Autore è una parola ingombrante e per questo motivo mi piace vederla accostata al mio nome, anche se, per essere onesto, non mi descrive in maniera appropriata.
La scrittura non ha un ruolo centrale nella mia vita. Si tratta semmai di un'esigenza inderogabile che scaturisce dal mio modo di affrontare la vita e dalla mia forte propensione alla riflessione filosofica e artistica; quest'esigenza tuttavia non è affatto costante e lineare, ma ha piuttosto un andamento ciclico.
Un avvenimento o un gesto possono scatenare mesi di riflessioni; di tanto in tanto un elemento minimo di una riflessione si contrae in un'immagine o in una frase che, generata nella mia sensibilità, rimane lì ad impressionarla profondamente. Nel giro di giorni, di mesi o di ore, attorno a questo "grumo" che si è creato nel tessuto della mia mente si addensano, attraverso un processo a volte più, a volte meno consapevole, altre piccole immagini, idee, intuizioni, desideri. Poiché indago spesso me stesso (di questo aspetto di me potrò parlare più avanti), prima o poi mi accorgo di questi agglomerati che deformano il mio pensiero e lo dirottano, attirandolo sempre più spesso verso di sè in proporzione alla loro crescita. Nel momento in cui me ne accorgo comincio ad analizzare ciò che ho trovato, esplicitando i nessi logici presenti fra i vari elementi che si sono spontaneamente raggruppati (se non ci fossero nessi, il raggruppamento spontaneo sarebbe impossibile) e presto mi nasce il desiderio di scrivere.
Da quel momento la causa strutturale è presente e il processo è quasi irreversibile: deve solo presentarsi un giorno adatto, in cui l'umore è intonato alla riflessione e il tempo libero è sufficiente. Se la stesura avviene con "unità d'umore" come mi piace dire, ossia in un arco di tempo breve e senza grosse interruzioni né variazioni nello stato d'animo, il risultato è di solito buono; altrimenti rimango molto insoddisfatto.
Altra causa possibile di insoddisfazione è la forzatura del processo: come avrete notato ho appena descritto un meccanismo del tutto spontaneo, che non può non incepparsi se viene forzato per fretta o inquinato dal desiderio di compiacere qualcuno con uno scritto. Di solito gli scritti partoriti in questo modo vengono stracciati o lasciati ammuffire da qualche parte, o fatti leggere a qualcuno e criticati aspramente da me, quasi insultandomi. Talvolta, buttato via l'eccesso, rimane qualche bel verso frammentato che rispecchia alcuni elementi del nucleo originale di riflessione; mi è impossibile stracciare una poesia e ricominciare da zero per ottenere un risultato migliore, come se ormai la versificazione forzata dei concetti non maturi li avesse stuprati e privati della loro freschezza.
Mi accorgo che prima ho scritto che la scrittura non ha un ruolo centrale nella mia vita e poi l'ho descritta come se fosse l'unica attività della mia mente. Ciò che vorrei far capire è che non è affatto così, anzi; l'intero processo poetico è per lo più latente nel mio caso e la produzione è molto rada, visto che richiede tempi anche molto lunghi. Aggiungo, in appendice al discorso, che non sono assolutamente in grado di scrivere in prosa, in quanto, salvo rarissimi casi fortuiti, non ottengo risultati di pregio e la scrittura in prosa mi attira pochissimo, così che non mi esercito praticamente mai.
La poesia che propongo ora può essere anche vista come un'esemplificazione del processo sopra descritto, in quanto è scaturita da un'immagine nata circa un anno prima della composizione (dicevo spesso alla mia ragazza che il sole cercava di imitarla senza riuscirci) e da una quantità di riflessioni iniziate nel momento in cui lei mi lasciò e volte a cogliere l'essenza di lei e dei miei errori nei suoi confronti. Non vi descrivo gli esiti di queste riflessioni perché spero che il ritratto che ho tracciato possa evocare in voi esattamente le stesse sensazioni che lei ha evocato in me e che susciterebbe anche in voi se la conosceste quanto l'ho conosciuta io. Per altro, senza presunzione alcuna, posso essere certo che il ritratto saprà spiegarvi cosa intendo con molta più chiarezza e profondità di quanto potrebbe fare una trattazione per così dire teorica.
Exsurgit solTitolo: Exsurgit sol
Autore/data: Frassa / mattina dell'8 giugno 2010
Beta-reader: no
Tipologia e metro: Poesia in endecasillabi sciolti canonici e non, con qualche settenario
Rating: Per tutti
Genere: Descrittivo, romantico, sottilmente introspettivo, triste
Riassunto: Un ritratto della mia ex ragazza. Composizione molto leggera, ricorda un po' le canzonette commerciali giocate su immagini originali ad effetto che lasciano un bel suono nelle orecchie senza però suscitare nessuna riflessione di ampio respiro. È semmai l'esito di una riflessione di carattere individuale.
Disclaimer: Non rivendicherò mai la mia paternità su una poesia scritta per pure finalità artistiche, dunque fatene ciò che più vi piace.
Ok, finito il sermone! Che noioso sono stato lassù! Chi non ha avuto voglia di leggere ed è saltato direttamente qui non ha il mio biasimo, ringrazierò per tutti i pareri e apprezzerò ogni genere di critica. Grazie dell'attenzione!
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Edited by Ida59 - 30/10/2017, 18:40