Il Calderone di Severus

La ceramica nella preistoria e nella civiltà Greca e Romana, Archeologia - Lezione 2

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 7/10/2012, 21:24
Avatar

Pozionista sofisticato

Group:
Administrator
Posts:
14,441

Status:


Premessa



La ceramica (dal greco antico 'kéramos', che significa "argilla", "terra da vasaio") costituisce la classe di materiale più abbondante rinvenuto abitualmente nel corso degli scavi archeologici. È proprio questa abbondanza, unita alle continue variazioni a cui fu sottoposta in seguito al cambiare dei gusti e delle tendenze nel corso dei secoli, a conferire alla ceramica un valore archeologico fondamentale: quello di indicatore cronologico.
L’idea di servirsi dell’argilla per forgiare un recipiente è sicuramente nata per caso; si può supporre che la realizzazione dei primi oggetti sia frutto dell’intelligenza dell’uomo, se pur primitivo, nell’utilizzare l’argilla, che era materiale facilmente reperibile quasi ovunque.
Questi manufatti venivano essiccati al sole ed erano logicamente molto fragili con una durata limitata.
Nel tempo vennero usati vari tipi di vasellame, di differenti forme e qualità ed essi furono poco a poco apprezzati non solo per la loro utilità, ma anche per la fattura più o meno accurata e per la decorazione più o meno raffinata.
La ceramica divenne così una delle forme d’arte più diffusa in tutto il mondo antico, perché l’uomo non ha bisogno soltanto di inventare oggetti utili, ma anche di sviluppare sempre e comunque la propria fantasia cercando di abbellirli. Essa fu il primo vero esempio di “design industriale” nel senso di oggetto utile reso anche piacevole alla vista.




In questa discussione verranno trattati i seguenti argomenti:


Materiali e tecniche di fabbricazione - parte 1
Materiali e tecniche di fabbricazione - parte 2
Materiali e tecniche di fabbricazione - parte 3
Tutte le forme della ceramica - parte 1
Tutte le forme della ceramica - parte 2
Tutte le forme della ceramica - parte 3
Tutte le forme della ceramica - parte 4
Tutte le forme della ceramica - parte 5
Tutte le forme della ceramica - parte 6

La ceramica Greca
La ceramica Romana



Edited by chiara53 - 24/3/2023, 20:07
 
Top
view post Posted on 15/10/2012, 20:05
Avatar

Pozionista sofisticato

Group:
Administrator
Posts:
14,441

Status:


Materiali e tecniche di fabbricazione


Prima parte



Nel Paleolitico, ossia nel periodo più antico dell’Età della Pietra, gli uomini usavano sicuramente dei recipienti, ma questi erano prodotti con materiali deperibili come legno, corteccia e pelle di animale conciata. Di essi difficilmente rimane traccia, se non a latitudini e climi che ne impediscono il disfacimento.

Un raro e preziosissimo esempio di conservazione di materiali deperibili sono gli utensili ritrovati accanto alla mummia naturale del cosiddetto “Uomo del Similaun”, vissuto però in un’epoca molto più recente, nell’Età del Rame (fra il 3350 e il 3100 a.C.), inglobato dal ghiacciaio dopo la morte ad alta quota. Il ghiaccio in questo caso ha funzionato come un freezer naturale: così si è conservato perfettamente non solo il corpo ma anche gli abiti che indossava e il suo “corredo di sopravvivenza”, faretra di pelle di daino con frecce, una gerla di vimini e due contenitori cilindrici fabbricati con corteccia di betulla ed altri oggetti di uso comune. Si tratta però di un rinvenimento eccezionale per i nostri climi, quindi possiamo solo ipotizzare, anche facendo riferimento a popolazioni che attualmente sono ancora allo stadio dell’Età della Pietra, i materiali usati per fabbricare contenitori nel Paleolitico.

Ceramiche+monteclaro+(12)

La ceramica nacque circa 8000 anni fa, nel Neolitico, momento cruciale per la civiltà, in cui i gruppi umani di cacciatori e raccoglitori di frutti spontanei della terra – essenzialmente nomadi – cominciarono a diventare stanziali, ossia a scegliere un luogo nel quale costruire abitazioni stabili per dedicarsi a nuove occupazioni, quali l’allevamento di quelli che diventeranno gli attuali animali domestici ed una primitiva agricoltura.

