Il Calderone di Severus

N.13: Un anno di sorrisi per Severus

« Older   Newer »
  Share  
Ania DarkRed
view post Posted on 19/1/2014, 23:15 by: Ania DarkRed
Avatar

Pozionista provetto

Group:
Member
Posts:
10,160
Location:
Dalle nebbie della Valacchia

Status:


Visto che mi è stato concesso di poter finire la mia storia, mi spiccio subito pubblicando il penultimo capitolo, così poi c'è l'ultimo e ho chiuso e seguirò le regole come tutti :D

Titolo: 13. Verrò a salvarti
Autore/data: Severus_Ikari /marzo 2013 (ampliata a gennaio 2014)
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One shot
Rating: Per tutti
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico
Personaggi: Severus Snape, Hermione Granger, Personaggio Originale (giusto per poco)
Pairing: Hermione/Severus
Epoca: 7 anni dopo la fine della II Guerra Magica
Avvertimenti: AU
Riassunto: “È inutile che menti a te stesso, Severus, tu la ami, e non hai mai smesso.
Salvala. Salvala da se stessa e riportala da te, riportala a casa, stretta tra le tue braccia.
Torna a casa con lei."

Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti.
La trama di questa storia è invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.
Nota 1: Questa è la tredicesima storia di “Un anno per amare” (ricordo che prima si intitolava “È sufficiente un anno per innamorarsi?”) ed è il seguito di "Voci perse nell'Est".
Ricordo sempre che queste storie non sono nate per questo gioco, ma sono state adattate in quanto comunque contenevano dei sorrisi ;D
Nota 2: La leggenda narrata nella prima parte della storia, è una leggenda reale del mio paese e si riferisce ai fantasmi dell'esercito di Federico Barbarossa che perirono sotto i colpi del forte esercito papale nel 1159.
Parole/pagine: 3025/6



Un anno per amare

13 - Verrò a salvarti



23 dicembre 2005



L'ampia radura era silenziosa e deserta, doveva essere così da secoli, nonostante il presente aveva cancellato anni di superstizioni, la paura ancora aleggiava come la nebbia fitta d'inverno, come gli spettri della leggenda che ogni notte tornavano a popolare il terreno sul quale avevano versato il loro sangue.
Alla luce del sole, il paesaggio non era così spettrale, ma l'ombra stava iniziando pian piano a coprire ogni cosa e ad allungare i rami della foresta lungo la terra umida.
Non era il clima ideale per l'attesa, ma la strega non aveva altra scelta che stare lì ed aspettare che il passaggio a quel piccolo villaggio di maghi si aprisse, e mancava ancora qualche ora al buio più completo, e non le rimaneva da fare nient'altro che starsene lì, appoggiata ad un albero, a pensare a cosa avrebbe fatto una volta varcato quell'ingresso.

Aveva impiegato più tempo del previsto a raggiungere quella rupe tufacea dalla quale poteva vedere ogni cosa, i problemi con la lingua gli erano costati inutili lungaggini di cui avrebbe fatto volentieri a meno, ma non aveva la benché minima idea di com'era quella parte d'Italia in cui era dovuto andare, e gli era stato necessario chiedere informazioni.
Se avessero ancora parlato latino, non avrebbe di certo avuto problemi.
Nonostante gli abiti Trasfigurati, aveva ricevuto ben più di un'occhiata di gelo, forse perché risultava comunque strano agli occhi estranei e la naturale ritrosia di quel posto, rendeva difficile fidarsi di chiunque non fosse nato lì o vi abitasse da anni.
Da lassù vedeva tutto intorno, ma non riusciva a scorgere ciò che realmente gli interessava e stava iniziando a perdere la pazienza, quando una strana nebbia si addensò con estrema lentezza lungo tutta la valle, in uno strano colore che dal bianco pian piano sfumava nel rosa per condensarsi in un rosso che però era strano, familiare, come l'odore che s’innalzava nell'aria.

