Ecco qui il mio
penultimo capitolo. Credo che sia il più
crudo di tutta la storia...
Capitolo 20: Legami di sangue- Se Hermione non dovesse far tornare la memoria ai suoi genitori, mi può promettere che la proteggerà e che sarà lei la sua famiglia?
- Perché dovrei prometterti una cosa del genere Potter?
- Lo consideri come un ultimo desiderio.La vide cadere dalla tettoia e, per poco, non gli si fermò il cuore.
Era arrivato di corsa, trafelato, seguendo i lampi argentei sui tetti. Aveva trovato la casa nel momento in cui Hermione stava per cadere la seconda volta. Aveva lanciato un incantesimo per proteggerla, ma non era stato abbastanza veloce.
Aveva gridato il suo nome, ma non era certo che l'avesse sentito.
L’aveva sentita urlare per il dolore mentre cercava di rialzarsi con il braccio destro immobilizzato contro il corpo e i Dissennatori che si avvicinavano veloci. Erano troppi e Weasley era intento a scacciarne altrettanti dal tetto.
Doveva fare qualcosa.
Strinse la bacchetta e frugò nella mente alla ricerca di un ricordo abbastanza potente per aiutarla.
Ma non c'erano più ricordi gioiosi da cui attingere il potere. Non c'era più la piccola Lily che gli tendeva la mano per giocare.
Non c'erano più i pomeriggi passati in biblioteca o al lago a rubare sorrisi fugaci o delicati baci dati sulla guancia in segno di amicizia.
Non c'erano più occhi verdi dove perdersi e capelli rossi che si riflettevano al sole.
I Dissennatori accerchiarono Hermione affamati dei suoi ricordi, Severus la vide rabbrividire terrorizzata e coprirsi il volto come ultima, inutile, protezione. Serrò la mascella e cercò più a fondo, un bacio che aveva il sapore di sua madre, un abbraccio che odorava di suo padre, prima che fosse vittima della bottiglia.
Niente. Non c'era più
niente.Si sentì impotente mentre alla donna che amava veniva portato via ogni ricordo felice, forse anche la sua stessa luminosa anima.
Poi capì. Non aveva bisogno di un ricordo felice. Gli bastava un ricordo dove le ombre del suo animo fossero meno dense ed oscure, un ricordo che gli scaldasse il cuore.
Il suo sguardo corse ad Hermione, indifesa, circondata da demoni che distruggono i sogni e le speranze.
Era
lei.Sorrise in quel villaggio fantasma, invaso dal dolore e dalla morte, sorrise nel buio di quel vicolo, in mezzo alla neve sporcata dalla battaglia.
Sorrise mentre ricordava la prima volta che il suo nome gli aveva scaldato il cuore.
Non era il loro primo bacio, o la prima volta che aveva assaporato la sua pelle.
Era il ricordo del suo profumo che gli era entrato dentro, il calore del suo sguardo. La sensazione di completezza che avvertiva quando era al suo fianco. La sua capacità di diradare l'oscurità del suo animo. La paura di perderla.
Perché amare non voleva dire solo essere felice, ma anche avere paura.
Hermione era questo.
Era amore e paura.
Non era ancora un ricordo veramente felice, ma era in grado di cambiare la sua vita.
Di farlo
rinascere. Allora rivivi, Severus.Strinse la bacchetta e la puntò contro quegli esseri.
- Expecto Patronum!
Aveva gridato l'incantesimo. Quando evocava la cerva sussurrava la formula, la mormorava con rimpianto e rimorso, riempiendo il ricordo di Lily con tutto l'amore che non era stato in grado di mostrare quando era giovane ed insicuro.
Ora aveva urlato attingendo dalla forza di quei sentimenti conosciuti eppure sempre nuovi. Aveva gridato come avrebbe gridato quelle due parole che Hermione non pretendeva, ma che lui
voleva dirle.
Il raggio argentato illuminò a giorno il vicolo, era molto più forte di quando avesse immaginato. Lo vide ingrandirsi, rafforzarsi con i suoi sentimenti. Lo vide mutare e al posto della cerva apparve una fenice.
Bellissima, luminosa, sembrava quasi viva.
Era una fenice. Lui. Lei.
Loro erano una fenice.
