Il Calderone di Severus

Sfida N. 9 FF: Se Severus non fosse mai morto

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view post Posted on 7/6/2013, 12:42
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I ♥ Severus


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Da un dolce sogno d'amore!

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view post Posted on 7/6/2013, 14:16
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Elly, tu sei tu. Io spero, spero ancora, ottimista per natura e per vocazione.
Spero solo in un finale che non sia devastante e perverso.
Lo accetterò comunque. :sob:
 
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CITAZIONE (chiara53 @ 7/6/2013, 15:16) 
Elly, tu sei tu. Io spero, spero ancora, ottimista per natura e per vocazione.
Spero solo in un finale che non sia devastante e perverso.
Lo accetterò comunque. :sob:

Perverso in che senso.... :shifty: :shifty: :shifty: :shifty: :shifty: :shifty: :shifty: :shifty: :shifty: :shifty:
 
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CITAZIONE (ellyson @ 7/6/2013, 16:31) 
CITAZIONE (chiara53 @ 7/6/2013, 15:16) 
Elly, tu sei tu. Io spero, spero ancora, ottimista per natura e per vocazione.
Spero solo in un finale che non sia devastante e perverso.
Lo accetterò comunque. :sob:

Perverso in che senso.... :shifty: :shifty: :shifty: :shifty: :shifty: :shifty: :shifty: :shifty: :shifty: :shifty:

:cry: :cry: :ph34r: In senso Tassorosso che altro??????????
 
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Winterreise


Capitolo XI

Frühlingstraum




Ich träumte von bunten Blumen,
So wie sie wohl blühen im Mai;
Ich träumte von grünen Wiesen,
Von lustigem Vogelgeschrei.

Und als die Hähne krähten,
Da ward mein Auge wach;
Da war es kalt und finster,
Es schrieen die Raben vom Dach.

(Ho sognato fiori variopinti,
come fioriscono a maggio,
ho sognato prati verdi
e liete grida d'uccelli.

E quando cantarono i galli,
i miei occhi si svegliarono;
era freddo e buio,
gridavano sul tetto le cornacchie.) [1]

Gran Bretagna, 9-13 gennaio 2002


Era un giorno quasi primaverile.
O almeno fu quello che pensò Harry, quando si avvicinò alla casa di Spinner’s End, quel pomeriggio di gennaio. C’era freddo, questo lo sapeva, ma il sole splendeva nel cielo e al ragazzo parve di scorgere dei fiori variopinti in un piccolo triangolo d’erba ingrigita. Eppure voleva credere che il sole di quel giorno potesse portargli bene, che Piton fosse in casa e che, se così fosse, l’uomo aprisse la porta.
Aveva dovuto raccogliere tutto il coraggio che possedeva per recarsi nella cittadina il giorno del compleanno di Piton, la cui data aveva trovato nell’anagrafe magica. Forse per l’uomo la sua presenza sarebbe stata tutt’altro che un regalo gradito, ma Harry si disse che almeno aveva una buona scusa per presentarsi alla sua porta.
Trasse un sospiro, poi bussò con sicurezza all’uscio.
Il sole gli fece sognare che Piton aprisse la porta, mentre si udivano i merli fischiare e non le cornacchie gracchiare, come accadeva in quel momento. Immaginò che l’uomo decidesse di farlo entrare, che riuscisse a parlare con lui.
Ma l’uscio non si aprì.
Harry rimase immobile per diverso tempo.
Alzò il capo e vide una cornacchia spennacchiata sulla casa di fronte. E sentì il freddo di quella giornata invernale ed anche i raggi di sole gli parvero gelidi.
Le sue speranze caddero ancora una volta.
Piton non era in casa oppure, ed era un’ipotesi ancora peggiore, non veniva ad aprire perché sapeva che era lui a bussare alla porta.
Harry tornò ad alzare alla mano e bussò nuovamente, con maggior forza.
Forse Piton non aveva sentito, magari era da qualche parte sul retro, si disse, tentando di far tornare forti dentro di sé le speranze, ma nessuno venne ad aprire.
Il ragazzo rimase per qualche istante a fissare l’uscio, poi si allontanò piano dalla casa, dicendosi che era quanto mai strano che Piton fosse sempre assente.
E quella stranezza lo faceva dubitare che l’uomo fosse dentro, nascosto dietro una finestra, l’avesse visto e non gli avesse aperto.
Dove poteva andare ogni volta Piton? Era mai possibile che il destino fosse così crudele da farlo arrivare a Spinner’s End le poche volte che l’uomo non era in casa?
Era certo che anche Piton dovesse uscire di tanto in tanto da casa, ma pareva che nessuno l’avesse incrociato nel Mondo Magico. Forse andava a procurarsi dei rari ingredienti, alle volte. Hermione gli aveva detto che Piton stava facendo delle ricerche in campo pozionistico. Doveva pur vivere in qualche modo, si disse Harry, per quanto il Ministero gli passasse una pensione di guerra.
Ma questo non spiegava perché l’uomo non fosse mai in casa nelle tre occasioni in cui era stato là. Si voltò di scatto e tornò a bussare alla porta, ma ancora una volta nessuno rispose.
Sconfitto si allontanò, mentre il sole illuminava lo squallore della via e la cornacchia spennacchiata che stava sul tetto di una di quelle case tristi.
I raggi rossastri del sole al tramonto splendevano su tutta l’Inghilterra, ne illuminavano i campi, i fiumi e le città.
Illuminavano la capitale e lo spiazzo davanti alla Tate Britain e filtravano all’interno della caffetteria del museo.
Rebecca Ainsworth ascoltava rapita le parole che il signor Piton le stava dicendo. Era stata distratta a scuola per tutto il giorno, in attesa che la zia venisse a prenderla. Riusciva unicamente a pensare che avrebbe incontrato di nuovo l’uomo e che questi le avrebbe spiegato cosa significava avere la magia.
La preoccupazione che l’aveva colpita due giorni prima, era completamente sparita. Forse era perché finalmente capiva cosa le stava succedendo, forse era perché si fidava totalmente del signor Piton. Si era fidata di lui dal primo momento che l’aveva visto.
Severus colse lo sguardo della bambina su di sé. C’era qualcosa di assolutamente innocente negli occhi di Rebecca, qualcosa che strideva con la sua anima colpevole.
E c’era sempre quella fiducia assoluta.
Una fiducia che egli sapeva malriposta o, comunque, destinata a dissolversi qualora la bambina avesse saputo di quali bassezze era stato capace.
Una fiducia che la zia della bambina condivideva in maniera assoluta.
Lo vedeva anche in quel momento.
La signorina Ainsworth doveva essere un’ingenua per fidarsi in quella maniera di qualcuno che conosceva appena.
Ed era certo che qualora l’avesse conosciuto veramente, qualora avesse guardato oltre la maschera di persona comune che in quel momento indossava, quella fiducia si sarebbe giustamente infranta.
Ygraine sentì lo sguardo dell’uomo fisso su di sé. Fu un istante, ma le parve che il signor Piton la stesse studiando, quasi volesse leggerle l’anima. Era un pensiero sciocco, lo sapeva da sola. Si voltò verso Rebecca che era attentissima, intenta ad ascoltare l’uomo, intenta a fare domande. La donna avrebbe voluto che anche suo fratello fosse lì in quel momento, per poter vedere che la bambina non rischiava affatto di diventare come Tristan, che la bambina aveva ricevuto un dono, che la bambina sarebbe stata felice in futuro.
Ma sapeva che Gawain avrebbe preso il signor Piton per un pazzo. O forse ne avrebbe avuto paura.
Tristan ne sarebbe rimasto esaltato, forse anche più di Rebecca, ma Tristan era morto e non poteva assaporare quella scoperta insieme alla nipote.
Alle volte si diceva che stava accettando quella verità troppo rapidamente, che avrebbe dovuto porre delle domande al signor Piton, che avrebbe dovuto chiedere di toccare con mano quel potere magico, di cui sentiva unicamente parlare.
Eppure non poteva far altro che fidarsi dell’uomo.
Non sapeva da dove nascesse quella fiducia in quell’uomo di cui sapeva poco o nulla, che aveva visto diverse volte intento ad osservare sempre lo stesso quadro, quell’uomo dietro al quale, ne era certa, doveva celarsi ben più di un segreto, segreti che però non la riguardavano e che, con ogni probabilità, com’era giusto che fosse, non avrebbe mai conosciuto.
Era d’altronde certa che anche Tristan avrebbe subito prestato fede alle parole del signor Piton. Forse era per quello che non aveva avuto un solo dubbio. Oppure sapere che Rebecca possedeva quel dono strano e, forse, inquietante, era più confortante che pensare, come faceva Gawain, che un giorno la nipote avrebbe potuto compiere la stessa scelta di Tristan?
Non riusciva a darsi una risposta.
Alle volte le sembrava di essere come Elsa von Brabant e di trovarsi di fronte alla possibilità di fidarsi completamente di qualcuno al quale non si poteva chiedere nemmeno il nome [2]. Forse temeva che ponendo delle domande, che dubitando, qualcosa di terribile accadesse, ma era un pensiero terribilmente sciocco e ben poco razionale e lei amava definirsi una persona logica.
Ma forse nemmeno questo era vero.
Ed anche lei, come la nipote, assomigliava troppo a Tristan.
Fu con quel pensiero in mente che uscì dal museo con la bambina. Suo fratello e sua cognata festeggiavano l’anniversario del loro matrimonio e non sarebbero rientrati che a tarda notte. Solo per quello aveva proposto quella data.
Mentre zia e nipote si affrettavano verso la fermata della metropolitana più vicina, le note di un organetto risuonarono dall’altra parte della strada.
Ygraine non vi fece quasi caso, ma Severus, che stava scendendo le scale del museo, che aveva lasciato appena dopo zia e nipote, sentì quei suoni gracchianti. E gli sembrò di vedere in quelle note dissonanti le sue colpe.
E gli parve di precipitare ancora di più nell’inverno della sua anima, del suo passato e del suo rimorso. Il presente, breve e sfuggevole, si inabissò al suono di quelle note che, pari a cornacchie su un tetto cadente, parevano osservarlo e cantarne le colpe.
V’erano stati rari momenti, quel pomeriggio, in cui gli era sembrato per un istante di trovare un momento di pace. Era state forse le domande della bambina e la sua fiducia assoluta. Oppure il sapore del tè gli era apparso stranamente dolce. V’era qualcosa di strano nella fiducia di Rebecca. Era una fiducia pura ed innocente, una fiducia che alle volte lo lasciava disarmato.
O forse gli concedeva più semplicemente un attimo di tregua nel suo cammino invernale.
Un rapido raggio di luce, donata dallo sguardo innocente di una bambina, che per un brevissimo istante, pareva illuminare il buio della sua anima.
Forse era per quello che aveva accettato di dare il suo indirizzo a Rebecca, perché, come fatto notare saggiamente dalla zia, non potevano trascorrere interi pomeriggio in quella caffetteria. Era stato lo sguardo colmo di fiducia, quella fiducia innocente che nessuno gli aveva mai dimostrato, che l’aveva fatto decidere.
Quello e quei brevi momenti di pace.
Attimi fuggevoli che erano subito stati travolti dal consueto carico di colpe e rimorso, da quel continuo circolo rappresentato dal suo passato e dal suo futuro che di quel passato si nutriva.
L’inverno della sua anima era ancora intatto e mai avrebbe lasciato spazio alla primavera, non importava cosa annunciasse il sole di quella giornata di gennaio, né lo sguardo fiducioso di Rebecca.
Il crepuscolo copriva l’Inghilterra, illuminata dalle stelle e dalla luna calante. [3]
Rebecca osservava il cielo dalla finestra della sua camera, chiedendosi come sarebbe stata la sua vita da lì a qualche anno. Avrebbe voluto poter incontrare il signor Piton già il giorno successivo, ma sapeva che non poteva. Mamma e papà non sapevano ancora nulla e lei temeva il giorno in cui avrebbe dovuto dir loro la verità. Non sapeva nemmeno per quale motivo, ma era certa che non ne sarebbero stati felici.
Zio Tristan lo sarebbe stato di sicuro, ma zio Tristan non c’era più.
Zia Ygraine sembrava calma in proposito, anche se aveva frenato il suo entusiasmo quella sera, quando avrebbe voluto già scrivere una lettera all’uomo per chiedergli alcune spiegazioni e ringraziarlo per la sua gentilezza.
Sapeva che non doveva essere troppo insistente, ma alle volte le sembrava di vedere nel signor Piton quella figura che aveva perso con la morte dello zio.
Non si assomigliavano affatto.
Lo zio Tristan era, con lei, sempre aperto e solare. Il signor Piton appariva ben più cupo e chiuso.
Ma, come lo zio, le dava sicurezza e la certezza che c’era qualcuno che, in qualche modo, la capisse, forse più di mamma e papà.
La notte continuò ad essere serena. La piccola falce di luna illuminava Londra e l’Inghilterra, illuminava lo squallore di Spinner’s End e i giardini della capitale.
E così nei giorni successivi fece il sole che pareva dare una prima avvisaglia di una primavera ancora in là da venire.
Così apparve a Ygraine, entrando in teatro domenica pomeriggio per la seconda recita di Les Contes d’Hoffmann che la vedevano protagonista nel secondo atto. Rebecca aveva spedito una lettera al signor Piton il giorno precedente, chiedendogli, oltre a varie domande sul Mondo Magico, se potevano incontrarsi tra una settimana. Le pareva che la nipote, dopo il giorno in cui aveva scoperto la verità sulle strane cose che le capitavano, si fosse decisamente calmata e avesse perso quell’inquietudine che l’aveva contraddistinta da quando era morto Tristan.
Forse era anche quel sole a darle quell’impressione.
E lei stessa, si disse, mentre la sarta le sistemava l’abito bianco che avrebbe indossato in scena, si sentiva più tranquilla. Era forse la tranquillità della nipote che si era estesa fino a lei.
Eppure fu una tranquillità di breve durata.
Quando tornò in camerino, alla fine del secondo atto, trovò un mazzo di fiori ad attenderla. Si sentì lusingata in un primo momento, ma quando prese il biglietto che era attaccato al mazzo, le mani le tremarono leggermente.
Ti guarda. V’è chi è marcio come lo saranno questi fiori tra pochi giorni.
Lo stile era simile a quello dell’altro biglietto, quel biglietto incomprensibile che aveva ricevuto alcuni giorni prima. Sapeva che non glielo aveva inviato Dominique a cui aveva telefonato il giorno successivo, poco prima di andare a prendere Rebecca a scuola. All’epoca l’aveva considerato uno scherzo. In quel momento le sembrava qualcosa di inquietante. Quando entrò la costumista per aiutarla ad uscire dal pensante costume di scena, le mani le tremavano ancora. La donna ciarlava, come sempre, ma Ygraine non la stava ad ascoltare.
Il biglietto giaceva nel fondo della sua borsa ed i fiori sul tavolo le sembravano già marci, come dicevano quelle parole.
Qualcuno stava facendo uno scherzo di pessimo gusto. Prima usando termini incomprensibili, poi facendo strani allusioni al marciume. Se fosse stato Dominique sarebbe stato un ottimo indovinello, ma non era di certo lui. Non era il suo stile.
Ed il soprano si rendeva perfettamente conto che chiunque le stesse mandando quei biglietti voleva spaventarla, metterla in guardia da qualcosa o da qualcuno.
Ma l’unica persona che le veniva in mente era il signor Piton ed in lui aveva completa fiducia. Non voleva nemmeno pensare ad una collega gelosa. Erano mezzi che sarebbero stati adatti al XIX secolo e lei non era di certo una primadonna dalla carriera perfettamente avviata.
Scosse leggermente il capo, come per scacciare ogni pensiero circa quel biglietto dalla mente. Sapeva che avrebbe dovuto rivolgersi alla polizia, ma non voleva allarmare nessuno per quello che con ogni probabilità era uno scherzo di pessimo gusto.
Quando uscì dal teatro, alla fine dell’opera, dopo essere uscita sulla ribalta, ancora una volta in abito di scena, notò che il cielo si era fatto nuvoloso e le stelle quasi non si scorgevano.
Il sereno pareva aver abbandonato l’Inghilterra. E così quel momento di assoluta tranquillità che il sole aveva portato.
Le nubi avevano velato il cielo un po’ ovunque, risparmiando piccole parti della nazione.
E le nubi coprivano il cielo a Spinner’s End, dove Severus stava guardando le stelle scomparire una ad una, inghiottite dall’inverno che aveva dato per un attimo tregua all’Inghilterra, donandole il sole ed il tempo sereno.
Quello stesso inverno che inghiottiva la sua anima nera.
Quello stesso inverno che aveva segnato la parte di cammino che aveva percorso e avrebbe segnato la parte di cammino che gli rimaneva da percorrere.
Non importava se una bambina lo fissava con fiducia ed occhi innocenti.
Non importava se per un brevissimo istante gli era parso di assaporare la quiete.
Alla fine tornava sempre l’inverno.
Sarebbe sempre tornato.
Ogni giorno ed ogni notte, in ogni istante della sua vita.
In fin dei conti al museo, con quella bambina e con quella donna, entrambe fiduciose, di una fiducia che sarebbe crollata se avessero saputo la verità, portava solo una maschera, per assaporare per un istante il fuoco fatuo di una normalità che non aveva mai posseduto e che non avrebbe posseduto mai. Assaporarlo per un istante per poi ricadere con più forza nelle tenebre in cui meritava di vivere.
Il gallo cantò annunciando il nuovo giorno.
E questo era buio e freddo, come tutti i giorni che aveva percorso, come tutti i giorni che gli restavano da percorrere.
Una cornacchia spelacchiata gracchiò su un tetto.
Ed in quel suono dissonante vide impresso il suo passato ed il suo futuro che di questo si nutriva.


