Il Calderone di Severus

N.13: Un anno di sorrisi per Severus

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halfbloodprincess78
view post Posted on 5/2/2013, 13:56 by: halfbloodprincess78




Eccomi anch'io, con un piccolo episodio per regalare un sorriso a Severus e spero anche a tutte voi.
Vi avverto che non è bella o lirica come le vostre storie quindi siate clementi.

Autore/data: Halfbloodprincess78 02febbraio/05Febbraio 2013
Tipologia: one-shot
Rating: per tutti
Genere: introspettivo
Personaggi: Severus Piton / nuovo personaggio
Pairing: nessuno
Epoca: post 7 anno
Avvertimenti: What if
Riassunto: Un incontro un po' bizzarro.

Un sorriso tra le foglie


Per quanto essenziali possano essere i doni dell’esistenza, non riusciranno mai ad eguagliare il sorriso di un bambino, la gratitudine di chi non ti ha dimenticato, l’amicizia delle persone buone e la vicinanza di qualcuno che ti ami veramente.

(Romano Battaglia)



La permanenza estiva a Spinner’s end gli diventava ogni anno più insopportabile, eppure non si decideva a cercare una nuova casa altrove.
Aveva sempre pensato di meritare di vivere in quel posto tetro: soffocante d'estate e gelido d'inverno.
Lo pensava anche ora, dopo essere sopravvissuto a Nagini e aver finalmente pagato i suoi debiti col passato.
Non gli sembrava giusto trasferirsi altrove, doveva restare a Spinner’s end e tornarci ogni estate quasi come per pagare un pegno, quella casa era legata indissolubilmente a lui e a tutti i suoi sbagli che ancora aleggiavano come nebbia tra quelle mura.
Fuori il sole stava scendendo nel cielo di Londra lasciando al suo posto una grande cupola rosata che sovvrastava tutto.
Il soggiorno era sommerso da quella luce soffusa e quasi irreale.
Il mago sedette accanto al camino spento, prese un giornale dal mucchio che teneva lì di fianco e cominciò a sfogliarlo con disinteresse, quando qualcosa attrasse il suo sguardo: due occhi sbarrati incastonati sul volto di un bambino lo fissavano incantati attraverso il vetro sporco della finestra.
Posò il giornale e vide che il volto del ragazzino si ritraeva dalla cornice, così sì alzò e corse verso la porta, l'aprì di scatto, appena in tempo per vedere il bambino che correva oltre il rigagnolo d'acqua scura al bordo della strada.
Gli intimò di fermarsi, ma il piccolo saltò il rigagnolo a piedi uniti e proseguì verso il parco giochi, dove lui e Lily si incontrarono la prima volta.
D'istinto lo seguì, senza un perché, lo seguì e basta.
In quello sfolgorante tramonto si ritrovò ben presto a camminare nei luoghi che erano stati suoi e di Lily, una manciata di ricordi lo avvolsero come catene nel profondo dell'anima.
Senza alcuno sforzo poteva vederla ancora dondolarsi sull'altalena, ricordava i suoi vestiti, il suo viso, la sfumatura dei suoi capelli e quella precisa sfumatura di verde dei suoi occhi.
Stava per voltarsi e tornare sui suoi passi e lasciare a quel posto i suoi fantasmi nascosti nell'ombra della sera ma all’improvviso un rumore tra la vegetazione dietro di sé lo fece voltare di scatto.
Si avvicinò ai cespugli e una piccola testa di capelli scompigliati spuntò tra il fogliame.
- Posso sapere chi sei e perché mi stavi spiando? - chiese bruscamente.
- Mi chiamo Brian, Brian McKellen, signore. - rispose il piccolo dal suo nascondiglio guardandolo come se fosse una gran rarità.
- Bene, Brian McKellen, non hai degli amici con cui giocare invece di importunare me?
- No, signore, gli altri bambini non giocano con me, io sono… strano.
Piton inarcò pericolosamente un sopracciglio.
Conosceva tutte le implicazioni di quella frase, ricordava perfettamente come ci si sente quando gli altri non vogliono giocare con te.
Anche lui si era sentito strano, sbagliato, fuori posto.
Anzi, talvolta ancora si sentiva così.
Il ragazzino era uscito dal cespuglio e ora si fissava le gambe piene di graffi come se in quei graffi ci fosse la via d'uscita da quella situazione intricata.
Aveva desiderato tanto conoscerlo e ora si sentiva solo stupido.
- Perché mai saresti strano? - chiese Piton con più gentilezza.
Brian sollevò lo sguardo verso il mago e con un movimento leggero della mano fece sollevare alcune foglie intorno a loro, le foglie turbinarono qualche istante e poi diligentemente si disposero a formare la parola ''Mostro'', quella parola rimase sospesa nell'aria qualche secondo, poi le foglie ricaddero a terra in un mucchietto scomposto.
