Il Calderone di Severus

Sfida FF n. 14: Sette giorni per un Sorriso

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Alaide
view post Posted on 12/1/2013, 17:27 by: Alaide
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Eccomi con il primo racconto.
Appena avrò un attimo di tempo (quindi in un istante di pausa dalla scrittura della tesi di master), leggerò gli altri racconti.
Premetto che alternerò racconti collegati tra loro (nel primo caso due, ma il titolo dovrebbe lasciarlo intuire), a racconti indipendenti. L'unico fattore che li renderà, in qualche modo, parte di un tutto è il titolo che si rifarà sempre alla musica, sia sotto forma di un verso di libretto d'opera, sia sotto forma - come nella maggior parte dei casi - di forma musicale.


Autore/data: Alaide – 11 gennaio 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: flash-fic
Rating: per tutti
Genere: Introspettivo
Personaggi: Eileen Prince
Pairing: nessuno
Epoca: Pre - malandrini
Avvertimenti:
Riassunto: In quel momento, l’unico sorriso che poteva donargli era un sorriso triste
Parole: 332

Ouverture in due tempi

Adagio Lamentoso [1]


Era notte.
Una notte illuminata dalla luce fredda della luna quasi piena. Una luce immota che rischiarava, con i suoi raggi gelidi, le pareti biancastre.
V’era qualcosa di congelato nel biancore lunare, qualcosa che faceva presagire il freddo di quel sabato di gennaio. Od era piuttosto, si disse la donna, tenendosi malamente in piedi accanto ad un lettino dalle sponde di metallo cigolante, il luogo ad essere gelido, più gelido del clima invernale.
V’era qualcosa di freddo e desolato in quell’ospedale vecchio più di mezzo secolo, con il suo stile tardo vittoriano e la sciatteria di quei luoghi mai veramente curati, luoghi che sembravano aver perso da tempo i sogni della giovinezza.
Come aveva fatto lei.
Eileen Piton sospirò appena, guardando il figlio, nato quella mattina, all’alba.
Lo osservava fissamente, quasi attendendosi che si mettesse a piangere, come gli altri.
Invece pareva non saper piangere – un solo vagito al momento della nascita – né sorridere – nessun gorgoglio giocoso da quando era venuto al mondo.
Forse, si disse la donna, trovandosi a fissare la forma immota del figlio, era vero che i nomi, alle volte, parevano svelare l’essenza delle persone, ed il nome che aveva scelto per il bambino – un vecchio nome sperso nei ricordi della sua giovinezza – sembrava portare con sé il non piangere ed il non ridere.
Quel pensiero le fece arricciare appena le labbra in un sorriso tirato.
Il sorriso che non aveva avuto quando le avevano messo tra le braccia Severus.
L’unico sorriso che poteva rivolgergli.
In fin dei conti, si disse, sfiorando appena il volto tranquillo del bambino, nella vita del figlio vi sarebbe stato poco spazio per il riso.
E forse anche per il pianto.
Ma quella era solo una futile speranza.
Non poteva, d’altronde sapere, cosa avrebbe portato la vita a suo figlio. Nessuno poteva saperlo.
Eppure, in quel momento, l’unico sorriso che poteva donargli era un sorriso triste, il sorriso di una madre che ha perso da tempo la speranza.


[1] La formula "adagio lamentoso" è una semplice indicazione per l'interprete, che non vuole implicare necessariamente un lamento (nel senso poetico del termine. Quindi, per esempio, il lamento dell'amante abbandonata), quanto piuttosto un mondo musicale circonfuso di tristezza. In questo caso mi sembrava adatto al sorriso triste che chiude il racconto.
 
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