OK, riprovo a postare il messaggio che ho cancellato prima e rispiego tutto un'altra volta.
E' un'aggiunta alla sfida di Halloween, ma ovviamente fuori concorso.
Ho trovato dei vecchi abbozzi di storie e li ho fusi insieme.
Perchè l'ho fatto?
Perchè sono rimasta dispiaciuta dalle reazioni suscitate dal mio racconto "Undici passi".
Questo qui sotto vuol essere una compensazione, anche se non è che sia una gran bella storia, e durerà solo per questa notte.
Domani mattina cancellerò il messaggio.
Happy Halloween again
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CANTICO DI HALLOWEENQuando la donna aprì la porta, vide una figura maestosa scrutarla attraverso un cappuccio che lasciava intravedere solo gli occhi.
“Sono venuto per adempiere alla sua richiesta,” disse lo sconosciuto visitatore con voce grave.
Sconvolta, la donna fece un passo indietro, portandosi una mano alla bocca.
“La mia… richiesta?” disse con voce tremante. No, non poteva essere vero!
“Sono anni che il suo messaggio batte alla nostra porta chiedendo di essere ascoltato. Vorrebbe farmi credere che non sa di cosa parlo?”
Parve alla donna che qualcosa di incorporeo e freddo - oh, molto freddo! - l’attraversasse tutta come una lama. Nonostante l’orrida sensazione, di colpo il suo terrore svanì ed una speranza ansiosa si fece strada dentro di lei, cancellando ogni sua esitazione.
“Dunque sono stata esaudita!” esclamò con fervore. “Ma come può essere possibile tutto questo? Non mi dirà che lei viene da…”
“Non mi è permesso dire il mio nome,” rispose il misterioso personaggio con accento sepolcrale. “Ma nulla vieta che lei riesca ad indovinarlo e ad indovinare il luogo da cui provengo.”
“Io… io penso di saperlo,” sussurrò la donna, vinta di nuovo da un timore oscuro. “Eppure non capisco perché proprio io e proprio adesso.”
“Il suo nome è molto ben conosciuto da coloro che mi hanno mandato. Qualcuno che ha personalmente interceduto per lei ha amici potenti. Di più non posso dire.”
La donna rialzò il capo.
“Cosa devo fare?” chiese risolutamente allo straniero incappucciato.
“E’ molto semplice, se ne ha il coraggio,” questi rispose. “Deve venire con me.”
E dicendo questo, sollevò una mano in un gesto di comando. Una forma oblunga e grigiastra si modellò nell’aria e rimase sospesa, fluttuando agevolmente come priva di peso. Lei fissò l’oggetto che si era creato ed ebbe un sussulto: un Pensatoio! I suoi occhi si rivolsero esitanti al misterioso visitatore, che chinò la testa e ricambiò quella muta domanda con uno sguardo freddo.
“E’ sicura di volerlo fare? Una volta deciso, non si può più tornare indietro.”
Lei inspirò profondamente. “Sì. E’ quello che ho sempre desiderato.”
“Allora mi dia la mano,” la maestosa figura disse semplicemente.
Con un breve inchino, entrambi si tuffarono nell’oscurità del liquido argenteo che vorticava pigramente davanti a loro.
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Quando atterrò da quella capriola soprannaturale, la donna aprì gli occhi per guardarsi attorno. Erano arrivati in un cortile circondato da possenti mura di pietra grigia. Una piccola folla si aggirava in quello spazio, spostandosi continuamente in ogni direzione come rivoli di un torrente. Erano tutti ragazzi e ragazze, e indossavano abiti che somigliavano ad una divisa, caratterizzati dalle sciarpe colorate che portavano attorno al collo.
“Hogwarts!” mormorò la donna con beato stupore. “Allora era vero, il mio desiderio è stato esaudito!”
“Dopo quel che è successo, ne dubitava?” rispose lo straniero accanto a lei con un tono che voleva essere severo. Ma anche lui sembrava risentire prodigiosamente dell’atmosfera che li circondava. La sua voce aveva improvvisamente acquisito un’intensità che prima mancava e che lo rendeva stranamente umano, vulnerabile.