[1] Wilhelm Müller, Frühlingstraum, (Sogno di primavera), vv. 1-8
[2] Elsa von Brabant è la protagonista del Lohengrin di Wagner, la quale giura di non chiedere mai il nome, l’origine e la stirpe a Lohengrin. Quando lo farà, il cavaliere sarà costretto a lasciarla e la giovane ne morirà.
[3] Le fasi della luna sono state dedotte dal calendario perpetuo.
 
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view post Posted on 13/6/2013, 22:40
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Capitolo 17 di Imparerò ad amarti
Attenzione:
anche in questo capitolo c'é una scena VM 18 quindi qui di seguito troverete il capitolo censurato.
Per leggere il capitolo in tutte le sue parti piccanti andate qui


Capitolo 17: Non lasciarti dominare dalla rabbia

Non dormiva così bene da anni. Non ricordava l'ultima volta che aveva dormito così profondamente.
Aprì gli occhi mettendo a fuoco la stanza mentre si destava del tutto, ricordando quello che era successo la notte prima.
Hermione gli dava le spalle. Il respiro lento e regolare gli fece capire che stava ancora dormendo.
Osservò la linea della sua schiena; c'erano due vecchie cicatrici quasi del tutto scomparse all'altezza della scapola destra, dove era stata colpita da un potente schiantesimo.
Resta... resta con me. Stanotte e per tutte le altre notti.
Sorrise e si avvicinò alla sua schiena. Delicatamente posò le labbra sulla sua spalla e iniziò a lambirne la pelle morbida e profumata di ciliegia salendo lentamente verso il collo.
Sentì di nuovo il desiderio svegliare i suoi sensi e il suo corpo, iniziò ad accarezzarle la schiena sentendola muoversi appena, prossima al risveglio.
Si avvicinò il più possibile, continuando a baciare ed accarezzare ogni lembo di pelle che riusciva a raggiungere con mani e labbra.
Voleva svegliarla. La desiderava di nuovo e non aveva nessuna intenzione di reprimere il desiderio.

Parte VM...
Severus e Hermione hanno un risveglio piccante ;)



Le accarezzò la schiena mentre riprendeva fiato, ubriaco di lei, del suo sapore e del suo odore dolce misto a quello acre del sesso.
Ma forse é meglio dire che avete fatto l'amore, Severus.
Dopo qualche istante Hemione si sollevò e lo guardò negl'occhi.
Sorrideva. Ogni parte del suo corpo sorrideva per lui, e Severus, per la prima volta nella sua lunga vita tormentata, si sentì fortunato.
Fortunato come neppure Lily l'aveva mai fatto sentire.
Sì, avevano fatto l'amore.
- Buongiorno. - le disse.
Lei ridacchiò e gli sfiorò le labbra con un tenero bacio.
- Buongiorno.
Stava per parlare di nuovo quando qualcuno bussò alla porta.
Si guardarono negl'occhi e rimasero in silenzio, in quella posizione che presto sarebbe diventata scomoda per entrambi, ancora fusi insieme.
Bussarono di nuovo.
- Hermione!
Severus sentì la sua compagna irrigidirsi, la velocità con cui scese dal suo corpo e dal letto lo lasciò stupefatto. Rimase qualche istante a fissare il soffitto, sentendo l'aria fresca della stanza accarezzargli il corpo ancora accaldato e sudato.
Si mise seduto fissandola mentre cercava i vestiti sul pavimento.
Hermione inciampò in una scarpa si lasciò sfuggire un'imprecazione molto colorita.
Bussarono di nuovo, questa volta più forte.
- Ti ho sentito, Hermione! So che ci sei!
Ghignò divertito mentre lei si rivestiva con il primo indumento che le venne in mano, scese lentamente dal letto e iniziò a prendere i propri vestiti dal pavimento.

