Il Calderone di Severus

Sfida n. 2 FF : "Spuntino di mezzanotte"

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Earendil
view post Posted on 30/3/2007, 15:15




Di lei avevo letto tempo fa Kingdome of nowhere, basandomi sulla tua recensione nel Comitato di efp.
Mi piacerebbe conoscerla e infatti avevo già in cantiere di leggere tutti i suoi lavori, come già fatto per te, mia Signora :wub:
 
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view post Posted on 30/3/2007, 15:15
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I ♥ Severus


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Sono certa che li apprezzerai, mio Giovin Signore! :wub:
 
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Earendil
view post Posted on 30/3/2007, 15:19




Ne sono certo, capa, ne sono certo... povera Dama, le staran fischiando le orecchie!
 
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view post Posted on 14/4/2007, 13:41
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I ♥ Severus


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One-shot
Spuntino di mezzanotte con Cerchio dei Mangiamorte
Personaggi: Severus, Personaggio Originale, Voldemort e Mangiamorte vari
Genere: Introspettivo, drammatico, suspense, romantico
Riassunto: Un incubo terrificante gela il sangue nelle vene di Severus Piton: un premio che è solo un’infernale condanna che uccide ogni speranza per il futuro.
“Glielo leggeva nei chiari occhi nocciola, dove fino a poco tempo prima aveva brillato la dorata luce dell’amore.
Ora vi era solo l’oscurità, bruciante, dove giacevano le ceneri del loro amore.”






