Il Calderone di Severus

Sfida N. 8 FF: Il confronto! (Tempo illimitato)

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Aliseia
view post Posted on 26/8/2008, 15:00




Oh, Astry, è stato davvero straziante vederlo soffrire così, vederlo impallidire e lasciar filtrare confessioni e mezze verità, esprimere l'amore per negazione
CITAZIONE
“E’ così difficile immaginare che io possa aver amato qualcuno, Harry?”

perché non può fare altro, non può urlare quello che sente.
Ed è stato bellissimo vedere e sentire l'omaggio di Harry, quella S che si intreccia e si annoda con il Giglio così come si annoda la gola di chi legge, quei ricordi argentati che scendono come lacrime.
Molto bello e molto triste, ma almeno Severus ha avuto la sua occasione, prima di morire, di affrontare senza maschera la Verità, proprio mentre guardava negli occhi il figlio che non ha avuto.

 
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akiremirror
view post Posted on 30/8/2008, 19:59




Caspita, Astry...non so nemmeno da che aprte cominciare...davvero la tua FF è troppo bella, e non c'è possibilità di dare più peso ad una frase piuttosto chea d un'altr...quello che ha peso, davvero, è l'intensità disarmante di entrambi! Severus, così maledettamente trafitto dal suo dolore, e Harry, sempre lui, con il suo orgoglio ma anche con il suo gran cuore...perfetti...
Mi piace, come faccio spesso, segnalare LA frase, quella che mi è piaciuto di più o che mi ha dato più emozioni. Qui riporto questa:

“E’ così difficile immaginare che io possa aver amato qualcuno, Harry?”

E tuttavia confesso che molte altre frase meriterebbero la stessa citazione. A me è piaciuta tantissimo una cosa, ovvero il ragionamento fatto sull'abilità di Severus nell'occlumanzia. Sarebbe davvero possibile che il dolore gli abbia permesso di far uscire Voldemort dalla sua testa, perchè di fronte al più abile legilimens di tutti i tempi solo qualcosa di potente come l'amore poteva permettere ad un giovane ventenne di resistere alle incursioni di quel pazzo.
Mi è piaciuta moltissimo anche l'iniziativa di Severus di chiamare in causa il suo patronus...così si gioca il segreto più importante che ha, ma lo fa lo stesso! Ovviamente.
Che dire? mi stamperò anche questa tua storia e la inserirò dentro HP7...tanto in fondo al libro ho l'altra tua FF dove me lo fai tornare vivo e vegeto!!!!
 
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Astry
view post Posted on 30/8/2008, 20:57




Akire, mi farai morire, se continui così, ti ci vorrà una carriola per portarti appresso il settimo libro.
Comunque sono contenta che ti sia piaciuta.
Riguardo all'occlumanzia e il dolore, quando ho letto in HP7 che Harry era riuscito finalmente a capire come usare l'occlumanzia, usando il dolore come scudo. Lì ho capito quanto, il fatto stesso di trovarsi di fronte all'assassino di Lily fosse così doloroso per Severus, da permettergli di essere l'unico Occlumante in grado di opporsi a Voldemort.
 
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Astry
view post Posted on 31/8/2008, 23:59




CITAZIONE (Aliseia @ 26/8/2008, 16:00)
Oh, Astry, è stato davvero straziante vederlo soffrire così, vederlo impallidire e lasciar filtrare confessioni e mezze verità, esprimere l'amore per negazione

Sì Aliseia, Severus è proprio questo. Lui è quello che non ha mai potuto parlare apertamente, si è espresso per "negazione", non avrei saputo dirlo meglio.
Grazie!
 
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flaflysnape
view post Posted on 1/9/2008, 20:21




Che bella shot! Parecchio IC per entrambi i personaggi! Ti avevo detto, che non sono solo una pitonica, ma anche malandrina. E devo dire che harry è risultato perfetto! Ero perplessa quando all'inizio andava contro a piton perchè sembrava un pò troppo restio dal credergli, però poi tutto è andato per il meglio, e anche quella parte che mi rendeva perplessa, è diventata bellissima e perfettamente omogenea col personaggio del Prescelto. Mi è piaciuta la scelta della storia scritta secondo il punto di vista di harry. E piton...bè che dire....quell'uomo lo amo e ti è riuscito davvero bene! Complimenti Astry! Sul serio! Bella, verosimile e commovente! Brava!