Quando la strega alzò gli occhi da terra, lo spettacolo che le si presentò davanti era terrificante e le gelò il sangue che il lungo mantello aveva mantenuto caldo fino ad allora, era una strana nebbia quella che si stava addensando in forme che assumevano l'aspetto di una moltitudine di uomini, uomini armati, fantasmi che si muovevano come se stessero in battaglia.
La strega non riuscì a trattenere un'espressione di puro terrore sul viso, ma si fece forza, d'altronde, benché fosse ancora giovane, nella sua vita aveva visto cose ben peggiori e, in fondo, era cresciuta con fantasmi che sfrecciavano in ogni angolo del Castello.
Corse attraverso quella folla incorporea, ed era come attraversare una coltre gelida, ma ciò che più la lasciò senza fiato, fu la sensazione di poggiare i piedi su qualcosa di viscosa, dal caratteristico aroma di ferro: non c'era alcun dubbio, quello era veramente sangue e colorava la radura che si allungava sotto i suoi piedi.
Ad un tratto le vide, quelle mura diroccate che si estendevano a protezione di un pesante portone di quercia sbarrato magicamente, quell'entrata che aspettava di vedere dalla mattina, da quando un mago che aveva incontrato per caso poco lontano dal villaggio, le aveva detto di aver visto quella strega varcare proprio quel portone un istante prima di lui.

Il terreno si era coperto completamente di rosso, mentre quelle anime si lanciavano contro un nemico immaginario, facendo echeggiare un grido di battaglia che si spargeva nell'aria in nient'altro che silenzi spaventosi; poi, ad un tratto, vide un'ombra squarciare quel bianco e correre su quel velluto porpora verso un portone che era apparso all'improvviso.
In un istante il suo corpo iniziò a scomporsi in spire di fumo denso che lente si librarono in aria finché, con un'improvvisa sferzata, si gettarono verso quelle mura, roteando intorno ad un invisibile asse.
Quella sua abilità faceva parte di un oscuro passato che aveva creduto di aver relegato in una parte nascosta del suo essere, invece era bastato un attimo e tutto era tornato a galla, era bastato leggere quella lettera e vedere Minerva in quelle condizioni, per far crollare di nuovo tutto.
Eppure non tutto è perduto.
Sei qui per salvarla. Sei qui per salvarti.

Entrò nel villaggio mentre l'aria fredda di dicembre s’insinuava tra le pieghe del suo mantello, che in un attimo si avvolse intorno al suo corpo, creando una sorta di guscio protettivo da quel gelo che colpiva le stradine addobbate per il Natale.
Era uscito di corsa da quel locale con Harry, senza pensieri, voleva soltanto prendere quella donna, guardarla negli occhi, guardare la strega che aveva tentato di uccidere Minerva McGonagall, la madre che c'era sempre stata per lui, anche quando l'odio aveva preso il sopravvento sull'affetto.
Non appena Harry aveva pronunciato quel nome, si era trasformato nel suo principale desiderio, e l'avrebbe persino uccisa per ciò che aveva compiuto, ma aveva fatto una promessa al giovane Potter e lui non era uomo che veniva meno alla sua stessa parola.
Eppure c'era qualcos'altro dentro di lui, una sensazione che conosceva, ma aveva timore di figurarsela nella testa, perché in quei giorni aveva cercato con tutto se stesso di ricacciare dentro quei sentimenti.
Essi, però, erano ancora lì, ed era bastato il suo nome, il ricordo del suo sorriso, del suo profumo, di lei, per far cedere ogni suo rigoroso sforzo, era del tutto inutile fingere che non fosse nulla per lui, si prendeva solamente in giro.
È inutile che menti a te stesso, Severus, tu la ami, e non hai mai smesso.
Salvala. Salvala da se stessa e riportala da te, riportala a casa, stretta tra le tue braccia.
Torna a casa con lei.

Affrettò il passo tra la folla con il solo desiderio, adesso, di trovare Hermione.