* * * *


Ginny era al settimo cielo.
Camminava frettolosamente per i corridoi del castello e, ogni dieci passi, guardava l'anello che Harry le aveva messo al dito.
Aveva immaginato di sposare Harry da quando era solo una bambina. Al primo anno scriveva in modo molto infantile sugli angoli delle pergamene Ginevra Potter, ma non aveva mai osato sperare che quel sogno potesse diventare realtà.
Lei e Harry si sarebbero sposati.
Lei, la giovane Ginevra Weasley, unica figlia femmina di una famiglia troppo numerosa, troppo chiassosa, troppo invadente.
Lei che non era bella come molte altre ragazze, che non era intelligente come Hermione e con un caratterino che aveva destabilizzato molti ragazzi prima di lui.
Si guardò l'anello al dito.
Harry aveva veramente scelto lei.
Poteva essere più felice?
Quando si era svegliata nell'aula di incantesimi – abbastanza indolenzita per aver dormito tutta notte sul pavimento – aveva deciso che doveva dirlo a qualcuno. Doveva gridare la sua gioia.
Arrivata al quarto piano quasi si mise a correre.
Per poco non superò la stanza, tanto era immersa nei suoi pensieri.
Frenò bruscamente e bussò alla porta di legno scuro.
Non ottenne nessuna riposta, ma era ancora presto e avrebbe bussato fino a svegliarla. O buttare giù la porta.
Bussò di nuovo.
- Hermione!
Appoggiò l'orecchio alla porta e rimase in ascolto. Sentì dei rumori attutiti, un leggero tonfo come se qualcuno fosse inciampato in qualcosa e un'imprecazione che avrebbe fatto arrossire anche Pix.
- Ti ho sentito, Hermione! So che ci sei! - urlò bussando di nuovo più forte.
Sentì dei passi dall'altra parte e vide la porta socchiudersi quel tanto che bastava per vedere solo la figura della sua migliore amica.
Se non fosse stata tanto felice ed agitata avrebbe trovato il suo comportamento più strano del solito. Avrebbe notato il rossore sulle sue guance, e quella camicia, palesemente da uomo, allacciata storta, come se avesse dovuto vestirsi in fretta e con il primo indumento che le era venuto in mano.
Avrebbe notato tutto questo e l'avrebbe tempestata di domande imbarazzanti ed inopportune.
L'avrebbe fatto se Harry non le avesse chiesto la sera prima di sposarlo.
- E' successo qualcosa ad Harry? - domandò subito Hermione.
Sembrava più agitata del solito.
- No... no...- si affrettò a tranquillizzarla – ma devo parlarti!
L'altra sembrava nervosa.
- Ginny... io... adesso non posso proprio... scendo tra poco per la colazione...
- Andiamo, è importante!
- Non puoi aspettare qualche minuto?
- No! Devo dirtelo adesso!
Hermione sospirò.
- Va bene, dimmi tutto.
- Qui? Devo parlarti in corridoio?
- Ci dormo solo io. - spiegò l'altra sempre più agitata – Nessuno ti sentirà.
- Ma non posso pararti qui! Non puoi farmi entrare?
- Oh... no, non posso. E'... tutto in disordine! - Hermione si girò verso la camera come se dovesse controllare qualcosa – La camera é impresentabile! - confermò tornando a guardarla.
- Hermione,- iniziò Ginny seria, mettendo le mani sui fianchi in una perfetta ed involontaria imitazione di sua madre – ho sei fratelli. Sono abituata al disordine.
- Ginny...
- Perchè devo pregarti di farmi entrare in camera tua? - domandò sospettosa, sollevando la testa cercando di vedere questo fantomatico disordine – Ho una notizia importante e, per una volta, é una bella notizia!
- E' solo il momento sbagliato. - cercò di spiegare Hermione impacciata – Se mi aspetti in Sala Grande tra dieci minuti arrivo.
- Hermione davvero non...
La porta si spalancò di colpo e la frase le morì in gola.
Severus Piton apparve sulla soglia accanto ad Hermione.
Non era la presenza del mago a stupirla, quanto il fatto che fosse a petto nudo.
E solo allora si rese conto che la camicia l'aveva addosso la sua amica.
Indossava la camicia di Severus Piton.
Si sentì arrossire fino alle orecchie, ma nonostante tutto non riuscì a distogliere lo sguardo dal petto asciutto del mago segnato da cicatrici.
- E' il momento sbagliato, Weasley. - ripeté Piton con voce profonda, spazientito ed irritato – Hermione scenderà tra pochi minuti.
Sollevò gli occhi e incrociò il suo sguardo. Rivide quella scintilla che animava quei pozzi vuoti in aula.
- E' tornato Piton. - pensò nei secondi di silenzio che seguirono la sua frase.
Dimenticò l'anello, la proposta di matrimonio e si ritrovò nell'aula fredda dei sotterranei a tagliare radici o nell'ufficio del Preside dopo che aveva tentato di rubare la spada di Grifondoro.
Piton sollevò un sopracciglio fine.
- Ha capito, signorina Weasley? - il tono era ancora più irritato e mellifluo del solito.
Era il tono che usava prima di affibbiarle una punizione o un compito che l'avrebbe inchiodata in Sala Comune per tutta la notte.
Sono mezzo nudo nella camera da letto della tua migliore amica, ma a te non deve interessare; ora vai in Sala Comune e prepara un tema di due rotoli sulle foglie di biancospino.
- Signorina Weasley!
- Sì, professor Piton. - quasi urlò con voce più acuta del solito, sussultando sul posto come se fosse stata beccata a copiare, sentendosi addosso la divisa scolastica. Si voltò di scatto e torò sui suoi passi. Si era quasi aspettata che togliesse punti alla sua Casa.
Dopo tre rampe di scale si bloccò, improvvisamente conscia di quello che aveva visto, realizzando che Severus Piton era a mezzo nudo nella camera di Hermione Granger.
Si portò una mano alla bocca.
- Oh Godric...

* * * *


L'avrebbe rincorsa se il suo abbigliamento fosse stato più consono.
Chiuse la porta e rimase a fissare il legno scuro.
Sentì Severus andare in bagno e aprire il rubinetto per rinfrescarsi. Con un sospiro si tolse la camicia e la appoggiò sul letto per poi aprire l'armadio. Mentre si rivestiva lui uscì asciugandosi il volto con una salvietta.
Restò in silenzio mentre si allacciava i pantaloni, cercando qualcosa da dirgli.
- Mi dispiace. - disse infine non trovando altre parole – Per Ginny intendo...
Il mago indossò la camicia ed iniziò ad allacciarla.
- Non é colpa tua. - le disse chiudendo gli ultimi bottoni – Va bene così.
- Lo dirà ad Harry e...
- Ti preoccupa la reazione di Potter?
Lei scosse il capo.
- Non é lui. E' per Ron.
Vide il suo volto incupidirsi.
- Wealsey? Ti preoccupi per Ron Weasley?
Non riuscì a reprimere il lieve sorriso che le salì alle labbra quando avvertì fastidio nella sua voce.
Era geloso.
- Gli avevo detto che tra di noi non c'era niente. - Non c'è niente tra me e Severus. Niente.- Ronald non sa gestire le emozioni, Severus. Si innervosisce per una stupida partita di Quidditch, quando lo saprà... - chiuse gli occhi per non dire ad alta voce quello che stava pesando – Harry dice che é migliorato, ma io so come tiene la bacchetta. Sa eseguire gli incantesimi più semplici, non é in grado di combattere né di difendersi e so per certo che non abbandonerà Harry ancora una volta. - aprì gli occhi e quasi sussultò trovandoselo così vicino che la fissava, non lo aveva sentito camminare verso di lei – Non voglio che gli succeda qualcosa, Severus. Voglio bene a Ron.
- Lo so. - rispose accarezzandole una guancia con due dita – Puoi sempre dire alla signorina Weasley che ha frainteso.
- No,- rispose decisa - non voglio fingere. – si mordicchiò il labbro inferiore – Ma se vuoi tenere tutto nascosto posso parlare con Ginny e chiederle di mantenere il segreto.
Il mago fece un leggero sorriso.
- Va bene così, Hermione.