- E' così che mi chiamano, mi chiamano ''Mostro'', gli altri bambini intendo.
Piton rimase colpito da quella parola, era così che lo chiamava Petunia.
Si sentì invadere da un'enorme rabbia verso Petunia e verso gli sconosciuti che schernivano quel ragazzino.
Era così tremendamente ingiusto.
- Tu non sei un mostro, sei un mago. - sospirò.
- Lo so, signore, mio nonno era come me e mi parlava sempre di Hogwarts e di lei, poi, però è morto e i miei genitori dicono che non vogliono incoraggiare la mia ''stranezza'', loro la chiamano così.
- Tuo nonno ti parlava di me? E cosa ti diceva di preciso?
Sul volto di Brian si dipinse un'espressione di nuova baldanza.
- Mio nonno diceva che lei, signore, è un eroe e mi diceva che a undici anni avrei ricevuto la mia lettera per andare a Hogwarts, ma il mio compleanno è fra cinque giorni e non ho ricevuto ancora nulla, così sono venuto a cercarla per chiederle perché? Ecco, tutto qui.
Piton inspirò intensamente, il fatto che quel bambino lo considerasse una specie di eroe lo faceva sentire stranamente a disagio, quasi in imbarazzo, per la prima volta dopo anni sentì una risata nascere dal profondo di sé, ma la faccia del ragazzo faceva presagire che non l'avrebbe presa bene.
Un eroe… Severus Piton si sentiva tutt’altro che un eroe, un eroe assolutamente imperfetto forse, però quel bambino ci credeva veramente e lo guardava con due occhi nocciola enormi pieni di profonda ammirazione e aspettativa.
Si sentì addosso il pesante dovere di dargli quello che si aspettava: era venuto a cercare l’eroe e lui non lo avrebbe deluso.
Conosceva fin troppo bene quel tipo di delusione negli strati più profondi della sua pelle e non voleva infliggerla a sua volta, non a quel ragazzino, non in quel momento.
- Immagino che tuo nonno ti abbia detto che io vivevo qui nei dintorni e tu sei venuto a cercarmi, è così?
Brian annui.
- Le lettera ti arriverà come a tutti - proseguì Piton - perchè non dovrebbe arrivarti?
- Non so, pensavo vi foste scordati di me. Il mio papà è un magonò, la mamma invece è una babbana ed io, beh, io vivo tra i Babbani.
"È diverso se si è figli di Babbani?" gli aveva chiesto una voce ancora nitida nella sua mente, la voce di una Lily di molti anni prima che aveva impressa sul volto la stessa espressione preoccupata di questo ragazzino che oggi aveva davanti.
- Questo non fa nessuna differenza, da quello che ho potuto vedere tu sei un mago quindi riceverai la tua lettera come tutti gli altri. - confermò Piton.
Brian sorrise, un sorriso spontaneo e aperto.
Piton si chiese come sarebbe stato avere un figlio, era la prima volta che quel pensiero attraversava così concretamente la sua mente.
Un figlio… che ti guarda come un eroe.
Un figlio… da accompagnare a Hogwarts.
Estrasse la bacchetta e la fece passare lentamente sulle gambe del bambino che lo lasciò fare, immobile e ipnotizzato dalle misteriose parole che l’uomo stava pronunciando: una litania antica e misteriosa.
Quando Brian sì guardò i graffi erano completamente spariti.
- Ora torna a casa, si sta facendo buio e credo che i tuoi genitori saranno in pensiero.
- Sì, signore, ma se quando arriverà la lettera loro…
- Tu hai paura che non vogliano che tu venga a Hogwarts?
Il piccolo annui.
Piton si abbassò per essere all’altezza del ragazzo che era molto piccolo per la sua età.
- Se ci saranno difficoltà verrò io, di persona, ti assicuro che tu il primo settembre sarai sul treno per Hogwarts.
- Grazie, signore, io non so come ringraziarla.
- Pensandoci un modo ci sarebbe: sparisci, torna a casa e non farti più pescare a bighellonare qui intorno, sono stato chiaro? - così dicendo gli tese la mano che il ragazzino strinse per un breve istante.
- Chiarissimo, signore, grazie, ancora grazie. - disse prima di allontanarsi verso la strada.
Severus rimase solo sull’inizio della notte a chiedersi perché non gli aveva semplicemente detto di levarsi di torno, poi ripensò a quel sorriso, alla piccola mano sudaticcia che stringeva la sua e si sentì invadere di una piacevole sensazione di calore.
''Nessuno prenderà più in giro il piccolo Brian, non nella mia scuola.''
A questo pensiero le sue labbra si incurvarono in un piccolo sorriso soddisfatto, mentre si dirigeva verso casa.

Ho modificato la parte che mi ha indicato Ida, cambiando la frase incriminata.

Edited by halfbloodprincess78 - 6/2/2013, 01:17
 
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