il sangue seulle mani…
E così, eccolo lì, il mio povero amore, che ancora e sempre soffre, anche se sembra che la crudele fanwriter abbia voluto concedergli una breve pausa, illuminata da un sorriso, nonostante

CITAZIONE
il malefico serpente si è accanito, lasciando nel tuo sangue il veleno infuocato che brucia il tuo corpo.

Tremendo, da brividi! Il mio povero amore dolce!!!
CITAZIONE
La magia ci unisce e io sento quando hai bisogno di me. Succede che soffoco, come se mi mancasse l'aria, e devo tornarti accanto, per aiutarti.
Nessuno si sa spiegare come io possa farlo: io sola conosco il segreto.

Sapessi come sono curiosa di scoprire questo legame!

Piena di speranza la chiusura della storia, bella e intensa, davvero angosciante nella parte iniziale, nel rosso torrente dei ricordi. Poi l’angoscia si stempera un po’, anche se non scompare mai, sempre ricordata da quella pelle rovente sotto le dita; viene sostituita dall’intrigante mistero dell’identità di questa persona (già incontrata in una precedente storia) chee, tramite un particolare legame magico, in qualche modo combatte per Severus e riesce a tenerlo in vita e gli promette di restargli accanto. Per sempre.


Edited by Ida59 - 12/7/2015, 22:18
 
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Autore/data: Alaide – 20-22 febbraio
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One-shot
Rating: per tutti
Genere: Drammatico, Introspettivo
Personaggi: Severus Piton, Personaggio originale
Pairing: nessuno
Epoca: Post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: L’uomo sembrava come gettato in un angolo, alla stregua di un vecchio arnese dimenticato, quasi nessuno volesse avere qualcosa a che fare con lui.
Nota: Il titolo, Tetralogia, fa riferimento alla Tetralogia wagneriana, una saga musicale costituita da quattro opere. Ovviamente non riprenderò il titolo delle opere, né la loro trama mi è servita da ispirazione. E’ stata più che altro la musica ad essere quasi una “colonna sonora” durante la scrittura della storia. Ciò che seguirò è, invece, la struttura delle quattro opere, quindi la divisione in atti e la divisione degli atti in scene.
Parole: 844