Premio di mezzanotte





Il possente maniero dei Lestrange sfidava il vento da secoli, fortezza invincibile nella notte senza stelle.
L’abbandono di cui era stato vittima per lunghi anni non aveva certo potuto intaccare le sue spesse mura, che, insensibili alle lusinghe di vani orpelli, facevano bella mostra della loro scura pietra, levigata dal respiro del tempo.
Solo pochi tendaggi, di pesante velluto verde, ammantavano le slanciate bifore allineate lungo le due pareti laterali ed intervallate da bracieri di ferro brunito che, con catene dagli scuri anelli, pendevano dai soffitti a cassettoni.
Il fuoco ardeva con furia nel grande camino, la cappa istoriata con il rilievo dell’antico stemma della famiglia Lestrange, e illuminava il gruppo di persone che discuteva animatamente, disegnando fosche ombre guizzanti sui loro visi.
Il padrone di casa, in piedi di fianco al camino, riflessi d’ametista negli occhi (1), osservava orgoglioso la moglie, nera e selvaggia bellezza, che brillava agli occhi del loro Signore:
- Ora che tutti i tuoi Mangiamorte sono di nuovo tornati a te, Signore, - esclamò Bellatrix rivolgendo di sfuggita un penetrante sguardo al marito, - nulla più potrà ostacolare i tuoi piani!
Voldemort sorrise condiscendente, il cadaverico viso tagliato dalla rossa ferita della bocca sottile:
- Dovremmo ringraziare anche Severus, per questo. – sibilò, girandosi verso il mago che era seduto in una poltrona discosta dal gruppo e stava osservando silenziosamente il fuoco, - Non credi?
Piton sollevò lentamente il volto pallido e scavato e le fiamme del camino si riflessero per un istante nei profondi occhi neri del mago, densi di ombre cupe.
Per un lungo momento le iridi di rubino di Voldemort scrutarono a fondo quelle del fedele Mangiamorte che era riuscito ad eliminare il suo rivale di sempre.
- Ancora non mi hai chiesto nulla, come premio, per aver ucciso quel protettore di babbani, Severus, e sono ormai passati oltre sei mesi. – sibilò l’Oscuro, senza mai interrompere il penetrante contatto visivo con l’altro. – Mi hai dimostrato tutta la tua più completa fedeltà e ora sai bene che puoi chiedermi qualsiasi cosa. – lo sollecitò ancora.
Piton sostenne impavido il suo sguardo, gli occhi neri che scintillavano nel viso impassibile, segnato da una sottile cicatrice, appena visibile sulla guancia sinistra.
Solo una piccola striatura sulla pelle pallida, assolutamente nulla rispetto alle profonde lacerazioni della sua anima, insanabili da quella notte maledetta in cui aveva ucciso il solo amico che aveva, provandogli, con infinita sofferenza, la sua unica e vera fedeltà.
Odiava quegli occhi che lo scrutavano e violavano la sua intimità, obbligandolo a rinnegare continuamente i suoi sentimenti per poter ancora una volta mentire. Lo disgustava, ogni volta di più, dover creare quelle ributtanti emozioni d’esultanza davanti alla morte dell’unica persona che aveva avuto piena fiducia in lui. Non sopportava più quella soffocante maschera d’imperscrutabilità che portava scolpita sul volto e negava la sua dolorosa umanità.
Ma doveva farlo.
Non per sé, non per la propria misera vita, di cui non gli era mai importato nulla, ma per il futuro di quel mondo magico che lo aveva ormai definitivamente bandito come infame traditore e crudele assassino.
Per poter continuare la ricerca degli Horcrux, per tener fede alle promesse fatte a Silente, senza mai poterlo piangere, fragile emozione ancora e sempre sottratta alla sua corrotta umanità.
Così, era solo il suo cuore che stillava invisibili lacrime di sangue dalle inguaribili ferite dell’anima.
Sul suo viso, pallido e scavato, solo quella cicatrice, ed il più rigoroso e impietoso autocontrollo che gli proibiva anche il più impercettibile sospiro.
Piton si alzò lentamente dalla poltrona per avvicinarsi a quella dove sedeva Voldemort, attorniato dai suoi Mangiamorte, e inchinandosi un poco in segno di rispetto, lo lusingò:
- C’è tempo, mio Signore. L’importante è averti pienamente soddisfatto: questo è il premio più ambito!
Il riflesso sanguigno del fuoco ondeggiò nelle iridi di Voldemort che, finalmente, abbandonarono soddisfatte quelle del suo servo.
- Bene, il mio ultimo piano è ormai stato messo a punto e per questa sera abbiamo finito. – sibilò facendo cenno a Rodolphus. – E’ quasi mezzanotte e molti dei tuoi amici sono ancora a digiuno. Dov’è finita la rinomata ospitalità dei Lestrange?
Il Mangiamorte rispose prontamente battendo le mani tre volte e, subito, le porte dell’antico salone si aprirono lasciando entrare una fila di piccoli elfi domestici che portavano, sollevati sopra le teste, voluminosi vassoi d’argento, carichi di cibi prelibati e vini pregiati.
Il delizioso profumo delle vivande si sparse per la sala, mentre i minuti servitori mescevano il vino agli ospiti comodamente adagiati nei morbidi divani di broccato verde scuro. Le squisite pietanze furono servite in piatti di trasparente porcellana posati sui bassi tavolini antistanti canapè e dormeuse sparsi per il salone.
Tintinnii di cristallo si mescolarono presto a appagate esclamazioni d’approvazione, mentre i convitati si apprestavano a placare la fame attingendo a piene mani dal lauto banchetto che era stato loro offerto.
Solo Piton si era ritirato in disparte, disdegnando il cibo, lo stomaco vuoto che si rifiutava recisamente di saziarsi.