Questo fondamentale cambiamento ebbe inizio nel Vicino Oriente, dove la fine dell’ultima glaciazione aveva portato un clima particolarmente arido, che probabilmente costrinse i gruppi umani a cercare nuovi mezzi di sostentamento, mediante la riproduzione “artificiale” di animali e piante (quando si dice che la necessità aguzza l’ingegno!). Invece in Europa il clima favorevole mantenne la selvaggina abbondante, così come frutti e piante commestibili, per cui si continuò a praticare la caccia e la raccolta.

In questa nuova società si sviluppò un’altra novità basilare: la specializzazione del lavoro. Nacque l’artigianato e si passò dal fabbricare in proprio qualsiasi oggetto od utensile, come nel Paleolitico, a più persone che realizzavano in serie manufatti molto diversi tra loro e che, anche per smerciare più facilmente i loro prodotti, cercavano di rendere gli utensili più pratici da usare o, come nel caso dei ceramisti, inventarsi forme e decorazioni più accattivanti e pregiate.

L’invenzione della ceramica è per gli uomini del Neolitico ciò che la plastica è stata per quelli del Novecento: un materiale facilmente plasmabile con cui si poteva fare di tutto. Pesi da telaio, statuette votive, cucchiai, giocattoli, decorazioni architettoniche… Tutto quello che prima veniva fabbricato con molta più fatica con legno, pietra od osso, ora diventa realizzabile in pochi minuti: il risparmio di tempo può essere usato per rendere l’oggetto più funzionale o accattivante nella forma o nella decorazione.
Un materiale a cui è così facile dare una forma deve avere stuzzicato la già fertile fantasia dei primi ceramisti: d’altra parte basta vedere cosa riescono ad inventarsi i bambini di oggi, alle prese con i surrogati attuali della pasta d’argilla.

In alcuni casi la ceramica diventò addirittura produzione artistica, qualcosa di molto diverso dall’oggetto funzionale. Nell’arte Egea dell’Età del Bronzo ci sono riproduzioni di cerimonie realizzati in questo materiale. Dal sito di Vunus, a Cipro, viene il modello di un recinto sacro, una sorta di grossa ciotola, con la parete aperta ad arco per simulare l’entrata, con all’interno figure umane schematiche che, con le mani giunte partecipano ad un rito religioso. L’artista ha raffigurato anche un individuo arrampicato sul muro accanto alla porta, che sta osservando di nascosto la scena: segno che la cerimonia era solo per iniziati.

cerchio-recinto

Recinto sacro di Vunus Cipro


slide-70-728
Figurina neolitica di argilla rappresentatnte una figura umana
schematica in preghiera(a mani giunte)


A proposito di oggetti curiosi in ceramica, non ci si può dimenticare della cosiddetta pintadera, una specie di stampino, con un disegno decorativo inciso in positivo nella parte anteriore ed una presa in quella posteriore. L’uso non è ancora ben chiaro, ma pare servisse per imprimere disegni colorati sulla pelle, un po’ come i nativi americani, che si dipingevano il corpo in occasioni particolari come la caccia, la guerra e le cerimonie di vario genere.

010%20terralba%20santu%20antine%20pintadera
Irgoli, Pintadera di età nuragica
pintadera
Pintadera vista di lato, con presa a forma di piede



È naturalmente impossibile ricostruire come si sia giunti ad usare l’argilla per fabbricare vasi. L’argilla cruda veniva usata in “edilizia” per consolidare e impermeabilizzare le pareti delle capanne, formate da pali in legno, rami e foglie. Lo strato esterno di argilla seccata al sole ne faceva un insieme compatto e resistente.
Accadeva però che le capanne si incendiassero, perché il focolare, che serviva per cucinare e riscaldare l’ambiente, era costituito da una buca poco profonda circondata di sassi, dove la legna ardeva con la fiamma libera: le scintille potevano appiccare il fuoco al tetto, che non era cosparso di argilla all’interno e così la capanna diventava un rogo scoppiettante.
Fra le ceneri rimanevano però pezzi di argilla cotti dal calore, che spesso conservavano in negativo la forma dei pali, dei rami e anche delle foglie della capanna scomparsa e che prendono il nome di “concotto”. Dalla quantità di questo materiale emerso negli scavi preistorici, si deduce che gli “incidenti domestici” non fossero rari. È possibile che l’osservazione di un pezzo di concotto abbia stimolato l’inventiva, se non proprio dell’ ex padrone di casa inferocito, di un vicino curioso con ancora un tetto sulla testa.