***



Finalmente l’aveva trovata.
Se ne stava lì, sorridente in compagnia di due maghi, con l’aria di chi sa di aver commesso qualcosa di malvagio, eppure si sente innocente e intoccabile, come se mai nessuno sarebbe stato in grado di scoprirla.
E persino lei aveva creduto che non sarebbe mai riuscita a trovarla, tantomeno a fargliela pagare, perché le sue intenzioni erano proprio quelle di vederla soffrire, poco importava delle conseguenze che avrebbero prodotto i suoi gesti.
Ormai si sentiva come se non avesse nient’altro da perdere.
In un attimo la sua vita era andata completamente in frantumi, disintegrata come un vetro gettato con forza a terra; non riusciva ancora a credere che la sua felicità fosse svanita del tutto, che le forti braccia di Severus non l’avrebbero più stretta, che non avrebbe più sentito il cuore del mago battere sotto le sue dita, quelle labbra stirarsi in un sorriso che gli illuminava tutto il volto.
E invece era tutto finito, evaporato come gli oceani del deserto, avrebbe voluto gridare, sbriciolare ogni cosa come il suo cuore che era andato in mille pezzi, eppure doveva guardare quella gente che festeggiava il Natale e sorrideva, si stringeva nel caldo di un abbraccio che lei non avrebbe mai più sentito.
Ed era tutta colpa di quella donna che le era poco lontana.
Come può un amore finire così? Se fosse stato forte, avrebbe dovuto resistere a tutto questo, è invece è scoppiato come una bolla di sapone.
Come aveva potuto fare del male alla professoressa McGonagall?
Gliel’avrebbe pagata, fosse stata l’ultima azione della sua vita.
Sentì la rabbia salirle lungo la spina dorsale mentre camminava verso di lei, era come una catena che le stringeva lo stomaco ad ogni passo che faceva, e voleva soltanto sgretolare quel pezzo di ferro, anello dopo anello; era una sensazione che non aveva mai provato, o, forse, l’aveva solamente dimenticata.
«Tu!» in un attimo gli occhi le si colorarono di una strana sfumatura di rosso. «Non ti perdonerò mai per ciò che hai fatto.»
La strega si voltò di scatto, sul volto una strana paura, «come… come hai fatto a trovarmi?» domandò mentre i suoi due accompagnatori si frapposero fra Hermione e la loro amica.
«Perché sei una lurida stupida strega ed io ti ucciderò.»

***



Quella giovane donna non era la sua Hermione, l’odio e la rabbia avevano preso il sopravvento e l’avevano trasformata, lo sapeva bene quali effetti potessero avere quelle due emozioni, ma lui non era stato abbastanza forte da combatterle, si era lasciato sottomettere e vincere.
Adesso, però, lo sarebbe stato, e lo sarebbe stato anche per lei, non avrebbe mai permesso all’ombra di inghiottire anche Hermione, la sua Hermione, la sua vita, il suo futuro e il suo sorriso.
Nello sguardo della giovane strega poteva vedere i suoi stessi occhi, quello che erano stati per lungo tempo e una fitta di dolore gli attraversò il petto: era stata tutta colpa sua, del suo comportamento egoista che lo aveva allontanato da lei.
Basta attribuirsi delle colpe che non sono tue e basta scappare, Severus.
Severus Snape non aveva più intenzione di fuggire, era determinato a riprendersi quella felicità che era stata sua per troppo poco tempo, che aveva sfiorato senza mai stringerla veramente, e voleva Hermione, la voleva sempre al suo fianco, la desiderava stretta tra le sue lenzuola scure che troppo spesso lo avevano guardato piangere con gli occhi fissi al soffitto o che non si chiudevano.
No, adesso avrebbe guardato lei e gli occhi li avrebbe chiusi stringendola tra le sue braccia.
L'arto della giovane strega era così teso che aveva timore che si spezzasse da un momento all'altro, poteva vedere la collera, sentirla persino sulla sua stessa pelle.