Edited by flaflysnape - 1/9/2008, 21:45
 
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view post Posted on 1/9/2008, 20:34
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I ♥ Severus


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Per favore, Flafy, vedi di ridurre drasticamente le K perchè stai violando in modo eccessivo le regole del Forum. Inoltre, qualche maiuscola ogni tanto non credo che ti farebbe venire un crampo alle dita! ;)

Edited by Ida59 - 8/7/2015, 14:17
 
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flaflysnape
view post Posted on 1/9/2008, 20:39




Scusa Ida, hai ragione! Colpa mia! Ho subito modificato! ;)
 
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Astry
view post Posted on 1/9/2008, 20:40




Ahaha, scusa Ida ma sei troppo veloce per me, stavo giusto spiegando alla fanciulla il regolamento del forum su MSN, mi hai battuta sul tempo. Stava per correggere.
 
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view post Posted on 1/9/2008, 20:47
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I ♥ Severus


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Non importa, Astry: un avviso ogni tanto, in bei caratteri verdi, scintillanti e cubitali, fa sempre bene... :angry:

Ad ogni modo, prendo atto dell'immediata correzione apportata. :)


Edited by Ida59 - 8/7/2015, 14:17
 
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Sage.
view post Posted on 21/9/2008, 14:07




CITAZIONE
“Non hai capito proprio niente. La mia vita non è importante...”

Forse questa, se proprio devo scegliere, è la frase che per prima mi ha raggiunto.
Perchè, Astry, la tua storia mi ha conquistato e commosso.
Mi ha conquistato e commosso il tuo Harry, così arrabbiato e terrorizzato...questo ragazzo che ad un certo punto capisce tutto.
Ed è come se un drappo gli cadesse da davanti agli occhi, svelandogli la verità..verità che lo raggiunge e lo investe lasciandolo impietrito davanti all'inevitabile.
Eppure lui non vorrebbe arrendersi, fino all'ultimo:
CITAZIONE
"Non deve andare."

Sapessi quanto ho amato queste parole!
Sapessi quanto avrei voluto leggerle in HP7!
Queste tre piccolissime parole che spalancano l'universo...

Eppure lui lo fa.
Dire che Severus è semplicemente Severus è riduttivo, eppure non saprei come esprimerlo meglio.
Mi commuove in tutta la sua grandezza, lui, che non perde se stesso neanche di fronte all'enorme sacrificio, che sa essere aspro e amaro, che sa ferire e guarire allo stesso tempo.
Lui che si getta tra le braccia della morte, pienamente cosciente di ciò che lo attende.
Severus è stato compreso.
Possiamo dire che Harry lo ha guardato con i SUOI occhi.
E non ci sono parole per dire quanto grande sia questo dono.
CITAZIONE
Mi dispiace.

L'ultimo pezzo, la restituzione dei ricordi, è stato memorabile.
Scendono accompagnati dalla pioggia, troppo preziosi per essere rinchiusi in un'ampolla di vetro.
E ha ragione Harry quando dice:
CITAZIONE
“E’ giusto restituirli. Ora quei ricordi sono diventati anche i miei. Non ho bisogno di un contenitore di vetro per conservare quello che sarà per sempre racchiuso nel mio cuore.”

Grazie, Astry!

Edited by Sage. - 21/9/2008, 15:24
 
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Astry
view post Posted on 21/9/2008, 19:20




CITAZIONE (Sage. @ 21/9/2008, 15:07)
Perchè, Astry, la tua storia mi ha conquistato e commosso.

Il tuo commento ha commosso me, anche perchè hai evidenziato proprio i punti più dolorosi, quelli in cui volevo che si vedesse la grandezza di quest'uomo e la sua scelta.

CITAZIONE
Sapessi quanto ho amato queste parole!
Sapessi quanto avrei voluto leggerle in HP7!
Queste tre piccolissime parole che spalancano l'universo...

Eh a chi lo dici, io le ho scritte, ma non mi basta, è sempre come se mi mancasse qualcosa. Accidenti alla Rowling, con tutti i soldi che ha, non lo poteva sprecare un po' di inchiostro?

CITAZIONE
Grazie, Astry!

