Il Calderone di Severus

Dai graffiti alla carta, Archeologia - Lezione 1

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view post Posted on 30/9/2012, 10:58
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PREMESSA ALLA SCRITTURA



Molti furono i documenti scritti reperiti dagli archeologi, soprattutto nel secolo scorso.
Essi, pur rendendosi conto che le iscrizioni su pietra, tavolette d’argilla, sigilli, libri di legno e papiri, contenevano un testo che esprimeva concetti ed idee, non sapevano però comprenderne il significato.
Di alcuni si sapeva con certezza in quale lingua erano stati scritti, ma erano ignoti i segni della scrittura, altri invece erano concepiti in una lingua ignota e con caratteri ancora più ignoti: le difficoltà sembrarono insormontabili!
Attraverso gli sforzi durati anche una vita intera studiosi, eruditi, ma anche dilettanti geniali ebbero ragione delle incomprensibili tracce lasciate sui materiali più diversi dai nostri antichi predecessori.


In questa discussione verranno trattati i seguenti argomenti:

Scrittura Pittografica
Scrittura Cuneiforme
Scrittura Geroglifica
La scrittura alfabetica - Introduzione
La scrittura alfabetica - L'unione fa la forza
La scrittura alfabetica - seconda parte
Scrittura greca



Edited by chiara53 - 25/1/2014, 15:00
 
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view post Posted on 30/9/2012, 14:23

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Scrittura pittografica (Epoca preistorica)



Una serie di oggetti disegnati divenne un sistema di scrittura non appena un gruppo di uomini accettò che, per convenzione, una certa immagine fosse la rappresentazione di un determinato oggetto. Un sistema organizzato di immagini costruito in tal modo costituisce la scrittura pittografica.
La pittografia fu utile innanzitutto per aiutare la memoria. Atti magici, formule, regole di un clan primitivo – che negli anni erano sempre stati tramandati a voce – ebbero nelle immagini un aiuto per ricordare meglio la successione di momenti particolarmente importanti, per fissarli nella memoria e nella storia di un popolo.
410-09g-tavoletta-pittografica-sumera pic01_490x550

ca 3000-2800 a.C.Tavoletta con riferimenti alla produzione e alla vendita di birra
Materiale: argilla;
Provenienza: Mesopotamia meridionale




Il salto di qualità avvenne quando i nostri progenitori si resero conto di poter usare i disegni anche con valore di simbolo: per esempio il disegno del sole poteva rappresentare il giorno, quello della luna la notte.
Ma la vera evoluzione verso l’astrazione fu quando l’uomo si liberò dell’idea che i segni dovessero necessariamente avere una relazione di somiglianza con gli oggetti che simboleggiavano. Fu una vera rivoluzione: alla pittura o ai graffiti restò il compito di rappresentare immagini dotate di bellezza, alla scrittura fu consegnata la funzione di tracciare un significato con segni definiti.
La pittografia è tutt’ora in uso presso alcune popolazioni, quali Indiani d'America, Inuit, Tuareg e popoli polinesiani.

Edited by chiara53 - 30/9/2012, 16:32
 
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Scrittura cuneiforme

Introduzione


tav_02



Quest’immagine è molto utile per comprendere e visualizzare il percorso che ha portato l’uomo dal segno pittografico alla prima forma di scrittura come noi la concepiamo: la scrittura cuneiforme.
Tra questi due tipi di scrittura intercorre molto tempo, ma la seconda è una derivazione della prima.
Novità completa e passaggio obbligato furono gli Ideogrammi. Essi non sono altro che la stilizzazione dei pittogrammi, resi così più semplici: nasce un rapporto stabile tra il simbolo grafico e il suo significato.
Dall'ideografia si giunse quindi alla scrittura cuneiforme i cui caratteri, inizialmente, riproducevano oggetti per poi divenire sempre più lineari e simmetrici.

