Tratto da Grammatica italianaGli accenti sono la prima fonte di confusione per chiunque si accinga a scrivere e spesso anche nella pronuncia delle parole. Gli errori si sprecano, ma in realtà le regole degli accenti in italiano non sono molte.
In italiano abbiamo
sillabe atone (senza accento) e sillabe toniche (accentate).
A livello grafico l’accento può essere
grave, con
pronuncia aperta (come quello del verbo essere “è”) oppure
acuto, con
pronuncia chiusa (come quello di “perché”).
L’accento si scrive obbligatoriamente in italiano solamente quando cade sull’ultima sillaba mentre all’interno della parola generalmente non viene segnalato, a meno che non serva a evitare un fraintendimento di significato (es. ancora come avverbio e àncora come nome ed elemento di un’imbarcazione).
L’accento viene messo sempre sulle parole tronche (bisillabi o polisillabi accentati sull’ultima sillaba),
su alcuni monosillabi che possono generare ambiguità nel significato (vedi sotto),
su monosillabi che comprendono dei dittonghi (due vocali insieme) tranne in alcuni casi particolari, e, di regola,
su alcune parole specifiche (vedi sotto).
Le vocali a, o, u, i se accentate in fine di parola hanno sempre un accento grave (beltà, più, così, verrò, ecc.).
Con la
vocale e la situazione si complica ma, in generale, basta tenere a mente che l’accento è
acuto con:
1. Ché causale e tutti i suoi composti (affinché, poiché, perché…);
2. I composti di tre e di re (cinquantatré, trentatré, viceré…);
3. Le terze persone singolari del passato remoto dei verbi quando finiscono in e (ribatté, poté… escluso l’arcaico diè per “diede”).