Tetralogia

1. Vigilia. La stanza dalle pareti gialle



L’uomo sembrava come gettato in un angolo, alla stregua di un vecchio arnese dimenticato, quasi nessuno volesse avere qualcosa a che fare con lui. La stanza stessa del piccolo ospedale di provincia aveva un che di dimesso e dimenticato.
La luce di un pallido sole di novembre non poteva far nulla per rendere più piacevoli le spoglie pareti giallastre.
«Chi è?» domandò una giovane donna, lanciando un’occhiata dalla porta semi-aperta. Da dove si trovava riusciva unicamente a scorgere un uomo seduto di spalle.
«Si chiama Severus Piton.» rispose l’infermiera che la stava accompagnando. «È arrivato quattro mesi fa. Ricordo perfettamente quel giorno, signorina Fairchild. Chi l’ha portato sembrava di fretta. L’ha lasciato qui, quasi non sapesse cosa farsene. E da allora nessuno è venuto a trovarlo.»
«Crede che sia un problema se entro? Ho un disegno per ogni paziente.» mormorò la giovane donna, lanciando un’occhiata oltre la porta a metà aperta.
«Non credo, signorina.» biascicò lentamente l’infermiera. Aveva visto più di un paziente – quasi tutti a dire il vero – dimenticato, quasi vi fosse qualcosa di nocivo in lui, anche quando così non era. E sapeva che molti di loro attendeva con impazienza la visita di Melusine Fairchild, o di una delle sue colleghe, o dei bambini stessi. «Non si aspetti però un’accoglienza calorosa. Anche se, qualsiasi cosa gli sia successa, ha le corde vocali terribilmente danneggiate, al punto che deve limitare al minimo l’uso della parola, riesce a farti sentire di troppo.»
La giovane donna annuì unicamente, poi bussò lievemente all’uscio per annunciarsi. L’uomo non si voltò, né fece cenno di averla sentita. Melusine si avvicinò lentamente, quasi timorosa di disturbarlo. Era l’unico nuovo paziente dall’ultima volta che era andata all’ospedale.
«Buongiorno, signor Piton.» disse, quando si trovò accanto all’uomo vestito di nero. «Spero…» si interruppe a disagio. Sul tavolino accanto al quale era seduto l’uomo, c’era un quaderno ed una biro. «Spero di non disturbarla.»
Fu in quel momento che gli occhi dell’uomo si posarono su di lei, facendola sentire ancora più a disagio. Le parve che quel paziente fosse circondato da una barriera fatta di solitudine, una solitudine che la inquietava.
Abbozzò un lieve sorriso, un sorriso gentile, un sorriso fin troppo simile a quello che utilizzava quando un bambino arrivava all’orfanotrofio. Aveva visto giungere fin troppi bambini durante la prima metà dell'anno precedente, bambini che non riuscivano a far altro che chiudersi nella loro solitudine.
Ed in quel momento, come di fronte a quei bambini che avevano perso forse per sempre il sorriso, non sapeva cosa dire o fare di fronte allo sguardo dell’uomo, se non sorridere gentilmente, quasi scusandosi per aver invaso la sua solitudine.
Eppure sapeva che qualcosa dove dire o fare.
Era cosciente che i bambini ci sarebbero rimasti male se fosse tornata senza aver distribuito tutti i loro disegni.
«Signor…»
Melusine si interruppe quando l’uomo le allungò il quaderno con un gesto brusco.
Faccia quello che deve fare e lo faccia alla svelta.
Alla giovane donna sembrava quasi di sentire il tono di quelle parole, vergate rapidamente. Rese il quaderno all’uomo e prese in mano, dalla cartelletta che portava con sé, un disegno. Gli getto un’occhiata e riconobbe le immagini cupe di Judith.
«I bambini dell’orfanotrofio dove lavoro hanno realizzato un disegno per ogni paziente.» mormorò Melusine, sotto lo sguardo dell’uomo.
Senza aggiungere altro, gli porse il disegno. Rimase per diverso tempo immobile, poi posò il disegno sul tavolo accanto all’uomo. Gli rivolse un ultimo sorriso gentile, chiedendosi, mentre usciva, cosa si celasse dietro quello sguardo che pareva rinchiudere un mondo celato a tutti.
Severus udì i passi della donna allontanarsi lentamente.
Sapeva che sul tavolo accanto c’era il disegno realizzato dalle mani innocenti di un bambino. Non voltò il capo, né allungò un braccio per poterlo afferrare. C’era qualcosa di terribilmente sbagliato in tutto quello, così come c’era qualcosa di sbagliato in quei sorrisi gentili che gli erano stati rivolti. Nessuno avrebbe dovuto donargli un disegno, men che meno creato da un bambino, nessuno avrebbe dovuto sorridergli come aveva fatto quella donna dal volto gentile.
Se per questo egli non avrebbe nemmeno dovuto trovarsi tra i viventi. Avrebbe dovuto trovare la morte nella Stamberga Strillante.
Invece viveva.
Ed accoglieva con gioia il dolore che nessuna Pozione poteva calmare, men che meno in quel momento in cui si trovava in un ospedale Babbano.
Forse in quell’allontanamento forzato dal Mondo Magico c’era una parvenza di giustizia, quella giustizia che non risiedeva nella sentenza del Wizengamot che l’aveva assolto.
In quel momento avrebbe dovuto trovarsi ad Azkaban a scontare le sue colpe, non in quel luogo, dove riceveva in dono il disegno di un bambino.
Si alzò faticosamente in piedi, appoggiandosi al tavolo. Infine lo sguardo si posò sul disegno: due persone, un uomo ed una donna erano immersi nell’ombra, una luce, stranamente fredda, per il disegno di un bambino, e qualche albero dai rami spogli.
Il disegno di qualcuno che sta crescendo troppo in fretta, si disse l’uomo, tornando a sedersi, lo sguardo fisso davanti a sé, sulle pareti giallastre della stanza, chiedendosi per quale scopo vivesse ancora.

Edited by Alaide - 23/5/2013, 23:07
 
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Tento - ed è l'ennisima volta che lo dico - di mettermi in pari con lettura e recensione delle storie.

Ho letto di filato due delle quattro storie di Ida, che, al momento, devo ancora leggere e commentare.
Andando con ordine, leggendo Non voglio morire la prima cosa a cui ho pensato è stata la musica che accompagna la scena, qualcosa di altamente drammatico, una di quelle melodie che fa vivere all'ascoltatore i medesimi sentimenti dei personaggi. Mi è piaciuta la frase di incipit, secca e incisiva, come a voler anticipare quanto viene ascoltato da Severus. Ho letto tutto il dialogo tra Elyn ed Ippocrate (nome quanto mai straniante, considerando che il Mago non sta affatto rispettando il giuramento di Ippocrate, decidendo che è meglio lasciar perdere, quando varrebbe la pena proseguire nelle ricerche), come si osserva una pièce di teatro, ascoltandone le voci, soprattutto, seguendone i movimenti, ma il lato sonoro della visualizzazione è stato più forte, forse per quelle parole all'inizio. Bellissimo tutto il paragrafo finale con la vita che incrina il gelo a cui Severus ha costretto il suo cuore, un passaggio che porta in maniera logica al finale, alla volontà di non morire (e sono sollevata pensando che sei tu che stai scrivendo questa storia... sono certa che a Severus sorriderà la vita e l'amore di Elyn. Sarei molto meno sollevata se stessi scrivendo io). Ho adorato il continuo insistere sul riportare in vita, da parte di Elyn, delle sue lacrime e del suo amore, l'animo di Severus. E poi il finale, quello sguardo e quel comunicare la volontà di vita (il contrario della wagneriana volontà di morte, presente in molti dei suoi personaggi). Ed il sorriso finale di Elyn. Splendido.
Comprensione si collega perfettamente con la storia precedente. Mi è parso di udire il mormorio delle parole di Elyn, mentre questa parla e racconta. L'intervento di Fanny ed i pensieri conseguenti di Severus sono arrivati subito alla mia mente. Ma quello che emerge veramente nel racconto è proprio la comprensione assoluta di Elyn nei confronti di Severus, comprensione che non può che passare attraverso la consapevolezza dei tormentosi rimorsi dell'uomo. Quella comprensione che rende, come pensa Severus nel finale, bello e dolce il sorriso di Elyn. Veramente una splendida storia!
 