Grazie a te! :wub:

Edited by Astry - 22/9/2008, 16:41
 
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Aliseia
view post Posted on 7/10/2008, 18:00




Un po' di OOC più che di AU. Ma non riesco a fare di meglio. Non riesco a scrivere questa cosa, tutto quello che ho ricavato sono queste righe faticose, fortemente influenzate da tutte le vostre storie. Prendetelo come un omaggio, perché è così. ;)
Il più pesante debito d'ispirazione è nei confronti di Ombra di Nykyo. Una delle più belle fanfiction che io abbia mai letto. Di quel racconto mi è rimasta per esempio l'idea di Harry che ferisce con le parole, e non con gli incantesimi. E tante altre cose, naturalmente. Questo è un omaggio inadeguato, giustificato solo dal fatto che c'è un'immagine che mi ossessiona, che ritorna nei miei racconti, e che forse qualcuno riconoscerà. A voi.

Titolo: Quello che avrebbe detto lei
Autore/Data: Aliseia/settembre-ottobre 2008
Beta reader: nessuno
Tipologia: one-shot
Rating: PG
Genere:Drammatico/introsepettivo
Epoca: Hogwarts Settimo Anno
Sfida: IL CONFRONTO




Quello che avrebbe detto lei



La cosa che più lo offendeva era vederli ridere senza apparente motivo, darsi di gomito, e guardare nella sua direzione.
Il ragazzo magro non lo sopportava.
Aveva una fiamma dentro e la sentiva bruciare.
Ma poi lo sguardo di lei scorreva come acqua sulle ferite.


*

«Di chi era il cane?» domandò l'uomo con un sorrisetto sghembo, schivando l'ennesimo lampo rosso.
Il ragazzo davanti a lui si fermò stupito, per studiarlo attentamente.
Poi impallidì per la rabbia.
Il sorriso dell'altro era un piccolo taglio beffardo su quella faccia da Pierrot, bianca come la cera.
Un tragico Pierrot nero-vestito.
Ma sul volto non c'era traccia di una sola lacrima.
Non c'era traccia di niente, a dire il vero. Come un foglio bianco, il volto impassibile di Severus Snape aspettava che Harry Potter scrivesse la sua condanna a morte. Per questo Potter lo aveva chiamato. Solo il cognome: "Snape." Senza urlare, con una voce piatta e terribile. Un invito che non ammetteva rifiuti.
Era l'ultima sfida.
Per un attimo l'uomo aveva creduto di sentirlo dire: "Snivellus".
Si era voltato con calma, e con calma aveva portato la mano alla bacchetta.
L'ultima sfida.
"È troppo presto" si era detto l'uomo "Devo arrivare vivo alla verità. Saprai, ma non ora, non ancora."
In superficie nulla incrinò la sua condotta glaciale.
"Perché sorride?" si chiese il ragazzo. Onde di odio si spandevano da lui in cerchi concentrici, come fumo tossico.
"Di chi era il cane?" si chiese l'uomo, rievocando suo malgrado quei ricordi condivisi. Doveva tenere occupato il cervello. E poi, voleva, doveva saperlo. Ora gli sembrava più urgente che mai.
"Di chi era?" ripeté solo nella sua mente "Chi ti inseguiva?". Forse a mandare il cane era stato lo stupido cugino, con quello sguardo vuoto, o quella megera invidiosa di Petunia. Chissà come si era divertita. Di sicuro non le era sembrato vero di potersi vendicare.
Il ragazzino era sull'albero, dondolava nervosamente i piedi, mentre quella massa arruffata di peli, in basso, abbaiava.
La scena avrebbe dovuto divertire anche lui, Severus Snape. C'era un mondo, fuori, dove Harry Potter doveva scappare, inseguito dai cani. Un mondo dove i Potter fuggivano, umiliati e offesi, mentre qualche idiota prepotente rideva di loro. Un mondo dove i ragazzini hanno paura, e schiumano rabbia e voglia di vendetta.
Un mondo non troppo diverso da Hogwarts, tutto sommato.
Mentre Severus così pensava, un torrente di maledizioni si riversò su di lui, non abbastanza forti, non abbastanza convinte. E quella voce, Merlino, che fastidio, così stridente e incostante nei toni, un po' da uomo e un po' da bambino.
Quella voce che ne ricordava un'altra.
Un sussulto d'odio, come un fiotto di veleno, andò dritto dal sangue al cervello, e poi alla mano di Severus Snape.
"Levicorpus" pensò l'uomo.
Il ragazzo fu capovolto e appeso. "Così va meglio... Ah, non doverlo più sentire" Poiché la rabbia gli toglieva il fiato.
«Come va, Potter, cosa si prova?»
Ma qualcosa ancora, per Snape, non andava.
Ora gli occhi del ragazzo, mentre fili invisibili lo sospendevano nel vuoto, erano proprio all'altezza di quelli di Severus.
Specchi verdi, gelidi.
"E questo, caro Potter, non va bene" pensò Snape. "Non c'è un luogo né un tempo nell'Universo intero, che mi permetta di guardare quegli occhi senza tremare."
«Cosa si prova?» ripeté Severus con voce più bassa e grave, come una ruvida carezza. Forse solo un leggero tremito tradiva la sua rabbia.
La voce del ragazzo usciva in un rantolo di dolore: «Non lo sai?!» chiese.
Gli occhi, per fortuna, non erano più quelli di prima, ma due ferite bianche, due pozze di rabbia e frustrazione.
Il ragazzo dondolava leggermente, Severus lo seguiva con lo sguardo: senso di colpa e voglia di vendetta, dentro di lui, stranamente in equilibrio.
Rispose come se gli sfuggisse un sospiro: «Io lo so» appena un fiato «So cosa si prova»
«Non me lo ricordare, non mi interessa» un velo di gelo ricopriva ogni sillaba, mentre Harry Potter recuperava un'apparente calma, e gli occhi tornavano verdi, cristallini, spietati.
Severus ricordava bene anche quello sguardo.
«Non interessa più neanche me, Potter»
«Ma come...» la voce di Harry affondava come una lama nella greve atmosfera tra di loro «È solo per quello che l'hai fatto. Per una lite tra ragazzi»
«Non proprio» rispose Severus.
«Ah no? Non era quello che ti rodeva? Il tuo cruccio di ragazzino: non poterlo mai raggiungere, non essere mai come mio padre... O come Sirius... Non essere amato, popolare come loro...»
Severus Snape voleva ridere di quelle affermazioni, ma c'era nell'aria una parola pericolosa che aleggiava, e la parola era "amore".
«Amato, Potter? E da chi?»
"No, no, no" si disse mentalmente l'uomo "Che c'entra l'amore? Non adesso, non è il momento ancora"
Ma, Snape lo sapeva, tutti loro avrebbero pagato un prezzo. E il suo prezzo sarebbe stato la verità. E, subito dopo, una cosa di secondaria importanza: la sua vita.