Forse fu per questo che lei gli si rivolse con deferenza, dicendo, “E adesso dove andiamo, professor Silente?”
“Ha indovinato il mio nome,” rispose lui burbero, “e questo mi permette di lasciarla libera.”
“Cosa vuol dire?” chiese lei, preoccupata.
“Io sono qui solo come messaggero…” mormorò lui, poi rialzò il cappuccio mostrando finalmente il viso e il naso sottile sormontato dagli occhiali a mezzaluna. La donna si scoprì intenta a guardare quel volto così anziano da sembrare senza tempo, e non si stupì quando vide che il suo compagno aveva gli occhi lucidi di lacrime.
“Mi spiace, professore. Posso fare qualcosa per lei?” gli chiese dolcemente. “Vorrei poterla aiutare.”
La folla intanto passava allegramente accanto a loro e addirittura attraverso di loro, chiacchierando, ridendo e scherzando come fanno tutti i ragazzi del mondo quando sono assieme.
“Non può far nulla per me; nessuno può aiutarmi,” rispose il vecchio mago mentre la voce gli si faceva tremante. “Oggi è una giornata speciale, ed io sono condannato a riviverla tutti gli anni.”
“Ma quest’anno la condivide con me. Perché?” domandò lei, sentendo crescere la curiosità… e l’inquietudine.
“Lo scoprirà presto, temo,” rispose lui, ricomponendosi e ricoprendosi di nuovo il viso col cappuccio. “Vorrei che tutto questo le fosse risparmiato, ma ormai ha accettato e non può far altro che andare avanti.”
La donna volse di nuovo il capo verso i ragazzi che sciamavano a frotte, dal castello verso il cortile, e dal cortile verso il castello, chiamandosi e scambiandosi commenti e risate. Alcuni di loro portavano tra le braccia zucche gigantesche nelle quali erano state intagliate bocche ghignanti e occhi accigliati. Altri li seguivano portando festoni viola, neri e argento a forma di ragni e di pipistrelli, seguiti da una maga anziana, grassoccia e sorridente.
“Dove le mettiamo, professoressa Sprite?” chiese una ragazza, guardando con evidente apprensione la zucca che aveva in braccio e che le aveva improvvisamente strizzato l’occhio.
“Portiamole nella Sala Grande, ragazzi,” rispose allegramente la maga. “Vedrete, sarà una festa di Halloween bellissima col vostro aiuto.”
Le mura sembravano alte e cupe sotto il cielo gonfio di nuvole grigiastre, ma la gioia che splendeva su quei giovani volti era rincuorante. La donna osservò di nuovo Silente, e si accorse che lo sguardo dell’anziano mago era fisso su un punto in particolare.
“Eccoli,” mormorò Silente, alzando una mano come a nascondere il viso.
Due adolescenti, un ragazzo e una ragazza, erano usciti da un portone e scendevano i gradini che portavano al cortile esterno, immersi in un’animata conversazione. Incuriosita, la donna li osservò: la ragazza aveva fiammanti capelli rossi ed un’espressione determinata che si addolcì in un sorriso non appena si accorse dei preparativi per la festa.
Il ragazzo – alto, magro, capelli neri lunghi e lisci davanti agli occhi e un aspetto poco curato in generale, come di coloro che hanno poca stima di sé stessi – si rivolgeva a lei con naturalezza, ma anche con una sorta di cauta attenzione, come se avesse paura di dir qualcosa di troppo. I suoi occhi non avevano abbandonato il viso di lei neanche per un momento, tanto da rischiare di inciampare sull’ultimo gradino.
“Lily…” mormorò la donna riconoscendoli, e Silente aggiunse in un soffio, “Severus…”
I due ragazzi passarono vicino alla donna e al vecchio mago, poi si fermarono, alzando il volto al cielo.