Accadeva sempre così, dopo ogni incursione di Voldemort nella sua mente: il disgusto per aver dovuto, ancora una volta, rinnegare il dolore per la morte di Albus era troppo forte. Non si sarebbe mai abituato, ne era certo, ed ogni volta era sempre più penoso e difficile ricreare immagini di soddisfatto tripudio là dove c’era solo, invece, la sua profonda e straziante disperazione.
Ogni volta si chiedeva se fosse riuscito, ancora, ad imbrogliare il suo orrido Signore.
Era sempre vivo, certo, ed era anche riuscito ad individuare un altro Horcrux, passando poi l’informazione a Lupin, ma questo non significava affatto che il suo padrone si fidasse veramente di lui e lo dimostrava con quelle improvvise e pericolose invasioni della sua mente.
Non poteva permettersi di rilassarsi, mai, neppure per un fugace istante: doveva sempre essere sul chi vive, pronto a respingere ogni attacco.
Le sorti del mondo magico erano nelle sue mani e quella sera era venuto a conoscenza di importanti informazioni che doveva far avere al più presto a Lupin, l’unica persona che Silente aveva messo al corrente del suo folle piano.
Ora, però, Piton osservava le fiamme voltando le spalle all’allegra compagnia, risate come scoppi nelle sue orecchie, l’eco di una Maledizione ancora nella mente ed un mortale lampo verde negli occhi.
E quel sussurro: “Severus… ti prego…”, amplificato nel ricordo, che più d’ogni altra cosa tormentava il suo cuore.
Strinse i pugni, nessuno stava facendo caso a lui, e si morse le labbra: cosa avrebbe dato per potersi permettere di crollare!
Sarebbe bastato poco, pochissimo, un infimo varco aperto nella mente a rivelare l’immensa sofferenza che provava, ed il sangue che vedeva riflesso negli occhi dell’Oscuro Signore sarebbe stato il suo, oblio di una vita perduta.
Ma non poteva ancora permettersi di morire: prima, tutti gli Horcrux dovevano essere individuati e distrutti.
Avrebbe tenuto tutto per sé solo l’ultimo, Nagini: l’avrebbe platealmente uccisa davanti a Voldemort, rivelandogli finalmente, con tutto il proprio orgoglio, che lui, Severus Piton, era stato l’artefice della sua distruzione.
Poi sarebbe morto, tra i mille tormenti che l’Oscuro gli avrebbe inflitto.
Finalmente felice.
Se solo non ci fosse stata anche lei… la sua dolce Corinne.
Era quello che aveva sempre voluto, morire e pagare per le sue colpe, ma solo fino a qualche mese prima, quando l’aveva trovata, morente, tra le macerie della casa, in mezzo ai cadaveri martoriati dei suoi cari, vittime sacrificate alla causa dell’Ordine da un mago che aveva rifiutato la magia e si era ritirato a vivere tra i babbani ma che poi, al momento del bisogno, aveva coraggiosamente messo a repentaglio la propria vita e quella dei suoi figli offrendosi di fare da tramite per passare a Lupin, suo nipote, le preziose informazioni recuperate da Piton.
Il mago aveva accettato quell’inestimabile offerta e per due mesi i suoi resoconti erano regolarmente filtrati da lui verso l’Ordine, fino a quella notte, quando l’ira distruttrice di Voldemort aveva annientato l’intera famiglia, compresa la bambina e i due ragazzini: il vecchio Dustin non aveva ceduto e non aveva tradito la sua copertura. Non aveva detto neppure una parola: così glieli avevano ammazzati tutti davanti agli occhi, lentamente, uno per uno.
Era arrivato troppo tardi, ancora una volta, in tempo solo per poter pietosamente chiudere loro gli occhi.
Poi, quel gemito lieve aveva bloccato ogni suo gesto ed aveva scoperto che Corinne, la figlia maggiore, di neppure venticinque anni, era ancora viva, sopravvissuta chissà come a quell’orrendo massacro.
L’aveva presa delicatamente tra le braccia, cercando di rassicurarla, ed era quindi fuggito via smaterializzandosi e portandola con sé: aveva operato su di lei ogni incantesimo di guarigione che conosceva, con tutta la sua disperata dedizione; le aveva somministrato potenti pozioni ed era rimasto immobile al suo capezzale, per tre giorni, pregando intensamente per la sua vita.
Corinne, alla fine, si era risvegliata e gli aveva sorriso.
A lui, alla causa della sua perdizione.
E la sua vita era improvvisamente cambiata.
In quel sorriso aveva poco per volta ritrovato la speranza per un futuro diverso e nel corso dei mesi successivi lei era incredibilmente riuscita a fargli nuovamente amare la vita, a fargli desiderare di trascorrerla solo con lei.
Si era innamorato della giovane Corinne, perdutamente, e lei lo ricambiava teneramente, chiamandolo il suo salvatore.
Se solo avesse saputo chi veramente era lui, che solo per causa sua tutta la sua famiglia era stata distrutta e lei aveva rischiato di morire!
Aveva un disperato bisogno di quell’amore, più dell’aria che respirava o del cibo che lo teneva in vita; desiderava intensamente Corinne, eppure non voleva averla, conscio dell’enorme pericolo in cui l’avrebbe messa se fosse diventata la sua donna.
L’amava immensamente, eppure sapeva che doveva tenerla lontana da sé, per il suo bene; che doveva proteggerla, prima di tutto da se stesso.
Almeno fino a quando l’Oscuro Signore non fosse stato distrutto.
Era questo il grande cambiamento: ora aveva un futuro in cui sperare, una felicità per la quale combattere.
- Vieni a mangiare qualcosa, Severus.
Il mago si riscosse bruscamente dai suoi pensieri, ripristinando immediatamente l’usuale e dura maschera d’impassibilità, preoccupato che qualcosa dei suoi sentimenti avesse potuto filtrare all’esterno, sui suoi lineamenti.
Ma era una voce stanca, strascicata, quella del mago che gli aveva parlato: solo l’ombra dell’uomo che un tempo era stato il potente Lucius Malfoy.