«Hermione.»
Quella voce le gelò il sangue, le sembrava che provenisse da dentro di lei, da un luogo lontano dov'era stata relegata da tempo, e ora cercava di venire fuori, forzava per tornare in superficie.
Ebbe la sensazione di qualcosa che spingeva la sua anima verso la sua pelle che resisteva con forza e sentiva quella voce, quel sentimento stringerle la gola e accelerarle il battito.
Era davvero lui?
«Hermione abbassa quella bacchetta.» Sentì le dita del mago stringere la sua carne, i muscoli tesi, percepì un calore irradiarsi dal braccio fino ad inghiottire ogni fibra del suo essere e le sue certezze per un attimo vacillarono, costringendola ad abbassare il legno.
«Non sei poi così tanto coraggiosa» parlò la strega che le era di fronte, celata dai due maghi suoi amici.
Snape si voltò verso l'irritante fonte di quelle parole, piegando le labbra in una smorfia, e con sorprendente velocità estrasse la bacchetta dai suoi abiti che erano rimasti Trasfigurati, e lanciò un incantesimo verso di loro che in un attimo si ritrovarono legati da corde magiche argentee e senza più la possibilità di emettere alcun suono.
La comunità magica di quel piccolo villaggio iniziò a chiedersi cosa stesse succedendo e molti si fermarono a guardare, indecisi sull'intervenire o meno.
«Hermione, so perfettamente qual è il bisogno che ci spinge a compiere tali atti, fidati, lo so benissimo. Ed è un bisogno che non ti porterà nulla, nient'altro che dolori e rimorsi.»
«Ha cercato di uccidere Minerva!» e il suo braccio ritornò teso, con i nervi che si potevano scorgere tant'era forte la stretta delle sue dita sulla bacchetta. «E ha distrutto...»
Questa volta, però, davanti c'era Severus, immobile come una statua, e sul viso aveva una strana espressione che non riusciva a decifrare.
Cos'era?
Era dolore quel lampo che gli attraversava gli occhi? Dispiacere o compassione?
«Lo so cosa ha fatto, ma ucciderla non ti porterà a nulla, porterà soltanto ombre nella tua vita.»
«Tu dovresti capirmi, un tempo non avresti esitato a farla fuori. È di Minerva McGonagall che stiamo parlando, la donna che consideri una madre!»
"Testarda, stupida, ragazzina!"
«So perfettamente di chi stiamo parlando e credimi, un tempo non ci sarebbe stato desiderio più grande al mondo che vedere quella strega morta, ma adesso il mio desiderio maggiore è un altro, e mi basta vederla rinchiusa per sempre in una cella di Azkaban.»

Dal momento in cui i suoi occhi l'avevano sfiorato, aveva capito che per lui non ci sarebbe stato più spazio per la vendetta, il suo desiderio aveva lo sguardo di Hermione, il suo sorriso e il suo cuore.
Era stato uno stupido a permettere che quella situazione lo allontanasse da lei, era stato un codardo, e la giovane donna aveva sempre avuto ragione nel dirgli che era un vile nei sentimenti.
Ormai, però, era deciso a non esserlo più.
Non sarebbe più stato un vigliacco e sarebbe rimasto al fianco di Hermione a qualsiasi costo, non le avrebbe permesso di rovinarsi la vita e distruggersi l'anima per una donna che avrebbe scontato le sue colpe in una gelida cella, accompagnata dai Dissennatori fino alla pazzia, e non ci sarebbe stata pena migliore per quell'essere, la morte sarebbe stata soltanto una liberazione, un nulla in confronto a ciò che aveva fatto.
E si sarebbe aggrappato con tutte le sue forze alla giovane donna pur di non farla precipitare nell'abisso com'era accaduto a lui tante volte, così tante che l'ombra era diventata parte integrante del suo essere.
«Io voglio che marcisca all'inferno!»
«Hermione, smettila! La tua famiglia è in pensiero per te, così come i tuoi amici.»
«E a te cosa importa, non fai parte di nessuna delle due categorie.» Severus non rispose, rimase immobile ad osservarla, ad osservare la copia di oscurità che non le apparteneva, che nascondeva ciò che era in realtà, perché la strega davanti a sé non era di certo l'ostinata e irritante So-Tutto che aveva conosciuto e non era neppure la donna di cui si era innamorato, che lo aveva riportato in superficie dopo essere sprofondato anno dopo anno.
«Vattene se non vuoi che Cruci anche te.»
«Avanti, fallo, anzi, fai di meglio, uccidimi. Poni fine alla mia vita, perché senza di te non ha più alcun senso viverla.»
L'espressione di Hermione mutò di colpo, sgranò gli occhi come se fosse stata colpita da un pugno in pieno stomaco, ma non le sarebbe uscito del sangue dalle labbra; sentiva le sue certezze disintegrarsi di nuovo, e la rabbia e l'odio che le venivano sradicate da dentro, come se qualcuno le avesse infilato una mano in bocca e gliele avesse tirate fuori con la forza, estirpate come si estirpa l'erba cattiva; era visibilmente sconcertata da quelle parole: che significava tutto quello?