Scrittura cuneiforme


Ben presto nell’evoluzione umana si sentì la necessità di far evolvere la scrittura semplificandone i simboli; infatti il supporto su cui si scriveva era costituito da argilla, un materiale abbondante specialmente nelle vicinanze dei fiumi e nelle aree alluvionali e, di conseguenza, molto economico. Inoltre l’argilla, una volta cotta, garantiva una lunga conservazione dei documenti, per la gioia degli archeologi di tutto il mondo.
Ci troviamo nell'antica Mesopotamia, nella “terra tra due fiumi” (questo è infatti il significato di Mesopotamia): qui c’è la culla della scrittura cuneiforme.
Per scrivere, in origine, si incideva la figura degli oggetti da rappresentare e gli eventuali segni numerici. Si ricordi infatti che le prime necessità della scrittura erano di stampo commerciale e contabile.
Purtroppo però incidere l'argilla, quando ancora il materiale scrittorio non era asciutto, con una punta, provocava slabbramenti e il distacco di frammenti del materiale. Questo rendeva necessarie continue operazioni di ripulitura dei segni mentre venivano incisi sulle tavolette e causava notevole perdita di tempo. Per evitare questo inconveniente si passò ad imprimere dei tratti rettilinei per mezzo di uno stilo, un’asticella di osso o di metallo con una parte appuntita per scrivere e l’altra estremità allargata, adatta per cancellare.


tav_01

Ecco perché, facendo di necessità virtù, i disegni vennero alterati e le curve furono sostituite da tratti rettilinei: le figure persero il loro realismo, ma tutto divenne molto più semplice. Lo stilo imprimeva sull'argilla brevi incisioni a forma piramidale e appuntita, che possono ricordare dei chiodini o dei cunei. Da qui deriva appunto la definizione di scrittura cuneiforme.
Nel corso dei secoli i simboli usati subirono un ulteriore processo di schematizzazione, tanto che le figure erano diventate ormai irriconoscibili: erano diventate simboli astratti il cui significato non era più legato alla figura originale.

778px-Letter_Luenna_Louvre_AO4238

Questo tipo di scrittura si diffuse in buona parte del Vicino Oriente Antico e venne usata da molti popoli: Sumeri, Accadi, Babilonesi ed Assiri. Essa veniva usata eccezionalmente anche dagli Egizi per comunicare con i prìncipi delle coste orientali del Mediterraneo: pertanto può essere grosso modo paragonata all’uso che si fa oggi della lingua inglese, utile a farsi comprendere in quasi tutto il mondo.
I segni della scrittura cuneiforme, detti glifi, erano originariamente numerosissimi, circa un migliaio, ma nel tempo poi il loro numero diminuì notevolmente, per ridursi ad alcune centinaia.
Soltanto una categoria selezionata di uomini, gli scribi, sapeva usarla. Essi erano istruiti in particolari scuole (dette edubba, cioè “casa della tavoletta”) e si tramandavano questa difficile arte di padre in figlio. Data la notevole importanza della scrittura nell'ambito della società, gli scribi svolgevano spesso importanti incarichi ufficiali.
Essi avevano un compito delicatissimo, poiché nelle corti non dovevano limitarsi a scrivere sotto dettato, bensì dovevano redigere documenti ufficiali ascoltando le linee generali che erano date a voce come direttive. Di fatto, gli scribi furono i primi compositori di testi dell’antichità.
La scrittura cuneiforme si trova prevalentemente su tavolette di argilla incise quando ancora il materiale scrittorio non era asciutto, ma abbiamo anche numerosi esempi di iscrizioni statuarie e monumentali, realizzate su materiali duri, come ad esempio la pietra. Di particolare diffusione erano anche le iscrizioni incise sui sigilli personali, generalmente piccoli cilindri di vario materiale, spesso pietre dure, che riportavano il nome del proprietario e una dedica alla divinità tutelare prescelta.
Nel tempo la forma dei cunei venne semplificandosi e regolandosi. La stessa direzione dei singoli cunei fu standardizzata e ristretta a quattro tipi: cunei orizzontali, obliqui, verticali, e ad angolo.
La scrittura cuneiforme durò millenni e venne soppiantata dalla scrittura alfabetica, molto più facile da imparare e da usare, a ancora prerogativa di poche persone. Tuttavia non scomparve appena la scrittura alfabetica fu disponibile, ma resistette molti secoli perché gli scribi la consideravano superiore nell'esprimere le sfumature del pensiero e della lingua.