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view post Posted on 21/3/2013, 21:52
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CITAZIONE (Alaide @ 21/3/2013, 21:15) 
leggendo Non voglio morire

Grazie, Leonora: i tuoi commenti rendono sempre molto "musicale" la mia storia e la rivedo sotto un'altra angolatura, molto scenografica, a volte. Sono contenta che la drammaticità melodica ti abbia aiutato ad entrare nei personaggi.
Il nome Ippocrate non l'ho scelto io ma la Rowling (o i traduttori della Salani, non so), però è vero che sono stata io a renderlo... spergiuro! ;)
CITAZIONE
sono sollevata pensando che sei tu che stai scrivendo questa storia... sono certa che a Severus sorriderà la vita e l'amore di Elyn. Sarei molto meno sollevata se stessi scrivendo io

Non sai come ti capisco... :P :D


CITAZIONE (Alaide @ 21/3/2013, 21:15) 
Comprensione
[...] Ma quello che emerge veramente nel racconto è proprio la comprensione assoluta di Elyn nei confronti di Severus, comprensione che non può che passare attraverso la consapevolezza dei tormentosi rimorsi dell'uomo.

Sì, la comprensione è un punto essenziale. Senza la conoscenza, e la conseguente comprensione, del passato di Severus, l'amore di Elyn per lui non potrebbe nascere. Del resto, Elyn è tutte noi, lettrici che conosciamo molto bene Severus e per questo lo amiamo. Quindi dovevo darle modo di conoscerlo, e di comprenderlo, per poterlo amare, affinchè noi tutte potessimo immedesimarci in lei.


Edited by Ida59 - 12/7/2015, 22:19
 
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Autore/data: Ida59 – 11 - 20 gennaio 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: flash-fic
Rating: per tutti
Genere: introspettivo, drammatico, romantico
Personaggi: Severus, Personaggio originale
Pairing: Severus/ Personaggio originale
Epoca: Post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: La maschera cade, infranta. E nasce il sorriso. È il seguito di “Pensieri come parole”
Parole/pagine: 342/1.



Maschera infranta



La maschera, che per tutta la vita Severus aveva sempre premuto sul volto a reprimere e controllare ogni emozione e sentimento, era stata infranta e distrutta dalle zanne avvelenate di Nagini cui aveva offerto la vita per salvare quella del ragazzo che non sarebbe mai stato suo figlio.
La vita, però, Nagini non era riuscita a strappargliela via, miracolosamente salvata da lacrime di fenice, ultimo anelito vitale di un’amicizia, di un affetto paterno, di un sereno sguardo azzurro colmo di sorriso.
La sua impenetrabile maschera, invece, si era infranta in argentei fili di memoria, ricordi d’amore e di dolore, strazianti lacrime di sangue a pagare con la vita le sue imperdonabili colpe.
Così Elyn aveva potuto vedere la verità e aveva conosciuto solo l’uomo distrutto dai rimorsi, l’uomo che aveva rinunciato a vivere e solo continuava ostinato a compiere il suo dovere alla ricerca di un’impossibile redenzione, di un perdono che lui stesso non riusciva a concedersi.
L’uomo che credeva di non aver più diritto ad amare e riteneva di non meritare l’amore di nessuno.
Elyn, invece, gli sorrideva. Continuava a sorridergli.
Gli sorrideva con l’amore che nessuno gli aveva mai dato prima.
Non era il sorriso colmo d’affetto impaurito di una madre che ingannava il marito sulla vera e magica natura del figlio.
Non era il sorriso ingenuo e straripante d’entusiasmo di una bimba che scopriva l’esaltante magia del suo futuro.
Non era nemmeno il sorriso sereno e pacato di un vecchio cui aveva imparato a voler bene come ad un padre.
Era il sorriso di una donna, un sorriso traboccante d’amore.
Per lui.
Un sorriso che penetrava fino in fondo al suo cuore, un cuore che aveva cercato di uccidere e che per tanti anni aveva realmente creduto morto.
Invece era vivo, il suo cuore: era vivo, proprio come lui, come il suo corpo indisciplinato.
E voleva continuare a vivere… e imparare ad amare.
La maschera era ormai infranta: il sorriso poteva nascere, infine libero dalle catene del passato.
Severus sorrise dolcemente a Elyn, sapendo che lei avrebbe compreso.
Tutto.