“Non sembra che voglia piovere proprio adesso, “commentò Severus con tono speranzoso, continuando evidentemente un discorso già iniziato. “Allora, stasera è Halloween, e domani non ci sono compiti. Che ne dici, ci facciamo una passeggiata fino al lago? Abbiamo ancora almeno un’ora buona prima che gli altri finiscano le loro pozioni e Lumacorno li lasci uscire.”
“Io non ne sarei così sicura,” rispose Lily con una risatina. “Credo che Potter fosse già a buon punto. Aveva già aggiunto le radici di mandragola, e se è così, tra un quarto d’ora sarà fuori anche lui.”
“Ragione di più per non farci trovare qui ad aspettarlo,” ribattè Severus con una smorfia, poi si girò a guardare Lily, e per un attimo, i suoi occhi brillarono di una luce adorante. La donna si sentì sciogliere di tenerezza. Lily invece lo considerò con sguardo critico.
“Non ti piace proprio James, vero?” sospirò. “In effetti, è un tale bullo pieno di sé… ma sì, dai, andiamo a farci una camminata verso il lago… Però cerchiamo di non star via troppo, il vecchio Luma potrebbe uscire a cercarci.”
“E’ vero!” esclamò il ragazzo, e un sorriso divertito gli rischiarò il viso, illuminando i suoi tratti spigolosi. “Rotolando su quella pancia, ci beccherebbe subito!”
Lily scoppiò a ridere; poi, con un movimento fluido, si appoggiò confidenzialmente al braccio di Severus, e i due ragazzi si avviarono verso la loro meta. Mentre le passavano accanto, la donna riuscì ancora a sentire Lily che rideva e chiedeva con tono scherzoso qualcosa al suo compagno. Ma quello che la colpì maggiormente fu l’espressione di Severus. Il ragazzo era raggiante. Il suo viso esprimeva una gioia infinita ed una dedizione totale mentre scortava attentamente Lily sul viale ciottoloso e le parlava, beandosi di ogni suo sorriso.
Erano ormai lontani quando un altro ragazzo alto e castano, che portava occhiali tondi, si precipitò fuori dalla porta e scese gli scalini a precipizio.
“Evans!” gridò nel cortile, facendo voltare la testa a tutti gli altri studenti presenti. “Evans, che fine hai fatto? Perché non mi hai aspettato? Evans! EVANS!!!”
La ragazza, ormai una figurina in lontananza, dovette evidentemente sentire quel grido a volume altissimo, perché si girò e fece un cenno di saluto con la mano, poi riprese il cammino. Anche Severus agitò una mano in un gesto che poteva essere un saluto o uno sberleffo, quindi si rimise in marcia accanto a lei. Divertita, la donna notò che ogni suo movimento, da come teneva alta la testa a come camminava con passi agili e scattanti, esprimeva un’immensa gioia, un’esultanza troppo grande per non essere notata.
E la notò infatti anche un altro ragazzo dall’aria stanca e malandata, i cui capelli bruni erano già striati di grigio in molti punti. Il ragazzo era uscito dal portone proprio in quel momento, si era fermato a osservare le figurine in lontananza e poi aveva sceso lentamente i gradini, avvicinandosi al suo compagno e notandone l’espressione delusa.
“Direi che questa volta ti è andata male, James,” commentò pianamente. “Perché non la lasci perdere? E’ chiaro che tu non le interessi.”
“E secondo te dovrei permettere a Snivellus di prendersela lui e magari dirgli anche grazie, eh, Remus?” commentò James, alzando il mento come a sfidare il rivale lontano. Quindi continuò con tono aggressivo. “E poi non è vero che non le interesso. Deve solo piantarla di andarsene in giro con quel bastardo di Serpeverde e decidersi ad usare meglio gli occhi, perché sono sicuro che ce li ha. E dovrebbe avere anche un cervello.”
“Certo,” mormorò Remus, stropicciandosi il viso con aria assorta. James si girò a guardarlo con faccia bellicosa, poi strinse i pugni in uno scatto di rabbia.
“Al diavolo!” esclamò, voltando le spalle al panorama e incrociando il sorriso sardonico di un altro studente appena sceso in cortile. La donna non fece fatica ad identificare in lui Sirius Black.