Edited by chiara53 - 23/3/2023, 19:00
 
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view post Posted on 15/10/2012, 20:03
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Scrittura Geroglifica




scritt_01




Intorno al 3300 a.C., in contemporanea alla scrittura cuneiforme, anche gli Egiziani inventarono un modo di scrivere.
Prima di tutto, bisogna dire che essi consideravano il segno scritto dotato di poteri magici.
Se si pensa che, quando leggiamo, sentiamo risuonare nella nostra mente una voce, si può immaginare come questo sorprendente fenomeno potesse essere considerato a quei tempi divino.

129px-Thoth.svg


Il dio egizio Thot, era la divinità che aveva donato la scrittura agli uomini:
Sono Thot, il piu’ sapiente degli dei, conosco tutto,
ho inventato scrittura e matematica e sono il signore della magia.
L’uomo ha imparato da me la sacra arte della scrittura.
Il mio simbolo è l’Ibis, un uccello il cui becco sottile curvo.
"
Era anche il dio della sapienza, della magia e della matematica,
rappresentato come un Ibis o a volte come un babbuino.




I segni che costituivano la scrittura egizia sono detti geroglifici, dal greco hieroglyphikós. La parola è composta dall'aggettivo hieròs, che significa "sacro" e dal verbo glýphō, che significa "incidere": quindi “segni sacri”, proprio perché la scrittura era divina.

Ogni parola era costituita da tre parti:
> la prima parte era composta da segni fonetici o fonogrammi che suggerivano la pronuncia della parola;
> la seconda, spesso omessa, era formata da un pittogramma che rappresentava l'oggetto;
> la terza era composta da un determinativo che indicava l'ambito di cui si stava parlando. Questo determinativo aiutava la corretta interpretazione della parola, oltre ad indicare la fine della stessa, ma non aveva valore fonetico.

Nella figura qui sotto, potete vedere un esempio di geroglifico. I primi due segni sono fonogrammi.
Il segno della bocca (sopra) indica R e quello circolare (sotto) indica KH. La parola si legge R(E)KH, che in egizio significa conoscere. Il pittogramma invece manca. Il determinativo è un papiro arrotolato che indica due cose: che la parola è finita e che il significato è astratto; in questo caso si intende “conoscere con l'intelletto”.

scritt_05



L’incrocio di queste tre parti (quando erano tutte presenti) costituiva ovviamente un metodo di scrittura estremamente complicato.
I fonemi o fonogrammi non erano equiparabili a lettere come le concepiamo noi, infatti gli egizi usavano indicare prevalentemente le consonanti, come abbiamo visto sopra. Ciò non rendeva sicuramente facile la lettura.

I fonogrammi mi hanno fatto pensare ai simboli della stenografia che necessitano di interpretazione a seconda di come sono scritti per diventare un testo comprensibile.

È da notare che, a complicare le cose, a seconda del numero di consonanti che indicavano i fonogrammi si distinguevano in quadriletteri, triletteri, biletteri e monoletteri. Pertanto, si può concludere che proprio per l’uso dei fonogrammi, la scrittura geroglifica era in gran parte fonetica; anche se le vocali, con un po’ di fantasia, dovevano metterle una volta intuito quale fosse la parola! Questo accenno è importante per il futuro della scrittura perché i fonogrammi composti da una sola lettera sono stati i progenitori diretti dei "segni alfabetici".

geroglifici



La scrittura geroglifica fu compresa appieno dagli studiosi quando venne ritrovato quello che si può definire il primo dizionario dell’antichità: La Stele di Rosetta.
Il ritrovamento della stele è attribuito al capitano francese Pierre-François Bouchard, l'ufficiale che dirigeva le opere di fortificazione nella città portuale di Rosetta (l'odierna Rashid), nel delta del Nilo il 15 luglio del 1799. Bouchard trovò la lastra mentre seguiva i lavori di costruzione di Fort de Rachid, detto già allora Fort Julien, vicino alla città e, anziché gettarla via, la tenne da parte per vedere se poteva essere di un qualche interesse.

Essa si può ammirare al British Museum. Sinceramente, quando l’ho vista mi ha un po’ delusa, perché è piuttosto piccola e scura; ciò dimostra una volta di più che non solo quello che è colossale e di grande effetto è importante; talvolta nelle piccole cose e negli oggetti più impensati si nascondono segreti importanti e grandi scoperte.