Il ragazzo era sempre più pallido, ma non parlava più.
Gli occhi mobili e inquieti cercavano un brandello d'imprevisto, un'imperfezione a cui aggrapparsi per poter capovolgere la situazione.
Severus era a disagio.
Tutta la precedente agitazione, quelle invettive, avevano all'inizio stuzzicato la sua voglia crudele di giocare, come avrebbe fatto il gatto con il topo. Ma ora quel silenzio, quella rabbia gelida, gli davano i brividi, letteralmente. E allora si chiese, come per confortarsi: "Di chi era? Chi ti inseguiva? Chi rideva di te?" Sospirò. "Io lo so" disse nella sua mente "So come ti senti, come ti sentivi...Ci hanno provato per tutta la vita...
Capovolti, appesi, inseguiti dai cani… Ma ora siamo qui. È una sfida. Rimettermi in piedi, rimetterti in piedi… Non ho fatto altro, per tutta la vita..."
Gli occhi del ragazzo brillavano come schegge di vetro, trasparenti, taglienti.
Potter aveva ancora la bacchetta, ma la posizione scomoda, umiliante, gli impediva di pensare. Annaspava tra ricordi e falsi indizi, cercava di afferrare nell'altro un attimo di vulnerabilità, uno strappo sulla superficie candida della maschera, qualunque cosa potesse farlo ritornare in piedi.
Diritto, pronto a combattere.
«Il cane era di zia Marge» lo disse senza alcun tono, come un tentativo, invero un po' patetico, di incrinare la fredda sicurezza dell'altro.
Contro ogni previsione, l'uomo sorrise. «Non importa. L'importante, poi, è rimettersi in piedi.»
"Per Merlino, cosa significa?" pensò Potter "Che significa rimettersi in piedi? E cosa significa tutto questo? Perché non mi uccide, o non mi consegna a Voldemort?"
Harry ricordò l'esaltata eccitazione dei Malfoy, di Bellatrix, dei fratelli Carrow, la gioia incontenibile e insieme preoccupata di ogni Mangiamorte che aveva creduto di tenerlo in pugno. Di ogni Mangiamorte che aveva creduto di poter catturare Harry Potter.
Ma Snape, lui no, non si agitava.
Niente urla né stridula esaltazione.
La sua era piuttosto una minaccia ancora lontana, come la sorda ma persistente vibrazione di un terremoto ancora da venire. Lo ricordava così, durante le lezioni: apparentemente gelido, palesemente insoddisfatto, ma costantemente acceso di un furore lento, inestinguibile.
Alla fine: un uomo infelice, sotto la superficie fredda e intatta.
Anche adesso che lo fissava senza muoversi e senza parlare, apparentemente padrone della situazione, sembrava nascondere un dolore segreto, un'amarezza, un rovello che lentamente ne demoliva la facciata imperturbabile.
Qualsiasi cosa l'uomo avesse in mente, Harry capì di non essere ancora sconfitto.
Fissò le iridi nere, quegli occhi che Snape non abbassava mai, e avvertì nella lontananza di quello sguardo un tremolio, una cosa che aveva già creduto di vedere, per tanti anni, tante volte: una frattura, la fragilità di una superficie che s'incrina.
Nonostante la rabbia, nonostante l'umiliazione, Potter sentì che avrebbe potuto spezzarlo, che avrebbe potuto mandare in frantumi quel sorrisetto di pallido vetro.