«Severus... io...» furono le uniche parole che riuscì a pronunciare prima di gettarsi a terra, tra le lacrime che avevano preso a scorrerle con impeto sul viso che coprì con le mani per la vergogna di farsi vedere così debole e stupida da lui.
In quel frangente non le importava nient'altro, sarebbe voluta sprofondare, cadere in uno squarcio che la terra avrebbe aperto sotto i suoi piedi, avrebbe voluto correre lontano da lì per non farsi guardare.
«Non guardarmi, ti prego.»
«Non c'è mare, fiore, tramonto o tempesta che vorrei guardare più di te, Hermione.»
La strega si strinse ancora di più a sé, cercando di nascondere se stessa a Severus e per un attimo le parve di sentire la sensazione del suo sorriso sulla pelle, sorrideva di quell'immagine che gli si era figurata davanti: doveva proprio dare l'impressione di una piccola bambina spaurita, per questo il mago aveva stirato le labbra.
Doveva dare l'impressione di essere così fragile, ma in quel momento nulla aveva importanza, non aveva neppure le forze per combattere contro se stessa, era come se tutto il peso accumulato in quei giorni, le fosse piombato addosso tutto in quello stesso momento e in un unico punto.
Percepiva il suo cuore come se fosse un macigno che nessun incantesimo sarebbe stato in grado di dissolvere.
Ad un tratto si sentì avvolgere da uno strano calore e, tra la miriade di sensazioni che volavano nella sua mente come molteplici farfalle, riuscì a percepire quel profumo.
Non c'era niente al mondo che la confortasse come il profumo di Severus, perché sapeva che lui era lì, vicino a lei, ogni volta che lo sentiva, lui la stringeva a sé, cosi forte da farle male, ma non gli avrebbe permesso di lasciarla andare, aveva bisogno di quel dolore, di sentire la loro carne così vicina.

Severus Snape la abbracciò con tutto l'amore che aveva, sorridendo, come se avesse passato anni di dolore e rimorsi solamente per vivere quel momento, come se non aspettasse nient'altro.
Rimase stretto a lei anche quando Harry arrivò con altri Auror per portare via la strega che aveva cercato di uccidere Minerva e aveva provato a portare Hermione nell'ombra; un tempo l'avrebbe uccisa, adesso non l'aveva neppure guardata mentre la conducevano lontano da lì, da loro.
Per lui in quel momento c'era solamente Hermione, in quel villaggio in cui tutti si erano fermati a guardare senza muovere alcun passo, c'erano soltanto loro due, stretti l'uno nell'altra in un mondo parallelo che li teneva fuori da tutto.
Hermione tra le sue braccia si rilassò e persino le lacrime smisero di scenderle sul volto così segnato da quegli eventi che si faceva persino fatica a riconoscerla.
Alzò gli occhi verso di lui, la vista ancora un po' appannata perché la vide che cercava di mettere a fuoco strofinandoseli con le mani.
«Hai la cravatta. E sei vestito con un completo Babbano.»
«Però, che perspicacia.»
Hermione scoppiò a ridere, non sapendo bene per quale motivo, se fosse per Severus vestito in quel modo, o perché lui era sempre lui e nulla sarebbe cambiato.
«Torniamo a casa, Hermione.» E nel suo sorriso c’era tutta l’importanza di quella frase.
«Portami ovunque vuoi, purché tu stia con me.»
«Ti porto a casa, dalla tua famiglia e dai tuoi amici.»
«Tu sei mio amico, sei la mia famiglia. Sei il mio tutto, Severus. Grazie per essere venuto a salvarmi.»
«Mi hanno costretto.» Ed Hermione rise di nuovo aggrappandosi alla sua ancora di salvezza, appoggiando il suo viso sul petto del mago per sentire il battito del suo cuore che aveva il potere di calmarla e farla sentire viva e amata.
«Hai mai volato?» le chiese prendendola in braccio.
«Cosa? Io... no. Aspetta, che vuoi fare?»
Severus sorrise mentre la stringeva a sé. «Quell'imbranato del tuo amico non ci ha lasciato nessuna Passaporta e non possiamo Smaterializzarci così lontano, quindi devo improvvisare in qualche modo.»
«Non vorrai mica...»
«Esattamente.»
Severus Snape ed Hermione Granger sparirono nei cieli d'Italia, stretti nell'amore che li aveva salvati entrambi.

Edited by Severus Ikari - 9/2/2014, 22:10
 
Contacts  Top
1897 replies since 9/1/2013, 00:04   27945 views
  Share