Un’altra ipotesi altrettanto suggestiva ci dice come l’argilla cruda venisse spalmata anche all’interno dei panieri di vimini per impermeabilizzare e rendere più solido il recipiente. Il paniere, forse dimenticato troppo vicino al fuoco, a volte s’incendiava e i giunchi venivano ridotti in cenere, mentre l’interno, cotto dalla fiamma, diventava qualcosa di molto simile ad un vaso.
La fabbricazione della ceramica nel Neolitico e sino alla fine dell’età del Bronzo fu tutta manuale, dalla preparazione dell’impasto di argilla mista ad acqua, alla sagomatura vera e propria del vaso: il tornio verrà inventato molto più tardi dai Greci. Per distinguere i vasi foggiati a mano da quelli torniti si usa il termine “ceramica d’impasto”.

7_93_20081105162304



I manufatti venivano poi cotti in forni chiusi, per raggiungere temperature più alte. Si scavava una fossa nel terreno, coperta in genere con una cupola di terracotta o di pietre cementate, dove i vasi venivano chiusi sigillando l’imboccatura. Probabilmente i primi forni saranno stati gli stessi in cui si cuocevano i cibi (l’arrosto allo spiedo non era il solo modo in cui cucinare la carne), per diventare poi fornaci specializzate per la produzione della sola ceramica.

Gli impasti più primitivi sono grossolani, pieni di impurità,costituite da minuscoli sassolini, piccoli punti neri che potrebbero essere frammenti di carbone o vegetali bruciati durante la cottura. Ma questa composizione “eterogenea” può in seguito essere voluta, perché venivano fabbricati contemporaneamente sia recipienti destinati alla cucina ed alla cottura dei cibi (ceramica da fuoco, la chiameremmo oggi) con impasto grezzo e pieno di “inclusi” (i sassolini e altro)che li rendevano probabilmente più resistenti al calore, e vasi di forma più elegante, magari destinati alla tavola, in cui l’impasto era molto più fine e quasi privo di impurità.

Per modellare qualsiasi forma venivano usate due tecniche. La prima consisteva nel plasmare direttamente un blocco di argilla, la seconda – detta “a cercine” – si avvaleva di un lungo salsicciotto di argilla arrotolato a spirale nella larghezza e nell’altezza voluta. La sagoma grezza veniva poi lisciata dentro e fuori a mano o forse anche usando una stecca di legno.
(continua)

( a cura di Sewa )

Edited by chiara53 - 24/3/2023, 18:23
 
Top
view post Posted on 19/10/2012, 17:47

Fondi-calderoni

Group:
Member
Posts:
266
Location:
dal pianeta Synnian e da altri luoghi dove ho lasciato un po' del mio cuore

Status:


Materiali e tecniche di fabbricazione



Seconda parte



Nel Neolitico più antico nasce la cosiddetta “ceramica impressa”, perché veniva decorata stampando sull’argilla cruda bordi frastagliati di conchiglie, rametti cavi che producevano cerchietti, il segno delle unghie del vasaio che artigliava la parete del vaso, formando file sovrapposte di incavi a mezzaluna.

imgindex

Un’altra tecnica di decorazione è quella con cui si incollano, con argilla liquida, piccole bugne sporgenti a formare file più o meno regolari nel senso dell’altezza o che circondano la spalla del vaso, sottili bottoncini della forma e dello spessore di una lenticchia che picchiettano l’orlo di una ciotola particolarmente ricercata, “costole” verticali od orizzontali e tutto quanto la fantasia dell’artigiano, che va raffinandosi sempre di più, riesce ad inventare.
L’incisione a crudo con un oggetto appuntito è un’ulteriore tecnica di decorazione: profonde incisioni a meandro, a tremolo, a losanghe sul corpo o sul collo del vaso, riempite poi di una fitta puntinatura, talvolta riempita di una pasta bianca che la metteva in risalto, ma anche disegni “a onda” a fasce prodotte forse un l’uso di un pettine di legno.

1305730406744_neolitico_foto



Tra la fine del Neolitico e l’inizio dell’Eneolitico, appaiono i primi vasi dipinti. L’impasto è diventato più fine e depurato, le forme più eleganti e le dimensioni in qualche caso più imponenti.
Per dipingere vengono usati pigmenti minerali come l’ocra, una polvere fine rossa o gialla mescolata all’acqua, oppure vegetali, come il succo di bacche, frutti e foglie.
4144294071_64f65ed3a8_b
Pigmenti minerali usati per la pittura

I disegni sono in genere geometrici, file o composizioni di triangoli, figure “a clessidra” riempite con un fitto motivo a rete,fasci di linee spezzate: forme semplici ma molto suggestive, esaltate proprio dall’uso del colore.

slide-19-728



Spesso non si tratta di motivi “originali”, ossia inventati da ceramisti del posto, ma copiati da vasi importati.