Rinasci come una fenice rinasce dalle proprie ceneri. E lui era rinato, nel profumo di ciliegia, nel suo sguardo, nel suo cuore e nel suo corpo.
Era rinato con lei.
- Potter...
- E' importante per me. Io non l'ho mai veramente capita e neppure Ron. Lei è l'unico che le ha fatto tornare il sorriso. La proteggerà professore? Piegò il braccio e lanciò la fenice contro quelle ombre divoratrici di ogni gioia.
- Sì.* * * *
Hermione lo vide emergere dalla luce come un angelo. Un bellissimo angelo dalle ali nere.
Il Patronus a forma di fenice aveva scacciato tutti i Dissennatori, per poi svanire in una nuvola di scintille d'argento.
Pensò, alla fine, che la follia l'aveva trovata rannicchiata in un vicolo e l'aveva fatta prigioniera.
Ma quando lui si accucciò davanti a lei, con lo sguardo preoccupato, visibilmente pallido tornò alla realtà.
Al freddo della neve e al bruciante dolore alla spalla.
- Severus... - mormorò trattenendo una smorfia di dolore.
Il mago le accarezzò una guancia. La sua mano era calda, ruvida,
vera, viva.Cercò di muoversi, ma una fitta alla spalla la fece gemere.
- Dove ti fa male?
- La spalla.
- Puoi camminare?
- Credo di sì, ma non ne sono sicura.
Piton assottigliò lo sguardo, la profonda ruga gli solcò la fronte ed Hermione capì che stava velocemente pensando alla prossima mossa.
Il rumore della smaterializzazione la fece sussultare e gemere di nuovo nello stesso momento. Severus scattò puntando la bacchetta.
- Hermione! - gridò Ron accucciandosi accanto a lei senza neppure rendersi conto che Severus stava per schiantarlo – Come stai? Ti sei rotta qualcosa? Di chi era quel Patronus?
- Dopo Weasley. - sbottò Piton infastidito da tanta
improvvisa premura osservando la facciata della casa – Dobbiamo entrare in questa casa. Devo vedere la spalla di Hermione e capire quanto è grave la situazione. Apri la porta, buttala giù se necessario.
- La mia bacchetta Ron... - mormorò la strega – trova la mia bacchetta, per favore.
Fortunatamente la porta di quella casa era aperta, i proprietari erano fuggiti senza alzare protezioni, il giovane Weasley raccolse la bacchetta di Hermione dalla neve, Severus l'aiutò ad alzarsi e, sorreggendola, la condusse in casa.
Con un colpo di bacchetta accese un fuoco che illuminò un salotto arredato con vecchi mobili e centrini dal dubbio gusto, poi sigillò la porta d'entrata per evitare visite indesiderate.
Fece sedere Hermione su una poltrona blu e le tolse il mantello.
- Dovrò far sparire i tuoi vestiti, Hermione. - valutò Piton osservandola – Devo vedere la spalla.
La strega annuì.
Severus si voltò verso Ron.
- Cerca delle coperte Weasley. - ordinò rudemente.
Il giovane mago corse per le scale che portavano al piano superiore in cerca delle coperte.
I pesanti passi risuonarono in tutta la casa vuota.
Hermione fece un debole sorriso.
- Potevi dirgli di appellarle.
- Così poteva vederti mezza nuda? - rispose lui con un mezzo sorriso cercando di attenuare la tensione.
Lei ridacchiò, ma la risata fu subito interrotta da un gemito di dolore.
Severus mosse velocemente il polso facendo evanescere il maglione, la camicia e il reggiseno di Hermione, le passò un cuscino così da coprirsi i seni ed osservò la spalla.
Era evidentemente fuori posto, aveva iniziato a gonfiarsi ed arrossarsi, c'era un ematoma violaceo che, presto, avrebbe occupato tutta la spalla e forse anche il braccio. Delicatamente il mago la toccò cercando di farle meno male possibile. Hermione tentava di non lamentarsi, teneva gli occhi serrati con forza mordendosi il labbro inferiore.
Oltre alla spalla lussata aveva altri lividi che stavano spuntando un po' ovunque sul corpo e svariati tagli sul volto.
- Merlino... - mormorò Ron alle spalle del mago senza staccare gli occhi dal corpo della strega, teneva in mano alcune coperte – è rotta?