* * * *



Nella Sala Grande non aveva toccato cibo, fissava a turno la colazione sul tavolo e l'entrata.
- Che sfortuna! - sbuffò George accanto a lei – Ci sono solo uova! Io detesto le uova!
- Kingsley ha detto che le scorte stanno finendo. - rispose Harry versandosi il succo di zucca – Le dispense sono quasi del tutto vuote. Gli elfi fanno quello che possono.
Pestò poca attenzione alla discussione. Sussultò quando Hermione entrò nella Sala Grande guardandosi attorno, Piton entrò subito dopo di lei.
Si stavano avvicinando al tavolo quando Kingsley chiamò Piton.
Li vide scambiarsi un'occhiata e poi separarsi, senza dire nulla; lui andò verso l'Auror, lei prese posto accanto a George.
- Buongiorno. - disse Hermione prendendo la caraffa del caffè.
- Buongiorno. - fece eco Harry, Geroge si limitò ad un cenno del capo mentre torturava le uova strapazzate con la forchetta.
Lei non ripose, si limitò a fissarla.
La colazione fu veloce e silenziosa, Hermione non disse nulla e non si voltò neppure una volta a guardare Piton che stava ancora parlando.
Se la loro era una relazione era alquanto strana.
- Ginny…- iniziò Hermione – forse è meglio se parliamo.
- Sì. – rispose lei alzandosi – Forse è meglio.
- Possiamo parlare qui.
- A questo tavolo?
- Non ho nulla da nascondere.
- A parte la tua tresca con Piton.
George sputacchiò le uova strapazzate in faccia ad Harry e lui si strozzò con il succo di zucca che stava bevendo.
Sarebbe stata una situazione comica se lo sguardo di Ginny ed Hermione non fosse stato così serio.
Non avrebbe voluto essere così dura con lei, ma si sentiva tradita dal suo silenzio. Pensava di essere la sua migliore amica, invece le aveva taciuto una cosa così importante.
- Non è una tresca. – precisò la strega seria.
Harry e George si scambiarono un’occhiata veloce e si alzarono dal tavolo borbottando scuse che, alle orecchie della rossa, suonarono insignificanti.
Ginny era ancora in piedi, arrabbiata e stanca dal comportamento così enigmatico dell’amica.
- Perché non mi hai detto nulla? – le domandò – Sono la tua migliore amica!
- E’ una situazione complicata. Fino a ieri io e Severus…- Hermione fece un sorriso che infastidì Ginny, facendola sentire una bambina piccola a cui bisogna dare una spiegazione controvoglia - Non sapevo come dirti che ero innamorata di lui. E poi c’era Ron…
- Ron lo sa?
La vide abbassare il capo imbarazzata, per poi annuire debolmente.
Si sentì il corpo attraversare da un formicolio di collera.
- E non hai pensato ai suoi sentimenti? – aveva gridato, non era riuscita a trattenersi.
Vide con la coda dell’occhio Kinglesy e Piton voltarsi nella loro direzione.
- Qui non si tratta di me e Ron, ma di me e te, Ginny.
- Qui si tratta di te che ti scopi Piton!
Aveva gridato di nuovo e, questa volta, vide bene Kingsley voltarsi con gli occhi sgranati verso di loro e poi verso Piton.
Il pipistrello, invece, si era limitato ad incrociare le braccia al petto e a fissarle ignorando quello che gli stava dicendo l'Auror.
Hermione scattò in piedi rossa in volto. Ginny non riuscì a capire se per l'imbarazzo o per la rabbia.
- Sei stata discreta come il tuo solito. - sibilò l'altra – Chissà perché pensavo che saresti sé stata felice per me.
- Hai spezzato il cuore a mio fratello.
- Ma se hai sempre detto che quello che conta di più per Ron é il cibo!
- Non nell'ultimo anno. Non da quando è stato ferito! Così non vorrà più lottare, te ne rendi conto Hermione?
Stavano entrambe urlando, Kingsley e Piton avevano rinunciato a parlare, un fantasma fluttuava nell'angolo della Sala pronto a spargere il pettegolezzo in ogni anfratto del castello. Se non fosse stata così adirata e pronta alla battaglia, Ginny avrebbe anche visto i suoi genitori e Ron all'entrata della Sala Grande.
Avrebbe notato lo sguardo incredulo dei suoi genitori e le orecchie rosse del fratello.
- Quindi dovevo rinunciare alla mia felicità. Dovevo stare con Ron ben sapendo che non era felice e che non avrei mai ricambiato i suoi sentimenti. E' questo quello che pensi, Ginny? Mi dispiace, ma non ho intenzione di illudere più nessuno. Ho la possibilità di vivere l'amore che voglio. Ho lottato per arrivare a questo punto e tu non sai quanto ho sofferto, ed ora che posso vivere un amore come il tuo non ho intenzione di rinunciarvi. Se non puoi, o non vuoi, capire i miei sentimenti, non m'importa.
- E ai tuoi genitori cosa dirai? - le urlò – Sapranno capirlo loro, Hermione? Sapranno capire chi é lui e cos'ha fatto? Sapranno accettarlo?
Hermione tornò a sedersi.
- E' possibile che non verranno mai a saperlo. – rispose con calma.
La giovane Weasley sgranò gli occhi.
- Tu non... non...
- Ho modificato loro la memoria, - rispose lei abbassando sguardo basso, prendendo poi una fetta di pane tostato – gli ho fatto credere di volersi trasferire dall'altra parte del mondo. Tu non avresti paura di una figlia del genere? Come pensi che possano guardarmi sapendo cosa sono in grado di fare?
- Sono i tuoi genitori!
- Mi guarderanno nello stesso modo in cui noi guardiamo Harry. Avranno paura di me e della mia bacchetta.
- E’ una sua brillante idea? – domandò con stizza facendo un cenno col capo nella direzione di Piton.
- No, è solo mia. Ci stavo pensando da un po’ di tempo. E più passano i giorni, più mi convinco che sia la scelta migliore. Per Severus è un errore. – si affrettò ad aggiungere quando la vide aprire la bocca per ribattere.
- Fai quello che vuoi. – dichiarò Ginny dandole le spalle e dirigendosi a grandi passi verso l’uscita.
Hermione appoggiò la fetta di pane sul tavolo, la poco piacevole chiacchierata con Ginny le aveva chiuso lo stomaco.
Sentì Severus sedersi accanto a lei.
- Mangia, - le disse rimettendole in mano la fetta di pane tostato – non puoi stare a stomaco vuoto.
- Mi odia.
- Le passerà. – rispose Severus versandosi del caffè.
Hermione fece un mezzo sorriso rigirando il pane tostato tra le mani, sentì le dita di Severus accarezzarle l’altra mano appoggiata mollemente sul tavolo.
Si voltò vero si lui e sorrise debolmente.

* * * *



La bacchetta vibrò leggermente, Harry la tenne ferma afferrandola più saldamente.
Ron sbuffò e si passò la mano sana tra i capelli rossi.
Harry lo osservava e non sembrava soddisfatto dei risultati.
Avevano iniziato con gli incantesimi di disarmo, ma non funzionavano. I suoi incantesimi non erano abbastanza potenti, Harry riusciva a resistere tenendo ferma la bacchetta. A volte riusciva perfino a schermare l'incantesimo e bloccarlo.
Ci riprovò, impugnò la bacchetta come faceva con la mano destra e pronunciò l'incantesimo.
La bacchetta vibrò, forse più forte di prima, ma Harry riuscì a tenerla in mano senza difficoltà.
- Maledizione! - gridò frustrato – Non ci riesco.
- Non ti stai concentrando abbastanza. - lo riprese il suo amico.
- Non é vero.
Era una bugia e lo sapevano entrambi. In testa aveva solo un pensiero fisso che lo tormentava e non riusciva a pensare lucidamente ad altro.
Provò di nuovo con l'incantesimo, con frustrazione e rabbia. L'incantesimo colpì il polso dell'amico che la lasciò cadere, non era schizzata via come faceva di solito, ma era, comunque, un passo avanti.
- Meglio che niente. - echeggiò Harry raccogliendola da terra mentre con l'altra mano si massaggiava il polso, ma dal tono di voce si capiva che era preoccupato – Ma devi imparare a scindere le tue emozioni, Ron.
Evidentemente non riesci a scindere il sentimento da un semplice rapporto fisico.
Deglutì e cercò di non pensare a lei, cercò di non ripensare a quando era nel suo letto, fisicamente con lui, ma con mente, cuore e anima con un altro.
- Riproviamo. - disse Harry riposizionandosi davanti a lui – Cerca di tenere il braccio più in alto e ruota meno il polso.
Ron si concentrò, almeno ci provò.
Sono certa che troverai la donna in grado di apprezzarti come meriti.
Maledizione!
Harry avvertì la bacchetta vibrare appena.
- Non ti impegni Ron! - gli disse demoralizzato - Hai la mente altrove! Se non sarai in grado di disarmare un altro mago dovrò dirlo ai tuoi e ti manderanno a Villa Conchiglia.
- Io non resterò a guardare mentre la mia famiglia rischia la vita.
- Allora concentrati, maledizione!
Per la prima volta Harry si rese conto quanto doveva essere stato frustrante per Piton insegnargli Occlumanzia.
Avrebbe preso a pugni il suo migliore amico se l'avrebbe aiutato a trovare la concentrazione giusta.
Calò il silenzio nell'aula. Ron ed Harry si guardarono negl'occhi.
Fu Harry il primo a parlare.
- Mi dispiace, Ron. Davvero. Ma devi fartene una ragione, adesso. Se vuoi odiare Hermione o Piton puoi farlo finita la guerra. Ora devi solo imparare a combattere.
Un pugno allo stomaco non avrebbe avuto lo stesso effetto.
Ron sapeva che tra di loro c'era qualcosa o stava per succedere qualcosa. Lo vedeva tutti i giorni, ma le parole di Hermione del giorno prima – cristo solo il giorno prima! - gli avevano dato la debole speranza che si fosse sbagliato. Era arrabbiato, furioso con lei, ma sapeva che gli sarebbe passato.
Non era in grado di essere troppo in collera con Hermione.
Ma ora...
Sospirò e abbassò lo sguardo sulla sua bacchetta, non la sentiva più come un tempo, era come un peso estraneo nella mano. Era sempre stato un mago decente, ora non riusciva neppure a sollevare più di un libro alla volta.
E più falliva, più si sentiva peggio. Voleva migliorare, ma non ci riusciva. Sapeva che Harry aveva ragione, se non imparava a combattere con la mano sana che gli era rimasta sarebbe stato un peso per gli altri.
E non solo durante la battaglia, ma per tutta la vita.
- Riprova. - disse l'amico – Cerca di non pensare a nulla. - sospirò e ravvivò i capelli spettinati con la mano – O almeno provaci.
Ron chiuse gli occhi concentrandosi sul respiro, focalizzando i pensieri su un muro nero, senza immagini che lo distraessero.
… pensavi a lui quando venivi a cercarmi e gemevi nel mio letto?
Il giovane mago scosse il capo, cacciando quell'immagine.
Sì.
Lanciò l'incantesimo.
Questa volta la bacchetta non si mosse di un millimetro.
- Cazzo! - urlò Ron desiderando lanciare la propria bacchetta dall'altra parte della stanza.
- Concordo. - echeggiò Harry andando accanto a lui evidentemente demoralizzato – E' inutile, Ron. Non ti concentri. Parla con Hermione se ti aiuta ad andare avanti.
- So già cosa mi direbbe. - rispose l'altro.
- Allora, amico, io non so più come aiutarti.
Si sedettero su un banco, l'uno accanto all'altro.
- A te non disturba? - domandò dopo qualche intenso minuto passato fissarsi i lacci delle scarpe – Insomma... era innamorato di tua madre!
Harry fece ruotare la bacchetta tra le dita pensieroso.
- Mia madre non é stata gentile con Piton. - rispose tristemente fermando la bacchetta – Eppure lui non ha mai smesso di amarla. Sono passati tanti anni, forse troppi.
- Aveva giurato di proteggerti.
- E' quello che ha fatto, Ron. In modo brusco, ma é quello che ha fatto. Anzi è quello che sta facendo.
- Potrebbe essere suo padre.
- Anche tra Tonks e Remus c'erano parecchi anni di differenza. Eppure si sono sposati, hanno avuto Teddy.
Ron scese dal banco sospirando demoralizzato.
- Come ho fatto a ridurmi in questo modo, Harry?
- Perché sei un sentimentale, Weasley. - echeggiò Piton alle loro spalle.
Ron sentì qualcosa esplodergli all'altezza dello stomaco. Non aveva mai parlato con Piton da quando era tornato e, da quando aveva iniziato a comprendere i veri sentimenti di Hermione, aveva voluto vederlo il meno possibile per non dare conferma ai dubbi che lo tormentavano.
Ora se lo trovava davanti, il solito Piton vestito di nero, con lo sguardo cupo, senza l'ingombrante mantello che lo faceva sembrare un pipistrello gigante.
L'uomo che gli aveva portato via Hermione.
Serrò la mascella irritato.
- Professor Piton... - iniziò Harry accanto a lui.
- Potter, - fece lui senza distogliere lo sguardo da Ron – vattene.
- Ma... professore... - Ron poteva sentire lo sguardo dell'amico spostarsi da lui a Piton.
- Io e Weasley dobbiamo parlare.
Ron ed Harry si scambiarono una lunga occhiata.
- Vai. - disse infine il rosso – Non preoccuparti.
Harry gli diede una pacca sulla spalla.
- Davvero commuovente. - sibilò sarcastico Severus alle loro spalle.
Quando Potter uscì dall'aula, Ron si era aspettato un discorso. Invece Piton si limitò ad osservare l'aula riadatta. Alcuni cuscini erano stati ammassati in un angolo, c'era una pila di libri sulla difesa e alla lavagna era stata scritta una lista di incantesimi che avrebbe dovuto imparare per restare a combattere.
- Disarmare un amico? - domandò beffardo osservandolo con attenzione - Davvero utile visto i risultati fin ora raggiunti.
Il sorriso di scherno su quelle labbra sottili – quelle labbra che baciavano Hermione al posto suo – lo fece infuriare ancora di più. Senza rendersene conto strinse con più forza la bacchetta.
- Così abbiamo imparato Difesa durante il quinto anno.
- Ah... l'Esercito di Silente. - con la punta della bacchetta sollevò la copertina rigida del primo libro impilato sul banco – E' servito solo a creare scompiglio.
- Abbiamo affrontato i Mangiamorte!
- Paciock si è rotto il naso. Sua sorella una caviglia. - iniziò ad elencare – Escoriazioni varie. Stati confusionali. Hermione...
- Non. Deve. Nominare. Hermione.
Aveva parlato piano, senza volerlo fare realmente, sentendo la rabbia galoppargli in petto.
Vide un luccichio animare gli occhi del mago e l'angolo delle labbra sollevarsi appena in un ghigno.
- Ah... la gelosia... - soffiò con un ghigno beffardo – un sentimento così sottovalutato. Spesso sono i nostri peggiori sentimenti che ci permettono di sopravvivere.
- E lei o sa bene, vero?
Piton non gli rispose, si limitò a fissarlo intensamente negli occhi.
- Vattene Weasley. - disse allontanandosi dai libri – Non sei capace di tenere una bacchetta, sarai un peso per tutti. Un morto in più sulla coscienza di Potter.
- Io non me ne vado. - rispose deciso.
- Bene, - fece il mago vestito di nero posizionandosi davanti a lui come aveva fatto prima Harry – allora vediamo cosa sai fare.
Ron sgranò gli occhi. Piton voleva duellare con lui? Non era stato in grado di disarmare Harry, era certo che non sarebbe stato in grado di disarmare o colpire un mago potente come Severus Piton.
- Io non duello con lei.
Un sopracciglio nero si incurvò verso l'alto.
- Così debole...- sibilò – così infantile. - Ron sentì la mano che impugnava la bacchetta tremare dalla rabbia – Non mi stupisco se Hermione...
Hermione.
Hermione.
Hermione.