Nell’Italia meridionale, più vicina alla Grecia ed al Vicino Oriente, e quindi più facilmente raggiungibile dai primi avventurosi mercanti, fioriscono culture preistoriche e protostoriche dove i vasai si sbizzariscono in decorazioni fantasiose: ad esempio le anse (ossia i manici del vaso)vengono plasmate a nastro, ritorte, a rocchetto, sopraelevate rispetto al bordo del vaso e terminanti in testine di animali: perdono la loro funzionalità originale ma diventano eleganti sculture, destinate forse a far parte del “servizio buono” da usare con gli ospiti di riguardo o per cerimonie rituali.
Il ceramista si ispira a quanto ha potuto vedere e riproduce secondo il proprio gusto e le proprie capacità tecniche, le novità venute da lontano: segno che l’esterofilia non l’abbiamo inventata noi, ma risale agli albori della civiltà umana.

Dall’Italia meridionale risalgono verso nord non solo le creazioni originali importate, ma anche quelle “taroccate” da artigiani locali ed il mercato sicuramente si amplia e si differenzia. Per quanto riguarda la produzione pregiata si tratta di una questione di “portafoglio”: chi può compra l’originale, chi non può si accontenta di copie più o meno artistiche.

E’ anche vero che ogni cultura nata nella nostra penisola (e ce ne sono a decine),nel lunghissimo lasso di tempo che va dal Neolitico alla fine dell’Età del Bronzo – inizio Età del Ferro, produce tipi di ceramica diversi, rimaneggiando tecniche di produzione e stili di decorazione che diventano quasi unici.

Con l’Età del Ferro e le importazioni di ceramica dalla Grecia comincia ad avere fortuna la cosiddetta ceramica Dauna, proveniente dall’attuale Puglia, che produce vasi di impasto fine, di colore giallino, di dimensioni anche abbastanza importanti, dipinta con decorazioni geometriche nere o marrone molto scuro, nello stile che si rifà al Geometrico greco.

La ceramica locale subisce in questo periodo un livellamento per quanto riguarda la qualità e forme: la produzione riguarda soprattutto i recipienti da cucina, brocche, anfore, ciotole, bicchieri e simili.
Questo è dovuto probabilmente alla massiccia importazione di ceramica greca, detta “attica” dalla regione dove sorge Atene, il più importante centro di produzione della Grecia, dove estisteva addirittura un quartiere denominato Ceramico, sede delle botteghe di vasai e decoratori.
Si tratta di un tipo di ceramica di alta qualità, rispetto a quella prodotta nei vari siti della penisola, di cui parleremo più avanti.

Ci sono però almeno due importanti eccezioni a questo impoverimento della produzione: l’Etruria e il meridione d’Italia, dove si sviluppa quella che potremmo chiamare un’industria del “tarocco d’autore”.
La base di partenza è sempre la ceramica attica, ma riprodotta personalizzando i manufatti e usando materiali pregiati, rimaneggiando il design delle forme e delle decorazioni, ottenendo così una produzione nuova e di livello in molti casi pari all’originale.
I prodotti venivano esportati e, come nel caso del Piceno (le attuali Marche), vengono acquistati sia gli originali greci che queste “copie” di lusso.

(continua)

Edited by chiara53 - 24/3/2023, 18:38
 
Top
view post Posted on 10/11/2012, 14:31
Avatar

Pozionista sofisticato

Group:
Administrator
Posts:
14,441

Status:


Materiali e tecniche di fabbricazione



Terza ed ultima parte



Nelle due lezioni precedenti abbiamo compreso come la nascita del primo vaso (ma anche del secondo…) fu quasi casuale, ma non fu casuale il fatto che gli uomini sfruttarono questa scoperta per gli usi più vari.

Il materiale con cui la ceramica veniva prodotta divenne con il tempo sempre più resistente, sia per l’uso del tornio, sia per la cottura a forno chiuso.