Oltre un anno di prigionia ad Azkaban non lo aveva minimamente piegato, ma la morte di Draco e la pazzia di Narcissa lo avevano distrutto. Viveva solo per vendicare il figlio, per uccidere quell’Auror maledetto, e quella sera Voldemort gliene aveva finalmente dato la possibilità.
- Non ho fame, Lucius. – rispose stancamente.
Il raffinato volto dell’amico era ricoperto da sottili rughe, ragnatele di dolore che lo imprigionavano. E lui era colpevole anche di questo, di non aver saputo mantenere fino in fondo la promessa fatta alla bella Narcissa, di non aver saputo proteggere Draco dall’ira di Voldemort che, consapevolmente, e ancora una volta, lo aveva mandato incontro alla morte.
Solo questo era riuscito a nascondere a Lucius, che la morte di Draco era stata voluta dal suo Padrone, perché sapeva che conoscere questa verità lo avrebbe definitivamente annientato.
Lui, intanto, faceva gli amari conti con la sua coscienza e con il viso di Silente, che aveva dato la vita per l’anima di quel ragazzo.
L’anima, però, quella era riuscito a fargliela mantenere integra e pura, ma quell’innocenza, che lui aveva perduto tanti anni prima, era costata la vita al ragazzo, senza che potesse fare nulla per salvarlo.
Solo chiudergli gli occhi, pallido argento che non avrebbe mai scordato.
- Bevi almeno qualcosa, - insistette Lucius porgendogli una coppa di vino, rosso rubino. – Sai che Lui vuole che ci divertiamo in queste occasioni.
Piton accettò la coppa e si obbligò a poggiare le labbra sul sottile cristallo, sorbendo un piccolo sorso del profumato vino, mentre si rendeva conto che, alle sue spalle, nuove esclamazioni erano improvvisamente nate, figlie d’una eccitazione che aveva radunato i Mangiamorte nel loro maledetto Cerchio al centro del salone delle feste del maniero dei Lestrange.
Chiuse gli occhi e deglutì, fingendo di assaporare il delizioso vino.
Quella notte si prospettava interminabile e lui non ce la faceva già più: non sarebbe riuscito a resistere ancora, non voleva più assistere impassibile ai loro perversi e crudeli giochi.
Riaprì gli occhi, a fatica, per tornare a quell’orrido incubo che era ormai diventata la sua vita.
I piccoli elfi stavano deponendo su uno spazioso tavolo, con faticosa cura, un lungo vassoio dove era adagiata una giovane donna coperta di trasparenti veli: l’erotico dolce, generosamente offerto dal padrone di casa ai suoi amici.
Piton non riuscì a trattenere un sospiro di sgomento, mentre Lestrange si chinava sulla ragazza e, lascivamente, le passava la mano sul corpo indifeso, levando lentamente un sottile velo dopo l’altro.
- Ecco qui il “piatto forte”, amici miei, magnanimamente offerto dal nostro Padrone! – esclamò, lasciando cadere a terra l’ultimo strato d’impalpabile seta.
Eccitate e volgari esclamazioni fecero seguito al gradito dono, mentre Rodolphus si chinava di nuovo per sollevare un poco il busto della ragazza, inerme e sensuale odalisca che non poteva sottrarsi al suo tocco, la mente annebbiata da una pozione che le toglieva ogni volontà, il viso ed i capelli ancora celati da un delicato pizzo.
Il suo corpo, invece, era svelato alla loro vista, messo in evidenza dai provocanti lembi di trasparente tessuto che ancora la coprivano, insieme a rosse ciliegie, succosi acini d’uva e delicati frutti di bosco disseminati per ogni dove sulla sua nivea pelle.
Piton strinse i pugni sotto il mantello, il viso impassibile a scrutare la nuova vittima per la quale, ancora una volta, non avrebbe potuto fare nulla.
Solo chiuderle pietosamente gli occhi, una volta che quegli animali avessero finito di banchettare con il suo giovane e seducente corpo.
Poi Lestrange strappò via la preziosa trina dal suo capo.
Una cascata dorata, in morbidi e lunghi riccioli, scese a nasconderle le spalle ed il petto, mentre gli occhi, resi enormi dal terrore, scrutavano l’ambiente intorno a lei.
Piton si sentì morire.
Chiuse gli occhi.
Li strinse forte.
Poi li riaprì.
L’incubo più terrificante gli gelò il sangue nelle vene, mentre le parole di Lestrange pronunciavano la sua infernale condanna:
- E’ tutta per voi, per soddisfare il vostro appetito: è la figlia di quel babbano in contatto con l’Ordine della Fenice, che era incredibilmente riuscita a sopravvivere alla nostra giusta vendetta!
Corinne, la sua Corinne! Come poteva salvarla?
Com’erano potuti arrivare fino a lei? Forse era stato scoperto?
La sua vita non contava nulla, ma quella di Corinne aveva un inestimabile valore: nessuno di quei depravati doveva toccarla, nessuno doveva offenderla con lo sguardo, nessuno doveva farle del male.
Lottò strenuamente contro la disperazione, cercando di impedire che trasparisse dai suoi occhi; si oppose tenacemente all’angoscia che voleva deformare la maschera imperscrutabile del suo volto; desiderò d’indossare ancora l’odiata maschera d’argento affinché la sua adorata Corinne non potesse riconoscerlo in quel manipolo di anime putrefatte.
Ma era troppo tardi.
La pozione che le avevano fatto bere le impediva di ordinare ai suoi muscoli di lottare contro quelle mani che le insudiciavano il corpo, ribellandosi a quei bastardi, ma lo aveva perfettamente riconosciuto.
L’odio verso di lui era esploso improvviso nella mente della sua dolce Corinne, aperta al suo sguardo senza protezione alcuna, certa che lui fosse solo uno di loro, un assassino che aveva crudelmente causato la morte della sua famiglia, per poi ingannare e circuire la sua ingenuità facendole credere d’averle salvato la vita.