- Expelliarmus!
Era stato più forte di lui, la mano e l'incantesimo erano partiti contro la sua volontà solo a sentire il nome di lei. Non era riuscito a fermarsi.
Piton non poteva entrare in quell'aula e parlargli di Hermione. Cosa sapeva di lei in fin dei conti?
Senti un formicolio attraversargli il braccio, fino alla bacchetta.
Il mago bloccò facilmente l'incantesimo con un ghigno divertito.
- Gli incantesimi non verbali, Weasley! - Piton stava quasi gridando – Eppure mi era sembrato di esser riuscito a farti entrare qualcosa in quella zucca vuota.
- Prima o dopo aver ucciso Silente?
Voleva fargli male. Lo desiderava con tutte le forze, voleva ferirlo, umiliarlo, fargli sentire anche solo una piccola parte del dolore che provava lui.
Un suo incantesimo l'aveva mutilato per sempre.
Gli aveva portato via l'amore.
Ed ora lo stava deridendo.
Eppure Piton non sembrava adirato per le sue parole, anzi stava sogghignando.
- Concentrati sugli incantesimi, - ordinò – non sugli insulti.
- Certo, lei è abituato a ricevergli. Vero professor Piton? - non riuscì a nascondere il disprezzo nella sua voce.
Riuscì a stento a vedere il braccio di lui che si muoveva. Si mosse in automatico, bloccando l'incantesimo che, sicuramente, l'avrebbe schiantato.
Vide una scintilla brillare gli occhi neri dell’uomo, non era rabbia, sembrava quasi soddisfazione.
- Meglio. - gli disse – Me devi esser più veloce. - si fissarono negl’occhi, Ron era silenzioso, stringeva la bacchetta - Avanti Weasley. – lo punzecchiò l’altro – Fai del tuo meglio. Non preoccuparti per me, - ghignò divertito - mi attenderanno amorevoli cure questa sera.
La rabbia esplose nel suo corpo come un palloncino pieno d’acqua, digrignò i denti.
- Petrificus Totalus!
Piton lo bloccò con facilità.
- Scontato e debole. – sentenziò con uno sbuffo infastidito – Duelli come una bambina, Weasley. Paciock ha tenuto testa ai Mangiamorte per tutto l'anno scolastico mentre tu ti nascondevi nei boschi.
- Ho distrutto un Horcrux. - si difese – Ho aperto La Camera dei Segreti.
- Hai sibilato in un bagno. E chi ti ha guidato verso la spada di Grifondoro?
Serrò la mascella infastidito, aumentò la stretta attorno al legno della bacchetta.
Piton sorrise con cattiveria.
- Tutto qui? - domandò con cinismo – E' questo il tuo meglio, Weasley? O per farti esplodere devo scendere in particolari più piccanti?
Voleva gridare.
Sentiva la rabbia esplodergli dentro, divorarlo come un parassita. Il cuore pompare in petto e il sangue salirgli al cervello.
Mosse veloce la mano, pensò così intensamente all'incantesimo che si dimenticò di dirlo ad alta voce.
Piton lo bloccò senza problemi, ma stava sorridendo.
- Molto, molto meglio Weasley. Ma la rabbia ti acceca. Non sei padrone del tuo corpo.
Ron sgranò gli occhi, improvvisamente consapevole di quello che stava accadendo.
Piton lo stava aiutando.
Perché lo stava aiutando?
- Mi odi, Wealsey? - gli chiese a bruciapelo il mago.
Fissò Severus Piton. C'era una voce dentro di lui che gli urlava di odiarlo, di disprezzarlo per quello che aveva fatto in passato e per avergli portato via Hermione.
- Sì. - sibilò stringendo la bacchetta.
- Bene. - disse lui – Usa questo sentimento. Non lasciarti dominare dalla rabbia. Sii tu a dominarla, a piegarla ai tuoi voleri. Capisci cosa intendo?
- Sì. - rispose con un soffio.
Piton fece un mezzo sorriso.
- Bene, Wealsey. Da adesso in poi non mi limiterò a lanciare incantesimi scudo. Sei pronto?
Ron lo vide posizionarsi meglio davanti a lui, impugnò meglio la bacchetta e alzò il braccio.
Ricambiò il mezzo sorriso.
- Sono pronto.
 
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view post Posted on 26/6/2013, 09:05
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Winterreise - Capitolo XI - Frühlingstraum, di Alaide

Brrr... quale disillusione le parole dei primi versi del lied!
Ancora una volta, è perfetto lo svolgimento della trama sull'onda, anche sonora, del lied, con il sole che compare per un attimo a dargli pace, è vero, ma sono poi le cornacchie della disillusione che la fanno da padrone; insieme alle nuvole che di nuovo inghiottono il sole riportando il consueto inverno dei rimorsi nell'anima di Severus ed il relativo, infinito tormento. .
Povero amore mio... così rassegnato a non avere alcun futuro...
Tra uno spicchio di sole e le cornacchie, poi, continua a saltar fuori il suonatore d'organetto con le sue stridenti e funeste note che ridanno vigore al circolo vizioso senza fine delle sue colpe e rimorsi e impossibilità di perdono...
Elsa, che deve amare ed aver fiducia senza chiedere nulla del passato dell'uomo amato: e' questo il legame con Lohengrin? Ingrain non deve chiedere nulla del passato di Severus? Soprattutto non deve chiedere cos'e' un Mangiamorte? Saranno le lettere anonime a minare la fiducia? E Severus, proprio come Lohengrin, dovrà uccidere ancora?
Meglio non pensare al finale e godermi gli spicchi di sole del momento...



Imparerò ad amarti - Capitolo 17: Non lasciarti dominare dalla rabbia, di Ellyson

Bella la scena con Ginny, quando Piton esce sulla soglia.
Ho apprezzato anche il brano Piton/Ron, con Severus stupendamente bastardo, ma come sempre solo a fin di bene: io l'ho compreso subito, ma Ron ce ne ha messo di tempo per capirlo!
Finalmente Piton è tornato ad essere Piton, e protagonista della storia (sospiro di sollievo), mentre Hermione ha ripreso il consueto (e più consono per il personaggio, a mio modo di vedere ) ruolo di studentessa, quindi finalmente il capitolo mi è piaciuto e spero che le cose continuino così permettendomi di apprezzare la storia.

Ti ho offerto troppe volte un betaggio ottenendo da te solo recisi rifiuti, quindi non te lo offro più; ti consiglio però di rileggere con attenzione il capitolo perché questa volta ci sono davvero tanti errori, di battitura e refusi in prevalenza, ma anche un 'se l'avrebbe'...


Edited by Ida59 - 24/7/2015, 22:10
 
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CITAZIONE (Ida59 @ 26/6/2013, 10:05) 
Imparerò ad amarti - Capitolo 17: Non lasciarti dominare dalla rabbia, di Ellyson

Bella la scena con Ginny, quando Piton esce sulla soglia.
Ho apprezzato anche il brano Piton/Ron, con Severus stupendamente bastardo, ma come sempre solo a fin di bene: io l'ho compreso subito, ma Ron ce ne ha messo di tempo per capirlo!
Finalmente Piton è tornato ad essere Piton, e protagonista della storia (sospiro di sollievo), mentre Hermione ha ripreso il consueto (e più consono per il personaggio, a mio modo di vedere ) ruolo di studentessa, quindi finalmente il capitolo mi è piaciuto e spero che le cose continuino così permettendomi di apprezzare la storia.

Ti ho offerto troppe volte un betaggio ottenendo da te solo recisi rifiuti, quindi non te lo offro più; ti consiglio però di rileggere con attenzione il capitolo perché questa volta ci sono davvero tanti errori, di battitura e refusi in prevalenza, ma anche un 'se l'avrebbe'...

Oh un capitolo che ti piace!
Finalmente! :D

Mi scuso per gli errori, li ho visti. (con orrore e rccapricco)
A questo punto mio marito mi beta un'altra storia! :blink:
O sbaglia a darmi il file, perché é strano anche per lui.
Comuque, la storia é quasi finita. Andrà rivista tutta prima dell'invio a MS.
Prometto di rimediare. ^_^
 
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view post Posted on 26/6/2013, 12:01
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CITAZIONE (ellyson @ 26/6/2013, 11:04) 
Oh un capitolo che ti piace!
Finalmente! :D

Non è difficile darmi storie che mi piacciono! Ci sei sempre riuscita, tra l'altro: basta darmi tanto Piton che pensa e agisce prendendosi di diritto il posto di protagonista, una Hermione meno eccessiva (in quanto a presenza e "faccio tutto io") e tenere basso il livello di horror. Come vedi, mi accontento di pochissimo! :P

Edited by Ida59 - 24/7/2015, 22:10
 
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CITAZIONE (Ida59 @ 26/6/2013, 13:01) 
Non è difficile darmi storie che mi piacciono! Ci sei sempre riuscita, tra l'altro: basta darmi tanto Piton che pensa e agisce prendendosi di diritto il posto di protagonista, una Hermione meno eccessiva (in quanto a presenza e "faccio tutto io") e tenere basso il livello di horror. Come vedi, mi accontento di pochissimo! :P

Allora sarà l'ultimo capitolo che ti piacerà! arf2
Stiamo per entrare nella battaglia.
 
