Allora eccomi di nuovo al Club.
Come scrivevo a Ida, Severus il Consolatore ha fatto una cosa per me: mi ha confortato in un momento di malinconia.
E io farò una cosa per lui, raccontando il suo dolore nell'attimo in cui diventa più lieve, mescolando la lacrima al sorriso.
Mentre pensavo a lui, una canzone dei Beatles, Fool on the Hill, ha dettato alcune immagini.
Non c'era altro posto adatto per pubblicare questa cosa, anche se poi forse sarà anche tra le ff di Severus (siamo nati per soffrire, vi tocca anche lì
)
Questa è per il Club della Sofferenza.
Per bride che l'ha immaginato e che mi ha raccontato di Frollo, di un sorriso e di un sospiro che si incontrano sulle labbra.
Per Ida che ha voluto il Club, e quando Ida "vuole" non si può dire di no, e poi alla fine, meravigliosamente, ha davvero ragione.
Per Mony che ama questo Luogo dell'Anima, sapendo che saprà dare più peso al sorriso piuttosto che alla lacrima, sebbene entrambi siano lievi.
Per Niky, che sa leggere la lacrima e il sopracciglio, e sa sorridere della lacrima, e studiare con attenzione il sopracciglio
Per tutte le viandanti che sono passate di qui, non è una gran cosa la mia, ma è sincera.
In Equilibrio
(The Fool On The Hill)Giorno dopo giorno
solo sull’abisso
l’uomo dallo sguardo indecifrabile
sta perfettamente immobile.
I suoi occhi
come sentieri poco frequentati
nascondono insidie e varchi tenebrosi
e lui si mantiene con forza in equilibrio
(faticosamente)
(elegantemente)
sull’orlo dell’abisso.
La fronte bianca è quasi intatta:
appena increspa il marmo candido
la traccia sottile di un ricordo.
Ma lui morde le guance dall’interno
e nasconde con rabbia il sangue scuro
dietro la pelle candida d’opale.
Di tanto in tanto le sue labbra
sottili e un po’ crudeli
tremano in un dolente, ironico sogghigno.
Sale in superficie il torbido,
sale a velargli il cuore.
Ora
dal portone spalancato della Scuola
dalla sua bocca oscura
esce una fila inamidata di ragazzi:
bianca come i serpenti ciechi delle grotte,
bianca e inconsistente come schiuma,
esce e disegna spirali diseguali
sulla macchia torbida del prato
Bianco su verde:
purezza e stagnazione.
Mentre il dolore d’un tratto torna vivo
si lucida lo sguardo come un vetro
e in un attimo lui sospende in superficie
ciò che prima distillava in solitudine.
Nell’ombra che l’invade
l’uomo raccoglie i suoi ricordi in un unico rosario:
sono le lacrime che non ha pianto.
Scendono sui bianchi zigomi alati:
sull’intatta perfezione di una vita monacale.
Poi sorride.
Più dolci e più fondi della notte
brillano gli occhi sotto le ciglia scure.
Chiaro e struggente come il rimorso,
dolce-amara come il rimpianto,
sorriso e lacrima si fondono sul viso.
Dalla curva sensibile delle labbra
esce un nome mai dimenticato.
Ma nessuno,
nella prima sera grigia e sonnacchiosa,
nessuno sembra accorgersi di lui.
E lui non sente nessuno.
Perfettamente immobile
nel varco tra sorriso e lacrima
lui attende
mentre sfida l’abisso.