Edited by Ida59 - 12/7/2015, 22:19
 
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CITAZIONE (Ida59 @ 21/3/2013, 22:14) 

Maschera infranta


Ok, o le recensisco tutte o nessuna, avevo deciso per questa sfida ff, causa tempo malandrino che non c'è.
Ma questa storia... wow.
Ida, ti posso solo dire che ho letteralmente gli occhi a forma di cuoricino. :wub:
E sorrido. :)
 
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CITAZIONE (pingui79 @ 21/3/2013, 22:52) 
CITAZIONE (Ida59 @ 21/3/2013, 22:14) 

Maschera infranta


Ida, ti posso solo dire che ho letteralmente gli occhi a forma di cuoricino. :wub:
E sorrido. :)

Ne sono molto felice.
Prenditi tutto il tempo che vuoi, ma ogni storia di questa sfida merita assai...


Edited by Ida59 - 12/7/2015, 22:19
 
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view post Posted on 22/3/2013, 17:15
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Maschera infranta

Sì, sì, sì, facciamola a pezzi la maschera, facciamolo!
Basta il sorriso di Elyn che sa tutto e capisce tutto.
Il male non se ne va, ma si può superare; anche Severus, così segnato nel corpo e nell’anima, può rivivere quando non vede che dolcezza e amore accanto a lui.
CITAZIONE
Gli sorrideva con l’amore che nessuno gli aveva mai dato prima.
Non era il sorriso colmo d’affetto impaurito di una madre che ingannava il marito sulla vera e magica natura del figlio.
Non era il sorriso ingenuo e straripante d’entusiasmo di una bimba che scopriva l’esaltante magia del suo futuro.
Non era nemmeno il sorriso sereno e pacato di un vecchio cui aveva imparato a voler bene come ad un padre.
Era il sorriso di una donna, un sorriso traboccante d’amore.
Per lui.

Bellissime le frasi in cui è Ida dice quello che non è il sorriso di Elyn, per arrivare a descrivere con maggior forza ciò che è: un soffio di amore per lui, solo per lui.
Tutto questo val bene uno sforzo che viene dall’anima, dal cuore di Severus per lei, solo per lei.
Che bella storia!
Mi spiace, ma qui il commento semplice e spontaneo non posso trattenerlo! Fanne l’uso che vuoi.
 
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1. Vigilia. La stanza dalle pareti gialle

Sei stata molto brava a descrivere ambienti imbruttiti e tristi in sintonia con la luce smorzata e l’aspetto dimesso delle pareti che immagino scrostate e scolorite.
Un mondo chiuso e asfittico per una creatura viva, nonostante se stessa.
Un pugno allo stomaco quel Severus lasciato solo, abbandonato in un mondo alieno.
Severus chiuso dal muro costruito per sé e contro di sé: è un’immagine di una tristezza infinita.
Come può far breccia un sorriso? Non può, non subito, non adesso.
Leonora, persino il disegno è scelto sull’onda dell’amarezza, non è un disegno gioioso, non ha colori vivaci, ma freddi, non adatti alla fantasia di un bambino.
Mi lasci con gran senso di vuoto e una grande malinconia.
Credo fosse questo il tuo intento, vero? Se lo era ci sei riuscita splendidamente.
Brava, come sempre, forse più del solito.
 
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view post Posted on 22/3/2013, 19:01
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CITAZIONE (chiara53 @ 22/3/2013, 17:33) 
1. Vigilia. La stanza dalle pareti gialle

Sei stata molto brava a descrivere ambienti imbruttiti e tristi in sintonia con la luce smorzata e l’aspetto dimesso delle pareti che immagino scrostate e scolorite.
Un mondo chiuso e asfittico per una creatura viva, nonostante se stessa.
Un pugno allo stomaco quel Severus lasciato solo, abbandonato in un mondo alieno.
Severus chiuso dal muro costruito per sé e contro di sé: è un’immagine di una tristezza infinita.
Come può far breccia un sorriso? Non può, non subito, non adesso.
Leonora, persino il disegno è scelto sull’onda dell’amarezza, non è un disegno gioioso, non ha colori vivaci, ma freddi, non adatti alla fantasia di un bambino.
Mi lasci con gran senso di vuoto e una grande malinconia.
Credo fosse questo il tuo intento, vero? Se lo era ci sei riuscita splendidamente.
Brava, come sempre, forse più del solito.