“Andata male ancora una volta, eh, amico?” sogghignò il nuovo arrivato, e preso da parte James, gli sussurrò all’orecchio, guardando di sottecchi Remus che osservava il cielo con aria pensosa, “Sai, ho avuto un’ideuzza che potrebbe far abbassare la cresta per sempre al nostro amico in verde e argento. Basta solo trovare il momento adatto… anzi, la notte adatta...”
E ridendo di gusto all’espressione sconcertata di James, Sirius cominciò a fischiettare sommessamente.
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La donna rimase a guardare i tre ragazzi, a cui si era aggiunto in quel momento anche un giovane Peter Minus dai movimenti furtivi, poi si voltò verso Silente.
“Perché tanto stupido odio e disprezzo?” chiese freddamente. Sapeva cosa sarebbe avvenuto di lì a qualche tempo. Il piano di Sirius si sarebbe messo in moto. E da quel momento, quante altre cose sarebbero accadute senza che nessun altro riuscisse più a frenare la valanga? Il confronto tra la pura felicità di Severus a cui aveva appena assistito e il dolore che lo attendeva in quella trappola senza scampo le stringeva il cuore. “Possibile che nessuno abbia mai capito?”
Silente abbassò la testa, evidentemente angosciato.
“E’ il mio continuo rimorso,” mormorò. “E’ la notte di Halloween, e io sono condannato a rivivere questi ricordi per sempre. E lei è stata scelta per condividerli con me.”
Per un attimo, la donna rimase incerta, poi chiese amaramente, “Perché?
Il vecchio mago la prese per mano. “Non posso dirglielo. Ci deve arrivare da sola. Venga con me. C’è un altro ricordo che deve vedere. Io non posso fare altro che mostrarglielo.”
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La casa era ridotta ad un mucchio di rovine fumanti. Il piano di sopra in particolare era sventrato come se qualcosa lo avesse fatto esplodere. Il silenzio era troppo teso, sembrava destinato a spezzarsi da un momento all’altro per lasciar spazio a qualcosa di terribile.
E qualcosa di terribile accadde.
Un grido profondo, un singhiozzo disperato, un dolore immenso impossibile da controllare che si esprimeva con gemiti strazianti.
Severus era in ginocchio sul pavimento distrutto di una stanza dalle pareti squarciate. Tra le braccia stringeva la ragazza dai capelli rosso fiamma, i cui occhi chiusi ed il viso sereno apparivano rilassati nell’abbandono pacato del sonno. Ma c’era qualcosa di troppo immoto in lei, di troppo innaturalmente tranquillo.
Severus invece aveva gli occhi aperti, invetriati di pianto, e tutto il suo corpo era scosso da singhiozzi ansimanti che lo facevano rabbrividire di orrore e di dolore.
Stringendosi a Silente, la donna si coprì il viso con le mani e cercò invano di frenare le lacrime, commossa da quei sussurri rauchi, traboccanti di sofferenza, con cui il giovane ora si rivolgeva alla ragazza, cullandola tra le braccia, piangendo, parlandole, accusandosi in una disperazione così lacerante da risultare ancor più spaventosa dello spettacolo di morte che lo circondava.
Alle sue spalle, un bimbo singhiozzava inutilmente, aggrappato alle sbarre del suo lettino, e alzava le braccine per chiamare la mamma. La mamma che non sarebbe più accorsa a consolare quel pianto e a baciare quella piccola fronte delicata su cui ora spiccava una ferita a forma di saetta.
Consapevole di non poter far nulla e sentendosi consumare d’angoscia davanti a quella scena, la donna volse il capo verso il suo accompagnatore, per nulla sorpresa di vedere le lacrime luccicare anche sulla sua barba candida.
“Mi porti via,” sussurrò con voce strozzata dal pianto. “Mi porti via subito!”
“L’avverto, “rispose lui con voce tremante. “Non le piacerà dove stiamo andando. Eppure è necessario che ci andiamo.”