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CITAZIONE (Ida59 @ 26/6/2013, 10:05) 
Winterreise - Capitolo XI - Frühlingstraum, di Alaide

Brrr... quale disillusione le parole dei primi versi del lied!
Ancora una volta, è perfetto lo svolgimento della trama sull'onda, anche sonora, del lied, con il sole che compare per un attimo a dargli pace, è vero, ma sono poi le cornacchie della disillusione che la fanno da padrone; insieme alle nuvole che di nuovo inghiottono il sole riportando il consueto inverno dei rimorsi nell'anima di Severus ed il relativo, infinito tormento.

Le cornacchie torneranno anche in altri capitoli (non foss'altro che esiste un Lied intitolato la cornacchia. Questa poesia mi aveva dato da penare in una prima stesura dello scheletro della storia, poi tutto è diventato chiaro, grazie (anche se forse tu non condividerai questo grazie) al senso di disillusione dei primi versi.

CITAZIONE
Povero amore mio... così rassegnato a non avere alcun futuro...
Tra uno spicchio di sole e le cornacchie, poi, continua a saltar fuori il suonatore d'organetto con le sue stridenti e funeste note che ridanno vigore al circolo vizioso senza fine delle sue colpe e rimorsi e impossibilità di perdono...

Il suonatore d'organetto non può mai mancare, fino alla fine. Con le sue note dissonanti e stridenti, che colpiscono, in un modo o nell'altro, tutti i personaggi.

CITAZIONE
Elsa, che deve amare ed aver fiducia senza chiedere nulla del passato dell'uomo amato: e' questo il legame con Lohengrin? Ingrain non deve chiedere nulla del passato di Severus? Soprattutto non deve chiedere cos'e' un Mangiamorte? Saranno le lettere anonime a minare la fiducia? E Severus, proprio come Lohengrin, dovrà uccidere ancora?
Meglio non pensare al finale e godermi gli spicchi di sole del momento...

A queste domande ovviamente non do risposta. Le lettere anonime sono ovviamente un tassello fondamentale, così come il tema della fiducia. Tutto sta in quanto assomigli Ygraine ad Elsa (e mettici dentro anche la morte del fratello) e quanto Severus a Lohengrin o meglio se esistano un Telramund, ma ancora di più un'Ortrud, pronta ad usare le parole giuste per portare Ygraine al dubbio. Gli indizi sono stati sparsi qua e là, ma credo che tutto risulterà più chiaro nel capitolo XIII.
 
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view post Posted on 26/6/2013, 20:30
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CITAZIONE (Alaide @ 26/6/2013, 20:35) 
Tutto sta in quanto assomigli Ygraine ad Elsa (e mettici dentro anche la morte del fratello) e quanto Severus a Lohengrin o meglio se esistano un Telramund, ma ancora di più un'Ortrud, pronta ad usare le parole giuste per portare Ygraine al dubbio. Gli indizi sono stati sparsi qua e là, ma credo che tutto risulterà più chiaro nel capitolo XIII.

Sulle somiglianze non posso sapere nulla, ovviamente, perchè tutto è ancora nella tua penna, anche se solo ora ora, dalle tue parole, comprendo l'importanza del rapporto di Ingrain con il fratello che, però, in qualche modo è mediato anche dalla bambina, ne sono certa, il che mi dare possa dare una valenza positiva.
Riguardo l'assonnanza Severus-Lohengrin... no, proprio non so dire... (magari devo ripassarmi Lohengrin...).
Telramund... e dov'è il personaggio maschile? Harry??????
Ortrud... bè, di personaggi femminili c'è la sorella e la pianista, ma nessuna delle due mi pare "cattiva"...
Mi sa che attenderò il XIII capitolo.


Edited by Ida59 - 24/7/2015, 22:10
 
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Starliam
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NUOVA LOTTA

Capitolo 8. Giusto o sbagliato?

"Scusatemi per aver aggiornato la riunione in anticipo," iniziò Piton quando tutti furono nuovamente seduti. "Io e Damon abbiamo fatto alcune scoperte interessanti che dobbiamo dirvi. Dovevo solo aspettare l'ultima conferma".
Con un ultimo sguardo che fece arrossire Harry, Piton iniziò a spiegare. "Prima di tutto, devo dire che senza la preziosa assistenza della signorina Grager, che ha trovato dei libri molto interessanti, non saremmo arrivati a sapere quello che sto per dirvi. Ma si è rivelato fondamentale anche l'aiuto di Damon, di Elena e della professoressa McGranitt, che ci ha messo in contatto con alcune sue vecchie conoscenze. Non poteva essere qui oggi, ma la prossima volta non mancherà".
Harry si guardò intorno. Tutti avevano un'espressione concentrata e attenta. Nonostante Piton stesse per svelare un'importante scoperta, l'ex professore non sembrava particolarmente contenta. Harry non poté fare a meno di sentirsi spaventato.
"L'incantesimo non serve per rompere la Maledizione del Sole. Almeno, non direttamente. Ma per farvi capire meglio, Damon deve fare una piccola premessa".
Con un cenno della testa, Piton lasciò la parola la giovane vampiro.
"Klaus è un cosiddetto 'Originario'. Lui e la sua famiglia sono i primi vampiri mai apparsi sulla faccia della Terra, migliaia di anni fa. Gli altri vampiri sono stati generati in linea diretta da loro".
"Come sono stati creati?" chiese Hermione.
"Ottima domanda," continuò Damon. "Klaus e i suoi fratelli sono stati trasformati in vampiri da una strega potentissima. Che, guarda caso, era anche la compagna di Klaus."
Tutti rimasero in silenzio, e Damon continuò. "Non si sa per quale motivo, forse solo per fare un regalo al suo compagno donandogli la vita eterna, non lo so. Non si sa neanche se i fratelli di Klaus sono ancora vivi, perché sembra che nessuno li abbia mai visti. In ogni modo, è stata sempre la strega compagna di Klaus, che a quanto pare si chiamava Kesha, a impedire che lui e gli altri vampiri potessero camminare alla luce del sole. Non poteva alterare l'equilibrio della Natura senza mettere una sorta di paletto, e quindi ha messo questo. Lei è l'unica che può spezzare la maledizione, ma ovviamente è morta moltissimi anni fa, in quanto non si è mai voluta trasformare".
"Ma allora... quell'incantesimo sacrificale a cosa serve?" intervenne Ron. Harry rimase in silenzio. Non sapeva se voleva ascoltare il resto della storia.
"Serve a riportare in vita Kesha," rispose Damon. "Così lei potrà spezzare la maledizione."
Harry non sapeva se ridere o piangere. Klaus voleva sacrificarlo per riportare in vita la sua innamorata. Forse vedendo la sua espressione, Damon si affrettò a rassicurarlo.
"Ma non sembra che il sacrificio sia così necessario, dopotutto. Purtroppo per un verso e meglio per un altro, esiste la possibilità di farlo senza che ci sia bisogno di uccidere nessuno. Naturalmente, essendo Klaus crudele senza motivo, vuole farlo uccidendo il maggior numero di persone, al solo scopo di mostrare la sua forza e potenza."
"E in che modo questo dovrebbe essere un bene?" chiese di nuovo Harry.
"La prossima luna piena si sta avvicinando, e Klaus non vuole più aspettare. Portando avanti questa storia troppo a lungo rischia di perdere l'appoggio dei Mangiamorte e dei vampiri che ha conquistato fino a ora. Deve fare l'incantesimo, e deve farlo il prima possibile. È quindi assai probabile che si accontenti di farlo senza uccidere nessuno, utilizzando solo delle gocce di sangue, se non riesce a catturare Harry prima della luna piena."
"O è possibile che decida di farlo uccidendo un altro mago al posto mio," continuò Harry.
Damon rimase in silenzio per un attimo. "Anche questo è possibile, sì."
"Grazie, questo mi fa sentire molto meglio."
Ignorando il tono sarcastico di Harry, Damon continuò. "C'è un altro motivo per cui dobbiamo impedire che questo incantesimo avvenga. Non è infatti possibile riportare i vita solo Kesha. Abbiamo già detto che la Natura ha i propri equilibri, che però sono facilmente alterabili. In questo caso, l'incantesimo ha la facoltà di annullare per poco tempo il Velo che separa il mondo dei moti da quello dei vivi."
Harry sentì chiaramente Hermione che tratteneva il respiro.
"E cosa significa?" chiese Ron.
Damon fece un respiro profondo. "Significa che ogni strega, mago, vampiro, licantropo o altro essere soprannaturale che è mai vissuto su questa terra tornerà in vita. E ci rimarrà, a meno che non muoia nuovamente una volta che il Velo sarà tornato in funzione."
Tutti rimasero in silenzio, nel tentativo di digerire quella nuova informazione.
Alla fine, fu proprio Harry a parlare.
"E questo sarebbe un male?"
Piton sospirò, come aspettandosi un suo intervento. "Potter..."
"No, Potter niente!" si infiammò il ragazzo. "Tutte le persone che abbiamo perso potrebbero tornare! Come fa a essere una cosa negativa? Potremmo rivedere tutti i nostri cari che abbiamo perso! Remus, Sirius... i miei genitori! Ron, tu potresti riavere Fred! E lei, professore, non sarebbe contento di rivedere mia madre?"
Piton spalancò gli occhi, sorpreso. Anche Elena ebbe la stessa reazione, ma fu proprio lei a parlare. "E insieme a loro tonerebbero anche tutti i mostri che sono vissuti in questo mondo. Non tutti sono buoni, Harry. Anzi, quasi nessuno lo è. Davvero vuoi che la terra si invasa da vampiri, Mangiamorte e lupi mannari? Ne vale la pena?"
Harry non rispose. Osservò Elena per un lungo istante, prima di alzarsi e di lasciare la stanza.
Hermione e Ron lo seguirono, lasciando Elena, Damon e Severus da soli.
L'ex professore di Pozioni sospirò, passandosi una mano sul volto. "Quel ragazzo è più incasinato di quanto credessi."
"Non c'è da stupirsi," intervenne Damon, appoggiato allo scaffale dei libri. "Quanti anni ha, 18? E ha vissuto più tragedie di quante ne abbia vissute io in 500 anni, e ancora non riesce a trovare un po' di pace. Mi stupisco che sia ancora sano di mente."
Piton osservò Damon, sembrando riflettere su quanto aveva detto. Prima che potesse rispondere, Elena intervenne. "Vado a parlargli io. Riuscirò a farlo ragionare."
Damon annuì. Piton rimase in silenzio.