L'intento era proprio quello. Il disegno della bambina è ispirato ai disegni che ho visto, quand'ero piccola, ed in paese avevamo ospitato bambini della Bosnia, ai tempi della guerra in ex-Jugoslavia. Ricordo ancora i loro disegni, disegni non da bambini, che sono rimasti impressi nella mia mente in maniera indelebile. Quindi, anche se in maniera non cosciente - me ne sono accorta dopo aver scritto - sono emersi nel "creare" il disgno di Judith.
Sono felice che la storia ti sia piaciuta. E grazie per la bella recensione, Chiara.
 
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view post Posted on 25/3/2013, 10:48
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Vigilia. La stanza dalle pareti gialle, di Alaide

Angoscia e profonda solitudine, ecco le sensazioni indotte da questa storia. E freddo distacco dalla vita in un torrente inarrestabile di dolore (povero amore mio!).
In una parola: tremenda.
Sì, è un complimento.


Edited by Ida59 - 12/7/2015, 22:19
 
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kijoka
view post Posted on 26/3/2013, 23:52




Autore/data: Kijoka – 26 Marzo 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One shot
Rating: per tutti
Genere: introspettivo
Personaggi: Severus Piton
Pairing: nessuno
Epoca: Post HP7
Avvertimenti: AU
Riassunto: La mente può rielaborare quel che i sensi suggeriscono.
Parole/pagine: 650/2.

Sogni?

E' nero, più nero del nero.
Serro forte le palpebre, ma non si muovono.
Lucidi lampi illuminano questa mia perenne notte.
Sono sprazzi di luce che si confondono con brucianti stilettate di atroce dolore.
Se lasciassi andare, se dovessi arrendermi, la sofferenza se ne andrebbe... insieme alla mia vita.
E se fossi già morto? Trapassato e giunto nella terra che mi attendeva: quella dalla pena eterna.
Senza comando ogni nervo si tende e il sangue circola più veloce, bruciando nelle vene il prezioso ossigeno che i polmoni reclamano.
All'improvviso, come sempre, perdo la cognizione del quando e dell'essere.
Dentro di me deflagra un sole infinito e la lava che mi percorre il corpo brucia anche ciò che rimane di me, della mia coscienza.
Quando la ragione mi abbandona le voci e i suoni scompaiono inghiottiti dal buio senza fine e senza inizio, che porta con sé il tormento più cupo.
Non comprendo più, solo sento e il tempo si ferma.
Nulla mi può raggiungere e non trovo i pensieri per narrare a me stesso degli attimi infiniti, dilatati nel tempo, nei quali ogni atomo del mio corpo urla, senza voce.
Voglio restare qui, presente a me stesso, ma non posso... io ... non posso...

Il nero diventa bianco e gli alveoli si svuotano, senza tornare a riempirsi.
Solo il sangue pulsa rapido e mi riempie la bocca senza placare la mia sete.
Un nuovo spasmo tende i muscoli e mi inarca la schiena.
Mille aghi mi scorrono nelle vene.
Il baratro si spalanca e io cado in un abisso senza fine.

Riemergo lentamente.
Eco di lontani tormenti mi riecheggia nella mente.
Ondeggio nella semi coscienza, senza sapere più cosa è reale e cosa fantasia.
Passo in rassegna le parti del mio corpo, quasi a cercare un caro amico scomparso, e mi sorprendo quando le ritrovo reattive e presenti.
Ogni cosa è lontana, nascosta dietro un velo che non mi permette di notarne i particolari e nemmeno di scorgere al di là.

Libero su una nube fluttuo nel cielo terso e turchese.
Immerso in acqua cristallina che fa ritornare l'agognata aria nel torace.
Sono senza peso.
Il dolore è una parola senza senso.
Il futuro è qui e la dolcezza della pace mi riempie il cuore.
Ho aperto mille volte gli occhi senza vedere.
Il buio era sempre con me.
Ora nulla ha più motivo.
Adesso la luce mi fa lacrimare, ma inonda la mia mente con colori dimenticati.
Laggiù la finestra è spalancata e le tende fluttuano leggere alla brezza estiva.
Rami colmi di foglie verdissime schermano il Sole al mio sguardo.
La stanza è luminosa e chiara, ma l'ombra si proietta su di me. Sembra chiudermi in un angolo buio.
Afferro la mano tesa, sottile e delicata, che, con forza inaudita, mi strappa all'oblio.
Tocchi gentili e freschi alleviano l'arsura della gola e tramutano la debolezza in forza.
L'istinto prevale e la vita torna ad avere un senso.
Ho ancora occhi per vedere?
Ho ancora un viso per fronteggiare i nemici?
Ho ancora mani per trasformare il mondo?
Le atroci sofferenze sono lontane e se anche non riesco a vedere, so di udire.
Non riconosco il richiamo, ma so che è qui.
Come un sentiero levigato mi accompagna con dolcezza nel tepore del riposo.
Rumori attutiti dal torpore, tocchi lievi e delicati.
Sento il suono di un sorriso come se le pupille potessero di nuovo descrivermi la realtà.
Non so a chi appartiene, ma so che mi assiste.
La sua mente è spesso accanto alla mia e sono quasi certo che lo sia anche il suo cuore.
La forza che sento, e che mi sostiene con fermezza, proviene da qualcuno fuori di me.
Un aiuto che mi fa respirare e vivere, che mi spinge al domani e mi toglie la sete.
La mano è reale, anche se non riesco a stringerla.
L'adesso non è ora.
La luce mi aspetterà.