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La donna riaprì gli occhi preparandosi a qualcosa di spaventoso. Ma non c’era nulla di spaventoso in quel luogo in penombra. Man mano che i suoi occhi si abituavano alla tenue luce delle candele e distinguevano sempre meglio i dettagli, la donna si rese conto di trovarsi in una stanza austeramente arredata.
Una scrivania, una sedia, un armadio e un letto, tutti costruiti in un legno massiccio e cupo, riempivano con le loro forme pesanti gli spazi della stanza. Seduto sulla sedia, appoggiato alla scrivania col viso nascosto tra le mani, stava il ragazzo di prima, Severus Snape, ormai fatto uomo.
Improvvisamente, il quadrò appeso dietro alle sue spalle si animò, rivelando il ritratto di Albus Silente. Istintivamente, la donna si girò a guardare il suo accompagnatore, sconcertata nel vedere apparire il suo doppio sulla parete. Il Silente accanto a lei sorrise amaramente, mentre il Silente nel quadro cominciava a parlare.
“Come mai ancora qui, Severus?” chiese in tono gentilmente accusatorio. “Il banchetto di Halloween comincerà tra pochi minuti. Come preside, è tuo dovere presiedere alla festa. Non vorrai che i Carrow notino la tua assenza!”
“Non posso andare, Albus,” rispose piano Severus, senza scostare le mani dal viso.
“Cosa vorresti dire, Severus?” domandò freddamente il mago più anziano. “Abbiamo lavorato tutto questo tempo per far funzionare il piano. Tu sai quanto sia importante per il nostro mondo che tu continui questa… questa recita fino alla fine.”
“Ho detto che non posso andare, Albus!” scattò improvvisamente Severus, e abbassò le mani per girarsi a guardare il suo vecchio mentore. Aveva gli occhi arrossati e le labbra tremanti, e la donna si sentì stringere il cuore di fronte a quella prova evidente di sofferenza. Ma il ritratto di Albus si limitò a considerarlo sdegnosamente.
“Hai giurato, Severus,” disse pianamente. “Hai giurato nel nome di lei.”
“E’ proprio per questo che non posso farlo,” replicò Severus, stringendo i pugni. “Come pensi che mi senta, stasera? Questo giorno è dedicata a Lily. Ad ogni festa di Halloween rinnovo il mio voto e la mia scelta. Come posso macchiare il suo ricordo con la farsa che deve avvenire in Sala Grande? Come posso sedermi a tavola con quei due assassini e fingere di essere felice?”
“Eppure devi,” disse Albus seccamente. “Perché questo è il modo migliore di onorare il tuo patto. Lasciare che gli altri credano di te ciò che non sei.”
“Albus,” mormorò Severus. “Tu non puoi capire. Stasera io voglio soltanto restare solo.”
“Mi dispiace, ma non puoi,” disse il vecchio preside con voce inflessibile.
“Allora andrò!” scattò Severus con furia contenuta. “Siederò a capotavola e cercherò di non guardare Minerva negli occhi! Assaggerò il budino e chiederò ad Amycus di fare un discorso sulla bellezza di essere un Mangiamorte. Va bene così? E’ questo che vuoi?”
Il suo tono era cresciuto fino a raggiungere l’intensità di un grido, ma Albus sembrò non averlo notato.
“Sono contento che tu abbia capito,” disse invece, guardandolo con intenzione. “Non devi dimenticare quello che è accaduto sedici anni fa. E’ importante che tu lo ricordi sempre.” La sua voce si fece bassa, lenta e incisiva. “E’ importante che tu ti ricordi perché sei venuto da me.”
“Basta!” gridò Severus, curvandosi come se fosse stato ferito. “Basta! Io non dimentico!“
Alzò la testa verso il quadro e ripetè, ansimando piano e sussurrando ogni parola al ritmo del suo respiro affannoso. “Io non dimentico… e adesso vattene! Esci da questo quadro! Lasciami solo almeno per questi pochi minuti!”
“Come desideri,” rispose tranquillamente il ritratto, e voltandosi, sembrò sparire attraverso la cornice.
Rimasto solo, Severus si prese di nuovo la testa tra le mani. Poi un singhiozzo profondo scosse tutto il suo corpo.