- No. - rispose Severus continuando ad osservare la spalla, sentendo il calore della pelle e il pulsare del cuore – E' lussata.
- Dobbiamo portarla da Madama Chips.
- E come? La strada che porta ad Hogwarts è bloccata, Weasley.
- Ci materializziamo.
Nonostante il dolore Hermione gli lanciò un'occhiata di rimprovero, proprio come quando la vita era più facile e felice per tutti.
- Non ci si può materializzare ad Hogwarts, Ron. Sono sette anni che te lo ripeto. Leggi quel maledetto libro!
- E, anche se potessimo farlo, con una spalla ridotta in questo stato si rischia di arrecare più danni.
- Allora cosa possiamo fare? - domandò esasperato il rosso.
- Va sistemata.- spiegò Piton – Devo rimetterla a posto per evitare danni irreparabili. E devo farlo subito.
- L'ha mai fatto?
Il mago si voltò, aveva un’espressione cupa.
- Non su un'altra persona. - gli rispose – Ma so cosa devo fare. - tornò a voltarsi verso Hermione – Farà male. Molto male. Devi essere preparata, Hermione. Potresti anche svenire
Lei si limitò ad annuire.
Severus e Ron l'aiutarono a sdraiarsi sul tappeto davanti al camino. La coprirono fino ai seni con una coperta di lana.
Severus le accarezzò una guancia, incurante del fatto che ci fosse anche Weasley con loro.
- Devi tenerle le gambe Weasley. - ordinò severo – E tu devi stare ferma Hermione, altrimenti uscirà di nuovo e dovrò ripetere l'operazione. Non sarà piacevole.
- Ve bene... - sussurrò lei osservandolo – non devi preoccuparti. Mi fido di te.
Lui le fece un mezzo sorriso e l'accarezzò di nuovo il volto.
- Il tuo nuovo Patronus è bellissimo. - mormorò la strega.
Ron lo vide chinarsi su di lei, all'inizio pensò che volesse baciarla e si sentì arrossire, ma Piton non la baciò. Le sussurrò qualcosa all'orecchio che la fece sorridere. Un sorriso caldo, innamorato che - Ron lo sapeva bene – a lui non aveva mai rivolto. Vide Hermione allungare il braccio sinistro e stringerlo in un delicato abbraccio.
Era ancora più intimo e privato di un bacio. Ron voltò lo sguardo imbarazzato, sentiva le orecchie andare in fiamme e la gelosia stillare mille lame roventi che gli martoriarono il cuore; eppure sentiva anche che quella scena era
giusta.- Pronto Weasley? - la voce di Piton lo fece voltare di nuovo.
Annuì lanciando un'occhiata prima ad Hermione poi a Piton.
Il pozionista tornò a fissare la strega.
Posizionò le mani sulla spalla gonfia e si concentrò per evitare di dover ripetere l'operazione più di una volta.
La scapola tornò al suo posto con un orribile rumore secco. Come lo schiocco di una frusta. Hermione lanciò un grido, ma riuscì a stare ferma.
Ansimava per il dolore e aveva gli occhi gonfi di lacrime. Sorrise ad entrambi poi svenne.
* * * *
Il raggio verde colpì il tronco d'albero dietro il quale si era riparato.
Harry strofinò la cicatrice con il palmo della mano. Gli faceva male, più Tom si avvicinava più bruciava e il dolore lo rendeva debole, vulnerabile. Aveva cercato di ignorarlo e, all'inizio, c'era anche riuscito, ma più combattevano più faceva male.
E più faceva male, più Lui riusciva ad entrargli nella mente.
- Non potrai resistermi per sempre. - sibilò l'Oscuro camminando nella neve, nonostante la bacchetta non fosse sua riusciva a padroneggiarla senza problemi.
- Vuoi sapere perché siamo ancora così
legati, Harry Potter? Perché, nonostante io stesso abbia ucciso la parte di me che viveva in te, riesco ancora ad entrare nella tua mente e manipolarti come una marionetta?
Il giovane mago strinse la bacchetta di sambuco. Era curioso, doveva ammetterlo, maledettamente curioso. Voleva sapere perché quello che gli aveva detto Silente in quella visione a King's Cross non si era avverato. Perché Lui era ancora così forte e così vicino alla sua anima.