Nel fugace istante di uno sguardo, l’odio aveva soppiantato l’amore che in Corinne stava crescendo per lui.
Ed aveva ucciso ogni sua speranza nel futuro.
Irrimediabilmente.
Lei lo odiava.
Definitivamente.
Glielo leggeva nei chiari occhi nocciola, dove fino a poco tempo prima aveva brillato la dorata luce dell’amore.
Ora vi era solo l’oscurità, bruciante, dove giacevano le ceneri del loro amore.
- Bene, era proprio la frutta che ci mancava! – grugnì Amycus spingendo giù di nuovo la ragazza sul vassoio ed allungando poi le mani rapaci, spostandole i capelli dal busto, mentre i suoi occhi brillavano di lussuria. – Questi due bei meloncini sono tutti da mangiare… -
Gli sembrava di impazzire: com’era possibile, la sua delicata Corinne, alla mercé di quei porci!
Nella calca, qualcuno da dietro lo spinse rudemente in avanti e Severus si trovò a pochi centimetri dal tavolo.
- E che dire di queste succose ciliegine? – rilanciò oscenamente Tiger sghignazzando, mentre si chinava, ingordo, sul petto della giovane, spingendo via Amycus. – Sono tutte da succhiare!
Come poteva rimanere immobile, mentre quel bastardo stava per profanare la donna che amava, ma che lui non aveva mai neppure osato sfiorare; la donna che desiderava infinitamente, ma che aveva sempre e solo voluto delicatamente accarezzare con il suo ardente respiro, le labbra ingorde sempre controllate dalla sua ferrea volontà, a sussurrarle piano il suo infinito e rispettoso amore.
Tiger si rialzò e sul volto, rosso d’eccitazione, spiccava un soddisfatto riso sguaiato; afferrò dal vassoio una manciata di ciliegie e se le ficcò in bocca bofonchiando ammiccante:
- Dai Severus, serviti anche tu: sono belle sode e stuzzicano l’appetito!
Il mago contemplò la sua Corinne, quasi del tutto nuda davanti a lui, come mai l’aveva vista prima, né mai aveva immaginato di poterla vedere.
Di nuovo fu preda del rimorso: il passato, con tutte le sue colpe, era stato adagiato senza pietà su quel vassoio, ed in lui vi era tutta l’orrenda consapevolezza di quello che stava accadendo alla donna che amava e quello che, ancora più agghiacciante, sarebbe presto stato perpetrato su di lei!
- Allora, che aspetti? – lo incalzò bruscamente Goyle. – O ti sbrighi, o ti togli di mezzo!
Corinne lo guardò, odio e terrore ad oscurare la luce ambrata dei suoi occhi, mentre lui, con estenuante e tormentata lentezza, si costrinse a raccogliere della frutta fra quella sparsa sul corpo della giovane donna, ben attento a non sfiorare nemmeno la sua candida pelle, ormai macchiata dal succo di more, ciliege e fragole che altre irrispettose mani avevano ignobilmente spremuto su di lei nella ricerca del loro osceno godimento.
Sempre lentamente portò alle labbra una succosa mora, negli occhi lo strazio più profondo, riflesso nel disprezzo di quelle iridi che lui conosceva solo dolci come il miele, e crudelmente s’impose di ingoiarla, insieme alla sua disperazione.
Qualcuno alle sue spalle, smanioso, lo spinse bruscamente di lato:
- Non mi piace la frutta: preferisco queste succulente cosce!
La mano prepotente di Goyle s’infilò tra le gambe strettamente serrate di Corinne che gemette, cercando di ritrarsi: l’effetto della pozione che le imponeva di rimanere succube evidentemente cominciava ad indebolirsi, mentre l’odio verso l’uomo che fino a poco prima amava s’ingigantiva sempre più. Severus era lì, a pochi passi da lei, e la stava osservando completamente impassibile, masticando con noncuranza una mora. Le aveva sempre e solo mentito sul suo amore: un’unica, grande e vergognosa menzogna, giacché ora l’abbandonava in pasto ai suoi famelici e immondi compagni.
- Guarda che bel cetriolone è già pronto per te!
Piton represse a fatica un rantolo: no, non poteva permettere loro di violare il suo tesoro, di farle del male, di offenderla ancora con le loro sconce battute ed i lascivi sguardi. Lei, il suo prezioso amore, la sua luce meravigliosa, l’ultima speranza di un futuro ormai perduto, di nuovo seppellito dalle irrimediabili colpe del suo passato.
Avrebbe solo voluto urlare il suo amore disperato, slanciarsi verso di lei ed avvolgerla in un tenero abbraccio protettivo, tra le sue braccia rispettose, celandola a quegli sguardi voraci, impedendo loro di toccare quella carne delicata che anche lui bramava ma che si era sempre negato, non ritenendo di meritarsi quel dolce sogno.
Invece, si rivolse con imperturbabile calma verso Voldemort e sentì la sua gelida voce reclamare solo per sé l’osceno premio.
Quella sua imprevista richiesta sorprese così tanto il suo padrone che egli fece solo un breve cenno d’assenso in direzione della ragazza: un balenio di rossa luce nei suoi occhi e i Mangiamorte che si accalcavano intorno a Corinne si trovarono sospinti con violenza di lato, la giovane preda in bella vista sul vassoio, ora solo per lui.
Si avvicinò lentamente, lo sguardo incollato agli occhi ambrati della donna che amava, cui mai, per nulla al mondo, avrebbe potuto fare del male, e si sentì respinto dal suo furioso odio impotente.
Si chinò piano su di lei e, delicatamente, la sollevò tra le braccia.
Corinne, ancora impossibilita a ribellarsi a causa della pozione, gli sputò in faccia, con forza, tutto il suo sdegnato disgusto.
Avrebbe voluto inginocchiarsi davanti a lei e implorare perdono, ma solo la strinse più forte a sé e si diresse veloce verso il fondo della sala, trascinandola via da quel luogo ripugnante, ormai pienamente conscio d’averla perduta per sempre.