Elena si affacciò alla soglia della stanza in cui Harry si era rifugiato, seguito dai suoi amici. Hermione e Ron la guardarono e lei rivolse loro un cenno della testa, chiedendo in silenzio di lasciarla sola con Harry. I due ragazzi si allontanarono, e Harry sollevò il volto, guardandola con occhi arrossati mentre lei si sedeva sul pavimento accanto a lui.
"Scusa - iniziò subito Harry - Non avrei dovuto fare quella scenata di sotto. Dovrei chiedere scusa anche agli altri."
"C'è tempo per quello, non preoccuparti. Sono certa che tutti hanno capito le tue emozioni."
Harry rimase in silenzio.
"Harry... so che ti sembrerà strano che sia proprio una vampira a spiegarti queste cose, ma la Natura ha un suo equilibrio, che la morte serve a mantenere. Noi vampiri siamo una delle poche eccezioni, e credimi, non siamo una bella eccezione. Tu conosci solo noi tre, ma la maggior parte di noi non è così. È crudele e sanguinaria, e non vorresti mai avere di nuovo in vita quelli che nel frattempo sono morti. Senza contare anche tutti gli alti esseri..."
"Lo so. È solo che a volte mi mancano così tanto... Remus, Sirius, e gli altri... pensare che potrei rivederli tutti con solo un incantesimo..." Gli occhi del ragazzo si fecero umidi.
"Credimi, ti capisco benissimo," continuò Elena. "Ma non possiamo correre rischi."
"Pensi che anche Voldemort tornerebbe in vita?"
La ragazza sembrò pensarci su. "Sinceramente non lo so. Da quello che so lui era una cosa molto particolare, direi unica, quindi non so se sarebbe incluso. Ma di certo non vogliamo correre questo rischio."
"No, certo che no."
Elena si alzò e tese la mano a Harry. "Bene, allora andiamo. Abbiamo un incantesimo da impedire."



Ho come l'impressione che qualcosa andrà storto, e qualcuno tornerà...

Edited by Ida59 - 24/7/2015, 22:11
 
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Ale85LeoSign
view post Posted on 22/9/2013, 08:33




E brava, Ciocchina, che hai ripreso a scrivere per questa sfida! :D
 
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view post Posted on 5/12/2013, 10:53
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Ci stiamo avvicinando alla fine. Ma proprio fine fine... :woot:
Mancano una manciata di capitoli, anzi forse solo due.
E' un po' più breve rispetto ai precedenti capitoli postati, ma lo ritengo, comuqnue, importante.
Uno dei miei buoni propositi di quest'anno era di finire questa storia entro l'anno. Non so se ci riuscirò, ma il capitolo 19 é già per metà finito e l'ultima parte della storia l'ho scritta quattro anni fa. :blink: Quindi spero di essere un po' più veloce e, se non proprio a fine anno, spero di finirla in Gennaio.


Capitolo 18: Combattere contro i propri incubi

L'aria attorno a lui era umida, appesantita dall'odore di morte e carne bruciata.
Il mago camminò sulla roccia guardandosi attorno, analizzando la situazione.
L'ultima volta che vi aveva messo piede era troppo concentrato sul ciondolo per valutare la situazione nel suo complesso.
La rabbia l'aveva accecato, rendendolo incauto. Alla fine aveva perso il suo tesoro più prezioso. Ma lui aveva in serbo altro per quel ragazzino arrogante.
Il fatto che non fosse riuscito ad ucciderlo, ora, era un vantaggio. Era debole, lo sapeva, ed Harry era la chiave per tornare padrone del suo corpo e della sua mente.
Ma prima...
Il mago oscuro si guardò attorno rendendosi conto, per la prima volta, che l'oggetto più prezioso che conteneva la caverna non era il ciondolo della sua debole madre.
Avrebbe dovuto pensarci prima, in fin dei conti.
Nella penombra della caverna le labbra serpentine di Lord Voldemort si piegarono in un sorriso malvagio.
- Uno spettacolo interessante. - mormorò la nota voce accanto a lui.
Da una delle tante ombre emerse la figura di Silente. Emaciato e pallido, con la mano annerita, i capelli grigi e gli occhi velati, era il Silente che aveva visto nella tomba quando gli aveva strappato la bacchetta di Sambuco dalle sue fredde mani morte.
Ormai il suo amico dai mille volti lo seguiva ovunque andasse.
Lo trovava quasi rassicurante. Rimasto solo con un esercito di morti era l'unico con cui riuscisse a parlare.
La figura di Silente mutò all'improvviso e prese le sue stesse fattezze, solo più giovane, più forte. Il Lord Voldemort che aveva nascosto in quel luogo un frammento della sua anima. Non si stupì di vedergli tra e mani una riproduzione del ciondolo appartenuto a Salazar.
- Altro ciarpame da nascondere qui dentro? - sibilò in serpentese il se stesso da giovane.
- No,- rispose con un sibilo il mago – basta nascondere le proprie armi.
Vide la figura voltarsi verso il lago sotterraneo e sorridere, gli occhi iniziarono a brillare di una maligna luce rossa.

* * * *



L'aveva cercata per tutto il castello. Senza trovarla.
Non era il tipo di mago che si lasciava pendere dal panico, ma iniziava a preoccuparsi.
Potter aveva raccontato l'ultima incursione nella mente dell'Oscuro con un tremito nella voce e il volto smorto.
Inferi e Dissennatori.
L'ultimo esercito dell'Oscuro Signore.
Un esercito di incubi e dolore. L'ultima battaglia si preannunciava più dura del previsto.
Erano preparati ad affrontare maghi, bacchette contro bacchette. Così invece... dovevano affrontare la paura stessa.
Perfino per lui era difficile. Non aveva più un ricordo abbastanza felice per far apparire un Patronus potente. Il ricordo legato a Lily era, ormai, inquinato dalla visione dell'infero mandatogli da Minerva e non aveva passato abbastanza tempo con Hermione per avere un ricordo felice di sufficiente potenza. E, comunque, lui e Hermione stavano affrontando una guerra. Nonostante il sentimento che li univa, difficilmente si poteva trovare un ricordo totalmente felice in quell'occasione.
La sua compagna, finito il racconto di Potter, si era alzata e se n'era andata. Così senza dire nulla. Sotto lo sguardo stupito di tutti. Perfino il suo.
La giovane, irritante Weasley gli aveva lanciato uno sguardo truce che aveva prontamente ignorato.
Non l'aveva seguita perché sentiva che voleva stare sola, che voleva riflettere. Così aveva parlato con gli altri, creando un piano d'attacco, analizzando gli incantesimi migliori per la barriera. C'erano volute un paio d'ore ed Hermione non era tornata.
Così aveva iniziato a cercarla.
L'ultimo posto che gli restava era la Torre di Astronomia.
La trovò in piedi vicino al parapetto, almeno non era in precario equilibrio. Si avvicinò silenzioso.
- Hermione...
La strega si voltò verso di lui, aveva uno sguardo triste, tratteneva le lacrime.
- Scusa. - gli disse – Io non volevo andarmene così... ma non riuscivo più a restare in quella stanza.
Annuì, posandole una mano sulla spalla. Voleva abbracciarla, gli piaceva farlo, sentire il suo piccolo corpo abbandonato contro il suo alla ricerca di protezione. Gli piaceva l'idea che quel suo corpo che per anni aveva conosciuto solo il dolore e la sofferenza potesse ancora proteggere qualcuno. Gli piaceva che lei si lasciasse completamente andare tra le sue braccia, sentendosi al sicuro.
- Sono un essere orribile. - sussurrò lei – Mentre Harry raccontava quello che aveva visto io pensavo solo che volevo andarmene. Lasciare tutto e tutti. Volevo scappare lontano da questa guerra. - una lacrima sfuggì al suo controllo, si affrettò ad asciugarla - E' un'idea spaventosa. Sono un mostro.
- E' normale. - la rassicurò – Decidere di combattere e mettere in gioco la propria vita non è mai una decisione semplice. La tentazione di scappare non ti abbandonerà mai, Hermione. La vera forza sta nel non lasciarla vincere.
- Ho paura, Severus.
- Se hai paura vuol dire che hai ancora qualcosa da perdere.
La strega si avvicinò di un passo, appoggiò la testa sul suo torace lasciandosi cullare dal battito del suo cuore e riscaldare dal suo corpo.
- Tu hai paura, Severus?
- Per la prima volta dopo anni, .
Hermione si lasciò abbracciare.
Restarono in silenzio, abbracciati in quel posto che era stato testimone dell'omicidio di Silente e del loro primo bacio. Due azioni, in qualche modo, dettate dall'amore.
Il mago la strinse un po' di più e guardò l'orizzonte. Non sapeva cosa riservava il futuro per loro.
Non voleva pensarci, l'unica cosa a cui pensava era che voleva vivere, per lei, con lei.
- Quando sono andata in Francia con i miei, - disse Hermione ancora stretta nel suo protettivo abbraccio – abbiamo trovato un piccolo paese nella Provenza. Era completamente circondato da campi di lavanda, il profumo era così forte che all'inizio ci fece venire la nausea, ma quando ci siamo abituati era gradevole. Ho sempre desiderato tornarci. Vorrei comprare una casa in quel posto, lasciare che l'edera ricopra le pareti, studiare i libri di magia in veranda, coltivare il giardino, piantare delle rose. Immersa nel profumo della lavanda giorno dopo giorno. Mi sembra un bel futuro.
Il mago non rispose subito, restò in silenzio fissando l'orizzonte, immaginando quella casa e quel futuro di pace e serenità che sembrava appartenere ad un'altra vita.
Poteva vederla in quella casa dalle parti di edera, poteva vederla seduta in veranda a leggere un grosso libro, oppure china ad occuparsi del giardino. Poteva vederla così nitidamente che gli sembrava di sentire il profumo della lavanda attorno a lei.
Era un bel futuro.
Ma non era certo che ci fosse spazio per un mago vestito di nero che puzzava di morte e oscurità. Per un uomo che aveva appena scoperto il proprio cuore. Per lui che aveva compreso da poco cosa significasse essere amati.
- Non posso prometterti quel futuro, Hermione.
Hermione sollevò lo sguardo, le lacrime erano sempre pronte a scendere, ma lei le tratteneva con orgoglio.
Amava quel suo lato combattivo.
- Lo so, Severus.
- Mi dispiace.
La strega sorrise e si avvicinò alle sue labbra.
- Non importa. - sussurrò.
Severus le accarezzò una guancia poi si chinò sulle sue labbra.