La lavorazione al tornio consiste nel mettere l’abbozzo di un vaso su un piano circolare che si muove in senso rotatorio sul suo asse.
Il tornio, interamente in legno, era formato da un asse verticale con due dischi agli estremi; il disco superiore era piccolo e serviva come base della terra da plasmare; quello inferiore era più grande. Il movimento al tornio veniva dato dal piede sul disco inferiore ad una velocità costante e regolare. Con le dita si modellava la forma cercando di renderla regolare in tutte le sue parti.
tornio_270_gallery
(foto da www.museociviltaromana.it/mostre_ed_eventi)



Questo metodo portò a fogge più raffinate ed eleganti, che raggiunsero il livello di capolavoro tra la fine del VII secolo a.C. e l’inizio del V.
La cottura della ceramica in forno poteva avvenire sia nel forno a fossa, costituito da una fossa scavata nel terreno, all'interno della quale venivano posti i vasi a contatto con il combustibile (composto oltre che da legna anche da gusci di frutta secca, capaci di sviluppare alte temperature); il forno era infine ricoperto con terra, sia in una camera chiusa di terra refrattaria.
pinakes-fornacepotier2
(Paris, musée du Louvre foto Erich Lessing)
Pinakes (quadretti) corinzi, Cottura della ceramica in forno chiuso.

La preparazione dell’impasto della ceramica Greca (quella Attica in particolare) era piuttosto elaborata.

L’argilla veniva posta in bacini di decantazione per farla depurare delle impurità più notevoli, quindi si passava alla battitura e alla lavatura con acqua che veniva aggiunta finché la materia prima (argilla) non acquistava un sufficiente grado di plasticità per essere lavorata.

Il vasaio, usando il tornio, provvedeva a conferire all’impasto la forma desiderata.
I vasi più piccoli venivano eseguiti tutti interi da un unico pezzo di argilla, quelli più grandi (per esempio l’Anfora di Nesso, che era alta 1,22 metri) venivano eseguiti in pezzi separati e poi uniti usando come colla l’argilla diluita, con la medesima tecnica venivano uniti anche i manici.

25-vi

Cosiddetta Anfora di Nesso
Museo archeologico nazionale di Atene 1002


















(Foto da http://fotoalbum.virgilio.it/prof.maggi/20...eramica/25.html)


Alla tornitura eseguita con le mani ne seguiva un’altra effettuata con strumenti metallici per lisciare perfettamente la superficie del vaso.
Avveniva poi la cosiddetta ingubbiatura, si stendeva cioè uno strato d’argilla ancora più depurata e assai liquida destinata a levigare tutte le irregolarità ricoprendo la prima argilla con una superficie vetrificante alla cottura.
Il vaso era pronto per essere decorato. Dopo la decorazione il vaso veniva cotto in forno chiuso.

Bibliografia e link
Storia dell’arte Classica – Arte Greca di Giulio Quirino Giglioli
www.centroh.com/PRINCIPALI_ATTIVITA...tivita/CERAMICA
www.gruppiarcheologici.org/attivita...Archeologia.pdf


Edited by chiara53 - 24/3/2023, 18:42
 
Top
view post Posted on 10/11/2012, 17:15

Pozionista provetto

Group:
Bannati
Posts:
11,225
Location:
Sapphire Planet

Status:


E' quasi pazzesco come da un errore e molti tentativi l'uomo sia riuscito a fare creazioni del genere lasciando libera la fantasia. :)
 
Web  Top
view post Posted on 10/11/2012, 17:54
Avatar

Pozionista sofisticato

Group:
Administrator
Posts:
14,441

Status:


L'anfora di Nesso e il Cratere Francois sono stupendi, ma ci sono altri vasi e ceramiche più piccole ma altrettanto belle. Quando inizieremo con le "forme" allora sì che ci sarà da divertirsi :B):
 
Top
view post Posted on 10/11/2012, 19:05
Avatar

I ♥ Severus


Potion Master

Group:
Administrator
Posts:
55,397
Location:
Da un dolce sogno d'amore!

Status:


Oltre un metro di altezza di vaso, con le varie parti "incollate" assieme, tutto fatto a mano: ha dell'incredibile per noi che senza "macchine" non sappiamo fare nulla!

Edited by chiara53 - 6/5/2018, 19:04
 
Web  Top
view post Posted on 20/11/2012, 21:57
Avatar

Pozionista sofisticato

Group:
Administrator
Posts:
14,441

Status:


Tutte le forme della ceramica - Prima parte




La forma dei vasi riveste importanza notevolissima per comprendere i diversi usi a cui ciascuno era destinato: vi erano vasi per trasportare e conservare, vasi per versare e coppe e tazze per bere. Queste sono le tre grandi famiglie in cui si dividono le forme della ceramica.
Attraverso la descrizione delle forme si può raccontare anche la vita e la storia di chi la usava.