*



Oltre un’ora più tardi, Piton si ripresentò nel salone, salutato da volgari esclamazioni di giubilo: Amycus, che nel corso di un’accesa partita a dadi si era aggiudicato il secondo assaggio, si alzò di corsa, ma il mago lo fermò, parandosi con decisione davanti all’uscita.
- No, lei è solo mia!
- Non sono queste le regole. – ringhiò Amycus. – L’hai avuta per primo, ora fatti da parte!
- No, è solo mia. – ribadì Piton con decisione. – Intendo sposarla domani.


FINE





(1) Non so perché, ma nel fandom Rodolphus Lestrange è ormai famoso per i suoi occhi viola!
 
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Earendil
view post Posted on 14/4/2007, 17:42




Ida, non sarebbe meglio inserire rating o nota di scene crude?

Ad ogni modo,
sai che penso della drammaticità di questo lavoro. Ora che ho letto tutto di te, posso dire che il dolore e lo sconcerto che si raggiungono in queste frasi lascia un vuoto dentro che solo pochi altri tuoi lavori mi hanno trasmesso. Certamente le emozioni sono soggettive, ma credo chie chiunque sia dotato di una certa sensibilità, si commuova tanto per lei quanto per lui, sottoposto ad un orrore che, da persona innamorata, capisco benissimo e in cui m'immedesimo anche troppo tristemente. Però ami il tuo Severus e le sue sofferenze non sono mai ingiustificate, poichè da ciò che scrivi emerge sempre una gran voglia di vivere, un messaggio di speranza capace di colmare il cuore e ridare il sorriso. Uno dei tanti motivi per cui ti adoro.
Ogni tua ff non è mai scontata, hai semnpre qualcosa di vero da comunicare prepotentemente a te stessa e al mondo, e questa è una delle doti del bravo scrittore: un desiderio prorompente di essere se stessi, alla base del tuo Severus, è la tua gioia d'importi come autrice che canta il mondo nelle mille sfaccettature del dolore e dell'amore, con un disincanto e un realismo assai rari e originali.
Grazie, e complimenti :woot: .
 
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view post Posted on 14/4/2007, 19:15
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I ♥ Severus


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Caro il mio Giovin Beta e Adorato Recensore, se tu non esistessi dovrei prorpio inventarti!

Ho parlato con Niky ed abbiamo deciso che il ratig può rimane PG13: in fin dei conti, non succede granchè e, in ogni caso, non c'è una descrizione esplicita degli accadimenti.
Gli adulti suppliscono con la loro immaginazione e, magari, hanno immaginato anche cose ben peggiori di quello che ho pensato io scrivendolo (una cosa simile mi è già successa in "Trilogia d'amore e morte".
I ragazzini, senza precedenti esperienze sul genere, non hanno riferimenti culturali/letterari/televisivi/di vita che possano fornire loro immagini di atti non descritti. Quindi, in teoria, hanno ben poco da immaginare e certi doppi sensi non dovrebbero scatenare nessun aggangio immaginativo.
 
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Earendil
view post Posted on 15/4/2007, 07:21




Ok, spero non abbian un'immaginazione troppo fervida... io mi sono fatto un bel film horror nella mia capoccia... :wub:
 
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view post Posted on 15/4/2007, 10:37
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I ♥ Severus


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No, dai!
Non è stato così terribile, solo pochi istanti, mentre si sgomitavano via l'un con l'altro: hanno potuto fare veramente poco perchè Severus è subito intervenuto!
 
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starliam
view post Posted on 29/4/2007, 20:39




TITOLO: Ritardi e ritorni
BETA: Astry (grazie dei consigli, senza di te chissà come sarebbe venuta!)
PERSONAGGI: Piton, Voldemort, Mangiamorte in genere
PAIRING: nessuno
TIPOLOGIA: One-shot
RIASSUNTO: I pensieri di Piton seduto a tavola in compagnia di agnello arrosto, Voldemort e i suoi Mangiamorte. In attesa di un "colloquio privato" con l'Oscuro Signore.




Il rumore delle risate e dei festeggiamenti si spense di colpo. Tutti si erano voltati verso l'entrata, dalla quale il nuovo arrivato aveva appena fatto il suo ingresso. Rimase un attimo immobile, come per abituarsi a quell'accoglienza a dir poco glaciale. I suoi occhi erano fissi sull'occupante dell'alto scranno che, a un capo della lunga tavolata rettangolare, sovrastava tutti i commensali.

- Vieni avanti, Severus. Ti stavo aspettando.

L'uomo si avvicinò lentamente, nel silenzio opprimente della sala. Arrivato di fronte al suo signore, si inginocchiò e chinò il capo, sempre senza dire una parola.

- Sai che io sono sempre stato molto magnanimo con i miei Mangiamorte... anche quando non se lo meritano. Ebbene, prima di punirti voglio quindi darti la possibilità di spiegarti. Qual è stata la ragione del tuo ritardo?

- Mio signore...

Severus aveva iniziato a parlare con voce sicura, ma resa bassa dal fatto di avere ancora il capo chinato.

- No. Alzati in piedi e parla davanti a tutti. Anche loro meritano delle spiegazioni.