Edited by kijoka - 29/3/2013, 22:17
 
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Autore/data: Alaide – 22-24 febbraio
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One-shot
Rating: per tutti
Genere: Drammatico, Introspettivo
Personaggi: Severus Piton, Personaggio originale
Pairing: nessuno
Epoca: Post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: Musica cantata da bambini innocenti. Voci che egli non era degno di ascoltare. Innocenza che la moltitudine delle sue colpe avrebbe offuscato e macchiato.
Nota: Il racconto è il seguito di Vigilia. La stanza dalle pareti gialle
Parole: 808

Tetralogia

2. Prima Giornata. Atto I. Canti lontani



La bambina sedeva sola, tra la porta e la credenza del piccolo salotto dell’orfanotrofio, dicendosi che, qualora fosse arrivato qualcuno di pericoloso, l’avrebbe sentito avvicinarsi ed avrebbe avuto il tempo di nascondersi, come si era nascosta la notte in cui i suoi genitori erano stati uccisi.
Era un pensiero che non aveva confessato a nessuno, nemmeno a Melusine, e che non avrebbe di certo riferito agli altri bambini. Loro, per lo meno, non erano in casa quando papà e mamma erano stati uccisi. Loro non avevano sentito le loro grida e non avevano intravisto i loro cadaveri, come era accaduto a lei, quando era stata portata al pianterreno.
Ma Judith sapeva che anche i genitori degli altri bambini erano stati uccisi. Due o tre di loro erano già lì quando lei era arrivata. Gli altri erano giunti dopo.
Soltanto Timothy era stato adottato.
Forse anche Isabel se ne sarebbe andata.
Ma la bambina era sicura che nessuno avrebbe mai voluto lei.
«Ti stavo cercando, Judith.» la voce di Melusine la riscosse. «Ho consegnato il tuo disegno.»
La bambina annuì, fissando lo sguardo sulla donna, quasi chiedendole silenziosamente a chi avesse consegnato il suo lavoro.
«Il tuo è stato dato ad un nuovo paziente.» aggiunse la giovane, senza aggiungere altri particolari. Non era necessario che Judith sapesse che l’uomo non aveva nemmeno gettato un’occhiata al suo disegno.
«Melusine…» la bambina si interruppe,senza riuscire a dire altro.
«Judith, qualsiasi cosa devi dirmi, forse può attendere.» mormorò dolcemente la giovane, sedendosi al suo fianco.
«Credi che…» Judith deglutì a vuoto. Sapeva che poteva tacere, che Melusine non le avrebbe nulla, come non l’aveva forzata a parlare quando era arrivata all’orfanotrofio. Eppure era qualcosa che voleva chiedere da tempo. Da quando mamma e papà erano stati uccisi. «Sono una bambina cattiva?»
«Naturalmente no, Judith.» la rassicurò Melusine, con un sorriso.
«Allora perché mamma e papà sono stati uccisi? Alle volte… è colpa mia se sono morti?» domandò con voce quasi inudibile. Le mani le tremavano leggermente, notò Melusine, con il cuore in gola.
«Tu non hai nulla a che fare con la decisione presa da chi ha ucciso i tuoi genitori.» rispose, stringendo le mani della bambina tra le sue, rassicurante.
Judith annuì soltanto, portando gli occhi a fissare la porta, quasi si attendesse di veder comparire quegli uomini, di cui non aveva visto i volti.
Melusine le strinse con maggior forza le mani. Tra tutti i bambini, Judith era quella che più le stava a cuore. Quando era arrivata, nell’estate del 1997, la bambina non riusciva a parlare e di notte gridava nel sonno. Melusine avrebbe dato qualunque cosa per poter farle dimenticare quello che aveva visto.
Ma era un desiderio impossibile.