La Stele di Rosetta è una lastra in basalto di 114 x 72 cm, che pesa circa 760 kg e riporta un'iscrizione con tre differenti grafie: geroglifico, demotico e greco (dall'alto in basso).
Voglio precisare che demotico e geroglifico non sono due lingue diverse, ma semplicemente sono due differenti grafie dell'egizio: il geroglifico era usato per testi monumentali o di particolare importanza, mentre il demotico, più semplificato, era usato per documenti ordinari.
Poiché il greco era conosciuto, la stele offrì una chiave decisiva per poter procedere alla comprensione dei geroglifici, e ciò avvenne nel 1822 ad opera di Jean-François Champollion, archeologo ed egittologo che diceva di sé: «Sono tutto dell'Egitto e l'Egitto è tutto per me».

350px-Rosetta_Stone_BW



La stele fu incisa per rendere pubblico un decreto emesso nel 196 a.C. in onore del faraone Tolomeo V Epifane (al tempo tredicenne!) in occasione del primo anniversario della sua incoronazione. Il testo riporta tutti i benefici resi al paese dal re, le tasse da lui abrogate e la conseguente decisione del clero di erigere in tutti i templi del paese una statua in suo onore e statue d'oro da collocare accanto a quelle degli dèi; inoltre si esorta ad indire festeggiamenti in onore del re. La stele stabilisce che il decreto sia pubblicato nella scrittura delle parole degli dèi (geroglifici), nella scrittura del popolo (demotico) e in greco.
Direi che questo giovane re ha reso un grande servigio all’umanità, uno dei più grandi doni che siano stati fatti alle generazioni future, permettendo di sciogliere i tanti nodi che impedivano la completa comprensione della scrittura egizia.
La scrittura geroglifica venne impiegata dal 3.300 a.C. circa fino al 394 d.C., quindi per quasi 4000 anni; tutto ciò che è stato ritrovato è stato tradotto e compreso per mezzo di un pezzetto di basalto e di un giovanissimo re.

Edited by chiara53 - 23/3/2023, 19:20
 
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view post Posted on 30/11/2012, 20:20

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La scrittura alfabetica - Introduzione



Facciamo un gioco?
Prendete un bel foglio di carta immacolato, una penna del colore che vi piace ed avrete in un attimo tutto l’occorrente.
Cominciate a scrivere l’alfabeto.
Sì, avete proprio capito bene.
Prima in stampato maiuscolo. Non è difficile, anzi, tra quotidiani, tastiera del pc e tecnologia varia è lo stile grafico più utilizzato.
Senza fretta.
Poi in stampato minuscolo. E nemmeno qui ci sono difficoltà, per il medesimo motivo di cui sopra.
Infine in corsivo, avendo cura di scrivere sia lettere maiuscole che minuscole.
Questo è un pochino più difficile, vero?
Quanti fronzoli ha la “e” maiuscola? E la “h”, sempre maiuscola, chi si ricorda come è fatta? E il ricciolino della “b” minuscola? Occhio a scriverlo bene, altrimenti la lettera verrà scambiata per una povera “l”.


alfabeto_corsivo




Imparare a scrivere è un po’ come imparare a camminare. Dapprima si hanno difficoltà, ma la voglia di apprendere e la curiosità sono troppe per impedire ad un bambino di scoraggiarsi subito e così, poco alla volta, si padroneggiano scrittura e camminata, tanto che ognuno di noi renderà proprie entrambe in una maniera assolutamente unica. Riconosceremmo il passo e la grafia delle persone che amiamo in un batter d’occhio, non è vero?

Tornate a guardare il foglio pieno dei vostri alfabeti.