*

L'uomo lo fissava guardingo e silenzioso, come in attesa delle sue parole, la mano morbidamente appoggiata alla bacchetta.
«Cosa vuoi da me?» chiese Harry «Perché non mi finisci, in modo da compiacere il tuo “signore”? Cosa t'importa del mio passato? Tu non c'entri niente con me.» Harry sibilò le parole piano.
«No, non c'entro» ripeté l'uomo con voce incolore.
«Per tutta la vita sei stato là fuori come un cane» disse il ragazzo. Un sorrisetto di scherno trafisse la faccia dell'uomo.
«Sì, come un cane... Forse per questo motivo quella scena ti piaceva tanto. Volevi essere il cane che mi spaventava. Ma di te non avevo paura. Niente di te poteva toccarmi, né la tua presenza, né il tuo sarcasmo, né tanto meno i tuoi insegnamenti»
«Ci ho provato, almeno» l'uomo rispondeva con voce remota, voleva sembrare sagace, ma era sparito negli occhi quel luccichio ironico: solo una fiamma fredda, spaventosa, lontana, bruciava nel fondo delle iridi nere.
«Tu non potevi niente contro di me. Niente. Non hai mai potuto nulla contro la mia famiglia. Voldemort li ha maledetti. Ma tu sei morto. Non loro. Sei solo un guscio vuoto, che non vale niente». Mentre parlava Harry avvertì il cambiamento sul volto di Snape. Vide la maschera di cera afflosciarsi e ritrarsi sulle ossa, plasmandosi in modo grottesco sugli zigomi affilati e sulle profonde occhiaie, deformandosi come se qualcuno l'avesse afferrata per strapparla.
Harry Potter aveva gettato l'amo, agganciando le orbite vuote e la loro fiamma lontana, straziando come un cencio quel pallore spettrale, e ora l'amo spietato scendeva e si conficcava in gola.
Tu sei morto, non loro.
«Vero» mormorò Snape, un roco gorgoglio che uscì dalle sua corde vocali come il rantolo di un moribondo.
Un lampo di trionfo esplose nel cervello di Harry, un arrogante, splendente fuoco d'artificio. Era una sensazione che non aveva mai provato, qualcosa di crudele. Qualcosa di simile al giocare, ma senza le regole leali di ogni gioco, qualcosa guidato solo dall'istinto.
E il suo istinto, ora, gli diceva di colpire.
Lui, Harry Potter, era diritto, e Severus Snape si era rovesciato.
I ruoli si erano invertiti.
Snape stava per crollare, Harry lo sapeva. Senza bisogno di usare la bacchetta, Harry avrebbe appeso il suo rivale ancora per i piedi, come aveva fatto suo padre in quel lontano pomeriggio sul prato.
E benché per qualche ragione fosse frenato nel fare l'ultima mossa, nell'imprimere quella piccola spinta per cui Snape avrebbe perso per sempre l'equilibrio, Harry comunque non poteva rinunciare ad infliggere il supplizio.
Tanti avevano sofferto a causa di Snape. Troppi.
Ed era davvero sorprendente vedere il suo ex-professore, il braccio destro di Voldemort, sconfitto e smarrito, preso e penzoloni, abbandonato persino dal suo solito sarcasmo.
Era uno spettacolo che Sirius avrebbe amato.
E anche suo padre.
E allora Harry andò avanti: «Tu non sei mai stato uno di loro. Tu non eri come loro. Non eri come mio padre. Non eri come Sirius. Non sei come Remus, non lo sarai mai. Non eri all'altezza dei Malandrini. Non eri degno dei Grifondoro. Questo ti avrebbe detto mio padre, se fosse vissuto: “Non c'è posto per te. Non c'è posto a Hogwarts. Non c'è posto nel Mondo Magico.” Nessuno ti vuole... perché sei marcio. E non è il sangue a renderti tale. Credevi davvero che fosse il sangue a rendere un mago superiore agli altri? Ma non è quello. Forse non è neanche ciò che ha dentro. Sono le sue scelte, le sue gesta, quello che fa. »
La voce del ragazzo vibrava d'orgoglio, e l'uomo pensò che quella voce sembrava diversa. Ancora uno strano disagio lo prese. La voce, le parole, erano quelle di un uomo. E a un uomo non si può togliere la dignità.
“Liberacorpus...” pensò. Lo rimise in piedi, con un breve movimento indolente della bacchetta.
Di nuovo diritto, Harry si riscosse, come svegliandosi da un incubo, mosse la testa di qua e di là, si guardò intorno, traendo un profondo sospiro di sollievo. Poi si morse le labbra, a stento trattenendo un urlo di trionfo.
Due uomini.
Una sfida.
Snape era rimasto immobile, e lo fissava con le labbra serrate, la bacchetta sollevata a mezz'aria.
Harry cominciò a girare intorno a lui in circolo, come avrebbe fatto una fiera con la sua preda.
Lo sguardo del ragazzo, attento, saettante, aveva un luccichio pungente e letale, la mano era sulla bacchetta, pronta a colpire. Ma Harry non era tranquillo. “Non ci si può fidare di Severus Snape”.
Il servo di Voldemort non era ancora sconfitto.
