Materiali e tecniche di fabbricazione
Prima parte
Nel Paleolitico, ossia nel periodo più antico dell’Età della Pietra, gli uomini usavano sicuramente dei recipienti, ma questi erano prodotti con materiali deperibili come legno, corteccia e pelle di animale conciata. Di essi difficilmente rimane traccia, se non a latitudini e climi che ne impediscono il disfacimento.
Un raro e preziosissimo esempio di conservazione di materiali deperibili sono gli utensili ritrovati accanto alla mummia naturale del cosiddetto “Uomo del Similaun”, vissuto però in un’epoca molto più recente, nell’Età del Rame (fra il 3350 e il 3100 a.C.), inglobato dal ghiacciaio dopo la morte ad alta quota. Il ghiaccio in questo caso ha funzionato come un freezer naturale: così si è conservato perfettamente non solo il corpo ma anche gli abiti che indossava e il suo “corredo di sopravvivenza”, faretra di pelle di daino con frecce, una gerla di vimini e due contenitori cilindrici fabbricati con corteccia di betulla ed altri oggetti di uso comune. Si tratta però di un rinvenimento eccezionale per i nostri climi, quindi possiamo solo ipotizzare, anche facendo riferimento a popolazioni che attualmente sono ancora allo stadio dell’Età della Pietra, i materiali usati per fabbricare contenitori nel Paleolitico.
La ceramica nacque circa 8000 anni fa, nel Neolitico, momento cruciale per la civiltà, in cui i gruppi umani di cacciatori e raccoglitori di frutti spontanei della terra – essenzialmente nomadi – cominciarono a diventare stanziali, ossia a scegliere un luogo nel quale costruire abitazioni stabili per dedicarsi a nuove occupazioni, quali l’allevamento di quelli che diventeranno gli attuali animali domestici ed una primitiva agricoltura.
Questo fondamentale cambiamento ebbe inizio nel Vicino Oriente, dove la fine dell’ultima glaciazione aveva portato un clima particolarmente arido, che probabilmente costrinse i gruppi umani a cercare nuovi mezzi di sostentamento, mediante la riproduzione “artificiale” di animali e piante (quando si dice che la necessità aguzza l’ingegno!). Invece in Europa il clima favorevole mantenne la selvaggina abbondante, così come frutti e piante commestibili, per cui si continuò a praticare la caccia e la raccolta.
In questa nuova società si sviluppò un’altra novità basilare: la specializzazione del lavoro. Nacque l’artigianato e si passò dal fabbricare in proprio qualsiasi oggetto od utensile, come nel Paleolitico, a più persone che realizzavano in serie manufatti molto diversi tra loro e che, anche per smerciare più facilmente i loro prodotti, cercavano di rendere gli utensili più pratici da usare o, come nel caso dei ceramisti, inventarsi forme e decorazioni più accattivanti e pregiate.
L’invenzione della ceramica è per gli uomini del Neolitico ciò che la plastica è stata per quelli del Novecento: un materiale facilmente plasmabile con cui si poteva fare di tutto. Pesi da telaio, statuette votive, cucchiai, giocattoli, decorazioni architettoniche… Tutto quello che prima veniva fabbricato con molta più fatica con legno, pietra od osso, ora diventa realizzabile in pochi minuti: il risparmio di tempo può essere usato per rendere l’oggetto più funzionale o accattivante nella forma o nella decorazione.
Un materiale a cui è così facile dare una forma deve avere stuzzicato la già fertile fantasia dei primi ceramisti: d’altra parte basta vedere cosa riescono ad inventarsi i bambini di oggi, alle prese con i surrogati attuali della pasta d’argilla.
In alcuni casi la ceramica diventò addirittura produzione artistica, qualcosa di molto diverso dall’oggetto funzionale. Nell’arte Egea dell’Età del Bronzo ci sono riproduzioni di cerimonie realizzati in questo materiale.