Le lettere che padroneggiamo ora – o che a volte sottoponiamo ad immane tortura, quando le stropicciamo con grafie contorte (quelle dei medici a quanto pare sono proverbiali) o peggio, quando le lasciamo a morire di solitudine nel dimenticatoio – sono frutto di una necessità primaria dell’uomo: comunicare in forma scritta nel modo più semplice possibile.
Questo desiderio di semplificare le cose si concretizzò in un tempo ed un luogo precisi: nella penisola del Sinai, nel terzo millennio a.C., per merito di alcuni minatori semiti che non sapevano leggere i complicati geroglifici degli egizi. Inventarono così l’alfabeto e rivoluzionarono la storia.
Cinquemila anni.
Cinquemila anni, durante i quali ogni popolo ha fatto proprie queste lettere, modificandole nella grafia, lasciandone per la strada alcune ed aggiungendone altre.
Eppure ce n’è qualcuna che è rimasta pressoché immutata nel passare da un alfabeto all’altro, da un epoca ad un’altra, quasi volesse ricordarci che la sua è una storia antichissima.

Chiudo questa introduzione con un quesito da sottoporvi: prendete la lettera “m”, sia in corsivo che in stampatello (maiuscoli e minuscoli) e provate a rispondere scrivendo la prima cosa che vi ricorda la sua forma.
Se può essere d’aiuto – e lo sarà di certo – scrivete su un foglio più e più volte questa lettera nella grafia che vi è solita. E state a vedere cosa ne verrà fuori.

(Continua…)



***

Link e bibliografia:
http://geomodi.blogspot.it/2011/12/storia-...to-fenicio.html
www.alfabeti.org/percorsi/analogico4.htm

S. Segert, A Basic Grammar of the uguaritic language.

 
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halfbloodprincess78
view post Posted on 30/11/2012, 20:39




Adesso dico una cavolata ma la lettera ''m'' scritta più volte in corsivo minuscolo mi fa pensare alle tegole dei tetti in quei disegni che si fanno da bambini.
 
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view post Posted on 30/11/2012, 20:48

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Nessuna vostra risposta sarà mai una cavolata. :)
Grazie per aver partecipato.

Attendo con curiosità altre partecipazioni.
 
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view post Posted on 1/12/2012, 11:56
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mmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmm le onde del Mare?
 
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Ale85LeoSign
view post Posted on 1/12/2012, 12:29




Sì, sarò monotematica, ma tante "M" accostate mi fanno venire in mente l'acqua, in particolare il mare, in tante ondine, o in un'unica, lunga onda (come si vede qui quando passa un motoscavo e lascia "la scia" che poi arriva a infrangersi a riva.)

L'immagine che hai riportato mi ha fatto pensare a sprazzi i quaderni a righe delle elementari, dove si doveva scrivere 20 volte sempre la stessa lettera senza sbagliare! :D -_-
 
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view post Posted on 1/12/2012, 17:37

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Forza, venite gente!
Fatevi sotto con le ipotesi e scrivete, scrivete questa bella letterina, meglio se a mano libera.

La risposta tra una settimana. ;)

CITAZIONE (Ale85LeoSign @ 1/12/2012, 12:29) 
L'immagine che hai riportato mi ha fatto pensare a sprazzi i quaderni a righe delle elementari, dove si doveva scrivere 20 volte sempre la stessa lettera senza sbagliare! :D -_-

Ammetto che la mia attuale professione è stata l'ispiratrice principale del post. :D
 
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view post Posted on 2/12/2012, 19:27
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I ♥ Severus


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CITAZIONE (pingui79 @ 30/11/2012, 20:48) 
Nessuna vostra risposta sarà mai una cavolata. :)

Attendo con curiosità altre partecipazioni.

A tuo rischio e pericolo... l'hai detto tu!

Un'onda che si ripete all'infinito, ma anche un serpente sinuoso come un'onda, ma sempre infinito.
La m in corsivo, sia minuscolo sia maiuscolo, a me sembra il simbolo dell'infinito.
Anche la n è così, però è diversa: le tre gobbine della m danno molta più completezza all'infinito.


Edited by chiara53 - 22/1/2023, 18:44
 
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view post Posted on 2/12/2012, 19:53

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Grazie per la risposta, Ida!

Come vedi, non c'è nessun pericolo.
:)

Prendo nota di ciò che ognuno ha detto ed invito anche altri ad esprimersi.
 