- Allora...- insinuò mellifluo il mago oscuro – vuoi saperlo, Harry Potter? Vuoi conoscere il segreto che ci lega? Perfino io ne sono stupito, perché quello che ci è capitato è un'opportunità
rara, quasi
unica.
Harry chiuse gli occhi cercando di non cedere alla tentazione, era una trappola ovviamente. Era probabile che Tom non sapesse proprio nulla, ma, dall'altra parte, voleva sapere.
Desiderava sapere.
Si affacciò un poco, giusto per vedere dove fosse il mago, ma si riparò subito quando lo vide vicino.
Si guardò attorno per cercare un altro riparo. Notò una bassa staccionata di pietra che circondava una piccola villetta.
Si concentrò e si smaterializzò sapendo che Voldemort l'avrebbe rintracciato dal rumore dell'incantesimo. Si materializzò dietro la staccionata e fece appena in tempo ad accucciarsi mentre lo schiantesimo si infrangeva contro le pietre.
- Ti credevo più furbo, Harry Potter. - continuò a parlare l'altro – Invece mi devo ricrede, è seccante sapere che per tutti questi anni sono stato sconfitto da un moccioso fortunato. Ma la fortuna ti ha abbandonato, così come aveva abbandonato i tuoi sciocchi genitori.
Il ragazzo strinse i pugni cercando di non lasciarsi trascinare da quelle parole.
- Non hai più la protezione della tua insulsa madre Babbana ed è svanita anche la protezione sui tuoi stupidi amici. Moriranno tutti, lo sai questo Harry Potter?
- NO!
Poté quasi
sentire il sorriso maligno di Tom.
- Così
sentimentale. L'amore è solo un'illusione, nessuno qui ti
ama. Neppure quella tua stupida ragazzina coi capelli rossi.
Scattò in piedi furente di rabbia. La mano che stringeva la bacchetta tremava. Vide chiaramente nello sguardo del mago oscuro un sorriso vittorioso.
- E' fin troppo
facile. - ghignò Voldemort, aveva uno sguardo folle, Harry capì solo in quel momento
quanto il mago fosse uscito di senno.
Vide la mano biancastra che stringeva la bacchetta sollevarsi pronto a lanciare un incantesimo.
- Erano solo parole vuote le tue Tom? - domandò prendendo tempo – Tu non sai perché siamo ancora legati, vero?
Il mago oscuro si bloccò, il sorriso sulle labbra serpentine si allungò ancora, il volto di Voldemort si era trasformato in una grottesca maschera. Ad Harry ricordò le maschere di Halloween che aveva visto una notte a Privet Drive. Solo che quello che aveva davanti non era la maschera di un demone, era un demone
vero.- Oh ma io lo so... e questa volta neppure il vecchio Silente l'aveva pensato. Quando la sera della mia rinascita ho usato il tuo sangue ho solo pensato che avrebbe annullato la protezione di tua madre. Invece è successo qualcosa di meglio. Il nostro contatto non era legato solo alla mia anima. Oh no... ma anche dal
tuo sangue. La mia anima è stata distrutta, ma il tuo sangue, mio giovane ragazzo, il tuo sangue ci lega molto di più di un incantesimo. E' potente, ma instabile, non l'avrei mai scoperto se non avessi distrutto quell'Horcrux.
Harry serrò la mascella di fronte a quella scoperta. Non aveva mai pensato che quello che aveva fatto Voldemort in quel cimitero potesse avere quel genere di ripercussioni.
Neppure Silente ci aveva pensato. Forse loro due erano veramente
unici.- Ed ora quale sarebbe il piano, Tom? - domandò curioso – Bere tutto il mio sangue e sperare che questo ti rimetta in forze come un tempo?
- No. - con la lingua si umettò le labbra serpentine – Vedi, caro il mio stupido ragazzo fortunato, sono affezionato al mio aspetto, ma il mio corpo sta morendo. La pozione che bevo è ormai inutile, ma il mio spirito... la mia anima... quella è legata a te. Al
tuo sangue. Non il mio corpo.
Il giovane mago sgranò gli occhi comprendendo solo in quel momento quello che Voldemort voleva da lui. Arretrò si un passo sentendolo nella sua testa.