La voce glaciale lo aveva interrotto, con la rabbia che trasudava da ogni sillaba. Era evidente che avrebbe dovuto faticare non poco per convincerlo. Non importava. Ci era abituato. Si alzò in piedi con calma e rimase a fissare il suo signore negli occhi, senza degnare gli altri occupanti della tavola di un solo sguardo.

- Mio Signore, devi scusarmi per aver preso questa iniziativa senza consultarti, ma come tu puoi comprendere, non ce n'è stato il tempo.
Mi ero accorto da tempo, come tutti gli altri, che il Marchio stava diventando sempre più scuro, e mi stavo preparando con gioia al momento in cui sarei tornato al suo cospetto. Ma quando mi è giunta la tua chiamata, la scuola di Hogwarts e i suoi occupanti si trovavano in una situazione particolare. Forse ho peccato di presunzione, ma ho pensato che ti avrei reso un utile servizio rimanendo per un po' a raccogliere informazioni. Senza contare che se fossi sparito subito avrei fatto insospettire il vecchio Silente, mentre così ho la sua completa fiducia; in quanto si è convinto che sono qui solo su suo ordine.

Sul volto scarno e pallido di Voldemort si dipinse un sorriso glaciale.

- Molto bene, Severus. Più tardi avrò bisogno di un colloquio con te in privato. Ci sono molte... molte cose... che necessitano di un chiarimento. Ma possono aspettare. Per il momento godiamoci questo banchetto. In fondo è l'inizio di una nuova epoca per noi, no? Codaliscia!

L'ometto seduto alla sinistra di Voldemort sollevò di scatto la testa.

- Vattene in fondo al tavolo, fai sedere Severus.

Codaliscia si alzò sempre tenendo la testa bassa, cercando di evitare lo sguardo di fuoco di Piton.

Dal momento che si trovava alla destra di Voldemort, per poter raggiungere il posto alla sua sinistra fu costretto a fare tutto il giro della grande tavola. Una regola mai detta ma inderogabile vietava infatti nel modo più assoluto, di passare dietro la schiena del Signore Oscuro. Tutti dovevano rimanere, in ogni istante, ben visibili. Di nuovo sentì gli sguardi di tutti su di sè, mentre si avviava al posto che gli era stato destinato.

C'era ancora il piatto di Codaliscia; Severus lo scansò con una smorfia di disgusto e si sedette. Non aveva bisogno di nascondere le emozioni negative che Minus suscitava in lui: non era una presenza gradita a nessuno di loro.

In silenzio, si servì di qualche pezzo di carne di agnello dal vassoio davanti a sè, mentre il chiacchiericcio ricominciava, vivace come se non fosse mai stato interrotto. Notò che nessuno gli rivolgeva la parola, come se non fosse mai arrivato. Voldemort aveva detto qualcosa agli altri, prima che lui entrasse? Sicuramente. L'Oscuro Signore non aveva osato dire di più davanti agli altri per poter continuare a giocare ancora un po' a fare il padre-padrone premuroso e indulgente. 14 anni di lontananza erano troppi, anche per i seguaci più accaniti. Non voleva correre neanche il minimo rischio di perdere la loro fiducia; anche un solo Mangiamorte un po' meno convinto degli altri, allo stato attuale delle cose, poteva rappresentare un pericolo.

Non sapeva che cosa sarebbe accaduto "dopo", ma poteva facilmente immaginarlo. Anche se adesso Voldemort sembrava di buonumore, aveva visto il luccichio rabbioso nei suoi occhi. Non sarebbe stato facile riuscire a convincerlo, stavolta. A suo favore c'era il fatto che dopo anni passati a contatto con lui, sapeva quali argomenti sollevare. L'unica cosa che interessava a Voldemort era il successo. Il suo successo, tutto il resto non contava. Qualunque azione potesse contribuire al successo, per lui era ben accetta. Sarebbe riuscito a dimostrargli che il suo ritardo di due ore era servito a portargli grossi vantaggi?

Ridacchiò distrattamente a una battuta su Silente (o era su Moody?) che aveva fatto il Mangiamorte alla sua destra.

Sì, ci sarebbe riuscito: avrebbe dovuto riuscirci, se voleva sperare di rimanere vivo. Per anni si era allenato e si era preparato per questo momento. La sua mente era impenetrabile, la sua resistenza al dolore molto alta. Ma questo, ovviamente, non poteva evitargli di sentirsi un fremito dentro. Paura, agitazione, insicurezza. Sapeva che prima o poi questo sarebbe successo, e si era preparato mentalmente. Ma non poteva fare a meno di temere quella che poteva essere la conclusione del loro "colloquio". Il fatto che fosse sempre riuscito a convincere Voldemort non significava che ci sarebbe riuscito anche stavolta, per quanto fosse preparato. Deglutì e prese un altro boccone. La carne era saporita e cotta al punto giusto, proprio come piaceva a lui. Ma al momento non riusciva proprio a godersela, così come non si era mai goduto aclun pranzo o rinfresco offerto dal "suo" signore. Il cibo aveva un'ampia parte nei rituali dei Mangiamorte, così come vino e alcool in genere. Spesso non mancavano anche altri tipi di sostanze, per esaltare l'aggressività e l'eccitazione. Per Piton, dover mangiare e bere in allegria con quella gente era sempre stato difficile, ma mai come ora. Poche ore prima era successa una cosa indescrivibilmente crudele, e invece di urlare la sua rabbia al responsabile (come avrebbe voluto tanto fare) doveva ridere e scherzare. E sperare che lo lasciasse vivo ancora un po'. Inghiottì un altro boccone, seguito da un sorso di vino bianco frizzante.