Era solo stordito, non ancora annientato. Harry continuò: «E dire che avresti dovuto saperlo, che il sangue non conta niente. Tu che sei figlio di un babbano. Forse era questo che ti bruciava. E pensavi, per questo, di dover punire il mondo intero. I Nati-babbani. Mia madre...» La voce gli morì in gola: il pensiero di lei faceva sparire tutto il resto. La rabbia apparve come una lama meno lucente, il livore aveva un fiele meno amaro. Sentì la rabbia sciogliersi, il livore ritirarsi come un'onda malsana. Ma subito si avvide che il proprio turbamento era nulla in confronto a quello che aveva prodotto in Snape.
Un mutamento, a dire il vero, esattamente opposto a quello che avrebbe voluto.
L'uomo aveva raddrizzato le spalle e la testa, lo sguardo era diretto, fiero, gli occhi lampeggiavano, le gambe erano ferme e sicure, come quelle di un lottatore.
Per un attimo fu come se Snape volesse dire qualcosa, ma le labbra rimasero chiuse, la piega decisa, senza smorfie, senza esitazioni.
Due uomini.
Una sfida.
Ma tra loro c'era ora una figuretta leggiadra, avvolta nella fiamma leggera, libera, dei capelli rossi. Una figura delicata, evanescente, ma con un cuore pulsante di luce, aggrappata al bianco di un sorriso, come una farfalla si aggrapperebbe a un fiore, con grazia forte e tenace.
"Lasciatelo stare" diceva lo spirito chiaro, con voce tenera e insieme imperiosa.
"Li sfidò tutti per difenderlo"
Lasciatelo stare.
Perché?
"Perché era buona" Questo si disse Harry per rassicurarsi.
Ma non bastava.
C'era dell'altro, se l'uomo che aveva di fronte, prima ridotto a una pallida larva oscillante, aveva ora ripreso il proprio giusto verso.
Il centro, la dignità.
Harry alzò la bacchetta.
Il mantello si gonfiava sulle spalle di Snape, due lembi di stoffa come due assurde ali nere.
Tra poco lo avrebbero portato via, al di sopra, al di là della comprensione di Harry.
"Ora!" pensò Harry forzatamente. "Sta diventando sempre più forte, devo colpirlo ora"
Ma la sua mano pareva piombo, mentre quelle due immense ali rendevano Snape così ridicolmente leggero. Ben presto si sarebbe sottratto al suo sguardo. Harry non avrebbe mai saputo.
"Ora..." Ma la sua mano non si alzava.
Cosa avrebbe fatto Sirius?
Cosa avrebbe fatto suo padre?
Avrebbero fatto l'ultima domanda? Oppure avrebbero colpito subito, approfittando di quell'ultimo, esiguo margine di vantaggio?
Ma ogni volta che nella sua mente James, Sirius, e lui stesso, Harry, alzavano la mano, la voce di lei ritornava: "Lasciatelo stare".
Harry provò a riprendere il discorso, per darsi forza: «Mio padre avrebbe detto quelle cose, ne sono sicuro. E mia madre, Lily Evans...» pronunciò quel nome con il solenne rispetto che si deve a una preghiera «Mia madre avrebbe detto...»
«Rimettiti in piedi» terminò Snape, lo sguardo perso in una lontananza che Harry a stento riusciva a immaginare.
Snape abbassò la bacchetta.
Harry fece lo stesso.
Non c'era altro da fare. Ma una cosa Harry doveva dirla, prima che quell'attimo di consapevolezza svanisse, perché era troppo lo stupore che quel fatto gli causava. «Il ricordo di lei ti fa tremare» Fu una semplice constatazione, senza cattiveria.
Snape si riscosse. Pensò una cosa strana: "È la voce che avrebbe James… se fosse vissuto" Ma Severus non poteva esserne certo, poiché allora, all'epoca in cui si scambiavano insulti e maledizioni, erano solo dei ragazzini...
Solo dei ragazzini...
E lei era solo una bambina, una bambina con il corpo e lo sguardo di una donna, quando disse "Snivellus" per la prima e unica volta. E non era già più "la sua bambina".
Una lacrima premeva sotto le ciglia, con prepotenza. Ma lui non la lasciò passare.
Deglutì.
«Non piangevo mai davanti a loro» disse come per giustificare il proprio ritegno.
Harry annuì, senza sapere perché, come per dire "lo so", fingendo di non notare gli occhi rossi di Snape.
Il ragazzo pensò: "Sono pazzo, non posso lasciarlo andare, deve morire"
Ma più forte della sua rabbia, più tenace del suo desiderio di vendetta, la voce di lei si imponeva, privandolo di ogni iniziativa.
Lascialo stare.
Una sola cosa Harry capiva: quell'uomo non poteva morire, prima che lui sapesse.
«Qualunque fosse il motivo per cui lei ti difendeva, io devo saperlo, prima di ucciderti» disse piano.
«Qualunque cosa fosse…» sottolineò Snape con voce bassa, e non priva di ironia «non sono affari tuoi, e tieni per te le tue supposizioni. Non è ancora il momento. Devo… preservarti per il mio Signore»
"Devo preservarti per lei" avrebbe voluto dire, ma sapeva che non era più vero.
Si scambiarono un ultimo sguardo.
Poi, senza altre parole, senza alcuna esitazione, senza nemmeno guardarsi le spalle, Snape si voltò e se ne andò.
Harry rimase a fissarlo mentre si allontanava, la bacchetta che era ormai solo un legno inutile tra le mani.