“Perdonami…” mormorò con voce rotta. “Perdonami, Lily… ti prego, perdonami, amore mio, mio unica e sola stella…” E incrociando le braccia, lentamente abbassò il capo appoggiandovelo sopra e rimanendo immobile in una sorta di quieta preghiera.
La donna aveva assistito in un silenzio che ribolliva di emozioni. A quel punto non riuscì più a frenarsi e si voltò verso il suo accompagnatore, per scoprire che Albus la stava guardando con una strana intensità.
“Io non posso far nulla,” sussurrò il vecchio mago. “Ma lei può. Con la magia del mondo di fuori.” Poi aggiunse, chinando la testa. “La prego…”
Per un attimo, la donna rimase interdetta, poi di colpo capì e, chinando la testa, si concentrò in una muta richiesta.
Ed ecco, una strana luce cominciò ad irradiarsi dal centro della stanza, diventando sempre più luminosa.
Una creatura eterea, un fantasma palpitante, parve lentamente prendere forma di fronte alla scrivania a cui era seduto Severus, ancora inconsapevole del prodigio che stava avvenendo davanti ai suoi occhi. Ma la luce che adesso danzava nella stanza, rischiarandola con crescente intensità, stava filtrando attraverso le braccia incrociate e la stoffa scura delle sue maniche.
Stupito, Severus alzò la testa e il respiro gli si fermò in gola.
Di fronte a lui stava la forma splendente di una giovane donna, i capelli sciolti che ondeggiavano nell’aria e le braccia protese. Un sorriso meraviglioso le illuminava il viso.
“Lily….” Mormorò Severus, e gli occhi gli si riempirono di lacrime.
Il fantasma non profferì parola, ma gli si avvicinò sfavillando etereo, insostenibile nel suo splendore, e con infinita tenerezza, fece scorrere le mani sul volto del mago in una carezza incorporea e struggente.
Le lacrime ora scendevano lente sulle guance di Severus, che non staccava gli occhi dal viso di lei. Attonito, perso in uno stupore fatato, il mago contemplava l’immagine della donna così amata e ormai perduta per sempre, timoroso di spezzare l’incanto che gliela restituiva così vividamente.
Poi Lily si ritrasse, sfiorando timidamente la fronte del mago con le dita. Comprendendo che era un addio, Severus alzò una mano tentando di trattenerla, e ripetè ancora il suo nome come un’invocazione.
“Lily…” sussurrò mentre la forma di lei svaniva gradualmente e la sua luminosità si spegneva nella quieta luce delle candele.
Il silenzio riempì la stanza. La donna aveva l’impressione di poter sentire i battiti del cuore di Severus. La luce di Lily sembrava aver rischiarato il viso del mago donandogli un’espressione di gioia ultraterrena e accendendo il suo sguardo di una miriade di scintille.
Poi qualcuno bussò bruscamente alla porta, e una voce rozza chiamò, “Stai arrivando, Snape? Mica vorrai farci aspettare proprio stasera! Il tacchino ripieno è buono quando è caldo!”
Severus respirò lentamente e chiuse gli occhi come ad imprigionarvi per sempre la visione che ancora gli splendeva nel cuore.
Quindi, riaprendo gli occhi, di nuovo padrone di se stesso, rispose col suo tono freddamente ironico, “Non sia mai che Severus Snape ti privi del tuo piacere, Amycus. Quantomeno, non questa sera. Eccomi, sono pronto. “ Poi chinando la testa, ripetè sottovoce, come un giuramento, “Sì… Sono pronto.”
E si alzò dalla sedia, il volto di nuovo impenetrabile che celava ogni emozione.
La donna e Silente lo guardarono uscire dalla stanza, fiero ed eretto, il passo sicuro, mentre la voce rozza di Amycus si profondeva in scuse e complimenti.
Silente si voltò verso la donna. “Grazie,” mormorò, e svanì per riapparire nel ritratto sul muro.
Un attimo dopo, anche la donna sparì dalla stanza con un lieve pop.