* * * *


Harry bussò alla porta di Piton nervosamente.
Aveva un favore da chiedergli e si vergognava. Aveva già avuto troppo da lui, senza neppure saperlo, e non avrebbe voluto chiedergli altro, ma non aveva scelta.
Aspettò qualche minuto, spostando il peso del corpo da un piede all'altro, ripassandosi mentalmente il discorso che si era preparato.
Ci stava pensando da quando aveva chiesto a Ginny di sposarlo, qualche giorno prima.
Sentì il passi dietro la porta e aspettò che aprisse con un groppo in gola.
Quando il mago lo vide sollevò solamente un sottile sopracciglio. Si sentì studiare per qualche istante, poi si spostò di lato permettendogli di entrare nella sua camera.
Era la prima volta che ci entrava. Non si stupì quando vide la grande libreria che ricopriva un'intera parete, o le poltrone di velluto verdi davanti al camino acceso.
Non aveva mai immaginato la stanza di Piton, ma se l'avesse fatto sarebbe stata proprio così.
Forse qualche mese fa avrebbe immaginato anche una stanza delle torture nascosta dietro qualche quadro raccapricciante.
- Volevi vedermi, Potter?
- E' solo?
L'allusione ad Hermione non era neppure molto velata. Tutti avevano sentito Ginny e tutti avevano visto Hermione e Piton sempre più complici.
Non erano il genere di coppia che si scambiava effusioni davanti a tutti, ma di certo erano una coppia.
Aveva la netta impressione che Silente sarebbe stato orgoglioso di loro.
- Sì, Potter. - rispose brusco il mago riportandolo alla realtà – Non ho l'abitudine di passare ogni mio minuto con Hermione.
Sentirlo parlare così apertamente di lei lo fece sorridere.
Infilò una mano in tasca e prese una pergamena ripiegata con cura. La porse al mago che la fissò qualche interminabile secondo; poi allungò una mano e prese il foglio.
- Non sarà una lettera piena di parole di cui ti pentirai una volta uscito da questa stanza?
Potter scosse la testa scompigliando ancora di più i capelli.
- E' il mio testamento. - spiegò con naturalezza – Voglio che lo tenga lei e che lo mostri agli altri se ce ne sarà bisogno.
Piton sollevò un sopracciglio.
- Quindi, oltre che parlare ad una lapide, mi tocca anche il lavoro sporco di dividere i tuoi beni?
Gli piaceva che qualcuno parlasse della sua morte con sarcasmo. Sorrise e annuì.
- Perché io, Potter?
- Lei è l'unico che quando mi sente parlare di morte non va in escandescenze, non mi rassicura con false speranze. Lei sa che potrei morire.
- Mi tocca sempre il lavoro sporco. - sbuffò il mago vestito di nero voltandosi verso un basso mobile e aprendo il primo cassetto.
Harry non vide dove nascose la sua pergamena, e non volle saperlo. Andava bene così.
- Non ho poi molto. - gli disse mentre Piton continuava a dargli le spalle – Ma vorrei che finisse nelle mani giuste.
- E' questo lo scopo di un testamento, Potter.
- A lei ed Hermione ho lasciato la casa dei miei genitori. - lo vide irrigidirsi e voltarsi lentamente, si aspettava una reazione del genere.
- Potter...
- Voglio che sia distrutta. - continuò imperterrito – Quella casa è una tomba e non voglio che la gente ricordi quello che ha fatto Voldemort... - Il ragazzo gli vide irrigidire le spalle al suono di quel nome e sfiorarsi l'avambraccio sinistro, ma non ci badò - …guardando la mia casa. Non voglio che quel pezzo di terra sia segnato dalla morte, c'è stata anche della vita. Io sono nato lì, sono certo che il mio primo anno di vita sia stato felice, allegro, nonostante la guerra. I miei genitori non possono essere ricordati solo per quella casa distrutta. - per tutto il discorso non aveva staccato gli occhi dal mago vestito di nero – Sono certo che lei voglia vedere quella casa rasa al suolo quanto me.
Severus non rispose, restò fermo a fissarlo chiedendosi dove fosse finito il ragazzino arrogante che aveva varcato i cancelli di quella scuola otto anni prima.
C'era molto di Lily in quello che stava dicendo, c'era la sua determinatezza, il suo coraggio, la sua forza. E per la prima volta il ricordo di Lily non gli diede la solita morsa allo stomaco. Non c'era più dolore nel suo ricordo, o malinconia. C'era solo un ricordo, puro e semplice.
- La pregherei di non dirlo agli altri fino a quando non ce ne sarà veramente bisogno. Ginny si è agitata quando l'ha visto e non voglio che preoccupi ulteriormente. Non voglio morire.- specificò – Sono solo realistico.
- Va bene, Potter.- rispose Severus – Lo terrò io. Ma se, come tutti ci auguriamo, tu non dovessi morire, te lo riconsegnerò e ti pregherei di affidare questi ingrati compiti ad altri la prossima volta.
Il ragazzo annuì con il sorriso e si infilò le mani nelle tasche dei pantaloni.
- C'è un'ultima cosa, - gli disse dirigendosi verso la porta – questo non l'ho scritto perché volevo dirglielo a voce.
Il mago alzò gli occhi al cielo.
- Cosa dovrei fare ancora? Consolare la signorina Weasley e dare una festa a suo nome ogni anno?
- Se Hermione non dovesse far tornare la memoria ai suoi genitori, - iniziò il ragazzo – mi può promettere che la proteggerà e che sarà lei la sua famiglia?

* * * *



L'incantesimo gli aveva prosciugato quasi tutte le energie.
Il mago oscuro si appoggiò al tronco di un albero e concentrò le forze sulla respirazione.
Essere così debole... così umano era una vera e propria tortura, quasi un insulto per quello che lui, e solamente lui, era riuscito a compiere nella vita.
Chiuse gli occhi e respirò piano.
Sentiva il corpo andare a fuoco, la mente avvolta da una coperta incandescente che gli toglieva la lucidità.
Fece un profondo respiro, le unghie della mano artigliarono la corteccia dell'albero. Venne sfiorato da una putrida veste nera, ma non ci badò.
Il mago aprì gli occhi, le iridi rosse brillarono come rubini liquidi.
- Se debole, amico mio.- sibilò la voce accanto a lui.
- Non importa... presto non lo sarò più.
Si voltò verso l'amico che non lo abbandonava più e notò che aveva ripreso le sembianze di Silente. Ma non il suo nemico più grande, non il cadavere che marciva sotto terra, ma il Silente professore. Il mago che aveva inutilmente provato ad insegnargli l'uguaglianza tra Nati Babbani e maghi.
Il giovane Silente gli sorrise dietro al barba rossiccia e si voltò a guadare l'orizzonte.
Voldemort fece lo stesso. Si era smaterializzato con il suo esercito di mostri, i Dessennatori si erano mossi da soli seguendo la scia magica del loro attuale padrone. Era più vicino alla sua meta, ma non quanto avrebbe desiderato. Era troppo debole, non poteva andare oltre e le forze magiche gli sarebbero servite per distruggere il ragazzo che si era attaccato fin troppo alla vita.
Il sole stava tramontando, il cielo aveva il colore del sangue.
La sagoma del maniero sorgeva imponente tra le colline, ai suoi piedi il villaggio era silenzioso, immobile, spettrale.
Il mago oscuro si voltò vero la presenza.
Il finto Silente sorrise ancora.
- Bentornato a casa, Tom.

* * * *



Harry stava aiutando Artur e George a riparare un muro dell'ala est del castello, c'era una crepa grande abbastanza da far passare una testa di un troll. Hagrid spostava i massi più grandi accumulandoli nel parco. Era un lavoro faticoso, ma il lavoro manuale lo aiutava a tenere la mente sgombra dagli orridi pensieri che faceva negli ultimi giorni.
Dopo l'ultima incursione involontaria nella mente di Voldemort non aveva più avuto tregua.
Erano giorni che vedeva immagini orribili quando chiudeva le palpebre. Ombre minacciose con le mani putride, inferi con i lineamenti dei suoi amici morti in battaglia.
Aveva anche la febbre, non molto alta ma abbastanza per debilitarlo, per rendere quelle immagini più vive e reali.
Solo Piton se n'era accorto e, senza mai farsi notare, gli rifilava un fiala per tenere la temperatura bassa e la mente più lucida possibile.
Era fortunato ad avere lui al suo fianco.
L'aveva capito solo troppo tardi, Silente gli aveva sempre detto di fidarsi di Piton, ma non ci aveva mai creduto.
Rigirò tra le mani la bacchetta di sambuco, la usava di rado, solo se l'incantesimo che doveva seguire era di livello avanzato. Era una bacchetta potente, che rispondeva perfettamente al suo tocco, ma gli faceva paura. Tutto quel potere nelle sue mani di giovane uomo lo spaventava, specialmente quando il legame con la mente di Voldemort era così forte da renderlo quasi un'altra persona.
Ogni volta che la stringeva tra le dita aveva paura di restare soggiogato dal suo immenso potere e finire come Tom.
Ricordava ancora distintamente il suo riflesso con gli occhi rossi come rubini.
La mosse velocemente sollevando un piccolo masso e ammucchiarlo in un angolo insieme agli altri, mentre la pietra rotolava a terra una fitta lancinante alla cicatrice lo costrinse ad appoggiarsi al muro. Arthur e George gli davano le spalle e non si accorsero di nulla. Chiuse gli occhi e cercò di chiudere la mente il più in fretta e correttamente possibile, ma un'altra fitta lancinante sbriciolò ogni fragile barriera che aveva costruito. Gemette per il dolore e si ritrovò in ginocchio sul pavimento.
Poté sentire le voci del padre e del fratello di Ginny, ma lui era già lontano, si ritrovò a volteggiare velocemente sui prati di Hogwarts, oltre i confini delle barriere magiche, sulle case abbandonate del Villaggio, superò la stazione di Hogsmeade, fino ad arrivare alla valle poco distante dal villaggio.
E fu li che li vide di nuovo.
Dissennatori che avanzavano in cerca di anime fresche con cui saziare la loro fame.
Inferi immobili con gli occhi bianchi e la pelle cascante in piedi in mezzo alla neve senza sentirne il gelo.
Mani putride che lo chiamavano, occhi morti ciechi che lo vedevano, bocche marce che invocavano il suo nome.
Si sentì strattonare e per poco non urlò terrorizzato.
Aprì gli occhi di scatto trovandosi a terra, ansimante, piangete, la cicatrice bruciava terribilmente e la febbre era schizzata alle stelle in pochi secondi.
Arthur e George erano accanto a lui, visibilmente spaventati nonostante i vani tentavi di nasconderlo.
- Harry... - fece il mago più anziano, la pelata era una chiazza bianca tra i capelli color carota – cos'é successo?
Il ragazzo si tirò a fatica in piedi, lottava contro il dolore, la febbre e il desiderio di urlare fino a quando il fiato non si fosse esaurito.
Raddrizzò gli occhiali sul naso e li fissò.
- E' vicino. Molto vicino.

Edited by chiara53 - 2/11/2017, 11:42
 
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