I pensieri di Tom si confondevano con i suoi, strisciavano all'ombra dei suoi ricordi come tanti neri serpenti.
La cicatrice bruciò con più intensità.
Diventeremo un unico essere perfetto Harry.Lo sentì direttamente nella sua testa.
Ma vuoi conoscere un segreto? Io
sono più forte di te. E quello che resterà dalla tua anima dopo la nostra unione verrà diviso di nuovo in altri Horcrux. Userò oggetti più preziosi, li nasconderò meglio e nessuno, nessuno
oserà più sfidarmi. Io
sarò di nuovo immortale, potente e temuto e tu...
tu sai solo un'anima mutilata che grida in una stanza buia. Griderai, ti dimenerai fino a quando non avrai più le forze per combattermi, fino a quando non potrai più gridare e di te, Harry Potter, non resterà che un mero ricordo. La cicatrice bruciò più forte. Harry digrignò i denti e fece un altro passo indietro, Voldemort avanzava inesorabile verso di lui.
* * * *
Le aveva immobilizzato il braccio destro al corpo e fasciato la spalla. Aveva poi pulito la ferita alla mano e bendata.
Aveva fatto comparire i suoi vestiti e le aveva messo alla bene e meglio la camicia, era stato impossibile infilarle il reggiseno e il maglione. Era ancora addormentata a terra, la coprì con due coperte e rimase seduto a terra appoggiato con la schiena al piccolo divano a due posti di uno sbiadito verde militare.
Weasley controllava periodicamente fuori dalla finestra di vedetta.
Avrebbe voluto curarle i tagli sul volto e gli ematomi più grandi, ma senza le sue pozioni non poteva fare nulla e non aveva unguenti pronti da appellare dal castello.
- Incosciente,- borbottò fissandole il volto pallido dove spiccava un lungo taglio che le aveva spaccato il sopracciglio destro e un ematoma grande come un boccino sulla guancia sinistra. – sei solo un'incosciente Hermione.
Le avrebbe fatto una bella ramanzina alla fine di quella battaglia, aveva rischiato di morire, di lasciarlo solo proprio ora che aveva ricominciato ad amare.
Si alzò in piedi deciso a fare qualcosa di utile.
Ron stava frugando in casa in cerca di qualcosa di utile, Severus pensò che lo faceva solo per non restare a guardarli e la cosa gli andava più che bene.
Si guardò attorno cercando di trovare la sua solita lucidità mentale, ma continuava a lanciare veloci occhiate al corpo di Hermione sdraiato a terra.
All'ennesima occhiata vide, con la coda dell'occhio, un'ombra fuori dalla finestra.
Velocemente, con la pelle che formicolava per via dell'adrenalina, si avvicinò alla finestra, prima di spostare la tenda incantò il vetro permettendogli di vedere fuori senza essere visto. Con un dito spostò la tenda di velluto verde e imprecò.
Wealsey arrivò di fretta, guardò prima Hermione poi lui.
- Cos'é successo? - domandò visibilmente agitato.
- Guarda tu stesso Weasley. - rispose il mago spostandosi permettendogli di osservare fuori.
- Porca... - l'insulto gli morì in gola mentre osservava fuori dalla finestra – Non c'erano prima!
Diversi Inferi si stavano riversando nella strada davanti alla casa, erano fermi di fronte alla facciata.
- Come fanno a sapere che siamo qui?
- Sentono i residui magici. - spiegò Severus osservando le creature sopraggiungere dalle due strade laterali – Il mio Patronus deve averli attirati.
- Possiamo dargli fuoco. - suggerì Ron speranzoso.
- Non così. - ripose l'altro – Non vi ho fatto scavare delle buche per puro divertimento Wealsey. Usa un po' il cervello, o devo dedurre che i neuroni buoni della tua famiglia fossero esauriti quando sei stato concepito. - Ron gli lanciò un'occhiata di fuoco che prontamente ignorò – Questo è un vecchio villaggio, molte case sono semplicemente di legno tenute insieme da molta magia e polvere. Appiccare un incendio non controllato in queste vie è come condannare tutta Hogsmeade. Non è il mio posto preferito, ma non voglio aggiungere alla mia lista di anche la responsabilità di aver raso al suolo l'unico villaggio interamente magico dell'Inghilterra.