Voldemort e Lucius, intanto, commentavano gli avvenimenti di quella sera, congratulandosi per ciò che era successo e rammaricandosi per ciò che, invece, non era potuto accadere. Avrebbe dovuto partecipare alla conversazione, per farsi vedere interessato.

- E' un peccato che mi sia sfuggito. Avrei potuto farla finita una volta per tutte. A ripensarci, avrei potuto ordinare a Codaliscia di tagliargli la gola. Così avrei avuto tutto il sangue che mi serviva e mi sarei sbarazzato di lui in un momento solo. Sì, tagliargli la gola. Come si fa con gli agnelli...

Il boccone di agnello che Severus stava masticando, sembrò improvvisamente inchiodarsi al suo palato. Piton dovette prendere un respiro profondo prima di riuscire a deglutire.

Lucius scoppiò in una risata profonda, di gola, assolutamente sincera, subito seguito da Voldemort. Severus si unì a loro, iniziando a pensare al possibile svolgimento del suo colloquio privato con il Signore Oscuro.

- Il vecchio Silente si deve essere proprio rimbambito, non si è accorto di nulla per mesi!

Altra risata.
Avrebbe potuto dire senza problemi come era stato scoperto Barty Crouch e che fine aveva fatto.

- Sì, e tutti gli altri? Incredibile come gliela abbiamo fatta sotto il naso!
Altra risata.
Ma avrebbe taciuto del ritorno di Sirius Black.

- Avrei proprio voluto vedere la faccia di Silente!
Risata.
Avrebbe potuto dire che Silente pensava di ricostituire l'Ordine. Lo avrebbero saputo comunque.

- Proporrei un brindisi. Per il nostro fidato amico, che ha permesso materialmente la mia rinascita, tessendo con grande maestria questo inganno per mesi e mesi. Purtroppo ci ha lasciati, ma tutti noi gli dobbiamo molto.
Tutti si alzarono in piedi e tesero i bicchieri colmi di buon vino.
Brindisi.

Ma non avrebbe detto niente di ciò che era successo in infermeria.

Finito il brindisi, diversi Mangiamorte si avviarono a tornare alle loro case. Mantelli addosso e maschere sul volto, si salutavano stringendosi la mano, congratulandosi per il ritorno dell'Oscuro. Piton salutò Lucius e Aletto, vedendo con la coda dell'occhio Voldemort che si alzava.

Ecco, era arrivato il momento. Respirò a fondo, ricacciando indietro i sentimenti di paura che in quel momento non gli servivano.

Gli ultimi due Mangiamorte erano già usciti dalla porta, quando Piton si voltò verso il Signore Oscuro.

- Severus... vieni.


 
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view post Posted on 29/4/2007, 21:18
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I ♥ Severus


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Brrrr... povero Severus!

Con la carne di agnello io servirei del vino rosso corposo, che si presta anche a particolari aggettivi sul colore.

Bella storia, anche se, più che una storia, sembra un'introduzione.
 
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Astry
view post Posted on 29/4/2007, 21:27




Vuoi proprio vederlo cruciare? Eheheh! Il sangue lo avrai nella seconda puntata.
 
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view post Posted on 29/4/2007, 21:30
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I ♥ Severus


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Aaaaaaaah... ma allora c'è la seconda puntata?

Dimmi di sìììììììììì!

Ok, lo ammetto, adoro vederlo Cruciare...

Chissà se la Rowling mi farà questo regalo... prima di ammazzarmelo?
 
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starliam
view post Posted on 29/4/2007, 21:35




Si, la seconda puntata in realtà in origine non era prevista. Ma l'ho fatta finire così sospesa, che è venuta voglia anche a me di cimentarmi in una scena di tortura (anche se non so come sarò in grado di renderla... magari ti chiederò qualche consiglio).

 
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view post Posted on 29/4/2007, 21:38
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Sì, sì, sì, sì, sìììììììììììììììì!

Sono a tua disposizione per qualsiasi aiuto ti servisse, ma in quanto a torturare Piton, sono bravissime anche Astry e Niky!
 
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Astry
view post Posted on 30/4/2007, 10:46




CITAZIONE (Ida59 @ 29/4/2007, 22:38)
in quanto a torturare Piton, sono bravissime anche Astry e Niky!

Ssssssss! :o: Non dirlo in giro, qui c'è il prof che già mi sta guardando male. Bella nomina mi fai, che sono brava a torturare la gente. :lol:
 
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32 replies since 19/1/2007, 11:16   1809 views
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