Nella sua mente vide un ragazzino bruno e magro, che con un agile salto scendeva da un albero.
Era dritto e disinvolto, e aveva le movenze sicure di chi non ha paura.
Non riuscì a scorgerlo in viso, ma seppe con certezza che sorrideva.


Edited by Aliseia - 8/10/2008, 13:00
 
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view post Posted on 7/10/2008, 19:50
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I ♥ Severus


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Una strana, stranissima storia, che tiene col fiato sospeso, anche se è come se già se ne conoscesse il finale, a priori.
Tutta particolare, come sempre le tue storie.
Forse più surreale del solito, dove parole e pensieri si mischiano, inscindibili, a immagini e ricordi, dell'uno e dell'altro, dell'altro e dell'uno, fino a confondersi in un'unica persona, comune ad entrambi.
Ciò che li unisce, ma anche ciò che li divide.

Perdonami, Aliseia, sono a pezzi, questa sera, e avrei dovuto rimandare a domani la lettura, ma ero troppo curiosa, anche se, ora, ho la forza e la lucidità di scriverti solo queste poche parole.
Ma la tua storia meriterebbe di più.
Una parola per quella rabbia che diventa sconfitta, un sorriso per quell'amore che diventa dignità.
Bella e, soprattutto, da rileggere con calma.

(Ricordati di mandarla anche a MSStorie!)