I due maghi restarono in silenzio ad osservare gli inferi che si stavano radunando davanti alla casa.
- Esco io. - disse Ron giocherellando la con bacchetta dalla quale uscivano lievi scintille rosse – Sono veloce a correre, li distraggo e li porto lontano. Alcuni posso farli cadere nella buca nel vicolo accanto.
- Non se ne parla proprio, Weasley. - rispose Piton con decisione – Non ho intenzione di spiegare ad Hermione che il suo amico è morto in un improvviso e del tutto inutile atto di stupido coraggio Grifondoro. Esco io. Alcuni posso renderli inoffensivi e
so volare. Posso scappare molto più in fretta e la mia scia magica è molto più forte.
- E io non ho intenzione di dire ad Hermione che il suo cocciuto e orgoglioso
fidanzato Serpeverde è morto cercando di dimostrare che aveva ragione. - ribatté prontamente l'altro.
Severus si voltò verso il giovane Weasley sollevando un sopracciglio sottile. Il rosso aveva le orecchie in fiamme, continuava a giocherellare con la bacchetta e a fissare le creature fuori dalla casa.
Calò di nuovo il silenzio. Ron smise improvvisamente di giocare aveva lo sguardo preoccupato, si voltò e lanciò un'occhiata ad Hermione ancora svenuta.
- Cosa le ha detto? - gli chiese senza staccare gli occhi da lei – Quando si è chinato prima di sistemarle la spalla. - specificò quando non ricevette risposta.
Il pozionista stava quasi per replicare che non erano fatti suoi, che non aveva nessuna intenzione di sventolare ai quattro venti le sue discussioni
private con Hermione.
Ma capì subito che la richiesta di Ron non era dettata dalla curiosità. Voleva essere sicuro che Hermione fosse in
buone mani. Era come se si volesse assicurare che
almeno lei fosse felice in qualsiasi caso.
Lo capiva.
Il matrimonio di Lily lo aveva distrutto, ma aveva sempre voluto la sua felicità.
Sempre, anche se lontana da lui.
- L'ami molto. - non era una domanda, ma una semplice affermazione.
- Dal primo momento che l'ho vista sul treno. - confermò con una lieve sfumatura di rimorso - Avrei dovuto capirlo prima.
Tornò il silenzio tra di loro. Ron fissava Hermione. Severus fissava Ron.
- Non lasciarti distruggere dal dolore che provi ora. - gli disse il mago – Altrimenti ti porterà alla rovina.
Io lo so.
Il rosso annuì solamente, tornando a fissare fuori dalla finestra.
- Le ho detto che è
lei il mio nuovo Patronus. - spiegò semplicemente il professore.
Quando Weasley si voltò verso di lui, con la bocca leggermente dischiusa dallo stupore, rispose con un mezzo ghigno.
- Cosa credevi Weasley? Che le avessi sussurrato parole melense e dolci promesse d'amore?
Io non sono così. Hermione lo sa bene e mi
accetta.
- Se si ama una persona bisogna dirglielo. - ribatté lui con tutta la sua inesperienza, con il suo immaturo entusiasmo.
- Si ama con i fatti e con il cuore,
Ron. - mormorò Severus seriamente, chiamandolo per la prima, e forse per l'ultima volta, con il suo nome – Non con le parole. E non intendo continuare questa discussione con te e né con nessun altro membro della tua famiglia o del mondo magico.
Ron non rispose questa volta, tornò a fissare fuori dalla finestra dove un'altra manciata di Inferi si era aggiunto al gruppo. Ne contò una ventina. Se non facevano qualcosa non sarebbero stati in grado di respingerli.
- Quindi...- sussurrò infine – non ci resta che una sola opzione. - guardò il professore che annuì gravemente, si voltò per l'ultima volta verso Hermione e sospirò – Va bene. Facciamolo prima che lei si svegli e ci convinca a restare qui a guardare.
* * * *
Lo raggiunse in fretta.
L’Oscuro afferrò Harry, le mani dalle lunghe dita grigiastre, gelide come le spire di un serpente, o come quelle di un cadavere, si posarono sul volto del giovane mago.
Da lontano, forse in un’altra vita, qualcuno avrebbe potuto scambiarli per due amanti che si scambiavano tenere carezze.