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view post Posted on 21/12/2012, 22:04

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Per qualcuno di voi posso anticipare questo: fuochino! :D

Altri si vogliono cimentare con questo quesito?
Chi lo risolve fa direttamente un balzo nel tempo di cinquemila anni, interessante, non trovate? :)
 
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view post Posted on 18/10/2013, 19:45

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La scrittura alfabetica - L'unione fa la forza



E brave a tutte le partecipanti.
Per aiutarvi avevo detto “fuochino”, quando in realtà la parola migliore in quel caso era “acqua”, come qualcuna ha indovinato.
Ebbene sì, la lettera “m” ha proprio in sé l’acqua, le onde del mare che si propagano e che s’inseguono.

È un caso?
No, per nulla.
Ma andiamo con ordine, perché è necessario fare un passo alla volta per arrivare a questa acqua.

Esistono parecchie teorie su chi debba detenere il primato per la nascita della scrittura.
Fenici ed Egizi si contendono lo scettro, anche se alla luce degli ultimi studi sembra che la palma della vittoria spetti davvero ai primi, così si rinsalda il famoso detto “l’alfabeto fu inventato dai Fenici e poi passò ai Greci”.
Il problema è che non fu tutto così semplice, in realtà, perché per “Fenici” si possono intendere parecchie cose e le idee di molti che prima erano chiare ora potrebbero non esserlo più.

Per lungo tempo si è pensato che quella dei Fenici fosse una loro innovativa e libera invenzione, totalmente nuova e diversa dalle scritture che si trovavano in altre parti del mondo. Alla luce di nuovi studi e di ulteriori ricerche, è doveroso però ammettere che la questione dell’alfabeto è assai più complessa.

Il problema è questo: di quali Fenici si sta parlando?

Anticamente nell’area fenicia bisognava distinguere tra coloro che abitavano l’attuale Libano – i Fenici veri e propri – e coloro che risiedevano nell’attuale Palestina, associati ai Fenici ma comunque pur sempre differenti ed anzi posti sotto il controllo dell’Egitto.
Per praticità con quello che vedremo poi io qui li chiamerò “semiti”, ma il termine più esatto sarebbe “siri”.
Ebbene, tutto si gioca qui, in questo lembo di terra, attorno al quale nel terzo millennio a.C. gravitavano tre aree con i loro tre tipi scrittori: la Mesopotamia (che aveva adottato un sistema scrittorio sillabico cuneiforme, comprensivo di vocali); l’Egitto (che aveva ideato due tipi di metodi scrittori: uno, il geroglifico, una scrittura tipicamente monumentale e architettonica; l’altra, lo ieratico, una scrittura corsiva, usata dagli scribi in ambito sacerdotale); Creta (con la lineare A, una scrittura fonetica sillabica a cui ogni segno corrispondeva una sillaba, non ancora del tutto decifrata però).
In questo periodo dunque, nella terra semitica che c’interessa troviamo documenti sia in cuneiforme sia in geroglifico, considerando che questa zona era sotto diretto dominio sia dell’Egitto (in alcune zone) che della Mesopotamia (in altre).

E’ curioso notare come la terra di Palestina, fin dai primordi, abbia cercato di differenziarsi in tutto e per tutto dai due grandi imperi limitrofi, che proiettavano le loro ombre minacciose e grandiose su quel minuscolo lembo di pianeta che interessava ad entrambe per motivi strategici. Tra il III e il II millennio accade infatti che in questa zona, denominata semitica (da qui i “semiti” che prima ho introdotto), si tenti di trovare il modo di inventare un sistema grafico che potesse essere differente da quello dei grandi e scomodi vicini.
Singolarmente ciò che nasce sembra essere una clamorosa via di mezzo: una scrittura sillabica, simile alla lineare A, ma ispirata ai geroglifici e con il preciso intento di semplificarli.

Fin qui tutto chiaro, no?