Il più comune ed usato oggetto di ceramica dell’antichità è l’anfora.
Il termine anfora deriva dal greco amforéus - composto dalle parole “amfì” e “fero” – che significa letteralmente “portare da entrambe le parti”, in chiaro riferimento ai due manici di cui è provvisto l’oggetto
Prima di parlare dell’anfora elegante e decorata voglio descrivere la sua “parente povera”: un contenitore in ceramica per il trasporto e la conservazione di derrate (vino, olio, conserve di pesce e in minor misura frutta e pinoli), con un corpo di forma affusolata, munito di due manici e terminante con un puntale.
VII.65_ph.PioFoglia%20Anfora%20inv.25129_450
Anfora I secolo d.C.
Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei

Nel corso dei secoli subì diverse modifiche, ma la sua forma base rimase costante, poiché era legata alla sua funzionalità; essa conteneva approssimativamente 26 litri.

Di cocci di questo tipo di anfora è costituito il monte Testaccio a Roma, di cui abbiamo già parlato. Lo studioso di questa particolare ceramica da trasporto fu Heinrich Dressel, che esaminò per primo i reperti estratti dal monte Testaccio e li suddivise per forma, provenienza ed uso.
La tabella creata da Dressel è ancora in uso presso gli archeologi ed è la base per studiare qualunque anfora venga ritrovata in uno scavo.

Le pareti di questo tipo di manufatto erano, come è ben comprensibile, piuttosto spesse per evitare che si rompessero con facilità disperdendo il loro prezioso carico. Esse erano spesso ricoperte all’interno con una pece speciale che le rendeva impermeabili
I recipienti, una volta riempiti del proprio contenuto, venivano chiusi in svariati modi. La forma più rudimentale di tappo era costituito da pigne verdi pressate nel collo. Dischi di terracotta, modellati o tagliati dalle pareti di anfore rotte ricoperti da uno strato di calce, assicuravano la chiusura delle anfore per l’olio, mentre per le anfore da vino era caratteristico un tappo di sughero ricoperto da pozzolana.
Tuttavia il sistema di chiusura più efficace era quello di incastrare un piccolo vaso pieno, detto “anforisco”, all’interno del collo, grazie a delle scanalature (tipo un tappo a vite moderno) e ulteriormente sigillato con pozzolana (la pozzolana è una sabbia ottenuta da pietre vulcaniche che unita all’acqua forma un impasto tutt’ora usato in edilizia).
anforisco_chiusura_anforaAnfora chiusa con anforisco

p06_1
Sulle anfore venivano apposti :bolli o signacuala che erano l’equivalente del marchio di fabbrica.




Esempio di bollo













Graffiti che, se incisi prima della cottura, sono di pertinenza del vasaio; quelli incisi dopo la cottura sono relativi al commercio e cioè al peso, al tipo di merce e all'ordine di stivaggio; ma sono segni a tutt'oggi difficili da interpretare;
[IMG=anfore][/IMG]

Tituli Picti cioè iscrizioni dipinte con setole di maiale o con un dito; indicano il contenuto, la provenienza, il trasportatore, il peso e il numero d'ordine nella stiva.







Anfore_02



Tituli picti sul collo di un’anfora
( Foto da www.letterefilosofia.it/2012/07/)





Il trasporto delle anfore avveniva generalmente via mare. Per arrivare a Roma le navi onerarie percorrevano la via fluviale fino al porto di Ripa Grande, che costituiva l’antico porto di Roma. Di esso resta soltanto il nome di un tratto del lungotevere, poi distrutto ed inglobato nei muraglioni costruiti ai lati del fiume.


AN56CB1

( foto 4 da www.abtevere.it/node/84)

Antica carta rappresentante il tratto del Tevere all'altezza del porto di Ripa Grande a Roma.


(Continua...)



***

Bibliografia e link
http://prod.percorsidiarcheologia.it/index...d=236&Itemid=33
http://docenti.lett.unisi.it/files/117/2/1...assi_Anfore.pdf
http://www2.archeo.unisi.it/testi/ceramica...a_11_Ciacci.pdf
Daniela Gandolfi "La ceramica ed i materiali di età romana
www.romasotterranea.it/


Edited by chiara53 - 24/3/2023, 18:59
 
Top
view post Posted on 20/11/2012, 22:15

Pozionista provetto

Group:
Bannati
Posts:
11,225
Location:
Sapphire Planet

Status:


Dell'anforisco non avevo mai sentito parlare prima d'ora.
Devo dire che è una genialata.

Grazie, Chiara! :)

Per chi volesse farsi un tour archeologico nella Capitale, ecco qui un'altra immagine: Ripa Grande.

ripa_grande
free image hosting

E' contrassegnata dalla "A" in alto.
Il cerchietto in basso è il Monte Testaccio, di cui si è già parlato, mentre la freccia gialla indica la zona di Trastevere che è chiamata Portuense, in quanto in passato usata proprio come porto cittadino.
Il Circo Massimo è ben visibile nell'angolino in alto a destra.
 