Harry gridò; una fitta lancinante alla testa rischiò di farlo completamente uscire di senno.
Era come avere mille lame arroventate conficcate nella nuca, sentiva il dolore pulsare attraverso le vene, fargli bruciare il corpo e anche l’anima.
Quando i capillari nei bulbi oculari si ruppero il mondo si tinse di rosso, era come galleggiare in un nube rosso sangue.
Incapace di pensare, Harry Potter urlava tra le braccia di Lord Voldemort, riempiendo l'aria silenziosa attorno a loro. La bacchetta di sambuco, la stessa bacchetta che avrebbe dovuto salvare il mondo, scivolò dalla sue mani rotolando ai loro piedi.
Voldemort, ghignò malefico, spezzandola con il tacco della scarpa ed intensificando il suo attacco mentale.
Non aveva più bisogno di quella bacchetta.
Non puoi sconfiggermi, Harry Potter. La sua voce metallica si fece strada tra il dolore nella mente del giovane mago.
Io sono più forte.Era vero, tutti lo sapevano eppure avevano lottato ugualmente, avevano sperato; gli avevano dato fiducia e sostegno.
Inutilmente. Harry sapeva che stava morendo. Sentiva il suo corpo ribollire e la forze venire sempre meno ad ogni secondo di lenta agonia e la cosa peggiore era che non poteva,
non sapeva, contrastare il dolore.
Non sapeva più contrastare Voldemort.
Lord Voldemort osservò il ragazzo che impallidiva tra le sua mani, aveva smesso di urlare ma aveva iniziato a tremare digrignando i denti, forse nel vano tentativo di non dargli la soddisfazione di vederlo implorare la morte.
Dalle narici e dalle orecchie iniziò a colare un sottile rivolo di sangue scarlatto, che faceva risaltare ancora di più la carnagione pallida.
- Avresti dovuto arrenderti quando ti ho dato la possibilità, Harry Potter. – sibilò dilatando le narici serpentine per sentire l’odore del sangue del suo nemico, avvicinando le labbra all’orecchio del ragazzo per nulla interessato se lui lo udiva o meno – Ti saresti risparmiato questo dolore. – Intensificò l’attacco, Harry gridò sbarrando gli occhi iniettati di sangue – Ma, come ti avevo già detto una volta, sono un Signore magnanimo… e questo dolore presto finirà.
Con una mano lo afferrò per i capelli, facendogli reclinare la testa all’indietro, mentre con l’altra afferrò la bacchetta nascosta nella manica della lunga tunica nera.
La punta della bacchetta gli sfiorò il petto, all’altezza del cuore.
- Il tuo inutile coraggio porterà i tuoi amici alla morte. Uno per uno periranno per averti sostenuto, per aver creduto in uno sciocco ragazzino come te.
Una serie di immagini raccapriccianti invasero la mente del giovane mago. Harry vide i suoi amici perire sotto raggi di luce verde smeraldo. Vide Ginny riversa a terra in un lago di sangue mentre l'anello che le aveva messo al dito rifletteva gli ultimi raggi di un sole morente, vide la Tana in fiamme con i suoi abitanti intrappolati dentro. Vide Hermione e Ron correre per cercare, inutilmente, di salvarsi da un esercito di Dissennatori. Vide il mondo magico in rovina e lui che rideva, accarezzando la testa di un serpente mentre gli occhi brillavano scarlatti di una luce maligna.
Lui era l'artefice di tutto quel dolore. Di tutta quella morte.
Fu un attimo, un bagliore di lucidità attraversò lo sguardo del giovane mago che alzò con le ultime forze una mano e afferrò la bacchetta del Signore Oscuro.
Lo sguardo si posò su di lui, Voldemort non sapeva se Potter lo vedeva oppure no, ma non gli piacque la luce folle che aveva il ragazzo.
- Ora muori, Harry Potter! – urlò furioso.
Harry aumentò la presa attorno alla bacchetta.
L’anatema fu urlato da entrambi, nel medesimo istante, con la medesima forza e rabbia.
Le stradine di Hogsmeade e parte del parco di Hogwarts furono illuminate dalla malsana luce verde dell’incantesimo.
Tutto si fermò. Ognuno smise di combattere.
E tutto fu avvolto nel silenzio più cupo che l’intero mondo magico avesse mai udito.