Dal sito di Vunus, a Cipro, viene il modello di un recinto sacro, una sorta di grossa ciotola, con la parete aperta ad arco per simulare l’entrata, con all’interno figure umane schematiche che, con le mani giunte partecipano ad un rito religioso. L’artista ha raffigurato anche un individuo arrampicato sul muro accanto alla porta, che sta osservando di nascosto la scena: segno che la cerimonia era solo per iniziati.Recinto sacro di Vunus Cipro
Figurina neolitica di argilla rappresentatnte una figura umana
schematica in preghiera(a mani giunte)A proposito di oggetti curiosi in ceramica, non ci si può dimenticare della cosiddetta
pintadera, una specie di stampino, con un disegno decorativo inciso in positivo nella parte anteriore ed una presa in quella posteriore. L’uso non è ancora ben chiaro, ma pare servisse per imprimere disegni colorati sulla pelle, un po’ come i nativi americani, che si dipingevano il corpo in occasioni particolari come la caccia, la guerra e le cerimonie di vario genere.
Irgoli, Pintadera di età nuragica
Pintadera vista di lato, con presa a forma di piede
È naturalmente impossibile ricostruire come si sia giunti ad usare l’argilla per fabbricare vasi. L’argilla cruda veniva usata in “edilizia” per consolidare e impermeabilizzare le pareti delle capanne, formate da pali in legno, rami e foglie. Lo strato esterno di argilla seccata al sole ne faceva un insieme compatto e resistente.
Accadeva però che le capanne si incendiassero, perché il focolare, che serviva per cucinare e riscaldare l’ambiente, era costituito da una buca poco profonda circondata di sassi, dove la legna ardeva con la fiamma libera: le scintille potevano appiccare il fuoco al tetto, che non era cosparso di argilla all’interno e così la capanna diventava un rogo scoppiettante.
Fra le ceneri rimanevano però pezzi di argilla cotti dal calore, che spesso conservavano in negativo la forma dei pali, dei rami e anche delle foglie della capanna scomparsa e che prendono il nome di “concotto”. Dalla quantità di questo materiale emerso negli scavi preistorici, si deduce che gli “incidenti domestici” non fossero rari. È possibile che l’osservazione di un pezzo di
concotto abbia stimolato l’inventiva, se non proprio dell’ ex padrone di casa inferocito, di un vicino curioso con ancora un tetto sulla testa.
Un’altra ipotesi altrettanto suggestiva ci dice come l’argilla cruda venisse spalmata anche all’interno dei panieri di vimini per impermeabilizzare e rendere più solido il recipiente. Il paniere, forse dimenticato troppo vicino al fuoco, a volte s’incendiava e i giunchi venivano ridotti in cenere, mentre l’interno, cotto dalla fiamma, diventava qualcosa di molto simile ad un vaso.
La fabbricazione della ceramica nel Neolitico e sino alla fine dell’età del Bronzo fu tutta manuale, dalla preparazione dell’impasto di argilla mista ad acqua, alla sagomatura vera e propria del vaso: il tornio verrà inventato molto più tardi dai Greci. Per distinguere i vasi foggiati a mano da quelli torniti si usa il termine “ceramica d’impasto”.
I manufatti venivano poi cotti in forni chiusi, per raggiungere temperature più alte. Si scavava una fossa nel terreno, coperta in genere con una cupola di terracotta o di pietre cementate, dove i vasi venivano chiusi sigillando l’imboccatura. Probabilmente i primi forni saranno stati gli stessi in cui si cuocevano i cibi (l’arrosto allo spiedo non era il solo modo in cui cucinare la carne), per diventare poi fornaci specializzate per la produzione della sola ceramica.
Gli impasti più primitivi sono grossolani, pieni di impurità,costituite da minuscoli sassolini, piccoli punti neri che potrebbero essere frammenti di carbone o vegetali bruciati durante la cottura. Ma questa composizione “eterogenea” può in seguito essere voluta, perché venivano fabbricati contemporaneamente sia recipienti destinati alla cucina ed alla cottura dei cibi (ceramica da fuoco, la chiameremmo oggi) con impasto grezzo e pieno di “inclusi” (i sassolini e altro)che li rendevano probabilmente più resistenti al calore, e vasi di forma più elegante, magari destinati alla tavola, in cui l’impasto era molto più fine e quasi privo di impurità.
Per modellare qualsiasi forma venivano usate due tecniche. La prima consisteva nel plasmare direttamente un blocco di argilla, la seconda – detta “a cercine” – si avvaleva di un lungo salsicciotto di argilla arrotolato a spirale nella larghezza e nell’altezza voluta. La sagoma grezza veniva poi lisciata dentro e fuori a mano o forse anche usando una stecca di legno.
(continua)
( a cura di Sewa )
Edited by chiara53 - 24/3/2023, 18:23