I giorni all’ospedale scorrevano lenti, sempre uguali a se stessi, senza che nulla turbasse la quiete.
La stanza era, come ogni giorno, immersa nella penombra, che rendeva più squallide le pareti giallastre, sulle quali si fissava lo sguardo di Severus. Gli occhi però non stavano realmente osservando il muro con l’intonaco crepato in più punti, quanto un punto indeterminato, perso nella vivida rete del suo passato e nella fitta nebbia del suo futuro.
Un futuro che sarebbe stato fatto di giornate sempre uguali in quell’ospedale Babbano. Possedeva ancora la magia, ma il Mondo Magico pareva non accettare la presenza di qualcuno che fosse quasi muto e con il corpo in uno stato tale da faticare a reggersi in piedi troppo a lungo. Era però dannatamente ironico che potesse accettare, senza problemi apparenti, la sua assoluzione. Era semplicemente inconcepibile tutto ciò che la magia non poteva curare. L’occhio magico di Moody era facilmente accettabile. Il suo stato attuale no.
Ed in tutto quello v’era ironia nel fatto che gli fosse stato riconosciuto l’Ordine di Merlino.
Un’ironia tragica.
Almeno, però, riceveva la sua punizione, in quell’esilio e nel dolore che assillava il suo corpo, un dolore che accettava con gioia.
Dalla stanza del piano di sotto, che serviva da punto di ritrovo dei pazienti di quella via di mezzo tra un ospedale ed un ospizio, giungevano dei canti.
I canti dei bambini dell’orfanotrofio. O almeno così aveva detto l’infermiera quella mattina.
Musica cantata da bambini innocenti. Voci che egli non era degno di ascoltare. Innocenza che la moltitudine delle sue colpe avrebbe offuscato e macchiato.
Riusciva ad immaginare quei volti sorridere con la loro assoluta innocenza.
Sorridere, forse, anche a lui e vedeva quel sorriso mutarsi, nel momento in cui i bambini si sarebbero resi conto che egli era un assassino.
Perché l’innocenza non poteva sopportare la colpa.
Un sorriso dolce che sarebbe diventato colmo di odio e disprezzo.
Un sorriso distorto, più simile ad un ghigno deformato.
Un sorriso che non avrebbe mai potuto racchiudere altro che odio e disprezzo.
L’odio ed il disprezzo che meritava.
E che avrebbe meritato sempre.
L’odio ed il disprezzo che provava per se stesso.

Edited by Alaide - 3/4/2013, 21:44
 
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view post Posted on 27/3/2013, 14:07
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I ♥ Severus


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Da un dolce sogno d'amore!

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Autore/data: Ida59 – 18 - 21 gennaio 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: one-shot
Rating: per tutti
Genere: introspettivo, drammatico, romantico
Personaggi: Severus, Personaggio originale
Pairing: Severus/ Personaggio originale
Epoca: Post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: Lacrime come perle d’amore, a baciare il dolce sorriso che si specchiava fulgido nel nero cristallo scintillante degli occhi di Severus. È il seguito di “Maschera infranta”
Parole/pagine: 738/2.