Edited by Ida59 - 8/7/2015, 14:18
 
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Aliseia
view post Posted on 7/10/2008, 21:49




CITAZIONE (Ida59 @ 7/10/2008, 20:50)
parole e pensieri si mischiano, inscindibili, a immagini e ricordi, dell'uno e dell'altro, dell'altro e dell'uno, fino a confondersi in un'unica persona, comune ad entrambi.
Ciò che li unisce, ma anche ciò che li divide.

Perdonami, Aliseia, sono a pezzi, questa sera, e avrei dovuto rimandare a domani la lettura, ma ero troppo curiosa, anche se, ora, ho la forza e la lucidità di scriverti solo queste poche parole.

Grazie. :) Mi sembra che tu, come sempre, abbia colto l'essenziale. Le tue sono sempre adeguate, PREZIOSE parole.
 
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Astry
view post Posted on 8/10/2008, 17:27




Come faccio a commentare? Tesoro, non mi sento proprio all’altezza di aggiungere una sola parola. Posso solo citare le tue:

CITAZIONE (Aliseia @ 7/10/2008, 19:00)
Un tragico Pierrot nero-vestito.
Ma sul volto non c'era traccia di una sola lacrima.
Non c'era traccia di niente, a dire il vero. Come un foglio bianco, il volto impassibile di Severus Snape aspettava che Harry Potter scrivesse la sua condanna a morte. Per questo Potter lo aveva chiamato. Solo il cognome: "Snape." Senza urlare, con una voce piatta e terribile. Un invito che non ammetteva rifiuti.
Era l'ultima sfida.
Per un attimo l'uomo aveva creduto di sentirlo dire: "Snivellus".

Bellissimo questo Pierrot che non piange. E il distacco di questo ragazzo che lo chiama per cognome. Giusto, non si uccide una persona dopo averla chiamata per nome. Troppo intimo, troppo affettuoso. Lily lo chiamava Severus, e anche Silente, ma non gli altri. Bello anche l’accavallarsi di questo cognome a Snivellus, è giusto, non il nome, per nome si può chiamare un amico, ma Snivellus non è un amico. Non lo era per James e non lo è per Harry.

CITAZIONE
Qualsiasi cosa l'uomo avesse in mente, Harry capì di non essere ancora sconfitto.
Fissò le iridi nere, quegli occhi che Snape non abbassava mai, e avvertì nella lontananza di quello sguardo un tremolio, una cosa che aveva già creduto di vedere, per tanti anni, tante volte: una frattura, la fragilità di una superficie che s'incrina.
Nonostante la rabbia, nonostante l'umiliazione, Potter sentì che avrebbe potuto spezzarlo, che avrebbe potuto mandare in frantumi quel sorrisetto di pallido vetro.

Quanto orgoglio in quest’uomo che non abbassa mai lo sguardo, eppure, lì in piedi, è lui che sembra capovolto, è lui quello che sta per spezzarsi.

CITAZIONE
Tu sei morto, non loro.
«Vero» mormorò Snape, un roco gorgoglio che uscì dalle sua corde vocali come il rantolo di un moribondo.

Terribile, non ho altro da aggiungere.

CITAZIONE
La voce gli morì in gola: il pensiero di lei faceva sparire tutto il resto. La rabbia apparve come una lama meno lucente, il livore aveva un fiele meno amaro. Sentì la rabbia sciogliersi, il livore ritirarsi come un'onda malsana. Ma subito si avvide che il proprio turbamento era nulla in confronto a quello che aveva prodotto in Snape.
Un mutamento, a dire il vero, esattamente opposto a quello che avrebbe voluto.
L'uomo aveva raddrizzato le spalle e la testa, lo sguardo era diretto, fiero, gli occhi

Per lei, solo per lei, Severus è disposto a rialzarsi, lei è la sua forza ed il suo orgoglio.

CITAZIONE
Harry provò a riprendere il discorso, per darsi forza: «Mio padre avrebbe detto quelle cose, ne sono sicuro. E mia madre, Lily Evans...» pronunciò quel nome con il solenne rispetto che si deve a una preghiera «Mia madre avrebbe detto...»
«Rimettiti in piedi» terminò Snape, lo sguardo perso in una lontananza che Harry a stento riusciva a immaginare.

Per chi lo avrebbe detto? Per Harry? Per Severus? Per entrambi? E’ per Lily che Severus è ancora in piedi, per lei è disposto a lottare, per lei ha difeso suo figlio, rimettendolo “in piedi”, sempre.

 
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