Web  Top
view post Posted on 22/11/2012, 20:54
Avatar

I ♥ Severus


Potion Master

Group:
Administrator
Posts:
55,397
Location:
Da un dolce sogno d'amore!

Status:


Cosa significa "le navi onerarie"?

E' incredibile il sistema perfettamente organizzato di bolli pre e post cottura e tituli: in pratica polizze di carico e documenti di trasporto!


Edited by chiara53 - 22/6/2015, 15:29
 
Web  Top
view post Posted on 22/11/2012, 21:07

Pozionista provetto

Group:
Bannati
Posts:
11,225
Location:
Sapphire Planet

Status:


CITAZIONE (Ida59 @ 22/11/2012, 20:54) 
Cosa significa "le navi onerarie"?

E' incredibile il sistema perfettamente organizzato di bolli pre e post cottura e tituli: in pratica polizze di carico e documenti di trasporto!

Chiara non è in linea (già a Milano? Uffiiiiii!), rispondo io.

Le navi onerarie erano navi da carico, addette al trasporto delle merci, più pesanti da governare rispetto alle lunghe ed agili navi da guerra.
In caso di guerra trasportavano anche uomini, animali e armamenti vari.
A differenza delle navi da guerra, andavano per lo più a vela.

Edited by chiara53 - 22/6/2015, 15:29
 
Web  Top
view post Posted on 22/11/2012, 21:23
Avatar

I ♥ Severus


Potion Master

Group:
Administrator
Posts:
55,397
Location:
Da un dolce sogno d'amore!

Status:


Grazie!

Edited by chiara53 - 24/3/2023, 19:00
 
Web  Top
view post Posted on 22/11/2012, 21:27

Pozionista provetto

Group:
Bannati
Posts:
11,225
Location:
Sapphire Planet

Status:


Prego, siamo qui apposta! :D
 
Web  Top
view post Posted on 24/11/2012, 14:54
Avatar

Pozionista sofisticato

Group:
Administrator
Posts:
14,441

Status:


Kià l'espertologa :wub: :wub: :wub: :wub:
 
Top
view post Posted on 5/2/2013, 18:24

Fondi-calderoni

Group:
Member
Posts:
266
Location:
dal pianeta Synnian e da altri luoghi dove ho lasciato un po' del mio cuore

Status:


Tutte le forme della ceramica - Seconda parte




ANFORA



La regina dei recipienti da trasporto, ampiamente trattata nella lezione precedente, è sicuramente l’anfora di terracotta, fabbricata in migliaia di esemplari per contenere granaglie olio e vino. Pur essendo una forma corrispondente alle nostre taniche di plastica o metallo, quindi qualcosa che per noi deve stare in cantina, per alcuni è un vero e proprio oggetto del desiderio. Esiste un vivace mercato clandestino, in cui ci si accaparrano anfore coperte di incrostazioni marine per esporle in salotto, rischiando il sequestro e un procedimento penale. Ma, appassionati sprovveduti a parte, l’umile anfora da trasporto ha parenti più altolocate, di origine greca, di minori dimensioni, di impasto molto fine, dipinte e decorate con personaggi e scene prese dal mito o dalla vita quotidiana come per quasi tutte le forme che vedremo. Si tratta di un vaso elegante, con due anse (manici), il corpo panciuto e un piede per l’appoggio, a differenza di quelle da trasporto, usato per conservare l’olio o il vino.

395px-Panathenaic_amphora_BM_B130


Un genere particolare di anfora è quella detta panatenaica. I giochi panatenaici si svolgevano ogni quattro anni ad Atene in onore della dea Athena, protettrice della città. Comprendevano gare sportive, ma anche concorsi poetici e musicali. Le specialità sportive erano in sostanza quelle olimpiche ed al vincitore veniva data in premio un’anfora contenente l’olio prodotto dagli ulivi sacri ad Athena. L’anfora panatenaica era decorata su un lato con l’immagine della dea, e sull’altro con la rappresentazione della gara per cui era messa in palio.
gre_12_a_1









Una vera curiosità sono invece le anfore create nella bottega di Nikosthenes (dette perciò nicosteniche), perché in questo caso la ceramica imita il metallo. Infatti le anse sono larghe e sottili e il corpo del vaso è percorso da costolature orizzontali che imitano la saldatura a fasce con cui si assemblavano i vasi in bronzo. Ne risulta una sagoma spigolosa molto originale. Sul motivo per cui Nikosthenes le fabbricasse si accettano scommesse, ma probabilmente si tratta di un motivo puramente estetico, una vera e propria “creazione”, a mio personalissimo giudizio, ben riuscita.