Sorriso tra le lacrime



La nuova pozione, magistralmente distillata dalla Guaritrice del San Mungo seguendo i suggerimenti del mago, aveva presto elargito i suoi benefici effetti.
Severus si sentiva progressivamente meno debole e il sorriso che Elyn gli rivolgeva ogni mattino era sempre più radioso, ricolmo di una felicità che la Guaritrice non sapeva, e non voleva, più nascondere.
Ora distingueva finalmente la notte da giorno: Elyn scostava subito le tende, appena arrivava al mattino, apriva le finestre e lasciava entrare i caldi raggi del sole di inizio luglio.
Due mesi, erano già passati più di due interi mesi.
Ricordava ben poco.
Settimane di totale incoscienza, amorevolmente accudito da Elyn, poi, progressivamente, il risveglio che aveva acceso il sorriso sulle morbide labbra della Guaritrice.
Quel sorriso meraviglioso che non si era mai spento e lo aveva infine riportato alla vita.
Giorni e notti di incoscienza, ancora… e di sorrisi perduti.
Aveva sempre perso tante cose in vita sua, troppe. Aveva perso… tutto.
E solo sua era la colpa.
Ma alla fine aveva trovato il sorriso meraviglioso di Elyn.
Quello splendido sorriso, dolce e bello, che era tutto e solo per lui.
Era bella, Elyn, bella e giovane. Doveva avere trent’anni o poco più.
Era anche molto in gamba: un’affermata ricercatrice, un’abile pozionista e, soprattutto, una Legilimante dalla rara sensibilità.
Non avrebbe mai avuto la forza di superare le sue barriere occlumantiche, se le avesse elevate – neppure Voldemort, d’altronde, c’era mai riuscito – ma una volta dentro la sua mente sapeva muoversi con la leggiadria di una farfalla e comprendere ogni sfumatura dei suoi pensieri con l’intuito e la passione che solo una donna innamorata poteva avere. Del resto, quella capacità era essenziale per comunicare con il mago, visto che la grave ferita infertagli da Nagini ancora gli impediva di parlare. Era stata quella stessa capacità che le aveva permesso di comprendere fino in fondo le emozioni e i sentimenti del mago quando si era affacciata, senza nemmeno volerlo, sulla sua mente sconvolta dal delirio febbrile indotto dal veleno di Nagini: non aveva trovato alcuna barriera e le sue capacità di Legilimante erano entrate in profondità nei ricordi, riuscendo ad interpretare con esattezza ogni evento, con le sue ombre e le sue luci. E, soprattutto, aveva colto la tremenda sofferenza del mago ed era stata travolta dalla forza dei suoi rimorsi, dal suo agognare ad un perdono che non riteneva di meritare.
Quel mattino Elyn era ancora più bella di sempre mentre gli sorrideva, gli occhi nocciola illuminati dal sole e sfolgoranti di felicità:
- Il Guaritore Responsabile ha ceduto, finalmente: potrai ricevere la mia… - s’interruppe solo un attimo, giusto per allargare ancor di più il sorriso, - la nostra pozione, finché non sarai del tutto guarito.
La voce le tremò un attimo e gli occhi, ancora sorridenti, in un istante si riempirono di lacrime di commozione:
- Perché guarirai, Severus, guarirai completamente! – esclamò felice.
Gli occhi neri del mago scintillarono, inondati dalla gioia di Elyn, mentre le sue labbra sottili si atteggiavano al dolce sorriso che aveva imparato a modulare solo per lei.
No, non sarebbe più morto, come per tutta l’esistenza aveva invece sempre agognato per raggiungere l’oblio del nulla e sfuggire infine la straziante sofferenza che in ogni istante lo stringeva tra le sue potenti spire crudeli.
Sì, sarebbe guarito e avrebbe continuato a vivere. Perché ora, per la prima volta dopo tanti anni, voleva di nuovo vivere.
Voleva ricominciare a vivere dopo tutti gli anni trascorsi nella gelida e silenziosa tomba che era il suo sotterraneo.
Voleva vivere, per bearsi del sorriso colmo d’amore e di perdono di Elyn.
Voleva vivere, per sorriderle, proprio come stava facendo in quel momento, come faceva ormai da giorni, mente il suo cuore si liberava dalle pesanti catene della solitudine abbracciata per punire le sue colpe.
Calde lacrime rigavano il bel volto incorniciato dai capelli castani, lunghi e morbidi riccioli dai riflessi dorati che brillavano nel sole che inondava la stanza.
Lacrime di sollievo, dopo una paura durata troppo a lungo; lacrime di felicità per un futuro che doveva ancora nascere; lacrime d’amore per un uomo che credeva di non meritarlo.
E il sorriso rifulgeva sulle belle labbra che, di nuovo, scandirono il suo nome in un intenso sussurro d’amore:
- Vivrai, Severus… Severus!
Sì, vivrò, per te, solo per te, Elyn!
Lacrime come perle d’amore, a baciare il dolce sorriso che si specchiava fulgido nel nero cristallo scintillante degli occhi di Severus.

Edited by Ida59 - 12/7/2015, 22:20
 
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view post Posted on 30/3/2013, 16:27
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Lette e commentate una di fila all'altra :wub:

Sereno tramonto di Kijoka

La scelta del titolo mi ha ingannata.
Nel tramonto non ho trovato quello che promettevi.
Ho trovato invece la tua prosa che incede sapiente a toccare ogni recondita oscurità e luce di un’anima dedicata a Severus.
Hai giocato con i colori, Monica, colori che potrebbero aprire il cuore e invece…
Mani e dita che toccano e sanano; tempo che scorre troppo veloce o troppo lento in armonia con i sentimenti che vive la protagonista.
Ecco l’inizio che non mi attendevo.
Il tuo modo di raccontare mi tocca profondamente.

Sogni? di Kijoka

Secondo racconto ed ecco che le stesse ore sono narrate da un altro punto di vista.
Che pena sai suggerire, sembra di sentire il tangibile dolore che descrivi. Sei veramente molto brava.
Niente colore, ma solo bianco e nero, buio e luce fino all’esplosione di verde risucchiata nel gorgo buio.
Ma la luce verrà, perché è forza che sostiene e promette, è vita oltre l’impensabile.

CITAZIONE
L'istinto prevale e la vita torna ad avere un senso.
Ho ancora occhi per vedere?
Ho ancora un viso per fronteggiare i nemici?
Ho ancora mani per trasformare il mondo?
Le atroci sofferenze sono lontane e se anche non riesco a vedere, so di udire.
Non riconosco il richiamo, ma so che è qui.

Severus di sicuro ha ancora un cuore pronto ad amare e ad accogliere l’amore.
Due puntate di una storia che non vedo l’ora di gustare ancora.
 
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852 replies since 9/1/2013, 00:09   15299 views
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