Certo, tutto chiaro… ma asettico, non trovate?
Per almeno un altro millennio abbiamo altri tentativi di scrittura e di alfabeti e quasi certamente molti dei quali a noi mai pervenuti, eppure in tutto questo non troviamo traccia degli uomini che si lambiccarono – o ci arrivarono per puro caso – e che consegnarono alla storia l’invenzione più clamorosa.
Cosa avranno pensato gli scribi di quel secondo millennio a.C.? Si saranno ritenuti soddisfatti, o magari qualcuno di essi la notte, alla luce della lampada ad olio, cercava segni e simboli che potessero operare la grandiosa magia di trasformare suoni e pensieri in qualcosa di tangibile e concreto?
Per scoprirlo dobbiamo attendere il XV secolo a.C. ed andare nella penisola del Sinai, più precisamente a Serabit El-Khadim.
Lì entra in gioco la storia di uomini che cercarono di semplificarsi la vita e che effettivamente la cambiarono a tutti coloro che sarebbero giunti più tardi sulla terra.

Erano minatori semiti al servizio dell’Egitto. Loro compito consisteva lavorare nelle miniere di turchese.
Pur conoscendo la lingua della terra che li ospitava, non ne sapevano leggere i segni, cioè i geroglifici. Ma questo non li fermò dal desiderio di tracciare delle iscrizioni votive agli dei perché li proteggessero anche nelle viscere della terra ricca di gemme.
Nacque così la cosiddetta “scrittura protosinaitica”: riprendeva dalla scrittura egiziana geroglifica 25 segni, quelli monoconsonantici. Manteneva il rapporto tra significante significato, perché al significato egiziano del geroglifico sostituiva il significato in semitico, prendendo come valore la prima consonante del nome in rapporto al pittogramma.
Difficile da capire?
Proviamo a “vedere”, così tutto sarà più chiaro.

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Il sistema di scrittura che ne uscì fu di soli 22 segni – davvero pochi, in confronto alle centinaia di geroglifici – e per giunta abbastanza facili da imparare soprattutto dai ceti più bassi della popolazione.

E i Fenici?
Beh… non abbiamo alcun dato per quanto riguarda la Fenicia vera e propria.
Iscrizioni scollegate tra loro, la maggior parte di esse su punte di freccia, mancanza di scavi ben documentati nella zona fenicia… tutto questo ci porta a dire che non furono esattamente i Fenici che intendiamo noi ad inventare l’antenato dell’alfabeto, ma altre popolazioni che gravitavano intorno alla loro area.

Tutti d’accordo?
Ma nemmeno per sogno!

Il grande problema, la disperazione degli storici e degli archeologi, è questo: non abbiamo abbastanza documenti che attestino che questa teoria sia la sola ed esatta.
O per meglio dire, ne possediamo, ma non ne sappiamo la datazione certa, di conseguenza, dei vari alfabeti a noi pervenuti – protosinaitico-palestinese, ugaritico, iscrizione sul sarcofago di Ahiram – non abbiamo la certezza di quale sia il primo che ha dato il via agli altri, sempre se c’è collegamento tra essi.

Forse un giorno la sabbia di quei deserti ci restituirà la risposta, antica di millenni, che attende solo di tornare alla luce.
Forse invece un dato certo non lo avremo mai, ed allora non ci rimarrà che rimanere comunque stupiti del fatto che in un periodo racchiuso in una manciata di secoli ci fu il tentativo di molti uomini di compiere quella meravigliosa magia di tradurre i pensieri in segni scritti e viceversa in modo più semplice possibile.

Gli studiosi ancora si stanno lambiccando e noi con loro.

E l’acqua?
Quella la vedremo nella prossima puntata, insieme al toro e alla casa.
E sono pronta a scommettere che da quel momento in poi le lettere che ci sono amiche lo diventeranno ancora di più.


Continua...


***

Link e bibliografia:
http://net.lib.byu.edu/imaging/negev/origins.html
V. Brugantelli, Gli alfabeti semitici del secondo millennio.
G. Garbini, Introduzione all’epigrafia semitica.
G. Garbini, Introduzione alle lingue semitiche.
 
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view post Posted on 18/10/2013, 21:00
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I ♥ Severus


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Waaaao! Affascinante, ma anche difficile, ipotesi complesse.
Già sembra proprio così: a un certo punto della storia degli uomini, è come se le cose arrivassero all'improvviso a maturazione in più luoghi in contemporanea, e la stessa invenzione, o quasi, matura in più culture dando luogo a un nuovo salto nella storia degli uomini.
Non so se sono riuscita a spiegarmi...


Edited by chiara53 - 22/6/2015, 15:26
 
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