HYDRIA



c0012










Il recipiente specifico per l’acqua, sia per raccoglierla che per conservarla, è una grande brocca con tre anse invece di una. Non di tratta di una decorazione: le anse laterali servivano per tenerla sotto il getto della fontana o per attingere, quella posteriore per versare. Vaso fondamentale per l’economia domestica, essendo l’acqua corrente in casa di là da venire, doveva essere ben conosciuta dalle donne, giacché erano loro a provvedere al rifornimento idrico giornaliero. Tanto è vero che le scene raffigurate su questa categoria di vasi rimandano quasi sempre al mondo femminile. L’hydria nasce come vaso da cucina, ma con una vernice lucidissima e una ricca decorazione dipinta, compare nel “servizio buono” durante i banchetti, come vedremo in seguito.




L’hydria veniva prodotta anche in bronzo, ma esclusivamente per essere esibita ed usata durante il banchetto. Poiché il peso sconsigliava di versare l’acqua direttamente dal vaso, per evitare disdicevoli allagamenti, era corredata di mestoli metallici per attingere.

Museo-di-Paestum_Hydria



ISTRUZIONI PER L’USO
“Tutte le forme della ceramica” è un titolo molto impegnativo, di quelli da far drizzare i capelli in testa, poiché la produzione, a partire da quella greca con le varie imitazioni e taroccature ritrovate nel bacino del Mediterraneo, è sterminata e anche, diciamocelo, francamente noiosa.

Gli archeologi sono puntigliosi per mestiere, (e guai se non lo fossero!) ed ogni variante della stessa forma prende un nome differente, ma si tratta di termini tecnici che servono solo agli addetti ai lavori, per cui ce li risparmieremo, per evitare sbadigli sgangherati ma per evitare anche la confusione che si crea con un diluvio di nomi diversi per indicare alla fine lo stesso genere di manufatto.

Un altro argomento che mi pare importante è il modo in cui la ceramica (ma anche oggetti fabbricati con materiali più o meno preziosi) sono arrivati fino a noi. Ci sono luoghi ben precisi, negli scavi archeologici, in cui ne può venire alla luce in gran quantità.
La parte del leone la fanno senz’altro le necropoli, con i corredi tombali ricchi di vasi spesso intatti, mentre un altro luogo che riserva sorprese è la fossa dei rifiuti. Ogni centro abitato ne aveva una o più di una ed insieme a ossa di animale ed altre porcherie, si trovano molti frammenti di ceramica, dall’umile pentolame da cucina al “servizio buono” ormai irrimediabilmente frantumato. Bisogna però dire che i vasi più preziosi venivano restaurati, un po’ per la loro bellezza, un po’ per il costo non indifferente. Così sappiamo che l’incidente domestico veniva rattoppato con mastice e minuscole grappe di piombo, inserite nei buchi precedentemente preparati, a formare una specie di “cucitura” che rafforzava la tenuta del mastice.
Infine ci sono gli scarichi delle fornaci, ossia le fosse in cui venivano gettati i vasi malriusciti e quindi invendibili perché cotti male o perché nel forno si erano afflosciati deformandosi.
In questa ed anche in maniera del tutto fortuita (anche la fortuna aiuta molto!) i nostri eroi tornano alla luce e ci raccontano le loro storie: sembra strano, ma a volte i reperti archeologici sono chiacchieroni!

La ceramica attica, in particolare, ci narra la storia della pittura greca, andata completamente perduta. Sembra infatti che i decoratori (a volte veri artisti), si ispirassero, per le scene con personaggi, alle ultime novità dei pittori allora in voga, riproducendole il più fedelmente possibile, pur con la limitazione imposta dall’uso di due soli colori, il nero e l’arancio in tutte le sue sfumature.

Un altro avventuroso racconto, narrato dai vasi da trasporto, ci dice quanto sia stato trafficato il Mediterraneo fin dalla preistoria: seguire le antiche rotte commerciali sarebbe una crociera indimenticabile.

Bibliografia
Giulio Quirino Giglioli - Storia dell'arte classica - Arte greca

(continua)

Edited by chiara53 - 24/3/2023, 19:02
 
Top
40 replies since 7/10/2012, 21:24   18664 views
  Share